#omaggio a Bowie
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pier-carlo-universe · 2 months ago
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Alessandra Celletti reinterpreta David Bowie: il ritorno di "Letter to Hermione"
Una versione intima e minimalista per celebrare il 55° anniversario di una gemma musicale, anticipando il nuovo album "Stop femicides"
Una versione intima e minimalista per celebrare il 55° anniversario di una gemma musicale, anticipando il nuovo album “Stop femicides”. Alessandra Celletti, pianista e artista romana, ci trasporta in un viaggio evocativo attraverso la sua reinterpretazione di “Letter to Hermione” di David Bowie. A cinquantacinque anni dalla sua pubblicazione, Celletti rende omaggio a uno dei suoi artisti…
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diceriadelluntore · 7 months ago
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Storia Di Musica #326 - Tame Impala, Lonerism, 2012
L’edificio in copertina del disco di oggi (che ricordo è il fil rouge dei dischi di Maggio per questa rubrica) è un particolare di uno degli edifici dei Giardini di Lussemburgo di Parigi. È mostrato sovraesposto alla luce, un po' sfocato in una giornata soleggiata estiva, come potevano farlo le decine di migliaia di turisti in quel luogo quel giorno, ed è opera di Leif Podhajsky, grafico e artista visuale australiano, che decise di editarla proprio come se fosse una foto fatta quasi per caso, mancando il fuoco del soggetto. Con questa copertina, l’artista di oggi voleva esprimere la sottigliezza e spesso l’indifferenza dell’isolarsi contemporaneo, come simboleggia il cancello più a fuoco dell’edificio e del giardino di sfondo. Kevin Parker è stato sin da subito un tipo dalla fervente immaginazione e creatività. Australiano di Perth, sin da giovanissimo inizia a suonare in gruppi rock amatoriali, fin quando non ha un piccolo successo con i Dee Dee Dums, un rock duo dove lui canta e suona la chitarra e Luke Epstein la batteria. È quasi per scherzo che registra in maniera casalinga delle canzoni che pubblica su una pagina di MySpace (ode al leggendario social network), dando a questa idea il nome Tame Impala, in omaggio alla grande antilope africana. Sorprendentemente ottengono un successo per passaparola sulla piattaforma, tanto che una piccola casa editrice australiana, la Modular Recordings, lo scrittura. Parker è “costretto” a ingaggiare altri due musicisti per suonare dal vivo i brani, Dominic Simper (basso) e Jay Watson (batteria). Il 2008 è l’anno del loro lancio: firmano un Ep a nome Tame Impala (sebben la copertina con la scritta la scritta di tre stelle lo fa diventare famoso come Antares, Mira And The Sun) una loro canzone, Half Full Glass Of Wine diviene una piccola hit, suonano come supporter band ai The Black Keys e in numerosi festival, dove il loro suono proto-psichedelico ha un grande successo. Che perdura nel 2009: nuova canzone di successo, Sundown Syndrome, che addirittura è inserita nella colonna sonora del film pluricandidato agli Oscar I ragazzi stanno bene, ancora festival, concerti, critica innamorata di questo suono vintage-moderno peculiare. Nel frattempo Epstein se ne va, e Parker da solo scrive testi e musica del primo (tranne una canzone con Jay Watson), attesissimo, disco dei Tame Impala: nel 2010 viene alla luce Innespeaker, apoteosi di questo gusto del nostro per il rock psichedelico degli anni d’oro (metà anni 60) ma con tocchi pop spiazzanti, ma che funzionano a meraviglia. Disco acclamato dalla critica e dal pubblico, Parker è con il nome di una band una delle nuove sensazioni della musica.
È con curiosità che quando esce nel 2012 Lonerism ci si approccia a questo nuovo lavoro: c’è già chi lo aspetta alla prova del secondo disco modesto dopo un grande inizio. Ma quasi tutti vengono smentiti da un lavoro che prosegue in questo binomio creativo quanto meno singolare tra psichedelia e pop music, ma stavolta lo fa abbandonando le chitarre e il rock per spingersi molto di più sull’elettronica, echi di new wave, accentuando la spinta psichedelica con cascate di tastiere e effetti di sampling. Parker non si nasconde e vuole creare una musica che “sia psichedelica ma che abbia la grazia pop di Britney Spears”. Registrato tra Perth e Parigi, spesso in totale solitudine, solo con il fido ingegnere del suono Dave Fridmann al mixing, il disco si apre con il gioco di campionamenti di Be Above It (quasi un mantra pop), che si ripetono in Endors Toi, in una atmosfera solare, quasi da serie Tv californiana. La stupenda Apocalypse Dreams, primo singolo estratto e una delle canzoni più belle dell’intero repertorio Tame Impala, ha echi lennoniani e un finale che in più punti sembra un omaggio a David Bowie e alle sue esplorazioni spazial-musicali di qualche decennio precedente. La parte centrale del disco è invece quella più marcatamente psichedelica. Nel trittico Mind Mischief, Music To Walk Home By e Why Won't They Talk to Me? si sente il lavoro dietro il mixer di Dave Fridmann, già produttore dell'esordio, ma soprattutto collaboratore fisso di quei pazzerelli dei Flaming Lips. Elephant sfoggia un riff sporco e quasi funk e un determinato assolo di tastiere acide, bellissime sono l'onirica ballata Nothing That Has Happened So Far Has Been Anything We Could Control e la quasi marcetta pianistica di marcetta Sun's Coming Up. Discorso a parte merita l’ultimo singolo, Feels Like We Only Go Backwards, che lo stesso Parker ammetterà di aver scritto pensando a Walk In The Park dei Beach House: una sognante ballata power dream pop, che diventerà una delle canzoni dell’anno, usata in film (Divergent del 2011), serie Tv (The Imperfects su Netflix), e spingerà il disco ai posti più alti delle classifiche redatte dalle riviste specializzate come miglior lavoro dell’anno. Anche le vendite sono sbalorditive: solo Feels Like We Only Go Backwards vende un milione di copie tra fisiche e digitali. Nonostante per alcuni sia un divertissement, il secondo lavoro è portentoso per l’accuratezza di certi particolari, per il lavoro di produzione certosino e per la freschezza generale delle musiche, caratterizzate dall'uso spectoresco degli arrangiamenti, dalla stratificazione degli effetti e da una pomposità e magniloquenza che faranno scuola.
