#paura del domani
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entropiceye · 4 months ago
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Forse dormo male perché ho paura di andare a dormire. Ho paura di scoprire come mi sentirò il giorno dopo.
La mia testa funziona un po' come una roulette russa. Posso svegliarmi felice e propositiva, ansiosa e nevrotica, depressa e stanca, angosciata e disperata, vuota e spenta, arrabbiata e tesa, instancabile e maniacale, iperattiva e iper-produttiva, pericolosamente impulsiva, iper-vigile ed iper-controllante...
Ci sono un bel po' di combinazioni, a volte si presentano addirittura insieme o si alternano nel corso della stessa giornata. Sono cose difficili da spiegare agli altri, persone che non se lo immaginano nemmeno come sia non avere il controllo dei propri pensieri e del proprio umore. Può sembrare così strano che, legittimamente, queste persone si ritraggono e minimizzano, anche se poi fa un male cane.
E mentre mi schiaccio per l'ennesima volta contro al pavimento, rannicchiata in attesa che l'uragano emotivo passi (perché a passare D. passano sempre, lo sai bene... il problema è rimanere vivi nel mentre)o che l'antidepressivo del momento faccia effetto (speriamo non paradosso questa volta), dalla mia pancia si irradiano rabbia, impazienza e frustrazione.
Certe volte odio la mia vita e mi domando se potrà mai essere normale. Odio questo blog che ultimamente si è ridotto ad uno stagno di rancore, paura e negatività. Odio che ogni punto d'arrivo nasconda in realtà l'ennesimo punto di partenza.
Sono stanca e arrabbiata, vorrei distruggere tutto, eppure, l'unica cosa che riesco a fare a pezzi è me stessa.
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stelashe · 1 year ago
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Magari se la smettiamo di usare parole come genocidio nazismo pedofilia etc a cazzo è è è porca di quella puttana troia
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molecoledigiorni · 2 months ago
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- non mi perdo -
parlami di un amore che non ha radici
che affonda le mani nel
silenzio,
che resiste alla paura
del buio
alla paura del vuoto,
anche se ci perderemo ancora
anche se ci perderà.
Tu resta
ad inventare un tempo nuovo
a sfidare la fatica del domani,
regalami ancora quella gioia
nello sguardo.
Tu resta dove sei
che non mi perdo.
©b.b.s
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lady--vixen · 27 days ago
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16 ore all'appuntamento
non ce l'ho fatta a finire il lavoro. sto ancora rivedendo la prima parte. limo, sistemo, aggiusto, perché sono una pignolina del cazzo quando si tratta di cose con appiccicato sopra il mio nome per domani, metà va bene. il resto la prossima settimana comunque ho fatto un buon lavoro, al meglio delle mie possibilità e, temo, al di sopra delle possibilità del committente non ho ancora finito di sistemare, ma adesso sono cotta, stracotta e biscottata, striscerò fino alla doccia, ho bisogno di sapone, shampoo, calore e di staccare il cervello da questo dito al culo
e dovrei dormire
e chiamare il centro diagnostico per gli esami
e sentire il calore di un abbraccio
e non aver paura dei prossimi esiti
e fare l'amore
...
ma una cosa alla volta
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angelap3 · 24 days ago
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Omelia di don Andrea Gallo al funerale di Fabrizio De Andrè
Caro Faber,
da tanti anni canto con te, per dare voce agli ultimi, ai vinti, ai fragili, ai perdenti. Canto con te e con tanti ragazzi in Comunità.
Quanti «Geordie» o «Michè», «Marinella» o «Bocca di Rosa» vivono accanto a me, nella mia città di mare che è anche la tua. Anch’io ogni giorno, come prete, «verso il vino e spezzo il pane per chi ha sete e fame». Tu, Faber, mi hai insegnato a distribuirlo, non solo tra le mura del Tempio, ma per le strade, nei vicoli più oscuri, nell’esclusione.
E ho scoperto con te, camminando in via del Campo, che «dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior».
La tua morte ci ha migliorati, Faber, come sa fare l’intelligenza.
Abbiamo riscoperto tutta la tua «antologia dell’amore», una profonda inquietudine dello spirito che coincide con l’aspirazione alla libertà.
E soprattutto, il tuo ricordo, le tue canzoni, ci stimolano ad andare avanti.
