#paola borboni
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L'attrice di teatro Paola Borboni sulla copertina della rivista teatrale Comoedia, 1933.
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Roman Holiday (1953) Review
When Princess Ann gets bored and restless she escapes her guardians and manages to live a little bit! Falling in love with American newsman Joe Bradley while in Rome. ⭐️⭐️⭐️⭐️ Continue reading Untitled
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#1953#Audrey Hepburn#Claudio Ermelli#Comedy#Dalton Trumbo#Eddie Albert#Gregory Peck#Harcourt Williams#Hartley Power#Ian McLellan Hunter#John Dighton#Laura Solari#Margaret Rawlings#Maurizio Arena#Paola Borboni#Paolo Carlini#Review#Rom-Com#Roman Holiday#Romance#Romantic Comedy#Tullio Carminati#William Wyler
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E' morto oggi a Roma il regista Beppe Menegatti, marito di Carla Fracci
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E' morto il regista Beppe Menegatti, aveva 95 anni. Il decesso dopo un peggioramento delle ultime ore, questa mattina poco prima delle 7: era stato ricoverato in ospedale lo scorso 12 settembre. Al momento del decesso era vicino al regista il figlio Francesco. Regista teatrale sulle orme di Luchino Visconti, Eduardo De Filippo e Vittorio De Sica, di cui è stato collaboratore, autore di lavori originali che hanno unito danza, prosa e canto, il nome di Beppe Menegatti resterà per sempre legato a quello di sua moglie, di cui è stato anfitrione e mentore: Carla Fracci (1936-2021), considerata una delle più grandi ballerine del XX secolo e incoronata dal 'New York Times' come "prima ballerina assoluta". Per lei ha curato decine di regie di spettacoli di danza. Beppe e Carla sono stati uniti da un matrimonio lungo 54 anni e dalla loro unione è nato nel 1969 il figlio Francesco, che fino all'ultimo in ospedale è stato accanto all'amato padre. La regina della danza mondiale e il regista si erano sposati nel 1964. Si erano incrociati per la prima volta nella sala prove della Scala e fu un colpo di fulmine per entrambi. "Ero l'ultimo di una fila di persone che entravano - ha raccontato Menegatti - in testa c'era Luchino Visconti, poi il coreografo Léonide Massine, quindi il compositore Franco Mannino e la costumista Lila De Nobili e poi io che portavo la borsa a Visconti. Lila si gira e dice: 'Luchino, non potrebbe essere questa qua la ragazza per la parte di Silvestra?'. E indica una fanciulla seduta per terra con i calzerotti rossi. Era Carla". Nato come Giuseppe Menegatti a Firenze il 6 settembre 1929, fin da giovanissimo segue gli spettacoli del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino e oltre che ad appassionarsi alla lirica, decide di intraprendere la strada di regista. Si iscrive all'Accademia nazionale d'arte drammatica "Silvio D'Amico" a Roma, che gli riconosce una borsa di studio. Al termine degli studi, Beppe Menegatti viene ingaggiato da Luchino Visconti nel 1954-56, che lo incarica come aiuto regista in diversi spettacoli teatrali. Lavora poi con Vittorio De Sica, Eduardo De Filippo, Luigi Squarzina, sempre in teatro, e in seguito in proprio come regista sia nel campo della prosa che in quello della lirica. Numerose le sue regie di opere liriche nei più importanti teatri del mondo. Prima di dedicarsi completamente alla lirica e alla danza, nella seconda metà degli anni '60, Menegatti ha curato la regia delle pionieristiche rappresentazioni assolute in Italia di autori del 'teatro dell'assurdo' come Samuel Beckett, "Tutti quelli che cadono" e "Commedia", con un gruppo di noti attori fra i quali Paola