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Roma. Spadafora: Una 'primavera' tra PD E M5S
Roma - Vincenzo Spadafora, già ministro e poi sottosegretario con delega allo Sport e alle Politiche giovanili nei passati governi ed ex coordinatore di Impegno Civico, dopo "un anno e mezzo di lavoro sui territori" lancia l'associazione Primavera, collocata nel centrosinistra e rivolta a chi "non si riconosce nel Pd di Elly Schlein e il M5S di Giuseppe Conte"
Roma – Vincenzo Spadafora, già ministro e poi sottosegretario con delega allo Sport e alle Politiche giovanili nei passati governi ed ex coordinatore di Impegno Civico, dopo “un anno e mezzo di lavoro sui territori” lancia l’associazione Primavera, collocata nel centrosinistra e rivolta a chi “non si riconosce nel Pd di Elly Schlein e il M5S di Giuseppe Conte”. Ai microfoni dell’agenzia Dire,…
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Sei di Denari
"Marzo: la Primavera del Cuore"
Benvenuto Marzo!
L'Energia di questo Mese ci accoglie nel suo infinito Amore per la Vita, con movimenti emotivi intensi, veri, profondi.
D'ora in poi il "Disgelo dell'Origine" abbraccerà con affetto e commozione il nostro bambino interiore, spalancando nuovi orizzonti, definendo contorni di Direzione ben tratteggiati e delineati e aggiungendo al nostro viaggio terrestre una serie di accadimenti forti, materiali, concreti per suggellare questo nuovo patto esistenziale.
L'individuo si muoverà nel Nuovo, attivato da Codici Diamantini di misteriosa provenienza.
Resterà ancora attivo, per un lungo periodo, il potenziale destrutturativo dei Codici Collettivi, nodo non semplice da sbrogliare, noto generatore di apprensione generalizzata e di una diffusa resistenza al cambiamento.
Ma è tempo di inevitabile progresso e di intensa trasformazione.
Non mancheranno di stupirci i nuovi ordini economici, politici e culturali. Saranno "manovre planetarie" vissute come sofferte e sofferenti per chi non coglierà l'opportunità celata dietro al velo dell'Oscurantismo.
Nei prossimi mesi assisteremo all'avvicendarsi di "Vecchio e Nuovo" che si alterneranno nelle sedi globaliste del potere.
Creeranno scompiglio.
Ogni frattura con il Vecchio verrà vissuta dalle comunità di individui con angosciante apprensione.
Ma sarà inevitabile oramai la "forzatura di sistema".
Il Collettivo deve crescere, maturare, abbandonare l'infantilizzato mondo della "schiavitù di sistema".
Le notizie si susseguiranno senza sosta. I colpi di scena animeranno una Primavera che sembrerà non avere mai fine.
Avvenimenti impattanti e a lungo attesi dall'Umanità (seppur altamente temuti per la nota "paura di morire" degli Antichi Codici) renderanno scoppiettanti e infuocate le giornate della Rivoluzione.
Esse proseguiranno senza sosta per mesi e mesi, con l'avvicendarsi di notizie vere ed autentiche, mischiate a manipolazioni di massa di Arcaica Fattura.
L'individuo dovrà aver maturato "presenza e radicamento" per affrontare con serenità e distacco l'avvicendarsi del crollo imperiale del Vecchio Mondo.
Esso si disvelerà attraverso un simpatico "siparietto dell'Assurdo", con scene raccapriccianti e rappresentazioni distopiche e surrealiste della realtà, tipiche della "follia collettiva di matrice grottesca".
Ma i Re sono nudi da parecchio tempo. E spogli da qualsiasi protezione.
E a nulla varrà la loro ultima "comparsata" ad effetto.
Tutto sarà destinato a finire. Per sempre.
Dentro è già accaduto. Ed ora, con sacra pazienza e accettazione, accadrà anche fuori.
Se il Collettivo nei prossimi mesi, muoverà i suoi primi timidi, ma impattanti, passi verso la Liberazione dagli Schemi di Disfunzione, a livello individuale si plasmeranno le prime vere "scelte consapevoli" provenienti dai recenti Codici di Attivazione.
Molte Anime si ritroveranno ad affrontare il Mondo attraverso gli occhi puri della Verità.
E dovranno adattare ogni comportamento e decisione al Sentito Interiore. Con coerenza e rispetto, verso gli Altri e verso il loro Stesso movimento interiore.
Con Sacralità e Responsabilità.
Ogni gesto agito con immaturità e arroganza, verrà destituito dal Sistema Interiore, generando chiusura immediata di ogni via di accesso al Nuovo.
Questo genererà tante "deviazioni di percorso" (anticamente denominate "porte in faccia") a coloro che si aggrapperanno nell'agito, nella "messa a terra", ancora all'inconsapevolezza dell'automatismo di disfunzione.
La Terra respingerà tutto ciò che risulterà disallineato alla sua nuova Frequenza.
Renderà visibile, l'invisibile.
Dove troverà purezza di Cuore e di Intento, sosterrà il movimento con Doni immensi e Strade spianate. Ma dove l'agito odorerà di muffa e di Vecchio Schema, spegnerà sul nascere ogni tentativo di innesto.
Marzo inaugurerà un ciclo di fervente sperimentazione dei nuovi strumenti, delle nuove idee, della progettazione di esistenze sostenibili, allineate, espanse.
Le Nuove Frequenze agiranno da motore per rappresentazioni di "prova" atte a testare nella Materia la presenza o meno di residui di Antichi Funzionamenti, per rinnovare e ricongiungere Maschile e Femminile in un riconciliato movimento d'Amore interiore ed anche esteriore.
Vedremo manifestarsi inimmaginabili "miracoli emotivi".
Ma anche tante "cadute rovinose".
La Verità sarà visibile a tutti.
Diverrà doloroso "rotolarsi" nel Vecchio fango. Soprattutto per coloro che, fermamente convinti di "essere nel Nuovo", inciamperanno improvvisamente su dimensioni e costrutti relazionali e comportamentali legati al Passato.
Ci stupiranno invece favorevolmente e con effetti speciali coloro che, silenziosi e silenti, nella loro sacra "riservatezza interiore" e apparente incapacità di evoluzione, manifesteranno un improvviso e scintillante "moto di Rinascita".
Senza clamori, senza annunci o proclami, senza grandi consapevolezze coscienti. Solo col Cuore.
Essi saranno i "veri eletti".
E ci insegneranno a "comportarci", da Uomini, da veri Uomini.
La "dignità" li renderà "speciali". La forza di volontà e il coraggio saranno stati la loro unica, vera ed autentica espressione della Diamantina Purezza. E diverranno i "leader" del Futuro. Le Guide dell'Umana Rivoluzione.
Marzo li attende al Varco.
E loro, stavolta, non si faranno attendere.
Buon inizio Marzo ... sì ... perché questo è solo l'Inizio.
Occhi aperti e Cuore espanso.
Mirtilla Esmeralda
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UNA CONGIUNTURA DI GUERRA
Ciclo di incontri
La guerra non è mai scomparsa dalla storia. Nell’ultimo trentennio, dalla prima guerra del Golfo ai Balcani negli anni Novanta, passando per l’Afghanistan, l’Iraq e le decine di conflitti in Africa nei primi vent’anni dei Duemila, numerosi fronti bellici hanno costellato l’approfondirsi dei processi di globalizzazione. Le recenti devastazioni in Ucraina e in Palestina che stanno accompagnano il periodo post-pandemico segnano tuttavia una forte discontinuità. Quello che è cambiato rispetto al passato è infatti una accelerata trasformazione del contesto economico-politico a livello planetario. La crisi dell’egemonia statunitense e l’affermarsi di una dimensione multipolare stanno infatti ponendo sempre più al centro la guerra come forma di gestione delle contese tra numerose potenze per il controllo degli spazi globali.
Siamo di fronte a una dinamica di escalation bellica che pare inarrestabile. Escalation non significa solo il continuo aumento di morti e devastazioni lungo le linee dei fronti di guerra. Indica piuttosto un complessivo ri-orientamento della società-mondo verso la forma-bellica. Siamo in altre parole di fronte alla diffusione di una serie di regimi di guerra che ridefiniscono i panorami economici, politici, culturali e antropologici del nostro presente. Una società proiettata verso la guerra è una società in cui la ricerca sulle tecnologie viene guidata da esigenze militari, in cui la formazione delle nuove generazioni si piega verso la disciplina con le proposte di una nuova leva obbligatoria, in cui l’industria si organizza per la produzione di nuovi armamenti, in cui la circolazione delle merci deve fare i conti con nuovi colli di bottiglia, in cui le risorse pubbliche si spostano dal welfare al warfare, in cui il dissenso politico diventa nemico interno, in cui la competizione per le risorse finanziarie e materiali si fa sempre più armata, in cui il lavoro produttivo e riproduttivo viene irregimentato anche per via dell’esasperazione di sessismo e razzismo.
La sensazione è sempre più quella di vivere su un piano inclinato, nel quale una serie di interessi economici e politici tendono in modo automatizzato verso l’esplosione della guerra a tutte le latitudini. La guerra viene da più parti vista come il modo più semplice per tagliare la complessità del presente, per uscire dalla policrisi che lo caratterizza, per riordinare la confusione planetaria, per rilanciare le economie in crisi, per imporre nuove egemonie o per difenderne di vecchie. Questa devastante inclinazione va posta al centro della riflessione pubblica e politica. Per questo abbiamo organizzato un ciclo annuale di incontri che intende pensare e discutere la congiuntura bellica per elaborare strumenti di comprensione critica del presente e delle sue tendenze a partire da una molteplicità di prospettive.
10 Ottobre 2024, ore 17.00 Pensare la guerra oggi con Laura Bazzicalupo, Carlo Galli e Sandro Mezzadra @ Mediateca Giuseppe Guglielmi, Via Marsala 31
5 Novembre 2024, ore 14.30 Guerra nell’età ibrida. Caos sistemico, zone grigie, connettività Introduce: Sandro Mezzadra Relazione di Damiano Palano Discutono Cristina Basili, Giorgio Grappi e Maurilio Pirone @ Sala riunioni di Santa Cristina (piazzetta G. Morandi 2)
12 Dicembre 2024, ore 18.30 Palestina globale con Ruba Salih, Ilan Pappé e Rafeef Ziadah @ aula III, via Zamboni 38
23 Gennaio 2025, ore 18.00 L’Europa contesa con Raúl Sánchez Cedillo e Nadia Urbinati @ sala Tassinari c/o Palazzo d’Accursio Piazza Maggiore
20-21 Febbraio 2025 Egemonie, imperialismi, economie e movimenti I° giorno ore 17.30, Intervista: Transizioni egemoniche / Fine dell’egemonia americana? con Michael Hardt (in collegamento) e Francesca Governa ore 20.45, Dialogo: Imperialismi e guerra civile mondiale con Maurizio Lazzarato e Sandro Mezzadra @ Ex Centrale, via di Corticella 129 II° giorno ore 17.30, Tavola rotonda: Movimenti sociali nella congiuntura bellica con Giso Amendola, Carlotta Cossutta, Maddalena Fragnito e Michele Lancione @ Aula Roveri, via Zamboni 38
20 Marzo 2025, ore 18.00 Anti-colonialismo e nuovi colonialismi in Africa con Francesco Strazzari e Mariasole Pepa @Biblioteca Amilcar Cabral, via San Mamolo 24
17 Aprile 2025 Media, finanza e scenari della guerra ore 17.00: Guerra ibrida, finanza e scenari con Silvano Cacciari e Claudia Pozzana ore 19.00: Il racconto della guerra con Domenico Quirico @Teatro del DamsLab, Piazzetta P. P. Pasolini, 5/b
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Militanti, militari e militi ignoti.
