#oggetti immaginari
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empito · 3 days ago
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La mia mente è talmente affollata di pensieri che le lacrime premono per uscire. Ogni idea, ogni ricordo, ogni emozione si accavalla come onde in tempesta, sommergendo la quiete che tanto desidero. Il cuore batte irregolare, come un tamburo impazzito, mentre cerco invano un rifugio in cui nascondermi da questo turbine interiore. Il cielo sopra di me è grigio e pesante, rispecchia fedelmente il caos che ho dentro. Cammino senza meta per le strade familiari, ma oggi tutto appare diverso, distante. Gli alberi spogli tendono i loro rami scheletrici verso un orizzonte sfocato, e il vento freddo mi sferza il viso, portando con sé sussurri di memorie lontane. Vorrei poter fermare il tempo, trovare un angolo di silenzio dove poter ascoltare il battito dei miei pensieri, decifrarli, comprenderli. Ma essi si rincorrono, si sovrappongono, creando un groviglio inestricabile che mi opprime il petto. Ogni respiro è un atto di volontà, ogni passo un'impresa. Gli occhi mi bruciano, sento il peso delle parole non dette, dei sentimenti inespressi. Mi chiedo se sia normale sentirsi così persi, così sopraffatti dalla propria mente. Forse tutti indossano maschere, celando dietro sorrisi di circostanza il proprio tumulto interiore. Eppure, in questo momento, mi sento terribilmente solo. Un gatto nero attraversa la strada, mi fissa per un istante con occhi magnetici, poi scompare tra le ombre. Vorrei avere la sua leggerezza, la sua indifferenza. Invece, ogni dettaglio intorno a me sembra amplificare il mio stato d'animo. Il rumore del traffico è un ronzio lontano, le voci delle persone sono ovattate, come se fossi immerso in una bolla di vetro. Mi fermo davanti alla vetrina di una libreria. I titoli dei libri scorrono come flash davanti ai miei occhi: storie di vite vissute, di mondi immaginari, di speranze e dolori. Penso al potere delle parole, a come possano curare o ferire, e mi domando se scrivere potrebbe aiutarmi a dare un senso a ciò che provo. Decido di entrare. L'odore della carta stampata mi avvolge, familiare e rassicurante. Sfioro le copertine con delicatezza, come fossero oggetti fragili. In quel piccolo universo fatto di silenzi condivisi, sento finalmente un po' di pace. Forse, penso, non sono le lacrime la soluzione, ma la ricerca di qualcosa che dia voce al tumulto che ho dentro. Esco con un libro tra le mani e un lieve sorriso sulle labbra. Il cielo sembra essersi schiarito, un timido raggio di sole fa capolino tra le nuvole. Forse non posso fermare i pensieri, ma posso scegliere come affrontarli. E in quel momento, capisco che ogni tempesta, per quanto intensa, è destinata a placarsi.
Empito
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kanako91 · 2 years ago
Note
Dove prendi ispirazione per le tue storie?
Scusa la sparizione, ma la real life è stata incasinata nell'ultimo mesetto 😅
Risposta breve e un po' banale: prendo ispirazione da quello che mi circonda.
Risposta più lunga: dalle fonti più disparate.
Può essere da cose che succedono a me e conoscenti, che mi fanno partire il "e se...?" e via di immaginari alternativi con altri protagonisti, altre storie, altre conclusioni. A volte nemmeno cose che succedono, ma che potrebbero succedere (tipo sono in riunione a lavoro, sento mezza parola e mi parte un'idea articolata che mi appunto e lascio a marinare per il momento giusto).
A volte leggo o vedo qualcosa (non necessariamente fiction, a volte anche articoli) che mi fa partire l'idea sempre per il meccanismo "e se...?" o, in alternativa, per insoddisfazione mia per qualcosa che ho letto/visto.
Altre volte ancora sono oggetti in cui mi imbatto e mi fanno venire idee su come potrebbero essere utilizzati da miei personaggi XD
O in generale ci sono tematiche, ambientazioni e dinamiche che mi ispirano e capita che qualcuno dà un prompt che va a toccarle e via, parte il plot bunny che non mi aspettavo!
Tutto è sempre alimentato dagli stimoli vari che mi circondano e che non saprei nemmeno catalogare.
È un gran mischione, in sostanza, e se pure so puntare il dito sulla scintilla iniziale, quando poi scrivo vado così tanto per la mia strada che non è più riconoscibile (a meno che non faccio in modo che si vedano i riferimenti XD).
Spero che la risposta lunga sia più soddisfacente di quella breve ahahah
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lollyhabits · 8 months ago
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ᗩᗪᗪIO ᑕᖇISTIᗩᑎᕮSIᗰO: TᗩᑎTI SᗩᒪᑌTI, ᗩᑎᑕᕼᕮ Sᕮ ᑎOᑎ ᑕI SIᗩᗰO ᗩᗰᗩTI ᗩᖴᖴᗩTTO.
Chi crede in qualcosa (ha fede), crede perché è stato educato male dalla famiglia, dalla scuola e dallo Stato, ovvero non è stato messo nelle condizioni di comprendere l'alternativa sana alla fede, scientifica: prendere in considerazione solo ciò di cui esistono prove.
𝗟𝗲 𝗽𝗲𝗿𝘀𝗼𝗻𝗲 𝗺𝗮𝗹𝗮𝗺𝗲𝗻𝘁𝗲 𝗰𝗿𝗲𝘀𝗰𝗶𝘂𝘁𝗲 𝗰𝗼𝗻 𝘂𝗻𝗮 𝗳𝗲𝗱𝗲, 𝘁𝗲𝗻𝗱𝗼𝗻𝗼, 𝗱𝗮 𝗮𝗱𝘂𝗹𝘁𝗲, 𝗮 𝗻𝗼𝗻 𝘀𝗮𝗽𝗲𝗿 𝗼𝘀𝘀𝗲𝗿𝘃𝗮𝗿𝗲 𝗹𝗮 𝗿𝗲𝗮𝗹𝘁𝗮̀: distorgono, non per loro colpa, le percezioni del quotidiano; non riescono a catturare la realtà in modo macroscopico, così quanto sono impotenti nel prevedere le conseguenze delle loro azioni negative. Vivono nella completa casualità, nel pregiudizio, perché non sono stati aiutati, dagli adulti che li hanno circondati da piccoli, a fare ordine fra i propri pensieri e quelli indotti, dall'esterno, fuorvianti, intrisi di moralità. E, altra questione da non sottovalutare, non sono in grado di imparare dagli errori, perché pensano di avere sempre ragione in virtù del fatto che i loro errori sono approvati dalla religione che professano.
Saper prevedere le conseguenze delle proprie azioni, saper assegnargli un valore positivo o negativo prima di agire, si chiama 𝗮𝗴𝗶𝗿𝗲 𝗰𝗼𝗻 𝗲𝘁𝗶𝗰𝗮 - ed è fondamentale anche per creare una vita privata priva di tensioni e amarezze, dove gli altri, intorno, vicini familiari o amici, o animali da compagnia, non vengono percepiti come schiavi, come subalterni, né come oggetti di conforto.
E' più individualista una persona indottrinata dalla fede rispetto a quanto lo sia chi viva svincolato dalla moralità religiosa, perché la quotidiana illusione che esistano esseri immaginari, onnipresenti, onnipotenti, capaci di intendere, volere e pure aggiustare il tiro delle proprie azioni, o punire terzi che ledono, si scontra costantemente con una realtà sconfortante: non accade mai. L'unica maniera per fare si che un soggetto, adulto, moralizzato, si renda consapevole delle lesioni causate o che causa agli altri o a noi, è l'azione umana (l'unica possibile): carcerazione a scopo rieducativo o il far pesare errori gravi, togliendogli ogni forma di perdono - cioè fare in modo che esistano una o più persone in grado di ricordargli, per tutta la vita, che quel comportamento è inaccettabile, affinché non lo attui ancora. 𝐍𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐦𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐝𝐢 𝐜𝐡𝐢 𝐞̀ 𝐦𝐨𝐫��𝐥𝐢𝐳𝐳𝐚𝐭𝐨, 𝐦𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐩𝐮𝐫𝐭𝐫𝐨𝐩𝐩𝐨 𝐢𝐧𝐟𝐚𝐧𝐭𝐢𝐥𝐞, 𝐢𝐥 𝐠𝐞𝐬𝐭𝐨 𝐝𝐞𝐥 𝐩𝐞𝐫𝐝𝐨𝐧𝐨 𝐞̀ 𝐢𝐧𝐭𝐞𝐬𝐨 𝐜𝐨𝐦𝐞 𝐮𝐧 𝐯𝐢𝐚 𝐥𝐢𝐛𝐞𝐫𝐚, 𝐜𝐡𝐞 𝐬𝐩𝐢𝐧𝐠𝐞 𝐚 𝐭𝐞𝐧𝐭𝐚𝐫𝐞 𝐝𝐢 𝐚𝐧𝐝𝐚𝐫𝐞 𝐨𝐥𝐭𝐫𝐞, 𝐜𝐨𝐧 𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐢 𝐩𝐢𝐮̀ 𝐯𝐢𝐨𝐥𝐞𝐧𝐭𝐞.
