#pablo gisbert
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arloqui · 3 years ago
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Trabajar por 5,50 euros la hora
Si prácticamente se trabaja por 5,50 la hora...
Si se trabaja por 5,50 la hora...
Si no hay un trabajo digno,
Si...
Si trabajamos por 5,50 la hora...
Si trabajamos para alguien por 5,50 la hora...
Trabajar por 5,50 la hora es lo mismo que decir...
Trabajar por 5,50 la hora es lo mismo que decir
trabajar gratis.
Trabajamos gratis...
Si pasamos la vida trabajando gratis...
Si trabajamos por 5,50 la hora...
Si trabajamos gratis...
Cómo no va a ser gratuito ser incorrecto...
Cómo no va a ser gratuito ser un poco incorrecto...
Ser incorrecto es, incluso, bastante necesario...
Si somos porciones de tiempo baratas porque vendemos
nuestra vida a porciones de 5,50 la hora...
¿Cómo no queréis que seamos incorrectos?
¿Cómo queréis que no haya gente desagradable?
¿Cómo no queréis, si vendemos nuestra vida a 5,50 la
hora, cómo no queréis que haya gente enferma?
A ver si empezamos a entendernos.
Ser radical, en el fondo, sabiendo que trabajas gratis
para otros, es ser una persona correcta.
Los radicales son en el fondo, verdaderamente,
los correctos.
Vender tu vida...
Vender toda tu vida por 5,50 la hora y vivir toda una
vida en silencio, toda una vida callada, es ser verdaderamente
un radical.
Es ser un excesivo y un extremista y un terrorista de tu
propia vida.
Ser radical, aún trabajando por 5,50 la hora,
es llegar a casa y no explotarle la cara a tu mujer.
Ser radical es no hacerlo.
Ser radical es no maltratar a la persona que tienes a tu lado.
¿Cómo no va a haber diferencias entre hombres?
¿Cómo no va a haber locos?
Si hay hombres que cobran 9 millones de euros al año y
otros 5,50 la hora.
Si se trabaja por 5,50 la hora...
¿Cómo no voy a llegar a casa y querer explotarle la cara
a mi mujer?
Quien no lo haga...
Quien no maltrate a su mujer es un radical.
Quien llegue a casa y, aun vendiendo su vida a 5,50 la
hora, no necesite maltratar a alguien, es un radical.
Sabiendo cómo están las cosas,
lo radical es tener más de dos hijos.
Sabiendo cómo están las cosas,
lo más radical del mundo es aplaudir.
Sabiendo cómo están las cosas,
lo radical es comer sano, seguro y equilibrado.
Sabiendo cómo están las cosas,
lo radical es pasar una semana perfecta de vacaciones
con tu pareja en un país en vías de desarrollo.
Lo más radical del mundo es lo que hizo Hillary Clinton
cuando se enteró de que su marido Bill Clinton
se estafa follando a su becaria.
Lo radical es, en vez de enviar a la mierda al presidente
de los Estados Unidos, lo radical, digo, es salir en su
defensa por todas las televisiones del mundo,
sonreír y jurar por Dios que, ante todo, quiere salvar su
amor matrimonial.
Radical es hablar de una España donde caben todas las
Españas.
Y ahora no voy a introducir ningún tema, así a lo cómico,
que de risa, para destensar el texto.
Radical es estar casado con una mujer de 40 años,
cuando en realidad al año y medio de casamiento
ya tenías dudas como montañas.
Esto es radical de la hostia.
Te digo una cosa,
es normal sentir miedo,
es normal tener miedo.
En el momento en que existe una persona que vende su
vida a 5,50 la hora,
existirán los locos.
Que sepas que esa persona,
esa gente,
se está volviendo loca.
Está completamente destrozada.
Y, por supuesto,
ten miedo
porque pueden hacerte cualquier cosa.
Pablo Gisbert, Mierda Bonita, 2015.
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The Match Factory Girl (1990) Dir. Aki Kaurismaki 
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sguardimora · 7 years ago
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Conversazione con #Pablo Gisbert
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Qual’è il tuo ruolo all’interno del progetto europeo e come state lavorando alla scrittura del manuale?
Io sono uno scrittore e sto lavorando al testo che dovrà essere messo in scena  in Italia, Grecia e Portogallo. E’ una manuale di istruzioni intorno alle idee di “Lavoro” e “Felicità”. Sto collaborando con la compagnia Mala Voadora e siamo all’inizio del progetto, alla fissazione delle idee. Il teatro necessità di parole chiare per arrivare alle persone. L’idea principale è che il Manuale possa viaggiare attraverso i paesi per essere re-interpretato con persone diverse che non vengono dal mondo specifico del teatro. In particolare, le persone che andranno a mettere in scena il testo saranno un gruppo di anziani e un gruppo di giovani. Questi rappresentano due margini: sono i due estremi che  stanno al di fuori del mondo del lavoro, chi perché ne è uscito chi perché deve ancora entrare a farne parte. Perché il lavoro per i giovani di oggi è un’alienazione, una forma di schiavitù, mentre per i miei genitori era la vita? Questo vorrei capire con le interviste che faremo alla gente della comunità di Mondaino. 