Il mondo e le vicende che lo coinvolgono sono in continua evoluzione, e meno male, così non ci si annoia e si progredisce sempre verso nuovi traguardi o quantomeno ci si muove su strade mai percorse. Del resto, come diceva Nietzsche “bisogna avere ancora un caos dentro di sé per partorire una stella danzante”, ed è quello che succede ai movimenti popolari e culturali ed anche a quelli politici. Sta succedendo anche all’interno del Partito Democratico: una rivoluzione continua con segretari che si susseguono, congressi e tesseramenti, correnti continuamente alternate ed alternative ad ogni precedente alternativa. Essendo tesserato e parte integrante del movimento politico angrese, mi sono reso conto che le varie anime che compongono il sodalizio locale, si potrebbero riassumere in tre “categorie”: i militanti, i militari ed i militi ignoti. Non ho velleità di sviscerare manifesti politici, tantomeno mi voglio arrogare la capacità di spiegare motivazioni o appartenenze varie, quello che mi interessa e che voglio condividere con voi, è solo la mia personale “catalogazione” degli iscritti. E quindi, rigorosamente in ordine alfabetico, cominciamo dai militanti. Il militante è l’iscritto storico, quello che ha l’anima avvolta nella bandiera del partito, ne abbraccia i progetti ma è sempre critico, vuol capire e farsi capire, si interessa disinteressatamente ad ogni iniziativa ed è pronto a sacrificare tempo e denaro per la “causa” politica che ha sposato. Ha le idee chiare sul da farsi e si aspetta che anche gli altri iscritti siano “fedeli” ai principi ispiranti. Il militare è colui che si “allinea” alle decisioni ed ai progetti, non si pone tante domande perché è persuaso che non compete a lui, lui segue la linea del partito ed il più delle volte è in prima linea nelle battaglie ideologiche e politiche che costellano il percorso del sodalizio cui ha dedicato il suo tempo e cui è devoto fino alla fine. C’è poi la figura del milite ignoto, questi è iscritto al partito perché il suo nome è inciso sulla “lastra di marmo” alla base del monumento ai caduti (l’elenco dei tesserati); egli durante le interminabili discussioni politiche nei bar o dal barbiere, respira l’aria del partito e ne difende a spada tratta le scelte e le iniziative; lo vedi, anzi lo vedevi, durante i comizi elettorali o nelle feste dell’unità; il suo “ci sono” è imperioso ed inequivocabile, ma resta solo un nome nell’elenco dei tesserati. Quasi non se ne conosce il volto, tanto è confuso nella nebbia; lo si nomina durante le votazioni, ma non è li per alzare la mano. Ognuno di noi iscritti può riconoscersi o meno in questo “album delle figurine”, è solo un gioco di parole teso a semplificare forse eccessivamente il mio pensiero ed il mio modo di vedere. Per quel che mi riguarda, aldilà di dove ognuno di voi pensa di collocarmi, io mi sento “militare”; non lo nacqui è vero, ma lo sono diventato, giorno dopo giorno, conscio dei miei limiti, ma altrettanto consapevole dei progetti cui tendo quotidianamente. Diceva Totò: “Siamo uomini o caporali?” Beh, io mi sento un caporale uomo e me ne vanto.
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Sfamali e divertili. Panem et circenses: ecco il modo per governare la gente.
Fintanto che un popolo ha lo stretto necessario per sopravvivere e fintanto che quel popolo viene divertito, il tempo per pensare viene meno. Chi pensa contesta, dubita, mette in discussione. Non può e non deve essere incoraggiato. Il Grande Fratello oggi non terrorizza ma seduce, diverte, ammicca; fa in modo che i cittadini siano continuamente impegnati. Assuefatti. Perché il popolo non deve vedere. E tantomeno capire.
I progressi compiuti in ambito civile, in difesa dei diritti dei lavoratori, sono stati smantellati a favore di uno sfruttamento sommerso ma implacabile che va a vantaggio soltanto delle grandi multinazionali. A ciò è seguita una progressiva erosione del potere d’acquisto, una povertà sempre più diffusa, una progressiva distruzione del sistema scolastico, della sanità, del “welfare” in nome di un capitalismo sempre più feroce. Tutti quegli ideali del secondo dopoguerra, le lotte della classe operaia, i movimenti studenteschi, la volontà di costruire una società non perfetta ma equa, sono cenere.
Il sogno gramsciano di risvegliare le masse dal loro sonno millenario, di renderle coscienti del potere che è racchiuso nella moltitudine, una moltitudine cosciente, organizzata, con uno scopo comune, è tramontato. La democrazia occidentale sta assumendo sempre più le vesti di una oligarchia, dove il popolo è ancora analfabeta perché non parla la lingua del potere, non ha gli strumenti per comprendere gli effetti, le conseguenze economiche, sociali delle decisioni politiche. Che fare?
Si sta raggiungendo un punto di rottura, ecco perché credo nasceranno nuovi movimenti, sociali, politici culturali, in grado di essere gli eredi, almeno in parte, del sogno gramsciano.
G. Middei
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IL COMMENTO
Trattato come un delinquente. Prima del processo aveva subito un provvedimento di allontanamento da Riace. Non poteva rientrare nel suo paese nemmeno per fare visita al padre vecchio e malato. Considerato peggio di un mafioso. Si dà il caso, però, che Mimmo Lucano non sia un mafioso, ma un cittadino onesto, buono e generoso. Una testa dura, come tante in Calabria. Ci troviamo di fronte ad una contraddizione clamorosa tra legge e giustizia. Non sempre la legge va d’accordo con la giustizia. Spesso per fare o avere giustizia si deve cambiare una legge. È stato fatto tante volte. Ma è un processo lungo e laborioso. Richiede a volte battaglie, movimenti, petizioni popolari, referendum, prima che il parlamento si decida a cambiare una legge ingiusta o a promuovere dei diritti. È stato così per lo Statuto dei lavoratori. È così per lo ius soli. È stato così per il delitto d’onore, per l’aborto, per il divorzio, e tanti altri esempi si potrebbero fare. Il diritto, che sta alla base della legge, si evolve, segue la storia, si aggiorna in base ai mutamenti storici e politici. Al tempo dei greci e dei romani, la schiavitù non era illegale. Nel medioevo i privilegi feudali e la servitù della gleba erano legali. Il diritto non è neutro. Il più delle volte si limita a codificare norme, convenzioni, costumi, già in uso. Trasforma in legge lo status quo. In genere prende atto dei rapporti di potere. Con la rivoluzione francese la borghesia nascente rovescia il vecchio mondo feudale, plasmato a misura dell’aristocrazia, stretto da vincoli, privilegi e regole che impedivano l’accumulazione del capitale, il libero mercato e lo sviluppo industriale. Per andare a tempi più recenti, durante i governi a guida Berlusconi abbiamo visto anche leggi ad personam, reati declassati o spariti dal codice da un giorno all’altro. Il diritto, dunque, è stato sempre modellato sulla base degli interessi della/e classe/i al potere. È la storia. Fuori della storia e del buon senso sono i giudici di Locri. Per fare funzionare il modello Riace, un modello di accoglienza e di inclusione studiato in tutto il mondo, Mimmo Lucano ha dovuto infrangere leggi vecchie e inadeguate. Come quella, ad esempio, che non dà diritto ai bimbi che nascono e studiano in Italia di avere la cittadinanza. O come quella che nega la casa popolare, il diritto ad un alloggio agli immigrati regolari che sono residenti in Italia da meno di 10 anni. Mimmo Lucano si è inventato il lavoro, ha messo in movimento un’economia asfittica. E per fare questo ha dovuto inventarsi perfino una moneta alternativa. Un modo che permettesse ai nuovi arrivati di vestirsi e di mangiare, fino a quando il ministero dell’Interno, guidato allora da Marco Minniti ( e poi da Salvini), non si fosse degnato di trasferire un po’ di soldi per pagare i fornitori. A Riace case, botteghe artigiane, negozi, avevano riaperto i battenti. Il paese si era ripopolato, ritornando a nuova vita, al contrario di tanti paesi morti della Calabria. Ai coccodrilli che piangono per i borghi abbandonati, il sindaco di Riace aveva mostrato una via concreta per la rinascita. Un’alternativa allo spopolamento e all’abbandono dei villaggi. Dopo la rottura del latifondo e la riforma agraria, la Calabria è entrata nella modernità pagando un prezzo altissimo in termini di emigrazione. Ha fornito braccia a buon mercato allo sviluppo industriale del Nord e dell’Europa. Ha distrutto un artigianato fiorente che non ha retto l’urto del mercato dei prodotti industriali. Anche molti che avevano beneficiato della riforma agraria hanno abbandonato le campagne per lo scarso sostegno pubblico, indirizzato soprattutto ad agevolare l’attività edilizia e commerciale, oltre che posti di lavoro nella pubblica amministrazione. La Calabria diventa terra di consumo. Si sviluppa un’economia dipendente e funzionale alla crescita economica delle regioni centro-settentrionali. Con un ceto politico attento solo ad intercettare i flussi di spesa pubblica e a gestire affari e malaffari. In questo contesto non c’è posto per la Calabria dei villaggi, per le comunità rurali, collinari e montane. Mimmo Lucano ci ha fatto intravedere (in una piccola realtà) un’alternativa possibile, un modo innovativo e solidale per far rinascere i nostri borghi. Scontrandosi con l’ottusità della burocrazia e con politici attenti al loro tornaconto personale. Nel frattempo, Marco Minniti, dopo avere avuto tutto (e di più) dal suo partito, si è seduto sul comodo treno della Fondazione Leonardo. Mimmo, invece, se l’è dovuta vedere con magistrati che invece di perseguire l’illegalità mafiosa hanno acceso i riflettori sui suoi reati. Commessi con la convinzione di fare del bene. Era l’unico modo per salvare vite, per fare andare avanti una vera integrazione, per sbloccare situazioni impigliate nei meandri della burocrazia e o ritardate da leggi inadeguate. Mimmo Lucano è un «fuorilegge», ha agito in difformità di leggi ingiuste o sbagliate che non gli permettevano di agire a favore degli immigrati e degli abitanti di Riace. Non è certo un ladro o un criminale, come ce ne sono tanti anche in doppio petto. Questa condanna è una vergogna. Una grave ingiustizia. Chi non accetta le ingiustizie e si batte per il cambiamento non ha che schierarsi con lui, mostrando che non è solo e isolato, ma un punto di riferimento. Il voto del 3-4 ottobre è l’occasione. È il modo per esprimergli, non solo a parole, solidarietà. Gaetano Lamanna
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Francis Fukuyama: “Il liberalismo estende i diritti. La vera minaccia è la Cina”
Non è solo il fuso orario del Pacifico che mette Francis Fukuyama nella posizione di guardare i movimenti sociali in corso da una prospettiva globale. Gioca un ruolo anche il lavoro che ha svolto nel suo ultimo libro, Il liberalismo e i suoi oppositori (Utet), dove ha analizzato le distanze tra democrazie e autocrazie, tra destra e sinistra, tra capitalismo e socialdemocrazia, sempre tenendo fermo, come unità di misura, quel «liberalismo umano» che ai suoi occhi consente agli individui di abitare una società più equa. E che oggi gli fa dire che «la cancel culture è illiberale», che «la Cina fa più paura della Russia», e che per l’Ucraina, «più che l’ingresso in Europa sono importanti le armi».