Un soggetto fortemente indottrinato da una qualsiasi religione, davanti ad un problema complesso, o fugge o lo affronta con disonestà intellettuale (compie reati, come mentire o rubare o corrompere); un soggetto razionale, tende ad evitare i problemi complessi, a prevenire momenti di pressione, e davanti ad un problema complesso, non evitabile, si ferma e inizia a ragionare sul modo di affrontarlo, attuando una strategia positiva che causi meno male possibile a se stesso o agli altri - o, al massimo, facendo ricadere su se stesso il male peggiore, affinché altri, soprattutto più fragili di lui, non subiscano torti, ma ne traggano benefici, nel lungo periodo. 𝐄' 𝐥𝐚 𝐫𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐚𝐥𝐢𝐭𝐚̀ 𝐜𝐡𝐞 𝐜𝐢 𝐩𝐞𝐫𝐦𝐞𝐭𝐭𝐞 𝐝𝐢 𝐧𝐨𝐧 𝐞𝐬𝐬𝐞𝐫𝐞 𝐚𝐬𝐨𝐜𝐢𝐚𝐥𝐢: 𝐝𝐢 𝐧𝐨𝐧 𝐩𝐞𝐧𝐬𝐚𝐫𝐞 𝐜𝐡𝐞 𝐜𝐢𝐨̀ 𝐜𝐡𝐞 𝐚𝐜𝐜𝐚𝐝𝐞 𝐝𝐢 𝐧𝐞𝐠𝐚𝐭𝐢𝐯𝐨 𝐚𝐠𝐥𝐢 𝐚𝐥𝐭𝐫𝐢, 𝐚𝐧𝐜𝐡𝐞 𝐢𝐧 𝐜𝐨𝐧𝐬𝐞𝐠𝐮𝐞𝐧𝐳𝐚 𝐝𝐢𝐫𝐞𝐭𝐭𝐚 𝐨 𝐢𝐧𝐝𝐢𝐫𝐞𝐭𝐭𝐚 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐞 𝐧𝐨𝐬𝐭𝐫𝐞 𝐬𝐜𝐞𝐥𝐭𝐞, 𝐧𝐨𝐧 𝐜𝐢 𝐫𝐢𝐠𝐮𝐚𝐫𝐝𝐢.
Meno disponiamo della tendenza ad illuderci (di avere fede in ciò che non esiste, come la fede nelle divinità, la fede negli spiriti, la fede in miti come il destino, il karma, la fortuna o la sfortuna... (che nella loro palese inesistenza, non posso minimamente condizionarci la vita), meno dolore proveremo, e meno dolore distribuiremo agli altri, nella forma dell'invidia e delle rivendicazioni reazionarie. 𝐋𝐚 𝐜𝐚𝐩𝐚𝐜𝐢𝐭𝐚̀ 𝐝𝐢 𝐬𝐚𝐩𝐞𝐫 𝐫𝐢𝐜𝐨𝐧𝐨𝐬𝐜𝐞𝐫𝐞 𝐜𝐡𝐞, 𝐧𝐞𝐥 𝐥𝐮𝐧𝐠𝐨 𝐩𝐞𝐫𝐢𝐨𝐝𝐨, 𝐥𝐚 𝐫𝐞𝐚𝐥𝐭𝐚̀ 𝐩𝐫𝐞𝐯𝐚𝐥𝐞 𝐬𝐞𝐦𝐩𝐫𝐞 𝐬𝐮𝐥𝐥𝐞 𝐢𝐥𝐥𝐮𝐬𝐢𝐨𝐧𝐢 𝐜𝐡𝐞 𝐥𝐚 𝐦𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐩𝐚𝐫𝐭𝐨𝐫𝐢𝐬𝐜𝐞 𝐩𝐞𝐫 𝐜𝐨𝐧𝐟𝐨𝐫𝐭𝐚𝐫𝐬𝐢 𝐞 𝐩𝐫𝐞𝐬𝐞𝐫𝐯𝐚𝐫𝐬𝐢, 𝐧𝐨𝐧 𝐞̀ 𝐮𝐧𝐚 𝐟𝐨𝐫𝐦𝐚 𝐝𝐢 𝐜𝐢𝐧𝐢𝐬𝐦𝐨 𝐨 𝐧𝐢𝐜𝐡𝐢𝐥𝐢𝐬𝐦𝐨, 𝐦𝐚 𝐞̀ 𝐜𝐨𝐦𝐩𝐫𝐞𝐧𝐬𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐫𝐞𝐚𝐥𝐭𝐚̀.
E' così, attraverso illusioni religiose e ridicole feste della mamma e del papà (ridicole per la visione, da non senzienti, pari a quella di un battere) e campagne denigratorie contro le donne che abortiscono, che siamo arrivati ad un Paese sano, che ha rigurgitato i ruoli, li ha sputati, con sempre più scarsa adesione alla moralità religiosa, e sempre più anziani intolleranti lasciati soli a covare rancore, presi in giro pure dalla politica, giustamente denigrati o rinchiusi in residence-ghetto, affinché tacciano per sempre e smettano di vomitare frasi prive di senso contro figli e nipoti; 𝐨𝐠𝐧𝐢 𝐠𝐞𝐧𝐞𝐫𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐬𝐮𝐜𝐜𝐞𝐬𝐬𝐢𝐯𝐚 𝐬𝐢 𝐞𝐯𝐨𝐥𝐯𝐞, 𝐢𝐦𝐩𝐚𝐫𝐚𝐧𝐝𝐨 𝐝𝐚𝐠𝐥𝐢 𝐞𝐫𝐫𝐨𝐫𝐢 𝐝𝐞𝐠𝐥𝐢 𝐚𝐥𝐭𝐫𝐢, 𝐩𝐫𝐞𝐧𝐝𝐞𝐧𝐝𝐨𝐧𝐞 𝐥𝐞 𝐝𝐨𝐯𝐮𝐭𝐞 𝐝𝐢𝐬𝐭𝐚𝐧𝐳𝐞 - 𝐞 𝐧𝐨𝐧 𝐞̀ 𝐮𝐧 𝐝𝐚𝐧𝐧𝐨 𝐬��, 𝐢𝐧 𝐪𝐮𝐞𝐬𝐭𝐚 𝐞𝐯𝐨𝐥𝐮𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞, 𝐥𝐨 𝐬𝐜𝐨𝐭𝐭𝐨 𝐩𝐢𝐮̀ 𝐚𝐥𝐭𝐨, 𝐥'𝐞𝐦𝐚𝐫𝐠𝐢𝐧𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞, 𝐥𝐨 𝐩𝐚𝐠𝐡𝐢𝐧𝐨 𝐠𝐥𝐢 𝐢𝐧𝐭𝐨𝐥𝐥𝐞𝐫𝐚𝐧𝐭𝐢.
Lo paga chi, da intollerante, da massimo conservatore degli usi e costumi del passato, si ritrova nella condizione di essere lui quello che subisce intolleranza, perché ha continuato a insistere con le sue molestie, senza accorgersi di quanto questo allungasse la distanza fra lui e l'affetto meritato.
