#pensieri sparsi nella mente
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1.
Chiudo gli occhi stanchi e nella mia testa la tua immagine si fa strada tra i mille pensieri che alloggiano indisturbati nella mia mente e so che è la fine. Un dolce finale anche se speravo in uno diverso per noi.
Ora siamo un quadro.
Uno di quei dipinti attaccati alle pareti di qualche cazzuto riccone alla ricerca di qualcosa che riempi il vuoto che lo accoglie ogni volta che posa piede nel suo regno fatto di monete d'oro.
Siamo quel quadro sul muro della sala da pranzo.
Lo vedi?
Amore, caro amore mio.
I colori freddi, tristi, pieni del dolore e del odio che ci siamo buttati addosso, come piatti buttati sui muri candidi di una cucina vuota, fin troppo grande per delle presenze talmente piccole.
La tua mano stringe il fondo della bottiglia rotta, il resto, i suoi frammenti, ora sono sparsi sul pavimento scuro del triste ambiente.
Siamo due morti che se ne sono scordati di crepare, percorriamo la strada verso l'inferno, ma ci perdiamo alla ricerca della grande porta che accolga le nostre anime dannate.
La mia gola tagliata.
Il corpo ricoperto di sangue rosso, fin troppo nero, ormai secco e quasi bruciato.
La testa all'indietro.
Le labbra schiuse.
Gli occhi stanchi.
In una supplica di pietà e perdono.
Il tuo sguardo fermo, freddo, fisso sul mio corpo svuotato da ogni briciolo di vita.
Siamo un quadro.
Amore, caro amore mio.
I miei polsi legati col nastro rosso che scende tra le mie scapole coprendo a malapena la mia nudità.
Il tuo piede sul mio petto preme come se potessi scappare, alzarmi e come uno zombie affamato iniziare a correre in modo scomposto alla ricerca di qualcosa che non riuscirei a raggiungere. Alla ricerca di qualche lampo di pietà, pentimento o dispiacere che non troverò mai nei tuoi scuri, cupi e freddi come il ghiaccio, occhi. Quei maledetti occhi che non fanno trapelare nemmeno l'amore, nemmeno la paura, nemmeno l'umanità che si cela da qualche parte in quel guscio tremendo che ti fa da corpo.
Sono morta, un ultimo respiro ed il bianco della mia pelle ora è malato, spento, grigio. Il corpo senza vita di una bestia che ha lottato. I graffi. I lividi e persino le lacrime secche sulle guance che increspano il sangue che le colora.
Una lacrima sola sulla tua guancia, appena visibile tra le ciocche dei capelli che ti ricadono delicatamente sul viso stanco.
Siamo un bel quadro nella sala da pranzo di un riccone cazzuto, triste, privo di senso.
Guardalo mentre entra nella vuota, spoglia casa. Appoggia il soprabito sulla sedia della cucina, non guarda lo specchio davanti a se mentre passa per il corridoio freddo con le pareti più bianche del latte, si fa schifo, o forse si odia. Non lo saprai, non lo saprò nemmeno io. Siede nella poltrona scura, il trono del suo regno. Le spalle curve, le braccia abbandonate vicino al corpo sulle maniglie consumate. Spacca la bottiglia di vino dopo averla svuotata bevendone a grandi sorsi e sporcandosi il davanti della candida camicia. Afferra il fondo della bottiglia. Un taglio netto, la testa ricade all'indietro, il sangue schizza sui muri donando loro per la prima volta un colore vivo, la casa inizia a vivere, i muri si muovono e i mobili iniziano a ballare un valzer triste, Jean Sibelius regna nell'aria fresca che odora di ruggine. Il nostro quadro ora è ricoperto di un rosso diverso.
Amore, caro amore mio.
Il cazzone ricco muore, come muoio anch'io.
Un taglio netto e moriamo insieme, o muoio solo io?
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Aforismi e pensieri sparsi...
… questa è la fantasia di un bambino e per voi ..oggi, quale immagine avete nella mente?
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~ Fu come una doccia fredda, d’un tratto tutto ciò che lei avevo proiettato nella sua mente svanisce, come una vuota costruzione di carta, fluttuante, leggera e fragile da accartocciare dentro il pugno di una mano. Lui è fidanzato e la foto che gira sui social è una prova d’amore per lei, la dimostrazione da parte sua verso di lei, come a voler urlare l’ufficialità della storia.
Lei inizia a fare un viaggio introspettivo e a chiedersi cosa le ha portato questo incontro, questa connessione? Ammette a sé stessa di essersi spinta un po’ oltre con l’immaginazione e che adesso era arrivato il momento di ridimensionare tutto quanto.
Ogni speranza remota di una uscita con lui crolla. “Perché?” si domandò; perché tra tante persone proprio con lui si è dovuta creare quella connessione e vibrazioni? Cosa le ha voluto lasciare? Cosa voleva che le insegnasse?
Lei rimase sveglia a rigirarsi nel suo letto, a prendere sonno per ore… e mentre le ore scorrevano, fuori da quella stanza qualcun’altra stava vicino a lui e viveva quello che lei, fino a ieri, tesseva nei suoi sogni con fervida immaginazione.
Il pensiero di quell'altra persona, di colei che aveva la fortuna di condividere la vita con lui, non le faceva conciliare il sonno. Ogni sorriso che aveva immaginato di scambiare con lui si trasformava in un colpo al cuore, ogni parola non detta risuonava come un eco vuoto nel suo animo. La connessione che aveva percepito, così intensa e palpabile, ora le appariva come un miraggio, un'illusione creata dalla sua stessa mente.
Si alzò dal letto, il cuore ancora in tumulto, e si avviò verso la finestra. La luna splendeva alta nel cielo, e il suo chiarore sembrava illuminare i pensieri confusi che si accavallavano nella sua mente. "Cosa ho sperato?" si domandò, mentre osservava il mondo al di là del vetro. "Cosa avrei voluto che fosse?"
I ricordi di momenti condivisi in quell’unico luogo, di sguardi furtivi e risate, si mescolavano con la realtà cruda della situazione. Ogni attimo che aveva vissuto con lui ora si sentiva come un regalo rubato, un sogno infranto. Ma c'era anche una parte di lei che iniziava a riconoscere il valore di quell'esperienza, anche se dolorosa. Forse, pensò, quella connessione non era stata solo una promessa di qualcosa di più, ma un insegnamento su se stessa, sulle proprie aspettative e desideri.
Le sue mani si chiusero in un pugno mentre rifletteva su quanto fosse importante accettare la realtà. Doveva lasciar andare quell'immagine idealizzata di lui, quell'aspettativa che l'aveva portata a volare così in alto. La vita, in fondo, era fatta di scelte e di strade che si incrociano, e non sempre portano dove si sperava.
