#patteggiamento
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Uomini tutti d'un pezzo che sanno come affrontare le bufere giudiziarie consapevoli della proprio innocen ....
Ma forse no.
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Giovanni Toti - ANSA.
Eccone un'altro che andrà a fare qualche comparsata a Cesano Boscone e poi tornerà a delinquere come prima.
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Julian Assange è libero e sta tornando in Australia.
Assange ha accettato un patteggiamento di 62 mesi, già scontati nei carceri britannici, in cambio dell’ammissione di colpevolezza per alcuni capi d’accusa. Questo gli ha evitato un processo negli USA che avrebbe potuto comportare fino un massimo di 175 anni di carcere.
Sembra incredibile che una vicenda sostanzialmente iniziata nel lontano 2010, con i primi leak ricevuti da Chelsea Manning e pubblicati da Wikileaks, arrivi finalmente ad una conclusione.
Una conclusione che disinnesca una delle argomentazioni filorusse riguardo le responsabilità del Cremlino negli omicidi di giornalisti russi. Argomentazione che rientra nella categoria “e allora le foibe?!”.
Come se i 36 giornalisti russi assassinati dal 1992 fossero paragonabili a un singolo giornalista imprigionato per accuse di cospirazione. Ed ora liberato. Forse come parte della strategia elettorale democratica, ma tant’è.
Non è facile dare una valutazione generale all’operato di Assange e al valore delle informazioni rilasciate da Wikileaks. Così come sono indubbie le ripercussioni negative sulla sicurezza nazionale degli Stati Uniti e i rischi per la vita di informatori, attivisti e diplomatici, così i leak hanno rappresentato un punto fondamentale per l’accesso trasparente alle informazioni, il riconoscimento di responsabilità per crimini di guerra, torture e detenzioni illegali.
Purtroppo, questa enorme quantità di informazioni ha creato un enorme disequilibrio rispetto alle quasi nulle informazioni provenienti dal lato russo, alimentando paradossalmente disinformazione e propaganda. Influenzando elezioni e favorendo proprio chi tratta ancor peggio i giornalisti scomodi.
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Arcidiocesi di Los Angeles patteggia, 880 milioni per le cause per abusi sessuali
L’arcidiocesi di Los Angeles pagherà 880 milioni di dollari alle 1.353 persone che hanno dichiarato di aver subito abusi sessuali quando erano bambini. Il patteggiamento, secondo gli esperti il maggiore mai pagato da un’arcidiocesi, porta il totale pagato da Los Angeles in cause per abusi a 1,5 miliardi di dollari. Lo riporta il New York Times. “Chiedo scusa per ognuno degli abusi, dal profondo…
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PRIMA PAGINA Corriere Delle Alpi di Oggi mercoledì, 16 ottobre 2024
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Nell’ambito del caso di maltrattamenti nell’asilo “Giamburrasca” di Ellera la titolare della struttura ha patteggiato una condanna di un anno e mezzo di reclusione con sospensione della pena. L’accusa sosteneva che la maestra avesse usato violenza fisica, tra cui schiaffi e sculacciate, costringendo i bambini a mangiare con la forza e chiudendoli in dormitorio al buio. Inoltre, le erano state attribuite frasi volgari rivolte ai bambini. Circostanze suffragate dalle indagini condotte dai carabinieri e scattate dopo la segnalazione di una delle educatrici della struttura. La donna, difesa dagli avvocati Nicodemo Gentile e Daica Rometta, si è già scusata ammettendo alcuni […]
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Nuovi guai per Hunter Biden, il patteggiamento è a rischio
Slitta il patteggiamento del figlio di Joe Biden, ora ha poche settimane per rinegoziare i termini dell'accordo se non vuole rischiare il carcere. L'accordo prevedeva due anni di libertà condizionale. I procuratori cercano di far luce sul suo giro di affari internazionale
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L'immagine sopra proviene dalla pagina FB di Toti. I dati riportati provengono da Porta a Porta. E vabbè.
Ora, se è vero che il patteggiamento conviene perché offre l'opportunità a chi NON ha molti mezzi economici di evitare il pagamento della gran parte delle spese processuali, a chi invece non mancano i soldi, conviene invece perché riduce notevolmente la pena da subire in caso di condanna (se si teme di essere condannati).