Ancora meglio farà Currents nel 2015: scritto, suonato e registrato tutto da solo, molto più dance, virando ancora di più sul pop psichedelico e sul synth-pop, venderà milioni di copie e vincerà il Grammy come Miglior Disco Rock e miglior Disco dell’anno nel 2016, decine di altri premi e scaraventa canzoni come Let It Happen, ‘Cause I'm A Man, Eventually e The Less I Know The Better a miliardi di visualizzazioni sui siti di streaming facendo di un ragazzo di Perth il nuovo Re Mida del pop internazionale.
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lamilanomagazine · 10 months ago
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Livorno, Giornata Mondiale della Consapevolezza sull'Autismo. Evento per combattere le battaglie a difesa dei diritti delle persone autistiche
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Livorno, Giornata Mondiale della Consapevolezza sull'Autismo. Evento per combattere le battaglie a difesa dei diritti delle persone autistiche. In occasione della Giornata Mondiale della Consapevolezza sull'Autismo del 2024 il Coordinamento Toscano Associazioni per l'Autismo organizza un evento di alto profilo e di coinvolgere alcuni tra i più importanti artisti italiani per combattere assieme le battaglie a difesa dei diritti delle persone autistiche. Mercoledì 3 aprile (con inizio alle ore 21.5) al teatro Goldoni di Livorno è in programma il concerto "Heroes – Omaggio a David Bowie" con una super band guidata da Paolo Fresu. Il progetto è sostenuto dal Comune di Livorno, dalla Regione Toscana, dal teatro Goldoni di Livorno ed è organizzato da Officine della Cultura. Paolo Fresu che interpreta David Bowie, già questo è una grande notizia e lo fa per una grande causa, per la Giornata Mondiale della Consapevolezza sull'Autismo. Assieme a Fresu (tromba) ci sarà un cast stellare con Petra Magoni (voce), Filippo Vignato (trombone), Francesco Diodati (chitarra), Francesco Ponticelli (basso), Christian Meyer (batteria). Un concerto con un valore speciale che unisce la grande musica di Bowie ai temi della giustizia sociale e dell'inclusione, tanto cari allo stesso Duca Bianco. Bowie è un autore immortale che si è sempre battuto per la diversità ed è stato vicino a coloro che soffrono e che vengono emarginati dalla società. Coordinamento Toscano Associazioni per l'Autismo Questo evento ha come obiettivo quello di dare voce e palco a chi voce e palco non ha. Grazie alla disponibilità di questi grandi artisti per una notte Livorno sarà teatro di una società accogliente ed inclusiva. Il Coordinamento da tempo si batte per ottenere il rispetto e la dignità delle persone autistiche, ed il loro diritto ad una vita piena, fatta di cura e libertà. Abbiamo scelto di essere nel cuore delle persone di chiamare la comunità a teatro, di chiedere a grandi personalità artistiche di percorrere una parte del viaggio assieme a noi, per questo il concerto del 3 aprile assume un valore speciale ed una dimensione che va oltre la musica. L'Autismo non è una malattia ma uno stato di vita che rende unici i nostri figli, come lo siamo tutti. Unici e spesso emarginati e considerati solo per la loro patologia e non per il contributo straordinario che potrebbero dare alla comunità. Eugenio Giani Presidente della Regione Toscana " L'arte al servizio di una grande causa di umanità e di civiltà: quello che avverrà al teatro Goldoni di Livorno il prossimo 3 aprile è un evento importantissimo che, come Regione Toscana, a sosteniamo convintamente. Sarà un'occasione preziosa per conoscere l'impegno delle famiglie e delle associazioni per l'autismo, per supportarle, ma anche per condividere concretamente con loro il cammino verso una società più accogliente e più inclusiva. La musica, con l'omaggio a David Bowie, affidato a artisti di straordinario valore, sarà il canale giusto per dare forza e emozione a questo messaggio. Sono sicuro che Livorno e l'intera Toscana risponderanno prontamente a questo invito." Andrea Raspanti Assessore alle Politiche Sociali del Comune di Livorno "Se vogliamo costruire comunità sempre più accoglienti e inclusive dobbiamo promuovere la conoscenza. Solo attraverso la conoscenza e la consapevolezza che ne deriva possiamo superare i pregiudizi che purtroppo ancora limitano la partecipazione sociale di tante persone. L'autismo è una neurodiversità e una condizione molto complessa, caratterizzata da una grandissima variabilità. La maggior parte delle persone tende invece a ricondurla a due o tre stereotipi cinematografici. In questi anni, insieme all'associazione Autismo Livorno, abbiamo avviato vari progetti per fare di Livorno sempre più una città Autism Friendly, cioè una città amica delle persone con autismo. Questa iniziativa, in occasione della Giornata mondiale dedicata alla consapevolezza sull'autismo, è un'altra tappa di questo percorso. Siamo contenti che sia stata scelta Livorno." Coordinamento Toscano Associazioni per l'Autismo Autismo Toscana - Autismo Arezzo - Iron Mamme Grosseto - Piccolo Principe Associazione Autismo Siena -Autismo Apuania ONLUS - Agrabah Pistoia - Orizzonte Autismo Prato - Autismo Casa di Ventignano - Autismo in Blu (Valdinievole-Pistoia) - Autismo Pisa - Autismo Livorno - T.A.R.T.A Blu a.p.s Peccioli -Autismo Firenze - AIABA Firenze. per contatti [email protected] 348 8714051... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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acquaconlimone · 1 year ago
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Oggi nel 1977 usciva l'lp "Heroes" di Davis Bowie, secondo disco della cosiddetta trilogia berlinese comprendente Low e Lodger ma unico effettivamente registrato in Germania agli Hansa Studio di Berlino Ovest situati a 500 metri dal famoso muro.
