#non fermandomi ad un “perché” senza risposta
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Starchild
Starchild si sveglia.
Macchinosamente, sono le gambe a guidare i suoi occhi lontano dalla cabina di ricarica. Palmo al sistema di riconoscimento e, con uno sbuffo, le porte scorrevoli aprono al corridoio centrale. Starchild s'acciglia affabilmente. «Comprendo la vostra noia, ma per favore, non sbuffate! Ci sono qui io con voi.»
Il corridoio è lungo, ma a Starchild piace camminare. Il motorino delle ruote ai suoi piedi ronza come insetti siderali. Lo fanno sentire meno solo. In fondo, se il suono si propaga ci dev'essere qualcosa a rifletterlo verso di lui - e cosa preclude a quel qualcosa di essere un qualcuno? Sono proprio insetti siderali. Cavallette, per la precisione.
Starchild saltella da un'attività ad un'altra con impegno e passione. Quanto tempo è passato? Oramai le ragioni per la sua presenza su quella nave sono sprofondate negli abissi della sua memoria, sotto pile, pile, pile di calendari lunari, mappe celesti, dati meccanici. Non fa niente però: la dedizione di Starchild non si ferma davanti ad un "perché" senza risposta.
Le cavallette interrompono il loro cricchettìo: polvere! Ammasso di cheratina umana, resti di pelle morta - essa stessa segnale di vita. La leggera corrente dovuta al passaggio di Starchild deve averla fatta fluttuare fin sopra al banco del salotto. Di chi era? Oh beh, chiaramente di tutti. Era sicuramente di Brennan, che passava tutti i pomeriggi in quel salotto con la testa chinata e la schiena ricurva sui suoi sketch. Ma era di certo anche di Marie, che abitualmente gli preparava "veri cocktail", al contrario di "questo tuo succo di mela annacquato". Lo rimproverava sempre di mettersi gli occhiali, e Brennan poverino, "mi cadono!", e lei, "non ti cadono se ti metti dritto", e lui, "ma non ci vedo!", e lei, "e allora mettiti gli occhiali!". Quanto ridevano. Come ridevano! Lei soffiando dal naso, lui lamentandosi. Era il loro personale linguaggio, ma tra loro funzionava benissimo e lo chiamavano risate.
«Da quanto tempo non ridi, Starchild?», gli chiedono le cavallette. «Da ieri, cavallette!», risponde Starchild, danzando sul piccolo palco del salotto. Quante canzoni sono state scritte in quel teatro senza sipari o retroscena! Nessuna laurea in astrofisica può togliere a un pirata l'aria libera nei suoi polmoni: quell'equipaggio era pieno di poeti, soprano, rapper, cantastorie di tutti i tipi. E da quel palchetto, lo splendido gioco di colori dei loro fronzoli danzanti, come prati olandesi in una notte estiva.
Notte... Quel pensiero e i galoppetti delle cavallette come un concerto in ritardando accompagnano Starchild alla grande finestra del salotto. Per Starchild, dire "notte" è come dire "cielo". Concetti come gli opposti perdono di significato nello spazio, dove tutto quanto tende a zero. La notte non è il contrario del giorno, la morte non è il contrario della vita, un oggetto non è il contrario di un umano. C'è intelletto in quel suo sguardo, c'è intelletto in quelle stelle. Quanti disegni su quella finestra. Quante storie! Su quell'astronave c'è tutto quel che un essere umano potrebbe desiderare in termini di intrattenimento, quantomeno in formato digitale. Un immenso oceano di libri, film, fumetti... dalla più ridicola commedia alla più dolorosa tragedia, Starchild le aveva già lette tutte, ma certo non aveva finito di apprezzarle. Come si può? Non bastano due persempre e mezzo per imparare ad apprezzare la verità del cuore di uno solo di quegli autori. Un potenziale incommensurato. Però però però... la maniera in cui quelle storie sono state raccontate rimane ferma, e lo sarà in eterno se nessun altro le toccherà. Quello non era un dovere programmato in Starchild. Ma quando Starchild osserva quelle stelle... sente dentro quel suo cuore che non c'è un calore che non c'è.