Borboni, Lidia Alfonsi e Virgilio Gazzolo. Spronato da Visconti, Menegatti già agli inizi degli anni '60 si occupa del teatro di danza ("Il balletto del festival dei Due Mondi", 1962), interesse che diventa primario grazie al matrimonio con Carla Fracci. Per esaltare la versatilità interpretativa della celebre moglie, si dedica all'ideazione di balletti drammatici, trovando spunti sia nella letteratura teatrale ("The Macbeths", 1969; "Il gabbiano", 1970; "Mirandolina", 1983, "Il lutto si addice ad Elettra", 1995), sia in quella operistica ("Il vespro siciliano, 1992) sia in biografie di personaggi storici che riadatta in drammaturgie ("Nijinskij memorie di giovinezza", 1989; "Alma Mahler G. W.", 1994; "Zelda, riservami un valzer", 1998). Menegatti ha poi coadiuvato Carla Fracci nella direzione del corpo di ballo dell'Arena di Verona nel 1996-97. Nella convinzione di non perdere di vista il balletto narrativo, in quegli anni Menegatti ha costruito (con l'ausilio di diversi coreografi) frammenti di balletti che si credevano scomparsi, ha rintracciato partiture musicali rare e preziose con spirito di archeologo, ha consultato vecchi libri come fonti di scorci storici e di atmosfere che poi ha raccolto in vere e proprie sceneggiature a passo di danza con interventi di prosa. Di recente, nel 2021, è stato consulente per il film biografico sulla Fracci, diretto da Emanuele Imbucci e liberamente ispirato all'autobiografia 'Passo dopo passo' a cura di Enrico Rotelli. Read the full article
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rubrica settimanale
Chissà per quanti anni ancora sarebbe durato "Portobello", se la più vigliacca delle ingiustizie non avesse ucciso il suo "papà" Enzo Tortora! Quel grande sogno continuò in parte a vivere in tutte le trasmissioni che ne avrebbero poi copiato e saccheggiato le idee: ma la cosa consola ben poco davanti a tanta assurda malvagità. Il "Big Ben" disse basta per sempre: e fu un dolore. Per tutti!
Il successo di una trasmissione come Portobello è indissolubilmente legato al nome del suo creatore Enzo Tortora. Il presentatore nonché autore televisivo fu allontanato per diversi anni dalla Rai per un’intervista critica nei confronti dei suoi vertici.
Anni dopo, ispirato dagli annunci pubblicati sul settimanale La domenica del Corriere ebbe l’idea di un programma basato sulla dinamica della vendita e acquisto. Assieme alla sorella Anna, con l’autrice e collaboratrice Gigliola Barbieri e il pubblicitario Angelo Citterio propose il progetto all’allora direttore della Rete 2, Massimo Fichera che ne rimase affascinato.
Chi era Portobello, il pappagallo del programma omonimo condotto da Enzo Tortora. Solo Paola Borboni, nell''82, riuscì a farlo parlare. Ma in casa era alquanto diverso.Sono passati trent’anni dalla fine del programma, andato in onda su Rai 2 dal ’77 all”83 (prima serie) e dall”87 all”88 (seconda serie). Portobello, il pappagallo, se n’è andato qualche anno dopo il suo proprietario, nel 1995. Aveva ben 45 anni: per l’ultimo periodo ha vissuto in via Niccolini a Milano, nello stesso negozio di animali dove era stato allevato. Là Tortora lo notò verso la metà degli anni Settanta. Era un Amazzone a fronte gialla, importato in Italia dal Brasile. Per un breve periodo, poco prima del debutto, Tortora lo ospitò a casa sua. “Diceva parolacce e dovemmo sistemarlo in bagno, dove poteva sporcare liberamente”, ricorda la figlia Silvia a Vanity Fair. In tv però se ne stava muto: in ogni puntata di Portobello, vip e nip tentavano l’impossibile in 30 secondi. Dopo infiniti tentativi, il 1° gennaio dell”82, Paola Borboni riuscì nell’impresa di farlo parlare.