Quando uscì si scrisse :
There is the old wave, there is the new wave and there is David Bowie, oltre alla canzone omonima, al suo interno troviamo anche "V2 Schneider" un omaggio di Bowie a Florian Schneider fondatore dei tedeschi Kraftwerk i quali avevano citato Bowie nel loro "TEE" uscito nell'inizio 1977.
Prodotto dallo stesso Bowie e da Tony Visconti ebbe anche un pesante contributo da Brian Eno e da Robert Fripp alle chitarre inventore del famoso suono detto a "sirena" ascoltabile nella title track.
Si dice che nel 1980 quando John Lennon entrò in studio per registrare il "Double Fantasy" ebba a dire di voler fare un disco bello quanto lo era "Heroes".
We can be heroes just for one day...
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stage-bowie · 2 years ago
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MEDLEY STAGE BOWIE TEASER 2022
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pizzettauniversale · 3 years ago
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MINI RECENSIONE DI LICORICE PIZZA
CONTIENE DEGLI SPOILER, QUINDI ANDATE AVANTI SE NON LO AVETE VISTO.
Prima di tutto cosa è "Licorice Pizza"? No, non è una pizza alla liquirizia, va bene che negli Stati Uniti si mangiano la pizza con l'ananas ma la liquirizia sarebbe stata un po' troppo. Licorice pizza è una catena di dischi a Los Angeles e anche un modo per indicare i 33 giri in vinile, e il vinile viene dal petrolio, anche le testate del letto di Fat Bernie's - il negozio messo su dal protagonista Gary Valentine (Cooper Hoffman)- sono in vinile e infatti la sua trovata imprenditoriale non va a buon fine. Nel 1973 infatti scoppia quella che viene chiamata la "Guerra del Kippur", iniziata con Egitto e Siria che attaccarono Israele, la crisi petrolifera del '73-'74 ha portato i prezzi del petrolio alle stelle e al fallimento di Gary Valentine.
Il titolo è interessante perché se lo prendiamo in senso letterale penseremo a una pizza stramba, un po' come la storia di amore che è raccontata. Gary Valentine ha 15 anni ma va verso i 30 e si comporta come un adulto però con la spensieratezza e la libertà di un ragazzino, Alana Kane (Alana Haim) ha 25 anni e va verso i 15 anni, comportandosi come una ragazzina.
Preso così questo film non è niente se non il racconto di una storia di amore totalizzante, con sentimenti autentici, un amore innocuo e ingenuo come tutti gli amori adolescenziali. La storia di amore dei due, questo filo rosso che attraversa tutto il film, serve a raccontare altre storie, come la crisi petrolifera sopracitata, ma anche il sudicio che si nasconde sotto la superficie patinata e luccicante dell'industria teatrale e cinematografica di Hollywood, i patti a cui bisogna scendere per potervi accedere, per poter conquistare la fama. Una storia di amore che allo stesso tempo racconta la decadenza morale, economica e sociale degli Stati Uniti di quegli anni, siamo agli ultimi anni del Vietnam e del governo Nixon.
I due protagonisti sono due sognatori innocenti e quando la realtà si svela per quello che è loro la (ri)fuggono, letteralmente, è un continuo correre. Questa corsa è anche un modo per raccontare la continua attrazione e repulsione dei due protagonisti, attrazione e repulsione raccontate anche attraverso metafore nel film: il camion in retromarcia, la caduta dalla moto, le scene in macchina. Un film in movimento, fisico e meccanico, il secondo grazie a un mix di carrellate laterali, campi medi, primi piani, piani sequenza, scene con camera a mano. Tutto per raccontare questo amore, strambo come è stramba una pizza alla liquirizia. I due hanno 10 anni di differenza, eppure Alana trova la persona che la ama in un ragazzino, l'unico che le offre sincerità e autenticità - forse perché da ragazzini è questo l'amore che possiamo sperimentare e offrire? Forse- mentre tutti gli altri uomini che incontra come il sindaco Wachs (Benny Safdie) o l'attore Jack Holden (Sean Penn) si avvicinano ad Alana solo per alimentare il loro egocentrismo e interessi personali.
Il tutto è condito da una scelta musicale ben studiata: "Life on Mars?" di Bowie è una scelta ben precisa, il film può essere considerato un'allegoria della canzone di Bowie. È una storia di amore, ma è anche la storia di un'America colta in tutte le sue sfaccettature, che si scontrano con la realtà: il sogno americano fallimentare, omofobia, misoginia, razzismo, maschilismo, l'idillio (falso) del self-made man.
È un omaggio alla Los Angeles degli anni '70 come in "C'era una volta ad Hollywood" e anche una storia personale del regista stesso che viaggia nel viale dei ricordi con questo film, nonché la storia quasi vera di Alana Haim e le sue sorelle (tutte nel cast). È una critica all'America degli anni '70 (e odierna), una storia di amore totalizzante come in "La la land" però con un finale totalmente diverso. Se per La La Land abbiamo consumato i dotti lacrimali, con Licorice Pizza usciamo sorridenti. Gli amori adolescenziali non possono finire male, un amore estivo può avere solo un finale da fiaba.
Un finale ingenuo? Scontato? Sicuramente, ma è anche un invito a darsi una fuga temporanea, mentre tutto, al di fuori del cinema dove abbiamo visto "Licorice Pizza", sta andando a rotoli.