“Lavoro” e “Felicità”. Tempo produttivo quindi prodotto - dal dizionario Trreccani -  vs tempo improduttivo, quindi processo nell’ozio - nella filosofia dal mondo greco a oggi. Come legare insieme queste due opposte idee di gestione del tempo e dello spazio?
L’ultimo giorno del seminario che si è svolto al festival “Pergine Spettacolo Aperto” ho parlato con Cristina Schultz, una delle partecipanti del workshop. Lei è tedesca ed è appassionata di Hannah Arendt. Ha lavorato intorno all’idea di ozio, felicità e lavoro. La Arendt ha scritto che etimologicamente la parola lavoro aveva due radici. Nella lingua latina le due radici indicavano due campi semantici ben distinti: il primo si riferiva al lavoro per la felicità - per esempio educare i bambini, lavorare per la comunità, l’artista; l’altra radice invece che era legata alla stessa radice del termine “tortura” - cioè tutto quello che è legato al denaro. Mi interessa molto questo tipo di conflitto tra un lavoro “sano” e uno “insano”, un lavoro “felice” e uno “infelice”. Io credo che tutta la vita è lavoro e il lavoro è una costruzione della vita e del movimento. Il movimento costante delle persone, le migrazioni, sono “lavoro”. Nel mondo capitalista di oggi tutto deve essere produttivo, utile. Non sembra esserci spazio per la felicità se non sfruttandola dentro questa gabbia capitalista: quando non stiamo lavorando in fabbrica, stiamo nel bar, stiamo comprando in un supermercato, etc. La nostra “felicità” è legata a qualcun altro che lavora per noi. E’ un sistema perverso che stiamo cercando di capire attraverso questo lavoro sul testo teatrale. 
[...] continua 
*nella residenza #A Manual on Work and Happiness
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bumophoto · 4 years ago
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la plaza. c’est la dernière pièce que j’ai vue. il n’y avait aucun dialogue. les personnages sans visages, masqués donc, vivaient leur vies banales, à voir des voisins au marché, à visiter des expositions etc... en sortant de la salle, j’ai appris qu’un confinement de quelques semaines était dès lors en vigueur.
en y repensant, c’est étrange à quel point c’était prophétique
mars 2020
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unpensadoranonimo · 3 years ago
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Rubén Gisbert analiza la situación entre el equipo de Isabel Diaz Ayuso capitaneado por Miguel Ángel Rodríguez y las acusaciones a Teodoro García Egea y el equipo de Pablo Casado de una "maniobra contra Ayuso para las elecciones del PP en Madrid. Desde sol acusan a la directiva del PP de cortar las alas a Ayuso de cara al 2024 y no sin motivo. Ante la posibilidad de un adelanto electoral por el disenso entre PSOE y PODEMOS que puede peligrar los presupuestos y la popularidad de la presidente autonómica y la debilidad de Casado, el equipo de este está tratando de mantener su mando en el PP regional de la capital (31/10/2021)
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corallorosso · 5 years ago
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Ritorneremo come eravamo (forse), ma saremo di meno
di Antonio Padellaro “Nulla sarà più come prima”. Dai giornali Certamente avremo i capelli più lunghi, quanto al resto, chi può dirlo? Forse dopo mille giri intorno al palazzo saremo pronti per la maratona di New York (e chi pedala per la Milano-Sanremo). Forse avremo letto o riletto volentieri alcuni libri. Forse avremo scritto un libro (ma anche un paio). Forse ci saremo scoperti poeti. Forse chi ci crede andrà a confessarsi contando sulla quarantena dei peccati. Forse i divorzi aumenteranno. O forse molti ex mariti resteranno a casa con le ex mogli (che forse non gradiranno data la pesantezza dei maschi ciondolanti da un divano all’altro). ...Forse, dopo, apprezzeremo di più la carta stampata, compagna nei tempi bui e insostituibile come antidoto alle fake news (ma se leggerò ancora espressioni come “furbetti”, “eroi”, “siamo in guerra”, “l’amore al tempo del coronavirus” metterò mano al revolver). Forse dopo tanto telelavoro alcuni non troveranno più il lavoro. Forse non ci stringeremo più la mano: meglio il saluto degli antichi romani (o anche il saluto fascista, tanto dopo il Covid-19 forse i fascisti ci sembreranno solo un fastidioso foruncolo). Forse Burioni verrà candidato al Quirinale alla testa di un partito dei virologi (destinato a scindersi davanti a una provetta). Forse quando ne saremo usciti rivaluteremo la politica, di ogni simbolo e colore, sulle cui spalle è ricaduto il peso di un disastro incalcolabile. Probabilmente un minuto dopo ripiomberemo in una nuova campagna elettorale (con la Bestia di Salvini e tutto il circo urlante). Sicuramente continuerà la tv degli insulti e della paura visto che non si è mai fermata. Forse rimpiangeremo la noia delle giornate trascorse ad annoiarci. “Camminare e nulla più. Guardare e nulla più. Essere e nulla più (…) Per questo, per favore, esigo tempo per annoiarmi. Non m’intrattenete, non voglio vedere nulla, non voglio andare da nessuna parte” (Pablo Gisbert). O forse ci ritufferemo avidamente negli ingorghi di traffico, e l’empatia così declamata lontano dagli altri ci ritroverà, ritornati con gli altri, ingrugniti e insofferenti. “Già s’intravede la pace. È come un grande buio che cala. È l’inizio dell’oblio” (Marguerite Duras citata da Paolo Giordano). Questione di tempo e forse torneremo, più o meno, come eravamo prima. Sicuramente saremo di meno.
