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PRIMA PAGINA Le Monde di Oggi lunedì, 09 settembre 2024
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Riflessioni di Piero Visani
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Riflessioni di Piero Visani
Qualche anno fa, un quotidiano di destra che stava conducendo un’inchiesta sui protagonisti della breve stagione della Nuova Destra italiana, filiazione nazionale ma non subalterna della Nouvelle Droite francese di Alain de Benoist, chiese ai membri del gruppo dirigente, tra cui si annoverava anche chi scrive, di tirare un bilancio della loro esperienza e di descrivere che cosa avevano fatto dopo. A me, l’intervistatore fece implicitamente notare che, rispetto ad altri protagonisti di quella breve ma intensa e felice esperienza, avevo fatto molto meno carriera, visto che c’era chi era diventato giornalista, chi politologo, chi scrittore, chi critico cinematografico, chi deputato. Io descrissi il mio personale itinerario, chiarii alcuni punti che mi riguardavano, precisai alcune distinzioni che mi erano proprie (ero sempre stato molto più vicino al marcato anticristianesimo della Nouvelle Droite francese che all’altrettanto marcato “baciapilismo” di quella italiana) e conclusi sottolineando che avevo fatto un percorso mio, molto attento – come sempre – a una rigida coerenza agli assunti ideologici originari. Ammisi che avrei potuto comportarmi diversamente e – senza in questo voler essere polemico con gli amici di allora, che tali sono e restano – che non avevo fatto carriera perché “preferisco tenermi stretta la mia vita ‘sbagliata'”. Ricevetti molti complimenti per quell’articolo. Molti amici di un tempo mi scrissero per solidarizzare. Ne fui orgoglioso, così come sono sempre orgoglioso, quando scopro di essere stato fedele a me stesso. Se potesse essere un’iscrizione tombale, “mi tengo stretta la mia vita ‘sbagliata'” non mi dispiacerebbe, anche perché è del tutto evidente che non la ritengo in alcun modo tale. So che c’è chi la ritiene tale per me, per conto mio, ma io la penso diversamente, io penso che la mia vita sia stata giustissima. Ho scritto “vita ‘sbagliata'” solo per mettermi nei panni altrui, per interpretare il loro giudizio. Non certo perché lo condividessi. Il mio onore si è sempre chiamato fedeltà, e continuerà a chiamarsi tale. Non ho mai tradito gli ideali dei miei 14 anni, quelli che mi portarono ad avere molti problemi fin dall’epoca del ginnasio e che fecero di me – secondo la splendida definizione di Marco Tarchi, che della Nuova Destra italiana fu l’indiscusso leader – uno dei tanti “esuli in patria”. Se un piccolo cambiamento c’è stato, esso consiste solo nel fatto che, mentre oggi sono sempre un esule, non ho più una Patria. La mia Patria si è squagliata. Come Robert Brasillach nei “Poemi di Fresnes”, posso ricalcare parola per parola quanto segue, da lui riferito alla Francia del periodo bellico: MON PAYS ME FAIT MAL Mon pays m’a fait mal par ses routes trop pleines, Par ses enfants jetés sous les aigles de sang, Par ses soldats tirant dans les déroutes vaines, Et par le ciel de juin sous le soleil brûlant. Mon pays m’a fait mal sous les sombres années, Par les serments jurés que l’on ne tenait pas, Par son harassement et par sa destinée, Et par les lourds fardeaux qui pesaient sur ses pas. Mon pays m’a fait mal par tous ses doubles jeux, Par l’océan ouvert aux noirs vaisseaux chargés, Par ses marins tombés pour apaiser les dieux, Par ses liens tranchés d’un ciseau trop léger. Mon pays m’a fait mal par tous ses exilés, Par ses cachots trop pleins, par ses enfants perdus, Ses prisonniers parqués entre les barbelés, Et tous ceux qui sont loin et qu’on ne connaît plus. Mon pays m’a fait mal par ses villes en flammes, Mal sous ses ennemis et mal sous ses alliés, Mon pays m’a fait mal dans son corps et son âme, Sous les carcans de fer dont il était lié. Mon pays m’a fait mal par toute sa jeunesse Sous des draps étrangers jetée aux quatre vents, Perdant son jeune sang pour tenir les promesses Dont ceux qui les faisaient restaient insouciants, Mon pays m’a fait mal par ses fosses creusées Par ses fusils levés à l’épaule des frères, Et par ceux qui comptaient dans leurs mains méprisées Le prix des reniements au plus juste salaire. Mon pays m’a fait mal par ses fables d’esclave, Par ses bourreaux d’hier et par ceux d’aujourd’hui, Mon pays m’a fait mal par le sang qui le lave, Mon pays me fait mal. Quand sera-t-il guéri ? A differenza di Robert Brasillach, che pure scriveva pochi giorni prima di essere fucilato per collaborazionismo (6 febbraio 1945), posso dire che io non spero più che il mio Paese possa guarire. E invece, esattamente come lui, posso dire che non solo il mio Paese mi ha fatto male, ma anche i suoi abitanti. Ma non mi sento, per la verità, politicamente ferito o disilluso. Mi sento umanamente trafitto. Nessuno mi metterà al muro, come lui, ma è come se lo fossi stato messo, giorno dopo giorno, innumerevoli volte. Tuttavia, riesco ancora a trovare rifugio nella letteratura, nella musica, nella poesia, nella solitudine più totale e in qualche amico vero. Pronto a vendere cara la pelle, a riconfermare la mia concezione aristocratica dell’esistenza. Pieno di sputi, di disprezzo, di odio. Ma cosa sono queste piccolezze, di fronte a una visione del mondo salda e coerente? Sì, mi tengo strettissima la mia vita “sbagliata”. Per me è stata l’unica giusta, l’unica possibile, l’unica vera.
Piero Visani
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Biografia di Paolo Scirpa
http://www.paoloscirpa.it/index.php?disp=home
Paolo Scirpa nasce a Siracusa nel l934; dopo gli studi artistici in Sicilia, frequenta l’Accademia di belle arti di Salzburg, animata culturalmente da Oscar Kokoschka e lo studio di J. Friedlaender a Parigi. Nel 1965 e, successivamente, nel 2000 partecipa alle edizioni IX e XIII (Proiezioni 2000) della Quadriennale Nazionale di Roma. Nel 1968 si trasferisce a Milano, dove collaborerà con Luciano Fabro all’Accademia di Belle Arti di Brera e dove sarà, più tardi, titolare di una Cattedra di Pittura; nel 1969 tiene la sua prima personale alla galleria L’Agrifoglio, presentato da Vittorio Fagone; nel 1972 espone, alla Galleria S. Fedele, Megalopoli consumistica, un’opera di denuncia sociale. Negli anni ’70 avvia la realizzazione di opere che vengono definite Ludoscopi: attraverso un sistema di specchi e tubi fluorescenti e il gioco combinatorio di elementi minimali, essi propongono la percezione di profondità infinite, in cui “si pratica l’abolizione del limite tra il reale e l’illusorio” (Maltese, 1976). In alcuni ludoscopi egli realizza raccordi illusori che creano uno spazio plastico curvo; in altri il raccordo seminterrato è praticabile; altri ancora sono di struttura cubica. Scirpa trae spunto anche dal Manifesto tecnico della Scultura Futurista di Boccioni, che aveva teorizzato la possibilità di impiego della luce elettrica nell’opera d’arte e si proietta a sperimentazioni in cui il colore non è più dipinto, i volumi non sono più scolpiti e la luce diventa opera essa stessa. Conosce esponenti del MAC, tra cui Bruno Munari ed entra in contatto con i gruppi dell’Arte cinetica, come il GRAV a Parigi o il Gruppo T a Milano. Sollecita l’attenzione anche di studiosi come il cibernetico Silvio Ceccato. Dal 1977 opere di Scirpa sono presenti annualmente fino al 1991 nella sezione cinetica del Salon “Grands et Jeunes d’aujourd’hui” al Grand Palais des Champs-Elysées di Parigi. Negli anni ’80 sviluppa i suoi primi interventi progettuali sul territorio che saranno presentati nel 2004 