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#progresso industriale
falcemartello · 10 days
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Non so se tutti si rendono conto delle dimensioni del disastro del settore automobilistico in Europa: gigantesco, epocale.
La causa non è la tecnologia, o i mancati investimenti (oddio un po’ sì, ma solo in parte): la causa è la forte crisi della domanda: in un mercato già in fase calante (per fattori economici, demografici, di stili di vita) la decisione di FISSARE una data (oltretutto stringente) per lo stop alla vendita delle auto termiche (unici al mondo) ha portato una tale incertezza negli acquirenti (cosa, come, ma soprattutto QUANDO comperare) che ha bloccato la domanda.
Provate a pensare all’effetto di milioni di cittadini che ritardano, anche solo di 1 anno, l’acquisto di un auto nuova, magari perché vogliono capire meglio che direzione prendere. Ne deriva un mercato dove la domanda va a intermittenza, o a piccoli strappi (tipo quando vengono reintrodotti gli incentivi per le auto elettriche). Il tutto con effetti devastanti sulla pianificazione industriale di un settore che ha cicli molto lunghi e investimenti enormi da fare per allestire gli impianti di produzione.
Un settore che occupa 13 milioni di lavoratori e vale l’8% del PIL europeo. Si stimava, l’anno scorso, che i posti a rischio fossero 1,5 milioni, ora sono molti di più. Volkswagen, ad esempio, ha appena rescisso il contratto collettivo sulla garanzia del lavoro: da gennaio i licenziamenti. Bosch a luglio ha raggiunto un accordo sindacale per un centinaio di esuberi in Italia, vediamo quanto dura.
Vorrei che fosse chiara una cosa però: il problema non è auto elettrica vs auto termica, quindi evitiamo di far partire la solita diatriba tra opposti supporter: il problema è aver messo una DATA DI SCADENZA. Una data di scadenza ha impatti forti sulla domanda di qualsiasi prodotto, figuriamoci su quella di un bene che rappresenta un investimento pluriennale.
Se una tale decisione fosse stata presa da un CdA ora i componenti sarebbero tutti a spasso, invece i politici che l’hanno presa sono ancora più o meno tutti lì, continuano a pontificare, e quel che è peggio, parte dell’elettorato gli dà ancora credito.
Voi direte: ma a suo tempo nessuno ha detto niente? Per la verità qualcuno, lato industria, ci fu, che disse che era una scelta folle, ma venne emarginato e bollato con lo stigma del “sei contro il progresso” (es. Tavares) ma ci fu anche chi sposò con entusiasmo l’idea, come il CEO di Volkswagen Diess, che è stato fatto fuori (anche) per questo.
Pagheremo a caro prezzo il fatto che nessuno abbia saputo fermare una decisione del genere, ma quel che è peggio è che non sembra proprio che abbiamo ancora sviluppato gli anticorpi per contrastare le follie ideologiche, che trovano invece ancora largo seguito.
Spiace pensare che solo una crisi profonda, che pagheranno tutti i cittadini, ci aiuterà, forse, a non commettere di nuovo certi errori.
Mauro Rizzi
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pettirosso1959 · 10 days
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RUBARE IL FUTURO ALL'UMANITA' PRIVANDOLA DI ACCIAIO ED ENERGIA ELETTRICA
L'industria siderurgica è stata una pietra miliare dello sviluppo industriale e la sua evoluzione è una testimonianza dell'ingegno umano e del progresso tecnologico.
Nel corso dei decenni, i continui miglioramenti nella tecnologia degli altiforni, nel controllo dei processi e nel recupero di energia hanno portato a significativi guadagni in termini di produttività ed efficienza energetica.
La Cina continua a dominare la capacità produttiva e le esportazioni, con giganti del settore come Baowu Group in prima linea. Altri importanti produttori di acciaio includono la giapponese Nippon Steel & Sumitomo Metal Corp., l'indiana Tata Steel, la sudcoreana POSCO e l'europea ArcelorMittal.
Le acciaierie integrate di oggi sono meraviglie dell'ingegneria, in grado di produrre milioni di tonnellate all'anno con notevole efficienza. Gli altiforni più performanti possono raggiungere efficienze energetiche fino al 70%, valori che sembravano irraggiungibili solo pochi decenni fa.
L'acciaio è essenziale nella società moderna, in quanto ci fornisce la materia prima essenziale per ogni attività svolta dall'uomo; dalle industrie e relative macchine, fino alle infrastrutture strategiche, tutto è acciaio. Dal 2001, la produzione globale di acciaio grezzo è raddoppiata e la domanda continuerà ad aumentare nei prossimi decenni.
E come l'energia elettrica, anche l'acciaio entra nel mirino degli ambientalisti e della loro pretesa di "decarbonizzare" il settore attraverso l'utilizzo dell'idrogeno in luogo del carbone di cokeria.
Il carbone è essenziale, perché permette di ottenere il duplice vantaggio di procedere all'ossidoriduzione della materia prima (con formazione di CO e CO2, entrambe utilizzate per produrre energia termica ed elettrica utile ai processi di produzione dell'acciaio grezzo), ma anche per produrre acciai di elevata qualità da sottoporre a processi termochimici atti a migliorarne/esaltarne specifiche qualità meccaniche/termiche/chimiche.
La pretesa ambientalista di produrre l'acciaio dalla materia prima attraverso l'utilizzo dell'idrogeno espone il mercato ad un duplice pericolo. Il primo, l'eccessivo uso di energia elettrica, sia per trattare il minerale, sia per produrre idrogeno; i costi della materia sarebbero esposti ad un incremento esponenziale.
Il secondo pericolo, non meno grave, è la nota fragilità dell'acciaio in presenza di idrogeno incluso nella matrice cristallina, che ne altera in modo irrimediabile le caratteristiche chimiche e meccaniche. Note come "fiocchi di idrogeno" costituiscono discontinuità del reticolo, con maggiore fragilità e minore resistenza meccanica all'invecchiamento.
Il passaggio alla produzione di acciaio a idrogeno rischia di vanificare un secolo di progressi nella produzione efficiente. I costi elevati, le sfide tecnologiche e la limitata scalabilità dei processi basati sull'idrogeno sono garantiti per renderlo meno redditizio rispetto alla produzione di acciaio basata sul carbone.
Stime prudenti suggeriscono che la produzione di acciaio a base di idrogeno potrebbe essere del 20-30% più costosa rispetto ai metodi tradizionali. Questo differenziale di costo non è banale in un settore con margini ristretti e un'intensa concorrenza globale.
L'aumento dei costi si ripercuoterebbe sull'economia, colpendo l'edilizia, la produzione automobilistica e innumerevoli altri settori che si affidano all'acciaio a prezzi accessibili.
Rystad Energy afferma che l'acciaio "verde" può essere reso competitivo solo imponendo pesanti tasse sull'acciaio a base di carbone o assegnando enormi sussidi ai produttori di acciaio.
Inoltre, l'idrogeno prodotto attraverso l'elettrolisi è ad alta intensità energetica. Produrre abbastanza per soddisfare le esigenze dell'industria siderurgica richiederebbe una massiccia espansione della capacità di energia rinnovabile, ben oltre le attuali proiezioni.
Sebbene esistano progetti pilota di idrogeno verde, non è stato dimostrato su scala industriale. Al contrario, uno dei vantaggi più significativi della produzione di acciaio a base di carbone è la sua capacità di operare su larga scala.
I moderni altiforni possono produrre fino a 400 tonnellate di acciaio all'ora, funzionando ininterrottamente per anni tra i periodi di manutenzione più importanti. Questa scala di produzione è fondamentale per soddisfare la domanda globale di acciaio, che nel 2021 si è attestata a 1,95 miliardi di tonnellate e si prevede che crescerà, al netto delle considerazioni sulla qualità finale del prodotto. Un diverso modo di rubare il futuro all'umanità dopo averlo fatto privandola dell'accesso all'energia elettrica a basso costo ed affidabile.
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gregor-samsung · 8 months
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“ Le invenzioni e le scoperte portano benefici a tutti. Il progresso della scienza è una faccenda che riguarda tutto il mondo civile. Non ha una vera importanza il fatto che un uomo di scienza sia inglese, francese o tedesco. Le sue scoperte sono a disposizione di tutti e per trarne profitto non occorre niente di più dell'intelligenza. Il mondo dell'arte, della letteratura e del sapere, è internazionale; quel che vien fatto in un paese, non vien fatto per quel paese, ma per l'umanità. Se ci domandiamo che cosa eleva la umanità al disopra delle bestie, che cosa ci permette di considerare la razza umana più importante di qualsiasi specie di animali, scopriremo che non sono cose delle quali una nazione può avere la proprietà esclusiva, ma sono tutte cose che il mondo intero può spartirsi. Coloro che tengono a queste cose, coloro che desiderano vedere l'umanità feconda nel lavoro che soltanto gli uomini possono fare, non baderanno gran che ai confini nazionali e si cureranno ben poco di sapere a quale Stato un individuo deve fedeltà.