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celtiberiaokase · 4 years ago
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Iglesia de San Pedro
Fue construida a lo largo del siglo XIV. El interior del templo fue decorado entre 1896 y 1902 en estilo modernista neomudéjar por Pablo Monguió Segura y el artista plástico Salvador Gisbert, que erigieron, además, un nuevo claustro.
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modomate · 5 years ago
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G R A T I T U D . 💜
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El viernes 1ro de mayo, feriado por el día de les trabajadores y trabajadoras, casi de noche y en cuarentena por esta pandemia que afecta al mundo entero, pude terminar y entregar mi tesis. Lloré... lloré mucho y fuerte. Como si hubiera dado a luz mi mayor creación! Una hija de 2 años fruto de todo mi amor, mi vocación y mi lucha.
Prontito la voy a compartir por acá, como también muchos fragmentos, entrevistas y reflexiones que aún no pude publicar. Ahora voy a tener el tiempo...
Mientras tanto quería aprovechar este post para AGRADECER... porque eso sentí justo en el momento que enviaba a la Maestría mi tesis terminada. Una enorme emoción que me hizo llorar de alegría y de alivio. Unas ganas irrefrenables de decirle a cada persona que fue parte de mi proceso, GRACIAS!! Gracias infinitas!!!! Y por eso, acá les dedico unas palabras... (y de paso les adelanto una de las primeras páginas de mi "hijita querida"! 🥰)
AGRADECIMIENTOS
Conectar con la gratitud me lleva indefectiblemente al recuerdo de todo lo vivido durante el tiempo de esta investigación, de todas las personas que de alguna u otra manera, directa o indirectamente, me ayudaron en este proceso, y eso implica para mí no sólo un “repaso mental” para no olvidar a nadie, sino sobre todo apelar a la memoria emocional; cerrar los ojos y zambullirme otra vez en todos y cada uno de los momentos compartidos y las experiencias en las que esas personas me allanaron el camino, me alivianaron la carga del equipaje, o desinteresadamente me acompañaron en parte del recorrido… Y eso se guarda en la memoria, pero fundamentalmente en el corazón.
En primer lugar, quiero agradecer a Esteban, mi director de tesis, mi “gran brújula” y también mi compañero de estudio, quien supo escuchar mis inquietudes y darles lugar,  aceptar y respetar mis decisiones, siempre que fueran fundadas, y aun cuando implicaran escribir con “e” y estuvieran coloreadas de verde.
A Marcos García, por apadrinar mi estancia de estudio en Medialab-Prado aun sin conocerme, y ser el autor intelectual de mi experimento de “tesis abierta”. Al equipo del Vivero de Iniciativas Ciudadanas por enseñarme el ecosistema de innovación, y dispararme mil preguntas; también por la barbacoa en la terraza y los tintos de verano. 
A Paola Ricaurte, una de las pocas mujeres con roles visibles y de liderazgo en la Comunidad Iberoamericana de Innovación Ciudadana, pero con una fuerza y una potencia capaz de levantar la bandera del feminismo decolonial interseccional bien alto y hacerla flamear con fuerza desde Hardvard hasta la China. Gracias por ser “el faro” para todas las que habitamos estas comunidades, y nuestra gran “ciudadora de los cuidados”.