Caro Faber, tu non ci sei più ma restano gli emarginati, i pregiudizi, i diversi, restano l’ignoranza, l’arroganza, il potere, l’indifferenza.
La Comunità di san Benedetto ha aperto una porta in città. Nel 1971, mentre ascoltavamo il tuo album, Tutti morimmo a stento, in Comunità bussavano tanti personaggi derelitti e abbandonati: impiccati, migranti, tossicomani, suicidi, adolescenti traviate, bimbi impazziti per l’esplosione atomica.
Il tuo album ci lasciò una traccia indelebile. In quel tuo racconto crudo e dolente (che era ed è la nostra vita quotidiana) abbiamo intravisto una tenue parola di speranza, perché, come dicevi nella canzone, alla solitudine può seguire l’amore, come a ogni inverno segue la primavera [«Ma tu che vai, ma tu rimani / anche la neve morirà domani / l’amore ancora ci passerà vicino / nella stagione del biancospino», da L’amore, ndr].
È vero, Faber, di loro, degli esclusi, dei loro «occhi troppo belli», la mia Comunità si sente parte. Loro sanno essere i nostri occhi belli.
Caro Faber, grazie!
Ti abbiamo lasciato cantando Storia di un impiegato, Canzone di Maggio. Ci sembrano troppo attuali. Ti sentiamo oggi così vicino, così stretto a noi. Grazie.
E se credete ora
che tutto sia come prima
perché avete votato ancora
la sicurezza, la disciplina,
convinti di allontanare
la paura di cambiare
verremo ancora alle vostre porte
e grideremo ancora più forte
per quanto voi vi crediate assolti
siete per sempre coinvolti,
per quanto voi vi crediate assolti
siete per sempre coinvolti.
Caro Faber, parli all’uomo, amando l’uomo. Stringi la mano al cuore e svegli il dubbio che Dio esista.
Grazie.
Le ragazze e i ragazzi con don Andrea Gallo,
prete da marciapiede.
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occhietti · 6 months ago
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Non aver paura del domani.
Perché in fondo, oggi è il giorno
che ti faceva paura ieri.
- Bob Marley
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sciatu · 2 months ago
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Quando si ha il mare dentro, che va e viene nei tuoi pensieri, con le sue onde e i suoi ricordi, un mare che ti mostra il suo cuore attraverso un’acqua cristallina, allora non hai più bisogno di niente, perché il mare è come l’amore: ti riempie, ti esalta, domina i tuoi pensieri e le tue voglie, ti dona sogni, ignora i confini. Rende gli uomini il nulla che sono, di fronte al sole o al vento, alle giravolte della terra, da quando è nato il tempo, nel nulla dell’universo. Allora, quando hai il mare di dentro, niente ti può far più paura, perché conosci il brillare della luna di notte, ed il dolore diventa come schiuma leggera, che si perde tra la sabbia della tua storia. Così i mostri delle tenebre, gli avari di sorrisi, i traditori dell’amore che hai donato, i crudeli pupari del mondo, si rivelano per quello che sono e comprendi, quanto è giusto e quanto è inutile. Quanto ha un peso e quanto è solo impalpabile nebbia che disorienta, angoscia e nasconde. Per questo, sentendo il mare cantare nell’anima, come un seme portato dal vento, leggero navighi verso il domani.
When you have the sea inside, that comes and goes in your thoughts, with its waves and its memories, a sea that shows you its heart through crystalline water, then you no longer need anything, because the sea is like love: it fills you, exalts you, dominates your thoughts and your desires, gives you dreams, ignores borders. It makes men the nothingness they are, in front of the sun or the wind, in front of the twists of the earth, since time was born, in the nothingness of the universe. Then, when you have the sea inside, nothing can scare you anymore, because you know the shining of the moon at night, and the pain becomes like light foam, that gets lost in the sand of your history. So the monsters of darkness, the misers of smiles, the traitors of the love you gave, the cruel puppeteers of the world, reveal themselves for what they are and you understand, how right it is and how useless it is. How much it has weight and how much is just impalpable fog that disorients, anguishes and hides. For this, feeling the sea sing in the soul, like a seed carried by the wind, lightly you sail towards tomorrow.
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abr · 5 months ago
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Da decenni hezbollah e hamas lanciano apertamente razzi su Israele. RIvendicandoli. Decine di migliaia. Fortunatamente tutta roba a tecnologia islamica arretrata e decotta ma danni vittime e paura comunque li provocano. Indignazio' al riguardo da parte del neurone in sharing tra gli intellettuali organici di provincia? Zero.