Professor Fukuyama, che possibilità ha il liberalismo di far emergere una società più equa, nell’era della globalizzazione e delle diseguaglianze? «Non penso che l’ideale ultimo sia quello dell’eguaglianza: ogni essere umano ha un senso morale dell’equità, che va protetto grazie ai diritti. Il fatto che tutti debbano avere il diritto di parlare, di credere, di partecipare politicamente non significa che per ciò stesso tutti siano uguali economicamente e socialmente. Uno dei maggiori problemi nelle società liberali è stata l’ineguaglianza percepita come tradimento di una promessa. Per questo credo che il liberalismo vada integrato, a vari livelli, con la democrazia sociale, così da equilibrare le ineguaglianze create dal capitalismo di mercato. Una formula abbastanza buona è quella di fare iniezioni di democrazia sociale in un tessuto liberale, al fine di ridurre le disuguaglianze».
Dopo anni di neoliberismo sfrenato, la pandemia ha rimesso al centro l’intervento dello Stato. Crede che abbia contribuito a bilanciare le nostre società in senso più liberale? «No, anzi credo sia proprio il contrario. Negli Stati Uniti, ma anche in altri paesi, più che portare le persone insieme, la pandemia ha stimolato nuovi estremismi. Lo dimostrano i movimenti anti vaccini e la sfiducia nelle autorità che è stata cavalcata da Donald Trump e altri politici conservatori. Anche in Europa sono fiorite le teorie del complotto, la pandemia ha messo le persone in una modalità molto negativa, il distanziamento è diventato quasi un habitus sociale. Penso che la pandemia abbia contribuito a distorcere la scena politica e sociale».
I diritti sono il cuore del liberalismo, che è nato però in un’epoca in cui questi erano prerogativa di maschi bianchi. È il peccato originale del liberalismo? «Non penso sia un peccato del liberalismo, ma delle vedute ristrette di chi nel corso del tempo lo ha applicato. Il liberalismo possiede la cornice entro cui è possibile estendere il raggio dei diritti. Negli Stati Uniti ad esempio, quando fu ratificata la costituzione americana nel 1789, le persone che avevano titolo per definire i diritti civili erano persone che avevano delle proprietà. Poi quel vincolo è caduto, successivamente è caduto il vincolo razziale, dopo ancora quello di genere. L’espansione del circolo di chi era titolato ad avere dignità e rispetto è stato possibile proprio grazie alla cornice liberale. Non è il liberal framework il problema: il problema sono gli uomini».
Come mai società tradizionalmente liberali come quella britannica e americana sono oggi così in crisi? «A causa di due differenti distorsioni. La prima è venuta da destra, dal neoliberismo economico degli anni ’80 e ‘90, con Milton Friedman e la scuola di Chicago che hanno teorizzato un capitalismo sfrenato in cui i problemi sociali rappresentavano nemici da rimuovere, eliminare, abolire. L’altra è venuta da sinistra: l’insistenza sull’inclusione dei diversi gruppi ha portato al paradosso per cui non si può parlare di lavoratori perché bisogna parlare dei neri o delle donne. Il focus cioè è diventato la specifica identità delle diverse categorie. Ora, il liberalismo è un progetto naturalmente inclusivo, ma se l’identità del gruppo diventa più importante dell’identità individuale – e si viene giudicati per appartenenza a una certa razza, religione o genere – ecco che si ricade nell’illiberalità».
Cosa pensa della cancel culture? «È segno della crescente intolleranza. Un ruolo decisivo lo gioca la tecnologia: i social media danno infatti la possibilità di isolare le opinioni, abolire il contesto e abdicare a una conversazione civile. Basta un tweet per trasformare un commento in un’onda anomala».
Un altro pilastro del liberalismo è il merito. Cosa pensa delle tesi di Michael Sandel sulla tirannia della meritocrazia? «Ha ragione quando dice che nel volere il meglio per ciascuno dei nostri figli si finisce per produrre ingiustizie, d’altra parte la meritocrazia è la strada che permette la mobilità sociale, è il modo che la classe media ha avuto di insidiare l’aristocrazia. Nessuna società esiste senza meritocrazia. Guardiamo alla Cina: negli ultimi 25 anni ha investito nella meritocrazia sul piano economico, ma non ha fatto altrettanto sulla formazione dei funzionari di Stato, e il risultato di una grave incompetenza sulla cosa pubblica la vediamo oggi».
Che possibilità ha il liberalismo di conquistare società autocratiche come Russia e Cina? «Penso che il liberalismo diventi attrattivo proprio quando le società autocratiche diventano troppo autocratiche. Guardiamo all’Europa dell’Est, dove le persone hanno abbracciato i princìpi del liberalismo dopo aver sperimentato le dittature comuniste fino al 1991. Cina e Russia usano il nazionalismo per costruire consenso, ma a un certo punto il percorso è destinato a superare il limite e quando le persone capiscono che non c’è più libertà individuale, il liberalismo diventa attraente».
È d’accordo con la divisione del mondo in democrazie e autocrazie? «Nel XX secolo la distinzione era tra destra e sinistra con le democrazie nel mezzo. Oggi vediamo la Russia, che ai miei occhi è un paese fascista, sostenere il Venezuela, che ha la pretesa di essere un paese di sinistra. Cos’ hanno in comune? L’opposizione alle democrazie occidentali. Per cui sì, è giusto che le democrazie si alleino tra di loro. Non penso ad esempio che gli interessi di Russia e Cina siano molto convergenti, ma potrebbero allinearsi proprio nell’ideologia anti-occidentale. Basta vedere cosa sta succedendo in Cina con la politica zero-Covid. Una policy ridicola, una trappola che sta bloccando l’economia e sta rendendo difficili le relazioni fra persone ».
È più pericoloso il modello russo o quello cinese? «Quello cinese. La Russia non è un problema, il problema è Putin, uno che ha commesso errori enormi, mandando truppe in tutto il mondo, dal Venezuela alla Siria, fino a questa assurda invasione di un paese sovrano come l’Ucraina. I cinesi sono molto più consapevoli nell’uso del loro potere e soprattutto hanno un’economia più sofisticata, più tecnologia, più differenziazione, non solo gas e petrolio, e nel lungo termine possono porre più problemi alle democrazie occidentali di quanto non possa fare la Russia».
Che strumenti ha il liberalismo per ottenere e accrescere i consensi? «Le persone non capiscono il liberalismo in astratto, lo capiscono se è calato nella loro realtà. In alcuni casi il liberalismo è diventato troppo cosmopolita, le persone invece hanno bisogno di vedere una connessione con le caratteristiche nazionali. Una identità nazionale deve includere tutte le persone che vivono nella società ma deve anche creare una corrente emotiva. Credo insomma che vadano evitati gli eccessi cosmopoliti e vada compreso che le persone vivono in un determinato spazio, nazione, con una tradizione culturale che va salvaguardata».
Secondo lei l’Europa dovrebbe facilitare l’ingresso dell’Ucraina nell’Ue o anteporre il funzionamento della comunità alle regole previste per l’ingresso? «Non penso che la cosa più importante per l’Ucraina in questo momento sia l’ingresso nell’Ue. Ha più bisogno di assistenza militare».
Perché anche società tradizionalmente moderate tendono a produrre modelli di leadership estremi? «Perché questo è il tempo del populismo, dove la leadership politica si struttura a partire dalle paure delle persone, esagerandole, proponendo idee ridicole che non hanno senso economico, ma solo quello di conquistare le persone nel breve termine».
Quali autori liberali dovremmo rileggere oggi? «Il mio preferito è Abraham Lincoln, tutti i suoi scritti sono a favore di un liberalismo umano. Tornerei a questo grande classico».
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I segni che sicuramente avranno luogo prima della Manifestazione, senza nessuna condizione, cioè: la rivolta di Sufiani, la rivolta di Yamani, il grido dal cielo, l’uccisione di un’anima pura (al-nafs al-zakiyyah), lo sprofondare dell’esercito di Sufiani nel deserto e la manifestazione del dajjal.
2. I segni che non sono sicuri e necessitano una o più condizioni; se quest’ultime avranno luogo anche il segno si manifesterà, e sono molti.
Da un altro punto di vista, i segni della Manifestazione possono essere suddivisi in quattro gruppi, in breve:
a. I segni sociali – in modo riassuntivo, la loro conseguenza sarà la degenerazione della civiltà umana; ne citiamo alcuni:
1) La diffusione dell’oppressione in tutto il mondo, ovvero la globalizzazione e la propagazione della tirannia.
2) I leader del mondo saranno corrotti. È necessario precisare che per oppressione mondiale e corruzione dei governatori s’intende che vi saranno in varie parti del mondo sistemi politici basati sull’oppressione sociale, politica, culturale ed economica e i governatori amministreranno i loro stati con tirannia, colonialismo e despotismo; ciò non vuol dire che non ci saranno al mondo uomini o governi giusti, ma che in generale il sistema dominante sarà oppressivo e corrotto.
3)Rincaro e instabilità economica, conseguenza del sistema oppressivo.
4) La manifestazione di bugiardi e dajjal con la pretesa di migliorare la società. La venuta del dajjal è uno dei segni sicuri della Manifestazione ed è citata da tutte le religioni precedenti. Dajjal terminologicamente significa “ciò che nasconde la verità con la falsità, frode ed inganno”; sembra (secondo i segni citati negli hadìth) che esso non faccia riferimento a una persona in particolare, ma sia un concetto generale per indicare gli individui e i governi che ingannano la gente e impediscono loro di conoscere la verità. Alcuni pensano che esso si sia manifestato attraverso la moderna civiltà occidentale.
5)Individui corrotti e bugiardi diventeranno portavoce della società.
6) Le persone probe e sincere saranno smentite e isolate, mentre quelle bugiarde e superbe approvate.