Il Sig. Toti, a cui non mancano di certo i mezzi economici, con la consulenza dei suoi avvocati, ha deciso che gli conveniva non affrontare un processo ma dichiararsi colpevole perché tanto non avrebbe fatto un giorno di galera e poi la legge non gli impone appunto di dichiararsi colpevole davanti alle forche caudine di un tribunale, come vediamo spesso nei film tipo Law & Order.
Qui non si usa come in USA, anche se ha dovuto perdere (restituire, direbbero i maligni), poco più di 80.000 euro, tanto siamo sicuri che da qualche parte ne ha almeno altrettanti (moltiplicati per 10 a stare bassi) e in ogni caso i suoi sodali non lo lascerebbero morire di fame.
La sua scelta è stata dettata esclusivamente da motivi di convenienza personale, cosa più che legittima.
Ma uno che si dice innocente, uno a cui i mezzi economici per affrontare i lunghissimi tempi di un processo in Italia non mancano, uno con la statura morale media, neanche elevata, non avrebbe accettato nessun patteggiamento e anzi avrebbe affrontato il processo a testa alta, contando di uscirne pulito.
Ma non è ovviamente il caso di Toti.
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Julian Assange LIBERO!!!!
Ha raggiunto un patteggiamento con gli Stati Uniti, che gli "consente" di essere "libero".
Assange è salito su un volo ed è in viaggio per l'Australia.
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A questo punto della mia vita voglio solo cose che mi entusiasmano. Cose in cui credo totalmente, senza nessun genere di riserva. Senza nessun patteggiamento o adattamento alla realtà o abbassamento di soglie.
Andrea De Carlo
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https://www.meltingpot.org/2021/10/parte-a-palermo-il-processo-a-matteo-salvini-sul-caso-open-arms/
"Per ch’io mi mossi e a lui venni ratto;
e i diavoli si fecer tutti avanti,
sì ch’io temetti ch’ei tenesser patto;
così vid’ïo già temer li fanti
ch’uscivan patteggiati di Caprona,
veggendo sé tra nemici cotanti".
(Inferno, XXI, 91 - 96).
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Il piccolo Tommy
Il 2 marzo 2006 due banditi incappucciati fecero irruzione in casa Onofri, a Parma, e rapirono il piccolo Tommy, 17 mesi. Il sequestro terrà tutta Italia con il fiato sospeso per circa 30 giorni. e i sospetti cadranno anche sulla famiglia. Il 2 aprile l’edizione straordinaria del Tg darà la notizia del ritrovamento del corpo del piccolo.
A Casalbaroncolo, dieci minuti da Parma, nella nebbia di una gelida sera di marzo del 2006, la famiglia Onofri è seduta a tavola per cena. Paolo, sua moglie Paola, Sebastiano, 7 anni e il piccolo Tommaso, 17 mesi, sono riuniti nel tinello del casolare. Mentre mamma Paola dà da mangiare a Sebastiano e il piccolo Tommy scalcia nel seggiolone perché non vuole più la pappa, improvvisamente va via la luce. Paolo si alza meccanicamente, abituato a riattivare l'elettricità ogni volta che si verifica il guasto. Dopo aver acceso le candele sul tavolo, esce dalla stanza diretto verso l'interruttore, ma torna indietro con un balzo, respinto da qualcuno. Due uomini con il volto coperto fanno irruzione nel tinello. Uno dei due punta una pistola sulla nuca di Tommy, che scoppia in lacrime, mentre l'altro intima agli Onofri di dargli dei soldi. I coniugi mettono insieme 150 euro che consegnano ai due malviventi, poi vengono fatti sdraiare sul pavimento e legati con il nastro adesivo. Sentono i ladri fuggire, l'incubo è finito. Il pianto di Tommy però non si sente più: distesa a terra Paola intravede i piccoli piedini che si allontanano. La rapina era un bluff: quello è un rapimento.