L'importanza della cooperazione internazionale al difuori del campo della politica mi è stata dimostrata dalla mia stessa esperienza. Fino a poco tempo fa ero occupato nell'insegnamento di una nuova scienza che pochi uomini al mondo erano in grado di insegnare. Il mio lavoro si basava soprattutto sull'opera di un tedesco e di un italiano. I miei allievi venivano da tutto il mondo civile : Francia, Germania, Austria, Russia, Grecia, Giappone, Cina, India e America. Nessuno di noi era cosciente di un senso di diversità nazionale. Ci sentivamo un avamposto della civiltà, occupati a costruire una strada nella foresta vergine dell'ignoto. Tutti collaboravano all'impresa comune e nell'interesse di questo lavoro le inimicizie politiche delle nazioni sembravano insignificanti, temporanee e futili. Ma non è soltanto nell'atmosfera piuttosto rarefatta di una scienza astrusa che la collaborazione internazionale è vitale per il progresso della civiltà. Tutti i problemi economici, la questione di garantire i diritti della mano d'opera, le speranze di libertà in patria e di umanità fuori, poggiano sulla creazione di una buona volontà internazionale. Finché odio, sospetto e paura, dominano i sentimenti degli uomini, non possiamo sperare di sfuggire alla tirannia della violenza e della forza bruta. Gli uomini devono imparare ad essere coscienti degli interessi comuni dell'umanità che sono identici, piuttosto che ai cosiddetti interessi dai quali le nazioni sono divise. Non è necessario, e neanche desiderabile, eliminare le differenze di educazione, di usi e di tradizioni tra le diverse nazioni. Queste differenze danno ad ogni singola nazione la possibilità di contribuire in modo distintivo alla somma totale della civiltà del mondo. “
Bertrand Russell, Le mie idee politiche. Una guida per orientarsi nelle ideologie politiche di tutti i tempi, traduzione di Adriana Pellegrini, Longanesi & C. (serie ocra, collana Pocket saggi n° 525), 1977; pp. 144-46.
[1ª Edizione originale: Political Ideals, New York: The Century Co., 1917; full text Here]
NOTA: nella prefazione l’autore puntualizza: «Questo libro è stato scritto nel 1917, ma pubblicato soltanto in America. Avrebbe dovuto essere una serie di conferenze, ma il ministero della Guerra lo impedì. Il primo capitolo doveva essere una conferenza da tenersi a Glasgow, presieduta da Robert Smillie, presidente della Federazione Minatori. Poco prima della data fissata per la conferenza il governo mi proibì l'ingresso in quelle che venivano chiamate « zone proibite », tra le quali era compresa Glasgow. Queste zone comprendevano tutto quanto si trovava vicino alla costa, e l'ordine era inteso contro le spie, per impedire che facessero segnalazioni ai sottomarini tedeschi. Il ministero della Guerra fu tanto cortese da dire che non mi sospettava di spionaggio a favore dei tedeschi; mi accusò soltanto di fomentare il disinteresse industriale, allo scopo di por fine alla guerra. Smillie annunciò che avrebbe tenuto la riunione di Glasgow nonostante la mia inevitabile assenza e infatti lesse la conferenza che avrei dovuto tenere io. Il pubblico rimase piuttosto sorpreso dalla differenza dal suo solito stile; ma alla fine, Smillie annunciò di aver letto la conferenza proibita. Il governo aveva troppo bisogno di carbone per agire contro di lui.»
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abr · 3 months
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L'AMBIENTALISMO NASCE A DESTRA, IL BENECOMUNISMO SE NE APPROPRIA LO STRAVOLGE E LO DEGRADA
Storicamente la destra europea (è molto) sensibile alle questioni ambientali, (considerando la natura parte fondamentale dei propri) presupposti identitari. (...)
Le trasformazioni nei settori produttivi e nella società dovuti alla transizione energetica sono da anni al centro delle campagne elettorali, in particolare per quanto riguarda le idee su chi dovrebbe sostenerne i costi (non) inevitabili, legati per esempio a licenziamenti di massa in certi comparti e all’innalzamento del costo di certi beni (...). Se i partiti di sinistra sostengono la necessità di portare avanti questo processo (ad ogni costo), proteggendo (ma senza esentare) le fasce più povere della popolazione e facendolo pagare a(lla vasta maggioranza dei cittadini cosiddetti) "più ricchi", quelli di centro ripongono fiducia nell’iniziativa privata e nella capacità del mercato di adattarsi. Ma spesso le proposte di costoro su come gestire la transizione energetica sono poco concrete e convincenti e la (...) destra ha deciso di (rispondere) alle preoccupazioni di chi teme di impoverirsi (e che anche la natura ne risulti impoverita: vedi aree collinari e pedemontane abbandonate, con susseguente dissesto idrogeologico etc.) (...).
Stéphane François è uno storico che insegna scienze politiche all’Università belga di Mons e nel 2022 ha pubblicato un libro intitolato Les verts-bruns – L’écologie de l’extrême droite française in cui racconta come l’estrema destra non si sia a un certo punto “riappropriata”, come spesso si sente dire, delle questioni ecologiste, ma se ne sia di fatto sempre occupata. Alla fine del XIX secolo (...) comparve per primo l'ecologismo conservatore, che intendeva preservare l’ambiente in un senso che lo storico definisce rousseauiano (...): la natura, semplificando, era concepita come condizione originaria del genere umano, una condizione di innocenza e felicità.
Questi concetti si svilupparono soprattutto in Germania quando, tra il 1860 e il 1880, la associazione di stati tedeschi (...) si unificò intorno alla Prussia, (...) diventando la seconda potenza economica europea dietro al Regno Unito. Questa modernizzazione venne contestata in diversi ambienti dell’epoca e, in particolare, dal movimento  völkisch, termine (...) che significa popolo inteso come comunità di sangue e di suolo, folklore, storia locale, desiderio di ritorno alla terra e alla conseguente ribellione contro la Rivoluzione Industriale (...).
Questo movimento fu il primo in Europa a sottolineare la necessità di proteggere l’acqua, l’aria e la terra e a porre questioni ambientali (...). Le ideologie völkisch (...) influenzarono (...) i regimi autoritari che proliferarono in Europa a partire dagli anni Trenta. Basti pensare all’idea di una nazione proletaria, rurale e virile enfatizzata dal fascismo in Italia o al mito del ritorno alla terra propagandato in Francia dal regime di Vichy (...). (...)
Nel dopoguerra l’ambientalismo di destra ebbe diversi ideologi (...): Maurice Martin, conosciuto con lo pseudonimo Robert Dun, Henry Coston e Alain de Benoist, tra gli altri, fondatore negli anni Settanta del movimento della Nouvelle Droite che coniugò i temi tipici della destra con l’ecologismo e il comunitarismo, una concezione che si oppone all’individualismo, non concependo l’individuo indipendentemente dai suoi legami culturali, etnici o religiosi con la comunità di appartenenza. L’ambientalismo di destra si fonda su una concezione delle popolazioni come gruppi etnici radicati sul proprio territorio che il contatto con altri gruppi, le migrazioni, il cosmopolitismo, l’universalismo ma anche la modernità, la tecnologia e il progresso metterebbero in pericolo.
Di conseguenza, l’ambientalismo di questa area politica consiste nel proteggere la biodiversità (che include) la diversità e la specificità identitaria dei singoli popoli. I gruppi ambientalisti della destra radicale promuovono insomma una visione olistica del mondo, il rispetto della natura e a uno stile di vita autarchico.
Il Front National, nato nel 1972 e rinominato Rassemblement National nel 2018, appartiene a questa tradizione politica e ha avuto tra le proprie fila degli esponenti dell’ambientalismo identitario. Da decenni sostanzialmente irride la questione ambientalista per come è stata (stravolta e appropriata) dai (...) “bobos”, cioè l’élite intellettuale di sinistra urbana e globalizzata. (...). (I cittadini che spiegano ai contadini come si convive e preserva l'ambiente, a pensarci è davvero ridicolo).
L’ambientalismo di RN ha a che fare con la gestione delle risorse naturali (senza) prevedere radicali cambiamenti del sistema economico e produttivo: coincide con una forma di sviluppo sostenibile (...) e intende aumentare la produttività migliorando ed espandendo l’utilizzo delle nuove tecnologie. Marine Le Pen prima e Jordan Bardella poi hanno costruito un modello ambientalista che definiscono «positivo» o «di buon senso» che si oppone a quello che chiamano «terrorismo climatico» e «ambientalismo punitivo» portato avanti dalle élites del paese o dell’Unione Europea. «L’ideologia degli ambientalisti» ha detto Le Pen lo scorso primo maggio, «non è altro che una lotta contro gli esseri umani» che mette in pericolo «l’indipendenza della nazione e, soprattutto, il tenore di vita dei francesi». (...)
Théodore Tallent, ricercatore e docente a Sciences Po, ha spiegato che all’epoca del movimento dei gilet gialli (nati nel 2018 (...) contro le politiche anti auto di Macron) «RN capì che la questione climatica poteva cominciare a stravolgere la vita quotidiana delle persone creando in loro un profondo malcontento». (...) La maggioranza dei francesi, secondo i sondaggi, non nega il cambiamento climatico ma ampi settori di popolazione «hanno spesso l’impressione che le misure previste per contrastarlo siano portate avanti dai cosiddetti “circoli dei bobos” sconnessi dalla realtà, opinione condivisa proprio da RN» ha spiegato  Brice Teinturier dell’istituto Ipsos. (...)
Nel programma per le elezioni legislative presentato da RN, accanto alla volontà di smantellare gradualmente i parchi eolici esistenti perché deturpano i paesaggi, c’è la proposta di eliminare alcune norme ambientali considerate eccessive. Tra cui quelle che impedirebbero (alle) case ad alto consumo energetico di essere messe sul mercato da qui al 2034. RN dice poi di voler lanciare un nuovo piano per l’energia nucleare e di voler rivedere il divieto votato dal Parlamento Europeo di vendere automobili a benzina o diesel dal 2035. (...) Durante la campagna per le europee, Bardella ha infine detto di voler superare il Green Deal, la serie di misure per (imporre dall'alto con la scusa della sostenibilità) (...) modi di produzione e stili di vita ai cittadini europei. (...)