7)La rivolta di Sufiani, anche questo è uno dei segni sicuri della Manifestazione. Non si può esprimere un’opinione certa sul fatto che si riferisca a una persona in particolare o sia un termine generale per indicare più individui o governi disonesti. È certo che Sufiani è un individuo, un gruppo di persone o governi capitalistici, saccheggiatori, potenti, oppressori, reazionari, promotori di superstizioni. La loro peculiarità sarà il disfacimento esteso della società. Gli hadith accennano al fatto che Sufiani e il suo esercito sprofonderanno nel deserto di al-Bayda' (una località tra La Mecca e Medina), di cui rimarrà vivo solo un componente che diffonderà la notizia
8)La comparsa di guerre, corruzione e spargimento di sangue nel mondo: negli hadìth si cita una guerra da parte dei turchi (apparentemente un popolo della discendenza di Turk figlio di Jafet figlio di Noè, che attualmente vivono in Mongolia, Punjab, Turchia, Siberia, Afghanistan e India) il cui vasto significato comprende anche paesi occidentali[4]. Inoltre si accenna che prima della Manifestazione, due terzi della popolazione mondiale saranno uccisi e questo è considerato un segno incerto.
9)Scoppieranno rivoluzioni per combattere l’oppressione e la corruzione mondiale, di cui alcune riusciranno a formare un governo. La rivolta di Yamani, simbolo dell’insurrezione della verità contro la deviazione e la dissolutezza presente alla Fine dei Tempi, sarà una di queste rivoluzioni[6]. Il movimento di sayyid Khorasani (discendente dell’imam Husayn -a-, che insorgerà per stabilire la giustizia) sarà un’altra di queste insurrezioni. Entrambi questi movimenti rivoluzionari, di cui uno nello Yemen e l’altro in Iran, prepareranno il terreno per la manifestazione dell’imam Mahdi (aj)[7]. Inoltre gli hadìth alludono a un governo che si costituirà in Iran, che inviterà la gente all’Islam e all’Ahl al-Bayt (a) e ripulirà il territorio, che amministrerà fino a Kufa, dall’oppressione e corruzione, quindi, dopo la manifestazione del Mahdi (aj), si unirà a lui e gli ubbidirà.
b.I segni religiosi - cioè la religione divina sarà alterata. In alcuni hadìth del Principe dei Credenti (a) è riportato che alla Fine dei Tempi la preghiera sarà abbandonata, la custodia infranta, la menzogna permessa, l’usura diffusa, la corruzione comune, la religione venduta per il mondo, ci si consiglierà con le donne, s’interromperanno i rapporti familiari, la gente diventerà adoratrice delle proprie passioni, l’assassinio sarà un’azione normale, la pazienza sarà considerata una debolezza, l’oppressione un vanto, gli 'arif (gnostici) diventeranno traditori, i recitatori del Corano depravati, le moschee diventeranno belle e i minareti alti (però vuote di contenuto spirituale), le promesse saranno infrante e vari i desideri mondani..
In generale, prima della Manifestazione, i precetti dell’Islam non saranno messi in pratica, questa sarà tuttavia una caratteristica relativa, cioè la maggior parte della società sarà così. Com’è riportato negli hadìth, quando l’Imam (aj) si manifesterà, governerà con un metodo, un libro e una religione nuovi, e con ciò s’intende che l’Islam sarà stato così confuso con le superstizioni e il Corano alterato di significato, che la verità sarà stata dimenticata[10].
c.I segni naturali – un altro dei segni della Manifestazione, saranno le calamità naturali, citate negli hadìth, per esempio: i fulmini, le eclissi lunari e solari in periodi non previsti, cambiamenti del mondo astrale, dell’atmosfera e del clima, il sorgere del sole da Occidente, ecc. Questi hadìth possono essere spiegati con alcuni eventi dei giorni nostri, per esempio il martire Motahhari interpreta il sorgere del sole da Occidente con la manifestazione dell’Islam per mezzo dell’imam Khomeini (r.a.) da Parigi.
d. I segni individuali e miracolosi
1) Il grido dal cielo – apparentemente gli hadìth riportano che, prima o durante la Manifestazione, un angelo dal cielo annuncerà alla gente la manifestazione dell’Imam (aj). Quest’angelo sarà Gabriele al-amin (l’affidabile) e il grido si sentirà in tutto il mondo, ognuno lo sentirà nella propria lingua o dialetto, però non si potrà capire da dove proviene. Contemporaneamente a questo annuncio, Satana griderà: “'Uthman l’oppresso è stato ucciso”, volendo così insinuare il dubbio nella gente.
2) L’uccisione e il martirio dell’anima pura – al-nafs al-zakiyyah è il soprannome di un giovane di elevato livello di origine hashimita. Egli si scontrerà con l’esercito di Sufiani e si rifugerà a Medina. Quando l’esercito arriverà a Medina, egli si dirigerà verso La Mecca e qua inviterà la gente all’Ahl al-Bayt (a). Tuttavia, senza aver commesso alcuna colpa, sarà ucciso tra il rukn e il maqam. Il suo martirio risveglierà le coscienze degli esseri umani tale che la gente sarà pronta per stringere il patto di alleanza con l’Imam (aj). Tra il suo martirio e l’inizio dell’insurrezione dell’Imam (aj) passeranno quindici giorni. Egli sarà il rappresentante e il messaggero dell’Imam (aj) tra la gente.
Oltre ai segni citati, ve ne sono altri, riportati negli hadìth[.
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QUINDI SIAMO TUTTI D’ACCORDO, IL PROSSIMO LEADER DELLA SINISTRA È FEDEZ?
di JACOPO TONDELLI
Il dado sembra tratto. Federico Leonardo Lucia, in arte Fedez, è il nuovo leader della sinistra. Sicuramente, da ieri e più che mai, è quantomeno uno dei nuovi intellettuali di riferimento. Il pensatore che dice in pubblico e chiaramente quello che i politici balbettanti non riescono a dire. Quello che le canta a Salvini e a Pillon. Quello che non ha timore di dire, addirittura dal palco del concertone del Primo Maggio, che chi si oppone al DDL Zan è un incivile. Quello che, in diretta Rai, spiega che la Rai, nella persona di una vicedirettrice di rete, gli ha chiesto di leggere i testi del suo intervento in anteprima, poi gli ha chiesto di non fare nomi (i nomi erano tutti leghisti), infine gli ha accordato una libertà, ha negato di aver mai cercato un controllo per poi vedersi rinfacciata, in pubblico, sui social network, la registrazione che mostrava che quel tentativo di controllo in realtà c’era stato.
Tutto bene? Tutto bene. Ma l’analisi logica è un’arte che abbiamo imparato da piccoli per usarla da grandi. Partiamo dal fondo. Dal finale, diremmo. In Rai, evidentemente qualcuno non conosce il mondo dei media di oggi. Il mondo di cui si vive, di cui si occupa. Pensare di poter “controllare” Fedez sul palco del concerto del Primo Maggio significa non sapere che il mondo è ormai infinitamente più grande del concerto, della Rai, di Roma, delle pressioni dei politici di riferimento, degli avversari rompicoglioni dei politici di riferimento, e così via, fino al tredicesimo grado di separazione. Il mondo di Fedez, ad esempio, è fatto di milioni e milioni di followers che lui gestisce sapientemente e ultra professionalmente ogni giorno sui vari canali social. Piattaforme di proprietà delle più importanti ricche e capitalizzate aziende del mondo. Che se la Rai fosse in vendita potrebbero comprarla al suo prezzo di mercato moltiplicato per quattro in dieci minuti. Non succede non solo perché non è in vendita, ma perché – soprattutto – i capitalisti capaci non comprano aziende che fanno ridere.
Detto questo, e proprio perché questo è verissimo, fa sorridere chi sottolinea con commozione il coraggio di Fedez nell’aver detto quel che ha detto. Sui social network – quelli di cui sopra – l’intellighenzia politica e giornalistica è tutta esaltata perché Fedez sì che sa cos’è la libertà di parola. Lui si che sa rischiare. Spesso queste lodi sperticate arrivano da voci che mai sono state, neanche per venti secondi, fuori dal coro unanime, qualunque coro unanime. Ma va bene, non sottilizziamo. Quello che lascia perplessi, di più, è l’incapacità di analisi dei fattori in campo e dei rapporti di forza. Cosa farà la Rai, non inviterà più Fedez perché ha pestato i piedi a qualche burocrate o a qualche politico? Se lo farà, si farà tanto male. Perché – a differenza del tempo in cui si poteva silenziare un comico per le sue battute sui socialisti – Fedez da solo potrà continuare a farsi seguire da qualche milione di persone. Come fa da anni, peraltro dicendo giustamente quel che pensa su qualunque tema ritenga interessante. Essendo influente a prescindere ormai da qualunque ospitata in tv.
Ci sarebbe poi da entrare nel merito della vicenda della Legge Zan. Chi ritiene che non si debba combattere l’omotransfobia è un mio avversario politico. Lo dico senza spazio per la discussione. Ma se leggiamo che importanti studiose femministe di questo paese, come Luisa Muraro, e che autorevoli militanti dei diritti civili, come Anna Paola Concia, pongono dei dubbi su alcuni passaggi specifici e sulla questione dell’identità di genere in particolare, perché non possiamo accettare una discussione, nel merito? Perché chiunque pone dei dubbi deve essere trattato come Pillon? Non è compito di Fedez, ovviamente, la discussione politica e culturale. Ma sarebbe compito di chi fa politica farsene carico, accettarla, anche convincere le parti in causa a confronto. Ad esempio convincere Alessandro Zan e i movimenti che sostengono la legge ad accettare un confronto. Magari, perfino, ad accettare l’ipotesi di un compromesso perché – sapevamo – la politica si farà così. Invece no. Chiunque discute è Pillon. Non è colpa di Fedez, ma il suo discorso va in quella direzione, e non a caso viene esaltato anche da chi non vuole discutere di nulla, o crede che non si debba discutere di niente. Naturalmente in nome della libertà di espressione.
Infine, e da ultimo.
Ieri era la Festa dei lavoratori. Il lavoro è il campo di battaglia su cui si è formata ogni idea di progresso, o di regresso. È la terra di coltura di ogni futuro, è il fondamento di ogni sinistra. Il lavoro è il luogo primo in cui si misura la retorica del “siamo tutti uguali”: donne e uomini, omosessuali ed eterosessuali, neri, bianchi, eccetera. Al lavoro, alle donne e agli uomini che lavorano nel suo mondo, Fedez ha dedicato parole belle e sentite, chiedendo a “Mario” (Draghi, ndr) di ricordarsi che sono tanti, e non vedono futuro. Che i ristori per loro son stati pochi e tardivi, che la cultura non è un cazzeggio, ma vita, nutrimento, futuro appunto. Giustissimo. Ho il sospetto che di quel discorso, fondamentale, tanto più il primo maggio, nessuno si ricorderà più. Vincerà la seconda e preponderante parte, quella sui diritti individuali, perché più polarizzante, perché di là ci sono Salvini e Pillon, perché incredibilmente è ormai assodato, a sinistra, che di salario si possa parlare meno che di libertà.