A todas las personas que entrevisté, quienes me regalaron su conocimiento y su tiempo con total generosidad. A Pablo Pascale, a Lorena Ruiz Marcos, a Antonio Lafuente, a Mariano Fressoli, a Mauro Gil-Fournier, a Dardo Ceballos, a Seba Gorosito, a Emiliano Moretti, a la comunidad de La Colaboradora SFE, y a Santalab, por compartir sus realidades y hacerme parte de ellas. A Esaú Acosta, por dedicarme sus comentarios minuciosos a medida que iba escribiendo mi tesis, y reflexionar conmigo.
A Julio Gisbert y Albert Cañigueral, por ayudarme en mi primer viaje exploratorio a España, aun cuando no sabía bien lo que iba a estudiar. A Juan Freire y Raúl Oliván por compartir sus trabajos e investigaciones en Internet y darme acceso a muchísimo material a fuerza de un “clic”.
A Cecilia Güemes, la Red de Politólogas y a GIGAPP, por recibirme en Madrid, acompañarme y enriquecer inmensamente mi tesis. A Silvia y a Rafeek, por ayudarme con la presentación para el Congreso, hacerme sentir en casa y en familia. Y a Caro Urtea, por su escucha, por sus palabras, y por darme el empujón que necesitaba para seguir luchando por mis sueños.
Y si de bancar se trata, de apoyar, de respetar mi momento, de escucharme todo el día con el “mono-tema”, quiero agradecer profundamente a mis amigas. En especial a Bren por hacerme volver a mí cuando me sentía perdida, a Angie por potenciar lo que soy y lo que puedo ser, y a Flor por caminar junto a mí siempre. Gracias por tantas charlas, tantos abrazos.
A mis compañeres-amigues del trabajo, a Noe y a Omar por entenderme, por agilizar mi travesía por los vericuetos de la burocracia estatal, por ayudarme a pensar y cubrirme más de una vez. A Vane y a Lucre por dar lugar a mi descarga y por el aliento.
A Viviana, por darme la contención emocional que necesité para transitar este proceso, que no fue sólo académico. Por ayudarme a enfrentar mis miedos y mis fantasmas, y conectar con el amor y la alegría. A Sebas, por alivianar el peso en mi espalda y recordarme no desatender el cuidado de mi cuerpo.
Por último, quiero agradecer con el alma a quienes fueron y son mis pilares, mi sostén incondicional siempre, a mis padres. A Uds. les agradezco ni más ni menos que la vida, el amor y las posibilidades. También a mi hermano, sus palabras y sus abrazos ariscos pero vitales. A Flori, las charlas entre “entendidas” y la compañía en mis momentos de relax. Y ahora también a Gino, que viene a agrandar la familia, a hacerme tía por primera vez y convertirse en mi nuevo “mono-tema”. ¡¡Son mi todo!! ¡¡Gracias!!
Y gracias a toda la Comunidad Iberoamericana de Innovación Ciudadana, abierta y colaborativa, por orientarme en la búsqueda, por conectarme con mi deseo y con mi vocación, y por mostrarme no sólo una forma de innovar, sino de aprender a vivir juntes.
💫 ¡¡ G R A C I A S !! 💫
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persinsala · 4 years ago
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Sempre in fieri / Santarcangelo dei Teatri
Sempre in fieri / Santarcangelo dei Teatri
Una proposta meticcia nei linguaggi, un calendario fitto di eventi tra narrazioni, performance site-specific, dialoghi e installazioni: il festival di Santarcangelo è davvero ripartito? (more…)
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distrito4cvpba · 3 years ago
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laboratoriojohnmartin
Capacitación sobre Medicina Felina, taller sobre "Medicina preventiva del gato" dictado por el Dr. Pablo Borrás @pablojborras y la Dra. Amelia Gisbert @vet_amelie
➡️ Virtual el sábado 21 de mayo a las 20 hs.
➡️Para informes e inscripción, comunicarse por e-mail a: [email protected].
Cupos limitados.
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megahiperultraficcion · 3 years ago
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Quarta declinació del projecte de recerca escènica “ULTRAFICCIÓN” d’El Conde de Torrefiel, projecte artístic que encapçalen des de 2010 Tanya Beyeler i Pablo Gisbert. Es tracta d’una performance realitzada dins el marc del la 10a edició del Festival Sâlmon el dimecres 9 de febrer de 2022 al Centre d’Arts Santa Mònica a les 19h de la tarda, amb la participació d’estudiants de l’assignatura d’Introducció a l’Esce- nografia de l’Escola Tècnica Superior d’Arquitectura de Barcelona, coordinada per Yaiza Ares, Guillem Aloy, Guillermo López i Antoni Ramon.
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minarquia · 5 years ago
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Revista misesiana de prensa: 24-VIII-2019 (último mes), por Mises Hispano.
Alberto Medina Mendez escribe sobre Ron Paul en Visión Liberal.
