#pausa dalla vita
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La poesia della pioggia: un rifugio nel cuore della città
Questa immagine cattura un momento che molti considerano magico: una città avvolta dalla pioggia, luci calde che si riflettono sulle strade bagnate, e un tavolino accogliente all’interno di un caffè.
Intimità Urbana: Scenari di Pioggia e Caffè Questa immagine cattura un momento che molti considerano magico: una città avvolta dalla pioggia, luci calde che si riflettono sulle strade bagnate, e un tavolino accogliente all’interno di un caffè. È un ritratto di tranquillità e introspezione, un invito a rallentare il ritmo e a perdersi nei propri pensieri mentre il mondo fuori continua a muoversi.…
#Alessandria today#Alessandria today lettori#arte e città#arte nella fotografia#atmosfera accogliente#bellezza nella semplicità#Biciclette#Caffè#città europea#Città sotto la pioggia#connessione#cultura urbana#Dolci#Emozioni#estetica della pioggia#finestre sul mondo#fotografia ispirazionale#Google News#introspezione#ispirazione visiva#italianewsmedia.#italianewsmedia.com#lettura e caffè#luci riflesse#Malinconia#momenti di quiete#Osservazione#paesaggi cittadini#Paesaggi urbani#pausa dalla vita
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clorinda my beloved
#comunque immagina entrare in una città e trovare come prima cosa due tizi che stanno per prendere fuoco. clorinda non ha avuto una pausa mai#durante tutta la vita! nasce; viene nascosta; portata via dalla madre; allattata da una tigre; lanciata oltre un fiume; salvata da stgiorgi#l'unica pausetta che tasso le concede dal fare la guerra e rischiare di morire è quella di stare nello stesso letto con erminia a... parlar#e stare insieme dal tramonto all'alba... (un sol letto le accolse ambe talora... in tanta amistà senza divieto)#vabbè personaggio folle vi dico#clorinda#gerusalemme liberata#tasso#sketchini
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Prendo una pausa dallo studio per incazzarmi fugacemente; questa roba che nel 2024 considerate gli psicofarmaci come parte di un grande piano malvagio degli psichiatri brutti e cattivi che vi vogliono sedare per rendervi “servi” del sistema è una stronzata così colossale e approssimativa che può generarla solo chi ha avuto il privilegio di non dover ricorrere ad ausili di questo tipo.
1) Non c’è alcun piano malvagio dietro perché se sono depressa in culo non riesco a cambiare o sovvertire nel mio piccolo il sistema e non mi tange neanche un conflitto mondiale che si consuma davanti ai miei occhi; viceversa, con un antidepressivo in corpo, riesco a essere più lucida, determinata e costante nei miei obiettivi e sicuramente più proattiva; ne consegue che non sono gli psicofarmaci ad inebetirmi, ma la patologia.
2) “Eh ma chi può dire cosa sia patologia o cosa no, magari tu non hai niente che non vada ma è questa società che te lo fa credere!” Sì Gianfranco sono pure d’accordo però t’assicuro che questa argomentazione sull’interrogarsi se sia nato prima l’uovo o la gallina in relazione a questioni così complesse porta a un vicolo cieco senza risoluzione da cui comunque esco depresso e comunque t’assicuro che società o meno le mie psicopatologie me le porto dietro dagli 0 anni di età, quindi facciamo che, come per tutto, la smettiamo di interrogarci in maniera inutile sulla questione e adottiamo la filosofia del “basta che funzioni”, cioè la filosofia che nella vita dovrebbe portarti a viverla, tipo, nel migliore dei modi possibili, cercando di essere un umano decente; e che se mi aiutano 10 gocce di xanax ben venga se in loro assenza e preda delle pippe mentali di cui sopra trucido dieci persone.
3) Il fatto che esistano psichiatri di merda che rifilano farmaci con dosaggi sbagliati o non imbroccano proprio la cura non rende lo psicofarmaco di per sé un problema (spoiler: ogni sostanza che ingeriamo, ogni farmaco che assumiamo, agisce sul cervello e su specifiche aree di quest’ultimo).
4) Per quanto l’introspezione e l’analisi critica della società sia fondamentale - anche - per guarire, fino a quando non mi trovate una soluzione alla depressione maggiore, al disturbo bipolare, alle varie disfunzioni chimiche cerebrali, all’insonnia e via dicendo che non siano discorsi alla Basaglia usciti però un po’ peggio continueremo a prenderci gli psicofarmaci che ci impediscono di buttarci sotto un treno davanti i vostri occhi.
5) Nelle tribù, per dirne una, dalla notte dei tempi si utilizzano sostanze psicotrope perché l’essere umano evidentemente ne sente l’esigenza pure quando vive in mezzo alla giungla e si gratta il sedere dalla mattina alla sera senza che ci siano questioni capitalistiche di mezzo, quindi figurati se io che vivo una vita di merda tra lo smog, la freneticità, le crisi mondiali, i conflitti, le disparità sociali e la precarietà esistenziale non devo assumere il Valium, ma va là.