Chi scrive è da sempre convinto che di libertà, a sinistra, si sia sempre parlato poco. Trovarsi spiazzati dagli eccessi, no, non l’avevamo mai considerato un’opzione.
Direte: sì, ma chi lo paga questo salario? Dove li troviamo tutti i soldi che servono, proprio adesso, alla fine – speriamo – di una pandemia, e all’inizio di un nuovo mercato, aperto da una crisi mondiale? A sinistra si dovrebbe pensare, ad esempio, che nessun “recovery plan” è possibile se non si fanno pagare le tasse ai grandi produttori di ricchezza. Tanto più se oligopolisti in grado, per il loro core business, di orientare potenzialmente il pensiero di miliardi di umani. Pensiamo a Google, a Facebook, a Instagram (che è di Facebook). Ci sta pensando Biden, un moderato da sempre attento più ai diritti individuali che non a quelli sociali. Davvero non può pensarci la sinistra europea? Per coincidenza, sono anche la piattaforme che rendono obsoleta la Rai e – fortunatamente – libere e indipendenti le opinioni di Fedez. Il cerchio si chiude, e per una volta non è un male.
“Corriere della sera”, 2 maggio 2021
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Nella mattinata di sabato 7 aprile 1979, su ordine della Procura di Padova vengono eseguiti i primi 22 ordini di cattura contro esponenti dell’Autonomia Operaia. Si tratta di professori e assistenti della Facoltà di Scienze Politiche (ma anche di altre facoltà) dell’Università di Padova, di scrittori, giornalisti e poeti. Si va dai redattori della rivista “Autonomia” e di Radio Sherwood a militanti ambientalisti nella lotta contro il nucleare.
La tesi sostenuta dal Pubblico Ministero Pietro Calogero (che passerà alla storia come “Teorema Calogero”) è che l’Autonomia fossa la struttura di vertice decisionale (una sorta di cupola) delle Brigate Rosse e di altre bande armate operanti in Italia in quel periodo.
I reati contestati sono pesantissimi e vanno dall’insurrezione armata contro i poteri dello Stato alla banda armata, dall’associazione sovversiva a una serie di omicidi tra cui quello del giudice Emilio Alessandrini assassinato a Milano nel Gennaio ’79 da Prima Linea e…nientemeno che quello di Aldo Moro, rapito dalla Brigate Rosse (con l’uccisione dei 5 uomini di scorta) a Roma il 16 marzo 1978 e fatto ritrovare morto il 9 maggio dello stesso anno.
L’inchiesta era divisa in due tronconi: uno padovano e uno romano.
Nell’inchiesta romana Toni Negri, intellettuale ed esponente di primo piano prima di Potere Operaio e poi di Autonomia era addirittura accusato di essere l’autore materiale della telefonata in cui le Brigate Rosse annunciavano alla famiglia Moro lo scadere dell’ultimatum e l’imminente esecuzione del politico democristiano, telefonata effettuata da Mario Moretti, ai tempi uno dei dirigenti politici delle BR.
Gli arrestati verranno ben presto trasferiti nelle carceri speciali che a quei tempi erano disseminate lungo la penisola (il famigerato “circuito dei camosci”).
Il 7 aprile sarà solo il primo passaggio di una serie di operazioni repressive che tenterà di spazzare via per sempre Autonomia con centinaia di arresti. La seconda tranche dell’operazione avverrà il 21 dicembre ’79. Nuovi arresti costelleranno tutto il 1980. Altri blitz si susseguiranno senza soluzione di continuità fino a metà anni Ottanta.
Alcuni elementi contraddistinguono il 7 aprile come “laboratorio” repressivo capace di segnare un vero e proprio spartiacque tra due epoche. Li andiamo ad elencare per sommi capi:
-L’utilizzo massiccio dei media per schierare l’opinione pubblica contro gli arrestati designandoli come colpevoli ancora prima dei processi e delle sentenza (la famosa “giustizia mediatica”).
-Il ruolo fondamentale del Partito Comunista Italiano (salvo rarissime e lodevoli eccezioni) nel coadiuvare e difendere a spada tratta l’inchiesta e il teorema giudiziario anche quando questo cominciava a scricchiolare. Il PCI aveva sempre considerato l’Autonomia come un pericoloso avversario alla sua sinistra soprattutto in una fase di sacrifici e ristrutturazione industriale legati alla politica del “compromesso storico” (1976-1979).
-Il periodo lunghissimo di carcerazione preventiva in attesa di processo (si parla di svariati anni) inflitto agli imputati.
-L’utilizzo a piene mani della collaborazione dei pentiti (con relativi sostanziosi sconti di pena garantiti dalla legislazione premiale dei primi anni ’80) per trasformare in una storia criminale una storia sociale e politica. Utilizzo dei pentiti che poi diventerà una costante della giustizia italiana.
-Il ruolo di supplenza esercitato dalla magistratura nei confronti della politica. Un ruolo che crescerà esponenzialmente per tutti gli anni ’80 per poi esplodere con tutta la sua forza distruttiva durante Tangentopoli.
-Il rimodulare le accuse verso gli imputati con il passare degli anni di carcerazione preventiva via via che i vari pezzi del “Teorema Calogero” crollavano sotto i colpi delle dichiarazioni dei pentiti delle formazioni armate.
A quarant’anni dai fatti, guardando le carte, si viene colpiti dalla sciatteria dell’inchiesta con le sue accuse surreali e dalla pressoché totale mancanza di prove. L’inchiesta iniziale verteva infatti sostanzialmente sulla semplici analisi di scritti politico-filosofici e documenti teorici delle formazioni politiche come Potere Operaio e Autonomia.
Ci sembra giusto citare qualche paragrafo degli atti d’accusa per far comprendere la dimensione kafkiana dell’intera vicenda:
(…) Imputati A) del reato p.p dagli artt. 110, 112 n.1, 306 I e II co. in relazione agli articoli 283 e 284 c.p. per avere, in concorso fra loro e con altre persone, essendo in numero non inferiore a cinque, organizzato e diretto una associazione denominata Brigate Rosse.
(…) dalla sussistenza di elementi probatori che portarono a identificare nel Negri il brigatista rosso che telefonò a casa dell’onorevole Moro durante il sequestro di costui (…).
Insomma… Autonomia sarebbe stata la stessa cosa delle Brigate Rosse. Anzi! Le BR si sarebbero fatte dirigere da Autonomia… Una tesi ridicola e grottesca per qualsiasi persona ne sappia una minima dei movimenti politici e rivoluzionari degli anni ’70.
Le inchieste contro Autonomia si allargarono a macchia d’olio su tutto il territorio italiano con indagini e arresti di massa a Milano come a Roma e altrove.
Un’ulteriore vittima di questi teoremi che ci sembra giusto ricordare fu Walter Maria Pietro Greco detto “Pedro”, militante dell’Autonomia veneta, coinvolto nelle inchieste dell’epoca e assassinato a Trieste il 9 marzo 1985 mentre era ancora latitante, da una squadra composta da agenti Digos e dei servizi.
I procedimenti giudiziari colpirono un movimento in fase di crisi e riflusso già evidente negli ultimi mesi del ’77, ma di fatto posero una forte ipoteca sulle lotte autorganizzate in Italia per molti anni. Fino a metà degli anni ’80 i pochi militanti rimasti a piede libero dovettero infatti spendere quasi tutte le loro energie nel sostegno delle centinaia di detenuti politici in un clima di dilagante desertificazione sociale. Difficile dire che influsso avrebbe potuto avere un’Autonomia non completamente scompaginata dalla repressione nei processi di lotta alla ristrutturazione e controrivoluzione neo-liberale nell’Italia dei primi anni ’80.
A Milano, la lotta dello Stato contro Autonomia vide il suo apice col processo Rosso-Tobagi coi suoi 152 imputati. Un processo in gran parte costruito sulle dichiarazioni dei pentiti, che nell’autunno ’80 avevano portato ad arresti di massa a Milano. Per chi fosse interessato, le vicende di quel periodo sono narrate da Paolo Pozzi in “Trittico milanese” (oltre che nel suo “Insurrezione” pubblicato da DeriveApprodi).
Per concludere giova ricordare che quella generazione di magistrati è la stessa che si è fatta carico, nei decenni successivi, di combattere le varie insorgenze sociali con nuovi teoremi, primo tra tutti quello contro il movimento NoTav in Val di Susa.
Come a dire: sono passati quarant’anni da quel 7 aprile 1979, ma i suoi fantasmi continuano ad agitarsi e provocare danni.
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Il Sole
"La Luce che illumina il Cammino del Maschile"
Si apre a suon di bagliori e botti, questo nuovo anno "solare": il tanto atteso 2025.
Atteso poiché porterà a chiusura gran parte dei processi di rivoluzione interiore, animando nella Materia i primi risultati di un duro lavoro di Trasformazione strutturale.
Il 2024 ci ha lasciati tramortiti, nudi di fronte a noi stessi, presenti e consapevoli alle nostre fragilità, spettatori increduli della nostra autentica Verità Interiore.
Ha spezzato legami apparentemente indissolubili.
Ha posto fine ad Alleanze karmiche, Traumi e Blocchi ereditati, Simboli e Codici di Antica Fattura.
Ci ha accompagnati nel "riconoscere e stare" nella terribile sensazione tipica dell'Impostore, lucidi testimoni delle nostre fissità di schema.
E' stato un Buon Padre. E' riuscito a smuovere e scardinare le nostre certezze, i nostri punti di riferimento, gli attaccamenti, le sicurezze intoccabili e inaccessibili. Ci ha allontanati dalla Dipendenza e dalla Assuefazione a comportamenti autolesivi e cliché relazionali ripetitivi e altamente tossici.
Ha rotto tutto quanto.
Credenze, fissità, automatismi inconsci.
E ha guarito. Ha guarito tanto. E tanto in profondità.
Non riusciamo ancora a percepire l'immenso cambiamento che è avvenuto in un lasso di "tempo umano" così breve.
Un percorso così impattante e rivoluzionario, così repentino e incessante, è stato possibile grazie alla potente Luce di espansione del Raggio Cosmico.
In Passato, con le frequenze precedentemente fissate alla Terra, un tale cambiamento non sarebbe stato percorribile ed avrebbe sortito effetti irrilevanti sulla nostra Struttura Fisica ed Emozionale.
Oggi invece "tutto è possibile", tutto è plastico, tutto si risolve nel "Miracolo Energetico".
Ma ancora non ne siamo "pienamente padroni" di questo quadro trasformativo, né sufficientemente coscienti della nuova strumentazione "magica" che abbiamo attivato a livello neuronale.
Dovremo attendere Febbraio per ristabilire dei labili confini tra noi e il nostro nuovo Assetto Energetico, per delineare i primi tratti del Nuovo Codice di Personalità, per completare alcuni movimenti di rigenerazione cellulare.
Prima di allora navigheremo ancora in acque piuttosto agitate e tempestose.