Con un respiro profondo, si voltò, lasciando la vista della luna e del mondo esterno. Era ora di tornare a se stessa, di ricostruire il suo spazio interiore. Con pazienza, avrebbe dovuto riprendere i pezzi sparsi del suo cuore e ricomporli, più forti e più saggi. La connessione che aveva sperimentato, sebbene fugace, le aveva insegnato qualcosa di prezioso: che non era solo la presenza di un'altra persona a darle valore, ma la capacità di amarsi e rispettarsi anche nella solitudine.~ 💎

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Capitolo.18
•Loosed ties•
Nella stragrande maggioranza dei casi noi stessi siamo il nostro Maggior pericolo inclini a commettere qualsiasi agguato per comprometterci credevo di essere l’origine del mio male pur consapevole che non fosse interamente responsabilità mia i miei anni erano caratterizzati da una paura inusuale quella di diventare come mio padre o addirttura esserlo senza avere cognizione guardandomi allo specchio avevo paura di intravvedere la sua fisionomia vedere i suoi stessi occhi oppure l’espressione corrugata che mi facesse somigliare a lui ho sempre occultato quella paura mentendomi e pensando che tutto sommato io non ero come lui ma c’era un pensiero intrinseco che mi faceva vacillare ed era la consapevolezza di essere l’ennesimo errore frutto de suoi precedenti sbagli dovevo pur smettere di raccontarmi favole e di conseguenza la verità è che tremavo all idea di non saper amare o meglio non saper amare nel modo giusto perché mio padre era follemente innamorato di mia madre l’amava e pure questo non è bastato per rendere ogni suo gesto meno distruttivo non aveva combinato nulla perdendo qualsiasi cosa me compreso e non mi aveva perso perché magari non era suo solito comprare una macchinina telecomanda a suo figlio bensì perché per ogni passo che avanzava qualcosa cadeva per ogni sua mancanza mia madre piangeva e sono davvero grato che io di lui abbia solo collezionato assenze perché ho il timore che se l’avessi guardato con gli occhi colmi d’amore gli stessi che guardo mia madre tutt’oggi io sarei stato incline ad imparare da lui prendendo esempio di una vita che lui non ha saputo vivere lui non sapeva vivere eppure aveva qualsiasi cosa ed io avevo paura di essere tanto ma non combinare mai nulla avevo paura di avere una bella mente e non saperla applicare
Vizi danni capricci e colpe
Erano l’essenza del uomo che mi ha messo al mondo e chissà magari persino di avermi garantito una vita rientrava nella Categoria delle sue colpe aveva troppo pesi da portare così si limitava a scappare a rifugiarsi in qualche bicchiere di vino che facesse collassare i pensieri o le preoccupazioni quando avevo disimparato a vivere mi sentivo come lui cercavo di scappare in continuazione rifugiandomi in qualche caffè che ero abituato a bere guardando il vuoto con occhi stanchi pensavo di allontanarmi dai miei pensieri ma questi mi perseguitavano ovunque pure nei momenti di pace così stavo bene ma mai abbastanza era una sensazione simile all’essere spezzati fatti a pezzi scomporsi e sparsi un po’ dovunque ed io mi sentivo un’alfabeta che non sapeva più leggersi dentro capirsi e controllarsi so però che un giorno cela avrei fatta avrei messo in un ripostiglio tutto i ricordi senza ricominciare ma continuando soltanto riprendendo ciò che non ho portato al termine mi sarei consumato siiiiii ma era l’unico modo tangibile per cancellare le mie paure le mie insicurezze e i miei pensieri più stordenti d’altronde la gomma erano le mie mani
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Pensieri affollati.
Ieri tra il nervosismo e l'indifferenza di lei mi sono in effetti fatto solo del male, ma sta cosa del capodanno con i suoi parenti mi sta troppo sul cazzo, mi è saltato in mente "prendo un aereo e passo un pò di tempo in Trinacria con amici", peccato che visto il periodo (tra ste festività e il caro tutto che ci hanno regalato gli yankee) solo per arrivare a Roma ci vogliono 800€ (andata e ritorno), idea scartata. Mi è venuto in mente che non devo per forza andare chissà dove e ho iniziato a guardare i prezzi degli alberghi e b&b, per una notte si parte da 100€, poi considerando che molti di sti posti fanno cenone e festone, che a me non interessa, ho ben pensato che non è una bella idea. Niente mi tocca mangiare sta quintalata di merda, che poi la cena si fa presto, visto che molti dei suoi parenti (anche i miei in realtà) sono over 70 e 80, quindi finita la cena intorno alle 20:30/21 non si fa niente, mi sarei accollato anche la tombola o qualsiasi giochino del cazzo ma qui non è usanza come da noi, come si passa la serata? Loro bevono come spugne e parlano sempre delle stesse cose, tutto fino alla mezza notte, non so se mio cognato porterà i fuochi ma conoscendolo si, quindi un ulteriore brindisi con uno spumante da 4 lire mentre ci si augura un buon anno e dopo un pò sloggiano, poi mi tocca sistemare tutto, come da post precedente, il tutto nella sobrietà totale visto che non bevo più da quasi 4 anni, ho 4 fiorellini di maria conservati per l'occasione e non posso neanche fumarli. Dulcis in fundo non c'è ancora da parte di lei un'idea per il menù, anche se so che finiremo per cucinare carne e patate come da tradizione estone, hanno solo questo come piatto in tutta la loro immensa mancanza di cultura, gli altri piatti sono o russi o tedeschi o finlandesi o svedesi, tutti quelli che in qualche modo li hanno conquistati e poi lasciati perché alla fine qua non c'è un cazzo. Lo so, lo so, mi sono un pò amminchiato su sta cosa, ma avevo un programmino niente male, cena, canna, registrazione in presa diretta di improvvisazione, una sorta di concerto registrato a fine anno, ma invece mi tocca cancellare tutto, cosa che mi irrita non poco.
Cambiando discorso, sto fortemente pensando di cambiare aria, la relazione sta piano piano planando verso la fine e prima che mi arrivi una doccia fredda mi inizio a guardare intorno anche se non vedo molte soluzioni, una possibile sarebbe di trasferirmi a Tallinn dove in teoria ci sono più lavori e una vita diversa, questo molto in teoria raccontato da persone che vivono la, poi ognuno ha le sue specifiche e ... va bè hai capito. La cosa mi frena un pò perché alla fine è sempre estonia, mentre se volessi andare proprio via c'è una ditta che cerca svariate figure per lavori online (suppongo da ufficio) ma dovrei trasferirmi in Grecia, ho visto alcuni annunci e non sembra male, anche se come sappiamo la Grecia è in recessione da parecchi anni, vediamo. Alternativa sarebbe chiedere una mano a qualcuno dei tanti amici e conoscenti sparsi per l'Europa, questo sempre se c'è ancora quella cosa che ci si aiuta, beh questa è un pò l'ultima spiaggia. Ma come ultimissima alternativa prendo quello che posso e parto per una destinazione XY così. Come recita un brano di Tonino "felicità a momenti e futuro incerto".
Vi lascio un pò di musica (non Tonino)
youtube
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mi leggi la mente
sei un pensiero latente
cerco gli occhi tuoi tra la gente
siamo amore o odio, babe?
se siamo insieme spezziamo le catene.
Resterai?
se ti dicessi che le mie giornate
son fatte di paranoie e troppi guai
che se mi cerchi di notte
mi trovi con la luna storta, che fai?
non ti ci mettere anche tu a darmi noia.
Che ne sai tu
dei miei drammi, dei miei pensieri
sparsi
moto disordinato, schiaccia quei freni
Ti direi che sto male
che ho le onde del mare nella testa
il cuore una tempesta,
cosa fai?
Perché vuoi mettere luce nei miei pensieri?
la notte non mi fa più paura ormai.
Dentro il cuore mio
penso ci sia troppo da togliere
mille paranoie, incubi la notte
stringimi tra le tue braccia, fallo forte
tutto quello che c’ho in mente
mi confonde.
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Fuori luogo ovunque.