𝐄𝐫𝐚 𝐩𝐫𝐞𝐯𝐞𝐝𝐢𝐛𝐢𝐥𝐞 𝐪𝐮𝐞𝐬𝐭𝐨 𝐜𝐨𝐫𝐭𝐨 𝐜𝐢𝐫𝐜𝐮𝐢𝐭𝐨 𝐜𝐡𝐞 𝐬𝐢 𝐬𝐚𝐫𝐞𝐛𝐛𝐞 𝐢𝐧𝐧𝐞𝐬𝐜𝐚𝐭𝐨 𝐟𝐫𝐚 𝐢 𝐯𝐚𝐥𝐨𝐫𝐢 𝐚𝐫𝐜𝐚𝐢𝐜𝐢 𝐞 𝐠𝐥𝐢 𝐢𝐝𝐞𝐚𝐥𝐢 𝐝𝐢 𝐟𝐞𝐥𝐢𝐜𝐢𝐭𝐚̀ 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐞 𝐧𝐮𝐨𝐯𝐞 𝐠𝐞𝐧𝐞𝐫𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐢, 𝐬𝐞𝐦𝐩𝐫𝐞 𝐩𝐢𝐮̀ 𝐚𝐭𝐭𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐚𝐥𝐥𝐚 𝐪𝐮𝐚𝐥𝐢𝐭𝐚̀ 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐯𝐢𝐭𝐚, 𝐩𝐨𝐢𝐜𝐡𝐞́ 𝐩𝐢𝐮̀ 𝐬𝐭𝐢𝐦𝐨𝐥𝐚𝐭𝐞 𝐝𝐚 𝐮𝐧𝐚 𝐂𝐮𝐥𝐭𝐮𝐫𝐚 𝐜𝐡𝐞 𝐩𝐚𝐬𝐬𝐚 𝐚𝐧𝐜𝐡𝐞 𝐚𝐭𝐭𝐫𝐚𝐯𝐞𝐫𝐬𝐨 𝐧𝐮𝐨𝐯𝐢 𝐬𝐭𝐫𝐮𝐦𝐞𝐧𝐭𝐢, 𝐮𝐧 𝐭𝐞𝐦𝐩𝐨 𝐢𝐧𝐞𝐬𝐢𝐬𝐭𝐞𝐧𝐭𝐢, 𝐜𝐨𝐦𝐞 𝐈𝐧𝐭𝐞𝐫𝐧𝐞𝐭. 𝐄𝐫𝐚 𝐩𝐫𝐞𝐯𝐞𝐝𝐢𝐛𝐢𝐥𝐞 𝐜𝐡𝐞 𝐞𝐬𝐩𝐨𝐫𝐬𝐢, 𝐚𝐥𝐥𝐚 𝐩𝐢𝐞𝐧𝐚 𝐥𝐮𝐜𝐞 𝐝𝐞𝐥 𝐬𝐨𝐥𝐞, 𝐢𝐧 𝐪𝐮𝐚𝐧𝐭𝐨 𝐚𝐝𝐮𝐥𝐭𝐢, 𝐜𝐨𝐦𝐞 𝐫𝐚𝐳𝐳𝐢𝐬𝐭𝐢, 𝐦𝐚𝐬𝐜𝐡𝐢𝐥𝐢𝐬𝐭𝐢, 𝐦𝐢𝐬𝐨𝐠𝐢𝐧𝐢, 𝐱𝐞𝐧𝐨𝐟𝐨𝐛𝐢 𝐞 𝐜𝐚𝐩𝐚𝐜𝐢 𝐚𝐧𝐜𝐡𝐞 𝐝𝐢 𝐞𝐬𝐮𝐥𝐭𝐚𝐫𝐞 𝐝𝐚𝐯𝐚𝐧𝐭𝐢 𝐚𝐥𝐥𝐨 𝐬𝐟𝐫𝐮𝐭𝐭𝐚𝐦𝐞𝐧𝐭𝐨 𝐞 𝐚𝐥 𝐠𝐞𝐧𝐨𝐜𝐢𝐝𝐢𝐨 𝐪𝐮𝐨𝐭𝐢𝐝𝐢𝐚𝐧𝐨 𝐝𝐞𝐢 𝐩𝐨𝐯𝐞𝐫𝐢 𝐬𝐨𝐭𝐭𝐨 𝐥𝐞 𝐧𝐨𝐬𝐭𝐫𝐞 𝐟𝐢𝐧𝐞𝐬𝐭𝐫𝐞, 𝐧𝐞𝐥 𝐥𝐮𝐧𝐠𝐨 𝐩𝐞𝐫𝐢𝐨𝐝𝐨 𝐬𝐢 𝐬𝐚𝐫𝐞𝐛𝐛𝐞 𝐫𝐢𝐭𝐨𝐫𝐭𝐨 𝐜𝐨𝐧𝐭𝐫𝐨 𝐠𝐥𝐢 𝐬𝐭𝐞𝐬𝐬𝐢 𝐜𝐨𝐧𝐬𝐞𝐫𝐯𝐚𝐭𝐨𝐫𝐢.
Nessuno più vede come buono l'aderire ad un patto generazionale, dopo aver assistito, impotente, negli ultimi decenni, ad una generazione più adulta del tutto insensibile alla natura, che fa sempre più animali prigionieri fra le mura domestiche; che sradica la natura, che cementifica irrazionalmente, che stravolge i delicati equilibri ambientali; che tratta i capi di allevamento, considerati come scarti, con una crudeltà indicibile; che sfrutta i poveri, che odia i diversi, che ha tentato di cacciarli il più lontano da se, descrivendoli come mostri, senza riuscirci.
𝐍𝐨: 𝐥𝐚 𝐫𝐞𝐥𝐢𝐠𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐧𝐨𝐧 𝐩𝐮𝐨̀ 𝐟𝐨𝐫𝐧𝐢𝐫𝐞 𝐠𝐥𝐢 𝐬𝐭𝐫𝐮𝐦𝐞𝐧𝐭𝐢 𝐧𝐞𝐜𝐞𝐬𝐬𝐚𝐫𝐢 𝐩𝐞𝐫 𝐚𝐦𝐚𝐫𝐞 𝐪𝐮𝐚𝐥𝐜𝐮𝐧𝐨, 𝐩𝐞𝐫𝐜𝐡𝐞́ 𝐥𝐚 𝐫𝐞𝐥𝐢𝐠𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐢𝐧𝐬𝐞𝐠𝐧𝐚 𝐚 𝐦𝐚𝐧𝐢𝐩𝐨𝐥𝐚𝐫𝐞 𝐠𝐥𝐢 𝐚𝐥𝐭𝐫𝐢 𝐞 𝐚𝐝 𝐨𝐝𝐢𝐚𝐫𝐥𝐢 𝐞 𝐦𝐨𝐥𝐞𝐬𝐭𝐚𝐫𝐥𝐢 𝐞 𝐩𝐮𝐫𝐞 𝐮𝐜𝐜𝐢𝐝𝐞𝐫𝐥𝐢 𝐨 𝐢𝐧𝐝𝐮𝐫𝐥𝐢 𝐚𝐥 𝐬𝐮𝐢𝐜𝐢𝐝𝐢𝐨 𝐬𝐞 𝐧𝐨𝐧 𝐬𝐢 𝐜𝐨𝐧𝐟𝐨𝐫𝐦𝐚𝐧𝐨 𝐚𝐥𝐥𝐚 𝐦𝐨𝐫𝐚𝐥𝐢𝐭𝐚̀ 𝐝𝐨𝐦𝐢𝐧𝐚𝐧𝐭𝐞. 𝐍𝐞𝐬𝐬𝐮𝐧𝐨 𝐭𝐞 𝐥𝐚 𝐢𝐦𝐩𝐨𝐧𝐞 𝐩𝐞𝐧𝐬𝐚𝐧𝐝𝐨 𝐝𝐚𝐯𝐯𝐞𝐫𝐨 𝐜𝐡𝐞 𝐧𝐞 𝐩𝐨𝐭𝐫𝐚𝐢 𝐫𝐢𝐜𝐚𝐯𝐚𝐫𝐞 𝐝𝐞𝐥 𝐛𝐞𝐧𝐞 𝐞 𝐟𝐚𝐫𝐞 𝐝𝐞𝐥 𝐛𝐞𝐧𝐞 𝐚𝐠𝐥𝐢 𝐚𝐥𝐭𝐫𝐢.
Perseverare nel sostenere, dalla campagna alla città, dal condominio ai social, dalle imprese, alle chiese e associazioni classiste, che i giovani di oggi siano il male assoluto (non è assolutamente vero!) non farà altro che aumentare la già ampia consapevolezza che la 𝑓𝑎𝑚𝑖𝑔𝑙𝑖𝑎 𝑡𝑟𝑎𝑑𝑖𝑧𝑖𝑜𝑛𝑎𝑙𝑒, 𝑎𝑙𝑙'𝑖𝑡𝑎𝑙𝑖𝑎𝑛𝑎, sia solo un enorme fallimento educativo; contribuirà a dimostrare quanto la famiglia tradizionale - cioè quella famiglia che alcuni definiscono cristiana, nata e cresciuta e percepita secondo la distorta moralità religiosa (detta anche patriarcale, poiché fonda i suoi principi sulla falsa percezione che i maschi siano migliori delle donne, e di cui molte donne - pure! - si convincono) è ciò che di peggio possa capitarti come adolescente; e che la famiglia tradizionale sia una scelta errata pure negli adulti, visto che buona parte di coloro che, negli ultimi tempi, si sono sposati (sposati nell'assurda convinzione di una superiorità morale o politica da sposati - gli stessi che trattavano gli altri, con scelte diverse, come esseri inferiori, bullizzandoli, ridendone...), si sono ben presto separati, hanno divorziato, hanno costruito un'ottima base di infelicità e insicurezza emotiva per i propri figli, nel momento più sbagliato, in fase di crescita. Perché accade questo? 𝐀𝐥𝐥𝐚 𝐫𝐞𝐚𝐥𝐭𝐚̀ 𝐧𝐨𝐧 𝐬𝐢 𝐬𝐟𝐮𝐠𝐠𝐞.