alla mostra Utopie della città presso la biblioteca dell’Accademia di Brera. Nel 1982 il Symposium de Sculture di Caen (Francia) sceglie il progetto di un suo ludoscopio per la Bibliothèque Municipale. Tiene diverse mostre personali, tra le quali, alle gallerie Arte Struktura, Vismara Arte di Milano, al Palazzo dei Diamanti di Ferrara, alla Galleria Civica d’Arte Moderna di Gallarate ed allo Studio d’Arte Valmore di Vicenza. Nel 1985 è presente a Roma alla mostra di Palazzo Venezia Artisti oggi tra scienza e tecnologia e ad altre manifestazioni sullo stesso tema in Italia ed all’estero, tra le quali, nel 1990, al Politecnico di Milano, nel 1995 al Futur Show di Bologna, nel 1996 all’Accademia di Brera a Milano Convegno Arte, Scienza e Tecnologia; inoltre partecipa a rassegne sulla Patafisica, alla Triennale di Pittura di Osaka e nel 2003 al Museo Bargellini a Pieve di Cento (Bo) Luce vero sole dell’arte, nel 2006 alla galleria del Credito Siciliano di Acireale Sicilia!, nel 2008 allo ZKM di Karlsruhe (Germania) You ser: Das Jahrhundert des Kosumenten ed al Landesmuseum Joanneum di Graz (Austria) Viaggio in Italia, nel 2009 a Berlino presso la Rappresentanza del Baden-Württemberg alla mostra del Museum Ritter ed a Cordoba (Argentina) presso il Museo Jenero Perez alla mostra Echi futuristi ed allo ZKM di Karlsruhe, mostra Collectors’ Choice II. Nel 2012 è presente alla mostra Arte programmata e cinetica presso la Galleria d’Arte Moderna di Roma dove è installata in permanenza una sua opera luminosa. Dal 2013 sue opere pittoriche fanno parte della Collezione Farnesina, raccolta d’arte contemporanea del Ministero degli Affari Esteri. (Roma). Nello stesso anno partecipa alla mostra Percezione e illusione presso il MACBA di Buenos Aires. Nel 2014 completa due nuove opere La porta stretta, la cui prima versione risale al 1999, l’una con fondo oro, l’altra su un tabellone consumistico, ambedue con l’inserzione di una struttura di luce triangolare a profondità ascensionale. Nel 2015 partecipa alla mostra Moderna Magna Graecia a cura di Francesco Tedeschi e Giorgio Bonomi presso FerrarinArte di Legnago. L’INDA Istituto Nazionale del Dramma Antico di Siracusa gli affida la realizzazione del nuovo manifesto degli spettacoli classici del 2015. È presente a Missoni - L’Arte - Il Colore al MAGA di Gallarate.Nel 2016 partecipa alla mostra itinerante The moving eye presso il Muo Musej di Zagabria, e Centri e Istituti Culturali di San Paolo, Brasilia e Panama. In occasione del 25° Festival della Musica di Milano, dedicato a Gérad Grisey Intonare la luce, immagini di sue opere luminose vengono utilizzate per illustrare il libro di sala e per lo spot pubblicitario su SKY classica. Il Museo del Novecento espone un Ludoscopio – Pozzo, 1979 facente parte della sua collezione. Partecipa alla mostra itinerante The moving eye presso il Muo Musej di Zagabria, e Centri e Istituti Culturali di San Paolo, Brasilia e Panama . E’ presente alla mostra Interrogare lo spazio a cura di Luigi Meneghelli presso Ferrarin Arte a Legnago (Vr). Tiene mostre personali allo Studio Arena di Verona La luce nel pozzo, a cura di Marco Meneguzzo per cui, nel pozzo che noi vediamo creato dagli specchi e dai neon, Scirpa “…mette in scena la finzione nello stato più puro” ; a Rosso Vermiglio di Padova, Labirinti di luce a cura di Vittoria Coen che vede nel Ludoscopio “…un invito alla riflessione, … un lasciarsi andare per pensare, …”, ed a ArteAGallery di Milano, L’infinito possibile a cura di Francesco Tedeschi che afferma: “…Gli elementi portanti della sua opera, nelle diverse forme che essa assume, sono la luce e lo spazio,.. la luce come strumento di colore e di forma è ad essi essenziale: una luce che concretizza le geometrie, genera figure formali in grado di attrarci e condurci in una profondità,…in uno spazio senza dimensioni..” Nel 2017 RossoVermiglioArte di Padova presenta una sua personale alla ArteFiera di Bologna. Alle Fabbriche Chiaramontane di Agrigento si inaugura una sua personale “La forma della luce–La luce della forma” a cura di Marco Meneguzzo che sottolinea come “la forma della luce…trascende questa fisicità e diventa sostanza immateriale, diventa la luce della forma….,” Successivamente al MACA di Acri partecipa alla mostra “Arte interattiva” a cura di Monica Bonollo e nel 2018 a Torino, Museo Ettore Fico, “100% ITALIA”, Cent’Anni di Capolavori. Nel 2019 realizza una mostra personale a Milano, Gaggenau hub, “Sconfinamento” a cura di Sabino M. Frassà che sottolinea come “l’artista ha indagato, sperimentato e simulato l'assenza di limiti, lo “sconfinamento” appunto”. Partecipa a Senigallia alla mostra “Materie Prime – Dalla terra alla luce”, a Waldenbuch, Museum Ritter “1919-2019” e a Pontedera “Arcadia e Apocalisse”. Nel 2020 è presente alla Biennale Light di Mantova, Elogio della luce. Negli ultimi anni Scirpa realizza, con rigore geometrico e spirito innovativo, due opere scultoree in marmo bianco di Carrara ed in legno laccato bianco che evocano il Teatro greco di Siracusa: in esse le gradinate della cavea si raddoppiano, diventando circolari e sono rivolte anche all’esterno. Recentemente ha realizzato una struttura al neon che ricorda il Teatro greco, il cui progetto risale all’anno 2000. In un momento storico come il nostro in cui si manifesta la convivenza di vari linguaggi e l’artista può rivisitare esperienze passate, egli recupera il suo linguaggio delle prime denunce consumistische o quello sperimentale del mezzo elettronico e, nel proporre i suoi percorsi prospettici di spazi-luce, offre oggi nuove possibilità espressive su cui riflettere.
Sue opere sono in collezioni e musei tra i quali MAGA (Gallarate), Museo del Novecento (Milano), Civiche Raccolte Bertarelli - Castello Sforzesco (Milano), Biblioteca di Brera (Milano), MACTE Museo d’Arte Contemporanea (Termoli), MART- VAF-Stiftung (Trento e Rovereto), Museo MAGI ‘900 (Pieve di Cento), MAPP Museo d’Arte Paolo Pini (Milano), Musée des Beaux-Arts (Caen), Museum Ritter (Waldenbuch), Museo Civico d'Arte Contemporanea (Gibellina), Museum (Bagheria), Fabbriche Chiaramontane (Agrigento), Galleria Nazionale d’Arte Moderna (Roma), Gallerie d’Italia (Milano).
Ha realizzato opere per spazi pubblici e chiese: nel 1965, un grande mosaico al Centro Internazionale del Movimento dei Focolari a Rocca di Papa (Roma) e uno all’Auditorium del Centro Internazionale di Loppiano (Fi) e dei dipinti nella Chiesa del D. P. a Cernusco sul Naviglio (Milano) dove sono stati installati anche suoi Ludoscopi sopra l’altare e il Battistero.
Al suo lavoro hanno dedicato saggi ed annotazioni critiche:
Riccardo Barletta, Pietro Baj, Carlo Belloli, Luigi Bianco Guglielmo Boselli, Giorgio Bonomi, Rossana Bossaglia, Ginevra Bria, Domenico Cara, Luciano Caramel, Silvio Ceccato, Jacqueline Ceresoli, Claudio Cerritelli, Cesare Chirici, Vittoria Coen, Andrea Del Guercio, Mario De Micheli, Marina De Stasio, Giorgio Di Genova, Gillo Dorfles, Vittorio Fagone, Ornella Fazzina, Pedro Fiori, Carlo Franza, Sabino Frassà, Carmelo Genovese, Flaminio Gualdoni, Sara Liuzzi, Annette Malochet, Corrado Maltese, Gabriel Mandel, Giorgio Mascherpa, Luigi Meneghelli, Marco Meneguzzo, Marta Michelacci, Bruno Munari, Carlo Munari, Antonio Musiari, Daniela Palazzoli, Demetrio Paparoni, Francesco Poli, Pierre Restany, Roberto Sanesi, Giorgio Segato, Carmelo Strano, Luigi Tallarico, Francesco Tedeschi, Carlo Terrosi, Maria Torrente, Antonino Uccello, Miklos N. Varga, Alberto Veca, Francesco Vincitorio, Maurizio Vitta, Emanuele Zucchini.
É stato docente all’Accademia di Belle Arti di Brera. Vive ed opera a Milano.