L’ambientalismo è dunque presente nei programmi di RN, ed è un anti-ambientalismo (rispetto a quello della sinistra urbana e elitaria); l’insistenza delle destre sul localismo (nulla è "locale" e identitario quanto l'unione di natura e persone) secondo le sinistre urbane non è sinonimo di difesa dell’ambiente. (Il che la dice lunga su cosa sia in realtà l'ambientalismo di sinistra). (...)
Adattato o meglio stravolto (ma senza grandi interventi, solo un po' di pulizia: puntini = tagli e parentesi =aggiunte) da https://www.ilpost.it/2024/07/05/rassemblement-national-ambientalismo-destra/
Basta depurare dall'ipocrisia superficiale i post de il Post ed emerge chiara la realtà con cui i sinistri confliggono regolarmente.
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Questa è la prima pietra del Ponte sullo Stretto. Non sono sicuro che sia l’originale, perché ne esistono a decine, di tutte le epoche. E comunque, non ne esiste una sola che sia quella autentica.
Non esiste una vera prima pietra del Ponte sullo Stretto. Tutte valgono quanto questa: sono solo una promessa, una fantasia, una millanteria politica. Perché non è mai stata posata una seconda pietra. Di prime pietre, invece, si è ormai perso il conto.
La prima promessa di costruire il Ponte sullo Stretto risale agli anni Settanta. Che cosa avete capito: gli anni Settanta dell’Ottocento, un secolo e mezzo fa. Il governo Zanardelli promise di unire Sicilia e Calabria, sopra o sotto il mare, ovvero con un ponte o con un tunnel. Erano gli anni della rivoluzione industriale, c’era una fede illimitata nel progresso. Tutto pareva possibile, anche l’impossibile.
Vent’anni dopo il terremoto e maremoto di Messina, ottantamila morti, sconsigliò di costruire ponti da quelle parti.
Anche il cavalier Benito Mussolini disse che il Ponte si sarebbe fatto, per maggior gloria della nazione. Ma la cosa non ebbe seguito, nell’agenda politica del fascismo c’erano altre priorità, invadere l’Albania, spezzare le reni alla Grecia, si sa che la guerra è un’opera pubblica molto costosa.
Passano gli anni, i bimbi crescono, le mamme imbiancano, e nel 1981 il governo Forlani istituisce la società Stretto di Messina spa con il compito di realizzare l’opera. Per vent’anni la società è in essere e lavora al progetto, ma non ne rimane traccia percepibile.
Bettino Craxi nel 1988 annuncia che il Ponte sarà realizzato entro il 1998, ma anche lì, dopo un po’ non se ne sa più niente. Nessuna traccia del Ponte, a meno che il modellino che Berlusconi portò nel 2004 a Porta a Porta fosse il frutto paziente del lavoro ventennale della Società Stretto di Messina. Sapete, come quelli che costruiscono i modellini delle navi con i fiammiferi. Ci vogliono tempo e pazienza.
Nel 2008 il governo Prodi blocca il progetto, perché non ci sono soldi. Due anni dopo Berlusconi torna al governo e annuncia che il Ponte sarà fatto, anzi rifatto perché lo aveva già fatto, direi personalmente, a Porta a Porta sei anni prima.
Nel 2012 il governo Monti dice di nuovo che non ci sono i soldi e mette in liquidazione la nuova società che Berlusconi aveva nel frattempo istituito, che si chiamava Eurolink.
Nei giorni scorsi il governo in carica ha rilanciato l’idea. Anzi, ha proprio detto: il Ponte si farà. C’è dunque una nuova prima pietra, identica a questa, già pronta a Roma e in partenza per Villa San Giovanni. Il costo stimato (di tutto il Ponte, eh, non della prima pietra) è intorno ai 4 miliardi di euro, secondo calcoli meno ottimisti potrebbe raddoppiare, si sa come funzionano in Italia i preventivi, per ristrutturarti un bagno ti dicono dieci e tu già sai che saranno venti.
In attesa degli eventi, le vere notizie sono due:a prima è che gli unici a costruire effettivamente un ponte sullo Stretto furono i romani durante le guerre puniche. Secondo Plinio il Vecchio i romani costruirono un ponte di barche per far passare gli elefanti sequestrati ai cartaginesi. Per fortuna Berlusconi non ha letto Plinio il Vecchio, altrimenti avrebbe portato a Porta a Porta un elefante. La seconda notizia è che per andare da Palermo a Ragusa con i mezzi pubblici ci vogliono 12 ore. Esattamente come il tempo dei cartaginesi.
Concludendo. I ponti sono opere meravigliose. Spesso molto belle anche da vedere, comunque bellissime per la loro funzione, che è unire, avvicinare. Ma l’esatto contrario dei ponti sono le promesse a vuoto. Le promesse a vuoto rappresentano, appunto, il vuoto: allargano la distanza tra le due rive, la riva delle parole e la riva della realtà. Il famoso “Tra dire e il fare c’è di mezzo il mare”.
Mi piacerebbe essere il primo che passa lo stretto in tre minuti, percorrendo il nuovo ponte e dedicando il trionfo della tecnologia agli elefanti di Annibale. Ma prima di mettermi in coda voglio aspettare almeno la seconda pietra. Non per sfiducia. Per esperienza.
Michele Serra
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kneedeepincynade · 1 year
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China is building a better future while the imperialists try to destroy the present, and we know the capitalists will not win because an order without future will die in the present
The post is machine translated
Translation is at the bottom
The collective is on telegram
⚠️ I QUATTRO PRINCIPI (四项原则) DELLA CINA PER LA COSTRUZIONE DI UNA COMUNITÀ DAL FUTURO CONDIVISO ⚠️
🇨🇳 Nella maestosa Xi'an, capoluogo della splendida Provincia dello Shaanxi, si è tenuto il Vertice Cina - Asia Centrale, dove il Presidente Xi Jinping ha proposto Quattro Principi (四项原则) per la costruzione di una Comunità dal Futuro Condiviso (命运共同体) 💕
❤️ Ricordando l'Annuncio Congiunto sull'edificazione di un Futuro Condiviso tra la Repubblica Popolare e i Paesi dell'Asia Centrale, al Vertice dell'anno precedente, per commemorare il 30° Anniversario delle Relazioni Diplomatiche tra i Paesi, il Presidente Cinese ha dichiarato che la 命运共同体 è una Scelta Storica che presenta un Futuro Luminoso per il Popolo Cinese e i Popoli dell'Asia Centrale, e che - per costruire un solido Futuro Condiviso, è necessario aderire a Quattro Principi:
一 Assistenza Reciproca, elevando il Concetto "互助", ovvero "aiutarsi a vicenda", il che si riflette in:
⭐️ Sostenersi a vicenda in maniera inequivocabile su Questioni riguardanti la Sovranità, l'Integrità Territoriale e l'Indipendenza 💕
⭐️ Sostenere la Dignità di ogni Paese, rispettando la sua Cultura 💕
⭐️ Sostenere il Percorso di Sviluppo scelto costruito sulle Condizioni Materiali del proprio Paese 🤝
二 Sviluppo Comune, costruito sulla Cooperazione nell'ambito della Nuova Via della Seta, che andrà a toccare ogni settore dell'Economia, dal Commercio all'Energia, dal Sistema dei Trasporti alla Produzione Industriale, per garantire una riduzione della povertà in tutta l'Asia 🤝
⭐️ Sviluppo Comune e Progresso Comune, per giungere alla Prosperità Comune (共同富裕), concetto citato dal Presidente Cinese, apparso per la prima volta nel 1953, in un'opera del Presidente Mao Zedong 🚩
三 Sicurezza Universale, costruita sull'Iniziativa di Sicurezza Globale, avanzata dal Partito Comunista Cinese, per resistere congiuntamente ai tentativi di forze esterne - principalmente Occidentali - di interferire negli Affari Interni dei Paesi, e di istigare rivoluzioni colorate ⚔️
🤝 Lavorare congiuntamente per sradicare il Terrorismo, il Separatismo e l'Estremismo, per garantire una Pace duratura, in quanto «La Pace è come l'Aria e il Sole, è appena percettibile quando ne traiamo beneficio, ma nessuno di noi può vivere senza di essa» 🕊
四 Amicizia Eterna, elevando il Concetto di "友谊", attuando l'Iniziativa Cinese per portare avanti la Tradizionale Amicizia dei Paesi, la condivisione di esperienza in materia di governance, l'approfondimento tra Culture e la costruzione di solide fondamenta per un'Amicizia indistruttibile tra il Popolo Cinese e i Popoli dell'Asia Centrale, per costruire Unità, Armonia e Affinità 💕
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⚠️ CHINA'S FOUR PRINCIPLES (四项原则) FOR BUILDING A COMMUNITY WITH A SHARED FUTURE ⚠️
🇨🇳 The China - Central Asia Summit was held in majestic Xi'an, the capital of the splendid Shaanxi Province, where President Xi Jinping proposed Four Principles (四项原则) for building a Community with a Shared Future (命运共同体) 💕
❤️ Recalling the Joint Announcement on Building a Shared Future between the People's Republic and Central Asian Countries, at the Summit of the previous year, to commemorate the 30th Anniversary of Diplomatic Relations between the Countries, the Chinese President said that命运共同体 is a Historic Choice that presents a Bright Future for the Chinese People and the Peoples of Central Asia, and that - to build a solid Shared Future, it is necessary to adhere to Four Principles:
一 Mutual Assistance, elevating the Concept "互助", or "helping each other", which is reflected in:
⭐️ Support each other unequivocally on Sovereignty, Territorial Integrity and Independence Issues 💕
⭐️ Supporting the dignity of every country, respecting its culture 💕
⭐️ Support the chosen Development Path built on the Material Conditions of your country 🤝
二 Common Development, built on Cooperation within the framework of the New Silk Road, which will touch every sector of the Economy, from Commerce to Energy, from the Transport System to Industrial Production, to guarantee a reduction of poverty throughout the Asia 🤝
⭐️ Common Development and Common Progress, to reach Common Prosperity (共同富裕), a concept mentioned by the Chinese President, which appeared for the first time in 1953, in a work by Chairman Mao Zedong 🚩
三 Universal Security, built on the Global Security Initiative, advanced by the Communist Party of China, to jointly resist the attempts of external - mainly Western - forces to interfere in the internal affairs of countries, and to instigate color revolutions ⚔️
🤝 Work jointly to eradicate Terrorism, Separatism and Extremism, to ensure lasting Peace, as «Peace is like the Air and the Sun, it is barely noticeable when we benefit from it, but none of us can live without it of it» 🕊
四 Eternal Friendship, elevating the Concept of "友谊", implementing the Chinese Initiative to carry forward the Traditional Friendship of Countries, sharing governance experience, cross-cultural insight, and building a solid foundation for Friendship indestructible between the Chinese People and the Peoples of Central Asia, to build Unity, Harmony and Affinity 💕
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t-annhauser · 2 years
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Cosa vuole conservare il conservatore?