Ma non come prima, nascosti tra le casse di provviste della cambusa della Nave, impauriti, infreddoliti e terrorizzati dalla Morte.
Oggi siamo saldi e fieri, orgogliosi e fieri, statuari sulla prua del nostro Veliero, in prima linea, senza timore di perderci o di essere sopraffatti dalle onde.
Perchè il nostro Maschile interiore, il Sole, oggi è solido e potente. E' integro. Non teme le mareggiate, non si sente impotente o indifeso. Affronta e prende in carico le sfide.
Comprende l'altissimo valore di "lottare" per se stesso. Per la propria Verità, per il proprio Mondo interiore.
Per il Diritto all'Esistenza.
Quanto è straordinario all'oggi "Esistere".
Esser-ci.
Radicare a Terra la propria Frequenza, manifestare l'Unicità del proprio Timbro d'Origine, danzare sulle note della propria Musica Interiore.
Il 2025 sarà ricordato come l'Anno del "Cuore Cristallino che incontra la Mente".
E insieme stabiliscono una Nuova Alleanza, un "sodalizio di reciproca collaborazione e creazione. Di magica Manifestazione. Di Generazione e Incantevole Espressione ideativa. Materiale e Immateriale.
Il Cuore Cristallino, con la sua incantevole e aggraziata "polvere di Stelle", e la Mente Umana, con il suo straordinario Dono dell'interpretazione immaginifica e della "messa a Terra", si riconnetteranno l'uno all'altro.
Vedremo esplodere ed aggregarsi nuovi progetti, nuove "invenzioni", nuovi gruppi politici e sociali. Vedremo sorgere movimenti collettivi mai sperimentati, in netta frattura con qualsiasi forma di aggregazione sociale del Vecchio Mondo.
Non mancheranno le "evidenze" scomode di come l'immaturità non possa più aprire alcuna porta all'Evoluzione.
Affinché un Popolo possa risorgere a se stesso, dovrà essere rappresentato dalla "piena Responsabilità" e "Adultità" di intento e movimento.
I nuovi "Leader" saranno "solidi". Emotivamente, Affettivamente e Spiritualmente.
Saranno "connessi" e "centrati". Saranno integri.
Avranno l'arduo compito di completare la destrutturazione del Vecchio Sistema e di avviare Riforme di Benessere Collettivo.
Ma dovranno compiere "scelte" complesse e forti.
E questo sia a livello "individuale" che "collettivo".
Saranno guidati dalla rinnovata spinta alla Verità. E riceveranno il supporto necessario per esprimere il "dissenso", che si renderà nell'immediato una forma irreversibile di "progresso senza limiti".
Sarà un Anno straordinario.
Per le Relazioni soprattutto.
Rinasceranno a Nuova Vita.
Poiché non più imprigionate negli schemi di disfunzione e di mancanza, di perdita e di disamore.
Le Anime che avranno completato la Guarigione dei Codici Antichi, si "sceglieranno", ancora prima di "conoscersi ufficialmente" nella Materia.
Sapranno di essere vicine, connesse, espanse, pronte alla rivoluzionaria sperimentazione dell'Unione Responsabile.
Si sentiranno e si attireranno anche a migliaia di chilometri di distanza.
Sapranno a che ora, dove e in che circostanza dovranno "far accadere" il loro primo sguardo. E riconosceranno con largo anticipo, attraverso il movimento di connessione dei loro Cuori Cristallini, anche il "motivo" del loro incontro.
Le prime autentiche Manifestazioni di Progresso emotivo e di vicinanza Spirituale non saranno isolate o rare. Ma, nel corso dei prossimi anni, si renderanno progressivamente la "nuova normalità".
Ma un passo alla volta.
Ci sarà tanto da "vivere" nei prossimi mesi. Tanta Magia.
Ma si dovranno affrontare anche gli "ultimi saluti".
Saranno tosti. Commoventi. Ma con un elemento di novità imprescindibile: il Mondo dell'Invisibile cadrà. E cadrà ogni velo di "distanza" tra la Coscienza Umana e quella Divina.
I Defunti non saranno più "Morti", ma presenti nella vibrazione del nuovo Campo di Coscienza Individuale e Collettivo.
Ma anche questo è "troppo anticipatorio".
Un passo alla volta.
Intanto concentriamoci sull'"oggi".
Poi avremo tempo e modo di avventurarci in questo straordinario nuovo "Passaggio di Coscienza".
Perciò ... per il momento ... buon 2025!
Colmo di Affetto, di Calore, di Coscienza, di Amore e di Magica Sintonia.
Vi vorrei abbracciare tutti... con Ri-conoscenza e Gratitudine per la moltitudine di Messaggi di auguri e di affetto che mi avete mandato ... sono rimasta senza fiato. Commossa e incredula. Grazie... Non ho altre parole... e spero un giorno di poterlo fare... di potervi conoscere tutti...
Davvero...
Grazie ... Di tutto Cuore.
Mirtilla Esmeralda
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Non è stato un caso che le due giornate abbiano trovato ospitalità nei due spazi minacciati dall’imminente rischio di sgombero: l’occupazione abitativa in Via del Caravaggio, il cui sgombero era stato appena sospeso e proprio domenica è stato ricalendarizzato per fine ottobre; e la casa delle donne Lucha Y Siesta.
Doveva essere proprio domenica 15 settembre, infatti, il giorno programmato per il distacco delle utenze e il conseguente sgombero della Casa delle Donne Lucha Y Siesta, uno spazio di resistenza femminista che in quasi dodici anni di attività ha dato accoglienza e sostegno a 1200 donne. La campagna Lucha alla città lanciata lo scorso 7 settembre ha saputo parlare molti linguaggi e mobilitare intorno a sé una pluralità di soggetti, attraverso la costituzione di un Comitato di Difesa – presieduto dalla docente femminista Federica Giardini – e il lancio dell’azionariato popolare per l’acquisto dello stabile, compreso nel concordato preventivo di Atac. L’attivazione immediata e trasversale per Lucha Y Siesta è riuscita per il momento a rimandare il distacco.
Alcune centinaia di attivisti e attiviste provenienti da ogni parte d’Italia si sono confrontati in due assemblee plenarie e sette tavoli tematici, che spaziavano dalla libertà di movimento al contrasto delle frontiere interne ed esterne, dalla condizione giovanile a quella lavorativa, dagli spazi sociali al diritto alla città, dalle lotte sul lavoro alle problematiche legate al reddito e al salario minimo, dalle politiche di welfare a quelle sull’abitare, fino alla lotta ai cambiamenti climatici.
L’ampiezza dei temi su cui si è discusso durante la giornata di sabato hanno poi trovato precipitazione nel corso dell’assemblea plenaria conclusiva, con la condivisione di un programma di mobilitazioni e rivendicazioni puntuali per il prossimo autunno.
Al centro della discussione, il ruolo dei movimenti sociali nel nuovo scenario politico italiano che vede al governo il Partito Democratico insieme al Movimento Cinque Stelle. Più che come il mero cambio di colore della formazione governativa, la “svolta” italiana è stata interpretata da più interventi come l’indicatore di un riassetto complessivo degli equilibri politici in Europa e come il tentativo in extremis di trovare una nuova forma di stabilizzazione e legittimazione alle politiche neoliberali europee, di fronte alla crescita dei neo-sovranismi in molti paesi e alla minaccia di una prossima e probabile recessione globale. La sbandierata volontà delle istituzioni europee di rivedere le politiche di austerity costituirà un nuovo terreno dove ridislocare l’azione dei movimenti sociali. Lanciata mesi fa, quando ancora era in carica il governo giallo-verde, la due-giorni romana si è dunque interrogata su come ridefinire l’iniziativa politica dei movimenti.
Oltre al rilancio degli appuntamenti già presenti nell’agenda (il 12 ottobre a Milano per la protesta contro il Cpr, il Centro per i Rimpatri, la manifestazione che si terrà il 18 ottobre a Roma al Ministero delle Infrastrutture per “il diritto all’abitare e le mobilitazione di Friday for future che porteranno allo sciopero globale per il clima del prossimo 27 settembre) l’assemblea plenaria ha lanciato una mobilitazione nazionale per l’abrogazione immediata dei due Decreti Sicurezza, con l’ipotesi di una manifestazione nazionale a Roma tra le fine di ottobre e l’inizio del mese di novembre.
Proprio lo stesso giorno in cui a Pontida Matteo Salvini prometteva battaglia e minacciava il ricorso a un referendum popolare contro i tentativi di modifica delle due leggi, a Roma si elaborava l’avvio di una campagna politica di mobilitazione sui territori per la loro completa cancellazione. Già dai report dei tavoli (di prossima pubblicazione) emerge chiaramente come la stretta securitaria contenuta nelle due leggi non sia affatto circoscritta alla limitazione del diritto alla protezione internazionale dei migranti e alla criminalizzazione delle forme della solidarietà in mare ma tagli trasversalmente tutti i temi sollevati: ad essere in gioco sono gli stessi spazi di agibilità democratica per i movimenti sociali, una forma di repressione preventiva che dal diritto alla mobilità per i migranti arriva fino alle nuove forme di lotta e allo stesso diritto al dissenso. Inoltre, se da più parti è stata ribadita la necessità di rimuovere i lasciti più reazionari dell’ultimo governo, d’altra parte forte è stata l’intenzione di superare i confini stretti dell’”anti-salvinismo: la torsione autoritaria che attraversa oggi l’Europa non si limita affatto ai governi a esplicita vocazione sovranista (basti vedere il neoliberalismo autoritario messo in campo da Macron in Francia, l’”anti-sovranista” per eccellenza), così come nel nostro stesso paese le politiche securitarie e di restrizione della libertà vantano una storia ben più lunga della parentesi salviniana e rischiano di prolungarsi e ratificarsi anche nel prossimo futuro.
Oggi i movimenti sociali hanno scelto di ripartire da qui, dalla messa in discussione radicale dei dispositivi di legge che sotto l’ombrello della “sicurezza” stanno minando le nostre libertà fondamentali, senza tuttavia limitarsi a questo: l’idea, è quella di convocare nuovamente a dicembre l’appuntamento assembleare per dare continuità a quell’elaborazione collettiva di analisi e rivendicazioni politiche su cui la due-giorni appena trascorsa ha solo posto le basi. Nuove campagne che si snoderanno a partire da molteplici campi di intervento: dal salario, al reddito, al welfare e al diritto all’abitare, fino a investire la questione ecologica, le politiche urbane e quelle migratorie.
Si tratta dunque di dotarsi di strumenti e proposte per aggredire una nuova fase politica fatta di contraddizioni del tutto aperte. Perché se è vero, com’è stato più volte rimarcato negli interventi, che la galassia dei movimenti sociali italiani non ha “governi amici” è anche vero che le diverse congiunture politiche devono aprire strade nuove e nuovi modi di attraversarle. La scala è gettata verso l’autunno.