Reazioni tra i beoti social, incapaci di far uno più uno e capire che oggi tirano all'Avamposto per poi domani farlo pure qui o dove gli pare? Nada.
Mò ciucciateve quindi un po' di sana, mirata, spettacolare e veramente rivoluzionaria lezione di techno war che vi tenga aperta la mascella, probabilmente disegnata (anche se non credo eseguita) dai "figli di cani e maiali" (cit.).
Ah, ululate pure al terrorismo (notate che i pluri-neuronati lo definiscono ANTI-terrorismo), tanto so' ragli di chi ha già dato ampia prova di esser vittima di effetto specchio, ululando al genocidio post 7 ottobre 2023. E rosicate. Spiaze.
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ma-pi-ma · 2 months ago
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Lascio la fretta
a chi ha paura del tempo
io mi fermo, respiro e aspetto.
Lascio la perfezione
a chi ha paura di cadere
io mi innamoro delle mie cicatrici.
Se mi chiedi cosa voglio, ti dico: un attimo di pace
una sera senza domande
un silenzio che non deve spiegarsi.
Lascio le domande
a chi cerca risposte
io vivo nelle cose, senza capire tutto.
Lascio le parole complicate
a chi vuole farsi capire
io preferisco i gesti, quelli piccoli
che non fanno rumore.
Se mi chiedi chi sono, ti dico: un sorriso
un passo lento, un sogno che non vuole svegliarsi.
Lascio i "domani"
a chi non sa vivere l'oggi
io mi prendo questo momento
come se fosse l'unico che conta.
Lascio i "non posso"
a chi non osa tentare
io provo, cado, e ricomincio da capo.
Se mi chiedi cosa mi manca, ti dico:
un istante di verità, uno sguardo che sa capirmi
un respiro profondo, quando tutto è troppo
Lascio i muri
a chi ha bisogno di difese
io costruisco ponti con gli occhi
e mi curo con gli abbracci…
Andrew Faber
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francesca-70 · 9 months ago
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Una forza e una generosità straordinarie sono il dono di ogni madre, e sono la base di quell’amore incondizionato che solo una madre sa offrire e che tutti dovremmo avere la possibilità di assaporare. Un vecchio proverbio napoletano recita: «Chi tene ‘a mamma, nun chiagne» (chi ha la mamma, non piange), ed è vero. Le madri sono scudo pronto a difenderci da ogni dolore, a volte persino esagerando.
La verità è che l’amore può tutto, che un sorriso, uno sguardo sincero, una carezza sono sorsi di eternità, che nel dolore la fiducia nel domani può soltanto diventare più grande.
Una terribile battaglia da combattere “un lungo addio”.. “un addio rubato..un addio mancato.. un addio finto”.
Perché tra di noi, mamma, non può esserci addio.
La mia persona più amata si dissolve lentamente in piccoli pezzi, ed è impossibile andare a ripescare quale sia stata l’ultima conversazione. Struggente ed emozionante, «il segreto della vita».
Tutto ruota intorno ai ricordi e alla memoria, al loro disperdersi e riemergere continuo e imprevedibile, trasportando tutti in una sorta di infinito presente. Una storia di cui non conosco né l’inizio né la fine, ma di cui ho vissuto e vivo intensamente ogni giorno con dolore, paura, rabbia, fatica, solitudine, curiosità, ostinazione. Facile perdersi in questo guazzabuglio di emozioni. Non so dire con precisione quando quel processo abbia avuto inizio. Sono stata incapace di cogliere i primi segnali quotidiani. E mi sono trovata direttamente a decidere quanti scatoloni avrebbero occupato i ricordi della mia infanzia e della mia adolescenza, riempiendoli ad una velocità molto superiore a quella delle mie emozioni, che mi soffocavano la gola. “Questo è il momento più difficile”, mi racconto ma intanto sto tatuando il mio cuore. In maniera indelebile.
Figlia unica di un genitore non autosufficiente, come la definisce la USL.
Il muro che ho dovuto attraversare per trovare il mio binario è fatto di rifiuto, disoriento.