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Comment allez-vous aujourd’hui ? Moi ça dépend des jours. Mais j’avoue que j’en ai marre. Marre de voir qu’en période de soldes on se fiche du fameux personnel soignant et de la charge de travail qui les attend parce qu’économiquement il faut que ça tourne pour après renfermer tout le monde. Marre de voir des gens devoir s’entasser dans les transports en commun, les avions et les magasins alimentaires mais ne pas pouvoir se libérer l’esprit en allant manger une pizza ou voir une pièce de théâtre ou un concert à bonne distance, masqués et sans contact. Les jeunes, les étudiants, les artistes et tous les intervenants du monde artistique, les restaurateurs, les libraires et j’en passe... toutes ces personnes dont le métier est en train de se nécroser et qui pour certains sont en train de tout perdre, ça me rend dingue rien que d’y penser. Je n’arrive plus à voir la moindre logique dans les choix gouvernementaux. Bref... ras le bol là 🖤
How are you today ? Me it depends on the days. But I admit, I'm sick of it. Tired of seeing that during sales we don't care about the famous nursing staff and the workload that awaits them because, economically, things have to work out and then shut everyone up. Tired of seeing people cramming into public transport, airplanes and food stores but not being able to free their minds by going to eat pizza or see a play or concert at a distance, masked and without touching. Young people, students, artists and all those involved in the artistic world, restaurateurs, bookstores and so on ... all these people whose profession is in the process of being destroyed and who for some are in the process of everything losing, it drives me crazy just thinking about it. I can no longer see any logic in government choices. In short ... fed up there 🖤
Come stai oggi ? A me dipende dai giorni. Ma lo ammetto, ne sono stufo. Stanchi di vedere che durante le vendite non ci interessa il famoso staff infermieristico e il carico di lavoro che lo attende perché, economicamente, le cose devono funzionare e poi zittiscono tutti. Stanchi di vedere persone che si accalcano nei mezzi pubblici, negli aeroplani e nei negozi di alimentari ma non riuscire a liberare la mente andando a mangiare una pizza o vedendo uno spettacolo o un concerto da lontano, mascherati e senza toccarsi. Giovani, studenti, artisti e tutti coloro che sono coinvolti nel mondo artistico, ristoratori, librerie e così via ... tutte queste persone la cui professione sta per essere distrutta e che per alcuni stanno perdendo tutto, guida sono pazzo solo a pensarci. Non vedo più alcuna logica nelle scelte del governo. Comunque ... stufo di lì 🖤
Wie geht es dir heute ? Mir kommt es auf die Tage an. Aber ich gebe zu, ich habe es satt. Wir sind es leid zu sehen, dass wir uns während des Verkaufs nicht um das berühmte Pflegepersonal und die Arbeitsbelastung kümmern, die auf sie wartet, denn wirtschaftlich müssen die Dinge klappen und dann alle zum Schweigen bringen. Es ist müde zu sehen, wie sich Menschen in öffentliche Verkehrsmittel, Flugzeuge und Lebensmittelgeschäfte drängen, aber nicht in der Lage sind, ihren Geist zu befreien, indem sie Pizza essen oder ein Theaterstück oder Konzert aus der Ferne sehen, maskiert und ohne sich zu berühren. Junge Leute, Studenten, Künstler und alle, die mit der Kunstwelt zu tun haben, Gastronomen, Buchhandlungen und so weiter ... all diese Leute, deren Beruf im Begriff ist, zerstört zu werden und die für einige im Begriff sind, alles zu verlieren, treiben ihn an Ich bin verrückt, wenn ich nur daran denke. Ich kann keine Logik mehr in Regierungsentscheidungen sehen. Wie auch immer ... da satt 🖤
February 3 2021
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Il Movimento 5 Stelle ha accusato il governo francese di frenare lo sviluppo di alcuni paesi africani tramite l’utilizzo della moneta coloniale, ossia il franco FCA. Secondo i dirigenti dei 5 Stelle, frenando la crescita delle vecchie colonie africane, la Francia starebbe di fatto contribuendo al flusso di migranti in arrivo sulle coste italiane. Secondo Di Maio e Di Battista, il franco CFA sarebbe quindi la ‘vera’ causa dell’immigrazione in Italia. Queste dichiarazioni, che sono state definite ‘irresponsabili’ dal commissario europeo Pierre Moscovici, hanno scatenato l’ira del governo francese. L’ambasciatrice d’Italia Teresa Castaldo è stata infatti convocata al Ministero degli Esteri per ‘chiarimenti’.
Fonte : Il Post, 21 Gennaio 2019
Il franco CFA in Africa occidentale e centrale
Il Franco CFA, che all’origine era abbreviato FCFA (Franco delle Colonie Francesi d’Africa) oggi è diventato acronimo di Comunità Finanziaria Africana. Come mostrato dalla mappa sottostante, il Franco CFA corrisponde alle valute di quattordici paesi dell’Africa occidentale e centrale, gestite dalla Banca centrale francese, con un cambio fisso stabilito con l’euro (un euro corrisponde a circa 656 franchi CFA).
Nota: I paesi dell’Unione dell’Africa occidentale in verde (Benin, Burkina Faso, Guinea-Bissau, Costa d’Avorio, Mali, Niger, Senegal e Togo) e in rosso quelli dell’Unione dell’Africa centrale (Camerun, Repubblica dell’Africa Centrale, Chad, Congo-Brazaville, Guinea Equatoriale e Gabon). Fonte: Wikipedia Commons
I sostenitori, i critici e Macron
Secondo alcuni, il franco CFA, essendo vincolato all’euro, risulta stabile e garantisce non solo prezzi costanti ma evita instabilità monetarie legate all’inflazione. I sostenitori della moneta, tra cui innumerevoli economisti francesi e gli esponenti dei governi e delle classi dirigenti dei paesi africani che lo adottano, citano spesso il caso della Guinea. Nel 1960, il governo della Guinea decise di abbandonare l’unione monetaria ma il franco CFA fu successivamente reintrodotto a causa dell’inflazione e dell’instabilità che avevano colpito l’economia del paese.
L’ex primo ministro del Benin Lionel Zinsou, ad esempio, sostiene che il franco CFA (e di conseguenza l’attuale sistema monetario) ha risparmiato ai suoi membri l’iperinflazione che ha devastato la Repubblica Democratica del Congo o l’Angola. Secondo i dati del The Economist, in cinquant’anni, l’inflazione era del 6% in Costa d’Avorio, ma del 29% in Ghana (Jeune Afrique, 7 Giugno 2018).
Dall’altra parte, il franco CFA è sempre più criticato per strada, sui social network e negli ambienti intellettuali e politici poiché accusato di frenare le economie dei paesi che lo utilizzano e di essere uno strumento di controllo indiretto da parte della Francia. Secondo alcuni, il cambio fisso permette alle élite urbane di importare beni di lusso europei e alle multinazionali francesi di investire nei paesi senza il rischio di un improvvisa svalutazione.
Nel loro ultimo libro "L’arma invisibile di Françafrique: una storia del franco CFA”, Fanny Pigeaud e Ndongo Samba Sylla scrivono: “Senza necessariamente avere tutti gli elementi tecnici in mano, un numero crescente di cittadini africani è consapevole che sarà impossibile per loro decidere davvero il proprio destino senza un’efficace sovranità monetaria" (Jeune Afrique, 21 Gennaio 2019).
Fonte: Adria Fruitos, Jeunes Afrique
“La mobilitazione anti-CFA è uno degli sviluppi più positivi in Africa” Yann Gwet [1]
La posizione della Francia sulla moneta coloniale è rappresentata dalle parole di Emmanuel Macron. Quando era solo un candidato, Macron ha chiesto ai capi di stato della zona del franco di smettere di attribuire tutti i loro problemi a questo sistema monetario. Divenuto presidente, il 28 novembre 2017, rispondendo all’interpellanza di uno studente dell’università Joseph-Ki-Zerbo ad Ouagadougou in Burkina Faso, affermò che "il franco CFA è un argomento fuori discussione per la Francia". Ha quindi invitato il suo interlocutore ad astenersi da qualsiasi "approccio follemente anticoloniale o antimperialista" e ha promesso di "accompagnare la soluzione che sarà portata avanti da tutti i presidenti della zona del franco" (Jeune Afrique, 7 Giugno 2018).
Nessuna relazione tra il franco CFA e l’immigrazione in Italia
Gli stessi dati del ministero dell’interno smentiscono una relazione diretta tra i flussi migratori e la politica monetaria delle ex-colonie francesi: la maggior parte dei migranti arrivati sulle coste italiane proviene da Tunisia, Iraq, Eritrea, Sudan e Pakistan. In altre parole, i paesi da cui provengono la maggior parte dei migranti sono tutti al di fuori della sfera francese.