cosa vuole conservare il conservatore e ipotesi sul perché a nessuno riesce di tenere fermi i propri principi
Il conservatore cosa vuole conservare, i modi della produzione e dell'economia? No, perché ogni nuova tecnologia è vista come un'opportunità, l'avanzamento della tecnica è vitale, addirittura salvifico. Vuole dunque conservare la società? Sì, vuole conservare certe forme della vita sociale che però gli sfuggono inevitabilmente di mano in quanto quelle forme sono plasmate proprio da quel mutamento tecnologico che per altro verso favorisce e incoraggia. La civiltà industriale che permette al conservatore (e del resto anche al non conservatore) di prosperare è la stessa civiltà che rende meno necessaria la famiglia, la civiltà industriale spinge più speditamente verso l'individualismo, i ruoli uomo/donna sono intercambiabili, la vita religiosa con i suoi valori diventa irrilevante. Così il conservatore si impunta sulla conservazione di quei valori che lui stesso contribuisce inavvertitamente a mutare, cadendo cocciutamente in contraddizione con se stesso, in una velleitaria guerra ai mulini a vento. Il progressista, per contro, vuole imporre i nuovi valori come frutto di una non meglio precisata spinta del progresso, facendo perno piuttosto strumentalmente sulla scienza, che di suo non esprime giudizi. Entrambi, conservatori e progressisti, sono condotti in questo ballo da meccanismi che li sovrastano, pensano di guidare, di governare l'attualità, ma ne sono governati.
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vorticimagazine · 6 days
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Intelligenza artificiale, intelligenza analogica e umanesimo digitale
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Vortici.it vi propone un contributo di riflessione davvero interessante, curato da AIDR, riguardante il mondo del digitale e la sua evoluzione nei suoi aspetti positivi e negativi. In questo mondo, siamo immersi in maniera talmente inconsapevole che, a volte, o non siamo in grado di porci degli interrogativi o semplicemente, li riteniamo superflui perché il mondo va così. Ovviamente non è una colpa. In ogni caso, riflettere non fa mai male perché alimenta lo spirito critico, aiutandoci a leggere i tempi che viviamo. Intelligenza artificiale, intelligenza analogica e umanesimo digitale di Vito Coviello(Socio Fondazione AIDR – Responsabile Osservatorio Tecnologie Digitali nel settore dei Trasporti e della Logistica) La tecnologia è stata applicata in costante evoluzione, partendo dai più semplici manufatti per arrivare alla rivoluzione industriale del 18° e 19° secolo, sino all’era della robotica e dell’intelligenza artificiale dei nostri giorni. Il lungo percorso della ricerca del benessere non è stata solo una storia di successi, tanti sono stati i fallimenti e gli errori. L’evoluzione tecnologica è stata anche contraddistinta da guerre e sopraffazioni, dallo sviluppo di strumenti di distruzione di massa e dal costante danneggiamento dell’ambiente di cui siamo oggi siamo anche consapevoli e responsabili. Il nostro pensiero analogico ci ha consentito anche di proiettarci nel futuro e molti racconti di fantascienza hanno anticipato di decenni le rivoluzioni del mondo scientifico. Nel 1942 Isaac Asimov pubblicò il primo racconto del Ciclo della Fondazione e avviò la scrittura contemporanea del Ciclo dei Robot con cui rivoluzionò il mondo scientifico, ispirando anche futuri scrittori di romanzi di fantascienza. Le storie dei robot positronici e i romanzi degli spaziali del ciclo dei robot hanno affascinato intere generazioni: i tecnici robotici utilizzati per coadiuvarci nel lavoro quotidiano e nel ciclo produttivo, sono diventati realtà anni dopo. Anche le esplorazioni spaziali, che tanto hanno fatto sognare, sono passate dalla fantascienza alla realtà quotidiana e oggi stiamo progettando il turismo spaziale che ci porterà prima o poi anche su Marte. È ora il tempo dell’intelligenza artificiale: la più pericolosa secondo alcuni, il vero cambio di prospettiva tecnologica secondo tanti altri. Adottando un approccio pragmatico, occorre essere consapevoli che non si può fermare il progresso, ma ogni sforzo deve essere rivolto alla migliore gestione del cambiamento. L’intelligenza artificiale renderà superflui milioni di posti di lavoro: si stimano centinaia di milioni di posti di lavoro in meno a livello globale solo con la piena applicazione dell’intelligenza artificiale generativa. A differenza del passato questa volta a farne le spese sono anche i colletti bianchi dalle alte retribuzioni: le chatbot li stanno sostituendo con l’apprendimento automatico. Ma l’impatto dell’intelligenza artificiale è trasversale a quasi tutti i cicli di progettazione e di produzione, non solo a quelli dove già supera gli esseri umani in determinati compiti. Certo i settori inizialmente più esposti sono proprio quelli che si basano sulla scrittura e sulla programmazione: per citarne solo alcuni, i servizi assicurativi, il telemarketing, i servizi legali; ma l’applicazione dell’AI si è già estesa e continuerà ad estendersi agli altri settori. La gestione di un cambiamento che sta avendo impatti così forti non può essere casuale e disorganica, occorre un metodo condiviso a livello globale. Il metodo dell’umanesimo digitale è quello applicato per pensare alla tecnologia come una occasione per migliorare la nostra vita. Ci troviamo di fronte alla necessità di adottare un nuovo umanesimo digitale, adeguando le regole, non i principi di base su cui esso si fonda: è la vita dell’uomo che deve basarsi sui reali bisogni e nel rispetto dell’ambiente, in contrapposizione alla logica del “tutto e subito” dove non si bada agli impatti negativi che generiamo a tutto ciò che ci circonda, noi stessi inclusi. Scopri la nostra rubrica Tecnologia   Immagine di copertina: AIDR Read the full article
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siciliatv · 2 months
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Crisi idrica a Favara. Palumbo: da domani 10 litri di acqua in più
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Il sindaco di Favara, Antonio Palumbo, ha annunciato che la Regione siciliana ha appena autorizzato l'utilizzo dei pozzi di contrada Traversa, che potranno fornire alla città fino a 10 litri di acqua al secondo. Questo provvedimento, insieme ad altre misure concordate con l'Aica, come l'interruzione della fornitura nella zona industriale e alle utenze Voltano nei fine settimana, mira a ridurre la crisi idrica che sta colpendo Favara. Palumbo ha espresso la sua soddisfazione, sottolineando che i pozzi saranno operativi entro domani, venerdì 12 luglio. Il sindaco ha evidenziato le difficoltà incontrate nel raggiungere questo risultato, un obiettivo inseguito da oltre un anno. Essenziale è stato il supporto della Prefettura di Agrigento, che ha facilitato la comunicazione con tutti gli enti coinvolti. Sebbene i pozzi fossero già esistenti, sono stati necessari interventi e analisi approfondite per garantire l'utilizzabilità dell'acqua. Palumbo ha avvertito che, nonostante questo progresso, la città si trova ancora di fronte a un'estate potenzialmente difficile. Ha esortato la comunità a non abbassare la guardia, evidenziando che molto lavoro resta da fare per affrontare una crisi idrica di tale portata. Secondo il sindaco, è fondamentale considerare ogni possibile soluzione per prevenire ulteriori problemi. In conclusione, il sindaco ha ribadito l'importanza della cooperazione tra le varie istituzioni e l'impegno continuo per migliorare la gestione delle risorse idriche a Favara. Con l'entrata in funzione dei pozzi di contrada Traversa, la speranza è di alleviare significativamente la crisi attuale. Read the full article
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tecnotergroup3 · 4 months
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Rivoluzionare l'efficienza industriale con i compressori d'aria a motore idraulico
Nel campo dei macchinari industriali, l’efficienza è la parola d’ordine. Ogni operazione, dalla produzione alla costruzione, dipende in larga misura dal buon funzionamento di attrezzature e strumenti. Un componente chiave che svolge un ruolo fondamentale nell'alimentazione di varie applicazioni è il compressore d'aria del motore idraulico. lavaruote
Noi del Gruppo Tecnoter siamo orgogliosi di offrire soluzioni all'avanguardia che aumentano l'efficienza operativa e la produttività. I nostri compressori d'aria con motore idraulico si distinguono come un ottimo esempio di innovazione che soddisfa le esigenze del settore.