È il titolo di una canzone - neppure troppo profonda - che mi porto dietro dal momento in cui l'ho incrociato diversi anni fa. Ci ripenso sempre, balza da solo alla mente come un suggerimento quasi automatico, come quando per mangiare porti la forchetta alla bocca, o per starnutire la mano al naso, così "Fuori luogo ovunque", mi suggerisce dove mi trovo in quel momento esatto, senza neppure chiedermi perché.
Mi son sempre raggomitolata nella più dolce e ingenua delle bugie: un giorno andrà meglio. Come il titolo di quella canzone, ho trovato per tanto tempo un rifugio sicuro nel pensiero che un giorno non troppo lontano, tutto avrebbe avuto finalmente senso, che i pezzetti sparsi in strade che neanche ricordo di aver percorso, si sarebbero ricomposti come un puzzle, che avrei smesso di soffrire e di colmare questa solitudine con un'idea, che la felicità sarebbe arrivata anche per me. Una felicità irreversibile, nel senso che quando arriva poi non va più via. Che avrei trovato il mio posto nel mondo ed avrei smesso di sentirmi così, fuori - luogo - ovunque.
Ho capito poi, fin da quasi subito, che il mio posto non sarebbe stato un luogo, un nome di una città, tanto meno di quelle straniere, ma piuttosto un nome e basta, o più di uno. Lasciavo andare la solitudine provando a sostituirla, più e più volte con nomi diversi, trovandomi invece poi sempre più verso il fondo di un enorme castello di carte in cui ho confinato la mia esistenza. Un castello fragile, senza pareti e finestre, pronto a venir giù. Poi la sterzata, l'idea che sì, un giorno andrà meglio, ma che su quella solitudine e su di me, avrei dovuto lavorarci. Così dicono, che bisogna conoscere ed amare se stessi, e l'ho fatto.
Conosco ed amo me stessa, conosco ed ho imparato ad amare la mia solitudine, ed i miei rifugi. Ma non è mai arrivato il momento di ricevere quella felicità tanto desiderata. Ancora non ho pareti e finestre, ma solo carte ed il timore che un forte vento le faccia crollare.
Adesso mi raggomitolo, dopo aver perso tutto, nell'idea più dolorosa che una persona possa affrontare: forse meglio non andrà mai, forse la solitudine è tutto ciò che resta da vivere e con essa morire.
Ho visto andar via tutti, amicizie durate più di dieci anni finire nel tempo necessario per buttar giù un sorso di caffè, o che iniziano a franare sotto il duro asfalto della distanza che ci separa. Ho amato, con la paura pura di mostrare me stessa, di avvicinarmi troppo, ma concedendomi a quell'amore che sento. Ed ora invece, guardo di nascosto i lineamenti di un viso a me caro con una paura diversa, quella di non poterli più scorrere, un giorno, con le dita, di non essere più necessaria per una carezza sulla schiena, di diventare invisibile ai suoi occhi. E ancora, ho lasciato che uno sconosciuto spegnesse il mio più fedele amico e compagno di avventure, un paio di siringhe sono bastate per costringerlo a smettere di respirare, per non sentire più il calore di un cuore che batte.
Mi chiedo se sia questo il destino a me riservato, che in fin dei conti male non l'ho mai fatto a nessuno, che amo incondizionatamente, che provo a ricucire le ferite di chiunque ne abbia bisogno. Mi chiedo quale sia la soluzione al non essere abbastanza, ammesso c'è ne sia una, e che ne sia all'altezza.
Mi raggomitolo, ancora una volta, nella notte, quando tutto tace, e col silenzio ed il buio anche i miei pensieri, la mia solitudine, tirano un sospiro di sollievo. Io sono fuori luogo ovunque. E ovunque possa andare, non troverei nessuno ad aspettarmi. Sono il buio che si porta la luna, ma se domani non aprissi gli occhi, qualcuno verrebbe a svegliarmi?
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l’universo mi terrorizza
mi spiego meglio, la vasta ed illimitata nullità dello spazio mi fa sentire un granello infinitesimale in un universo indifferente
non comprendo come valentina riesca a trovare conforto nella presenza fissa della sua stella, Cassiopea, mi dice che la rincuora il fatto che lei sia sempre lì, non se ne possa andare - credo che questo abbia a che fare con l’abbandono di suo padre, il bisogno di qualcosa che resti per sempre e non possa abbandonarti. lo trovo incomprensibile per il mio vissuto, i miei non mi hanno abbandonata, quindi non riuscirò mai a comprendere nel profondo il suo senso di appartenenza e di bisogno a un allineamento (fittizio) di soli sparsi per l’universo
torno al punto
ricordo la prima volta che ho avuto un attacco di panico: quando ero piccola, stavo vedendo Captain Harlock (dove c’è un film con un pirata potente e sicuro di sé al punto da farti cadere ai suoi piedi con un “aye, captain”, ci sarò anch’io) e questo film d’animazione sci-fi è ambientato nell’universo. il terrore del concetto della morte mi ha colpita per la prima volta in pieno come un treno ad alta velocità, il pensiero che un giorno smetterò di esistere e tutto quello che penso, il mio essere protagonista nel mio mondo, non sarà più reale e tutto continuerà ad andare avanti senza che io possa essere lì a viverlo. questa cosa mi ha letteralmente scosso le membra fino a sentire il cuore scuotere le mie ossa e lo stomaco rivoltarsi su se stesso, attorcigliandosi come se volesse mettersi in posizione fetale e calmarsi. dovetti andare a dormire con mamma perché stavo piangendo e tremavo dalla paura dei miei pensieri
non riesco a credere in qualcosa di più oltre la morte perché sono tipa da scienza e perché credo fermamente che, per quanto alcuni possano dire il contrario, l’universo è indifferente e privo di magia, privo di sentimenti umani, privo di un significato che vada oltre le nostre azioni: siamo solo cellule che, in qualche bizzarro e fortunato modo, sono riuscite a diventare individui bipedi pensanti, non fortunati come gli ignoranti animali - che non hanno mente sviluppata e che quindi non si preoccupano di ciò che non possono comprendere - ma nemmeno elevati a uno stato spirituale di quiete dell’animo, come il Buddha - che ha compreso l’essenza stessa delle cose e non si preoccupa minimamente perché porcamadonna basta che ami te stesso e vivi fedele solo a te stesso e vedrai che sarai felice .. a pensarci, l’insegnamento del buddha è fenomenale (grazie Record of Ragnarok per avermelo fatto comprendere al meglio)
vorrei tanto riuscire a elevarmi spiritualmente ma sono così ammalianti le distrazioni mondane
morale della favola: preferisco non pensare al vuoto cosmico e cercare di non deprimermi MA con consapevolezza => sono un animale buddhista ???????
buonanotte
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Amore amaro
Come si fa quando non si sa cosa fare?
Quando l’unica alternativa è quella che fa più male?
Mi sembra di stare in un limbo senza via di uscita.