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APERTA-MENTE
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Cos'è "Aperta-mente"? Non è una nuova rubrica: si tratta semplicemente di portare a conoscenza di eventi, ma soprattutto delle varie attività alternative delle quali si occupano alcune belle anime della bergamasca e della Lombardia.
Attraverso questa "rubrica", si spazia dalle attività olistiche a quelle delle scuole parentali; dalle attività spirituali alle nuove forme sociali di aggregazione; dai nuovi movimenti sociali e financo politici alle varie forme di attività sportive; dai concerti ai vari corsi di teatro, canto, e via discorrendo...
Ovviamente non mancheranno gli eventi, come le manifestazioni, i vari presìdi sul territorio, i mai tanto di moda aperitivi, e via di questo passo.
Ma c'è un altro interrogativo che serpeggia in molti che seguono questo blog: e le rubriche che di recente si vedono sempre più di rado?
Niente paura! Proseguono le collaborazioni delle nostre belle anime per le seguenti rubriche:
-Vox Beatrix;
-L'angolo di Rita;
-Frasario di Maria;
-Io...Me...
-Emisfero destro chiama.
E tanto altro ancora ci sarà all'interno di questo contenitore che vuole tornare a essere un punto di riferimento per chi vuole allargare i propri orizzonti.
Concludendo: "bergamorisvegliata" vi aspetta sempre su queste "frequenze"...
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Per vent’anni i difensori della privacy hanno suonato l’allarme a proposito della sorveglianza online commerciale e del modo in cui le aziende accumulano dossier dettagliatissimi su di noi per aiutare quelli del marketing a mandarci pubblicità mirate. Questo allarme è rimasto inascoltato: la maggior parte della gente era poco convinta che la pubblicità mirata fosse efficace, perché le pubblicità che ricevevamo erano raramente convincenti e quando funzionavano era di solito perché i pubblicitari avevano capito cosa volevamo e si offrivano di vendercelo. La gente che aveva cercato divani vedeva pubblicità di divani, e se comprava un divano le pubblicità continuavano per un po’, perché i sistemi di personalizzazione pubblicitaria non erano abbastanza intelligenti da capire che i loro servizi non erano più richiesti, quindi che male c’era? Il caso peggiore era che i pubblicitari avrebbero sprecato il proprio denaro in pubblicità inefficaci; il caso migliore era che fare acquisti sarebbe diventato più conveniente, perché gli algoritmi predittivi ci avrebbero reso più facile trovare le cose che stavamo per cercare. I difensori della privacy hanno cercato di spiegare che la persuasione era solo la punta dell’iceberg. I database commerciali erano bersagli ghiotti per le spie e per i ladri d’identità, per non parlare dei ricatti alle persone la cui scia di dati rivelava comportamenti sessuali, credenze religiose od opinioni politiche socialmente rischiose. Ora stiamo vivendo il contraccolpo tecnologico e finalmente la gente sta tornando dai difensori della privacy a dire che avevamo ragione da sempre. Data una sorveglianza sufficiente, le aziende sono in grado di venderci qualunque cosa: Brexit, Trump, la pulizia etnica in Myanmar e le candidature elettorali di successo di bastardi assoluti come Erdogan in Turchia e Orban in Ungheria. È molto bello che il messaggio che la privacy è importante stia finalmente raggiungendo un pubblico più ampio, ed è emozionante pensare che ci stiamo avvicinando a un punto di svolta per l’indifferenza verso la privacy e la sorveglianza. Ma anche se il riconoscimento del problema della Big Tech è benvenuto, temo che la diagnosi sia sbagliata. Il guaio è che stiamo confondendo la persuasione automatizzata con il targeting automatizzato. Le bugie risibili su Brexit, stupratori messicani e leggi della Sharia striscianti non hanno convinto persone altrimenti ragionevoli che l’alto sta in basso e che il cielo è verde. Semmai i sofisticati sistemi di targeting disponibili tramite Facebook, Google, Twitter e le altre piattaforme pubblicitarie della Big Tech hanno reso facile trovare le persone razziste, xenofobe, spaventate, arrabbiate che volevano credere che gli stranieri stavano distruggendo il loro paese mentre venivano finanziati da George Soros. Ricordiamoci che le elezioni di solito si decidono sul filo di lana, anche per i politici che hanno mantenuto le proprie cariche per decenni con margini esigui. il 60% dei votanti è una vittoria eccellente. Ricordiamoci, inoltre, che il vincitore nella maggior parte delle elezioni è il partito degli astenuti, perché moltissimi elettori non votano. Se si riesce a motivare anche solo una piccola quantità di questi non votanti in modo che vadano a votare, anche elezioni sicure possono diventare incerte. Se i margini sono stretti, avere un modo economico per raggiungere tutti i membri latenti del Ku Klux Klan di un distretto e informarli con discrezione che Donald J. Trump è l’uomo che fa per loro stravolge tutto. Cambridge Analytica è come un mentalista da palcoscenico: fa qualcosa che richiede molto lavoro e finge che sia qualcosa di soprannaturale. Un mentalista da palcoscenico si addestra per anni a memorizzare rapidamente un mazzo di carte e poi dice che può indovinare la tua carta grazie ai suoi poteri da sensitivo. Non assisterai mai ai suoi esercizi preparatori di memorizzazione, tediosi e per nulla affascinanti. Cambridge Analytica usa Facebook per trovare i cretini razzisti e per dire loro di votare per Trump, e poi dichiara di aver scoperto una tecnica mistica per convincere persone altrimenti ragionevoli a votare per dei maniaci. Non voglio dire che la persuasione sia impossibile. Le campagne automatizzate di disinformazione possono inondare il canale di resoconti contraddittori e apparentemente plausibili della situazione attuale, rendendo difficile per un osservatore comune dare un senso agli eventi. La ripetizione a lungo termine di una narrativa coerente, anche una palesemente insensata, può creare dubbi e trovare seguaci: pensate ai negazionisti dei cambiamenti climatici o ai complottismi su George Soros o al movimento antivaccinista. Ma questi sono processi lunghi e lenti, che producono piccoli cambiamenti nell’opinione pubblica nel corso di anni, e funzionano meglio quando ci sono altre condizioni che li sostengono: per esempio i movimenti fascisti, xenofobi e nativisti che sono le ancelle dell’austerità e delle privazioni. Quando sei a corto di tutto da tanto tempo, sei pronto a recepire i messaggi che incolpano i tuoi vicini per averti privato delle tue legittime spettanze. Ma non abbiamo bisogno della sorveglianza commerciale per creare le folle inferocite: Goebbels e Mao ci sono riusciti benissimo usando tecniche analogiche. Facebook non è un raggio per il controllo mentale. È uno strumento per trovare gente che ha caratteristiche insolite, difficili da localizzare, non importa se queste caratteristiche sono “persona che sta pensando di comprare un frigorifero nuovo”, “persona che ha la stessa malattia rara che hai tu” o “persona che potrebbe partecipare a un pogrom genocida”, e per poi offrire a queste persone un bel frigo doppio o delle fiaccole [tiki torches usate come simbolo dai razzisti americani] mentre si mostra loro una conferma sociale della desiderabilità di questo loro comportamento, sotto forma di altra gente (o bot) che sta facendo la stessa cosa, così si sentono parte di una folla. Anche se i raggi per il controllo mentale restano fantascienza, Facebook e le altre piattaforme di sorveglianza commerciale sono comunque preoccupanti, e non solo perché consentono a persone con visioni del mondo estreme di trovare i propri simili. Raccogliere enormi dossier su ogni persona al mondo fa paura già di per sé. In Cambogia, il governo autocratico usa Facebook per identificare i dissidenti, arrestarli e torturarli; la US Customs and Border Protection [ente di protezione delle frontiere statunitensi] usa i social media per considerare colpevoli per prossimità coloro che visitano gli Stati Uniti e impedisce a questi visitatori di entrare nel paese sulla base delle loro amicizie, delle loro affiliazioni e dei loro interessi. Poi ci sono i ladri d’identità, i ricattatori e i truffatori, che usano i dati degli enti di valutazione del credito, i dati degli utenti che sono stati trafugati e disseminati e i social media per rovinare la vita della gente. E infine ci sono gli hacker, che potenziano i propri attacchi di “social engineering” rastrellando informazioni personali per creare impostori convincenti che ingannano i loro bersagli e li inducono a rivelare informazioni che consentono loro di penetrare nelle reti sensibili. Va di moda trattare le disfunzioni dei social media come il risultato dell’ingenuità dei primi tecnologi, che non sono stati capaci di prevedere questi esiti. La verità è che la capacità di costruire servizi simili a Facebook è piuttosto comune. Quella che è rara è l’incoscienza morale necessaria per farlo. Il fatto è che è sempre stato evidente che spiando gli utenti di Internet si poteva migliorare l’efficacia delle pubblicità. Non tanto perché spiare ti offre intuizioni fantastiche di nuovi modi per convincere la gente a comprare prodotti, ma perché attesta quanto sia inefficace il marketing. Quando il tasso di successo atteso di una pubblicità è ben al di sotto dell’uno per cento, raddoppiare o triplicare la sua efficacia ti lascia comunque con un tasso di conversione inferiore all’un per cento. Ma è stato altrettanto evidente fin dall’inizio che ammassare immensi dossier su chiunque usi Internet avrebbe potuto causare problemi reali a tutta la società; problemi infinitamente più grandi di quei minuscoli vantaggi che quei dossier avrebbero prodotto per i pubblicitari. È come se Mark Zuckerberg si fosse svegliato una mattina e si fosse reso conto che gli stracci imbevuti di petrolio che stava accumulando nel suo garage si potevano raffinare per estrarne un greggio di bassissima qualità e di infimo valore. Nessuno sarebbe stato disposto a pagare granché per quel petrolio, ma gli stracci erano tanti, e finché nessuno gli chiedeva di risarcire gli inevitabili roghi che sarebbero avvenuti per il fatto di aver riempito i garage del mondo di stracci imbevuti di petrolio, Zuckerberg avrebbe potuto incassare un bel guadagno. Dieci anni dopo il mondo è in fiamme e stiamo cercando di dire a Zuckerberg e ai suoi amici che dovranno risarcire i danni e installare gli impianti antincendio che chiunque si fosse messo ad immagazzinare stracci impregnati di petrolio avrebbe dovuto pagare sin dall’inizio, e l’industria della sorveglianza commerciale non ha assolutamente intenzione di considerare nulla del genere. Il motivo è che i dossier riguardanti miliardi di persone hanno il potere di causare danni quasi inimmaginabili, eppure ogni singolo dossier fa incassare solo qualche dollaro l’anno. Affinché la sorveglianza commerciale sia remunerativa, deve scaricare sulla società tutti i rischi legati alla sorveglianza di massa e privatizzare tutti i guadagni. C’è una parola antica per questa cosa: corruzione. Nei sistemi corrotti, pochi malfattori costano miliardi a tutti gli altri per incassare milioni. Il risparmio che può avere una fabbrica scaricando inquinanti nei bacini acquiferi è molto più piccolo dei costi che subiamo tutti per il fatto di essere avvelenati dagli scarichi. Ma i costi sono ampiamente distribuiti, mentre i guadagni sono fortemente concentrati, per cui chi trae beneficio dalla corruzione può sempre spendere più delle proprie vittime per rimanere impunito. Facebook non ha un problema di controllo mentale: ha un problema di corruzione. Cambridge Analytica non ha convinto della gente di buon senso a diventare razzista: ha convinto i razzisti a diventare elettori.