Nonostante il fatto che la questione della situazione monetaria di molte ex-colonie francesi sia attuale e problematica, attribuire le difficoltà economiche e le cause dell’immigrazione al franco CFA è quantomeno ridicolo. Si tratta di fenomeni estremamente complessi, le cui cause sono difficilmente attribuibili ad un unico fattore scatenante. Quello che invece risulta chiaro dalle affermazioni dei cinque stelle, è che le elezioni europee sono alle porte, e con loro anche il tentativo di accaparrare più consensi possibili in vista di maggio.
Per maggiori informazioni: Il Post Il Corriere della Sera Huffington Post
In francese Il franco FCA: cambiare tutto per non cambiare niente. Jeune Afrique, 7 Giugno 2018 La mobilitazione anti-franco è uno degli sviluppi più positivi in Africa. Jeune Afrique. 21 Gennaio 2019
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[1] Yann Gwet è uno scrittore camerunense. Laureato al Sciences Po Paris, vive e lavora in Camerun.
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ZONE — poème — in residenza per “ENEMY”
14 Novembre 2022 - 27 Novembre 2022
Inizia oggi la residenza creativa per la ricerca e la composizione del nuovo spettacolo di Mélodie LASSELIN & Simon CAPELLE | ZONE — poème — ENEMY rappresenta la quarta tra le 12 produzioni internazionali che verranno realizzate e coprodotte da altrettanti tandem produttivi nella cornice del progetto. Mélodie LASSELIN & Simon CAPELLE | ZONE —poème— sono gli artisti selezionati dal quarto tandem di produzione che vede coinvolti come coproduttori Occitanie en scène – Le Parvis scène nationale, Tarbes/Francia e Teatro di Sardegna, Italia. La selezione è avvenuta attraverso una call diffusa il 17 dicembre 2021 e chiusa il 28 gennaio 2022 per artisti residenti in Francia. ENEMY è un processo artistico che indaga le relazioni tra i conflitti presenti nei paesi europei che non appartengono all’Unione. Gli artisti dopo aver terminato un lungo periodo di ricerca artistica chiamato BARBARE, attraversando dal 2019 al 2022 i paesi dell’UE alla ricerca di un “linguaggio culturale comune”, rivolgono ora lo sguardo aldilà del vecchio continente con l’obiettivo di parlare universalmente di pace, creando un’opera che metta in discussione il concetto di nemico, di neutralità. Partendo da una riflessione sui territori e sulle comunità ai margini dell’Europa, sulla necessità di dar loro voce, questa creazione approfondisce la nozione stessa di pace, mettendola in relazione alle guerre che hanno segnato e segnano il nostro continente, con l’obiettivo di proteggerlo consapevolmente, con uno sguardo al futuro. Le due danzatrici in scena, Mélodie Lasselin e Léa Pérat, si sono formate assieme all’accademia Ballet du Nord di Roubaix, e portano avanti un dialogo costante con le comunità locali attraverso la danza, proponendo una stile di ricerca ibrido “irrimediabilmente legato con la [loro] vita”, che interseca tradizione e innovazione, in una dialettica costante con i territori che difende la diversità come ponte in grado di unire i popoli.
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ZONE -Poème- nasce nel novembre 2016. La compagnia lavora a creazioni multidisciplinari che si interroghino sul mondo contemporaneo attraverso l’esplorazione dei territori. Svolge anche attività di ricerca, sperimentazione e distribuzione nell’ambito delle performing arts.
Mélodie Lasselin è ballerina e coreografa. Si è formata presso l’Ecole du Ballet du Nord, l’Ecole-Atelier Rudra-Béjart e il Jeune Ballet International de Cannes. Dal 2007 lavora come performer freelance e coreografa in Svizzera, Germania, Spagna, Messico, Cuba, Belgio e Francia dove ha ottenuto il diploma statale di insegnante di danza contemporanea. Impegnata con diverse compagnie, partecipa regolarmente a stage con Pascal Rambert, Jan Lauwers, Jean-Michel Rabeux, Lisbeth Gruwez, Annabelle Chambon et Cédric Charron. Lavora con Irène Kalbusch, Karima Mansour, Germaine Acogny, Olivier Dubois, Nacera Belaza. Nel suo lavoro conduce ricerche intorno al corpo sensibile, tendendo al raggiungimento della verità del gesto e dell’interpretazione.
Simon Capelle è autore, performer e regista. Ha studiato musica, danza classica e contemporanea. Ha conseguito un Master in studi teatrali e un Master in letteratura contemporanea. Desideroso di formarsi con registi di rilievo internazionale, ha partecipato a numerosi stage proposti dalla Biennale College Teatro di Venezia con Wajdi Mouawad, Pascal Rambert, Anne Bogart, Mark Ravenhill e Anna-Sophie Malher. Nel 2016 ha pubblicato l’opera teatrale Pur con Editions La Fontaine e il suo primo romanzo Tes eyes cosmos con Editions Belladone. La sua ricerca è orientata all’indagine del rapporto tra performance dal vivo e arti plastiche. Molti dei suoi testi sono regolarmente pubblicati sulla rivista Frictions.
Léa Pérat è ballerina e coreografa. Si è formata all’Ecole du Ballet du Nord, al CNSMD di Lione e poi presso The Place (Londra). Ha lavorato con compagnie di danza contemporanea (CCN Roubaix C.Carlson, Cie 1er Mars, Cie Ouragane, Humanum Co, Myriam Naisy L’Hélice) e barocca (Cie l’Eventail, Les Cavatines). Ha danzato anche in opere dirette da Romeo Castellucci, Stefano Poda, Laura Scozzi, Daniel Mesguish, Pierre Rigal, e di natura performativa (Ragnar Kjartansson – Palais de Tokyo). Ha ottenuto il diploma statale di insegnante di danza contemporanea ed è particolarmente incline alle collaborazioni con musicisti, alla creazione di progetti in situ e d’improvvisazione. Nel maggio 2019 si è unita a al collettivo ZONEpoème partecipando alla performance Sanctuaire al Palais des Beaux-Arts di Lille.
Progetto di residenza condiviso da Occitanie en scène – Le Parvis scène nationale Tarbes (FRA), Teatro di Sardegna (ITA), L’Arboreto – Teatro Dimora di Mondaino, nell’ambito di Stronger Peripheries: A Southern Coalition, progetto sostenuto da Europa Creativa.
#residenze 2022#stronger peripheries#zone poeme#Simon Capelle#Mélodie Lasselin#enemy#progetto europeo#Léa Pérat
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🇫🇷 Aujourd’hui journée de confirmation à l’école avec notre évêque Mgr Rey. C’est du bonheur voir des jeunes qui veulent suivre Jésus ! 🇮🇹 Oggi giornata della cresima a scuola con il nostro vescovo mons. Rey. È una gioia vedere giovani che vogliono seguire Gesù! (at Institution Notre Dame) https://www.instagram.com/p/CdjNoKTMjO3/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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Ex redattrice di Jeune Afrique, Sonia Mabrouk è una musulmana tunisina e uno dei volti in ascesa del giornalismo televisivo francese. (...) la giornalista e scrittrice ha un motto inusuale: “Combattere il conformismo”. Adesso Mabrouk pubblica il secondo libro da Plon, Dans son cœur sommeille la vengeance. Il cuore è quello dei convertiti francesi all’islam e la vendetta è quella che consumano contro la cultura occidentale. “Le nostre strade sono disseminate di soldati ma le nostre menti sono deboli” pensa Lena, protagonista del romanzo. Il suo alter ego è Amra, foreign fighter in Siria, che le dice: “Dubitate di tutto, anche di voi stessi. L’islam è molto più sicuro del vostro cristianesimo. La vostra società è senza fiato, tutto crolla, la civiltà marcisce dalla testa, come il pesce. E sarà sostituita. Le vostre chiese sono vuote. Vuote! Le trasformeremo in moschee. La vostra cultura si spegne, la vostra spiritualità si spezza, le vostre tradizioni spariscono”. Amra lo ha imparato in carcere. “L’islam crescerà e conquisterà più territori, cuori e menti. Faremo molti bambini che brandiranno la religione con orgoglio. E finirete per convertirvi”. L’occidente, scrive Mabrouk tramite Amra, è in vendita. “Tutto. I vostri ideali, i vostri princìpi, le vostre terre. I vostri soldati si nascondono dietro gli schermi, bombardano da aerei sofisticati e non metteranno mai piede in terra nemica, spaventati. In questa guerra asimmetrica, sarete i vinti della storia”. In una intervista al settimanale Valeurs Actuelles di questa settimana, Mabrouk spiega cosa l’ha spinta a scrivere il libro: “La civiltà sopravviverà se i valori cristiani saranno difesi” dice la giornalista franco-tunisina. Mabrouk non pensa sia finita. (...) I terroristi hanno un vantaggio: “Sono capaci di morire per le proprie idee. Ma lo ha fatto anche Arnaud Beltrame (il poliziotto sgozzato dall’Isis a Trèbes, ndr) e mi ha profondamente segnato. Il movimento con cui la Francia ha acclamato quest’uomo dimostra che nulla è perduto. E incarna, con il suo gesto, un progetto spirituale inaudito e noi, nei media, non ne parliamo, abbiamo paura. (...) Oggi parliamo di lotta al terrorismo, ma i mezzi non sono sufficienti. Nel libro, Lena lo comprende. Mi chiedo come possa farlo un paese”. Che se lo chieda una musulmana e non gli occidentali ci dice già moltissimo. Forse troppo.