Scatenare potenza e precisione
I compressori d'aria con motore idraulico sono progettati per fornire potenza e precisione in un pacchetto compatto e affidabile. A differenza dei compressori d'aria tradizionali che si basano esclusivamente su motori elettrici, i compressori con motore idraulico sfruttano la potenza dei sistemi idraulici. Questa integrazione consente una maggiore flessibilità in termini di fonti di alimentazione, rendendoli ideali per diversi ambienti industriali.
Versatilità in tutti i settori
Una delle caratteristiche principali dei compressori d'aria con motore idraulico è la loro versatilità. Dalle officine automobilistiche ai cantieri edili, questi compressori trovano applicazioni in un'ampia gamma di settori. Alimentano gli strumenti pneumatici, assistono nella movimentazione dei materiali e svolgono un ruolo cruciale nel mantenere una pressione dell'aria ottimale in vari sistemi. lavaggio ruote
Efficienza ridefinita
L’efficienza è la pietra angolare delle moderne operazioni industriali e i compressori d’aria con motore idraulico eccellono in questo aspetto. Sfruttando la potenza idraulica, questi compressori offrono una migliore efficienza energetica, tempi di fermo ridotti e prestazioni complessive migliorate. Ciò si traduce in risparmi sui costi e aumento della produttività, rendendoli una risorsa preziosa per le aziende che mirano a rimanere all’avanguardia in un panorama competitivo.
Affidabilità sotto pressione
Negli ambienti industriali esigenti, l’affidabilità non è negoziabile. I compressori d'aria con motore idraulico sono costruiti per resistere ai rigori di un utilizzo intensivo. La loro struttura robusta, abbinata a un'ingegneria avanzata, garantisce prestazioni costanti anche in condizioni difficili. Questo fattore di affidabilità testimonia la loro durata e il loro valore a lungo termine.
Abbracciare l'innovazione con il Gruppo Tecnoter
Man mano che le industrie si evolvono e abbracciano i progressi tecnologici, la collaborazione con un fornitore affidabile come Tecnoter Group diventa fondamentale. Il nostro impegno per l'innovazione, la qualità e la soddisfazione del cliente si riflette in ogni prodotto che offriamo, inclusa la nostra gamma di compressori d'aria con motore idraulico. sistema lavaruote
In conclusione, i compressori d’aria con motore idraulico rappresentano un cambio di paradigma nell’efficienza industriale. La loro capacità di combinare potenza, precisione, versatilità, efficienza e affidabilità li rende risorse indispensabili per le aziende moderne. Nel Gruppo Tecnoter continuiamo a superare i confini e a potenziare le industrie con soluzioni che guidano il progresso.
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biancheriaecotone · 5 months
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Tra Storia e Tecnologia: Il Museo delle Macchine Tessili di Marzotto
Tra Storia e Tecnologia tessili: Il Museo delle Macchine Tessili di Marzotto.
Un Viaggio nel Tempo
Nel cuore dei Laboratori di filatura, preparazione e tessitura dell'Istituto Tecnico Industriale "V.E.Marzotto", si cela un tesoro storico e tecnologico: il Museo delle Macchine Tessili. Questo straordinario luogo, situato all'interno della "città sociale" voluta dal conte Gaetano Marzotto nel lontano 1936, rappresenta un viaggio nel tempo attraverso l'evoluzione dell'industria tessile.
Architettura Industriale e Tecnologia
La struttura che ospita il museo si presenta come un vero e proprio capannone industriale, con colonne e architravi in calcestruzzo armato, tipico del periodo di costruzione. La sua copertura con travi reticolari in calcestruzzo armato ricorda le architetture dei complessi del Lanificio Marzotto, rispecchiando lo spirito industriale dell'epoca. Al suo interno, spiccano tra gli impianti più caratteristici il montacarichi con il piano interrato e l’impianto di umidificazione a nebulizzazione, testimonianze viventi dell'attività tessile che ha animato questi spazi.
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Crescita e Innovazione
La storia della lavorazione della lana nella vallata risale al XIV-XV secolo, ma è alla fine del '700 che conosce un notevole sviluppo, quando i lanaioli valdagnesi ottengono il permesso di fabbricare "panni alti". Nonostante la crisi dell'epoca napoleonica metta in ginocchio molte aziende tessili, sopravvive solo quella di Luigi Marzotto, che nel corso del 1800 si espande e introduce nuove tecnologie. Nascono scuole tecniche per formare operai e tecnici specializzati, e nel 1936 viene inaugurato l'Istituto Tecnico Industriale tessile, nel maestoso edificio costruito dal conte Gaetano Marzotto.
Una Tappa nel Progresso Tessile
Il Museo delle Macchine Tessili trova la sua dimora proprio in una porzione di questi laboratori. Avviato nel 1999, si è arricchito nel corso degli anni con l'obiettivo di documentare il progresso tecnologico del settore tessile che ha segnato profondamente la città e il territorio circostante.
Un'Immersione nell'Innovazione
La Sala della tessitura, destinata a restare di competenza della scuola per le attività didattiche, offre un'esperienza unica: telai dell'ultima generazione per tessuti lisci e operati sono in funzione, permettendo ai visitatori di confrontare metodi di progettazione e produzione.
Un Patrimonio da Scoprire
Integrato nella Rete Museale dell'Alto Vicentino, il Museo delle Macchine Tessili si rivela un valido strumento didattico per le scuole e un'opportunità di scoperta per coloro che sono interessati al progresso tecnologico e alla storia socio-economica di questa affascinante area geografica.
ragncampagnin
Esempi di Prodotto Tessile Italiano
Tra storia e tecnologia tessili
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greenmax-it · 6 months
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il che crea una più ampia domanda di mercato per il riciclaggio della schiuma EPE
Maggiore consapevolezza dei consumatori in materia di tutela ambientale: sempre più consumatori iniziano a rendersi conto dell'impatto dei rifiuti sull'ambiente, sono più propensi a scegliere di acquistare prodotti riciclabili e a sostenere le relative azioni di tutela ambientale, il che crea una più ampia domanda di mercato per il riciclaggio della schiuma EPE.
Innovazione tecnologica per promuovere l'aggiornamento industriale: con il continuo progresso della scienza e della tecnologia, anche la tecnologia del riciclo e del riutilizzo della schiuma viene costantemente innovata e migliorata, come l'uso di compattatori per schiuma altamente efficienti per comprimere la schiuma di scarto in un volume più piccolo, riducendo il costo del trasporto, migliorando l'efficienza dell'utilizzo delle risorse e promuovendo l'aggiornamento e lo sviluppo dell'intero settore.
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INTCO Recycling è un'azienda specializzata nel riciclaggio della schiuma e nella produzione di compattatori per EPE. Riteniamo che il riciclaggio della schiuma EPE debba affrontare molte sfide, ma che abbia anche un grande potenziale di sviluppo. INTCO Recycling continuerà a dedicarsi all'innovazione tecnologica e all'espansione del mercato per promuovere l'industria del riciclaggio della plastica in una direzione più ecologica, intelligente e sostenibile.
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pikasus-artenews · 8 months
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CLAUDIO COSTA. Ecce homo
Artista antropologo Claudio Costa lavora ad una sorta di archivio dell’uomo e della memoria guardando alla cultura rurale e tribale, alternativa ai rischi del progresso industriale
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Alpi Apuane: la sua storia industriale e le sue vecchie fabbriche
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Alpi Apuane: la sua storia industriale e le sue vecchie fabbriche
Sembrerà strano e a molti suonerà come un termine incompatibile ma esiste anche l’archeologia industriale. Ci siamo sempre immaginati l’archeologia come una materia che studia e raccoglie documentazioni e materiali di tempi lontanissimi, risalenti a migliaia e migliaia di anni fa, ma come detto l’archeologia non è solo quella. Sono passati oramai oltre due secoli e mezzo dalla prima rivoluzione industriale e da quando verso la seconda metà del ‘700 la macchina a vapore prese il sopravvento. La rivoluzione industriale comportò una profonda ed irreversibile trasformazione della società, tanto da sviluppare lo studio di questa branchia dell’archeologia, meglio nota come archeologia industriale. L’archeologia industriale studia tutte le testimonianze inerenti al processo di industrializzazione, allo scopo di approfondire la conoscenza della storia e del passato industriale. Le testimonianze a cui fare riferimento sono molteplici: i luoghi dove sorgevano questi stabilimenti, lo studio delle vecchie macchine, i processi di lavorazione e le fonti fotografiche e orali. La prima volta che si sentì parlare di questa branchia di studi archeologici risaliva agli anni cinquanta del ‘900, in Inghilterra e tale espressione venne usata nel 1955 da Michael Rix professore dell’università di Birningham, in un suo articolo pubblicato nella rivista “The amateur historian”.
L’ingresso della SMI a Fornaci di Barga
Ma questa disciplina si può anche applicare in Garfagnana? La nostra è stata terra prevalentemente agricola o dedita alla pastorizia, eppure anche noi abbiamo la nostra storia industriale di tutto rispetto. Faremo quindi un viaggio nelle vecchie industrie della Garfagnana, naturalmente questo articolo non vuole essere un saggio di archeologia industriale (nemmeno ci si avvicina) però per chi è curioso da queste poche righe può prendere ispirazione per qualche sua personale e più approfondita ricerca.