Quelle stelle si muovono. Giusto un filino, ma si muovono. E continueranno a muoversi per sempre, finché la parola "sempre" e quella "mai" manterranno la loro fumosa differenza - e anche quando accadrà, lasciatele fumare, perché il fumo è come nuvole, una massa di vapore acqueo per me e storie celesti per Starchild. Ed è proprio osservando le nuvole siderali che Starchild si perde e si ritrova, tendente a zero. Con la testa appoggiata alle sue mani metalliche, nel freddo celeste indistinguibili dal tepore umano, Starchild ricorda e ricostruisce la sua vita e quella di tutti gli Starchildren dell'universo. «Quante stelle vedi da questa finestra, Starchild?» «1.874.928.» «E quanti Starchildren gli ruotano attorno?»
Starchild scuote lentamente la testa, imitando quello che noi umani chiameremmo un sospiro. Per quale motivo Marie ha portato proprio S1r3A Pluto con sé, tra tutti i robot possibili? E perché l'ha chiamato Starchild? Perché Starchild l'ha accettato? Perché si trova proprio lì, proprio in quel momento, a fare proprio quei calcoli? Perché chiama quei calcoli riflessioni? Qual è il significato della sua storia?
Sa che in fondo in fondo a quell'abisso un motivo c'è. O magari non c'è, ma sa che lo si può trovare. Per il momento, Starchild è figlio delle stelle. Sperduto da qualche parte nello spazio, dove il significato tende a zero. In qualche attimo nel tempo, che non si ferma ad un "perché" senza risposta.
#120 storie brevi per una vita più lunga#o almeno credo#devo ancora decidere il titolo considerato che non so esattamente quali storie verranno raccontate qui#se troverò fili conduttori li userò#per ora ho scelto questo titolo perché beh. è la verità#ho bisogno di queste storie per allungarmi la vita#in inglese ho citato l'episodio depressivo. qui cito la derealizzazione#ho tanta tanta tanta voglia di vivere perché ho il mio Progetto da realizzare. 13 importantissime storie#Ma anche perché la vita è#sinceramente#bellissima#eppure sembra che scorra così fredda#così aguzza#come un fiume di ghiaccio#so che il mio magma (in termini pirandelliani) riuscirà a prendere possesso di quel fiume col tempo#io beh gli sto dando una mano così#prendendo il controllo del tempo anziché farmici controllare#non fermandomi ad un “perché” senza risposta#La vita non è fatta di secondi#è fatta di eventi#e più eventi ne costruisci all'interno più sarà lunga#e la lunghezza della vita è. di fatto. quanto potenziale riesci a realizzare#of course ho riassunto un casino di roba in delle tag di tumblr#sicuramente non mi sono spiegata come si deve#in ogni caso#spero che amiate Starchild quanto Starchild ama voi#davvero tanto#tanto tanto#tanto
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The Untamed, La Caccia al Tesoro (episodi 8-11)
Mentre sento che il finale della serie è stato per me una liberazione, ma allo stesso tempo ne sento la mancanza e non posso smettere di tornare a guardare le scene senza sorridere e piangere allo stesso tempo (e mannaggia ho fallito sul toto morto), riprendo con l'analisi dal punto in cui l'avevo lasciata. I primi episodi sono serviti per presentarci i personaggi e cominciare a empatizzare con loro, ci hanno dato un assaggio di questo mondo (un assaggio in senso letterale, visto che spesso non si degnano di spiegare), e ci hanno introdotto alla trama che ci accompagnerà fino alla fine. Ora è il momento di entrare nel vivo e di vedere un po' di avventura/azione.
WUXIAN E LAN ZHAN.
Lan Zhan parte per andare alla ricerca dei pezzi di Metallo Yin, e già mi fermo: perché il fratello, il buon Lan Xichen, manda un ragazzo giovane e DA SOLO in una missione tanto pericolosa? Se gli Wen intendono impadronirsi di questo potere, non sarebbe meglio pensare a una strategia difensiva migliore di quella di mandare un ragazzo da solo in giro per il mondo a fare la caccia al tesoro? Ma probabilmente sono io che mi faccio troppe domande. Troppe domande invece non se le fa il caro Wuxian, che come scopre che Lan Zhan è partito senza di lui, decide senza pensarci un attimo di andargli dietro. In fondo entrambi hanno promesso di combattere per la giustizia, e Wuxian fa tutto l'offeso che Lan Zhan sia partito senza di lui. Dopo aver lasciato una lettera ai famigliari (firmata con una faccina, adoro 😍) per avvisarli della sua partenza, raggiunge tutto felice Lan Zhan, che reagisce così:
Per tutta risposta Wuxian gli va dietro assumendo un'aria delusa e indispettita e dice: "Lan Zhan, come te ne sei potuto andare senza di me? Non è che hai paura che io possa rubarti la scena nel combattere il male e aiutare i deboli?"