https://www.ilfoglio.it/cultura/2018/05/13/news/il-grande-jaccuse-della-musulmana-sonia-mabrouk-194406/
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Riflessioni di Piero Visani
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Riflessioni di Piero Visani
Qualche anno fa, un quotidiano di destra che stava conducendo un’inchiesta sui protagonisti della breve stagione della Nuova Destra italiana, filiazione nazionale ma non subalterna della Nouvelle Droite francese di Alain de Benoist, chiese ai membri del gruppo dirigente, tra cui si annoverava anche chi scrive, di tirare un bilancio della loro esperienza e di descrivere che cosa avevano fatto dopo. A me, l’intervistatore fece implicitamente notare che, rispetto ad altri protagonisti di quella breve ma intensa e felice esperienza, avevo fatto molto meno carriera, visto che c’era chi era diventato giornalista, chi politologo, chi scrittore, chi critico cinematografico, chi deputato. Io descrissi il mio personale itinerario, chiarii alcuni punti che mi riguardavano, precisai alcune distinzioni che mi erano proprie (ero sempre stato molto più vicino al marcato anticristianesimo della Nouvelle Droite francese che all’altrettanto marcato “baciapilismo” di quella italiana) e conclusi sottolineando che avevo fatto un percorso mio, molto attento – come sempre – a una rigida coerenza agli assunti ideologici originari. Ammisi che avrei potuto comportarmi diversamente e – senza in questo voler essere polemico con gli amici di allora, che tali sono e restano – che non avevo fatto carriera perché “preferisco tenermi stretta la mia vita ‘sbagliata'”. Ricevetti molti complimenti per quell’articolo. Molti amici di un tempo mi scrissero per solidarizzare. Ne fui orgoglioso, così come sono sempre orgoglioso, quando scopro di essere stato fedele a me stesso. Se potesse essere un’iscrizione tombale, “mi tengo stretta la mia vita ‘sbagliata'” non mi dispiacerebbe, anche perché è del tutto evidente che non la ritengo in alcun modo tale. So che c’è chi la ritiene tale per me, per conto mio, ma io la penso diversamente, io penso che la mia vita sia stata giustissima. Ho scritto “vita ‘sbagliata'” solo per mettermi nei panni altrui, per interpretare il loro giudizio. Non certo perché lo condividessi. Il mio onore si è sempre chiamato fedeltà, e continuerà a chiamarsi tale. Non ho mai tradito gli ideali dei miei 14 anni, quelli che mi portarono ad avere molti problemi fin dall’epoca del ginnasio e che fecero di me – secondo la splendida definizione di Marco Tarchi, che della Nuova Destra italiana fu l’indiscusso leader – uno dei tanti “esuli in patria”. Se un piccolo cambiamento c’è stato, esso consiste solo nel fatto che, mentre oggi sono sempre un esule, non ho più una Patria. La mia Patria si è squagliata. Come Robert Brasillach nei “Poemi di Fresnes”, posso ricalcare parola per parola quanto segue, da lui riferito alla Francia del periodo bellico: MON PAYS ME FAIT MAL Mon pays m’a fait mal par ses routes trop pleines, Par ses enfants jetés sous les aigles de sang, Par ses soldats tirant dans les déroutes vaines, Et par le ciel de juin sous le soleil brûlant. Mon pays m’a fait mal sous les sombres années, Par les serments jurés que l’on ne tenait pas, Par son harassement et par sa destinée, Et par les lourds fardeaux qui pesaient sur ses pas. Mon pays m’a fait mal par tous ses doubles jeux, Par l’océan ouvert aux noirs vaisseaux chargés, Par ses marins tombés pour apaiser les dieux, Par ses liens tranchés d’un ciseau trop léger. Mon pays m’a fait mal par tous ses exilés, Par ses cachots trop pleins, par ses enfants perdus, Ses prisonniers parqués entre les barbelés, Et tous ceux qui sont loin et qu’on ne connaît plus. Mon pays m’a fait mal par ses villes en flammes, Mal sous ses ennemis et mal sous ses alliés, Mon pays m’a fait mal dans son corps et son âme, Sous les carcans de fer dont il était lié. Mon pays m’a fait mal par toute sa jeunesse Sous des draps étrangers jetée aux quatre vents, Perdant son jeune sang pour tenir les promesses Dont ceux qui les faisaient restaient insouciants, Mon pays m’a fait mal par ses fosses creusées Par ses fusils levés à l’épaule des frères, Et par ceux qui comptaient dans leurs mains méprisées Le prix des reniements au plus juste salaire. Mon pays m’a fait mal par ses fables d’esclave, Par ses bourreaux d’hier et par ceux d’aujourd’hui, Mon pays m’a fait mal par le sang qui le lave, Mon pays me fait mal. Quand sera-t-il guéri ? A differenza di Robert Brasillach, che pure scriveva pochi giorni prima di essere fucilato per collaborazionismo (6 febbraio 1945), posso dire che io non spero più che il mio Paese possa guarire. E invece, esattamente come lui, posso dire che non solo il mio Paese mi ha fatto male, ma anche i suoi abitanti. Ma non mi sento, per la verità, politicamente ferito o disilluso. Mi sento umanamente trafitto. Nessuno mi metterà al muro, come lui, ma è come se lo fossi stato messo, giorno dopo giorno, innumerevoli volte. Tuttavia, riesco ancora a trovare rifugio nella letteratura, nella musica, nella poesia, nella solitudine più totale e in qualche amico vero. Pronto a vendere cara la pelle, a riconfermare la mia concezione aristocratica dell’esistenza. Pieno di sputi, di disprezzo, di odio. Ma cosa sono queste piccolezze, di fronte a una visione del mondo salda e coerente? Sì, mi tengo strettissima la mia vita “sbagliata”. Per me è stata l’unica giusta, l’unica possibile, l’unica vera.
Piero Visani
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“Avevo vent’anni e mi sentivo vecchio, finito, in un vicolo cieco sociale senza sbocco. Io a tu per tu con il mio destino, da solo. E dovevo prendere il mio posto nel mondo”
1) Ne "Il romanzo sperimentale” Émile Zola sfilava alcune riflessioni che io ho preso come assiomi. Il romanziere deve avere senso del reale ed espressione personale. È l'opera è il risultato di una sezione di realtà attraversata da un temperamento. Quando in un'opera non scorgo il temperamento dell'autore in genere abbandono l'opera. La lettura dei romanzi è confronto di personalità, di visioni del mondo: un corpo a corpo con altrui sensibilità e sudori. Di vite
2) Com’è che mi sono autoradicalizzato con la realtà aumentata di un romanzo. Rammento ancora che "Aden Arabie" di Paul Nizan inizia con quella frase folgorante: “Avevo vent'anni: non consentirò a nessuno di dire che è l'età più bella della vita. Tutto minaccia di rovina un giovane: l'amore, le idee, la perdita della propria famiglia, l'ingresso fra gli adulti”. (e continua). “È duro apprendere la propria parte nel mondo”. (“J'avais vingt ans. Je ne laisserai personne dire que c'est le plus bel âge de la vie. Tout menace de ruine un jeune homme: l'amour, les idées, la perte de sa famille, l'entrée parmi les grandes personnes”). Avevo vent'anni quando ho letto questo libro preso al Centre culturel français de Catane, nella perduta Sicilia degli anni ‘70... Ero pazzo, ero poverissimo, ero comunista lirico e disperato, e mi ostinavo a leggere libri di comunisti come questo di Paul Nizan in una lingua che, da autodidatta, a malapena capivo... ma erano libri che mi facevano compagnia, come quando si canta nel buio per vincere la paura.