Dovevo combattere con i fantasmi del mio passato, guardare negli occhi una persone che non mi riconosceva piu e specchiarmi nelle sue paure. Una micidiale danza di emozioni contrastanti: l’eterno presente senza ieri e senza domani il passato remoto improvvisamente prende vita catapultandoti in una dimensione surreale e spiazzante. Mi trito il cuore cercando di cogliere un’espressione diversa sul volto, un lampo negli occhi, un gesto, ma lei ė in un'altra dimensione e questo fa male. Come tenere tutto dentro.
Ecco come vedo, assisto e vivo questo lento perdersi. Un lento svanire. Spegnersi poco a poco, spettatore di questa surreale esibizione della vita. Dove il regista è il tempo e la trama è composta dalla memoria, dai ricordi, che a tratti riemergono da quel luogo fuori dallo spazio e dal tempo. Sono sempre lì. Sono sempre loro. Solo nascosti in qualche angolino. Basta aspettare il momento giusto... ed eccoli.
Un viaggio nei legami affettivi più forti, nelle nostre paure e nei nostri bisogni di amare, alla ricerca della felicità anche nelle situazioni apparentemente più avverse.
A 52 anni proprio non me lo aspettavo. Di figli ne avevo già uno, ormai grande, proiettato verso un futuro luminoso insieme alla famiglia che si era creato.
Ed io, invece, ecco che mi ritrovo, inaspettatamente, a dover fare i conti con la dolorosa esperienza di diventare “madre di mia madre", nel suo lento declino fisico e mentale.
Eppure il suo sguardo, di tanto in tanto, torna per un fugace momento (tanto fugace che, a volte mi chiedo se sia veramente successo) a fissarsi su di me, limpido e cosciente. Come se davvero fosse tornata a vederMi...tornata ad essere mia madre. Quella che si preoccupava per me. E si prendeva cura di me, sempre con un sorriso sulle labbra. Non so bene come spiegarmi. C’è da non trovare le parole quando hai a che fare con una persona che se ne sta andando lontano, sempre più, suo malgrado. C’è da augurarselo di non trovarle, mettere in fila i pensieri richiederebbe di voler vedere quello che si ha davanti e io non voglio.
“Mamma, sono io, sono Francesca”. Te lo ricordo, te lo ripeto, non perderlo il mio nome. Non lasciarmi andare. Nei tuoi pensieri troncati, assillanti, confusi non sei persa, perché non si può affogare in una pozzanghera, e non sei rinchiusa finché fai di tutto per stare a galla. Attaccati a me, aggrappati all'amo, salda più che puoi, con le mani e con lo sguardo, che ti tiro verso di me, non smettere di respirare.
Quanto fa male trasformarsi. “Sono io, mamma, sono Francesca”. “Lo so,” mi rispondi. Sei arrabbiata. In te c’è ancora forza...non molli, non cedi, ti ribelli. Mi prenderesti a schiaffi. Ti vedo, seduta sul divano. Ti stringi, ti rimpicciolisci, scompari, eppure io ti trovo sempre. So dove cercarti. So dove trovarmi. Anche se potremmo essere il gioco dei contrari io e te. Tu, che sei tanto diversa da me eppure ti assomiglio. Ho paura..e nello stesso tempo ho Il bisogno di non far vedere agli altri che sto male.
Ho tanti sensi di colpa: sono una mamma, come te. Quanta malinconia c’è, quanto mi ricordo di te..ricordi che si diluiscono. All’inizio mi concentro sul come fare per catturarti e quando ti ho catturata penso a come trattenerti; quando sto per perderti cerco di invogliarti a restare con un nuovo stratagemma; quando ti ho persa iniziano i propositi per fare meglio la volta dopo. Ricomincio, riprovo, non mollo mai. I tentativi si susseguono senza sosta. Non c’è fine, non c’è pausa. Ci pensi anche quando non lo fai. Ci deve essere da qualche parte una linea di confine che, se oltrepassata, è un cambio perenne di stato. E ci pensi mentre fai la spesa o sei in fila dal dottore, mentre parli al telefono con un’amica e perfino mentre ti fai la doccia. Quando sei sotto il getto dell’acqua tiepida piangi per il fallimento: non importa quanto poco ti consoli l’esserci per accudirla. L’acqua si miscela alle lacrime nel gorgo dello scarico e dovrebbe andare giù, lasciarti, non tornare, giusto? No, non va giù. La lacrima stagna, imputridisce. Si deposita. È l’acqua delle pozzanghere. Non conosce colore, non conosce fine. Non riflette tutto il cielo, non è nemmeno una finestra. Non bisogna scoraggiarsi.. ma mi mancano le forze o forse il coraggio. A volte ricordo i tempi piu felici che sono anche i più taglienti.“Eccomi! Ciao, come stai oggi? Hai visto che è arrivata l'estate???....