Nel giro di qualche ora i carabinieri stanno pattugliando la zona e l'indomani, tutta Casalbarolo, tutta Parma, tutta l'Italia, parlano del rapimento del piccolo. I genitori rivolgono diversi appelli pubblici dando a chiunque tenesse Tommy in ostaggio precise indicazioni su come debba essere accudito. È epilettico e assume quotidianamente un farmaco con una siringa senza ago. Il piccolo chiama l'iniezione ‘il mommo', ed è importante, si raccomandano – rivolgersi a lui con quel linguaggio, per non spaventarlo. Eppure mentre si rivolgono ai sequestratori del figlio, Paolo e Paola Onofri hanno negli occhi la terribile consapevolezza che quel bimbo cagionevole nelle mani di estranei non sopravviverà.
Gli inquirenti intanto cominciano a farsi alcune domande. Se quello è un rapimento a scopo di estorsione, lasciando da parte l'anomalia della mancanza di qualsiasi trattativa per la liberazione del bimbo, a quali soldi mirano i sequestratori? Gli Onofri non sono una famiglia ricca, posseggono solo il casale in cui vivono e che hanno acquistato con i soldi di un'eredità e in parte con il mutuo. Paolo dirige un ufficio delle Poste Italiane e anche Paola lavora alle Poste. Una delle prime piste investigative seguite, a quel punto, è quella della ritorsione. Gli inquirenti vagliano la posizione del secondo marito di Francesca Traina, la prima moglie di Paolo Onofri. Una strada che però non porta a niente, mentre altri aspetti del privato degli Onofri verranno presto approfonditi. Esiste un immobile che Paolo usa come pied-à-terre a solo un chilometro da dove lavora, in Via Jacchia, quartiere Montanara.
Lo aveva acquistato nel 2002, senza dirlo a nessuno, neanche alla moglie Paola. Dentro i carabinieri ci trovarono poltrone, una lampada, un diploma e un personal computer con 391 fotografie, 92 file e decine di filmati. Si tratta di materiale pedopornografico. Paolo Onofri si difende dicendo che stava raccogliendo del materiale per una denuncia. Gli inquirenti gli offrono di accettare una reprimenda in cambio della piena collaborazione sul caso del rapimento di Tommy. Rifiuta e parte l'indagine che si concluderà con un patteggiamento. Da quel punto in poi la figura di Paolo Onofri diventa oscura, ambigua, anche a causa di una telefonata scambiata con il capocantiere che aveva eseguito i lavori di ristrutturazione del casolare di famiglia. Dopo il sequestro Pasquale Barbera chiede a Onofri: "Hai fatto i nomi?". "Sì, ho fatto i nomi, ma non quei nomi" risponde Paolo. "Hai fatto bene se no mi avresti creato problemi".
L'attenzione allora si sposta sugli operai che hanno eseguito i lavori in casa Onofri. Fondamentale si rivela il ritrovamento di un'impronta su un frammento di nastro adesivo lasciato la sera del rapimento di Tommaso. Mario Alessi, manovale, viene indagato per falsa testimonianza e concorso in sequestro. Quell'uomo dal sorriso cinico ha un passato che fa venire i brividi: è stato condannato agli arresti domiciliari per aver violentato una ragazza davanti al fidanzato carabiniere, che aveva costretto ad assistere. Alessi confessa di aver rapito Tommy, ma non vuole dire dov'è e tira in ballo un complice, Salvatore Raimondi, pregiudicato. Sono sue le impronte sullo scotch. Dopo aver negato di aver toccato quel bambino, infine, Alessi ammette: "Non cercatelo più, è morto. È stato ucciso un’ora dopo essere uscito di casa".