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Sabato sera d'agosto in paese
“Amare od aver amato, basta: non chiedete nulla, dopo. Non è possibile trovare altre perle nelle oscure pieghe della vita: amare è essere completi” (Victor Hugo)
“Spesso ci sono più cose naufragate in fondo a un’anima che in fondo al mare” (Victor Hugo)
“Vivere è simile all’arte del disegnare, solo che si fa senza la gomma” (Victor Hugo)
“Il peggior modo di sentire la mancanza di qualcuno è esserci seduto accanto e sapere che non l'avrai mai.” (Gabriel Garcia Marquez)
“Non siamo mai così indifesi verso la sofferenza come nel momento in cui amiamo.” (Sigmund Freud)
Era passata da poco la mezzanotte. Fra un po’ avrebbero finito la serata, nel pub della cittadina in cui anche Mario, rappresentante di commercio, era nato e dove tornavano ogni estate per le vacanze. Quello era decisamente il loro posto dell’anima. Lui suonava la chitarra, nel loro gruppo. Si ritenevano a buon diritto una “jazz band”, ma poi in pratica suonavano di tutto: oltre agli standard di jazz, eseguivano impeccabilmente brani rock dei gloriosi anni sessanta-settanta e canzoni italiane sempreverdi.
Che poi alla fine erano queste ultime, quelle che facevano battere il piedino a tutti. Erano bravissimi: anche gli altri componenti della band erano tutti professionisti fuori sede da decenni. Un professore, un ingegnere, un poliziotto e un dermatologo. Uomini maturi che si riunivano puntualmente in paese nell'agosto di ogni estate. Tutto l’anno ognuno nella propria città si impegnava e proponeva spunti agli altri via web.
Si scambiavano idee e brani, mantenendo così viva la loro grande passione per la musica. Accadde che quel sabato, verso la fine, durante una pausa, gli altri quattro membri della band erano già scesi dal palco: chi per andare a fare pipì, chi a bere una birra. Ma Mario invece era rimasto ancora un attimo seduto, con lo strumento in grembo. Perché gli sembrava di aver improvvisamente scorto, all’ultimo tavolo in fondo e nell’angolo buio del locale, il viso di Sonia.
All’epoca, primi anni settanta, avevano entrambi diciott’anni. Lui aveva avuto in regalo in estate dai genitori una bellissima e fiammante motocicletta Gilera 124 con cui la portava in giro e grazie alla quale potevano appartarsi lontani dalla città. Di lei era innamoratissimo e anche Sonia sembrava ricambiarlo. Amavano entrambi il rock inglese: Yes, Genesis, King Crimson, Gong, Gentle Giant…
Tra gli italiani, erano entrambi fan di Lucio Battisti; come tutti in quel periodo. E sulla moto ovviamente spesso cantavano a squarciagola “Il tempo di morire” (motociclettaa… dieci accappìììì…) e poi altre canzoni dell’epoca, quelle che oggi chiameremmo a buon diritto “evergreen.” Stettero insieme solo un altro inverno e la successiva estate, giusto il tempo di passare l’esame di stato. Lui era convinto che l’avrebbe sposata. Le aveva giurato amore eterno.
Faceva nella sua testa mille progetti. Lei invece a settembre a bruciapelo gli distrusse il cuore. Dal juke box del baretto in cui si videro l’ultima volta prima di lasciarsi si sentiva “L’Aquila” di Lucio Battisti. Questo le diede il coraggio e lo spunto per farlo: gli disse perciò che lei si sentiva come un’aquila. Che era nata libera e perciò troppo costretta in quel paesello; voleva andarsene e avere molto di più, dalla vita. Infatti dopo qualche giorno si trasferì a Roma per frequentare l’università.
Mario seppe in seguito che forse non era stato estraneo alla faccenda un altro giovane che l’aveva incantata a sua insaputa quando ancora stavano insieme. Stupido, ingenuotto, farlocco: non s'era accorto di nulla! Dopo aver rammendato - ma non curato - il suo cuore, anch’egli si iscrisse all’università. Nelle sue intenzioni da sempre avrebbe voluto anche lui scegliere Roma, ma per ragioni ovvie d’orgoglio preferì darci un bel taglio e scelse Pisa. Nessun dolore.
Tu mi sembri un po’ stupita - Perché rimango qui indifferente Come se tu non avessi parlato - Quasi come se tu non avessi detto niente
Ti sei innamorata - Cosa c'è, cosa c'è che non va? Io dovrei perciò soffrire da adesso - Per ragioni ovvie d'orgoglio e di sesso
E invece niente, no, non sento niente, no - Nessun dolore -Non c'è tensione, non c'è emozione - Nessun dolore
youtube
E adesso nel pub quella lì in fondo era lei: ne era sicuro. Scherzava e rideva assieme ai suoi amici di tavolo. Forse uno di loro era suo marito. O forse no. Era la prima volta che la rivedeva dopo moltissimi anni e gli sembrava sempre bellissima. Gli venne spontaneo: rialzò il volume dell’amplificatore e piano, da solo iniziò a suonare “L’aquila”. Dopo un’era geologica fu la prima volta.
Perché era un brano che categoricamente si rifiutava di suonare, coi suoi amici. Loro sapevano, capivano e lo rispettavano. Chi l’ha detto che dopo un po’ di tempo qualsiasi rancore sparisce: per la freddezza e l’egoismo con cui era stato liquidato, ancora dopo decenni provava soltanto un’intensa rabbia. Una pena sorda nel cuore. Eppure cominciò a suonare in modo dolcissimo.
Erano, gli arpeggi iniziali, a loro modo inesorabili e penetranti: rimandavano a una canzone che era impossibile non riconoscere. Il timbro caldo che scaturiva dalle sue dita portava l’armonia in alto. Senza ancora la melodia vocale inconfondibile: un accompagnamento armonico nudo, scarno ma bellissimo. Lei si fece seria: di sicuro ora l’aveva riconosciuto. Le era tornato in mente il brano e quell’espressione della donna fu l’ultima che vide, perché subito dopo abbassò il viso e si concentrò sui tasti, sulla diteggiatura e sulla dinamica dell’esecuzione.