(è molto meno ignorante di quanto avevo previsto stamattina e molto più lunga)
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if-tomorrow-never-comes · 4 years ago
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Carl, come definiresti questo tuo primo disco da solista? - Intimo. Raccoglie versi e strofe in cui racconto apertamente me stesso. Al suo interno c'è la mia vita... - Per cui l'associazione tra l'album e "Threepenny Memoir" è inevitabile... - Certo. Il disco può fungere da tappeto sonoro alla lettura. Nel libro ho semplicemente descritto meglio i dettagli. Per questo motivo sono stati pubblicati contemporaneamente… - Perché, per il libro, la scelta di questo titolo? - È un omaggio a Bertolt Brecht… "The Threepenny Opera" ("L'opera da tre soldi", 1928) mi ha colpito in modo significativo: tant'è vero che anche il carattere dei personaggi si riflette abbastanza bene nei passaggi del mio libro… - Potremmo dunque definire il disco un concept? - Sì, anche se devo confessarti che si tratta di un aspetto a cui non avevo ancora pensato… - L'album si nutre di sonorità differenti rispetto a quanto fuoriesce dalle tue produzioni con i Libertines e con i Dirty Pretty Things… Che vuoi dirmi al riguardo? - Ho voluto evitare a piedi pari chitarre distorte e arrangiamenti pesanti: in sintesi, questo è un nuovo capitolo della mia discografia… - Raccontami il concepimento... - Ho iniziato a scrivere il disco nel momento in cui, nel 2008, intuii che i Dirty Pretty Things non avrebbero avuto un futuro… È stato un lavoro lungo, non tanto per l’aspetto melodico, ma per l’assestamento degli arrangiamenti… - Potresti fare una riflessione sui testi? - Descrivono vicende e relazioni di un’esistenza spesa nel rock’n’roll. Nel bene e nel male. Prima di dare vita ai Libertines con Pete (Doherty, ndr), credevo - molto ingenuamente, direi - che quanto si diceva al riguardo fosse pura retorica. Invece è la realtà. Una realtà contorta, perfida, dalla quale è difficile uscire indenni. E vivi, soprattutto. Devi resistere e non cedere. - Il titolo del primo singolo è "Run With The Boys"... - È la ricerca di un compromesso tra due vite parallele: la prima, più produttiva e seria, tenta di vincere la seconda, più dispersiva e scanzonata… - Quali le influenze musicali confluite all’interno dell'album? - Tom Waits, Syd Barrett e Bonnie Prince Billy… - Francamente, sono riuscito a individuare anche il primo Bowie… - È possibile, certo… La sua musica è sempre stata parte integrante della mia vita… - Chi potresti citare, invece, come tuo punto di riferimento musicale assoluto? - Mi sono avvicinato alla musica con i Velvet Underground e i Beatles, per poi scoprire, qualche tempo dopo, Jackie Wilson... Ricordi "Higher and Higher"? - Nel 2005, per la compilation "Under The Influence" (DMC Records), hai dovuto stilare una raccolta di brani che hanno influenzato la tua vita e la tua musica... Riesci a individuarne uno capace di riassumere tutto quanto? - Malgrado non figuri al suo interno, direi "Liberty Ship" degli La’s… - Perché? - In un certo senso descrive un viaggio. E potrebbe essere il viaggio della mia vita… - Quando militavi nei Libertines hai collaborato spesso con l’ex Suede Bernard Butler… Influenze da parte sua? - Ho amato e amo tuttora il suo lavoro, ma non credo vi siano da qualche parte... - Pubblicare tramite la tua label, la Arcady Records, è stata indubbiamente una scelta importante... - Certo. Attraverso una major avrei ottenuto un riscontro economico più elevato, non c'è dubbio, ma non m’interessava: volevo un disco privo di interferenze esterne, mio sotto ogni aspetto... - La Arcady pubblicherà anche altri musicisti oppure si focalizzerà soltanto sulla tua produzione? - Non mi pongo limiti… Forse un giorno mi metterò in gioco anche con altre band, con altri compositori... Perché no? - Credi che la recente live reunion dei Libertines possa (ri)portarvi anche in studio di registrazione? - Non escludo la realizzazione di un nuovo album entro fine 2011. Anche se non ti posso nascondere che dobbiamo ancora trovare il tempo per metterci a tavolino e discutere…
Info: Carl Barât
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micro961 · 2 years ago
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Aria - “A Christmas Letter”
Il nuovo progetto del producer e compositore Mariano Schiavolini
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Un brano corale, dedicato al Natale, alla pace e alle donne, ispirato alle sonorità della Motown. “Christmas letter” è una canzone di Natale, un’invocazione alla pace, all’armonia e allo stare insieme, ma è anche soprattutto un brano dedicato alle donne e ai loro figli.
«Sono moltissime le donne che per motivi differenti si trovano lontane da casa e sono obbligate a rinunciare alla famiglia in un giorno così importante. Penso in particolare a tutte le donne che vivono condizioni di difficoltà, immerse nei conflitti e nel dolore che generano. Questa canzone è dedicata a loro.» Aria
Il testo, nato dalla penna dall’autrice e scrittrice di Cambridge Nicolette Turner, racconta di una mamma militare che è stata inviata in estremo oriente, presso un territorio di guerra, e scrive al proprio figlio promettendogli che farà tutto il possibile per essere presente a Natale e festeggiare insieme. A Christmas Letter, è una fusione tra musica soul e musica classica, con sonorità e arrangiamenti di ARIA che richiamano lo stile di George Gershwin. Lo sottolineano l’uso del clarinetto solista che accompagna la voce della cantante e gli archi armoniosamente dissonanti, tipici della musica atonale e nella musica sperimentale nei primi del 900.  
Il nuovo brano realizzato dal produttore e compositore polistrumentista è stato registrato in South Africa, nel famoso studio di registrazione Downtonw recording studios di Johannesburg, dove è stato girato anche il video. Una seconda parte della produzione è stata invece svolta al recording studios di Los Angeles da Jack Rouben, produttore di Gloria Gaynor, Aretha Franklin, Céline Dion, Earth, Wind & Fire. Alla registrazione del disco hanno preso parte la cantante afroamericana Sherita-o, The City of Prague Philharmonic con il violino solista della violinista Lucie Svehlova, oltre al coro macedone di voci bianche “Heruvimi” e un coro in lingua Zulù. Gli arrangiamenti orchestrali e l’orchestrazione sono stati realizzati da Aria.