Perché Wuxian è una persona molto umile.
Devo ammettere che la loro comunicazione aveva qualche problemino in principio: Wuxian lo esasperava, e Lan Zhan non faceva altro che ripetere quanto fosse noioso. Tra l'altro mi sorprende l'incredibile tenacia di Wuxian nel voler a tutti i costi fare amicizia con Lan Zhan, inizialmente palesemente seccato dalla sua presenza. Ma come potremo vedere tra poco, la costanza di Wuxian non tarderà a dare i suoi frutti.
I due si mettono dunque in viaggio, seguiti passo passo da Wen Chao che li tiene d'occhio col suo gufo maledetto, e arrivano in una città di cui non ricordo assolutamente il nome, dove Wuxian si mette subito a "saltellare" da una bancarella all'altra cercando di far ridere Lan Zhan mettendosi addosso una buffa maschera. Il fatto che Lan Zhan non gli lanci più certi sguardi inceneritori è già una buona cosa, e anche se non sembra felice (ripeto, SEMBRA) di avere tra i piedi questo nuovo compagno di viaggio, almeno adesso comincia a tollerare la sua presenza. Anche perché Wuxian la sua presenza la impone, quindi la deve tollerare per forza 😂. Ma io so che questo ridente compagno di viaggio fa più che bene a Lan Zhan, perché Wuxian rappresenta quello di cui ha più bisogno nella sua vita rigida, fredda ed inflessibile, priva di qualsivoglia forma di gioia e di qualcuno che gli dimostri un caloroso affetto dimenticandosi per un attimo di tutte le regole che lo circondano. E a proposito di regole, mi viene da chiedermi: che senso ha seguire alla lettera e con scrupolosità tutte queste regole, se poi non sei felice? Wuxian non ne segue nemmeno una manco sotto tortura, però è felice, affettuoso, pieno di gioia di vivere, e con persone accanto a lui con cui scherza tranquillamente e che gli dimostrano affetto ogni giorno. Quindi puoi anche rispettare tutte le regole di questo mondo, ma non è detto che ti rendano felice. Non pretendo che Lan Zhan capisca questo e si stacchi dai suoi principi nel giro di due giorni: è da tutta la vita che gli insegnano a seguire le regole e a vedere le cose in un certo modo, perché lui possa allargare i propri orizzonti e riuscire a vedere le cose in modo diverso, c'è bisogno di tempo. Per ora posso dire che mi fa piacere vedere Wuxian e Lan Zhan continuare a interagire insieme, continuare a conoscersi e a vivere esperienze di vita l'uno accanto all'altro.
Si imbattono poi in Nie Huaisang/tizio col ventaglio, che si mette subito a scherzare e confabulare con Wuxian. E siccome abbiamo detto che Wuxian deve portare un po' di gioia di vivere nella vita di Lan Zhan, eccolo che provvede:
Adoro questa gif. Wuxian che sfodera il suo adorabile sorriso, afferra per il braccio un perplesso e confuso Lan Zhan (seriamente, ha un'espressione del tipo: WTF) e se lo trascina dietro tutto festoso. Come per dire: Lan Zhan, vieni, lasciati andare! Lan Zhan non è assolutamente abituato a un comportamento del genere, e si vede: è perplesso, più rigido rispetto agli altri due, e se ne sta ancora sulle sue. Ma si perde nel guardare la cascata di coriandoli che a un certo punto cade dal cielo, per un attimo sembra dimenticarsi del mondo che lo circonda, con Wuxian che lo guarda sorridendo.