Avevo vent’anni e mi sentivo vecchio, finito, in un vicolo cieco sociale senza sbocco. Io a tu per tu con il mio destino, da solo. E dovevo prendere il mio posto nel mondo. Una sera, rannicchiato in uno di quei letti che uscivano come fantasmi dai mobili chiusi (un "lampolet") cominciai a leggere "Il rosso e il nero" preso in prestito nella scalcagnata biblioteca comunale (ne dirò qualche volta) ed è come se avessi assunto cocaina, mescalina, eroina o come se avessi sotto il sedere un razzo, un Cruise. Si narrava in quel libro di un giovane in una cittadina francese sperduta in Inculandia il quale trascurato dal padre (che io avevo perso), senza soldi e senza futuro, ha come semplice istruzione quella che un curato di campagna gli impartisce benevolmente e generosamente. Ebbene questo giovane apprende la Bibbia A MEMORIA, studia sotto gli alberi in campagna, diventa l'istitutore dei figli di una famiglia benestante della sperduta cittadina (Verrières), seduce la madre dei pargoli in una scena che è la più grande scena di seduzione SESSUALE di tutti i tempi in letteratura, benché non vi si “veda” neanche una caviglia: mille sfumature di buio. Quel giovane, con la volontà di potenza che in seguito Nietzsche ammirerà in Stendhal, si impone la mossa seduttiva audace, definitiva: “A mezzanotte le prenderò la mano” e così fa, lei resiste, poi languidamente cede. Quella notte il giovane scavalca il balcone come Romeo ed entra nel letto della signora de Rênal, la padrona di casa. Ellissi narrativa, siamo in zona “la sciagurata rispose”, dissolvenza incrociata. Buio.
Il giovane si chiamava Julien Sorel. Questo giovane di cartapesta, un povero e sublime personaggio da romanzo, mi ha ispirato la volontà di potenza e mi ha insegnato il valore dello STUDIO, e nei momenti di sperdimento e di disperazione IO ERO Julien Sorel, cioè un uomo INVINCIBILE. La letteratura può far partire per la tangente come accadde a don Chisciotte o a Emma Bovary. A me ha salvato la vita. Mi sono autoradicalizzato con una realtà aumentata, si direbbe con il linguaggio di oggi. Stendhal u akbar!
A. Squillaci
https://www.facebook.com/frustaletteraria/posts/2200847293275329
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Sembrava che oggi, sabato, sarebbe stato un giorno di riposo con visita della città di Bulawayo e del parco. Siamo arrivati alla cattedrale verso le 11, punto d'incontro con la persona che ci avrebbe accompagnato, ma che nel frattempo ci aveva già fissato un incontro con un gruppo di giovani. In un primo momento sembrava che l'incontro si facesse subito, qualcuno sarebbe venuto a prenderci. Passati due ore e mezza ancora niente. Ma tutto normale! Nel frattempo ci si racconta, si saluta chi passa e tutto è importante. Decidiamo a questo punto di fare comunque un giro in città finché venissero a prenderci... Una visita in grande velocità, ma sufficiente per capire i forti contrasti sociali che caratterizzano questo paese, come tanti altri del Africa. Alle 15 ci accompagnano nella casa di una famiglia dove incontriamo questi giovani, oltre ad ascoltare con interessi e serietà, le persone qui sono sempre molto accoglienti e hanno un forte senso dell'ospitalità. Abbiamo concluso con pranzo (cena?) alle 16.30. E come se non bastasse tornando in città abbiamo trovato un altra persona ad attenderci. Siamo stati invitate a prendere un caffè con dolce in un fast food in perfetto American style...impressionante entrare in posto così in forte contrasto con quello che abbiamo visto e vissuto in questa terra finora. Ma tutto serve per dilatare il cuore e abbracciare (comprendere) tutte le persone. La visita al parco? Sarà per la prossimo! Il semblait qu'aujourd'hui, samedi, nous aurions fait un peu de repos visitant la ville de Bulawayo et son parc. Nous sommes arrivées à la cathédrale à 11h, lieu de rendez-vous avec la personne qui nous aurait accompagné, mais entretemps elle avait déjà fixé une rencontre avec un groupe de jeunes. Dans un premier moment il semblait que la rencontre était immédiatement et que quelqu'un serait venu nous prendre en voiture. Deux heures et demi plus tard encore rien...mais tout est normal! Entretemps on papote, on salue qui passe et tout est important. A ce point on décide de faire tout de même une visite même si brève dans l'attente que quelqu'un vienne. Visite rapide mais suffisante pour se rendre compte des forts contraste qui caractérisent ce pays comme tant d'autres en Afrique. A 15h voilà qu'on nous accompagne dans la maison de cette famille ou nous rencontrons les jeunes. En plus d'écouter avec intérêt les personnes ici sont toujours très accueillantes et avec un fort sens de l'hospitalité. On termine avec un dîner (souper ?) à 16.30. Et comme si ça ne suffisait pas au retour en ville nous rencontrons une autre personne pour prendre un café dans un fast food en pur style American...c'est impressionnant entrer dans un lieu en si fort contraste avec ce que nous avons vu et vécu cette semaine. Mais tout sert pour dilater le coeur et embrasser (comprendre) toutes les personnes. La visite au parc ? Ce sera pour la prochaine fois!
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A 📌Elm, le lever du soleil est attendu avec impatience à certaines dates bien précises au printemps et en automne. Ses rayons traversent en effet le trou dans le rocher nommé Martinsloch et illuminent l'église d'Elm. Le petit village d'Elm est situé au fond de la vallée glaronnaise de la Sernf. Il est séparé de la station grisonne de Flims par la chaîne des Tschingelhörner, qui font partie de la région Swiss Tectonic Arena inscrite au patrimoine mondial de l'Unesco, où des couches rocheuses anciennes se sont autrefois superposées à des roches plus jeunes. Depuis des siècles, le phénomène du Martinsloch, une ouverture dans le rocher qui laisse passer les rayons du soleil, fascine les hommes. Selon la légende, ce trou aurait été percé au cours d'un combat héroïque entre l'ermite Martin et un méchant géant. Aujourd'hui encore, cette fenêtre dans la roche de 22 mètres sur 19 mètres et les phénomènes solaires qui y sont liés attirent de nombreux visiteurs. Même les astronomes se rendent volontiers à Elm les 12 et 13 mars ainsi que le 30 septembre et le 1er octobre. On peut également voir la lune dans le Martinsloch à certains intervalles.
In 📌Elm, sunrise is eagerly awaited on certain specific dates in spring and autumn. Its rays indeed cross the hole in the rock called Martinsloch and illuminate the church of Elm. The small village of Elm is located at the bottom of the Sernf valley in Glaronnaise. It is separated from the Graubünden resort of Flims by the chain of Tschingelhörner, which are part of the Swiss Tectonic Arena region listed as World Heritage by Unesco, where ancient rock layers were once superimposed on younger rocks. For centuries, the phenomenon of Martinsloch, an opening in the rock which lets in the rays of the sun, has fascinated men. According to legend, this hole was drilled during a heroic fight between the hermit Martin and a giant villain. Even today, this 22m x 19m window in the rock and the related solar phenomena attract many visitors. Even astronomers are happy to visit Elm on March 12 and 13, as well as on September 30 and October 1. You can also see the moon in the Martinsloch at certain intervals.In 📌Elm, l'alba è attesa con impazienza in alcune date specifiche in primavera e in autunno. I suoi raggi attraversano davvero il buco nella roccia chiamato Martinsloch e illuminano la chiesa di Elm. Il piccolo villaggio di Elm si trova sul fondo della valle del Sernf a Glaronne. È separato dalla località di Flims, nei Grigioni, dalla catena di Tschingelhörner, che fa parte della regione svizzera dell'arena tettonica, dichiarata Patrimonio dell'Umanità dall'Unesco, dove un tempo erano sovrapposti strati di roccia antica su rocce più giovani. Per secoli, il fenomeno di Martinsloch, un'apertura nella roccia che lascia entrare i raggi del sole, ha affascinato gli uomini. Secondo la leggenda, questo buco è stato praticato durante un eroico combattimento tra l'eremita Martin e un malvagio criminale. Ancora oggi, questa finestra 22m x 19m nella roccia e i relativi fenomeni solari attirano molti visitatori. Anche gli astronomi sono felici di visitare Elm il 12 e 13 marzo, nonché il 30 settembre e il 1 ottobre. Puoi anche vedere la luna nel Martinsloch a determinati intervalli.