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Mario Nunes Vais
Paola Borboni
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Paola Borboni
Italian postcard by Ed. Vettori, Bologna, no. 1045
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Ritratti di Donna:
Paola Borboni, il coraggio di riprendersi la vita.
Incontro con Paola Borboni, una giovane, bellissima, vecchia attrice tornata in palcoscenico nel gennaio di quest’anno.
Ida Farè – Marzo 1979
Paola Borboni mi riceve nel suo camerino al teatro Nuovo. E’ sdraiata su un divano a cornice, vestita di una vestaglia verde pisello. Sottolinea e ripiega una serie di riviste che riportano qualcosa sul suo ultimo spettacolo, sulla sua vita, sul suo strano destino. (Ha perduto il giovane marito Bruno Vilar in un incidente d’auto, l’estate scorsa). I suoi occhi sono azzurri e vivi, dal capo le pendono due treccine color sale e pepe, le sue guance sono lisce e chiare, è una giovane bellissima vecchia attrice. Parla con voce modulata, allenata da 62 anni di recitazione. Mi siedo davanti a lei un po’ indecisa, fumando automaticamente una sigaretta. Mi dice che sono maleducata, non le ho nemmeno chiesto il permesso. Sono un po’ imbarazzata, ma poi mi accorgo che il suo fare brusco e diretto è mescolato a una grande dolcezza.
«Recito dal 1916, c’era già la prima guerra mondiale a farmi compagnia. Ho lavorato tutta una vita, cara. Mi devo arrangiare, se no cosa succede di tutta questa gente?».
Si riferisce ai lavoratori della compagnia, che insieme a lei hanno allestito “Harold e Maude”, uno spettacolo che pare fatto su misura per lei.
Mi sento un po’ più sollevata, le spiego che la voglio intervistare per “Effe”, una rivista femminista che lei non conosce, e aggiungo come lei, la sua persona, la sua storia, incuriosiscono e piacciono molto alle donne giovani.
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«Le donne, se hanno voglia di vivere, devono sacrificarsi — mi dice — devono avere una pazienza infinita. Chi è impaziente non può nemmeno avere coraggio, se vuole andare avanti, oltre la giovinezza…
Solo l’ultimo fatto mi ha sconvolto, la morte di mio marito. Ecco, non avrei dovuto avere la felicità che lui mi ha dato. Eravamo dei parenti che vivevano sotto lo stesso tetto. Ora la sconto con altrettanta infelicità. Speravo di superare anche quest’ultima cosa, invece no».
Mi butto in una domanda difficile, non vorrei offenderla o disturbarla ma, mi sembra che proprio questo suo sopravvivere a un uomo tanto più giovane, è, anche se doloroso, una conferma di quello sconvolgimento dei canoni tradizionali della donna (della vecchiaia e della giovinezza) che lei rappresenta.
«No. Capisci; c’è un errore di natura. Io avevo 42 anni più di lui, è morto lui, non è logico. Io sono ordinata, e questo mi dà disordine. Sono io la più forte. E’ demoniaco, non mi piace.. Non mi piace il fatto che io abbia vinto restando al mondo al posto suo. E’ come quando ti avvicini alla fiamma. Bruci. Io amo la vita, ma non fino al punto di essere contenta nel vedermi distrutta quel poco di pace e di gioventù che mi era venuta vicino».
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Mi parla ora della sua carriera e della sua vita, senza modestia, da grande attrice, ma anche senza falsi pudori. «Ero bella, molto. Ero intelligente, molto. Avevo talento, molto. Ho dato molto fastidio.
Quando mi mancava il contributo di una persona, in teatro sapevo sempre sostituirla, sapevo fare da sola. E quando vedevo gente importante mi mettevo in disparte.
Ho amato tanto il mio lavoro. Più di tutto. Avrei potuto scegliere la via della comodità e della ricchezza. Invece ho sacrificato la mia fortuna perché ho voluto sempre fare di testa mia.