Aria è ambientalista e animalista, attivo sostenitore di diverse associazioni, tra le quali Animals Asia Foundation impegnata a porre fine all'allevamento di orsi nelle “fattorie della bile” allevamenti intensivi di orsi tibetani, detti anche orsi della luna, dove tali animali vengono rinchiusi in gabbie strettissime per estrarne la bile, ingrediente utilizzato nella medicina tradizionale cinese. Nel 2013 Aria ha realizzato il sito www.ilvolodellaquila.it, un progetto multimediale che unisce musica e protezione dell'ambiente, in cui propone spezzoni di video sul regno animale accompagnati dalle sue musiche. Usandola come punto di partenza, Aria ha creato una prospettiva toccante e a volte stimolante sugli animali, e il pubblico assiste ai momenti più belli della natura e ai pericoli creati dall'uomo che la minacciano. Con oltre 1,5 milioni di visualizzazioni, il progetto ha riscosso un enorme successo nell'educare sulle questioni ambientali con il potere della musica. Aria è forse meglio conosciuto come membro fondatore della band prog-rock italiana originale Celeste (soprannominata "i King Crimson italiani") ed ha una lunga e ricca storia in varie culture musicali. È un punto fermo del festival musicale di Sanremo, dove vive, ponendosi quale ponte tra il mondo della musica italiana e quella britannica. Il suo personale percorso musicale abbraccia la creazione della principale etichetta discografica rock italiana Dischi Noi (RCA Distribution), arrivando a collaborare con artisti del calibro di Kit Woolven (David Bowie, Thin Lizzy) e Nick Griffits (Pink Floyd, Roger Waters) e Daniel Boone (The Who, Kraftwerk), fino alla produzione di concerti su Rock at Midnight per Italia1 Tv.
Aria è il nome d'arte di Mariano Schiavolini. Il concept e lo pseudonimo del nome sono nati come omaggio agli elementi della natura che ci ispirano a vivere e creare in armonia con ciò che ci circonda. Una volta che si perde il contatto con la natura non si è più sé stessi. Questa connessione, questo legame, è ciò che spinge Aria a dare vita a produzioni che spesso traggono una profonda ispirazione dal mondo naturale. Gli inizi di Aria sono stati molto più con i piedi per terra. Figura chiave della scena rock progressiva italiana e membro fondatore dei celebri Celeste (alias The King Crimson of Italy), Aria ha affinato la sua arte nei generi più sperimentali, collaborando anche con innumerevoli artisti e produttori del suo tempo: Kit Woolven, Nick Griffiths, Pete Hinton, Guy Bidmead, Daniel Boone, Simon Fraser, Dennis Herman e Will Reid Dick, per citarne alcuni. Negli ultimi anni Aria è tornato all'ovile, inserendosi nell'industria musicale con la musica “contaminata”. Con profondi temi lirici come la difficile situazione dei rifugiati in tempo di guerra, la devastazione dell'ambiente e la tragica scomparsa della fauna selvatica del nostro pianeta, fonde argomenti importanti con un melange di elementi musicali, come il rock progressivo, il soul e orchestre dal vivo. Collaborazioni più recenti sono il risultato di un recente viaggio in Sud Africa, dove Aria ha avuto il piacere di registrare con i membri della band della compianta Miriam Makeba, con Thuthukani Cele (di Lucky Dube fama) e il famoso Soweto Gospel Choir.
Lo scorso 22 aprile è uscito sul mercato internazionale, a supporto dell’evento della Giornata della Terra, il brano The next life, facente parte del doppio singolo contenente Lady in white. The next life è una canzone dedicata all’ambiente e agli animali in estinzione, il cui testo è stato scritto dall’autrice e cantautrice di Los Angeles Britt Warner ed ospita l’interpretazione del giovane rapper e ambientalista americano Ray Reed, di Huston.
 Etichetta: Assieme
 Instagram
www.instagram.com/ariathecomposer/
Sito web
www.ariamusicworld.com
 l’altoparlante – comunicazione musicale
www.laltoparlante.it
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diceriadelluntore · 3 years ago
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Storia Di Musica #204 - U2, Achtung Baby, 1991
La storia di oggi inizia il 25 Settembre del 1976. Quel giorno nella bacheca della Mount Temple School di Dublino, uno dei più progressisti licei della città, un giovane quindicenne affigge un annuncio che dice: Ho speso un po’ di soldi in una batteria e cerco persone interessate che hanno speso soldi in chitarre, etc. Ci vediamo a casa mia questo sabato. Quel ragazzo si chiama Larry Mullen Jr. E all'annuncio rispondono in 6: i fratelli Dick e Dave Evans, proprietari di una chitarra, Adam Clayton, che ha un basso ed un amplificatore, Peter Martin, Ivan McCormick e Paul Hewson. Strimpellando qualche classico, dopo varie settimane il gruppo si limita a 4 membri, ed appena arrivati ad una decente intesa, iniziano le prima esibizioni. Nel frattempo Dave Evans diventa The Edge, Paul Bono Vox e insieme a Larry ed Adam chiamano il gruppo The Feedback, per poi cambiare in The Hype. Qualche giorno prima del San Patrizio del 1977, Steve Averill (che diventerà un grande grafico) che era il leader della band Steve And The Radiators From Space (sic) suggerisce loro un nome corto, che si ricorda facilmente, misterioso: U2. Inizia così una storia leggendaria fatta di un suono unico e riconoscibile come pochi artisti hanno mai avuto nella storia, dischi capolavoro, tour incredibili suonati davanti a milioni di spettatori che hanno cambiato