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Maurizio Donadi - Atelier & Repairs, Transnomadica
Interview : Thomas M. Traduction : Marcos Eliades Image de couverture : Transnomadica.com
Maurizio Donadi a plus de 35 ans d'expérience dans l'industrie de la mode en tant que cadre chez des mastodontes du secteur tel que Ralph Lauren , Benetton , Armani , Diesel et Levi's. C’est également le fondateur d’Atelier & Repairs, une marque qui réprouve la culture du “jetable” en réutilisant et en embellissant des vêtements vintages (jeans, outerwear, t-shirts…). En cette année de crise, il lance Transnomadica, une archive en ligne - son inventaire personnel - de plus de 8000 pièces provenant du monde entier.
Pouvez-vous vous présenter ?
Je m'appelle Maurizio Donadi depuis 63 ans. Je n'ai rien de particulier à dire sur moi, si ce n'est cette grande curiosité émotionnelle qui m'a toujours animé.
Le concept d'Atelier & Repairs est que vous pouvez construire une marque sans rien produire. Est-ce bien cela ? Comment trouver de nouveaux partenaires ?
Le concept d'A&R est philosophiquement correct. Dans un monde dominé par un consumérisme frénétique, où tout est produit en excès, l'idée de transformer cet excès en quelque chose de nouveau est certainement intrigante. Il y a beaucoup de créativité et d'expérimentation dans la transformation des objets existants, utilisés ou non. Lorsqu'une idée suscite l'intérêt des partenaires quels qu'ils soient (commerciaux, financiers, etc.) cela arrive tôt ou tard.
Pouvez-vous nous parler de votre nouveau projet Transnomadica ?
Si l'A&R est basée sur la transformation des vêtements usagés, la récupération des tissus inutilisés et la réduction de la production excédentaire, Transnomadica célèbre les vêtements et les objets dans l'état où ils ont été trouvés. La plupart sont choisis pour leur patine, vintage ou antique, comme s'ils faisaient partie d'une exposition. Ces pièces (environ 8000) représentent 40 ans de voyages, d'idées, d'évènements, de couleurs et de tissus, d'inspiration pour mon travail et une certaine obsession de la recherche.
Cherchez-vous encore des pièces de vêtements pour alimenter le site ?
La recherche ne s'arrête jamais. Seule une partie se retrouve sur le site. Le reste est disponible sur rendez-vous.
Selon vous, quel est le meilleur endroit (ou pays) pour trouver des vêtements vintage ? Ou est-ce sur Internet ?
Cela dépend de ce que vous recherchez. C'est généralement l'objet qui vous trouve, étant donné le caractère unique de chaque recherche. Il y a certes des magasins, des sites, des marchés, des collectionneurs, etc. qui sont d'incroyables sources de recherche pour le vintage mais ces lieux sont "connus" par tous. Ce que je cherche, je le trouve généralement dans les pays où les déchets sont jetés. Et je n’en dirais pas plus.
Quel est le vêtement le plus inhabituel sur Transnomadica ?
Je ne saurais le dire. Ce qui est inhabituel, c'est un groupe de produits qu'on ne trouve pas facilement, à savoir les jeans japonais, à lisière, utilisés et portés par le temps, et non par le lavage industriel. Pour les amoureux du denim, ce jeans représente la nec plus ultra du jeans. Il y a quelques boutiques dans le monde qui en vendent, mais ma collection est vraiment importante avec plus de 500 pièces, toutes différentes les unes des autres. Une immense source d'inspiration.
Comment pensez-vous que le marché de l'occasion et du vintage pourrait évoluer ?
Le marché de l'occasion évolue de manière exponentielle. Il s'agit d'une entreprise relativement nouvelle et sa gestion commerciale reste à définir. La friperie classique, déroutante, mal tenue et à très bas prix sera transformée en une boutique sélective, spécialisée et conservée comme une vraie boutique. Probablement en mélangeant l'ancien et le nouveau. Il existe déjà une communauté de boutiques vintage (pas seulement d'occasion) très spécialisées à la fois dans le casual (jeans, militaire, etc.) et dans la revente de vêtements de mode, car certaines marques sont plus recherchées que d'autres. Dans mes archives, par exemple, j'aime mélanger la mode des années 90 avec le vintage américain des années 70 et les chemises italiennes.
Est-il possible que toutes les marques créent leur propre site de revente de vieux vêtements ?
Possible, mais pas tous car leur passé est parfois très récent et dépourvu d’intérêt.
Avez-vous des pièces préférées que vous ne voulez pas revendre ?
Certainement. Ce sont des vêtements qui ont une valeur émotionnelle, non pas parce qu'ils sont rares. Une veste Sisley bleue des années 80, avec laquelle j'ai parcouru les Caraïbes pendant 3 ans, sera laissée à mes enfants.
Le fait d'être italien dans ce domaine vous a-t-il aidé ?
Le passeport n'a jamais conditionné ma vie. Dans les affaires comme dans la vie, il n'est pas nécessaire d'être italien, américain ou japonais. Vous devez être ouvert, sincère, curieux, poli, respectueux, bon, gentil. Et n'oubliez pas que sans les autres, nous sommes seuls. Dans ma vie, j'ai fait des erreurs et je me suis mal comporté avec certaines personnes dans certaines situations. Dans ces rares moments, voire très rares, je me suis senti dégoûté de moi-même. Un sentiment auquel je ne veux jamais revenir. J'étais jeune et inexpérimenté.
Pour conclure, avec tout ce qui se passe aujourd'hui, comment pensez-vous que le marché de l'habillement va évoluer dans les prochaines années ?
Bonne question. Impossible de répondre surtout alors que nous vivons une crise profonde des valeurs, des incertitudes financières, du dégoût politique, de la confusion sur le travail, etc. etc. que ce virus n'a fait qu'accélérer, et non créer. Beaucoup de choses changent, nous ne reviendrons certainement pas à la situation antérieure. La grande opportunité réside dans la possibilité d'une révolution culturelle qui nous mènera vers un monde meilleur si nous nous concentrons sur la collaboration, la créativité, l'éducation, en limitant l'impact négatif sur les êtres humains et notre planète.
Si nous le voulons.
Mais je vois toujours la lumière, jamais le tunnel.
Potresti presentarti?
Mi chiamo Maurizio Donadi da 63 anni. Non ho nulla di speciale da dire su me stesso eccetto questa grande curiosita’ emotiva che mi perseguita da sempre.
Il concetto di Atelier & Repairs e’ che si può costruire un brand senza produrre nulla. E’ giusto? Come si trovano nuovi partners?
Il concetto di A&R e’ filosoficamente giustissimo. In un mondo dominato da un consumismo frenetico dove si produce in eccesso qualsiasi cosa, L’idea di trasformare questo eccesso in qualcosa di nuovo e’ sicuramente intrigante. C’e’ molta creatività e sperimentazione nella trasformazione di oggetti già esistenti, usati o non.
Quando un'idea suscita interesse i partners, qualsiasi essi siano (commerciali, finanziari, ecc) prima o dopo arrivano.
Puoi parlare del tuo nuovo progetto Transnomadica?
Se A&R si base sulla trasformazione di capi usati, il recupero di tessuti inutilizzati e la riduzione dell;’eccesso produttivo, Transnomadica celebra capi di abbigliamento e oggetti nello stato in cui sono stati trovati. La maggior parte li scelgo per la loro patina, vintage o antichi, quasi fossero parte di una esibizione. Questi pezzi (circa 8000) rappresentano 40 anni di viaggi, di idee, di eventi, di colori e tessuti, di ispirazione per il mio lavoro e una certa ossessione per la ricerca.
Stai ancora cercando pezzi di abbigliamento per alimentare il sito?
La ricerca non finisce mai. Sul sito finiscono solo una parte. Il resto e’ disponibile su appuntamento.
Secondo te, qual’e’ il miglior luogo (o paese) per trovare abbigliamento vintage? O e’ su internet?
Dipende da quello che cerchi. Di solito e' l’oggetto che trova te, data l’unicità di ogni ricerca. Ci sono certamente negozi, siti, mercati, collezionisti, ecc che sono fonte incredibile di ricerca per il vintage ma questi luoghi sono “battuti” da tutti. Quello che cerco di solito lo trovo in paesi dove la spazzatura viene scaricata. E non dico altro.
Qual’e’ il capo più insolito su Transnomadica?