Ho tenuto in piedi una compagnia per sei anni con il mio denaro.
Anche ora lavoro senza essere pagata, ci sono diciotto persone tra attori e tecnici che non possono essere traditi.
Ecco, io sono rimasta attaccata a questa pena e a questa gioia, per 63 anni e non sono sempre stati rose e fiori… Per fare l’attrice ci vuole fascino, morbidezza, attrazione fisica morale e psichica. Ma ci vuole anche molta generosità per essere una e cento persone. E poi molta fantasia».
Si lamenta poi della TV e mi dice che sono appena venuti due ragazzi di una televisione privata che l’hanno fatta arrabbiare. Detesta la TV così come le sigarette.
«La TV assorbe il teatro, vedi. Il pubblico si è abituato a stare seduto comodo con l’apparecchio davanti, senza i pericoli della strada. E’ una forma di difesa del cittadino che vuole distrarsi senza problemi. Tutto rientra nell’ordine delle cose, «Quando una ragazza mi dice che vuole fare l’attrice io le rispondo: tenta, cara. Se avessi avuto una figlia le avrei detto di fare la ballerina. E’ una vita molto sacrificata, ma ti dà tanta soddisfazione, una vita piena di ordine e di pulizia».
Le domando qualcosa sulle donne, sui loro problemi, sul loro movimento. Ne esce un’immagine singolare che non so quante donne condividano, ma che racchiude un certo interesse. ‘soltanto tu puoi darti il corano e la pazienza, soltanto tu puoi decidere che non ti abbattano.’
«Gli uomini dipendono da noi. Dobbiamo fare di loro quello che vogliamo. E’ l’istinto materno che li domina sempre.
La donna è sempre la madre dell’uomo, colei che lo usa.
Tutto questo poi diventa amore e sessualità. Ma lui non può mai competere con noi: noi lo guardiamo e lo conosciamo, lui ci guarda e non ci conosce mai. Io penso che le donne non conoscano la loro forza.
Questo nuovo movimento che le ha portate alla ribalta ha un po’ diminuito la loro forza, perché le ha messe alla ribalta, le ha scoperte. Facendosi conoscere troppo le donne hanno perso il loro potere misterioso, una forma di elezione che andrebbe custodita e tenuta segreta.
Però guarda che io non sono arretrata: penso solo che questo potere della donna esiste e che non va distrutto. Per il resto penso che il movimento femminista abbia ragione, Gli uomini sono delle SS. Io ho conosciuto tanti mariti SS.
Madonna, bastava che la moglie facesse un gesto inconsulto e guai! Adesso ci stanno un po’ più attenti. E poi c’è un’altra cosa; secondo me la donna che lavora, lavora due volte.
Io non mi sono mai sposata prima, non ho mai avuto una famiglia (se non quando ero vecchia e mio marito era un po’ anche mio figlio) proprio per questo.
E’ stato questo che mi ha fatto scegliere l’indipendenza.
Questo è vero: la donna lavora due volte. I famigliari scaricano su di lei il loro sadismo e sono contenti di vederla impicciata in un numero incredibile di cose. Così lei si sacrifica per non mollare e non fare vedere che è stanca. Io voglio così bene a queste donne, quando le vedo, la sera, con quei faccini così stanchi.
Io amo le donne.
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Mi interessa parlare con lei della vecchiaia, per una donna. Provo a dirglielo, un po’ timidamente, e forse aspettando la ricetta, la segreta soluzione di un problema che lei sembra avere risolto così bene. Ma lei gioca sempre in “corner”, mescola tutto e esce di traverso.
«A me non è importato mai di non essere più giovane. Quando ho compiuto 50 anni, mi sono messa a ridere. Oh, guarda, mezzo secolo, mi sono detta. Del resto se non volevo morire dovevo invecchiare. Vedi, mio marito è morto e non è invecchiato.