La verità si abbatte come una cascata ghiacciata sulle spalle di chi per quasi 30 giorni aveva cercato ovunque quel bambino. La notizia viene data dal telegiornale in un'edizione straordinaria, prima che la famiglia sia stata avvertita. Paola lo scopre così, anche se in cuor suo, sapeva, da quando lo aveva visto portare via dal casolare, che non lo avrebbe più rivisto. Il piano messo a punto da Alessi con la complicità della compagna Antonella Conserva e di Raimondi, era quello di rapire il bimbo e chiedere ai familiari un riscatto di 5 milioni di lire. Dopo aver preso Tommy, però, qualcosa è andato storto e Alessi, rimasto solo col piccolo, lo ha ucciso. Tommy è stato strangolato fino a fratturargli la mandibola, peso a calci e a pugni, ha sofferto tantissimo. Impossibile stabilire il movente. Tutti e tre gli artefici del piano vengono condannati dal tribunale di Bologna. Ergastolo per gli esecutori materiali, 24 anni per la Conserva. La storia finisce lì, in quella discarica di materiali edili che è la tomba di Tommy a Sant’Ilario D'Enza, dove i suoi assassini lo hanno scaricato. Le indicazioni di Alessi hanno portato sul posto sono medici, poliziotti, magistrati. Per cercare il corpicino sotto rovi e sterpaglie gli agenti usano un forcone. Lo conficcano nel terreno piano piano, con prudenza, con delicatezza, quasi nel timore di fare male al piccolo. Ogni movimento è carico di dolore, di emozione, di tenerezza. Alla fine, sotto 30 centimetri di terra spunta il pigiamino di Tommy. È intatto, la terra lo ha protetto dalle intemperie, gli animali selvatici non lo hanno sfiorato. Dilaniata resta solo la famiglia di Tommy, le loro vite sventrate dalle indagini, i segreti scoperchiati, la fiducia reciproca spezzata. Paolo Onofri morirà di infarto qualche anno dopo.
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Violenza sessuale, droga e minacce: il prete veronese patteggia la pena
Nei guai un sacerdote della diocesi di Verona che abitava a Desenzano Ha patteggiato 1 anno e 8 mesi (pena sospesa) e risarcito la transessuale che l’aveva denunciato per violenza sessuale (erano palpeggiamenti, diceva lui), il parroco che, al tempo dei fatti contestati era residente a Desenzano (Brescia) ed era finito nel registro degli indagati per detenzione di stupefacenti ai fini di…
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A questo punto della mia vita voglio solo cose che mi entusiasmano. Cose in cui credo totalmente, senza nessun genere di riserva. Senza nessun patteggiamento o adattamento alla realtà o abbassamento di soglie.
|| Andrea De Carlo
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scusa, ma che cazzo c'entra lo stupro con la giustizia sportiva? finchè non c'è l'ultimo grado di giudizio, siamo tutti innocenti: quando la magistratura avrà concluso l'ultimo grado di giudizio, si saprà se ha stuprato o meno, la giustizia sportiva si adeguerà.
Stiamo parlando di uno che ha scommesso sul calcio (e non ci sono prove che non possa aver scommesso anche sul calcio italiano, anche sulla serie a o magari proprio sulla juve) e che viene PREMIATO con sette mesi di squalifica, quando la pena minima era tre anni. Per carità, in Italia continua a giocare Masiello che ha ammesso di aver truccato le partite, quindi vale tutto, ma mi pare un pena assolutamente ridicola.
Non possono sospenderlo nel frattempo? Cazzi suoi se ha deciso di fare ciò che ha fatto, si prende le conseguenze e viene sospeso. Non vedo perché debba continuare a giocare come se niente fosse. E non mi interessa se gioca in B e non in A.
Per quanto riguarda Fagioli, io capisco che per te 7 mesi siano pochi e che il messaggio che potrebbe passare è "autodenunciatevi se vi beccano scommettere sul calcio, perché tanto va a finire come per Fagioli", ma 1. Ha collaborato. 2. Non sappiamo cos'ha realmente fatto, solo chi ha in mano il fascicolo del caso è a conoscenza di ogni singolo dettaglio 3. Ha patteggiato perché con un eventuale processo la squalifica sarebbe stata superiore.
Allora si dica che in alcuni casi non ci si può appellare al patteggiamento e mandiamoli tutti a processo. Evidentemente gli è stata riconosciuta la ludopatia e in base alle prove in loro possesso si è optato per questi 7 mesi + servizi sociali. I giornali non scrivono tutto, non pubblicano le prove e gli atti, ognuno si fa l'idea che vuole.
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A questo punto della mia vita voglio solo cose che mi entusiasmano. Cose in cui credo totalmente, senza nessun genere di riserva. Senza nessun patteggiamento o adattamento alla realtà o abbassamento di soglie.
Andrea De Carlo
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