L'esperienza ci insegna, se abbiamo tenuto bene le orecchie aperte quando noi eravamo dei ragazzini, che 𝐢𝐧 𝐨𝐠𝐧𝐢 𝐞𝐩𝐨𝐜𝐚 𝐞𝐬𝐢𝐬𝐭𝐨𝐧𝐨 𝐚𝐧𝐳𝐢𝐚𝐧𝐢 𝐚𝐬𝐬𝐮𝐫𝐝𝐢 𝐜𝐡𝐞, 𝐩𝐞𝐫 𝐢𝐧𝐯𝐢𝐝𝐢𝐚, 𝐬𝐩𝐮𝐭𝐚𝐧𝐨 𝐯𝐞𝐥𝐞𝐧𝐨 𝐬𝐮𝐢 𝐩𝐢𝐮̀ 𝐠𝐢𝐨𝐯𝐚𝐧𝐢 (dimenticando di essere stati anche loro giovani controversi, a loro modo progressisti, sui cui i più vecchi, un tempo, sputavano); la storia, la letteratura ci dimostrano che in ogni epoca ci sono stati capi religiosi e anziani stupidi che profetizzavano la fine del mondo imminente, qualora i più razionali e i più giovani non avessero smesso di allontanarsi dai principi morali religiosi.
Cosa è accaduto, davvero? Come possiamo ben vedere, oggi, da vivi, nel tempo tutti quanti coloro che prevedevano sciagure apocalittiche per il genere umano non credente, sono morti - mortissimi! - e i non credenti, non solo sono vivi, alcuna divinità li ha puniti, ma si sono pure moltiplicati! e stanno benissimo. 𝐍𝐞𝐬𝐬𝐮𝐧 𝐚𝐛𝐢𝐬𝐬𝐨 𝐢𝐧𝐟𝐞𝐫𝐧𝐚𝐥𝐞 𝐡𝐚 𝐬𝐩𝐚𝐜𝐜𝐚𝐭𝐨 𝐥𝐚 𝐭𝐞𝐫𝐫𝐚, 𝐟𝐚𝐜𝐞𝐧𝐝𝐨 𝐮𝐬𝐜𝐢𝐫𝐞 𝐝𝐞𝐦𝐨𝐧𝐢: 𝐞𝐫𝐚𝐧𝐨 𝐭𝐮𝐭𝐭𝐞 𝐬𝐜𝐞𝐦𝐞𝐧𝐳𝐞; 𝐞 𝐬𝐨𝐧𝐨 𝐫𝐢𝐦𝐚𝐬𝐭𝐞 𝐬𝐜𝐞𝐦𝐞𝐧𝐳𝐞.
Era prevedibile che, in mezzo a tanta melma religiosa, condita da politica di destra e sinistra clericale, sempre più imprudente con la lingua e i gesti, l'anticlericalismo e l'ateismo avrebbero avuto la meglio, senza alcuno sforzo; era prevedibile che nel ciclo continuo di femminicidi avvenuti in precise circostanze (uomini moralisti, moralizzati, che non tollerano la libertà femminile, poiché cresciuti in famiglie tradizionaliste dove le donne hanno meno coscienza dei propri diritti di una scopa), molti avrebbero imparato ad evitarla la melma religiosa, soprattutto in virtù di essere nati donne: ad evitarla anche ai loro figli. Ad evitare anche di far nascere figli (più ricorso a contraccezione, più attenzione verso un sesso non procreativo, più donne che non fanno figli in modo assoluto), in una realtà dove un cretino qualsiasi, se il figlio fosse nato gay o, semplicemente più sveglio di altri, si sarebbe sentito in diritto di molestarlo, di aggredirlo (in virtù di essere nonno, zio, prete, papa, vescovo, cardinale... o di essere un politico conservatore o di essere un assessore all'istruzione conservatore, totalmente fuori luogo in una scuola) fino al punto, come è accaduto nel caso di Cloe Bianco, di causarne la morte.
𝐀 𝐪𝐮𝐞𝐬𝐭𝐨 𝐩𝐮𝐧𝐭𝐨 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐒𝐭𝐨𝐫𝐢𝐚, 𝐜𝐡𝐢 𝐝𝐞𝐯𝐞 𝐟𝐚𝐫𝐞 𝐦𝐞𝐚 𝐜𝐮𝐥𝐩𝐚 𝐩𝐞𝐫 𝐢𝐥 𝐧𝐞𝐭𝐭𝐨 𝐜𝐚𝐥𝐚𝐫𝐞 𝐝𝐞𝐢 𝐜𝐫𝐞𝐝𝐞𝐧𝐭𝐢, 𝐩𝐞𝐫 𝐥'𝐢𝐧𝐞𝐬𝐨𝐫𝐚𝐛𝐢𝐥𝐞 𝐬𝐯𝐮𝐨𝐭𝐚𝐫𝐬𝐢 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐞 𝐜𝐡𝐢𝐞𝐬𝐞, 𝐩𝐞𝐫 𝐠𝐥𝐢 𝐬𝐜𝐡𝐞𝐥𝐞𝐭𝐫𝐢 𝐜𝐡𝐞 𝐬𝐨𝐧𝐨 𝐞𝐦𝐞𝐫𝐬𝐢 𝐧𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐜𝐫𝐨𝐧𝐚𝐜𝐚, 𝐬𝐨𝐧𝐨 𝐢 𝐜𝐫𝐞𝐝𝐞𝐧𝐭𝐢 𝐬𝐭𝐞𝐬𝐬𝐢.
Ci sono molti modi per condurre una sana iconoclastia, che porti al progresso sociale, ad un futuro migliore dove la felicità venga percepita come un diritto di tutti, e dove il dolore non sia più considerato, in modo distorto, come capace di renderti persona virtuosa (come sostengono i preti, che di fatto si votano ad una vita da monarchi, del tutto privata anche dal sacrifico di lavorare per mantenersi): o crei un movimento culturale visibile, che stacchi il crocifisso, e imbratti i simboli religiosi , come è accaduto in altri contesti vincenti, o, semplicemente, 𝐟𝐚𝐢 𝐢𝐧 𝐦𝐨𝐝𝐨 𝐜𝐡𝐞 𝐭𝐮𝐭𝐭𝐞 𝐥𝐞 𝐝𝐢𝐬𝐭𝐨𝐫𝐬𝐢𝐨𝐧𝐢 𝐝𝐞𝐥 𝐜𝐫𝐢𝐬𝐭𝐢𝐚𝐧𝐞𝐬𝐢𝐦𝐨 𝐚𝐟𝐟𝐢𝐨𝐫𝐢𝐧𝐨, 𝐚𝐧𝐜𝐡𝐞 𝐩𝐞𝐫 𝐭𝐮𝐚 𝐦𝐚𝐧𝐨, 𝐢𝐧 𝐦𝐨𝐝𝐨 𝐩𝐮𝐛𝐛𝐥𝐢𝐜𝐨, 𝐞𝐬𝐩𝐨𝐧𝐞𝐧𝐳𝐢𝐚𝐥𝐞, 𝐝𝐨𝐯𝐞 𝐭𝐮𝐭𝐭𝐢 𝐨 𝐦𝐨𝐥𝐭𝐢 𝐩𝐨𝐬𝐬𝐚𝐧𝐨 𝐚𝐬𝐬𝐢𝐬𝐭𝐞𝐫𝐞 𝐞 𝐭𝐫𝐚𝐫𝐧𝐞 𝐥𝐞 𝐜𝐨𝐧𝐜𝐥𝐮𝐬𝐢𝐨𝐧𝐢.
Lo spettacolo indecente, quotidiano, incessante dei conservatori delle tradizioni, propagatosi tramite i media e i social, o nelle nostre vite, ha allontanato sempre più persone dalla fede e pure dalla voglia di procreare, dando un notevole vantaggio al femminismo, visto che meno figli battezzati, meno figli indottrinati alla fede, significa meno intolleranza in circolazione, destinata a morire con gli ultimi credenti intolleranti.