Dopo questo piccolo momento felice, i tre compagni proseguono il cammino e giungono al tempio con la Statua della Dea Danzante, e si fermano per la notte. Qui vivono una piccola avventura: siccome ha bisogno di sgranchirsi un po', la statua a una certa si anima e li attacca. Questa serie è coraggiosa e sfida di continuo la forza di gravità, con personaggi che si librano nell'aria per momenti interminabili, mentre volteggiano su se stessi per non so bene quale motivo. Wuxian non perde occasione di alleggerire la situazione, mentre Lan Zhan è impegnato a combattere contro la Statua se ne esce dicendo "Lan Zhan, avrà una cotta per te." Ilarità a parte, mi fa piacere che usino una battuta a sfondo romantico per farci sorridere e pensare "è qualcun altro qui che si sta prendendo una bella cotta."
Dopo essere riusciti a sigillare la Statua (intanto mi chiedo il senso di Nie Huaisang in questa scena, visto che non fa assolutamente nulla a parte nascondersi lol), devono prima trovare il modo di sopravvivere a un gruppo di burattini d'ombra che li circonda nel tempio, per poi affrontare il gufo maledetto di Wen Chao e ucciderlo. Li vedo combattere fianco a fianco, pararsi le spalle, è durante questi momenti di pericolo che comincia a nascere una certa chimica tra di loro. È come dire: siamo sulla stessa barca, siamo in questa missione insieme, quindi dobbiamo combattere insieme e aiutarci a vicenda, io copro le spalle a te e tu le copri a me. In certe situazioni un legame si crea per forza: penso sia normale affezionarsi a un compagno di viaggio con cui passi il tempo giorno e notte, con cui vivi i piccoli momenti della vita e con cui condividi sfide e pericoli, in una missione in cui tutti e due vi siete buttati senza esitazione perché credete nella giustizia e non volete che persone innocenti soffrano. Considerando tutto questo, quel compagno di viaggio non è solo qualcuno che cammina al tuo fianco lungo la strada, è anche una persona su cui sai di poter contare, una persona a cui puoi e DEVI affidare la tua vita in certi momenti, una persona che sai non ti lascerà indietro, una persona che sai sarà lì quando avrai bisogno di lei. È una persona che puoi imparare a stimare e da cui puoi sentirti stimato perché credete negli stessi valori; è una persona con cui diventa normale e piacevole passare le giornate, che sia in situazioni di vita o di morte, che sia sedersi in silenzio a bere qualcosa.
Personalmente mi piace vederla così: Wuxian e Lan Zhan si sono dati entrambi una seconda possibilità. Wuxian ha dato una seconda possibilità a Lan Zhan a dispetto del suo carattere praticamente glaciale, perché non importa la sua apparenza, lui ha visto della gentilezza, del coraggio, dei nobili principi e una grande solitudine nel suo cuore, e questo gli è bastato per buttarsi. E Lan Zhan gli ha dato una seconda possibilità mettendo da parte il suo carattere arrogante e scherzoso, perché sa che certe cose le prende seriamente e che può contare su di lui.
Non avevo certo pensato a tutto questo la prima volta che ho visto la serie, in realtà, sto scrivendo queste cose di getto proprio in questo momento. Rivedendo le puntate e fermandomi a pensare a che cosa scrivere in questa analisi, mi rendo conto di cose a cui non avevo mai pensato.
Ma c'è sicuramente una cosa di cui mi sono sempre resa conto: Wuxian è un dannato arrogante. Capisco: è giovane, avventuroso, una mente abile e geniale, sogna di fare grandi cose, ma rimane comunque un dannato arrogante. Come quando stanno affrontando il gufo e Wuxian si sente disorientato, e afferma che l'animale se la prende con lui perché deve essere colpito dalla sua saggezza; o quando dice a Nie Huaisang di stare sempre al suo fianco perché è in grado di proteggerlo sempre e comunque visto che è tanto bravo e sicuro di sé; o quando dichiara a Lan Zhan che non è capace di indagare come si deve sul Metallo Yin e che ha bisogno della sua astuzia e intelligenza. Sua Eccellenza ha parlato. Mi fa sorridere vederlo costruirsi sotto di sé questo piedistallo che sembra tanto solido e imponente, e so che lo fa senza alcuna cattiveria, so che il suo cuore è buono, ma davvero, se ne va letteralmente in giro a sbandierare la sua superiorità. Attento Wuxian, che tutto ciò un giorno potrebbe ritorcerti contro.