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Guardami,
"sono Francesca, mamma
Mamma❤”.
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libero-de-mente · 29 days ago
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Sliding doors - la decisione
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Le sliding doors, le porte scorrevoli, vengono spesso utilizzate per definire quegli eventi, spesso delle decisioni, che una persona prende nella propria vita. Possono sembrare avvenimenti insignificanti, invece spesso possono innescare una serie di conseguenze a catena, che possono modificare radicalmente il corso della vita di chiunque.
Una porta scorrevole, già. Come quella di un reparto ospedaliero.
Era un'estate dei primi anni '90, una di quelle estati segnate dalle canzoni degli 883 nei Juke Box dei bar, delle musicassette con i Queen nelle autoradio delle auto, il mito di Baywatch in televisione e delle telefonate dai telefoni fissi. I telefonini sarebbero arrivati di lì a poco. Quell'estate Roberto si trovò ad affrontare in virus gastrointestinale molto aggressivo, a tal punto che fini ricoverato in un letto d'ospedale. Era giovane Roberto, un inguaribile sognatore, sempre ottimista. Quel suo ottimismo gli faceva ben sperare di rimettersi al più presto, e velocemente, per poter partire in vacanza con altre coppie di amici di lì una decina di giorni. Destinazione Spagna.
E fu mentre questi pensieri d'impazienza, quelli di tornare alla sua vita normale, giravano nella sua testa che i suoi occhi incrociarono quelli di Arianna. Un'infermiera che lavorava in quel reparto e che era di turno nel momento in cui lui venne ricoverato.
Arianna si presentò a lui per i soliti prelievi ed esami di routine che si fanno, quando una persona viene ricoverata. Quei suoi occhi lo colpirono dritto al cuore. Il sorriso di lei, poi, gli fece capire che quella strana sensazione che gli faceva fremere il corpo non era dovuto al virus gastrointestinale.
Nelle ore successive al suo ricovero Arianna passò spesso a controllare Roberto, a ogni passaggio la sua permanenza vicino a lui si allungava nel tempo. Era chiaro che le faceva piacere parlare con lui. Il suo sorriso, i suoi occhi e le sue mani non mentivano.
Era talmente chiara l'alchimia tra i due che Roberto, vincendo la sua proverbiale timidezza con le ragazze, divenne sempre più loquace e affascinava Arianna con piccoli racconti sulla sua vita.
Arianna, con i suoi occhi luminosi e un sorriso che sembrava scaldare l’ambiente, era un raggio di sole in quei giorni di grigia noia in cui Roberto rimase ricoverato.
Alla fine di ogni turno lei passava a salutarlo trattenendosi ben oltre il suo orario, lui per essere assicurato di rivederla le chiedeva, quale sarebbe stato il turno del giorno dopo. Impaziente di rivederla.
- "Lavoro qui" - gli ripeteva per rassicurarlo - ci sarò anche domani, non preoccuparti.
Roberto rimase ricoverato cinque giorni, tanto da saldare quelle due anime che si cercavano sempre con lo sguardo tra le corsie e i letti. Lui aspettava l'inizio del turno di lei sulla porta della camera, sospirando con sollievo quando la vedeva entrare. Lei guardava lui, in fondo al corridoio, con un'espressione che le illuminava il volto.
I giorni di degenza rafforzò un legame invisibile, che culminò il giorno delle dimissioni. Quando Arianna aiutò Roberto a prendere le sue cose, mettendogliele nello zaino, e lo salutò dandogli una carezza. Senza dire una parola, con due occhi che erano un invito a non desistere.
Roberto, una volta giunto a casa, pensò subito a come fare per rivederla. Non aveva un numero di telefono, un riferimento. Così il giorno dopo le dimissioni Roberto si presentò fuori dal reparto, una porta scorrevole, una sliding doors, separava lui dall'ambiente dove lei lavorava. Bloccato. Rimase paralizzato davanti a quella porta, inibito da delle decisioni già prese nella sua vita, da delle situazioni che avrebbe dovuto stravolgere e buttare all'aria. Con la paura di lasciare qualcosa di "certo" per un "incerto". Dopo un po' di tempo si arrese, tornando sui suoi passi.