Natalia Motyl escribe sobre Escuela Astriaca, también en Visión Liberal.
También en Visión Liberal, Carlos Rodríguez Braun cita a Bastiat.
Warren Orbaugh también menciona a la Escuela Austriaca en República.
Alberto Benegas Lynch (h) cita a Hayek en Infobae. También en El Diario Exterior. Ahí también cita a Rougier.
Ignacio de la Vega menciona a Mises y Hayek en Expansión.
Ana Caprav menciona a Rothbard en Visión Liberal.
También en Visión Liberal, Enrique Esteban Arduino menciona a Mises, Nozick y Hayek.
Juan Velarde Fuertes cita a Hayek en El Economista. También aquí. Y aquí menciona a la Escuela Austriaca.
Editorial de El País con menciones a Mises y Hayek.
 Hayek y Mises «neoliberales»: Mario Roberto Morales, en El Periódico.
Mises «neoliberal»: Leonardo Boff en Diario de Colmenar Viejo.
Guillermo Rodríguez González cita a Mises en Panampost. También aquí. Y aquí.
Libre Mercado entrevista a John Tomasi, con varias referencias a Hayek.
Víctor Pavón menciona a Hayek en Visión Liberal.
Guillermo Fárber menciona a Mises y Bastiat en El Horizonte.
Vicente Esqueda Méndez cita a Rothbard en Milenio.
Juan Carlos de Pablo menciona a Mises y Hayek en La Nación.
José Azel cita a Mises en Panampost.
Hayek «neoliberal»: Ramón Rocha, en Opinión.
Juan Ramón Rallo cita a Hayek en El Confidencial.
Clemente Fernández menciona a Bastiat en La Opinión.
Germán Fermo menciona a Hayek en El Cronista.
Jaime Rodríguez Arana menciona a Hayek y Mises en La Región.
Liberal Enfurruñada cita a Mises en OK Diario.
Editorial de OK Diario con mención a Mises.
Jorge Ramírez Aljure mecniona a Hayek en Las 2 Orillas.
Hayek «neoliberal»: Carlos Andújar en Página 12.
Jorge Giraldo Ramírez cita a Hayek en El Colombiano.
Alan Riedmaier menciona a Mises en El Liberal.
Juan Antonio Gisbert menciona a Hayek en La Opinión de Málaga.
Ernesto Morales menciona a Mises en CiberCuba.
Pedro Ruiz menciona a Mises en Merca2.
Luis Carlos Reyes menciona a Hayek en El Espectador.
Emilio Martínez Cardona menciona a Hayek en Panampost.
Federico Jiménez Losantos menciona a Mises y Hayek en Libertad Digital.
Valeria López Vela menciona a Nozick en La Razón.
Gonzalo Martner menciona a Hayek en Cooperativa.
Daniel Olivera entrevista en Visión Liberal a Alberto Benegas Lynch (h), que menciona a Hayek.
Armando Regil Velasco menciona a Hayek en El Economista.
Javier Milei cita a Rothbard en El Cronista.
Rómulo López Sabando cita a Rothbard en Expreso.
José Luis Flaja cita a Bastiat en El Liberal.
Mises «neoliberal»: Juan Jované, en Panamá América.
Hayek «neoliberal»: Carlos Marquesán, en El Periódico de Aragón.
Hayek «neoliberal»: Enrique Ortega Salinas, en Caras y Caretas.
Harold Vásquez cita a Hayek en Diario Libre.
Nelson Duque Quintero menciona a Menger en La Crónica del Quindío.
Leo Zuckermann menciona a Hayek en Debate.
Steven M. Castillo León cita a Hayek en Visión Liberal.
Winston Estramadoiro menciona a Hayek en Los Tiempos.
Jorge Sánchez Tello menciona a Hayek en Expansión.
Mauricio Ríos García cita a Rothbard en Eju!
José Antonio Fernández Palacios cita a Hayek en Ideal.
Gustavo Perilli cita a Rothbard en El Cronista.
Pedro Carlos González Cuevas menciona a Hayek en OK Diario. También aquí.
Ekaitz Cancela menciona a Hayek en El Confidencial.
Hayek «neoliberal»:  José Luis Carretero, en El Salto.
La República recomienda libros de Mises y Hayek.
Ernesto Morales menciona a Mises en CiberCuba.
Mar Morales menciona a la Escuela Austriaca en SDP.
Federico Caparrós Bosch cita a Hayek en ElEntreRíos.
Noticia de MDZ con cita de Hayek.
Mauricio Vázquez menciona a Hayek en Ámbito.
Vladimir L. Cares cita a Hayek en Página 12.
Visión Liberal entrevista a Edmund Fawcett, que menciona a Hayek.