Sentì appena la voce di lei che da lontano del pezzo iniziava a cantare le parole. Dapprima esitante, poi via via più decisa. Incredibile a dirsi, si fece silenzio nel locale, durante quell’esecuzione drammatica: si percepiva chiara la forte tensione emotiva tra i due. Lontani tra loro dieci metri e trent'anni. Eppure eseguivano il pezzo benissimo, incastrando la melodia della voce con l'armonia degli accordi.
Lei man mano si avvicinò: dal tavolo raggiunse dapprima il centro del pub, più vicina al palchetto. Cantava con una tale intensità che qualcuno si commosse, persino. Aveva una voce stupenda e intonata; lui l’accompagnava e sottolineava le frasi con rara perizia nel fraseggio. Finito di suonare, insieme ma ancora lontanissimi, lei arrivò vicina alla pedana.
Muta, lo fissò per tutto il tempo. Mario non alzò neppure per un momento lo sguardo. Ripose lo strumento nel suo fodero imbottito, che con un rapido movimento mise in spalla. Poi staccò la spina, prese con l'altra mano l’amplificatorino da pub che usava in quelle occasioni, si girò e senza dire una parola se ne andò.
Disse appena ai suoi amici poco distanti e imbarazzati che si sentiva poco bene, che continuassero senza di lui: tanto all’una avrebbero comunque finito e mancava pochissimo. Tornato a casa fece una doccia, si infilò nel letto in silenzio insieme alla moglie che già dormiva serena da tempo.
La guardò a lungo, ritrovò nel comodino, tra i calzini e i libri in perenne standby, un sorriso ancora pulito; le accarezzò i capelli pianissimo per non svegliarla. Si infilò sotto le coperte e finalmente si concesse due lacrime, prima di cadere nel sonno. Lei si girò e nel dormiveglia gli si strinse. Il suo cuore ebbe un lieve sobbalzo. L’amore da qualche parte in lui esisteva ancora, evidentemente.
RDA
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Sono 10 giorni che ho il profilo IG disattivato perché ho bisogno di una pausa quindi l'ho fatto per me stessa. Però mi sono resa conto che nessuno si è minimamente accorto della mia assenza, non ho messaggi su whatsapp. Niente di niente!
Zero.
Le stesse persone che desideravano che non ci perdessimo si sono scordate della mia esistenza, sono sparite come risucchiate da qualche buco nero.
Mi ritrovo di nuovo da sola, senza amici degni di essere chiamati tali. Sembra un loop, si ripete sempre tutto. Per un po' ci sono delle persone ma poi vanno via tutti e io ritorno di nuovo sola. Sono veramente stanca, vorrei solo essere voluta bene ed essere speciale ma non lo sono mai per nessuno.
Un tempo mi davo colpe perché ero troppo timida e parlavo poco, ma adesso non sono più quel tipo di persona. Allora perché? Che ho fatto di male per meritarmi sempre questa solitudine?
Non è giusto!
Ho una grande delusione nel cuore, molto grande. Avere amici può essere anche un toccasana per il mio cuore triste ma nemmeno questo lusso ho. Non mi piace la solitudine, non mi piace quando mi viene "imposta" dalla vita.
Tutto si ripete. Sono stanca e ho smesso di sperare, ormai devo accettare che la vita non mi offre nulla di ciò che volevo e quindi meglio smetterla.
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Gli europei si stanno ribellando contro Net Zero
Negli ultimi dieci anni circa, i politici tradizionali di tutta Europa hanno smesso di promettere di migliorare il tenore di vita dei loro elettori.
Invece, si sono vantati dei loro piani per limitarlo.
Hanno esaltato le virtù di un costo della vita più elevato, della deindustrializzazione e delle restrizioni alle libertà personali.
E si aspettavano che la maggior parte delle persone non se ne sarebbe preoccupata o forse addirittura se ne sarebbe accorta, perché tutto ciò doveva essere fatto in nome del "salvataggio del pianeta" dal cambiamento climatico.
Ma nel 2023, quel consenso dell’élite verde si è schiantato sulla Terra.
La crescente rabbia pubblica nei confronti di Net Zero ha iniziato a scuotere un'élite politica compiacente. In effetti, l’opposizione al greenismo è oggi uno dei principali motori del populismo europeo.
Ha portato la gente in strada, con le proteste degli agricoltori nei Paesi Bassi e Irlanda e, più recentemente, Germania. E ha ispirato una serie di rivolte alle urne.
A novembre, Geert Wilders, attaccabrighe dell'estrema destra e scettico sul clima, ha ottenuto una vittoria elettorale shock, sconfiggendo il suo rivale più vicino, Frans Timmermans, l'architetto e il volto delle politiche climatiche dell'UE.
In Germania, una disputa sulle pompe di calore ha recentemente minacciato di far cadere il governo, di cui il Partito dei Verdi è uno dei partner minori della coalizione.
La “legge sul riscaldamento” proposta dalla Germania avrebbe vietato l’installazione di nuove caldaie a gasolio e gas.
Inoltre, questo costo doveva essere imposto a una nazione che si sta già riprendendo da una grave crisi energetica, dove le bollette delle famiglie sono tra le più alte d'Europa e dove industrie critiche stanno chiudendo a causa degli esorbitanti costi energetici.