Roberto non seppe mai se Arianna avesse provato lo stesso sentimento per lui. Forse, pensava, un giorno si sarebbero rincontrati per caso del resto non abitavano distanti, ma fino a quel momento, quelle emozioni provate sarebbero rimasto un segreto custodito nel cuore di entrambi.
Il futuro "certo" di Roberto non fu quello che desiderava, a distanza di anni Roberto ripensa ad Arianna, convinto che quello che allora era "incerto" sarebbe potuto diventare un vita appagante concreta.
Forse non era nel loro destino quella vita, ma il destino è un concetto complesso e affascinante, e le "sliding doors" ci ricordano che il nostro percorso di vita è influenzato da una combinazione di scelte e casualità.
Se ci fosse stato coraggio in quel cuore giovane, di superare quella porta scorrevole, chissà oggi che vita sarebbe. La loro, dico.
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ilsalvagocce · 30 days ago
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crateri lunari
ieri a tavola io e mio padre ci siamo accorti a vicenda che abbiamo cancellato certe cose dalla memoria, casuali come una fetta di groviera.
io avevo scordato come mamma avesse il piede ferito da un giorno all'altro, hai ragione non ricordavo più, lui quando era scesa in strada da sola e da lì abbiamo cominciato a chiudere a chiave la porta di casa, quando è stato? che anno era?, e quando usciva dal garage con l'auto e lei in attesa era caduta su se stessa come sacco di patate, è vero l'avevo scordato, e quando aveva battuto sul pianoforte e aveva perso un dente, ora sì, ricordo.
certe cadute cuori in pezzi le abbiamo rimosse dalla memoria, non quella condivisa, quella di uno, di individuo, di fronte alla vita che scorre velocissima e carica di pericolo e di sconosciuto.
a ricongiungere i ricordi - lo facciamo sempre meno - sembravamo due bambini usciti da un tempo a parte, da un sogno di quelli che non sai dove sei ma riconosci i luoghi, non sai da chi vai ma la strada la percorri a menadito. tutto è lontanissimo e vicinissimo, fatto di pezzetti che ogni tanto rimettiamo assieme, in un puzzle slogato di una fatica invisibile, che al tempo ci ha messo le ruote, le ali, le antenne, altre quattro braccia altri due piedi, magari 2, 3 cuori di riserva in più, ma forse ha dimezzato la memoria.
stamattina son uscita in auto e ho seguito una strada strana, che prendo solo in primavera perché voglio vedere come fioriscono gli alberi, ma adesso lo so che non son fioriti, perché ero lì? ho pensato che sto dimenticando delle cose di mamma, e ho tremato, ne tremo spesso, e altre si ergono fortissime e piantate nel mio campo di memoria, eppure non è ancora primavera, che ci faccio su questa strada? Quindi perdere una persona amata ha questa scia che non puoi maneggiare? Da una parte cancelli traumi fattivi - cadute, ginocchia gonfie, ultime parole, quando ha cominciato che giorno che mese a non dire neanche una parola una? Altri traumi fondi li tieni sotto mano sempre, come il piatto fondo, come il pozzo profondo, come il mare dove vedrai i pesci per sempre, di mamma senza respiro, ogni tanto ripasso il pensiero della pelle ancora tiepida e gli occhi serrati, come una strofa che non voglio dimenticare, li ricordo come ieri, come domani. È ricordo che mi segnerà? o mi aiuterà? Lo ricordo, lo ricordo uguale a noi due stese a terra sul tappeto persiano in sala, io 4enne lei 38enne, mentre fuori c'è il temporale e sentiamo il rumore e ridiamo, così non abbiamo paura.
Il ricordo di questi due fatti ha lo stesso peso specifico. Com'è possibile, memoria? Quale incastro compone la forma della persona che non è più qui? Non c'è linea temporale che guidi, ci sono buchi di tempo anche tra i più vicini, e ci sono monumenti a piccoli fatti, come entrare al pronto soccorso e il dottore in servizio ti mette una mano sulla spalla e ti porta davanti allo schermo del computer per mostrarti docile i polmoni di tua madre, che poi vedrai per tre mesi, di cui chiederai per tre mesi ogni giorno al reparto, con le parole ogni volta più puntuali, più scientifiche, più sapienti, ma che ora io non ricordo più. Ricordo la mano del dottore sulla spalla in pronto soccorso e io col giaccone d'inverno davanti al pc e i polmoni bianchi e neri di mia madre, e basta.