Però quando non hai più la giovinezza ti devi mettere in disparte. Non puoi più gareggiare, e se lo fai la vita ti dà calci. A meno che tu non abbia una tale intelligenza da riuscire a trovare la maniera di buttare la tua lancia. Io ho sempre avuto da lavorare: ricorda che questo è il momento in cui il lavoro difende la donna.
Io mi sono sposata per morire.
Io l’ho sposato perché mi chiudesse gli occhi, perché cosa vuoi a 72 anni, quando mi sono sposata , io, una donna non è solo vecchia, ma moritura. La cosa orrenda è che poi è morto lui e io non finirò mai di piangerlo. Io conoscevo tutte le sue virtù (lui non beveva, non fumava).
Gli altri conoscevano solo i suoi difetti.
Ci hanno preso in giro per un’anno e mezzo quando ci siamo sposati.
Ma io ero felice e mi divertivo: mi bastava vederlo girare per casa. Pensa che non ho mai avuto una casa fino a 72 anni. Ma adesso basta parlare, io ho bisogno di pace».
Faccio per andarmene, ma suona il telefono, poi arriva una sarta, poi una che deve stirare il vestito.
Le chiedo qualcosa del suo spettacolo, prima di andarmene.
«Ma cosa vuoi, io lo recito e basta. L’ho fatto per levarmi dal mio dolore. Ma non ci sono riuscita, mi è rimasto, ancora più grande. Perché io ho fatto uno sforzo e tutto quello che si fa contro un senso preciso di ordine, certe volte è un danno.
Io ho cercato un po’ di pace nel lavoro, ma non ci sono riuscita.
Sto bene sola, così posso pensare. Soltanto tu puoi darti il coraggio e la pazienza; soltanto tu puoi decidere che non ti abbattano».
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Ci salutiamo, le prometto di mandarle il numero di “Effe” con la sua intervista.
Dice che lo aspetta senz’altro e mi dà il suo indirizzo. Poi si volta e mi chiede qualcosa di me, dove lavoro, se ho dei figli.
«Povera figlia — mi dice — quanto ti costa la tua indipendenza!».
Appena fuori mi accendo una sigaretta.
Una vita per il lavoro
Paola Borboni nasce nelle prime ore del 1° gennaio 1900, e con una punta di civetteria rimpiange di non,essere nata qualche ora prima, per essere indicata come l’Ultima attrice dell’Ottocento. Praticamente figlia d’arte (il padre era impresario teatrale) debutta a Milano con la compagnia di Alfredo De Sanctis, nella commedia di Shalom Asch, Dio della vendetta.
Ha diciassette anni e questa sua prima recita coincide con il suo primo successo. Nella prima parte della sua carriera è attrice brillante.
Il lavoro «più famoso» di questo periodo è Alga marina di Carlo Veneziani, in cui lei appare nelle vesti di una sirena. Attraverso varie compagnie, arriva, nel 1935, a mettere in scena Come prima meglio di prima di Pirandello. In questo periodo è già direttrice di compagnia e attrice di successo. Di Pirandello rappresenterà anche Vestire gli ignudi e La vita che ti diedi.
Pur rimanendo sempre fondamentalmente attrice di teatro, Paola Borboni recita anche per il cinema. Vivere del 1936, Nina non far la stupida del 1937 fino a Giorno di nozze del 1942.
Nel 1967 le viene assegnato il Premio dell’Istituto del Dramma Italiano, in occasione dei cinquant’anni di attività teatrale al Sant’Erasmo di Milano, con la commedia Farfalla, farfalla di Aldo Nicolai.
Subito dopo si impegna a Torino con La casa di Bernarda Alba di Garcia Lorca.
Nel luglio 1968 il primo momento critico della sua carriera: durante un recital al teatro Mentana di Verona (in questa occasione le viene offerto il Premio Renato Simoni) l’attrice ha un vuoto di memoria.