la concezione stessa della musica dal vivo, centinaia di milioni di dischi venduti, caterve di premi (tra cui 22 Grammy Awards, record di tutti i tempi per una band), ed un amore viscerale da parte dei fan che ha preso spesso le forme di un ardore quasi religioso. Il loro disco di oggi nasce però da uno dei più profondi momenti di crisi. Finito nel 1990 il Lovetown Tour seguito al successo incredibile di The Joshua Tree (1987) e Rattle And Hum (1988) la band chiede a quei due giganti della produzione che sono Brian Eno e Daniel Lanois di, parole di Bono, “cercare il suono di quelli che vogliono fare a pezzi il Joshua Tree”. Scelgono come sede Berlino, memori di quello che Eno fece con Robert Fripp per la trilogia berlinese di Bowie, che proprio in quei giorni viveva una straordinaria atmosfera per via della riunificazione (l’album fu generato in sostanza agli Hansa Ton Studios e poi finito nei leggendari studi di Windmill Lane a Dublino, che diventeranno meta di pellegrinaggio per tutti i giovani appassionati di musica che andavano a visitare la capitale irlandese). Bono e The Edge volevano sperimentare suoni dance ed elettronici, staccandosi dal suono americano precedente per sterzare molto di più in una dimensione musicale europea, Larry ed Adam erano più propensi ad un graduale cambiamento. La band era sul punto di sciogliersi quando il riff per una canzone indicò loro la strada. Di quella canzone parleremo dopo. Achtung Baby esce nel novembre 1991: è un capolavoro che riscrive le coordinate della musica rock. La copertina con le foto di Anton Corbijn e ideata dall’Averill di cui sopra è un omaggio a quella mitica di Exile On Main Street dei Rolling Stones (anch’esso album di rottura e registrato in esilio in Francia) tanto che uno dei possibili nomi del disco era Cruise On The Main Street; fu scelto invece Achtung Baby dall’espressione che l’ingegnere del suono Joe O'Herlihy usava ad ogni sessione, in ricordo di una celebre battuta nel film di Mel Brooks The Producers. Ma è la musica che spiazza ed ammalia: il pilastro ritmico basso batteria non è mai stato così fluido e dinamico, la chitarra di The Edge è distorta e lascia graffiate in tutti i brani, le incursioni elettroniche, la visione dei testi di Bono, sarcastici e profondissimi, per una volta tutti legati ad una dimensione personale della vita, la luce appare tra le nuvole dei suoi pensieri come le dorate vene luminose dei vasi kintsugi. The Fly, il primo singolo, fu una sorta di rivoluzione per la band, per l’uso dell’elettronica, un ritmo aggressivo e audace, e lo stesso fecero con Zoo Station (dal nome della stazione della metropolitana che delimitava Berlino Ovest da quella Est), Even Better Than The Real Thing, entrambi singoli e entrambi in classifica in tutto il mondo. Le loro ballate classiche vengono avvolte da una struttura elettronica e “ballabile” e diventano irresistibili, come Mysterious Ways o Who’s Gonna Ride Your Wild Horses. So Cruel, che nelle loro intenzioni doveva essere il centro emozionale del disco, è una magnetica ed ammaliante canzone moderna, Until The End Of The World fu scritta per l’omonimo film di Wim Wenders, grande amico della band, dello stesso anno con un cast stellare ma sfortunato sia per la critica che per il pubblico. Persino il momento più pop di Tryin' To Throw Your Arms Around The World, dedicata ad una serata alcolica al The Flaming Colossus di Los Angeles, è dolce e coinvolgente. La triade finale è meravigliosa: la luminosa e stupenda Ultraviolet (Light My Way) ripresa con successo anche durante il 360° Tour del 2009-2011, la misteriosa e suggestiva Acrobat (per 25 anni mai suonata dal vivo e ripresa per Innocence + Experience Tour) e la dolente Love Is Blindness, uno dei brani più dark di tutto il repertorio (di cui c’è una bellissima cover di Jack White nella colonna sonora de Il Grande Gatsby di Buz Luhrmann con Leonardo Di Caprio). Rimane quella canzone che salvò la band. Quella canzone è forse l’esempio più bello e riuscito di mettere in musica le difficoltà dello stare insieme, a tutti i livelli, e del confronto, necessario ed inevitabile. One è una delle più grandi e famose canzoni di tutti i tempi, votata da un sondaggio di VH1 con la BBC il brano con il testo inglese più bello di sempre, “We’re One, but we’re not the same”, diventando uno dei simboli del rock nel mondo. L’eco delle scelte di questo album si percepisce ancora oggi in decine di band, nemmeno tanto sottotraccia. Il disco venderà decine di milioni di copie nel mondo e il successivo Zoo TV Tour sarà il primo che comprenderà un approccio multimediale all’evento live, con i primi maxischermo, momenti di cabaret, palchi giganteschi per accogliere le decine di migliaia di persone che accorrevano a sentirli. Il loro percorso di ricerca e di curiosità continuerà sempre, con risultati non sempre favolosi come questo. Nel ventennale dall’uscita, nel 2011, la rivista musicale inglese Q chiese ad una serie di artisti famosi di fare una cover dei brani, e fu pubblicato un album digitale, AHK-toong BAY-bi Covered, dove cantano e suonano quelle canzoni nomi del calibro di Depeche Mode, Nine Inch Nails, Patti Smith, Damien Rice, Garbage, Killers. Rimangono quelli che, a sentire Bruce Springsteen, “sono probabilmente l'ultimo gruppo di cui la gente ricorderà il nome di tutti e quattro i componenti, davvero fantastici”. 