Non saprei dire. Di insolito c’e’ un gruppo merceologico che non si trova facilmente ed e’ quello del jeans giapponese, cimosato, usato e usurato dal tempo, non dal lavaggio industriale. Per i cultori del denim, questi jeans rappresentano il nun plus ultra del jeans. Ci sono alcuni negozi nel mondo che ne vendono un po’ ma la mia collezione e’ davvero grande con più’ di 500 pezzi uno diverso dall’altro. Una fonte enorme di inspirazione.
Come pensi che potrebbe evolversi il mercato della seconda mano e del vintage?
Il mercato dell’usato si sta evolvendo in modo esponenziale. E’ un business relativamente nuovo e la sua gestione commerciale e’ ancora tutta da definire. Il classico negozio dell’usato, confusionario, poco curato e a prezzi bassissimi si trasformerà in negozio selezionato, specializzato e curato come una vera e propria boutique. Probabilmente mescolando il vecchio con il nuovo. Esiste gia’ oggi comunque una comunità di negozi vintage (non semplice usato) molto specializzati sia nella parte casual (jeans, militare, ecc) che nella rivendita di capi moda, anche questi selezionati dato che alcuni marchi sono più ricercati di altri. Nel mio archivio, peer esempio, mescolo volentieri capi moda anni 90 con vintage americano degli anni 70 e camiceria italiana.
E’ possibile che tutti i marchi creino un proprio sito di rivendita di vecchi capi?
Possibile, ma non tutti dato che il loro passato e’ a volte molto recente e primo di interesse.
Hai dei pezzi preferiti che non rivenderai?
Certamente. Sono capi con un valore emotivo, non perché rari. Un giacca blue della Sisley degli anni 80 con la quale viaggiai in lungo e largo i Caraibi per 3 anni la lascerò ai miei figli.
Essere italiano in questo business ti ha aiutato?
Il passaporto non ha mai condizionato nella vita. Nel business, cosi come nella vita, non serve essere italiani o americani o giapponesi. Serve essere aperti, sinceri, curiosi, educati, rispettosi, buoni, gentili. E ricordarsi che senza gli altri siamo soli. Nella mia vita ho fatto degli sbagli e mi sono comportato male con alcune persone in certe situazioni. In quelle poche, anzi pochissime, volte mi sono sentito disgustato di me stesso. Un sentimento al quale non voglio più ritornare. Ero giovane e inesperto.
Per concludere, con tutto cio’ che sta succedendo oggi, come pensi che il mercato dell’abbigliamento evolvere nei prossimi anni?
Bella domanda. Impossibile rispondere soprattutto mentre viviamo una profonda crisi di valori, di incertezze finanziarie, di disgusto politico, di confusione rispetto al lavoro, ecc. ecc. che questo virus ha solo accelerato, non creato. Molto sta cambiando, non ritorneremo sicuramente a come eravamo prima. La grande opportunità sta proprio nella possibilità di una rivoluzione culturale che ci porterà ad un mondo migliore se punteremo nella collaborazione, nella creatività, nell’educazione dei popoli, nel limitare l’impatto negativo sugli esseri umani e sul nostro pianeta.
Se lo vorremmo.
Ma io vedo sempre la luce, mai il tunnel.
"La grande opportunité réside dans la possibilité d'une révolution culturelle qui nous mènera vers un monde meilleur si nous nous concentrons sur la collaboration, la créativité, l'éducation, en limitant l'impact négatif sur les êtres humains et notre planète. Si nous le voulons. Mais je vois toujours la lumière, jamais le tunnel." -- Maurizio Donadi "Selon vous, quel est le meilleur endroit (ou pays) pour trouver des vêtements vintage ? Ou est-ce sur Internet ? Cela dépend de ce que vous recherchez. C'est généralement l'objet qui vous trouve, étant donné le caractère unique de chaque recherche. Il y a certes des magasins, des sites, des marchés, des collectionneurs, etc. qui sont d'incroyables sources de recherche pour le vintage mais ces lieux sont "connus" par tous. Ce que je cherche, je le trouve généralement dans les pays où les déchets sont jetés. Et je n’en dirais pas plus." -- Maurizio Donadi
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Arriveranno presto a Bologna oltre 50 capolavori di Monet e dei grandi esponenti dell’impressionismo francese per un’esposizione unica e inedita. Alcune delle opere presentate infatti lasciano il Museo Marmottan Monet di Parigi per la prima volta, dalla sua fondazione del 1934, per giungere in Italia. Alcune di queste opere, firmate dai maggiori esponenti dell’Impressionismo non sono mai state esposte altrove, se non nel museo parigino. Ecco perché la mostra Monet e gli Impressionisti. Capolavori dal Musée Marmottan Monet, che verrà inaugurata il 13 Marzo a Bologna, è unica nel suo genere. Le opere di Monet accompagnate da quelle di Manet, Renoir, Degas e Signac saranno esposte nelle sale di palazzo Albergati a Bologna, un’occasione unica per ripercorrere il movimento pittorico più amato di sempre. Il percorso espositivo è stato pensato per accompagnare i visitatori tra i capolavori di riferimento del grande impressionismo francese. In mostra ci saranno opere come Potrait de Madame Ducros di Degas, Potrait de Julie e Le Pont de l’Europe di Manet e Jeune Fille assise au chapeau blanc di Renoir. Saranno 57 in tutto le opere d’arte della mostra Monet e gli Impressionisti. Capolavori dal Musée Marmottan Monet ed è la prima volta in assoluto nella storia dell’arte che questi dipinti si riuniscono insieme fuori dal museo parigino, che li ospita sin dalla sua fondazione nel 1934. L’esposizione è un omaggio a tutta la corrente artistica dell’impressionismo ma non solo. Il gruppo Arthemisia che ha prodotto e organizzato la mostra ha raccontato che questo evento a Bologna vuole anche celebrare altresì i collezionisti e i benefattori che a partire dal 1932 hanno contribuito ad arricchire la prestigiosa collezione del Musée Marmottan Monet, che oggi è simbolo della più ricca e importante conservazione dell’eredità lasciata dagli impressionisti. La mostra si terrà a palazzo Albergati di Bologna dal 13 Marzo al 12 Luglio 2020. Organizzata dal gruppo Arthemisia, l’esposizione è stata curata da Marianne Mathieu, Direttore scientifico del Musée Marmottan Monet di Parigi. https://ift.tt/39xw0DX Bologna: Monet e i capolavori degli impressionisti in mostra Arriveranno presto a Bologna oltre 50 capolavori di Monet e dei grandi esponenti dell’impressionismo francese per un’esposizione unica e inedita. Alcune delle opere presentate infatti lasciano il Museo Marmottan Monet di Parigi per la prima volta, dalla sua fondazione del 1934, per giungere in Italia. Alcune di queste opere, firmate dai maggiori esponenti dell’Impressionismo non sono mai state esposte altrove, se non nel museo parigino. Ecco perché la mostra Monet e gli Impressionisti. Capolavori dal Musée Marmottan Monet, che verrà inaugurata il 13 Marzo a Bologna, è unica nel suo genere. Le opere di Monet accompagnate da quelle di Manet, Renoir, Degas e Signac saranno esposte nelle sale di palazzo Albergati a Bologna, un’occasione unica per ripercorrere il movimento pittorico più amato di sempre. Il percorso espositivo è stato pensato per accompagnare i visitatori tra i capolavori di riferimento del grande impressionismo francese. In mostra ci saranno opere come Potrait de Madame Ducros di Degas, Potrait de Julie e Le Pont de l’Europe di Manet e Jeune Fille assise au chapeau blanc di Renoir. Saranno 57 in tutto le opere d’arte della mostra Monet e gli Impressionisti. Capolavori dal Musée Marmottan Monet ed è la prima volta in assoluto nella storia dell’arte che questi dipinti si riuniscono insieme fuori dal museo parigino, che li ospita sin dalla sua fondazione nel 1934. L’esposizione è un omaggio a tutta la corrente artistica dell’impressionismo ma non solo. Il gruppo Arthemisia che ha prodotto e organizzato la mostra ha raccontato che questo evento a Bologna vuole anche celebrare altresì i collezionisti e i benefattori che a partire dal 1932 hanno contribuito ad arricchire la prestigiosa collezione del Musée Marmottan Monet, che oggi è simbolo della più ricca e importante conservazione dell’eredità lasciata dagli impressionisti. La mostra si terrà a palazzo Albergati di Bologna dal 13 Marzo al 12 Luglio 2020. Organizzata dal gruppo Arthemisia, l’esposizione è stata curata da Marianne Mathieu, Direttore scientifico del Musée Marmottan Monet di Parigi. Per la prima volta, a Bologna, più di 57 opere di Monet e dei maggiori esponenti dell’impressionismo francese si riuniranno per una mostra incredibilmente inedita.
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