Lo spettacolo viene sospeso.
Nel settembre dello stesso anno dichiara che presto tornerà alle scene. L’incidente era dovuto soltanto ad affaticamento.
Nella primavera del 1970 interpreta, al teatro Valle di Roma, La professione della Signora Warren di G. B. Shaw.
Riscuote un notevole successo nel 1972 a Milano, in un recital con brani di diversi autori contemporanei Luna lunatica.
E’ dello stesso anno il suo matrimonio con l’attore e poeta Bruno Vilar.
Nel 1974 prende parte per la prima volta ad una rappresentazione «aera.
E’ l’Addolorata in uno spettacolo che si tiene nell’ambito delle manifestazioni del «Settembre Artistico» a Caserta Vecchia.
Nel 1976 prende parte alla lavorazione del film Nerone di Pingitore e Castellacci.
Novembre 1976: Paola Borboni esordisce nel cabaret, a Milano; con lei recita anche il marito.
Un anno dopo mette in scena, come regista teatrale, la Lina Cavalieri Story, con Michael Aspinall. Con lo stesso lavoro inaugura a Roma il teatro Parnaso, agli inizi del 1978.
Dopo un periodo difficile, seguito all’incidente automobilistico in cui ha trovato la morte il marito, è tornata in teatro nel gennaio di quest’anno con «Harold e Maude», in cui interpreta la parte della deliziosa Maude che a ottant’anni insegna la vita a Harold.
Fonte: Archivio Effe Mensile Femminista Autogestito
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9 aprile … ricordiamo …
9 aprile … ricordiamo … #semprevivineiricordi #nomidaricordare #personaggiimportanti #perfettamentechic
2021: DMX, pseudonimo di Earl Simmons, rapper, attore e attivista statunitense. Conosciuto anche come Dark Man X, The Divine Master of the Unknown, è stato particolarmente famoso alla fine degli anni 1990. È riuscito a mantenere il rispetto nel mondo underground pur conseguendo un notevole successo commerciale, essendo inoltre un personaggio dalla forte personalità. Tra i film in cui ha recitato…
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#9 aprile#Camilla Orlandini#Dark Man X#Dewey Martin#DMX#Duca di Edimburgo#Earl Simmons#Edda Ciano#Edda Mussolini#Eva Brigitta Hartwig#Filippo di Edimburgo#Jack Little#John Leonard#Lia Orlandini#Little Jack Little#Paola Borboni#Philip Mountbatten#Principe Filippo#Ricordiamo#Sidney Arthur Lumet#Sidney Drew#Sidney Lumet#Sidney White Drew#The Divine Master of the Unknown#Vera Zorina
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sorelle materassi (1944)
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L’attrice di teatro Paola Borboni
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Quartet al Carcano. I B.livers incontrano Cochi, la Quattrini, Erica Blanc e Giuseppe Palmieri. / Il Bullone - OrianaG
Pubblicato su Il Bullone n° 34, aprile 2019.
"Quartet" è una commedia di Ronald Harwood, portata al cinema da Dustin Hoffman nel 2012. Giuseppe Pambieri, Paola Quattrini, Cochi Ponzoni ed Erica Blanc portano su palco la storia di quattro interpreti d'opera, ospiti di una casa di riposo per musicisti. Le dinamiche tra i quattro regalano voglia di vivere ed entusiasmo, perché, a detta degli interpreti, più avanza l'età, più è il presente a guadagnare importanza.
I B.livers hanno assistito allo spettacolo al Teatro Carcano dopo aver incontrato il cast.