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Demo.s Formia comincia gli incontri per una nuova coalizione di centrosinistra a Formia
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Gianni Costa Sono mesi e giorni convulsi, dove la scelta dei possibili candidati a sindaco della città di Formia è al setaccio delle formazioni politiche. Già dai giorni scorsi si stanno susseguendo deglòi incontri, si è fatta avanti anche l'ipotesi di una grossa coalizione che sembra però essersi arenata, almeno per il momento, sotto lazione di forze che da sempre hanno scelto uno schieramento politico. Poi ci sono anche dei nuovi movimenti politici, come il Demo.s che ha come segretario politico un ex componente di maggioranza dell'amministrazione Villa, che per un certo periodo ha fatto anche un distinguo, ed ha cercato in extremis di poter salvare la già preventivbata caduta del sindaco Paola Villa, che non ha mostrato in oltre due anni di governo, un'azione incisiva di amministrazione della città, quello che paradossalmente sta facendo un commissario prefettizio come Silvana Tizzano. Ma ecco che cosa hanno scritto da Demo.s per fare il sunto della stiuazione sguli incontri che sono stati fatti con l'altra forzapolitica storica del centrosinistra formiano, il PD che ha come segretario il giovane Luca Magliozzi: “In questi giorni e con riferimento alle future elezioni che interesseranno la nostra città leggiamo di potenziali alleanze, di strategie, di probabili candidati a Sindaco, di coalizioni allargate sempre ed in ogni caso tutti insieme per il bene comune della Città. Questo pensiero avrebbe dovuto indurre i protagonisti di queste iniziative a non determinare, in modo avventato, la fine dell’Amministrazione Villa; al contrario, sarebbe stato, quantomeno opportuno, tentare un governo di emergenza in virtù della tragica situazione che si sta vivendo, rispecchiando quanto sta avvenendo a livello nazionale. Ciò non è avvenuto e, non essendovi riusciti prima quando la nostra Città (era) in serie difficoltà, non si comprende il senso dell’attuale proposta di riunire ideologie tanto lontane quanto tra loro variegate. Noi come Democrazia Solidale – DEMO.S Formia, come già in precedenza ribadito, riteniamo che per il bene di una collettività sia necessario ragionare e agire in modo organico ma siamo convinti che la partecipazione alla competizione elettorale vada fatta ognuno con le proprie specifiche identità, idee e competenze, soprattutto al fine di non trovare ostacoli nel raggiungimento degli obiettivi di programma prefissati e per i quali si viene scelti. Ed è per questo che auspichiamo che le forze del centrosinistra cittadino possano confrontarsi in modo costruttivo e raggiungere una sintesi politica e programmatica capace di proporsi alla città nel miglior modo possibile, per poi mettere in atto ciò che promette. La posta in gioco, alle prossime elezioni, è alta. Da un lato, va evitato di consegnare Formia alla destra leghista e agli altri movimenti di quell’orientamento, dall’altro, bisogna ritrovare quella identità cittadina che da qualche tempo abbiamo perso. A prescindere dal risultato elettorale, riteniamo che i principi ideologici che ci rappresentano siano il nostro punto di forza. A tal proposito, non riteniamo possibile alcuna alleanza con partiti e movimenti che sono lontani dai principi e dai valori tipici del centrosinistra. In merito a questa nostra posizione, stiamo discutendo da tempo con il PD locale e abbiamo avuto di recente un incontro con il segretario Luca Magliozzi, a cui abbiamo espresso la nostra posizione in merito alla necessità di avviare un tavolo di concertazione tra tutte le forze del centrosinistra cittadino. Sui singoli temi è possibile e utile confrontarci con tutte le forze politiche ma riteniamo impossibile presentarci alle urne in una ipotetica coalizione multideologica che consentirebbe di vincere ma non di governare: si rischierebbe un’altra crisi che, dato il particolare momento storico, non possiamo permetterci.” Read the full article
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15 feb 2021 18:52
IL J’ACCUSE! DI CACCIARI - “A CHE SERVONO I PARTITI SE NEI MOMENTI PIÙ DIFFICILI BISOGNA RICORRERE AI CIAMPI, AI MONTI, AI DRAGHI? SE PER LA TERZA VOLTA IN UN DECENNIO È CAPO DEL GOVERNO CHI NESSUNO HA ELETTO, È INEVITABILE CHE IL "POPOLO SOVRANO" SI CHIEDA: PERCHÉ TANTO SPRECO DI PARTITI SE IL MIO DESTINO, NEI MOMENTI DECISIVI, NON PUÒ ESSERE LORO AFFIDATO? NON SAREBBE PIÙ SOLTANTO IL CROLLO DEFINITIVO DEL NOSTRO CETO POLITICO, MA DELLA FIDUCIA STESSA NELLA DEMOCRAZIA RAPPRESENTATIVA. E L'OPERA INIZIATA CON TANTA PASSIONE DAI POPULISMI, SOVRANISMI E "VAFFA" GIUNGEREBBE AL SUO FELICE CORONAMENTO”
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Massimo Cacciari per “la Stampa”
Dobbiamo proprio arrenderci? Impossibile ragionare sull' onda lunga della crisi di sistema che sta travolgendo il nostro Paese? Per quanto tempo potremo continuare a rammendare e tamponare?
Ricordiamolo ai più giovani. È l' eterno ritorno dell' uguale in forme sempre più asfittiche, deboli, emergenziali. Al crollo della prima Repubblica suonò il primo appello alla Banca d' Italia, nel '94 il secondo. Da Ciampi a Dini. E il Gotha dei "tecnici-competenti" al loro interno, dai Cassese agli Elia, dai Barbera agli Spaventa, dai Bassanini ai Treu.
I massimi esperti che la Patria ha generato in materia delle riforme ad essa necessarie. I frutti?
Deboli vagiti in alcuni settori, profondo nulla in altri. La mano passa, allora, ai politici-politici i quali, attraverso raffazzonate maggioranze tra forze e movimenti che hanno magari un passato, ma nessuna comune destinazione, catastrofizzano di nuovo durante la grande crisi 2007-2008, e si deve ritornare al Salvatore che proviene dai grandi organismi economico-finanziari, a chi appaia innocente degli sfracelli commessi.
Ora la Banca d' Italia è sostanzialmente la Banca centrale europea, e perciò Così da Monti a Draghi. E Draghi, come Monti, altro non potrà che ripetere il ritornello del piano di riforme di cui il Paese ha bisogno, senza le quali neanche un Recovery fund dieci volte maggiore servirebbe a rimetterci in sesto.
Monti lo sapeva, Draghi ancora di più, e già lo sapevano benissimo i Ciampi e i Dini. Le riforme, come tutti gli atti decisivi, in tempo di pace come di guerra, che siano crisi economiche o pandemie, possono essere intraprese soltanto da forti maggioranze politiche che si sentano partecipi di una comune visione e di un comune destino.
Vale la pena ripeterlo: politica è anche competenza o non è. Una politica incompetente è chiacchiera demagogica per definizione. Non si tratta affatto dell' assurda pretesa che chi fa il politico di professione abbia la competenza di un Draghi in materia finanziaria o di un Cassese in pubblica amministrazione o di una Cartabia in diritto.
Ciò che è necessario è che una forza politica contenga in sé, nella sua struttura, nel modo in cui si organizza, un rapporto continuo e organico con quelle competenze che rendono possibile fondare una strategia realistica, credibile nei suoi obbiettivi e nel percorso da compiere per realizzarli.
Abbiamo disfatto in questo trentennio l' idea stessa di questa forma di azione politica, l' idea stessa di una forza così strutturata. Ma lo si sappia finalmente: se la competizione politica non avviene tra partiti che compongono in se stessi tecnica-e-politica, politica-e-competenza, non solo mai si avvierà un processo reale di riforme, ma dileguerà agli occhi del "popolo sovrano" l' interesse stesso per la democrazia.
A che servono, infatti, le rappresentanze politiche se nei momenti più difficili bisogna ricorrere a Autorità "da fuori"? Se per la terza volta in un decennio è capo del governo chi nessuno ha eletto? Vi pare questo un fatterello irrilevante, dal momento che, certo, la Costituzione rimane inviolata, e tutto si svolge secondo le regole del puro parlamentarismo?
Gli dèi accecano coloro che vogliono perdere. E' assolutamente inevitabile che il "popolo sovrano" si chieda: perché tanto spreco di rappresentanti e assemblee se il mio destino, nei momenti decisivi, non può essere loro affidato, mentre nei momenti normali può benissimo esserlo a capaci amministratori?
La domanda ha una risposta sola: perché in democrazia i governi Monti, Draghi e quelli prima citati si configurano necessariamente come "servizi di emergenza" e mai potranno realizzare riforme di assetti istituzionali, né quelle della pubblica amministrazione, della giustizia, della scuola.
Possono fare leggi di bilancio equilibrate, permetterci di ridurre lo spread, evitare sprechi e errori di "calcolo". E sono tutte cose giuste e buone. E dobbiamo essere loro grati quando le combinano. Ma se vogliamo davvero che i "governi del Presidente" assumano, loro, la responsabilità di metter mano al sistema Paese, dobbiamo essere consapevoli che si tratta di "superare" l' idea di democrazia nel cui grembo siamo stati allevati.
Delle due l' una e il terzo non è dato: o i partiti sono capaci di ricostruire il loro radicamento sociale, di formare gruppi dirigenti realmente rappresentativi, di elaborare strategie sulle quali costruire alleanze operative, non dettate esclusivamente dal primum vivere, oppure si elegga un Presidente-Capo che nomina il proprio governo, al quale è lui a dettare l' agenda.
Ma la si faccia finita con questo presidenzialismo surrettizio. Per quanto tempo ancora si potrà andare avanti nell' equivoco? All' ombra protettiva di Mario Draghi destre, sinistre e centri nostrani hanno un anno per rifletterci.
Se, fatto il nuovo presidente della Repubblica, all' esito delle prossime elezioni politiche, dovesse ripresentarsi una situazione analoga al 2018 e ancora una volta, dopo defatiganti tentativi, l'invenzione di nuovi Conte, di altri e sempre uguali responsabili e ricostruttori, Draghi, divenuto nel frattempo capo dello Stato, dovesse ricorrere al suo collega di turno di via Nazionale o di Francoforte per salvare la baracca, non sarebbe più soltanto il crollo definitivo del nostro ceto politico, ma della fiducia stessa nella democrazia rappresentativa. E l' opera iniziata con tanta passione dai populismi, sovranismi e "vaffa" giungerebbe al suo felice coronamento.
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