Più o meno nello stesso periodo, dall'altra parte della Manica, il presidente francese Emmanuel Macron ha chiesto una "pausa" nelle nuove norme ambientali.
Aveva già imparato a sue spese che il pubblico non sopporterà politiche ambientali rigorose.
Nel 2018 e nel 2019, un'eco-tassa sul carburante ha scatenato proteste gilets jaunes durate un anno la ribellione pubblica più significativa avvenuta in Francia dal maggio ’68.
La classe politica deve riconoscere che gli elettori non vogliono pagare bollette energetiche più alte, pagare una cifra esorbitante per l’uso della propria auto o installare pompe di calore costose e inaffidabili invece delle affidabili caldaie a gas.
Come hanno dimostrato le rivolte dello scorso anno, nessun discorso sul “salvare il pianeta” potrà cambiare la situazione. L’opinione pubblica non si lascerà ingannare dai tentativi di etichettare l’austerità come “verde”.
Nel 2024, abbiamo bisogno di una nuova politica che metta gli standard di vita delle persone al centro. L’abbandono di Net Zero sarebbe il punto di partenza perfetto.
(da un art. di Fraser Myers – Spiked)
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Qualche giorno fa.. la domanda che ho fatto alla mia psicologa é stata: "Perché sto così?" Sono ormai settimane se non mesi che sto cercando di dare una svolta a tutto, che sto cercando di agire su ciò su cui ho potere o margine di manovra (perché purtroppo con le malattie e le situazioni esterne, c'é poco da fare..); Ma sembra sempre tutto uguale, tremendamente monotono e privo di colore.. come se dentro di me ci fosse una tempesta eterna che spazza via ogni tentativo di timida schiarita. La verità é che mi sfinisco, rendo le mie giornate un inferno per evitare di far entrare pensieri intrusivi in quel brutto cervello che mi ritrovo, ma poi.. appena stacco un attimo ecco che ritorna tutto, quel buio.. quel dolore profondo che mi sta distruggendo da una vita intera. Spesso (tornando alla domanda) non so neanche io perché sto così, non me ne capacito. Certo, l'autostima sotto i piedi e l'odio verso il mio aspetto esteriore.. sono un po' il tronco da cui poi si ramificano tutti gli altri problemi.. é sempre stato così.. ma dall'altra parte, tutto l'impegno che ci sto mettendo da mesi, meriterebbe una sorte diversa; La Doc mi ha detto che non devo mollare, che capisce che la situazione esterna renda tutto soffocante.. ma che infondo posso ricevere solo benefici nel dare il tutto per tutto (Una banale verità). Oggi però mi sento più stanco del solito, forse avevo solo bisogno di sfogarmi scrivendolo a me stesso, forse ho davvero bisogno di una pausa dalla mia testa e dai miei pensieri. É una battaglia durissima ed il mio avversario (me stesso) non ha alcuna pietà.
~Ale
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Provate ad abitare in un corpo di cui non avete il controllo, che dalla mattina alla sera vi piega in due, che da una settimana all'altra cambia forma, immagine, dimensione, diventando estraneo a te stesso, bruciando tutto ciò che ha attorno, e ripete questi cicli continuamente nel tempo.
Provate ad abitare in un corpo che decide per voi se potete uscire la sera, se potete assaggiare il primo piatto al pranzo di Natale, se potete andare in vacanza in quel posto che amate tanto.
Provate ad abitare in un corpo costantemente sottoposto a giudizi, perché altro non sono. "Sei anoressica!", "Non mangi niente!", "Ma quanto mangi?", "Ehh beata te che hai quel metabolismo", "Hai messo qualche chiletto?", e pensare che dietro non ci sono scelte estetiche, ma una malattia che non vi fa assorbire alcun nutriente, o che vi gonfia da matti quando si assumono molti dei farmaci utilizzati.
Provate ad abitare in un corpo che viene costantemente osservato, studiato, sottoposto a cure dolorose, a volte devastanti. Un corpo desiderato come strumento, come una cavia, come se la tua mente fosse costantemente esclusa e contasse solo quella pancia e quella malattia a cui di te, non importa nulla.
Provate ad abitare in un corpo che vi fa disperare spesso, che vi strema quando le terapie non fanno effetto, che vi fa raggomitolare a letto tra i dolori, che vi conduce con frequenza nel solito ospedale tra le solite pareti bianche.
E non importa quanti anni tu abbia, non importa lo stile di vita sano mantenuto fino a quel momento, non importa l'urgenza di finire la scuola, o andare al lavoro, o occuparsi dei proprio bambini.
Non importa chi tu sia, lui viene prima.
E ora provate a raccontarlo, a chiedere attenzione e cura, a ricercare amore ed empatia.. Senza avere nulla da mostrare.
Perché questo corpo le cicatrici e i tagli li nasconde e protegge dentro di sé.
Sotto strati di pelle custodisce la storia più grande.
E così, spesso, una caviglia slogata riceve maggiore rispetto.
E così, spesso, chi hai intorno si dimentica che la tua battaglia non ha il pulsante "pausa", né "fine".
E così, spesso, ci ritroviamo davanti allo specchio e ci sembra che questo involucro non ci rappresenti.
Ma non è così, non è così..
Oggi è la Giornata Mondiale delle Malattie Infiammatorie croniche intestinali, il Morbo di Crohn e la Colite ulcerosa, anche dette Malattie Invisibili.