Passano i giorni e io cerco di autoconvincermi che quello che ho fatto era inevitabile, che è meglio così per me e per te. Perché anche nel dolore più lancinante io penso a te. Assurdo, ma è così. Non c’è una scappatoia dal vuoto che porto dentro, dal rammarico di tutto quello che poteva essere ed non è mai stato. Io e te che scappavamo e sempre ci ritrovavamo, ora non ne sono più certa che ci risentiremo anche per un “Ehi, come stai?”. Perché io e te non siamo così, non sappiamo parlare, io e te siamo un casino ancora da capire. Ardiamo di passione ma non siamo bravi a dircelo e ci allontaniamo fino a perderci. Io che non so più stare in ombra, tu che non sai cosa vuoi. Ho perso un cuore quando a quel “io non so cosa siamo” tu sei rimasto in silenzio. Ho perso una parte di me e il collasso era inevitabile e tu non mi hai fermato, non mi hai salvato. Il silenzio è sempre stata la tua arma, e questa arma mi ha sempre ferito. Sono giorni che non parliamo più e questa volta è davvero la “fine”, anche se non c’è stato mai davvero un inizio. Mi machi, mi mancherai. Ti penso, ti penserò. Custodisco questo dolore, l’ultima cosa che ho di te.
#amore#mi manchi#g#ciccio#dolore#fine#fine di un amore#non relazione#pensieri sparsi nella mente#mancanza#te#sfogo#vomito parole
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Ho questa cosa che mi piace ricercare e rovistare nel passato. Conoscere, curiosare. Sapere le storie prima di ora
Le settimane scorse dopo aver messo a posto la taverna, tra le mille scatole me n'è saltata all'occhio una. Non la ricordavo, era fiorata e diversa dalle altre. Quando ho sollevato il coperchio all'interno ho trovato i ricordi di papà. Racchiusi tutti in quella scatola. Del suo passato non sappiamo molto, per varie ragioni ma io proprio perché così travagliato e forse anche difficile ho sempre avuto questa grande curiosità. Per questo motivo quando ho trovato quella scatola per me è stato come dare un senso a molte domande che fin da piccoli ci siamo fatti e conoscere anche papà sotto una nuova luce. Ho scoperto che probabilmente la voglia e la mania di ricordare tutto l'ho presa proprio da lui e non da mamma come credevo, entrambi certo erano amanti della scrittura ma di papà è stata una sorta di sorpresa. Mille mila cartoline, lettere, locandine, dépliant fogli e fogliettini, oggetti, fotografie spillette, mentre i miei occhi osservavano questi tesori non ho potuto che sorridere, pensando a come conservo esattamente le stesse cose e a quanto siano simili i nostri appunti. I nostri pensieri fissati su fogli sparsi, confusi, scarabocchi della mente impressi per sempre. Mi perdo in quella grafia quasi incomprensibile eppure così particolare, cerco di tradurre le parole e mi immagino papà a 19 anni scrivere sul letto o alla scrivania o magari sul sedile della sua auto o durante le sue partenze, e nei luoghi abitati. E un pò mi sembra di vederlo, con la sua solita espressione ma più spensierato e felice, ignaro di quello che la vita gli avrebbe preservato, del futuro gioioso sì con una famiglia e tre (oserei dire) stupendi bambini ma anche faticoso e doloroso. Lo vedo e comprendo di più il suo carattere, chissà se si ricorda, chissà se segretamente da qualche parte scrive ancora. Vorrei dirglielo. Dirgli di ricominciare, che scrivere gli riusciva bene e poi dirgli scusa. Scusa se ho letto, se ho sbirciato nella tua vita prima di noi, ma lo sai come sono su questa storia, lo sai che vorrei sapere tutto, dei tuoi viaggi, di te e lo zio, del nonno, della nonna, di loro insieme, della casa in Sardegna, degli studi interrotti...
Ho pensato anche a quanto fosse strano racchiudere un'intera vita in una sola e unica scatola ma poi, leggendo alcune lettere ho capito il perché. Ho capito che papà ha scelto di dimenticare per costruirsi un futuro e andare avanti. E per farlo ha dovuto chiudere con tutto e tutti, allontanandosi e scegliendo il silenzio, quasi che la vita trovata in quelle pagine non sembra nemmeno la sua. Eppure quella scatola non l'ha buttata, dentro qualcosa è rimasto e magari non è finita lì per caso.
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DOLCI SICILIANI ALLA CREMA - Viennesi, Iris, Genovesi, Cartocci fritti, sigarette
Mimì e Gegè - La tenerezza
Ormai da mesi a Gegè capitava di svegliarsi di notte sempre alla stessa ora e di non riuscire a dormire fino a che non arrivava l’alba quando poi improvvisamente cadeva in un sonno senza sogni. I primi tempi si preoccupava e si incazzava pure, ma ad un certo punto non vi fece più caso, anzi.
Questo cambiamento avvenne una notte quando aveva lasciato le persiane aperte e dalla strada la luce dei lampioni filtrava in lunghe righe sul soffitto che illuminavano debolmente la stanza. Sul momento, pensò di alzarsi e chiuderle poi notò che con quella luce il corpo di Mimì appariva disteso sul letto come in un sogno, esaltando quella seta chiara che era la sua pelle e accendendo il suo desiderio. Mimì si coricava nascondendosi sotto le coperte perché aveva sempre freddo, poi di notte incominciava a scoprirsi e dalla sua posizione raccolta, si allargava su tutto il letto mettendosi quasi in diagonale con una gamba che si accomodava su di lui e il resto del corpo scomposto nel letto, a prendere più spazio possibile. Era fine aprile e faceva caldo, lei si era levata i pantaloni del pigiama così nella penombra, la sua pallida pelle aveva una sfumatura calda e si mostrava in tutta la sua vellutata bellezza. Lui era appena riemerso dai suoi sogni strani ed inquieti e appena ebbe coscienza di se, il suo sguardo notò quel pallore setaceo che era il corpo di Mimì e incominciò a scivolare sul suo corpo, lentamente, gustandone ogni piccolo tratto, fermandosi sul finire della coscia. Allungò la mano e senza toccarla per non svegliarla, la fece scivolare sul corpo addormentato, lungo le braccia e sul seno. Osservò il collo scoperto bianchissimo e delicato e la massa dei capelli ricci sparsa sul cuscino con alcune ciocche che le cadevano sugli occhi fino alla base del naso. Restò ad osservare il naso e la piccola bocca dischiusa come quelle delle bambole. Avrebbe voluto baciarla, ma restò a lungo a guardarla. Era un modo nuovo di amarla che gli faceva nascere dentro qualcosa che non provava spesso. Ecco si, era tenerezza. Era questo quello che in quel momento Mimì gli faceva provare. Era teneramente attraente, come una di quelle viennesi ripiene di crema o di ricotta dolce. Era invitante, nella sua purezza e semplicità come un Iris ripiena di deliziosa crema. In lui faceva nascere il desiderio di amarla e la voglia di restare ad osservarla, di far scorrere il suo sguardo sulla sua pelle all’infinito, accarezzandola con il desiderio che gli nasceva dentro e con l’immaginazione che aumentava a dismisura quel piacere visivo facendogli immaginare le sue labbra su quella o questa parte più delicata della pelle di Mimì o sognando la sua lingua accarezzarla di punta o di piatto dove sapeva che lei avrebbe più gradito quel suo passionale tocco. Dopo la lingua immaginava di passare su quel corpo con le labbra succhiando o mordendo con i denti, ma quasi subito lasciava perdere questi pensieri perché la tenerezza che lei gli faceva provare valeva di più che soddisfare i suoi istinti predatori. Così ascoltava il suo respiro e studiava la rotondità del suo seno e poi tornava a scivolare lungo la sua lunga gamba esplorandone i polpacci o l’attaccatura al pube perdendosi nel pizzo della mutandina o nello splendore da luna piena del suo stupendo sedere. La tenerezza che provava lo disorientava. Durante il giorno non aveva mai tempo od occasione per sentire in modo più tangibile quell’emozione che era amore purissimo, assoluto, dolcissimo, delicato, leggero come la crema dei dolci che gli venivano in mente, mentre l’osservava in quella fantasiosa penombra della stanza, nel silenzio del mondo, cullata nel sonno dai suoi desideri. Al mattino, quando passava davanti ad un bar si fermava a prendere uno di quei dolci che gustava lentamente pensando a Mimì, alla sua pelle lunare, al suo respiro ed ai capelli sparsi sul cuscino, alle labbra aperte e a quella sensazione di tenerezza che faceva nascere in lui. Per questo la notte era contento se si svegliava, anche solo per dieci minuti, per risentire ancora quella tenerezza che a vederla sdraiata in modi sempre diversi, gli addolciva l’anima facendogli comprendere quanto dentro di lui, lei fosse la dolcissima crema della vita che lo arricchiva.