C'è un momento preciso in cui i fantomatici, teorici buoni valori cristiani hanno iniziato a inabissarsi in questo Paese: sono colati a picco con la pratica: con quelle scialuppe di immigrati affogati nel mare; 𝐥𝐚 𝐟𝐢𝐧𝐞 𝐝𝐞𝐥 𝐜𝐫𝐢𝐬𝐭𝐢𝐚𝐧𝐞𝐬𝐢𝐦𝐨 𝐞̀ 𝐢𝐧𝐢𝐳𝐢𝐚𝐭𝐚 𝐪𝐮𝐚𝐧𝐝𝐨 𝐟𝐞𝐝𝐞𝐥𝐢 𝐞 𝐜𝐥𝐞𝐫𝐨 𝐫𝐞𝐥𝐢𝐠𝐢𝐨𝐬𝐨 𝐬𝐢 𝐬𝐨𝐧𝐨 𝐮𝐧𝐢𝐭𝐢 𝐢𝐧 𝐮𝐧𝐚 𝐛𝐚𝐭𝐭𝐚𝐠𝐥𝐢𝐚 𝐜𝐨𝐦𝐮𝐧𝐞, 𝐬𝐮𝐥 𝐧𝐨𝐬𝐭𝐫𝐨 𝐭𝐞����𝐫𝐢𝐭𝐨𝐫𝐢𝐨, 𝐜𝐨𝐧𝐭𝐫𝐨 𝐢 𝐩𝐢𝐮̀ 𝐟𝐫𝐚𝐠𝐢𝐥𝐢: 𝐥𝐢̀, 𝐚𝐛𝐛𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐚𝐯𝐮𝐭𝐨 𝐛𝐞𝐧 𝐜𝐡𝐢𝐚𝐫𝐨 𝐜𝐡𝐞 𝐥'𝐢𝐧𝐜𝐚𝐧𝐭𝐞𝐬𝐢𝐦𝐨 𝐞𝐫𝐚 𝐟𝐢𝐧𝐢𝐭𝐨 - e non per mano di una spinta anticlericale, atea, ma per i denti affilati e la sete di sangue che, anche le nonnine che sembravano tanto buone e care, con le loro casette di marzapane piene di santini e madonnine, hanno mostrato davanti ai nipoti, davanti al telegiornale, contente nel vedere i poveri soffrire e morire.
𝐂'𝐞̀ 𝐜𝐡𝐢, 𝐬𝐢 𝐢𝐥𝐥𝐮𝐝𝐞𝐯𝐚, 𝐜𝐡𝐞 𝐧𝐢𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐞 𝐧𝐞𝐬𝐬𝐮𝐧𝐨 𝐚𝐯𝐫𝐞𝐛𝐛𝐞 𝐩𝐨𝐭𝐮𝐭𝐨 𝐬𝐜𝐨𝐧𝐟𝐢𝐠𝐠𝐞𝐫𝐞 𝐜𝐫𝐢𝐬𝐭𝐨 - 𝐞 𝐢𝐧𝐯𝐞𝐜𝐞, 𝐚 𝐟𝐚𝐫 𝐢𝐦𝐩𝐥𝐨𝐝𝐞𝐫𝐞 𝐬𝐮 𝐬𝐭𝐞𝐬𝐬𝐚 𝐪𝐮𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐟𝐞𝐝𝐞 𝐯𝐢𝐨𝐥𝐞𝐧𝐭𝐚, 𝐬𝐨𝐧𝐨 𝐬𝐭𝐚𝐭𝐢 𝐠𝐥𝐢 𝐬𝐭𝐞𝐬𝐬𝐢 𝐜𝐫𝐢𝐬𝐭𝐢𝐚𝐧𝐢. Da soli. Tutto da soli.
Non hanno avuto nemmeno bisogno che noi atei spingessimo con le nostre parole o ci presentassimo nei media pretendendo un contraddittorio nei programmi a contenuto religioso: hanno fatto tutto da soli. Non possono incolpare nessuno, se non loro stessi: di essersi dimostrati, dal passato fino ad oggi, profondamente mostruosi.
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carmenvicinanza · 10 months ago
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Mimosa Echard
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Mimosa Echard è un’artista multidisciplinare che realizza opere d’arte con la tecnica del recycling in un approccio ambientalista e femminista.
Assemblando oggetti, immagini e riferimenti botanici, esplora i confini tra natura e cultura pop, creando mondi immaginari dai tratti psichedelici. Con la sua particolare pratica di riuso creativo, descrive un mondo fluido che coniuga materia inerte e vivente, botanica e cromie girlish. Porzioni di un ecosistema fantasioso dove ciascun frammento è parte di un “tutto” incontrollabile e poeticamente contagioso.
Nata nel 1986 ad Alès, nel sud della Francia, è cresciuta in una comunità hippy nelle Cévennes.
Si è diplomata all’École nationale supérieure des arts décoratifs di Parigi, nel 2010. Dal 2021 è responsabile del laboratorio di pittura dell’École nationale supérieure des beaux-arts di Parigi.
La sua ricerca è stata portata avanti in importanti residenze artistiche e istituzioni internazionali e le sue opere sono nelle collezioni di prestigiosi musei come il Centre Pompidou, la Fondation Louis Vuitton, il Museo Ettore Fico e la Sadami Art Foundation di Dhaka, per citarne alcune.
Per le sue opere utilizza la pittura, la scultura, l’installazione, il video e il digitale, ha anche creato un videogame di un gioco di ruolo per la sua personale al Palais de Tokyo dal titolo Sporal. Una ricerca sui mixomiceti iniziata nel 2019 durante una residenza a Villa Kujoyama a Kyoto.
Nel gioco c’è un protagonista unicellulare che si fa strada attraverso un mosaico di universi, mutandosi in differenti forme di vita attraverso uno scambio di fluidi con altre specie. Il pubblico viene avviluppato nel suo universo psichedelico dove il genere e la sessualità esistono in nuove forme in perpetua evoluzione.
Nel 2022 ha vinto il Premio Marcel Duchamp con Escape more, un’installazione organica e monumentale che attraverso la creazione di un ecosistema naturale e artificiale, parla di ecologia e di erotismo.
Il suo lavoro, che mette in gioco, temi legati ai misteri della memoria e delle interazioni con l’ambiente, si può sintetizzare come una critica alla profonda instabilità dell’odierna società. Rivelando l’interdipendenza tra l’essere umano e la macchina, mostra la fluidità e immanenza di elementi della natura che tendiamo a dare per scontati ma che sono destinati a dissolversi.
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weirdesplinder · 1 year ago
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La mia top ten dei classici della letteratura inglese
Se fare la lista dei miei preferiti per la letteratura francese è stato difficile, per quella inglese è stato quasi impossibile, avrebbe dovuto essere una top 100, ho dovuto lasciare fuori tantissime opere che in realtà mi piacciono.
Inoltre non vedrete Shakespeare citato perchè ho scelto di non nominare di nuovo autori che avevo già citato nella lista La mia top ten dei classici della letteratura mondiale, che potete leggere qui: https://weirdesplinder.tumblr.com/post/729284916889698304/la-mia-top-ten-dei-classici-della-letteratura
Lo strano caso del dottor Jekill e Mister Hyde, di Robert Louis Stevenson
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Trama: Nella Londra fuligginosa di fine Ottocento si aggira un essere dall'aspetto ripugnante che commette crimini terribili per poi scomparire nel nulla. La sua identità è un mistero per tutti, tranne che per l'insospettabile Dr. Jekyll.
Di Stevenson da segnalare anche i romanzi L'isola del tesoro e La freccia nera.
2.  Robinson Crusoe, di Daniel Defoe
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Trama: Daniel Defoe, ispirandosi a una storia vera, racconta le peripezie di Robinson Kreutznaer, detto Crusoe, che, desideroso di avventura e di libertà, decide di lasciare la famiglia e abbandonare gli agi della vita borghese. All'età di soli 19 anni, parte quindi in cerca di fortuna, imbarcandosi da York su una nave diretta ai Tropici, ma il destino gli è avverso. Dopo un naufragio e la prigionia presso i pirati, Robinson Crusoe riesce a fuggire e approda in Brasile, dove acquista una piantagione. Ripartito alla volta della Guinea, per la tratta degli schiavi, naufraga ancora e si ritrova, unico superstite di tutto l'equipaggio, su un'isola presso le foci del fiume Orinoco. Vi resterà 28 anni. Completamente solo, si adatta alla nuova vita, utilizzando oggetti e attrezzi recuperati dalla nave incagliata e affrontando disagi e pericoli. Cattura un pappagallo parlante, unica compagnia per molto tempo; scrive un diario in cui racconta le sue avventure; si dedica alla lettura della Bibbia; libera ed educa il prigioniero di una tribù di cannibali, a cui dà il nome di Venerdì e che diviene suo servitore e compagno...