Daniel Parodi Revoredo menciona a Hayek en La Mula.
Ana Ponce Ho cita a Mises en CiberCuba.
Carlos Alberto Montaner también cita a Mises en CiberCuba.
Ricardo Lago cita a Leonard Read en Perú 21.
Fernando Laborda menciona a Jacques Rueff en La Nación.
Elena Valero Narváez también menciona a Rueff en Diario Exterior.
de How to lose weight? https://ift.tt/2TZOeY0 https://ift.tt/eA8V8J
de nuestro WordPress https://ift.tt/30vPB3f Difundimos las ideas liberales, libertarias, minarquistas y anarcocapitalistas. https://ift.tt/eA8V8J August 24, 2019 at 01:25PM
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sguardimora · 7 years ago
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Nella residenza #A Manual on Work and Happiness
Ieri mattina alcuni abitanti di Mondaino hanno incontrato la compagnia Mala Voadora e lo scrittore Pablo Gisbert. Nell’intesa chiacchierata di due ore circa le due ragazze si sono confrontate con i rappresentanti anziani della comunità al suon delle domande che gli artisti avevano loro preparato. 
Fra le tante alcune per gli anziani ai giovani:
[...] Fino a che punto conosci il tuo albero genealogico? Cosa significa per te lavorare? Chiedere ‘elemosina è un lavoro? Quali istruzioni o suggerimenti daresti a noi che stiamo per iniziare la nostra vita lavorativa? [...]
E per i giovani agli anziani:
[...] Vuoi avere figli? Perché? Uccidere gli animali è un lavoro? Sai che oltre la metà dei lavori del XX secolo non esiste più?  Che cosa significa essere un eroe? [...]
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novalistream · 5 years ago
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Ritorneremo come eravamo (forse), ma saremo di meno
di Antonio Padellaro “Nulla sarà più come prima”. Dai giornali Certamente avremo i capelli più lunghi, quanto al resto, chi può dirlo? Forse dopo mille giri intorno al palazzo saremo pronti per la maratona di New York (e chi pedala per la Milano-Sanremo). Forse avremo letto o riletto volentieri alcuni libri. Forse avremo scritto un libro (ma anche un paio). Forse ci saremo scoperti poeti. Forse chi ci crede andrà a confessarsi contando sulla quarantena dei peccati. Forse i divorzi aumenteranno. O forse molti ex mariti resteranno a casa con le ex mogli (che forse non gradiranno data la pesantezza dei maschi ciondolanti da un divano all’altro). …Forse, dopo, apprezzeremo di più la carta stampata, compagna nei tempi bui e insostituibile come antidoto alle fake news (ma se leggerò ancora espressioni come “furbetti”, “eroi”, “siamo in guerra”, “l’amore al tempo del coronavirus” metterò mano al revolver). Forse dopo tanto telelavoro alcuni non troveranno più il lavoro. Forse non ci stringeremo più la mano: meglio il saluto degli antichi romani (o anche il saluto fascista, tanto dopo il Covid-19 forse i fascisti ci sembreranno solo un fastidioso foruncolo). Forse Burioni verrà candidato al Quirinale alla testa di un partito dei virologi (destinato a scindersi davanti a una provetta). Forse quando ne saremo usciti rivaluteremo la politica, di ogni simbolo e colore, sulle cui spalle è ricaduto il peso di un disastro incalcolabile. Probabilmente un minuto dopo ripiomberemo in una nuova campagna elettorale (con la Bestia di Salvini e tutto il circo urlante). Sicuramente continuerà la tv degli insulti e della paura visto che non si è mai fermata. Forse rimpiangeremo la noia delle giornate trascorse ad annoiarci. “Camminare e nulla più. Guardare e nulla più. Essere e nulla più (…) Per questo, per favore, esigo tempo per annoiarmi. Non m’intrattenete, non voglio vedere nulla, non voglio andare da nessuna parte” (Pablo Gisbert). O forse ci ritufferemo avidamente negli ingorghi di traffico, e l’empatia così declamata lontano dagli altri ci ritroverà, ritornati con gli altri, ingrugniti e insofferenti. “Già s’intravede la pace. È come un grande buio che cala. È l’inizio dell’oblio” (Marguerite Duras citata da Paolo Giordano). Questione di tempo e forse torneremo, più o meno, come eravamo prima. Sicuramente saremo di meno.