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K: Chissà come sta quello stupido, vado a fargli visita sicuramente lui sarà sveglio, non dorme mai la notte.
Era una notte limpida, la luce della luna e delle stelle era così bella, tutto sembrava un sogno. Non c'era nessuno in giro per le vie, la quiete piombava sulle strade. Arrivata davanti al portone di ferro marrone scuro Kila suono al campanello, dopo qualche secondo Mark uscì, apri la porta e si affaccio...
M: Immaginavo fossi tu, come mai sei qui?.
K: Non posso disturbare il mio NEET PREFERITO?.
M: Sinceramente no, stavo bene solo, ora se vuoi puoi andare.
K: Come siamo scontrosi oggi...
M: Scusami non è una bel periodo, entra ti offro qualcosa di caldo.
Kila guardo in giro ed era tutto buttato per terra, sembrava fosse passato un tornado in casa sua, il salotto era riempito di vestiti sparsi e nella cucina vi era una montagna colma di piatti sporchi.
K: Cos'è tutto questo schifo e questa puzza?. Da quanto non metti in ordine qui ?.
M: Sarà qualche settimana.
K: Ora siediti sulla sedia un attimo, pulisco velocemente e faccio un ciobar per entrambi.
M: Fai come ti pare.
Si erano fatte le due di notte ma Kila fini di pulire tutto, finalmente l'ordine ricopriva la casa e un profumo di lavanda permetteva di respirare l'aria prima irrespirabile.
K: Fiu finito, ora finalmente c'è l'ordine.
M: Per qualche giorno certamente hahaha.
K: Zitto e dimmi dove sta la cioccolata calda.
M: Hmm dovrebbe stare nella parte destra dell'armadio.
K: Trovata, ma tu hai mangiato qualcosa oggi?.
M: No, ho lo stomaco chiuso da giorni, mi basta la cioccolata.
K: Va bene, ora però raccontami che sta succedendo mentre preparo la cioccolata.
M: Non so nemmeno io come dirlo..
Kila vide il suo viso prima arruffato e irritato cambiare, i suoi occhi e il suo viso persero improvvisamente colorito, sembrava come se il suo cuore non esistesse. Aspetto che la cioccolata fosse pronta per parlare.
K: Vuoi la tazza di terracotta con le stelline vero?.
M: Sì è la mia preferita, se vuoi prendi quella di vetro della Disney tu.
K: Ecco tieni, mi metto sul divano accanto a te e mi racconti con calma che succede.
M: Proverò a sfogarmi con te. Ho un cumulo di emozioni e non so come sarò mentre ti racconterò tutto.
K: Sono qui, sarò qui, ora su brontolone raccontami che succede.
M: È finita con lei, ora c'è un buco nero che sta risucchiando tutte le mie emozioni, mi sento loggorare e divorare lentamente. Ho lasciato andare l'unica ragazza che sapeva ferirmi e donarmi felicità.
K: Che è successo fra voi due?.
M: Sai come sono, divento scontroso e irritante in mancanza di attenzioni. A lei ho chiesto troppo, mi aspettavo troppo, pensavo che donandole tutto me stesso avrei ricevuta una minima parte di cui avevo bisogno.
K: Non sei tu, ma lei non era quella di cui tu avevi realmente bisogno, sei troppo strano e complicato per avere una ragazza qualsiasi.
M: Sapevo che lei non era quella di cui avevo bisogno, ma è piombata nella mia vita come un fulmine, è riuscita a far impazzire la mia mente e il mio cuore.
K: E tu come uno stupido hai continuato finché non ti sei distrutto naturalmente.
M: Sì, lei è un cavallo indomabile, un caso ingestibile, una ragazza difficile. Non ti mostra mai i suoi pensieri e le sue vere emozioni, le nasconde sempre per non ferirsi, ha paura di mostrare la sua vera anima e rischiare di riferirla.
K: Tu pensi di conoscerla o capirla?.
M: No, non puoi mai conoscere del tutto una ragazza come lei e non puoi mai averla del tutto, puoi sceglierla, ma non ottenerla, puoi lottare ma se non le ispiri nulla, diventi nulla.
K: Da come ti esprimi, la descrivi come una dea.
M: No, per carità, lei è davvero bella, ha davvero una bella mentalità, ma ha un caratteraccio. Non ammette mai i suoi errori, non dice mai del tutto ciò che pensa davvero, solo perché si annoia ad esprimerlo non perché non voglia, sa distruggere come nessuna sa fare. Ha più momenti di sgarbadezza e di inganno, si diverte a farti pensare le cose che non ci sono realmente e poi ti ride in faccia. Però era una buona compagna sulle gare di rutti.
K: Tu che trovi qualcuno che sappia tenerti testa nei rutti hahaha, rido troppo.
M: Pensi che io mi scelga le comuni babbane hahaha.
K: No, so benissimo che tu scegli attentamente e col tempo la persona di cui innamorarti e farti sconvolgere. E lei ci è riuscita alla fine.
M: Sì, ha sconvolto la mia vita da neet, io che odiavo gli esseri viventi e il contatto umano, mi sono fatto rapire dalla bellezza di una ragazza.
K: Come ti senti?.
Dopo questa domanda piombo il silenzio e Mark scoppio a piangere.
M: Scusami tanto Kila se mi vedi in questo stato. Non riuscivo più a trattenermi..
K: Va tutto bene, ora lascia andare il vero te stesso.
M: Non va più bene nulla, ho perso il significato e il sapore di ogni cosa da quando lei non c'è più nelle mie giornate, la solitudine non mi ha mai pesato così tanto come ora, lei era quel punto fisso su cui ho basato tutto, vedevo tutto il mio futuro nei suoi occhi e tutte le mie debolezze svanivano fra le sue mani. Lei era il mio conforto, la mia stabilità, io la amo e la voglio non per averla come premio di una win dopo una grande battaglia, ma perché ha fottuto completamente il mio cuore, c'era una strana intesa fra noi. Sembravamo due leoni nei litigi e due bambini in quelli felici. Ho sfogliato tutte le pagine della mia vita con lei, anche quando il mio era in pezzi per colpa sua, anche quando le notti le trascorrevo con le lacrime per casa sua, io la volevo perché era il tutto in questo niente.
K: Calmati Mark, respira con calma, so che stai morendo dentro, so che ti stai sentendo in colpa su tutto ciò che è successo.