3. I viaggi di Gulliver, di Jonathan Swift
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Trama: questo romanzo allegorico-avventuroso narra i viaggi di Lemuel Gulliver, medico di bordo che, durante i suoi viaggi marittimi, incontra popolazioni fantastiche su isole immaginarie che, a prima vista, sembrano paradisi terrestri. ma non sfuggono in realtà ai difetti e alle ipocrisie tipiche dell'umanità indipendentemente da forma o dimensioni, siano essi minuscoli o giganti, guerrieri o studiosi.
4. Persuasione, di Jane Austen
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Trama:  Al centro della vicenda Sir Walter Elliot, uomo orgoglioso e pieno di sé, e le sue tre figlie, Elizabeth, Anne e Mary. Rimasto vedovo assai presto, Sir Walter affida la giovane figlia Anne alla sua tutrice perché ne curi l'educazione. Ma, innamoratasi di un giovane ufficiale di Marina, su sollecitazione della sua mentore che ne sottolinea di continuo la mancanza di mezzi Anne rompe il fidanzamento. Otto anni dopo però lo rincontra. Amaramente pentitasi del passo compiuto a suo tempo, decide quindi di giocarsi ogni possibilità.
5.  Jane Eyre, di Charlotte Bronte
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Trama: Jane, una povera orfanella che ha trascorso la fanciullezza in un triste asilo di Lowood, dopo anni di stenti e di solitudine, viene assunta come governante in casa Rochester. Il cinico padrone finisce per innamorarsi di lei ma quando si sta per celebrare il matrimonio, una scoperta viene a sconvolgere la vita della fanciulla: la moglie di Rochester, creduta morta, è ancora in vita, prigioniera della pazzia.
6. Sherlock Holmes, di Arthur Conan Doyle
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Trama: Sherlock Holmes rappresenta l'investigatore per antonomasia, criminologo e uomo d'azione, dotato di un'altissima capacità deduttiva con la quale cerca prove fisiche e materiali per risolvere le sue indagini con l'aiuto del Dottor Watson fedele spalla di Holmes, che in questi racconti svolge la funzione di io narrante.
7. Jude l'oscuro, di Thomas Hardy
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Trama: Il protagonista della storia è Jude Fawley, un giovane uomo appartenente alla classe più umile della società, il cui sogno nella vita è divenire letterato. Altri due personaggi cruciali del racconto sono la volgare prima moglie di Jude, Arabella, e Sue, la cugina di cui si innamora perdutamente.
8. L'uomo invisibile, di H. G. Wells
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Trama: Griffin, brillante fisico londinese, sa di avere un'unica arma per riscattarsi da una vita piuttosto amara e povera di riconoscimenti: il proprio genio. Il suo lavoro consiste nello sviluppare nuove sensazionali tecniche, il suo scopo è ottenere il rispetto dovuto alle menti eccelse. Quando mette a punto un procedimento che gli permette di rendere invisibili gli oggetti, decide di provare su di sé quella scoperta rivoluzionaria, ma i risultati sono ben diversi da quelli che immaginava. Essere invisibile comporta parecchi inconvenienti, e forse non è poi così vantaggioso sottrarsi alla vista degli altri, a meno che non si voglia sfruttare l'invisibilità per fini perversi, come ad esempio incutere terrore.
9. Il libro della giungla, di  Rudyard Kipling
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Trama: Un bambino si è smarrito nella giungla indiana. È molto piccolo, cammina appena; è tenero e indifeso, ma qualcuno è già sulle sue tracce: si tratta di Shere la malvagia tigre che odia gli uomini, e che ha intenzione di sbranarlo. Un branco di lupi decide di adottarlo e di chiamarlo Mowgli. Il cucciolo d'uomo cresce tra le attenzioni e le cure dei lupi e degli altri abitanti della giungla con cui ha stretto amicizia, ma un grosso pericolo lo minaccia: Shere Khan è tornata e non intende risparmiarlo. Non c'è più posto per Mowgli nella giungla...
10. Dieci piccoli indiani, di Agatha Christie
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Trama: Una casa misteriosa su un'isola deserta, lontana dal resto del mondo. Dieci persone che non si sono mai incontrate prima, accomunate solo dal fatto di avere tutte un inquietante passato e riunite da una serie inspiegabile di inviti. Un ospite misterioso che non si fa mai vedere. E un'assurda filastrocca per bambini che ritorna ossessivamente, scandendo implacabile una successione di omicidi.
Onorevoli Menzioni:
I racconti di Canterbury, di Geoffrey Chaucer
Ivanohe, di Walter Scott
Pamela, di Richardson
La Cittadella, di Archibald C. Cronin
Silas Marner, di George Eliot
L'importanza di chiamarsi Ernesto, di Oscar Wilde
Il signore delle mosche, di Wlliam Golding
Cuore di tenebra, di Joseph Conrad
Alice nel paese delle meraviglie di Lewis Carroll
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celestica-1988 · 1 year ago
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"La creazione di uno spirito sovraeccitato. Devo prendermi cura di te, mio tesoro. Non hai i nervi fatti per le forti scosse." "Stia certo che i miei sensi non mi hanno ingannato. Quell'essere era vero, e il fatto è realmente accaduto. "E i tuoi sogni precedenti erano veri anche quelli? Thornfield è una rovina? E io son diviso da te da ostacoli insuperabili? Ti ho lasciato senza una lacrima, senza un bacio, senza una parola?" "Non ancora." "Sto per farlo? Ecco, il giorno che ci deve unire indissolubilmente è già cominciato; e una volta uniti, questi terrori immaginari non avranno più luogo: te lo garantisco." "Terrori immaginari? Lo fossero! E ora lo vorrei ancor di più, dal momento che non può spiegarmi il mistero di quella terribile visitatrice." "Se non posso spiegarlo, Jane, deve essere per forza non vera." "Signore, così mi dissi alzandomi questa mattina, e girai gli occhi intorno per prender coraggio dalla presenza dei cari oggetti familiari alla piena luce del giorno: ma ecco sul tappeto, a smentire la mia ipotesi, il velo strappato in due pezzi da cima a fondo."
-Jane Eyre, Charlotte Bronte
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gregor-samsung · 3 years ago
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“ Alcune macchie sul muro sembravano un arcipelago, bastò mettere dei cartellini con i nomi delle isole e la parete della piccola casa contadina di Panarea, sembrò dipinta apposta come carta dell'arcipelago. I nomi delle isole erano in parte veri e in parte inventati, c'era Vulcano, Lipari, Dattilo, Basiluzzo, Panarea ma, siccome le macchie erano di più delle isole vere, così mettemmo anche Panaruzzo, Liparea, Salinea, Stromboluzzo, e via dicendo. Alberto ed io ci divertimmo molto, poi, spinti dall'interesse al gioco delle relazioni visive, osservammo gli oggetti che erano in questa piccola e quasi vuota casa, e scoprimmo che lo sportello quadrato di ferro del forno poteva sembrare uno scudo, e il frattazzo una paletta da combattimento, li esponemmo in questo modo. Pensavamo di invitare gli amici che in quel periodo erano venuti con noi a passare le vacanze estive a Panarea, all'inaugurazione di un Museo Inventato Sul Luogo. Trovammo un sasso ligneo, usato dagli indigeni come galleggiante, prima della scoperta della pietra pomice. Trovammo una presunta statuetta della moglie del pescatore (in realtà era una radice secca di una pianta di capperi); trovammo una cintura di castità eoliana, di ferro, con due fori, tutta arrugginita. Trovammo una scultura lignea raffigurante probabilmente un delfino. Trovammo una scheggia di gamba di legno da pirata, grande come una matita, dalla quale ricostruimmo un intero pirata, a disegno su di un foglio bianco con la scheggia al posto giusto nella gamba di legno (fu in questa occasione che nacquero le Ricostruzioni Teoriche di Oggetti Immaginari). Trovammo infine un Frammento di Residuo, di origine incerta e di uso ignoto, sulla spiaggia verso Stromboluzzo e lo presentammo come dono del Prof. Filicudo Filicudi, patrocinatore del Museo Inventato. La sera dell'inaugurazione, quando il cielo era ancora chiaro, poiché a Panarea in quei tempi non c'era luce elettrica, invitammo gli amici a vedere il Museo. Il Prof. Filicudo Filicudi mandò un messaggio scritto su una foglia di ficodindia, dicendo che non poteva assistere alla inaugurazione ma che avrebbe mandato le sue forbici personali per tagliare il nastro. Gli amici ammirarono il museo, Piero di Blasi fece delle fotografie, si bevve il vino locale e si mangiarono le mandorle dell'albero che stava davanti alla porta del Museo. Venne buio e tutti accesero le loro pile e si restò a conversare fino a tardi. I fiori dei capperi si aprono al buio e l'aria ne era tutta profumata. Il giorno dopo dovemmo distruggere il Museo perché cominciavano ad arrivare i turisti che lo credevano vero. “
Bruno Munari, Fantasia, Laterza, 1977¹; pp. 197-202.