Erica Blanc, Giulia sul palco, ha lavorato con i più grandi, da Mastroianni a Strehler: «Giulia è tutte le donne in una sola. Un po' sta male un po' no, un po' è innamorata un po' no... Non mi era mai capitato di interpretare tanti "personaggi" in uno solo, dà molta soddisfazione», per chi come lei, è sul campo da tutta la vita, «la televisione ha portato in teatro molti attori non teatrali, si usa sempre il microfono perché pare che il pubblico sia diventato sordo. E c'è meno piazza, le tournée di una tappa al giorno sono faticose e tanti restano fuori. Sono fortunata, in tournée abbiamo fatto una torta a sorpresa ad Arnoldo Foà per i suoi 92 anni e io non mi rendo conto che i prossimi saranno 77». Le nostre tre parole la fanno riflettere: «Essere e accettare di essere diversi da prima, superare la negatività, credere sempre ai desideri, vivere per poterli vivere, difendersi da se stessi, dal nostro pessimismo. Se piove, se c'è il sole, se fa freddo, è bello comunque. Se perdo una gamba, ma credo di poter reimparare a camminare, cresco, vivo. Il passato non mi interessa, il futuro nemmeno, ora è importante.»
Paola Quattrini ci racconta la sua Cecilia: «Tenera, vitale, folle». Anche lei in scena da una vita, racconta «Faccio un lavoro che continuerà finché la salute me lo permette. Anche fino a cent'anni. La Borboni era in carrozzina e sul palco stava in piedi. La Melato era in scena con i dolori del tumore. Adesso è più bello, assapori di più. Non è più tutto dovuto, il per sempre non c'è. Il palco è magia e te lo godi molto più che da giovane».
Giuseppe Pambieri intervista noi, curioso di sapere cosa scriviamo, quali siano i nostri temi, e quale sia la situazione politica in Camerun, paese d'origine di Sarah da dove è appena tornata. Lo colpisce l'impaginazione e i tanti temi affrontati. Descrive così il suo Rudy: «Razionale, bipolare, romantico. Non abbiamo visto il film. Gli attori sono molto diversi da noi. Non volevamo influenzarci.»
«Ottimo simbolo», dice Cochi Ponzoni del bullone. Racconta poi la sua carriera «Al cinema "Cuore di cane", storia di un cane che diventa uomo, è il ruolo più importante. Poi con un mio amico, compagno di giochi, ho fatto tanto cabaret. 30 milioni di persone ci guardavano in TV, ma c'erano solo due canali. Dicono che è tutto in crisi, ma da quando sono bambino io! Siamo solo in un'altra dimensione, i problemi non sono cambiati. L'integrazione: gli immigrati una volta venivano dal sud Italia, cosa cambia? Qua si diceva "Milan l'ha ga l coeur in man", ed era vero. L'ignoranza più la mancanza di umanità è il problema. Sono felice che la vostra generazione sia più aperta, meno impermeabile. I quarantenni di oggi sono stati problematici, cresciuti nella Milano da bere, solo soldi e tanta corruzione. Quella da cui sono scappato per 20 anni a Roma.» Le parole del suo Titta sono sesso, rimpianto, allegria. E se potesse disegnare un suo David, come abbiamo fatto col progetto Cicatrici, avrebbe un taglio sulla pancia, il magone che non lo lascia mai, dopo la morte della moglie, provocata secondo lui dai medici, che forse hanno sbagliato la diagnosi, forse non l'hanno presa in tempo... «Sono i matti che mandano avanti il mondo, io sono uno di quelli», ci salutiamo così. E lo spettacolo ha un sapore diverso.
#intervista#teatro carcano#teatro#quartet#cochi ponzoni#giuseppe pambieri#paola quattrini#erica blanc#il bullone#gullone#oriana gullone#orianag
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Paola Borboni: One of the Greatest Stage Actresses of Italy https://ift.tt/3krxwgD
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Mario Nunes Vais
Paola Borboni
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accadde…oggi: nel 1900 nasce Paola Borboni, di Silvana Mazzocchi Il teatro è stato il suo grande amore, la sua vita, la sua arte e la sua passione.
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Paola Borboni
Italian postcard, no. 602/3. Photo: Massaglia, Torino.
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