M: Ho esagerato io a litigare di continuo con lei, volevo farle capire ciò di cui avevo bisogno, ma lei non poteva darmelo, lei stessa soffriva dentro di sé per altre cose sue e io non ho fatto altro che peggiorare la situazione. So di essere stato infantile molto spesso, ma quella era la mia dimostrazione d'amore, sono un mostro con tutti per difendermi e un bambino quando mi fido.
K: Non so che dirti Mark, sapevo che sarebbe finita così, ti affidi sempre troppo alle persone che non sanno darti importanza e valore, ti piacciono le guerre perse in partenza.
M: Non amo le cose facili e lei era così complicata che giorno per giorno mi impegnavo sempre più per capirla e mi infuriavo come un dannato quando non ci riuscivo. Speravo tanto un noi come quelli dove tutti sono gelosi, speravo tanto di averla in tutti i miei momenti per starle accanto.
K: Ti sei torturato così tanto per lei e stai continuando a farlo perché non riesci ad accettare la fine.
M: L'ho fatto già, ma lei mi piace veramente tanto, il tempo quando ero con lei lo passavo col sorriso anche se ero arrabbiato. Sai lei non ha bisogno di un uomo, sa crescersi e difendersi sola, non è una bambina nel mondo, ma una donna che sa affrontare mille battaglie e lo dimostrano quei suoi occhi stanchi e persi, occhi distrutti dalle sofferenze delle perdite, lei ha bisogno di basi, di sicurezze costanti, di qualcuno solo suo che la faccia stare bene con se stessa. Lei dentro è ancora una bambina che ha bisogno di rassicurazioni e gesti, non sa chiedere e dimostrare che ci tiene come le persone normali, ha tutto un suo modo anormale di fare e spesso finisce nel sembrare una stronza, ma è solo una sua maschera, dentro è meglio di ciò che fa vedere.
K: E riuscirai ad andare avanti dopo questa volta?.
M: Sì, ho solo bisogno di ritrovare me stesso, adesso sto meglio, avevo bisogno di aprirmi con qualcuno e lasciarmi andare del tutto.
K: L'importante che hai capito ciò che è stato e che non farai più questi sbagli in futuro.
M: No sicuramente, ma lei mi mancherà sempre, ricoprirà una parte del mio cuore, dove ci saranno le foto che ho scattato con gli occhi, dei nostri momenti e dei suoi sorrisi.
K: Ma come fai a descriverla così se ti ha fatto soffrire e distrutto, come fai a rifugiare ancora bei ricordi di lei in te ?.
M: Perché sono cose che mi hanno reso felice, lei mi ha distrutto completamente, non mi riconosco più, non so più chi sono o cosa provo, ho sofferto come un dannato in tutto questo tempo. Non ha capito tutto il dolore che mi ha causato e tutto quel marcio che ha divorato quel bambino felice e speranzoso in un amore mai avvenuto. Non ha capito che io per lei avrei dato il mio stesso mondo per vedere il suo radioso di felicità, ma lei ha preferito abbandonarmi e io mi sono perso con lei. Ma non per questo odierò i nostri momenti, l'ho amata fino alla fine dei nostri momenti con felicità e rabbia, nei sorrisi e nei pianti. Sai quanto capisci di amare davvero?.
K: No, dimmi.
M: Quando guardi qualcosa e pensi, vorrei la vedesse anche lei, quando capisci che il senso di ogni cosa lo donava solo lei.
K: Spero un giorno troverai una ragazza che ti scelga e meriti, spero tu smetta di provarci con quelle che ti uccidono.
M: Spero di trovare un giorno anche io qualcuna che sia solo mia e mi doni l'amore di cui ho bisogno. Grazie mille per oggi e Kila, ci sei sempre quando ho bisogno.
K: Di nulla stupido.
≤ @ilbibliotecariosventato ≥
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I PREFERITI DEL MESE #15: Marzo
Ah ragazzi siamo a più di un anno dall’inizio della pandemia, marzo è volato e io vorrei offrirvi parole consolatorie in questo post, peccato che io sia completamente e inevitabilmente piena, rasa, colma, finita. Faccio la conta delle mie fortune, metto in fila le mie occasioni di felicità, estremamente poche e rare e mi ripeto “adda passà ‘a nuttata” prima o poi ne usciremo no? Eppure ho finito tutto, qualsiasi tipo di pazienza emotiva. Ho passato un mese in lockdown, di nuovo, in zona rossa, le zone colorate che forse non significano niente, la solitudine attaccata alle ossa, lo spazio fisico occupato ridotto all’osso e l’incapacità di uscire dalla mia mente. Ho iniziato a fare plank, ho ripreso a fissare il soffitto in preda all’insonnia, a cercare di consolarmi come posso in questa situazione che rischia di fagocitarmi tutta. Un mese di zona rossa e la sensazione di deja vu come lo scorso anno è veramente troppo forte. Possiamo solo stringere i denti.
Comunque, per cambiare le carte in tavola e dare una rinfrescata a questo blog, da inizio anno ho deciso di portare qui su questo spazio di web una delle rubriche che più mi piace guardare su Youtube e che sostanzialmente dimostra che non mi so inventare niente, ma che amo inglobare nel mio modo di essere espressioni, modi e idee che mi colpiscono l’immaginario. “I preferiti del mese” è un format che forse non si presta molto alla parola scritta ma ci proviamo, che tanto se non funziona lo facciamo funzionare a modo nostro.
Enjoy!
MUSICA
Attacco Spotify (o Soundcloud per un’opportuna playlist) in qualsiasi momento, ci sono canzoni che mi conciliano qualsiasi tipo di attività, anche il lavoro, e la challenge che ho portato avanti su Instagram a marzo mi ha dato modo di rendermi conto che il genere di musica che ascolto non è mai cambiato dalla mia adolescenza, sempre ballad, sempre vagamente indie, sempre sul depresso/triste andante. Ma è la musica che concilia i miei pensieri e le mie elucubrazioni che diventano entrate nel mio diario o pensieri sparsi appuntati su foglietti volanti. A marzo comunque sono approdata di nuovo a Mahmood e ho iniziato ad ascoltare in modo un po’ ossessivo Inuyasha. Ho anche recuperato Un po’ come noi di Gazzelle dell’album Ok uscito a febbraio e che devo dire avevo snobbato un po’. Ho risentito per caso Elastic Heart di Sia (il video che vi ho linkato pazzesco, è di una potenza unica, lui poi ecco…) e mi è tornato in mente chiaro e preciso il momento in cui l’avevo ascoltata per la prima volta e un po’ di malinconia mi ha assalita di nuovo. Ho anche scoperto Star 1117 degli Ateez, una ballad dolcissima che mi ha fatto sciogliere il cuore. Per strane vie ho anche recuperato anche Selfish di Madison Beer che devo dire mi ha molto impressionato. Last but not least No distance left to run di Blur. Giusto per non farci mancare nulla.
LIBRI
Ho ripreso a leggere con una certa costanza il che ormai rappresenta una vittoria per me, dal momento che lo scorso anno mi sono ritrovata fagocitata dal peggior blocco del lettore che mi sia mai capitato di affrontare. Il libro di marzo è sicuramente Kim Jiyoung, Born 1982 di Cho Nam-Joo, un’autrice coreana che è stato consigliato da Kim Namjoon, il leader dei BTS. Ve ne parlerò presto, ho già iniziato a scriverne la recensione, e ve lo consiglio molto. L’autrice racconta la storia di Kim Jiyoung una donna come tante che nasce, cresce e vive in Sud Corea e ne sperimenta tutte le problematiche e le contraddizioni, le mancanze e le incertezze, in uno schema che si ripete sempre uguale, in cui le donne si trovano a vivere in una posizione di debolezza rispetto agli uomini in ogni aspetto possibile. Una denuncia e un appello, la descrizione brutale, corredata di dati, di quanto sia incommensurabilmente difficile crescere come donna, in ogni punto del mondo. Illuminante a dir poco. Spero che venga tradotto in italiano.