  “…Mentre vedevasi l’Italia tutta camminare a gran passi per la via del progresso nelle associazioni e nelle industrie al fine di rendersi indipendente dagli stranieri ai quali fummo fin qui indirettamente tributari: nel mentre fuori di questa regione, sorgono ovunque società che fondano stabilimenti, opifici e stabiliscono nuove industrie; addolora il mirare questa bella parte della nostra terra italiana, fornita dalla natura di tanti doni per i quali altri sacrificherebbero ingenti tesori onde goderne, starsene neghittosa (n.d.r: pigra,negligente), non curante del presente e del bene che per l’avvenire può derivarle dall’uso di questi tesori. Non vi sarà alcuno che vorrà porre in dubbio essere la Garfagnana in generale un paese ricco d’ogni sorta di prodotti agricoli, di tesori nascosti nelle viscere dei suoi monti e sotto i letti dei fiumi e torrenti: ma nessuno vorrà poi niegare che questa Garfagnana sia la parte d’Italia che men siasi slanciata nella via del progresso rispetto all’agricoltura, al commercio ed all’industria…”
Prima dell’avvento dell’industria in Garfagnana si viveva così
Questa impietosa analisi di fine’800 di Paolo Stella (maggiore del regio esercito che prese residenza nella nostra valle)non lascia scampo, descrive la Garfagnana come una regione ricca di risorse naturali che non riesce a sfruttare, per favorire la nascita di nuove industrie che porterebbero ricchezza e benessere. L’Italia ha intrapreso la via dell’industrializzazione e la Valle del Serchio è ancora indietro e non ne vuole sapere di uscire dal suo torpore. Eppure le sue acque e il suo marmo sarebbero veramente da sfruttare per favorire nuove industrie, come già fanno nel versante opposto della Apuane.
Già delle cave infatti erano state aperte verso la metà dell’800 nella zona di Arni, addirittura i cavatori garfagnini andavano a lavorare nelle cave versiliesi e massesi. Ma perchè tutto questo? Mancanza di strade? Di capitali? O di spirito d’iniziativa? Non di meno la situazione era la medesima per lo sfruttamento delle acque del Serchio e dei suoi affluenti, possibile che in un momento in cui stava prendendo piede l’industria idroelettrica a nessuno fosse venuto in mente di sfruttare una zona ricca di acque come la Garfagnana? Volevamo forse rimanere una regione dedita ancora all’agricoltura? e coltivare il nostro orticello per il fabbisogno personale?
Operaie all’interno della SMI
D’altronde noi garfagnini siamo sempre stati un po’ allergici alle novità, per indole siamo abitudinari, ma il progresso non si ferma e non si fermò nemmeno (e a maggior ragione)nel nascere del nuovo secolo, quando agli inizi dell’900 un fremito di rinnovamento scosse dall’apatia tutta la valle. Fu così che proprio nel 1900 i comuni di Vagli e di Minucciano dettero il via alla prima e vera propria industria nostrana, quando due contratti di concessione per lo sfruttamento del marmo locale furono dati ad altrettante società di estrazione, dove dietro di esse c’erano prestanome e capitali esterni di banche. Nell’anno successivo la “Società anonima marmifera di Minucciano” cambiò nome in “Società marmifera Nord Carrara” acquisendo anche le concessioni sul bacino marmifero di Vagli (dal 1921 la Nord Carrara entrerà a far parte del Gruppo Montecatini).
Gorfigliano il trenino che trasporta il marmo
L’industria infatti non portò solo posti di lavoro per i garfagnini ma favori anche l’arrivo della ferrovia, la costruzione di nuove strade e cosa altrettanto importante la gente prese coscienza della propria posizione sociale, nacque così una classe operaia che ben presto diede luogo alla nascita di associazione ed enti per la tutela dei propri interessi, del resto l’incremento di questa nuova classe sociale (nel settore marmi)non era da trascurare dato che nel 1906 gli occupati erano circa 800 arrivando poi ai 3000 del 1920. Anche lo sfruttamento delle acque prese vita, quando fu operante la “Società idroelettrica garfagnina” che costruì gli impianti nel comune di Sillano, sorsero poi altre industrie idroelettriche “foraggiate” queste da capitali esterni, ecco allora nascere nel 1913 la diga di Corfino-Villa Collemandina e poi nel tempo gli impianti di Castelnuovo, Gallicano e Pontecosi. La diga di Vagli nascerà per ultima, nel secondo dopoguerra. Questa attività fu indubbiamente fonte di lavoro, ma ben presto nacquero disservizi, la gente protestava con l’impresa distributrice di energia, la S.E.L.T (SOCIETà ELETTRICA LIGURE.TOSCANA), paradossalmente molti paesi non erano raggiunti dall’elettricità…e ciò continuò fino agli 60 del 1900.
Centrale elettrica Gallicano
Non mancarono naturalmente le industrie manifatturiere, anzi queste furono la maggior parte. Già nel 1880 a Castelnuovo esisteva “la Fabbrica dei Tessuti”(nel tempo prenderà il nome di Valserchio tessuti) fondata dal Conte Carli, per molti e molti anni fra vicende alterne questa azienda darà occupazione a molte donne della valle. Sempre nel settore tessile a Gallicano nel 1904 nascerà anche la Cucirini che produrrà filati, ancora a Gallicano nei soliti anni la “S.I.P.E Nobel” porterà un suo stabilimento di polvere da sparo. Dall’altra parte del fiume, a Fornaci di Barga, ecco nascere la fabbrica per eccellenza della valle.
Operaie e operai della Cucirini di Gallicano
Era il 1916 quando la S.M.I (SOCIETA’ METALLURGICA ITALIANA) nacque per incrementare lo sforzo bellico producendo munizioni per la “Grande Guerra” che era in corso. Questa fabbrica cambierà per sempre il modo di vivere dei garfagnini, fu il più grande stabilimento industriale di sempre, presente in zona, arriverà ad occupare migliaia e migliaia di persone (fra le quali moltissime donne). Sembrerà strano ma proprio in quegli anni si comincerà a prendere coscienza che la Garfagnana poteva essere sfruttata anche da un  punto di vista turistico e sviluppare quindi una nuova risorsa economica. Sul finire dell’800 erano già presenti dei villeggianti e sui giornali locali si affittano case per vacanze. Nel 1904 proprio per sviluppare questo settore fu pubblicata una guida corredata da molte fotografie e da carte topografiche. La questione turistica cominciò anche ad essere dibattuta sui giornali locali, si cercò di dare linfa vitale a questa nuova “industria”, proprio come dovrebbe succedere oggi, dove ancora questa risorsa non viene ancora messa a profitto come si deve. Questo stralcio di articolo del 1927 tratto dalle colonne de “La Garfagnana” sembra essere stato scritto ieri data la sua corrente attualità:
1946 “La domenica del Corriere” pubblicizza la Garfagnana turisticamente
“…l’industria principale, che parrebbe la più possibile ad essere sfruttata, quella turistica, è purtroppo da scartarsi. Per varie ragioni…Mancano poi gli alberghi e i pochi esistenti non offrono il cosiddetto comfort moderno, che per i nuovi ricchi culmina nei divertimenti di ogni genere, leciti ed illeciti. La borghesia e la classe sociale più eletta inoltre hanno le loro ville altrove. Il ceto professionista trova la Garfagnana fuori mano a causa delle poco agevoli comunicazioni. Chi può dunque venire preso da noi? Non resta che il modesto impiegato”. Fu un cambiamento epocale quello dell’avvento dell’industria in Garfagnana, c’è chi ebbe a dire che i problemi per valle fossero finiti e che la povertà che ci affliggeva da secoli fosse definitivamente sconfitta, in parte fu vero…uno stipendio sicuro, la certezza di una continuità lavorativa…ma non era oro tutto quello che luccicava, ed in risposta a chi faceva notare la tanto decantata ricchezza metteva in evidenza che per il momento serviva “a due cose soltanto, a formare i dividendi delle imprese forestiere e versar quattrini nelle tasche dell’erario”.
  Bibliografia
“Dal fascismo alla resistenza. La Garfagnana fra le due guerre mondiali” di Oscar Guidi. Banca dell’identità e della memoria anno 2014
“La Garfagnana” articolo pagina 2 anno 1927
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3naess · 8 months
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Discorso di Javier Milei al World Economic Forum a Davos, in Svizzera
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Oggi sono qui per dirvi che l’Occidente è in pericolo. È in pericolo perché coloro che dovrebbero difendere i valori occidentali si ritrovano cooptati da una visione del mondo che porta inesorabilmente al socialismo e, di conseguenza, alla povertà. Purtroppo, negli ultimi decenni, alcuni motivati dal desiderio benpensanti di voler aiutare gli altri e altri dal desiderio di appartenere a una casta privilegiata, i principali leader del mondo occidentale hanno abbandonato il modello della libertà per diverse versioni di ciò che chiamiamo collettivismo. Noi siamo qui per dirvi che gli esperimenti collettivisti non sono mai la soluzione ai problemi che affliggono i cittadini del mondo, ma, al contrario, ne sono la causa. Credetemi, nessuno meglio di noi argentini può testimoniare queste due questioni. Quando abbiamo adottato il modello della libertà, nel lontano 1860, in 35 anni siamo diventati la prima potenza mondiale. Mentre quando abbiamo abbracciato il collettivismo, negli ultimi 100 anni, abbiamo visto come hanno cominciato a diventare sistematicamente più poveri fino a scendere al posto numero 140 nel mondo.