Vorrei scriverci la storia, ma ho paura dei buchi, ho paura dei crateri che non saprei riempire se ne ho perso la memoria, e io non voglio inventare nulla, o questa non è la mia rivoluzione.
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angelap3 · 2 months ago
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Apritemi, per favore,
la finestra del salotto:
sono un povero passerotto
che ha freddo fino al cuore.
Vi ho visti che piantavate
in un angolo del tinello
quel meraviglioso alberello
dalle foglie incantate:
ogni ramo si curva al peso
di un frutto sconosciuto,
e su ogni ramo ho veduto
una stella col lume acceso.
Vi spiavo dal davanzale
piuma a piuma intirizzito:
ma adesso l’avete finito,
l’albero di Natale.
Adesso è tutto a posto:
fatemi dunque entrare,
il mio nido potrei fare
sul ramo più nascosto.
Non vi darei tanta noia,
sono un passero per benino.
E per il vostro bambino
pensate domani che gioia
trovare tra i doni
dietro una mezzaluna di latta,
fra la neve d’ovatta
e la rugiada di vetro,
trovare un passero vero
con un cuore vero nel petto
che guarda dal suo nidetto
con il vivo occhio nero,
una viva creatura
che vuol essere scaldata,
che ha bisogno d’essere amata,
che ha freddo, fame, paura…
I bambini sono tutti buoni,
e andremo d’accordo, perché
chiedo così poco per me
di tutti i loro doni:
un cantuccio di torrone
per appuntirci il becco,
il biscotto più secco,
la crosta del panettone…
Che tenero frullo d’ali
in cambio vi posso dare!
Lasciatemi volare
sull’albero di Natale.✨️❄️🌺❄️✨️
Gianni Rodari
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intotheclash · 2 months ago
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La libertà non verrà oggi, quest'anno o mai tramite il compromesso e la paura. Io ho gli stessi diritti di chiunque altro di camminare con le mie gambe e possedere la terra. Sono stufo di sentirmi ripetere "Lascia correre. Domani è un altro giorno" Non mi serve la libertà da morto. Non posso vivere del pane di domani. La libertà è un seme robusto seminato nella grande necessità. Io pure vivo qui. E voglio la libertà esattamente come te. (Langston Hughes)
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ilventomuovelerighe-blog · 4 months ago
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"(...) All'improvviso mi sono trovato in un mondo nuovo, fatto dalle cose di tutti i giorni. Tutto ciò che toccavo si trasformava in qualcosa di unico, irripetibile che mi avrebbe accompagnato verso nuove esperienze di Pensiero e di Sentire."
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"Camminavo rasente la linea del Mare. L'esperienza di essere tangente all'infinito mi rinnovava ogni volta, mitigata da una sorta di dovuto rispetto, la paura di non riuscire a trovare il senso di ciò che vivevo. C'è qualcosa? Qualcosa che mi tolga questa paura di perdere il "Tutto" senza mai averlo posseduto nella sua comprensione? Un vento si mosse dalla linea dell'orizzonte improvviso, scompigliando i miei capelli. Per un attimo allora, mi parve di capire…”
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"Uno può avere un focolare ardente nell'anima e tuttavia nessuno viene mai a sedervisi accanto. I passanti vedono solo un filo di fumo che si alza dal camino e continuano per la loro strada."
 I miei Lavori sono Pensieri dedicati a
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"Dove il “Nulla” arriva, tutto sparisce. Non c’e forza che possa contrastarlo. La sua potenza sta nella sua impalpabilità, nel suo rarefatto manifestarsi. Presenza improvvisa, incute timore con il suo silenzio profondo che entra fin dentro, in fondo al corpo. Il “Nulla” ti fa sentire piccolo e fragile e non si riesce più a trovare la ragione del tutto. Il “Nulla” uccide il domani di chi ci cade dentro."
I miei lavori lottano contro il Nulla. Non é facile.