FILM & SERIE TV
A marzo tra le altre cose ho guardato "Hotel Del Luna", che davvero mi ha lasciato senza parole. È un drama paranormale che si sviluppa intorno a questa locanda diventata nel tempo un super hotel di lusso, il Del Luna, che ospita i fantasmi che hanno questioni irrisolte sulla terra e gli impiegati nel frattempo cercano di mandarli felicemente nell'aldilà, aiutandoli a risolvere i loro problemi, grazie anche all'aiuto del Grim Reaper. A capo de Del Luna c'è Jang Man-Wol interpretata dalla bravissima IU una donna affascinante e con un passato terribile alle spalle. A servizio dell'hotel ci sono lo Studioso Kim come Barman, una manager delle stanze di più di cinquecento anni e un giovanissimo concierge morto da circa settant'anni. Tutti e quattro ovviamente hanno delle faccende da risolvere che li tengono ancorati al nostro mondo. Per funzionare l'Hotel però ha bisogno di un direttore umano, quando l'ultimo è diventato troppo vecchio per assolvere i suoi compiti, Man-Wol chiama Goo Chan-Sung, legato a lei perché la donna aveva salvato suo padre. Nonostante le perplessità iniziali e i suoi tentativi di fuga prende a cuore la causa e finisce per assumere davvero le mansioni del direttore. Mentre veniamo a scoprire il passato di Man-Wol e il suo rancore millenario, in ogni episodio troviamo la storia di un fantasma e i tentativi per mandarlo nell'aldilà. A intessere la tela del destino c'è Ma-Go che assume mille identità diverse a seconda delle necessità.
Il drama ha tinte un po' fosche e un po' horror, ma ha anche scene molto divertenti che sdrammatizzano quelle più toste. La cosa interessante del drama è che investiga situazioni difficili in cui non è semplice riconoscere chi ha ragione e chi ha torto, ma dal cui confronto si esce sempre rafforzati, e soprattutto cosa significa perdonare e perdonarsi. Bellissima anche la soundtrack e soprattutto bellissima IU che sfoggia sempre degli outfit pazzeschi e che incanta per la sua bravura nell'essere fredda, spietata e allo stesso mega vulnerabile. Super consigliato.
BEAUTY
Di solito in questa sezione consiglio prodotti di make up o skin care ma a questo giro non ho niente di nuovo di cui parlare, quindi farò un’eccezione e vi rivelerò che dopo averci molto rimuginato ho comprato il cerchietto bombato di cui vi avevo parlato qualche tempo fa nella sezione random… che dite lo possiamo approvare? A me piace devo dire, lo trovo molto elegante e comodo, poi ecco sono qui a indossarlo dentro casa e a farmici i selfie… chi me lo vede?
CIBO
Prima che ci chiudessero in casa sono riuscita a fare un salto nel mio negozio di specialità orientale di fiducia e a parte la scorta di soju da tenere da parte per i momenti bui, mi sono concessa anche dei ravioli con i gamberi. Ahhhhhhhh che buoni, non vedo l’ora di tornarci.
Also per confortarmi, mi sono regalata anche i Grisbì (miei biscotti prefe forever and ever) al cocco, me li sono centellinata per non finire il pacco in un sol boccone. E a proposito di cocco per tutto marzo ho continuato a cercare invano le nuove Gocciole al cocco.
RANDOM
Lo scorso 17 marzo ad Atlanta è accaduto uno shoccante caso di cronaca: sono state uccise delle persone asiatiche in maniera brutale e questo atto atroce ha dato vita ad un movimento contro il razzismo perpetrato ai danni della comunità asiatica. Pensarci ancora mi da i brividi, pensare che non si possa vivere in tranquillità mi manda ai matti.
Alcuni ricercatori del Brain Institute della Federal University of Rio Grande do Norte in Brasile hanno scoperto che i polpi sognano: sogni molto brevi, ma comunque sogni. Non riesco molto a immaginare di attaccare elettrodi su un polpo, l’immagine mi fa molto ridere, ma sono sempre molto interessanti tutte le scoperte relative al cervello che veniamo a scoprire nel corso del tempo, perché ci danno un’immagine molto più chiara anche del nostro.
Secondo i due astronomi Michael Brown e Konstantin Batygin i pianeti del Sistema Solare non sono 8 bensì 9. Secondo loro questo nono pianeta spiegherebbe alcune stranezze che sono state riscontrate ai confini del nostro sistema che dovrebbe avere una massa tra 5 e 10 volte quella della Terra e con caratteristiche simili a Urano e Nettuno e un’orbita molto grande. L’astronomia è sempre stato un mio grande pallino e mi affascina molto, sono convinta che ci siano tantissimi misteri che aspettano solo di essere scoperti.
E voi che avete combinato a marzo?
Raccontatemelo in un commento.
#Preferiti del mese#marzo#musica#libri#film & serie tv#beauty#cibo#random#discussione#preferiti#love#moda
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Sofferenza Opzionale

21/05/2021
Sono davanti al mare, è sera ormai. La birra ghiacciata mi apre la gola, un brivido scivola dietro e si arrampica svelto sulle scapole. Ho il cappuccio tirato sopra il capo, c'è una brezza leggera, ancora non è estate e mi fa piacere quella sensazione di riparo sulla nuca, dietro le orecchie. È il primo mare di questo 2021. Piatto, quieto, pieno di riflessi metallici, somiglia alla carta argentata che mia zia utilizzava nel presepe quando ero piccolo, per simulare un torrente, un laghetto artificiale, qualcosa dove far abbeverare uno sparuto gregge di pecore in gesso. Quella carta riusciva a riflettere le forme, ma le distorceva, restituendo una visione del mondo confusa, a tratti lisergica, eppure teneramente sospesa in un altrove fatto di minuti che sembrano ore. Potrei restare a contemplare questa massa d'acqua smisurata, che stasera sembra borbottare sottovoce, schiodandomi una birra dopo l'altra, per settimane, mesi, anni e non sarebbe mai troppo, mai abbastanza. Ci si dimentica in fretta delle cose che ci fanno bene. Al contrario, non molliamo neanche per un secondo le ragioni di una ferita: le curiamo, diamo loro da mangiare, ci inventiamo canzoni per farle dormire. Impieghiamo così gli intervalli che dovrebbero essere solo nostri, fra il lavoro e il sonno. Un po' come affezionarsi a una zecca. Il dolore è inevitabile, la sofferenza opzionale: il motto di questo blog. L'ho sempre associato ad Haruki Murakami ne L'arte di correre e l'ho fatto immediatamente mio. Ma Google mi informa che in realtà si tratta di un mantra buddista che l'autore di Tokyo Blues (Norwegian Wood) deve aver trovato incredibilmente calzante per un libro che racconta come ci si avvicina fisicamente, psicologicamente e filosoficamente a una disciplina tanto dolorosa, umiliante, noiosa eppure sorprendente e appagante, come la corsa. Davanti al primo mare del 2021, perché la mente nel presente non ci sa proprio stare, ripenso alla sgambata di qualche giorno fa, quando hanno annunciato ovunque che Battiato aveva terminato i suoi giorni sulla Terra e io ancora non lo sapevo.