Ma prima di poter affrontare questa discussione, sarebbe importante esaminare i dati che supportano perché il capitalismo di libera impresa non è solo l’unico sistema possibile per porre fine alla povertà nel mondo, ma è anche l’unico sistema moralmente desiderabile per farlo. Se consideriamo la storia del progresso economico, possiamo vedere come dall’anno zero fino all’anno 1800 circa, il pil pro capite nel mondo è rimasto praticamente costante durante tutto il periodo di riferimento. Se si guarda un grafico dell’evoluzione della crescita economica nel corso della storia umana, si vede un grafico a forma di mazza da hockey: una funzione esponenziale che è rimasta costante per il 90 per cento del tempo e scatta esponenzialmente verso l’alto a partire dal XIX secolo. L’unica eccezione a questa storia di stagnazione si ebbe alla fine del XV secolo con la scoperta dell’America. Ma a parte questa eccezione, durante tutto il periodo compreso tra l’anno zero e l’anno 1800, il pil pro capite a livello globale è rimasto stagnante. Ora, non solo il capitalismo ha generato un’esplosione di ricchezza dal momento in cui è stato adottato come sistema economico, ma se si analizzano i dati, ciò che si osserva è che la crescita ha accelerato durante tutto il periodo.
Durante tutto il periodo compreso tra l’anno zero e il 1800, il tasso di crescita del pil pro capite è rimasto stabile intorno allo 0,02 per cento annuo, ovvero una crescita praticamente nulla. A partire dal XIX secolo, con la rivoluzione industriale, il tasso di crescita salì allo 0,66 per cento. A questo ritmo, per raddoppiare il pil pro capite, ci vogliono circa 107 anni. Ora, se guardiamo al periodo tra il 1900 e il 1950, il tasso di crescita accelera all’1,66 per cento annuo. Per raddoppiare il pil pro capite non servono più 107 anni, ma 66. E se prendiamo il periodo tra il 1950 e il 2000, vediamo che il tasso di crescita è stato del 2,1 per cento annuo, da che deriverebbe che in soli 33 anni potremmo raddoppiare il pil mondiale pro capite. Questa tendenza, lungi dal fermarsi, rimane viva anche oggi. Se prendiamo il periodo tra il 2000 e il 2023, il tasso di crescita è nuovamente accelerato al 3 per cento annuo, il che implica che potremmo raddoppiare il nostro pil pro capite nel mondo in soli 23 anni. Ora, quando si studia il pil pro capite dal 1800 a oggi, ciò che si osserva è che dopo la Rivoluzione industriale il pil pro capite mondiale si è moltiplicato di oltre 15 volte, generando un’esplosione di ricchezza che ha fatto uscire dalla povertà il 90 per cento della popolazione mondiale. Non dobbiamo mai dimenticare che nel 1800 circa il 95 per cento della popolazione mondiale viveva nella povertà più estrema, mentre quel numero è sceso al 5 per centro nel 2020, prima della pandemia.
La conclusione è ovvia. Lungi dall’essere la causa dei nostri problemi, il capitalismo di libera impresa come sistema economico è l’unico strumento che abbiamo per porre fine alla fame, alla povertà e alla miseria in tutto il pianeta. L’evidenza empirica è indiscutibile. Pertanto, poiché non vi è dubbio che il capitalismo di libero mercato sia superiore in termini produttivi, la doxa di sinistra ha attaccato il capitalismo per le sue questioni di moralità, perché, secondo loro, secondo i suoi detrattori, è ingiusto. Dicono che il capitalismo è cattivo perché è individualista e che il collettivismo è buono perché è altruista. E, di conseguenza, lottano per la “giustizia sociale”. Ma questo concetto, che nel primo mondo è diventato di moda nell’ultima decada, nel mio paese è una costante del discorso politico da più di 80 anni. Il problema è che la “giustizia sociale” non solo non è giusta, ma non contribuisce nemmeno al benessere generale. Al contrario, è un’idea intrinsecamente ingiusta, perché violenta. È ingiusta perché lo stato si finanzia attraverso le tasse e le tasse vengono riscosse in modo coercitivo. Oppure qualcuno di noi può dire che paghiamo le tasse volontariamente? Ciò significa che lo stato si finanzia attraverso la coercizione, e che maggiore è la pressione fiscale maggiore è la coercizione e minore è la libertà. 
Chi promuove la giustizia sociale parte dall’idea che l’intera economia è una torta che può essere distribuita in modo diverso. Ma quella torta non è data, è ricchezza che viene generata in quello che, ad esempio, Israel Kirzner chiama un “processo di scoperta”. Se il bene o il servizio offerto da un’impresa non è desiderato, l’azienda fallisce a meno che non si adegui a quello che il mercato sta domandando. Se produce un prodotto di buona qualità a un prezzo buono o interessante, farà bene e produrrà di più. In questo modo il mercato è un processo di scoperta in cui il capitalista trova al volo la strada giusta. Ma se lo stato punisce il capitalista per aver avuto successo e lo blocca in questo processo di scoperta, distrugge i suoi incentivi. E la conseguenza è che si produrrà di meno e la torta sarà più piccola, generando danni alla società nel suo insieme. Il collettivismo, inibendo questi processi di scoperta e rendendo difficile l’appropriazione di ciò che viene scoperto, lega le mani dell’imprenditore e gli rende impossibile produrre beni migliori e offrire servizi migliori a un prezzo migliore. Com’è possibile allora che il mondo accademico, le organizzazioni internazionali, la politica e la teoria economica demonizzino un sistema economico che non solo ha fatto uscire il 90 per cento della popolazione mondiale dalla povertà più estrema, e lo sta facendo sempre più rapidamente, ma è anche giusto e moralmente superiore?
Grazie al capitalismo di libera impresa oggi il mondo è nel suo momento meglio. Non c’è mai stato, in tutta la storia dell’umanità, un periodo di maggiore prosperità di quello in cui viviamo oggi. Il mondo oggi è più libero, più ricco, più pacifico e più prospero che in qualsiasi altro momento della nostra storia. Questo vale per tutti, ma soprattutto per quei paesi che sono liberi e rispettano la libertà economica e i diritti di proprietà degli individui. Perché i paesi più liberi sono 12 volte più ricchi di quelli repressi. Il decile più basso della distribuzione dei paesi liberi vive meglio del 90 per cento della popolazione dei paesi repressi, ha 25 volte meno poveri nel formato standard e 50 volte meno nel formato estremo. E se ciò non bastasse, i cittadini dei paesi liberi vivono il 25 per cento in più rispetto ai cittadini dei paesi repressi. Ora, per capire cosa siamo qui a difendere, è importante definire di cosa parliamo quando parliamo di libertarismo. Per definirlo ritorno alle parole del più grande eroe delle idee di libertà in Argentina, il professor Alberto Benegas Lynch ha affermato che: “Il libertarismo è il rispetto illimitato del progetto di vita degli altri, basato sul principio di non aggressione, sulla difesa del diritto alla vita, alla libertà e alla proprietà degli individui, le cui istituzioni fondamentali sono la proprietà privata, i mercati liberi dall’intervento statale, la libera concorrenza, la divisione del lavoro e la cooperazione sociale. Dove si può avere successo solo servendo il prossimo con beni di migliore qualità a un prezzo migliore”. In altre parole, l’imprenditore è un benefattore sociale che, lungi dall’appropriarsi della ricchezza altrui, contribuisce al benessere generale. In definitiva, un uomo d’affari di successo è un eroe. Questo è il modello che stiamo proponendo per l’Argentina del futuro. Un modello basato sui principi fondamentali del libertarismo: la difesa della vita, della libertà e della proprietà. 
Ora, se il capitalismo della libera impresa e la libertà economica sono stati strumenti straordinari per porre fine alla crisi povertà nel mondo e ci troviamo oggi nel momento più bello della storia dell’umanità, perché allora dico che l’Occidente è in pericolo? Perché in quei paesi che dovrebbero difendere i valori del libero mercato, settori dell’establishment politico ed economico, alcuni per errori teorici e altri per ambizione di potere, stanno minando le basi del libertarismo aprendo le porte al socialismo e condannandoci potenzialmente alla povertà, alla miseria e alla stagnazione. Perché non si dovrebbe mai dimenticare che il socialismo è sempre e dovunque un fenomeno di impoverimento, che è fallito in tutti i paesi in cui è stato tentato. È stato un fallimento sociale, è stato un fallimento culturale e ha anche ucciso di più di 100 milioni di esseri umani. Il problema essenziale dell’Occidente oggi è che non dobbiamo solo confrontarci con coloro che, anche dopo della caduta del Muro e la schiacciante evidenza empirica continuano a sostenere il socialismo impoverente, ma anche i nostri leader, pensatori e accademici che si sono fermati a un quadro teorico sbagliato, minano  le basi del sistema che ci ha dato la più grande espansione di ricchezza e prosperità della nostra storia. 
Il quadro teorico a cui mi riferisco è quello della teoria economica neoclassica, che progetta uno strumento che, involontariamente, finisce per essere funzionale all’intromissione dello stato, del socialismo e del degrado della società. Il problema dei neoclassici è che poiché il modello di cui si sono innamorati non corrisponde alla realtà, attribuiscono l’errore a presunti fallimenti del mercato invece di rivedere le premesse del loro modello. Con il pretesto di un presunto fallimento del mercato si introducono regolamentazioni che generano solo distorsioni al sistema dei prezzi, che impediscono il calcolo economico e, di conseguenza, il risparmio, gli investimenti e la crescita.  Questo problema risiede essenzialmente nel fatto che nemmeno gli economisti apparentemente liberali capiscono cosa sia il mercato, giacché se lo si capisse si vedrebbe subito che è impossibile che esista qualcosa come un fallimento di mercato.  Il mercato non è una mera descrizione di una curva di offerta e di una curva di domanda su un grafico. Il mercato è un meccanismo di cooperazione sociale in cui si scambiano volontariamente i  diritti di proprietà. Se le transazioni sono volontarie, l’unico contesto in cui può verificarsi un fallimento di mercato è se vi è coercizione, e l’unico con capacità di coercizione in modo generalizzato è lo stato che ha il monopolio della violenza.  Di conseguenza, se qualcuno ritiene che esista un fallimento di mercato, consiglierei di verificare se c’è in mezzo un intervento statale. E se si riscontra che non c’è, suggerirei di controllare di nuovo perché evidentemente si si sbaglia. Il dilemma che il modello neoclassico si trova ad affrontare è che afferma di voler perfezionare il funzionamento del mercato attaccando quelli che considera fallimenti, ma così facendo non solo apre le porte del socialismo e minaccia la crescita economica. In altre parole, ogni volta che si vuole correggere un presunto fallimento del mercato, inesorabilmente, non sapendo cosa sia il mercato o innamorandosi di un modello fallito, si aprono le porte al socialismo e si condannano le persone alla povertà.