Il mio invito è quello di andare oltre le apparenze, di aiutarci a rendere la nostra malattia Visibile.
Di darci coraggio, anche se, spesso, non potete vedere i segni della nostra battaglia.
S. Parisi
"Non sai quanto sei forte, finché essere forte è l'unica scelta che hai." 🌸
Buon World IBD Day a tutti 💜
#makingtheinvisiblevisible #WorldIBDDay #AmiciOnlus #invisiblebodydisabilities
#ibd#IBD day#world IBD day#mici#malattie croniche intestinali#19 maggio#compagnia#noia#domande#anon#italia#domande anche anonime#vintage#spotify#italy
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"Non riesco a staccare".
Molte persone sono talmente dipendenti dalla dopamina dell'iperattività, che non riescono mai a disconnettersi.
Dal lavoro alla palestra, o dalla produttività in generale.
Appena finiscono un progetto ne ricominciano subito un altro; appena raggiungono un obiettivo hanno subito fame di raggiungerne un altro.
Passano da una attività a un'altra senza soluzione di continuità.
Sono in un incessante flusso di contatto.
In gestalt, quando un ciclo di contatto è finito, c'è una fase successiva che viene chiamata ritiro dal contatto.
È quella fase in cui si stacca da ciò che abbiamo raggiunto o da un bisogno che è stato soddisfatto, e ci si ritira nella propria solitudine, o si sta nella gratificazione successiva al contatto.
Ma alcuni sono talmente drogati di azione, di fare, che non riescono a concedersi una pausa di riposo.
Poi ovviamente si lamentano ogni tre per due di sentirsi stanchi e sopraffatti dalla vita.
Tuttavia la realtà è che il solo pensiero di fermarsi, di staccare, di prendersi una pausa e di godersi un meritato riposo, li manda in ansia.
La paura dietro a tutto questo è di non valere nulla, di non essere nulla, se non si è nell'azione.
Se non si fa.
Molto spesso la radice di tale convinzione tossica risiede nelle dinamiche familiari.
I genitori spesso sono votati allo spirito di sacrificio e al fare a tutti i costi.
Sono legati profondamente all'idea per cui se non produci, se non fai, non vali nulla, e al fatto che l'essere, il valore inconzionato, debba essere svalutato.
È paradossale che le emozioni e i bisogni del bambino, fossero anche quelli di provare piacere o riposarsi, vengano svalutati, e invece venga innalzato a ideale il fare anche a costo di autodistruggersi.
Così da adulti non riusciamo a stare fermi, a goderci un attimo di riposo, un momento di festa, perché ci sembra tempo sprecato.
Ci sentiamo in colpa se lo facciamo.
Ci massacriamo se non facciamo nulla.
La società capitalistica ovviamente alimenta questo meccanismo, quando invece la strada corretta sarebbe quella di lavorare di meno e aumentare il tempo per divertirsi e rilassarsi.
Di aumentare le pratiche contemplative dedicate al riconoscimento della bellezza, al piacere e al relax.
L'altra conseguenza del non riuscire a staccare, è quella di non poter mettere in primo piano ciò di cui abbiamo davvero bisogno.
Il ritirarsi, dopo aver soddisfatto un bisogno o realizzato un obiettivo, fa sì che ciò che si è appreso nel contatto venga integrato, e dallo sfondo si stacchino nuove figure, nuovi bisogni e obiettivi.
Se ce ne sono, e se c'è l'energia sufficiente per farli emergere.
Ma se si è sempre in azione, sempre alla ricerca famelica del contatto, lo sfondo è talmente confuso e pieno zeppo di roba che l'attenzione viene continuamente catturata da una serie di stimoli, senza soluzione di continuità.
Tutti gli stimoli sono uguali, perché lo sfondo dal quale si stagliano è sempre pieno, non avendo mai potuto svuotarsi tramite il ritiro, e quindi la persona non riesce a concentrarsi su nulla, o peggio ancora non riesce a stare senza fare nulla.
Se gli si propone di ascoltare le proprie viscere o il proprio respiro, va in ansia e comincia a parlare, a muoversi sulla sedia, ad agitarsi.
Il lavoro da fare è quello di decostruire i propri introietti familiari, quelli per cui se non si fa non si è degni di stima, e stabilire dei solidi e al tempo stesso flessibili confini del sé, capaci di aprire al ritiro dal contatto, chiudendo in questo modo ogni singola esperienza appena trascorsa.