Vento, sole, fiato zero. Le mie gambe traballano, i piedi perdono aderenza, la ritrovano. Poi la rifiutano, la disconoscono. Due settimane senza correre. Punto e a capo. Ma non ho più voglia di farne una questione e un cruccio. Prendere quello che viene con il massimo possibile di apertura (fisica e mentale) e dare una bella spremuta ai giorni, farne uscire il succo, imbrattarcisi, farli significare. Basta con la quantità, solo la qualità ha senso e te ne accorgi quando sei agli sgoccioli, in riserva. Ho deciso di deprimermi meno possibile anche per i tempi di Runtastic, la classifica degli amici che corrono, dove resto saldo all'ultima posizione, i “regressi” vergognosi che ogni volta questa app (leggi “sofferenza”) auto-inflitta registra meticolosa come peccati da tenere esposti sul frigorifero, sotto una brutta calamita delle vacanze altrui, in attesa di un confessore. La mia mente è carica, affollata, mai fresca e leggera. Anche mentre corro, faccio fatica ormai a focalizzare l'attenzione su qualcosa e restare lì, smettere di lasciar passare preoccupazioni e domande aperte, come il fianco squarciato di una nave da crociera che imbarca acqua a non finire. Il virus del multitasking, del bombardamento di input esterni è il mio male quotidiano, quello per cui patisco e non assaporo più, quello che blocca tutto, incasinando la lingua, i pensieri e il respiro. Mentre corro percepisco chiaro e intelligibile il problema alla base di questo sovraccarico. Poi lo perdo, mi scivola di mano, come un'intuizione che ti arriva fra la veglia e il sonno. Quando corri, se lo fai con una certa regolarità, le cose si fanno limpide, vuoi per meccanismi legati all'ossigenazione, vuoi per un'ancestrale ritorno a dinamiche basilari, primitive, che instillano un certo qual senso di libertà: la fuga, il gesto catartico di mettere distanza fra te e la puzza di merda che certi giorni “passa al convento”. Se ha un senso tutta questa sofferenza non pagata, che occupa decine di minuti preziosi nel mio giorno di riposo (difficile resistere e non scrivere nella mia ora di libertà, azzardando parallelismi inverosimili), è per questo senso momentaneo di chiarezza che si palesa nel cervello, uno sgombero a tempo determinato delle cianfrusaglie stoccate ai piani alti a prendere muffa e a rendere gli ambienti tossici.
Il problema era chiaro giorni fa, quando è morto Battiato (che qualcosa più di noi l'aveva capita), lo è anche adesso mentre guardo il Tirreno, stappo un'altra Ichnusa e siamo già alla fine di maggio: la mia testa è diventata uno smartphone pieno di applicazioni che vomitano notifiche senza requie, è la stanza da letto di un accumulatore seriale che dorme in mezzo a pile di vecchie riviste di pesca, cartoni della pizza sparsi a macchia di leopardo, gattini mummificati e addobbi natalizi. Poche cose sanno dare sapore al presente, prima che vada a morire dietro alle torri della città vecchia. Pochi fragilissimi incastri sono capaci di illuminare a giorno per qualche istante la nostra penosa notte di acciacchi e proiezioni, la nostra favoletta del cazzo dove io, io, io...io sono...io faccio...cammino...io corro...scrivo...me la rido.
Ascolto: IOSONOUNCANE, hiver.
#sofferenzeopzionali#corsa#correre#lartedicorrere#mare#paesaggio#paesaggio italiano#pensieri#ricordi#multitasking#smartphone#presepe#battiato#accumulatoriseriali#iosonouncane#runtastic
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Quest'ultimo mese la mamma del mio amico F mi ha incrociato almeno sei volte, due mentre ero a lavoro e le altre mentre ero libero. In ogni occasione dopo due chiacchiere di rito veloci mi ha poggiato la mano sulla spalla dicendomi -volevo chiederti una cosa...- io di tutta risposta ogni volta ho campato una scusa, una cosa urgente da fare, una telefonata, un ufo di passaggio, qualunque cosa mi permettesse di non rispondere a tale domanda nonché di non fargliela neanche terminare. So cosa vuole chiedermi, so il tono con cui vuole domandarmi come sto, come mi sento e se sto riuscendo a rimettere insieme tutti i miei pezzi, ed io non voglio rispondere a questa domanda perché faccio ogni giorno un gran lavoro di autosuggestione, autoconvincimento e recitazione per sembrare una persona sana e in equilibrio. Quando invece passo ancora le notti a guardare il soffitto, non tutte fortunatamente, a contare i respiri e cerco ancora dentro e fuori me tutti i mille pezzetti di cuore, anima e mente che sono rimasti sparsi in giro per la casa. Solo ora riesco a riappropriarmi di piccolissimi spazi, e brevissimi ritagli di tempo per me nella mia casa, ancora una stretta al cuore ad ogni tramonto, al profumo dell'erba bagnata della sera, ancora certi brutti orribili pensieri per la testa, ancora il nodo alla gola al mattino e alla sera e ancora non trovo equilibrio, così mi narcotizzo nei più comuni dei modi, in quelli più socialmente accettati e non, e recito, come non mai, perché le persone intorno a me non mi vogliono vedere star male e non vogliono affrontarmi appesantito e tantomeno riesco ad affrontarmi io. Così procedo ogni giorno dal risveglio lottando e facendomi strada, con le unghie e con i denti attraverso la giornata sperando di arrivare quasi incolume alla sera, spesso non è così e il silenzio è tutto quello che mi rimane, la mia pelle e le mie mani sono tutto quello che sento e quel buco allo stomaco non si colma mai e quel buco al cuore non si riempie mai ed io sono tossico, sono veleno per me e per chi mi sta attorno e non voglio ferire le persone e nemmeno soffrire io e non mi meraviglio della mia solitudine e nemmeno del mio autoisolamento perché in fin dei conti è la cosa migliore per tutti credo. Tempo fa qui parlavo di un documentario e della mia visione del futuro, del mio vedermi solo nel futuro, triste, disilluso e solo, così sembra essere, forse è destino o forse sono solo marcio fino al midollo, vorrei solo dire alla mamma di F che mi fa piacere che ogni volta ritenti di domandarmi come sto, che comunque non le risponderò, che non valgo tutta questa preoccupazione e che quella mano sulla spalla vale molto più della mia risposta,
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Immobile
Mi sento come un errore.. imperfetto e rimasto impresso.
Sento che ho un casino dentro della testa che non so governare. Ti voglio? Non ti voglio? Cosa voglio? Ho paura che una ferita da cui non sono mai davvero guarita possa riaprirsi e mi chiudo in me stessa mentre tu continui a parlare. Io che non so mai bene cosa dire, mi sento sempre così poco interessante... Non so se fidarmi di nuovo, la paranoia mi assale e il respiro fatica. Cosa vuoi? E non so cosa dire. Senza te non so stare, con te fa male.. Io che non voglio più condividerti con nessuno, tu che fai ancora aspettare. Ci ho messo troppo cuore, ho rischiato troppe volte.. Cosa vuoi tu da me?
#male#fidarsi?#lui#G#mi manchi#parte di me#cosa devo fare#pensieri#pensieri sparsi nella mente#immobile#dentro di me#caos
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