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ideeperscrittori · 4 years ago
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Un anno di pandemia. Compongo scioglilingua con la parola "droplet". Al posto dei film mentali faccio conference call mentali. Ho incubi in cui mi manca persino la gente. Gli oggetti più insignificanti mi sembrano metafore di inverni post-nucleari. I miei castelli in aria poggiano su una nuvola dichiarata zona rossa dalla realtà. Frequento liberamente amici immaginari perché quando non esisti è difficile che tu abbia una carica virale significativa. Ma per sicurezza li ho immaginati con la mascherina. Per il resto tutto bene.
— L'Ideota
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rraskolnikovv · 4 years ago
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nel sonno, a parte la percezione, tutte le facoltà dello spirito, intelligenza, immaginazione, memoria, volontà, moralità, restano intatte nella loro essenza; solo che si applicano oggetti immaginari e in movimento. Il sognatore è un attore che recita, di propria volontà, la parte del pazzo e del saggio, del carnefice e della vittima, del nano e del gigante, del demonio e dell’angelo.
-Sigmund Freud
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sguardimora · 5 years ago
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La coreografa e danzatrice Paola Bianchi è la prima artista ad essere in residenza nel teatro nel bosco di Mondaino dopo i quattro mesi di lockdown che hanno tenuto in stand-by la maggior parte dei luoghi e dei corpi. OtherNess, uno dei tasselli che va a comporre il macro progetto ELP, è un solo che si origina da uno sguardo multiculturale. La ricerca di Paola si apre oltre i confini occidentali e il nuovo archivio di immagini, ancora in via di sviluppo, sul quale lavorerà per la ricerca coreografica, si fa carico di un immaginario che pur provendo da luoghi spesso vicini, corrisponde ad altri mondi e ad altre visioni. “Ho chiesto ad alcune persone provenienti da paesi stranieri quali fossero le immagini pubbliche impresse nella loro retina che anche dopo molto tempo continuano a essere vive nella memoria visiva. Immagini che hanno attraversato mari e terre per chilometri e chilometri, superando confini, luoghi e nazioni, custodite negli occhi, fissate nella memoria di esseri umani erranti” ci racconta Paola e sottolinea che nella sua visione i colori dominanti sulla scena saranno di nuovo il bianco e il nero ma cambiati di posto. Allora quelle immagini, scelte per essere incarnate nelle posture che andranno a comporre la scrittura coreografica, non saranno solo degli “oggetti” per la danza; al contrario il medium fotografico sembra andare a costruire un ulteriore livello, una metafora, per quel frame seriale dentro cui si iscrive il progetto. Infatti se nella fotografia il positivo che vediamo corrisponde al negativo che lo svela, si potrebbe dire che questa tensione scorre tra il primo solo Ekphrasis e il nuovo OtherNess. I due differenti immaginari, che fanno da humus creativo per le due composizioni, vivono in una sorta di simbiosi e a farsi medium è il corpo stesso.
Lo spazio in cui Paola si muove è delimitato da un perimetro circolare di piccole dimensioni. Lì, concentrato più spesso nel centro di quella circonferenza che fa da perno vitale alle azioni, il corpo si muove pulsante, carico di una tensione che prova a trovare una via di fuga dall’immobilità, rompendo quella stasi congelante che lo scatto fotografico impone. 
Intorno la vicinanza degli sguardi si fa inquieta e potente, con un senso che si carica emozionalmente, ma anche politicamente: essere di nuovo insieme ad altri in uno spazio ad assorbire la bellezza di un’azione creativa ancora in gestazione. 
*I passages dalla residenza
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corpusdargento · 5 years ago
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Ha senso esprimersi?
Ho lasciato fluire queste giornate, con questo giro pindarico perpetuo in questi albe e tramonti ciclici da capogiro... e loro hanno girato probabilmente senza me in questa giostra spaesante, e sono fluite come un taglio verticale sulle braccia immerse in una vasca calda.
Non posso più avere quest'ansia mentale di dover programmare i miei parti d'immaginario quando le chiacchere accellerano su sfondi vergini, e mettere continuamente per iscritto, questo horror vacui e feticismo accumulatorio, che oramai ha fatto muffa.
Così ho smesso anche di mettere parole in fila subito appena posso, ricordando queste danze immaginarie per anche quelle che sono state le Epifanie notturne e appena sveglio, che accompagnano per fortuna un nuovo coraggio di gustare questo boccone ingombrante che è l'assimilare organicamente le mie scomode consapevolezze.
E così mi trovo ancora nel loop, sommerso di balocchi, oggetti, vestiti che con uno schiocco mi condannano a pestare scartoffie, calzini che sbucano da pantaloni rendendo -infantilmente parlando- la mia camera il centro caotico dell'universo. Avrò oltre 1000 euro di gear musicale sulla mia seconda scrivania provvisoria e 10 euro sulla carta, e sono solo 4 cazzo di strumenti, e non mi sento ne soddisfatto ne grato...anzi imbrazzato. E così ogni volta che mi accingo ad andare a letto sposto sulle sedie ricolme di vestiti raccattati negli anni le mie due vecchie chitarre che mi strimpellano un ottima mano abbandonata penso circa 7 anni fa su due piedi.
Non posso ora raccontare quello che sono stati i miei silenzi dopo un paio di film in questi ultimi 10 giorni, l'essere uscito di casa e di testa all'ultima violenza verbale di mia sorella, dove scappando nel parco a 10 minuti da casa mia che fosse notte fonda o che fosse l'imbrunire ho reagito con silenzi insostenibili.
Ho sentito in tutto questo un indelicatezza disarmante che non riesco a racimolare in un quadro che mi dia un immagine sostenibile, e in quella che è stata la mia chiamata sul prato a Gd con io tremante di lacrime e lei che piangeva dopo un ora di queste giganti discorsi... mi uscivano dal petto con più naturalezza di un istinto materno... verità mai così nude. E così si ergevano con trasparenze da record e con una razionalità sorda e abissale che doveva equilibrare quella tempesta di nebbia che era la caduta libera della mia spinta emotiva, ogni giorno troppo latente e battente.
Butto giù butto giù eppure ogni giorno mi sveglio presto come non ho mai fatto, e tutto rallenta solo ed esattamente tra le 18 e le 19 dove vorrei tutto... fuorché tutte queste cazzo di luci artificiali, tutto sto baccano, e tutti questi schermi, la musica, il telefono che per fortuna già da solo mi ha impossibilitato di usarlo prima che lo abbandonarsi con tremenda gioia, e tutte le mie cazzo di distrazioni altisonanti.
Non voglio più una donna nella mia vita nel mio letto ad accompagnare sogni personali... eppure prima di morire soffocato da incubi in cui partecipano tutti, prima che si apra il sipario ci sono le mie fantasie melanconiche, e anche se lattiginosa, essa è la mia nostalgia irreale che cammina sempre su gambe zoppe nei limiti della mia ombra e mi accompagna anche insieme all'assenza di desiderio di ricongiungimento. Non voglio più soldi per ingrassare di giocattoli musicali sentendomi ingrato di non macinare soldi alla mia età; e Non vorrei vedere praticamente nessuno anche se ne sarebbe strettamente necessario e doveroso date le mie incapacità latenti.
Tutto è così irreale e non voluto in tutta la sua fortuna, e io aspetto solo il giorno per dare un senso a queste merde di giornate in cui mi accomodo in un divano di abitudini e vizi, in questa ruota che gira in tutta la mia immobilità nel guardare.