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unpensadoranonimo · 4 years ago
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Opiniones sobre política española (10/4/2021)
Con ilusión o desencanto, pero votemos - Jesús Montero
Donde hay pasión hay pecado - Francesc de Carreras
Edmundo Bal, el enterrador de cementerios - Juan Soto Ivars
El Estado desparramado - Gregorio Morán
El periodismo 'tuitero' revela su demencia en la campaña madrileña - Rubén Arranz
El plan de Pablo Iglesias: irse y dejarlo todo "atado y bien atado" - Alberto Pérez Giménez
Iglesias y el sentimentalismo tóxico - Cristina Casabón
La democracia o nada - José Antonio Martín Pallín
La ira va por barrios: "Disputas de corral" - Antonio Casado
La minifalda de Abascal - Miquel Giménez
La voladura del centro - Carmelo Encinas 
Las trifulcas políticas ya no impactan - José Apezarena
Lo que el 'feminismo liberal' esconde - Pilar Laura Mateo
Marlaska - Fernando Baeta
Nos van a gritar por encima de nuestras posibilidades - Javier Fumero
PSOE y Podemos abren una guerra de competencias ante el inminente recorte de ministerios - Jorge Sáinz
Regresa el vencedor del virus (otra vez) - Graciano Palomo
Sánchez e Iglesias ponen el Gobierno al servicio de la campaña para derribar a Ayuso - Jorge Sáinz
Sánchez se disfraza de cayetano - José Alejandro Vara
Santiago Abascal y el proceder del icneumónido - Luis Algorri
Sin vacunas y a pedradas - Graciano Palomo
Pongamos que no hablo de Madrid - Susana Gisbert
Trabajar es cosa de cretinos… y camareros - Karina Sainz Borgo
Vox, a la conquista del sur de Madrid: ¿provocación o necesidad electoral? - Javier Pardo
Vox en Vallecas - Luis Arroyo
Vox, una reflexión (incómoda) sobre Vallecas y la polarización - Estefania Molina
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urielpalma · 5 years ago
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ISAAC TORRES / PROYECTOS POPLÍTEOS "El cerdo" - 21/05/15 from Antic Teatre BCN on Vimeo.
ISAAC TORRES / PROYECTOS POPLÍTEOS "El cerdo" - noves dramatúrgies El 21 i 22 de Maig a l'Antic Teatre - anticteatre.com -
Idea, text i en escena: Isaac Torres Producció: Proyectos Poplíteos Coproducció: La Exhibición cultura Sexplícita Col·labora: Teatro de los Manantiales
proyectospopliteos.wix.com/proyectospopliteos →
Aconseguir l'anarquisme a través del sexe és una cosa que l'ésser humà intenta des de fa mil·lennis. L'aparició de les Institucions Religioses i el Poder va fer desaparèixer el gaudi, la carn, el pensament, la llibertat. En els moments actuals, en els que esta més que comprovat que cap estructura ni aposta política funciona, només ens queda tornar a l'anarquisme utilitzant el cos, el sexe, y aconseguir el plaer a través de l'esgotament més plaent. La Exhibición Cultura Sexplícita és un certamen d'arts pornogràfiques on s'intenta treure la pornografía del simple fet de plaer propi i utilitzar-la com a una eina més de discurs polític i artístic.
Isaac Torres Ex-professor d'Educació Física, actor físic, performer i investigador artístic, ha treballat amb personlaitats del món de l'escena com Angélica Liddell, Ximo Flores, Fernando Renjifo, Pablo Gisbert o Chema Cardeña, entre d'altres. La seva passió per l'escena l'ha portat a formar-se amb artistes com Los Torreznos, Annie Sprinkle, Jorge Picó, Minako Seki, Felix Ruckert...Ha treballat com a tècnic en diferents espais com el Teatro de los Manantiales i Teatro Pradillo. La investigació de nous llenguatges artístics i escènics posen el risc en tots els seus projectes, essent la sexualitat, el gènere i la política els àmbits que més l'inquieten.
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victoriaautheatre-blog · 6 years ago
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Spectacle 2 - La Plaza, El Conde de Torrefiel, Centre Pompidou
C’est dans le cadre du festival d’Automne que j’ai vu La Plaza, du collectif espagnol El conde de Torrefiel au centre Pompidou le 12 octobre. La mise en scène est de Tanya Beyeler et Pablo Gisbert (qui est aussi l’auteur). C’est un spectacle créé en mai 2018 à Bruxelles au Kaaitheater dans le cadre d’un autre festival : le Kunstenfestivaldesarts.
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El Conde de Torrefiel, La Plaza, 2018, Pablo Gisbert, Centre Pompidou, Paris © Luisa Guitierrez
Avant le spectacle
Je vais assister au spectacle sans aucun a priori. Je ne connais rien au théâtre espagnol (mes connaissances s’arrêtent à Calderon) et si je me réfère au dernier spectacle vu dans le cadre du cours  Ithaque, Notre Odyssée (1), je sais que c’est une mauvaise idée de trop m’avancer : en effet je pensais que Ithaque aurait une mise en scène et scénographie assez sobre voir vide. Je n’ai d’ailleurs pas lu la notice en ligne sur le site du centre Pompidou en réservant ma place. 