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sciatu · 11 months ago
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SAN GIUSEPPE - FESTA DEL PAPA' - SI MANGIANO LE ZEPPOLE
Caro papà, grazie i tuttu chiddu chi mi dasti, pi primu u to amuri, poi a to fozza u to scrificiu u to suggiti cu scuru e girari a casa cu scuru picchi nui nun eravamu i chiddi chi avianu a bacca o sciutto e ogni cosa ni custava suduri e travagghiu. Grazie papà pa to risata, picchi mi facisti studiari quannu nun n'avia valia, picchì lassasti a to casa pi danni nu dumani, ni zignasti a cridiri in nui pi truvari a nostra strada, picchì l'unica raccumannazioni chi pi nui truvasti eranu i to brazza. Grazie picchì nun ti presentasti mai cu cappeddu nte mani pi elemosinari, non baciasti manu pi ntrigarti nta mala strada, ma ni zignasti chi cu sapi travagghiari, cu voli travagghiari, cu nun si scanta i travagghiari, nun è sebbu i nuddu, avi diri grazie sulu a so buluntà, sulu o so sangu. Grazie papà di to carizzi, di to cunsigghi, du to amuri chi mai rispammiasti. Grazie i sta lingua chi ni nzignasti, chi mai nigasti , chi sempri ciccasti, picchì è a lingua da nostra anima, è a fozza di nostri silenzi. Grazie pi l'amuri pa terra nostra, pi l'amuri pa biddizza da natura, pill' amuri di l'atti chi è u sensu da razza nostra. Grazie di tuttu chiddu chi ni dasti, di tuttu chiddu chi pi nui facisti, pa strada ritta chi ni zignasti, pi duluri chi pi nui vincisti, picchi ni mittisti davanti a tutta to vita , senza mai na lastima, senza mai na raggia senza mai finiri, l'amuri chi ni davi. Grazie. Papà.
Caro papà, grazie di tutto quello che mi hai dato, per primo il tuo amore, poi la tua forza, i tuo sacrificio , il tuo alzarti con il buio per tornare a casa con il buio, perchè noi non eravamo quelli che avevano la barca all'asciutto, e ogni cosa ci costava sudore e lavoro. Grazie papà per la tua risata, perchè mi hai fatto studiare quando non ne avevo voglia, perchè hai lasciato la tua casa per darci un domani, ci hai insegnato a credere in noi, per trovare la nostra strada, perchè l'unica raccomandazione che per noi hai trovato erano le tue braccia.Grazie perchè non ti sei mai presentato con il cappello in mano per elemosinare, non hai baciato nessuna mano per intrigarti con la strada sbagliata, maci hai insegnato che chi sa lavorare, chi vuole lavolare chi non ha paura a lavorare, non è servo di nessuno, deve dire grazie solo alla sua volontà, solo al suo sangue. Grazie papà delle tue carezze, dei tuoi consigli, del tuo amore che mai ci hai risparmiato. Grazie per questa lingua che ci hai insegnato, che hai sempre cercato, che non hai mai negato, perchè è la lingua della nostra anima, è la forza dei nostri silenzi. Grazie per l'amore della nostra terra, per l'amore verso la bellezza della natura, per l'amore per l'arte che è il senso della nostra razza. Grazie di tutto quello che ci hai dato, di tutto quello che per noi hai fatto, per la strada dritta che ci hai insegnato, per i dolori che per noi hai vinto perchè ci hai messo davanti a tutta la tua vita, senza mai un lamento senza mai una rabbia, senza mai finire l'amore che ci davi Grazie.
Dear Dad, thank you for everything you gave me, first your love, then your strength, your sacrifice, your getting up in the dark to go home in the dark, because we were not the ones who had the boat dry , and everything cost us sweat and work. Thank you dad for your laugh, because you made me study when I didn't want to, because you left your home to give us a tomorrow, you taught us to believe in ourselves, to find our way, because the only recommendation that for you found us were your arms. Thank you because you never showed up with your hat in your hand to beg, you didn't kiss any hand to intrigue you with the wrong path, but you taught us that those who know how to work, those who want to work, those who are not afraid to work, he is no one's servant, he must say thanks only to his will, only to his blood. Thank you dad for your caresses, your advice, your love that you never spared us. Thank you for this language that you taught us, that you have always sought, that you have never denied, because it is the language of our soul, it is the strength of our silences. Thank you for the love of our land, for the love of the beauty of nature, for the love of art which is the meaning of our race. Thank you for everything you gave us, for everything you did for us, for the straight path you taught us, for the pains you overcame for us because you put us in front of your whole life, without ever a complaint without ever feeling angry, without ever ending the love you gave us Thank you.
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