Omar Montecchiani
#quandolosentinelcorpodiventareale
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Storia Di Musica #310 - Captain Beyond, Captain Beyond, 1972
Il mio impegno di scoprire più gruppi e artisti sconosciuti ma autori di dischi eccezionali inizia oggi. E inizia con quello che una volta si chiamava un supergruppo: musicisti provenienti da altre band che, a volte non lasciando definitivamente i loro gruppi di appartenenza, si riunivano per suonare in divertimento ciò che gli interessava di più. La storia di oggi ci porta a Los Angeles ad inizio degli anni '70. La grande stagione della musica californiana è al termine della sua spinta propulsiva, ma ha lasciato sul campo semi che germoglieranno per tanni. I musicisti del gruppo di oggi hanno storie particolari. Rod Evans è britannico, è stato il primo cantante dei Deep Purple, per i primi 3 dischi (quelli dell'avvio psichedelico, Shades Of Deep Purple e lo splendido The Book Of Taliesyn del 1968, e poi Deep Purple del 1969), ruolo che perde per Ian Gillian. Evans abbandona l'Inghilterra e va prima in Florida, dove prova la carriera solista, e poi vira in California, dove prima pubblica un singolo, Hard To Be Without You/You Can´t Love A Child Like A Woman e poi si aggrega al gruppo di oggi. Bobby Caldwell, batterista braccio destro di Johnny Winter, Larry "Rhino" Reinhardt, chitarrista e Lee Dorman bassista, provengono invece dai mitici Iron Butterfly, autori di uno dei brani culto della stagione del rock californiano, In A Gadda Da Vita (titolo che è una storpiatura psicotica di In The Garden Of Eden). In un primo momento della band fa parte anche il tastierista Lewie Gold che però abbandona poco tempo prima le prime registrazioni: Non resta che scegliere un nome, che in stile europeo viene individuato in Captain Beyond, e iniziare a scrivere musica. Il disco d'esordio, omonimo come le storie scelte per gennaio, Captain Beyond, esce nel luglio 1972, prodotto e arrangiato dalla stessa band. In copertina, meravigliosa, un disegno di Joe Garnett su progetto e idea della Pacific Eye And Ear, leggendaria agenzia di stampa creativa che realizzerà centinaia di copertine iconiche negli anni (ve ne ricordo un paio, Toys In the Attic degli Aerosmith, il loghino della moneta di Alice Cooper, molte copertine per i Bee Gees e la copertina di Berlin di Lou Reed).
Captain Beyond (chiamato dagli appassionati "first") è un disco di culto, per via di alcune caratteristiche peculiari per un disco statunitense del periodo e per la qualità eccezionale musicale, dell'amalgama tra i musicisti e i brani eseguiti, tutti a firma Caldwell \ Evans. Innanzitutto, è uno dei pochi dischi americani del periodo che, come i coevi del progressive europeo, in pratica non ha divisione dei brani, registrati come se fossero un'unica e strepitosa suite di 37 minuti. Il disco è un continuo e meraviglioso scorrere da riff a riff, drumbeat a drumbeat, in questo ambito fenomenale il lavoro di Caldwell, maestro dello strumento, che cambia la ritmica più volte nello stesso brano, per un groove irresistibile. È un mix perfetto di rock blues, cavalcate strumentali prog ma anche spesso vicino a quelle della Allman Brothers Band (a tal proposito, è giusto raccontare che il disco fu dedicato alla memoria del da poco scomparso Duane Allman), poiché linee di chitarra veloci e cariche di riff predominano per alcune canzoni prima di rallentare temporaneamente in una pausa fino al successivo decollo. Dal punto di vista dei testi, l'album si differenzia esplorando temi del mondo esterno e significati dell'esistenza, spesso con riferimenti alla luna, al mare, al sole e così via. Rod Evans ha una forte voce rock e si dimostra un grande canante, Rhino suona un'enorme quantità di linee di chitarra cariche di hook e Lee Dorman suona linee di basso complesse (ad esempio, alla fine di As The Moon Speaks-Return) che portano a suoni tipicamente ritmici e agili. Come non ricordare il groove monumentale di Dancing Madly Backwards (On A Sea Of Air), in apertura del disco, oppure la cavalcata strumentale di I Can't Feel Nothin', Pt. 1., il suono psichedelico di Myopic Void che in certi passaggi è meravigliosamente jazz fusion, che sfuma nella hard rock piena di potenza di Mesmerization Eclipse. Come curiosità, segnalo che Thousand Days Of Yesterdays (Intro) come suggerisce il titolo fa davvero da introduzione per Frozen Over, altro grandissimo brano di un disco di qualità decisamente superiore.
Si rimane davvero affascinati da questo disco, che lascia all'ascoltatore la sensazione che il viaggio debba continuare per un futuro indefinito. L'esordio però lascia strascichi: Caldwell ne se va, sostituito da Marty Rodriguez e Guille Garcia, con il timone musicale preso da Lee Dorman che scriverà tutti i brani dell'eccellente Sufficiently Breathless, che esce nel 1973. Per contratto con la Warner Bros. dovevano realizzare un terzo album, questo avverrà solo nel 1977, con il ritorno di Caldwell ma non di Evans, sostituito dal semisconosciuto Willy Daffern: per capire che confusione regnava all'epoca, il brano Dawn Explosion che dava il titolo al disco, Dawn Explosion, non venne nemmeno inserito in scaletta. La band con discontinuità formidabile e continui cambi di componenti è arrivata a suonare concerti fino ad oggi, in ricordo di un disco eccezionale di un periodo musicalmente florido come pochi della storia.
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La mia vita da dicembre a questa parte sta procedendo alla velocità della luce del tutto inaspettatamente
Il 14 marzo ho l'ultima scadenza importante della tesi, poi da lì un mese di "pausa" fino alla laurea e avrò ufficialmente finito il mio percorso universitario che mi ha prosciugata per gli ultimi quattro anni e mezzo
Nel mese di pausa dovrò comunque concentrarmi sull'altro lato di me (la recitazione), ma avrò sicuramente molto più tempo per continuare la mia fanfiction di Hetalia (Neve Rosso Sangue) e non vedo l'ora, mi dispiace aver promesso a tutti un ritorno a fine febbraio/inizio marzo, ma dovevo riprendermi dalla sessione e finire la tesi rip
#hetalia#hetalia fanfiction#neve rosso sangue#hetalia fandom#hetalia ita#ao3 fanfic#efp fanfiction#fanfiction#raga io
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VACANZE
Non esiste cartina tornasole, come prova decisiva, delle vacanze estive per comprendere come il tempo passi. E come rimpianti si acuiscono.