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liviaserpieri · 5 years ago
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Il soggetto eccentrico è uno che è tale perché spesso ha delle idee molto confuse consciamente o meno su ciò che è desiderabile socialmente. E’ uno che maneggia un’estetica pensando principalmente a ciò che desidera per se, ciò che è bello per lui, o per lei – e che fa capo a un immaginario che probabilmente è almeno all’inizio – molto meno condiviso di quanto è orientato a credere. Anzi, il soggetto eccentrico ha un rapporto estremamente conflittuale con i codici culturali del contesto in cui è immerso, ne è attratto e respinto, li sente desiderabili ma spesso impraticabili, ha un’appartenenza ma una dissonanza, li prova a toccare ma ne rimane bruciato, li disprezza ma si sente inadeguato – va allora ad abitare un mondo suo, esteticamente minoritario ma convintamente condiviso che considera genuinamente interessante e che è spesso l’eredità adulta dei mondi immaginari e separati che frequentava da bambino, quando cominciava piuttosto precocemente a dimostrarsi meno attrezzato di altri al campo relazionale ed era, molto solo e isolato. Per via di quella inadeguatezza precoce, il soggetto eccentrico è spesso qualcuno che per comunicare deve costruire dei ponti complicatissimi e pieni di decorazioni e simboli, anche a fronte di ruscelli molto esigui da attraversare. Comunica cioè allestendo distrazioni dalla comunicazione, raggiunge l’altro rallentando il contatto. (Questa costruzione di ponti contraddittori, ponti pieni di bellissimi cancelli, è non di rado la chiave di senso della pulsione artistica, che produce oggetti che vadano faticosamente dall’altro – e negli oggetti di quella fatica c’è l’opera d’arte  – capiscimi senza arrivare a me)
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chez-mimich · 4 years ago
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CARLO BENVENUTO: L’ORIGINALE
 Pensare che nella ricerca fotografica di Carlo Benvenuto ci sia solo Giorgio Morandi è sicuramente riduttivo, anche se quando si parla di intimità degli oggetti, dei loro equilibri, della loro essenza e, persino, della loro “anima”, il confronto che per primo viene alla mente per chi ama le arti visive è quello col grande pittore bolognese. Ed è anche ovvio che sia così perché è raro trovare in un fotografo un tale rapporto di intimità domestica con l’oggetto rappresentato. Le sue grandi fotografie sono esposte al MART di Rovereto, in una magnifica mostra, nata da un’idea di Vittorio Sgarbi dal titolo “L’originale” e curata da Gianfranco Maraniello, aperta fino al prossimo diciotto ottobre. La fotografia di Carlo Benvenuto comporta una adesione sensoriale, più che sentimentale all’oggetto rappresentato, una rappresentazione apparentemente algida, ma che si raggiunge solo attraverso una conoscenza intima, mi verrebbe da dire attraverso uno scandagliamento domestico maniacale alla ricerca di proporzioni, angolazioni, effetti di luce, profondità di campo. Si tratta di tavoli, specchi, sedie, piatti, tazze, bicchieri, e teiere, anche in immaginari ed ironici dialoghi con biscotti. Una fotografia di amplissime superfici che ci dimostra come il vuoto non sia il contrario del pieno e che gli oggetti non meritano il nostro guardo distratto, ma attenzioni (stavo per dire devozioni). Proprio quello che fa Carlo Benvenuto nella quotidianità domestica: confronta gli oggetti, li misura, li tocca, li posiziona, li illumina. Un modo di operare per “progettualità visiva” che ho sempre apprezzato, a volte anche di più delle improvvise folate di genialità di cui sono preda molti artisti, ma sotto la cui scorza sembra non esserci questo mirabile lavoro di analisi e di ricerca alla ricerca de “L’originale”, termine volutamente ambiguo che potrebbe significare il modello archetipico, come potrebbe essere usato come aggettivo, magari persino riferito all’artista stesso.
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fashionbooksmilano · 6 years ago
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Homo Faber Crafting a more human future
Master artisans Exceptional objects A new perspective
Talento Passione Creatività Oggetti d’autore
Marsilio, Venezia 2018, 168 pagine
euro 18,00*
email if you want to buy :[email protected]
Homo Faber è stato un evento di rilevanza internazionale dedicato alla maestria del fare artigiano. L'intenzione era quella di far conoscere, promuovere e valorizzare i mestieri d'arte, contemporanei e tradizionali, e il mondo del design, attraverso un ricco percorso di dimostrazioni dal vivo o realtà virtuale. La prima edizione dell'esposizione, che mira a rimettere al centro dell'attenzione l'uomo e promuove un consumo più selettivo e consapevole, ha avuto luogo su una superficie di ben 4.000 metri quadrati, tra gli edifici della Fondazione Cini, tra chiostri, gallerie e l'ex piscina. Il volume analizza le sedici sezioni di Homo Faber, e include i testi dei curatori dei padiglioni che accompagnano il lettore nel viaggio nel mondo del saper fare della tradizione artigiana. Le numerose immagini illustrano il percorso, partendo dalle fotografie di Susanna Pozzoli, passando per i grandi maestri delle maison del lusso internazionale, fino ad arrivare alle architetture immaginarie della designer India Mahdavi.
orders to:     [email protected]
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cutulisci · 6 years ago
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[...] - Più passano gli anni, più i bambini diventano fragili. Hanno braccia da rondinelle e pelli da piccoli animali in mutazione, dita pulite o dita sporche, lingue blu per le troppe caramelle, tatuaggi a penna nera e rossa sulle mani e gli avambracci, sorelle e fratelli che stanno per nascere, febbri misteriose, dolori nel traghetto da un'ora all'altra. Tra le cose che mancano, sicuramente le aspirine. E una grande stanza in cui calmarsi, prendere fiato, far passare la nebbia. - Il loro branco sopravviverà per sempre, ne sono sicuri. - Chiamano casa a tutte le ore, ma a volte non c'è nessuno. In questi casi, il magone si addormenta da solo. - Gli oggetti che lanciano volano troppo in alto, oppure rasoterra. Le traiettorie sono sghembe, i movimenti troppo bruschi o al contrario sognanti, imbambolati. Ogni giorno i bambini si muovono su un palcoscenico di festa; ogni giorno è il compleanno di qualcuno e in aria volano palloncini invisibili, si tagliano torte immaginarie, si stappano bottiglie di Fanta e si versano sui tappeti, mentre mamme invisibili portano tovaglioli per asciugare il bagnato. L'atmosfera, qualunque sia l'ora, è quella di eccitazione che precede l'apertura dei regali. I bambini sembrano ubriachi, ma è solo gioia pre-puberale di trovarsi tutti insieme, chiusi in una stanza, in un posto diverso da casa. [...]
Bambini fragili di Marilena Renda
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jacopocioni · 2 years ago
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Museo Stibbert
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Thomas Stibbert, colonnello delle Coldstream Guards, giunse in Italia dal Norfolk dopo le campagne militari contro Napoleone a Roma e poi a Firenze dove si sposò con una donna Toscana Giulia Cafaggi. Dalla loro unione nacque Frederick nel 1838, influenzato dalla cultura Inglese del padre, indiana del nonno (governatore del Bengala)  e italiana grazie alla madre, nel 1866 si guadagnerà una medaglia d'argento affiancando i Garibaldini. Con la maggiore età entrò in possesso del patrimonio familiare che riuscì a far fruttare con buoni investimenti. Appassionato collezionista nel 1906, alla sua morte, donerà a Firenze uno stupendo museo ricco di armi bianche e da fuoco che vanno dal medioevo alla fine del 1800. Nel Museo Stibbert, sito in via Federigo Stibbert 26, si apprezzano collezioni di armi e armature del XII, XV, XVI secolo di origine Italiane, Francesi, Tedesche, Islamiche e Giapponesi. A parte qualche errore espositivo, dove alcune armature sono mescolate con altre di tipo diverso ed epoca diversa, il museo è davvero ricco sia di quantità che di qualità di armi e armature medievali soprattutto del 1400 e del 1500.
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I manichini, in tutto il museo, indossano armature e simulano cavalcate verso guerre immaginarie sfoggiando tutta la loro bellezza e forza bellica. Un paradiso per ogni appassionato di questo periodo storico. La maggior parte delle armature sono esposte senza neanche essere protette da una teca e questo permette al visitatore di avvicinarsi sino a sfiorarle con il naso. Intarsi ed abbellimenti delle armature possono essere così fruibili a tutti. In alcune teche vengono esposte manopole, spallacci, elmi, spade, lance, salvare, picche, partigiane, daghe, fucili e pistole. Un occasione unica per gli amanti e appassionati.  La visita viene condotta e resa fruibile attraverso gli stessi custodi che illustrano e spiegano, senza approfondire troppo, quello che viene mostrato. Il loro principale compito è accompagnare il turista controllando che non tocchi niente e regolando la permanenza degli stessi nelle varie stanze letteralmente sommerse fino al soffitto di oggetti bellici pieni di fascino.
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Riccardo Massaro Read the full article
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