Et ensuite ...
La pièce s’ouvre sur une image d’une place, un parterre de fleurs et de bougies. Quelque chose d’assez beau et poétique, très contemplatif. Puis le spectateur est face à un texte projeté qui lui explique qui il est, ce qu’il pense, qu’elle et la situation ici, la pièce se transforme à ce moment en performance.
J’ai souvent beaucoup de mal avec comment le terme performance est employé par mes camarades à Paris 3. Loin de moi l’idée d’être prétentieuse et lourde à force de le répéter, mas étant également étudiante en 3eme année d’Histoire de l’Art, j’ai pu bénéficier de plusieurs cours sur l’art du 20eme siècle. Lorsque j’entends des camarades utiliser le terme de performance pour toute forme non traditionnelle ou conventionnelle au théâtre je grince des dents quelque peu : une performance est comme le dirait Cunningham un “event”, quelque chose qu a juste lieu, qui, même si elle est mise en scène, laisse une part libre à l’improvisation, et laisse le spectateur bien plus libre d’interaction avec l’objet performatif en face de lui : l’environnement qui entoure la performance influence directement celle ci. Une performance n’est pas programmé comme une pièce de théâtre et ne possède pas, entre autres,ce rapport presque sacré entre salle et public. Il était important pour moi de rétablir ce qu’était à mon sens une performance pour le reste de mon analyse.
Si je parle de performance ci, je parle bien de performance pour la première partie du spectacle. Soyons clair, je ne pense pas que le parterre de fleurs soit une performance puisqu’elle est inclus dans une pièce, cependant, la scène qui nous est décrite : c’est à dire que ce parterre de fleurs exposé dans 365 pays pendant 365 jours dans 365 pays différents en continue : cela est performatif. La pièce veut nous faire croire que l’on assiste à cette performance régulièrement, j’ai donc accepté cette information et l’ai cru. A ce moment là je suis devenue actrice du spectacle moi même, ainsi que le reste de la salle : nous avons décider de jouer le rôle de cette personne qui assiste à ce dispositif régulièrement. Ici nous signons un pacte avec la pièce : nous allons faire partie intégrante du spectacle qui parlera de nous (comme entité individuelle ou collective). Cette première partie était très calme et a permis une certaine évasion du spectateur que nous sommes : il était très assumé de dire qu’on ne suivait pas tout ce qui était écrit à l’écran, on avait le droit de penser à autre chose, de laisser notre esprit divaguer sans pour autant se sentir coupable de ne pas suivre ce qui était en train de se passer. Le spectateur entre dans une temporalité interne. 
La deuxième partie se résume à un enchaînement de divers tableaux, avec un texte projeté et aucune parole prononcée. J’ai eu la sensation d’être dans un musée, c’était un spectacle très imagé. Cette partie du spectacle semblait créer un étirement du temps puisqu’elle présentait différentes temporalités une première qui est celle du “Tu” qui rentre chez lui sur le texte projeté; et celles des différentes scènes qui sont indépendantes et qui s’étirent dans le temps). J’ai eu l’impression de me perdre dans une autre dimension temporelle, j’ai perdu la notion du temps (impression renforcée par la lenteur des mouvements des personnages). J’ai trouvé qu’il y avait une certaine poésie dans ce spectacle, cela serait-il un élément récurrent dans les théâtres étudiés dans ce cours ? 
Je voulais aussi discuter de la dimension politique (ou non politique ?) de la pièce. Le collectif semble toucher à divers sujet d’actualité assez sensibles : le viol, l’intégration des musulmans etc. Pourtant le spectacle ne s’attarde pas sur ces questions, ces thématiques ne sont qu’anecdotiques ; j’ai l’impression que l’on essaye de critiquer le spectateur qui se voit comme élevé intellectuellement, cultivé, supérieur etc. mais qui ne fait rien une fois confronté à ces thématiques. Toujours dans cette idée du pseudo bon-penseur cultivé qui va au théâtre, la pièce prend un malin plaisir à nous rappeler que nous pensons tous la même chose au final, qu’on est tous très semblable. Cette perte de l‘individualité se traduit dans dans cette disparition physique de l’individu dans la pièce avec les visages invisibles.
Pour conclure.
Je pense que nous pouvons dire que cette pièce nous offre une nouvelle vision des théâtres étudiés en cours : un théâtre plus sobre, la poésie est tout autant présente, je pense que nous nous dirigeons peut-être vers des théâtres assez politiques (ou du moins traitant d’actualité) et presque symboliste. 
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El Conde de Torrefiel, La Plaza, 2018, Pablo Gisbert, Centre Pompidou, Paris © Luisa Guitierrez
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