Il tempo passa e smaschera le nostre incoerenze, le certezze di ieri non sono quelle di oggi così come i "non ce la posso fare" di ieri essere dei rimpianti di oggi.
Estate 2023.
Figlio uno partirà tra qualche giorno con amici in auto, destinazione Toscana; figlio 2 parte oggi con la sua Rebecca, destinazione Trentino. Uno al mare l'altro in montagna.
Entrambi lontani centinaia di chilometri da me.
Sono due ragazzi, i miei figli, che si sono visti frenare la loro vita sociale e di aggregazione, quando stava per nascere, dagli anni bui della pandemia. La scuola in DAD, le zone rosse, i coprifuoco e le mascherine a coprire i loro sorrisi da adolescenti.
Il distanziamento sociale che per alcuni adulti è stata una pausa, un gran respiro per staccarsi da situazioni tossiche, è stato per i ragazzi una brusca frenata nella loro vita sociale.
Come quando ti ritrovi a bloccare in frenata l'auto lanciata di corsa in autostrada, un rallentamento che altera inevitabilmente la media tempo/percorrenza.
L'anno scorso fu figlio 1 a fare il primo passo, chiese e ottenne di andare in Campania. Prese l'autobus autostradale una sera di agosto. Lo accompagnammo, ci salutò e salì in maniera composta sul mezzo.
Lo guardavo sbirciandolo dalla portiera dell'autobus, lo stavo osservando mentre guardava fuori dal finestrino quando venni distratto dalle voci concitate di due persone.
Uno dei due conducenti stava discutendo con un ragazzo perché sprovvisto di mascherina, per le norme in vigore non poteva salire.
Notai lo sguardo supplichevole del ragazzo, se avesse perso quel mezzo quella sera probabilmente gli sarebbero saltati tutti i suoi piani.
Ho immaginato a una famiglia che lo aspettava, a una compagna o a degli amici con cui poi partire per altre destinazioni.
Mentre pensavo a tutto ci mi ero mosso automaticamente raggiungendo la mia auto, tenevo sempre delle mascherine di scorta così ne presi una e la offrii al ragazzo.
Mi ringraziò e riuscì a salire a bordo. Fu allora che riguardando Daniele, mio figlio che probabilmente non si era accorto di quella scena, lo vidi in lacrime. Stava piangendo a singhiozzo.
Credo che sia stata una di quelle volte, in vita mia, in cui mi si è letteralmente fermato il cuore. Non potendo salire per motivi di sicurezza lo chiamai al telefono.
Lo ascoltai, lo rincuorai e gli dissi che tutto era a posto. Gli dispiaceva "lasciarci". Era la prima volta. Io sentivo il suo pianto, lui per fortuna non sentì il mio.
Quest'anno entrambi andranno per le loro strade. Strade di vacanze, più che meritate.
Sembra passato poco tempo da quando si stava attenti alla sabbia che poteva irritare gli occhi di bambini piccini, al sole che poteva ustionare pelli così delicate.
Oppure il tempo in cui correvano per la spiaggia e la paura di perderli tra la fola, che era un'angoscia costante.
I momenti in cui entravano in acqua e "Tranquillo pa' so nuotare", in quei momenti mi passava il ricordo di mia madre. Con i piedi ben piantati sul bagnasciuga, una mano su un fianco e l'altra a mo di saluto militare sopra gli occhi per proteggerli dal sole. Per vedermi meglio.
I segnali in codice "madre", le mani che mimavano i vari "vieni più vicino", "esci che hai le dita a spugna", "lì non tocchi spostati", "quando esci facciamo i conti". Segnali come quelli nautici, quelli fatti con le bandierine dai marinai.
Erano tante le madri, allora, in fila come un plotone di esecuzione sulla spiaggia. Con tutti quei segnali, i nomi dei propri figli ben scanditi a richiamare l'attenzione se si guardava verso il mare aperto, interrompendo il contatto visivo con il genitore madre.
Credo che se questi plotoni di madri degli anni '60 e '70, fossero stati messi sulle spiagge di Utah Beach oppure Omaha Beach in Normandia, nel giorno del D-day, ci sarebbero stati moltissimi meno morti tra gli alleati.
Le vacanze con i diavoletti ti portavano a bramare di ricominciare a lavorare, a volte, a farti capire che le vacanze analcoliche non erano certo di aiuto. Così la sera, quando tutti erano a letto, qualcosa di fresco e alcolicissimissimo era irrinunciabile.
Ora che scusa avrò per bere? Tutto sarà così silenzioso e irreale.
Eppure avrò il tempo di leggere quel libro, di riguardarmi quel film, di prendere il sole senza dover tenere un occhio aperto per vedere dove sono i marmocchi.
Potrò davvero rilassarmi.
Ma non sarà così, la chat di famiglia sarà monitorata di continuo per vedere se qualcuno ha scritto o condiviso qualcosa. Cercando di frenare la voglia di chiedere, anche semplicemente come va, per non passare da genitore tedioso. Che poi ottieni esattamente l'opposto.
Mi abituerò, nella vita ci si abitua a quasi tutto, ma sono sicuro che nel mio cuore non mi rassegnerò al fatto che quelle corse appresso ai pargoli e i castelli di sabbia, forse, sono stati dei momenti di grazia assoluta.