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bogyfactory · 4 years ago
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Omaggio al Duca Bianco Il 10 gennaio di cinque anni fa moriva David Bowie. L'8 aveva compiuto 69 anni, lo stesso giorno era uscito "Black Star", il suo testamento artistico. Per i fan quella successione è stata uno shock: pochi sapevano che uno dei geni più rivoluzionari della storia del rock era da qualche tempo un malato senza speranze, ma in quel triste giorno del 2016 tutti capirono che quell'addio era stato preparato come l'ultimo atto di un'avventura artistica che ha cambiato il mondo. E, per certi aspetti, lo shock fu ancora più grande, quando, ascoltando le note di "Black Star", un album di una profondità lacerante, ci si trovò di fronte al capolavoro di un uomo che ha deciso di raccontare la propria fine annullando nel modo più definitivo il confine tra arte e vita. #davidbowie #ducabianco #bogys50s #bogysrecordstore #aladdinsane # #records #vinyl #vinylcollection #vinile #lp #bogysmodernariart #artrock #glamrock #newwave #soulbianco #luomochecaddesullaterra #lifeonmars #spaceoddity #heroes #caserta #mappamondo #blackstar (presso Bogys Modernariart) https://www.instagram.com/p/CJ3uvYcAiPe/?igshid=7mnlqzvfm95z
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queenforeverblog · 4 years ago
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BUON COMPLEANNO DAVID BOWIE! È impresa ardua spiegare tutta l'importanza che questo artista immenso ha avuto (e avrà ancora) sulla musica e sulle arti visive. Per noi fan dei #Queen il suo nome significa Under Pressure, ma anche una delle performance più belle del #FreddieMercuryTribute. E poi ci sono gli inediti, cover e canzoni originali, che David ha registrato con i #Queen a Montreux e che prima o poi speriamo vedano la luce. Oggi ci sarà un grande evento in streaming per rendergli omaggio. Ci sarà anche #AdamLambert. Speriamo anche altre sorprese #queenforeverblog #happybirthdaydavidbowie https://www.instagram.com/p/CJxxrLDMGxS/?igshid=43txjr2waipn
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lbidler · 4 years ago
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GRAZIE @morenodelsignore con @luca.sassi.it e @mei_meeting adoro il nuovo CD “Chamber of Rock”!! Se non lo conoscete è un album “omaggio al rock” in versione acustica riarrangiando in maniera originale grandi classici del rock contemporaneo. Nel disco “Chamber Rock” (in versione CD su Vrec Music Label/Audioglobe) rientrano classici come “High Hopes” (Pink Floyd), “Save a Prayer” (Duran Duran), “Black Hole Sun” (Soundgarden), “Life on Mars” (David Bowie). Completano il disco brani di Depeche Mode, The Doors, Led Zeppelin, Radiohead, Temple of Dog, U2 #chamberrock #rockfautore #vocefuoridalcoro #rock #greatmusic #morenodelsignore #vrecmusiclabel https://www.instagram.com/p/CFR4xlpl0z4/?igshid=cmkhe8yf1dep
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lxqsite · 5 years ago
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http://lxqsite-mag.com/tributo-a-david-bowie/
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redazionecultura · 5 years ago
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moonlightloren · 5 years ago
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Musica sotto le stelle
Morgan and the White Duke
Nuova serata con i piedi nella sabbia di Lignano Sabbiadoro, del bellissimo concerto di Fiorella Mannoia vi ho gia parlato, questa è la volta del folletto della musica leggera italiana Morgan e il suo personalissimo omaggio al Duca Bianco, il compianto David Bowie e le sue canzoni senza tempo.
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Giovedì giornata di ritardi e di stravolgimenti. Prima l’incontro con…
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yesiamdrowning · 8 years ago
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appetite for self-destruction (due pensieri sui Guns ‘n’ Roses).
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Piacciono per come sono stati, ma a me hanno frantumato i cabasisi; a qualcuno entusiasma il fatto che nel corso degli anni non abbiano sprecato un istante a rinnovarsi; altri amano la loro discografia esaustiva, cementificata a una manciata di dischi, confrontandola poi con la dispersività di chi si è messo in gioco o la malinconia di  chi è passato oltre rinunciando a un marchio che fosse un certificato di garanzia; del resto sono pochi i gruppi di rock stradaiolo passati indenni ai cicloni grunge e post-grunge: i Motley Crue hanno fatto qualcosa di buono, Blackie Lawless è riuscito a mantenere un certo appeal per un paio di dischi dopo i fasti dei W.A.S.P., gli Aerosmith, pochi altri, se ne sono fregati perché potevano permetterselo. Molti sono scomparsi o sono stirati nell'oblio. Certo non i Guns'n'Roses. Loro se l'erano già data a gambe quando la barca scricchiolava. Nessuna morte prematura, nessun disco transitorio (a parte quel Chinese Democracy uscito ad acque calme, quando di come suonasse non fregava più di tanto ad anima viva), nessuno sputtanamento. Di più, i Guns sono stati gli unici rockettari a convertire un grunger e non viceversa: il compianto e confuso Scott Weiland. Tutti felici - ma anche no. C'è stato detto che avessero litigato. C'è bastato perché eravamo tutti impegnati a sentire molto altro per stare là a preoccuparci di come avrebbero suonato dopo i due Use Your Illusion. Sticazzi. Per decenni non si è riusciti a concepirli diversi da quello che sono stati, ma forse chi sa, a loro sarebbe anche piaciuto. Immagino che a un Duff McKagan, dopo anni passati a indossare t-shirt di gruppi punk, un inasprimento del suono non avrebbe fatto schifo. Se a Slash avessero detto che per cinquant'anni avrebbe indossato lo stesso cilindro forse avrebbe cercato un altro rimedio per la timidezza (“Non riesco a guardare in faccia la gente. Per questo metto il cilindro fino a nascondere gli occhi”, altro che rock and roll). Né forse la critica ha dato peso alla richiesta d'aiuto che era The Spaghetti Incident?. Perché in quelle cover almeno in parte c'avevano visto lungo, ma si sa che i critici la metà delle volte non ci capiscono niente e l'altra hanno gusti di merda. Del resto che ne potevano sapere, che nelle versioni di