Tuttavia, a fronte della dimostrazione teorica che l’intervento statale è dannoso, e l’evidenza empirica che è un fallimento, la soluzione che propongono i collettivisti non è una maggiore libertà ma una maggiore regolamentazione, che genera una spirale discendente di regolamentazione finché non saremo tutti più poveri, e la vita di tutti noi dipenderà da un burocrate seduto in un ufficio lussuoso. Visto il clamoroso fallimento dei modelli collettivisti e gli innegabili progressi del mondo libero, i socialisti sono stati costretti a cambiare la loro agenda. Si sono lasciati alle spalle la lotta di classe basata sul sistema economico per rimpiazzarla con altri presunti conflitti sociali che sono ugualmente dannosi per la vita della comunità e la crescita economica. La prima di queste nuove battaglie è la ridicola e innaturale lotta tra uomo e donna. Il libertarismo stabilisce già l’uguaglianza tra i sessi. La pietra fondante del nostro credo dice che tutti gli uomini sono creati uguali, abbiamo tutti gli stessi diritti inalienabili concessi dal Creatore, tra cui la vita, la libertà e la proprietà. L’unica cosa che ha portato questa agenda del femminismo radicale è un maggiore intervento dello stato per ostacolare il processo economico. dare lavoro a burocrati che non contribuiscono in alcun modo alla società, sia sotto forma di ministeri per le donne che di organizzazioni internazionali dedicate a promuovere questa agenda.
Un altro dei conflitti che i socialisti sollevano è quello dell’uomo contro la natura. Sostengono che gli esseri umani nuocciono il pianeta, che deve essere protetto a tutti i costi, addirittura sostenendo un meccanismo di controllo della popolazione o la tragedia dell’aborto. Purtroppo, queste idee dannose hanno permeato fortemente la nostra società e i neomarxisti hanno saputo cooptare il senso comune dell’Occidente. Hanno raggiunto questo risultato grazie all’appropriazione dei media, della cultura, delle università e anche delle organizzazioni internazionali. Quest’ultimo caso è forse il più grave, perché si tratta di istituzioni che hanno un’enorme influenza nelle decisioni politiche ed economiche dei paesi che compongono queste organizzazioni multilaterali. Fortunatamente, siamo sempre più numerosi a osare alzare la voce perché vediamo che se non combattiamo queste idee a testa alta l’unico destino possibile è che avremo sempre più stato, più regolamentazione, più socialismo, più povertà, meno libertà e di conseguenza un tenore di vita peggiore. Purtroppo l’Occidente ha già cominciato a imboccare questa strada. So che a molti potrà sembrare ridicolo dire che l’Occidente si è convertito al socialismo. Ma è ridicolo solo nella misura in cui ci si limita alla tradizionale definizione economica di socialismo che stabilisce che si tratta di un sistema economico in cui lo stato è proprietario dei mezzi di produzione.  Questa definizione dovrebbe essere aggiornata alle circostanze attuali. Oggi gli stati non hanno bisogno di controllare direttamente i mezzi di produzione per controllare ogni aspetto della vita degli individui. Con strumenti come l’emissione monetaria, l’indebitamento, i sussidi, il controllo del tasso di interesse, il controllo dei prezzi possono controllare i destini di milioni di esseri umani. Ecco come arriviamo al punto in cui con nomi o forme diverse, buona parte delle offerte politiche generalmente accettate nella maggior parte dei paesi occidentali sono varianti collettiviste. Siano essi apertamente declamati comunisti, fascisti, nazisti, socialisti, socialdemocratici, democristiani, neokeynesiani, populisti, progressisti, nazionalisti o globalisti. Fondamentalmente non ci sono differenze sostanziali: tutti sostengono che lo stato deve indirizzare tutti gli aspetti della vita degli individui. Tutti definiscono un modello contrario a quello che ha portato l’umanità al progresso più spettacolare della sua storia.
Siamo qui per invitare i paesi dell’Occidente a riprendere la strada della prosperità. Un governo limitato e il rispetto illimitato della proprietà privata sono elementi essenziali per la crescita economica. Questo fenomeno di impoverimento che produce il collettivismo non è una fantasia né fatalismo. E’ una realtà che noi argentini conosciamo benissimo, da almeno 100 anni, perché l’abbiamo vissuta. L’abbiamo attraversata. Perché, come dicevo prima, siamo intrappolati in una spirale discendente in cui siamo ogni giorno più poveri. Questo è ciò che abbiamo già sperimentato e siamo qui per mettervi in guardia su cosa potrebbe accadere se i paesi occidentali che sono diventati ricchi con il modello della libertà continuano su questa via della schiavitù. Il caso argentino è la dimostrazione empirica che non importa quanto sei ricco, quante risorse naturali hai, né quanti lingotti d’oro ci sono nella cassa della banca centrale. Se si adottano misure che ostacolano il libero funzionamento dei mercati, la libera concorrenza, i sistemi dei prezzi liberi, se si ostacola il commercio, se si attacca la proprietà privata, l’unico destino possibile è la povertà. 
Per concludere, voglio lanciare un messaggio a tutti gli imprenditori qui presenti e a quelli che ci seguono da ogni parte del pianeta: non lasciatevi intimidire. Non arrendetevi a una casta politica o ai parassiti che vivono delle spese dello stato, che vuole solo restare al potere e mantenere i propri privilegi. Siete benefattori sociali, siete eroi, siete gli artefici del più straordinario periodo di prosperità che abbiamo mai vissuto. Non lasciare che vi dicano che la vostra ambizione è immorale. Se guadagnate è perché offrite un prodotto migliore a un prezzo migliore, contribuendo così al benessere generale. Non arrendetevi all’avanzata dello stato. Lo stato non è la soluzione. Lo stato è il problema. Siete voi i veri protagonisti di questa storia, e sappiate che da oggi avete l’Argentina come alleato incrollabile.
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guida-ai · 9 months
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Il futuro della robotica: come i robot più umani e interattivi stanno cambiando il mondo
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La robotica sta evolvendo a un ritmo sempre più veloce, e i robot stanno diventando sempre più umani e interattivi. Questo cambiamento sta avendo un impatto significativo su molte aree della nostra vita, dalla produzione industriale alla cura dei pazienti in ospedale. In questo articolo esploreremo come i robot più avanzati stanno cambiando il mondo e quali potrebbero essere le implicazioni per il futuro.
Robot umani e interattivi
I robot umani e interattivi sono progettati per essere più simili agli esseri umani, sia nel loro aspetto fisico che nel loro comportamento. Questi robot possono comprendere e rispondere alle emozioni umane, comunicare in modo più naturale e svolgere compiti più complessi. Grazie alle recenti innovazioni nella tecnologia dei sensori, dell'intelligenza artificiale e della robotica, i robot umani e interattivi stanno diventando sempre più diffusi in molti settori.
Applicazioni in diversi settori
I robot umani e interattivi stanno avendo un impatto significativo in diversi settori. Nell'industria manifatturiera, ad esempio, questi robot possono essere programmati per svolgere compiti ripetitivi in modo più efficiente e sicuro rispetto agli esseri umani. In campo medico, i robot umani e interattivi possono essere utilizzati per aiutare nel recupero fisico, assistere gli anziani e svolgere compiti clinici. Anche nel settore dei servizi, come l'ospitalità e il commercio al dettaglio, i robot umani e interattivi stanno diventando sempre più comuni. Questi robot possono accogliere i clienti, fornire assistenza e svolgere attività di supporto, liberando il personale umano per svolgere compiti più complessi e gratificanti.
Implicazioni per il futuro
Il crescente utilizzo dei robot umani e interattivi sta sollevando domande importanti sul futuro della nostra società. Mentre questi robot offrono molti vantaggi in termini di efficienza e sicurezza, ci sono anche preoccupazioni riguardo all'impatto sulle opportunità di lavoro per gli esseri umani e sulla privacy e sicurezza dei dati personali. Inoltre, il continuo sviluppo della robotica e dell'intelligenza artificiale potrebbe portare a cambiamenti radicali nella nostra società, dal modo in cui lavoriamo e viviamo al nostro rapporto con la tecnologia e con gli esseri artificiali. È importante esplorare queste implicazioni e prendere in considerazione come regolare e gestire il crescente utilizzo dei robot umani e interattivi per garantire che essi siano utilizzati in modo responsabile e etico.
Conclusione
Il futuro della robotica è sempre più incentrato sui robot umani e interattivi, che stanno cambiando il modo in cui svolgiamo le attività quotidiane e il modo in cui interagiamo con la tecnologia. Mentre questo cambiamento offre molte opportunità, è anche importante affrontare le sfide e le implicazioni che esso comporta. Solo prendendo in considerazione tutte queste questioni possiamo garantire che la robotica continui a essere un motore di progresso e miglioramento per l'intera società. Read the full article
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