E come si dice spesso in questo caso mentre guardiamo foto o immagini degli anni passati, quando eravamo giovani noi, "eravamo felici e non lo sapevamo".
L'importante che loro lo siano oggi, intendo felici.
Per me ci saranno altri momenti di felicità. Questa sera pizza ad esempio. Ci vuole.
Magari offrirò i miei servigi di genitore apprensivo a giovani genitori social, quelli che invece di stare sulla battigia preferiscono le stories e i selfie. Ci penserò io ai loro mocciosi.
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Strofa A Caso
Devo farmi male per stare bene devo sanguinare, devo lacrimare, devo bere devo prendermi una pausa o devo affondare la lama devo dirti che sorrido solo per farti un favore io mi sento vivo grazie a questo dolore e non mi dire che hai capito, vai altrove 30 gradi fuori e c'ho il maglione, fatti due domande, coglione, incredibile agli occhi di tutti sono invisibile fa male però non conosco limite e non mi aspetto niente da nessuno, quindi non darmi aiuto, continua a riderne. Tanto sta maglia dopo si butta tanto sta pelle poi si ripara dicono guarda la vita è lunga, ed io trovo piacere in qualcosa che dalla vita mi allontana. Rifletti.
#pezzi di vita#solitudine#strofe#riflessioni#tristezza#tossicodipendenza#pensieri#rime#la notte#la vita è dura#devo farmi male#autodistruzione#autostima
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Spiaggia
Pov. T/n convince Dick a prendersi una vacanza.
t/n entro nell'ufficio di Dick alla centrale di polizia e si sedete sulla sua sedia e resto lì finche la porta dell'ufficio si apri ed entrò Dick.
"tesoro cosa ci fai qui pensa che fossi con le ragazze?" disse Dick. "lo ero poi ho deciso di venire qui ma prima sono passata da sturbucks e ti ho presso il tuo Frappuccino preferito." disse t/n e gli diede il frappuccino. "grazie tesoro, ma penso che ci sia altro." disse Dick.
"hai ragione sono qui anche per dirti che hai bisogno di una vacanza." disse t/n. "tesoro." inizio Dick, ma t/n lo interruppe "tesoro niente Dick stai lavorando troppo non dormi più di tre ore ormai da due settimane devi prenderti una pausa e su questo non si discute." disse t/n testardemente.
Dick sospiro e annui "bene aspetta qui vado dal capo e mi prendo una settimana di vacanza ok." disse Dick. t/n annui sorridendo. Dick usci dal suo ufficio per andare a parlare con il suo capo. Quando torno nel suo ufficio trovo t/n che girava sulla sua sedia.
"tesoro." chiamo Dick facendola fermare. "si ?" chiese t/n. "sono ufficialmente in ferie" disse Dick. "bene andiamo a casa." disse t/n saltando in piedi e battendo le mani. i due uscirono mano nella mano dalla stazione di polizia.
Il giorno dopo
Dick e t/n scesero dall'aereo e presero un taxi per andare all'albergo che avevano prenotato. i due entrarono. "finalmente siamo arrivati alla Hawaii." strillo t/n. Dick rise "sono felice che ti piaccia tesoro" disse Dick.
"lo adoro mettiamoci il costume e andiamo al mare non vedo l'ora di andare a fare una nuotata e poi al pomeriggio andiamo alla spa e sta sera ristorante." disse t/n. "va bene tesoro una cosa alla volta mettiamoci il costume e scendiamo in spiaggia" disse Dick. t/n e Dick si misero il costume e scesero giù in spiaggia e si tuffarono in mare.
Al pomeriggio
"sbrigati Dick abbiamo la prenotazione per la spa alle 16:30 e sono già le 16:25 dai che se no arriviamo in ritardo." disse t/n. "tesoro sono pronto andiamo" disse Dick. Dick e t/n arrivarono alla spa dell'albergo. "buon pomeriggio signori avete prenotato?." disse la receptionist. "si abbiamo prenotato a nome Grayson." disse Dick.
la receptionist controllo il computer. "bene allora questi sono le chiavi per gli armadietti cambiatevi e andate alla stanza 22 per i massaggi e poi la stanza 33 per l'inizio del percorso rilassante." disse la receptionist. "ok grazie mille" disse t/n prese le chiavi e prese la mano di Dick e li porto agli spogliatogli.
Dick e t/n avevano appena finito di fare il massaggio e il percorso rilassante stavano tornando nella loro stanza d'albergo. "la spa e il massaggio è stata l'idea migliore della tua vita mi serviva proprio." disse Dick. "te l'avevo detto che avevi bisogno di una vacanza" disse t/n. "ti giuro che non dubiterò mai più delle tue parole." disse Dick. "ti conviene" disse t/n lanciandogli un finto sguardo serio che fecce scoppiare a ridere tutti e due.
La sera
Dick stava aspettando che t/n fosse pronta per la cena mentre si guardava allo specchio. "tesoro sei pronta." urlo Dick. "si, sono pronta." disse t/n uscendo dal bagno. "allo che ne dici." disse t/n girando su se stessa. Indossava un abito nero elegante.
"tesoro sei magnifica." disse Dick. "grazie anche tu sei stupendo." disse t/n baciando Dick. "è meglio che andiamo a mangiare se non vuoi che cambi idea tesoro." disse Dick. "hai ragione andiamo a cena che sta sera ti aspetta il dessert" disse t/n. "oh mi piace quello che sento." disse Dick. T/n rise "andiamo." disse t/n. "prima le signore." disse Dick aprendogli la porta.
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