Look at Your Game, Girl di Charles Manson e di Buick Makane dei T-Rex c'erano i prodromi di quella che sarebbe stata certa “new-psichedelia” e “weird-folk” vent'anni dopo, che ne potevano sapere che rifare un pezzo doo-wop dei Skyliners, Since I Don't Have You, e piazzarlo come singolo anticipava con coraggio il guizzo retrò di vari Amy Winehouse o Bruno Mars. Altro che immobilismo e ottusità. Ma si parlò di “omaggio ipocrita” di un gruppo che “ormai ha più chance con le cover che con gli originali” e il pubblico, come sempre, gli andò appresso. D'altronde in tanti i G'n'R li danno vincitori solo quando si riempiono di cliché ed è perciò buona parte dei piani alti gli farà pressione da sempre per restare fermi come statuine: come si potrebbero permettere, loro che hanno portato oltre 20 milioni di copie nelle casse della Universal, con un produttore come Mike Clint, che lavora con loro e con Britney Spears, o un regista come Andy Morhan, dietro la cinepresa per Michael Jackson, sempre capaci di travestire la loro reputazione di razzisti, sessisti, vandali, drogati e disperati in qualcosa di appetibile e languido; loro che sanno sempre sbeffeggiare i nemici, colleghi e avversari senza andare per il sottile come d'uopo per il canovaccio del genere; che piacciono a un numero così vasto di persone da incarnare in sé il concept stesso di un certo tipo di rock orfano tanto dei casini del primo Morrison (all'epoca girò pure una leggenda secondo cui Axl fosse Jim) quanto dei deliri dei Sex Pistols; come potrebbero permettersi di voler fare altro, quomodo? Si capisce lontano un miglio che queste colonne del passato discografico mondiale rifiutino l'idea che vadano oltre: sarebbe come darsi una zappata sui piedi, andando contro quell'idea scolpita nella mente milioni di aficionados. Meno si capisce perché mai ci si ostini a non accorgersi, o a fare bene finta, che il tempo passa e pure le idee, i principi, il linguaggio e anche le estetiche cambiano e con quest'andazzo pigro e immutabile non sarebbero andati da nessuna parte nemmeno i Led Zeppelin. E' cambiato pure il rock, passando dal rap all'elettronica all'avanguardia e attualmente attestato sul concetto (seppure vago) di “indipendenza”, e ha ripudiato gli assolutismi, ha tagliato molti cordoni ombelicali, poi persino i capelli, si è riempito di esterni e purtroppo talvolta si è fatto sorprendere a sguazzare nella merda, azione considerata erroneamente patrimonio esclusivo di certo pop briccone troppo spesso in classifica e non abbastanza in sala prove.   Ecco quindi che ai Guns, così come a gran parte del loro pubblico, composto in gran parte da luoghi comuni viventi, non resta che il ruolo dei rimastini. Bravi mestieranti imbolsiti dagli anni e costretti dai tempi di intontimento musicale a (re)inventarsi una versione musicale per questa era, scissa tra retromania e apatia, oramai vistosamente incapace di guardarsi allo specchio e tanto meno dentro. E' la crudeltà di questi tempi che faticano ancora a essere realmente moderni, e riciclano tutto il riciclabile coperti da una critica massimamente tarocca, senza che nulla cambi e pazienza per il precipizio. Lo showbiz ama i Guns e i miei amici anche, pure quelli a cui basterebbe vedere al passato che hanno vissuto ed esperito, che potrebbero sfrondare il reale dal magnetismo mitologico ma al contempo ne subiscono il fascino dell'impalpabilità storica (“Leggende viventi”, si dice di loro). Si dibattono tutti assieme appassionatamente dentro uno stravolgimento della realtà, andando oltre il senso stesso di vintage, dando idea di esser intrappolati nel loro mondo, nelle loro fantasie fatte di ancheggiamenti, groupies con i fuseaux leopardati, vecchi locali e canzoni che (soprattutto dal vivo) non suonano come una volta. Come quelli che si cotonano i capelli per andare a vedere i Cure, con l'aggravante che i Cure almeno continuano a sfornare dischi, riusciti o meno, che danno un senso di continuità a una storia nata altrove che cerca di rimanere (a galla) nella memoria comune come significativa senza mandare a monte tutto con operazioni Amarcord che oggi hanno più del freudiano (il riconoscimento di sé, la fissazione, la rimozione, etc.) che del musicale e men che mai dell'artistico. Quando ero piccolo ho vissuto il boom dei Guns 'n' Roses; quello dal 1987 al 1991. Ero alle medie e mia sorella decise che il volto di Axl potesse essere il giusto contraltare ai brutti ceffi attaccati dal mio lato di cameretta. Ricordo che una delle sue prime cotte fu per un tipo strabico che però sapeva suonare  Patience; diceva avesse lo “strabismo di Venere” e la cosa faceva sorridere pure mia madre. Ricordo scuse per andarli a sentire dal vivo a Torino e la diretta radio da Parigi dove Slash suonò il tema de Il Padrino con la chitarra, ricordo come il Freddie Mercury Tribute si trasformò in un loro concerto dopo quella Knockin On Heaven Door di Dylan che divenne più celebre dell'originale - con buona pace di ospiti come David Bowie e degli stessi Queen. La prima volta che vidi un loro video avevo dodici anni, andai a nuoto con uno strano senso addosso, ero attratto da un suono così rovente e ammiccante, da un cantato miagolante che sembrava ancora più vizioso di quello di Robert Plant; ciondolai fino alla piscina con una salopette di jeans indegna, come un idiota che si crede, chi sa perché, un piccolo delinquente. Quando uscì Garden Of Eden, uno degli ultime estratti da Use, tra i video in rotazione su Mtv c'erano Freedom dei Rage Against the Machine, Prison Sex dei Tool e Insane In The Brain dei Cypress Hill. Era il 1993 e i Guns 'n' Roses già apparivano vecchi, fuori luogo e fuori fuoco. La macchietta di uno stile di vita e di musica, il rock and roll, ancora troppo veloce e furioso per essere ingabbiato senza apparire ridicolo. Se ne stavano lì, con il solito cucuzzaro fatto di bandane e pantaloni di pelle, con una presunzione degna degli Stones ma senza essere gli Stones e soprattutto senza aver prodotto il decalogo prodotto dagli Stones dal 1964 al 1972. Che William avesse deciso di chiamarsi con l'acronimo di “Oral Sex” e Saul fosse sferzante come una “Frusta”, a quel punto, non faceva nemmeno più scalpore. Nel 1993, figuratevi nel 2O17.
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