Nel frattempo Lan Zhan è ormai abituato ad avere Wuxian intorno, sa che è un bravo ragazzo, e sembra quasi desiderare la sua presenza e il suo aiuto in certi momenti. Come quando gli dice di intrappolare dentro una gabbia protettiva Wen Qing, Jiang Cheng e Nie Huaisang, e di andare loro due ad affrontare il gufo di Wen Chao. Lo aiuta quando gli dice di concentrarsi sui suoi cinque sensi per combattere il disorientamento, e nonostante Wuxian faccia sfoggio continuo del proprio talento, di certo il suo aiuto gli torna utile più volte.
Vengono poi indirizzati verso una casa in cui è stato compiuto un massacro, e qui incontrano prima Xue Yang, e poi Song Lan e Xiao Xingchen, ma di loro voglio parlare dopo. Una volta catturato Xue Yang, lo portano al Regno di Nie Mingjue (sono dovuta andare a cercare il nome), e qui Wuxian propone di non uccidere subito il prigioniero, ma di tenerlo in vita per interrogarlo, poi suggerisce di non distruggere il Metallo Yin per usarlo a proprio vantaggio come arma contro gli Wen. Ecco le reazioni:
Lan Zhan: ...
Jiang Cheng: ...
Nie Huaisang: ...
Nie Mingjue: WTF???
WUXIAN, COME OSI ANCHE SOLO PENSARE DI USARE UN POTERE MALIGNO PER COMBATTERE I NEMICI, ERETICO!!!!!!
L'idea di Wuxian è completamente anticonvenzionale, agli occhi degli altri pericolosa, imprudente e dannosa. In questo mondo di virtuosi e giusti coltivatori, il pensiero di Wuxian equivale a una bestemmia. Jiang Cheng gli fa notare che non sarebbe comunque una cosa facile, ma Wuxian lo zittisce con una gomitata perché evidentemente deve essere convinto che la sua idea è la migliore di tutte e di sicuro successo. Non discuto l'originalità, ed è una proposta che può anche suonare stuzzicante, ma mi sento di discutere la troppa sicurezza che Wuxian ha di se stesso. È come se quello che lui ha in mente sia qualcosa di infallibile, efficace, imbattibile e assolutamente affidabile. È come se non prendesse in considerazione la possibilità di uno sbaglio di calcolo, o il fatto che sia solo un essere umano imperfetto e limitato. No, lui è al di sopra di tutto ciò.
Che io ricordi, Wuxian, l'unica cosa di cui puoi dire di essere stato al di sopra di tutti gli altri, è quel burrone da cui poi ti sei gettato. Sapendo già che fine farà il personaggio entro la fine del flashback, qualcosa mi dice che questo suo voler "usare la magia nera contro i nemici" non porterà a nulla di buono. Ma andiamo avanti.
Lan Zhan riceve notizia che i Meandri delle Nuvole potrebbe essere in pericolo perché gli Wen hanno deciso di andarci a fare una passeggiata, quindi è arrivato il momento per lui e Wuxian di separarsi. E il modo in cui viene detto arrivederci ci fa capire una cosa. Lan Zhan lascia la sua stanza mentre un ubriaco Wuxian gli annuncia che quella notte dormirà sul tetto. Lan Zhan ormai non è affatto sorpreso da ciò, e non solo non è infastidito nel vedere Wuxian sdraiato sul tetto privo di lucidità mentale, possiamo anche vedere qualcosa di nuovo in lui. Alza gli occhi su Wuxian, a voce bassa dice "Wei Ying, devo andare", poi abbassa di nuovo lo sguardo e se ne va, con Wuxian ignaro di tutto.
FERMI.
LAN ZHAN, È PER CASO DISPIACERE QUELLO CHE VEDO NEI TUOI OCCHI???
MI STAI DICENDO CHE TI DISPIACE SEPARARTI DA WUXIAN?? Ma non era un rompipalle? Non era un noioso che ti veniva sempre dietro? Cos'è successo? Cosa è cambiato?
Inutile dire che qui la ship parte tantissimo.
Lan Zhan è passato dal voler incenerire Wuxian con lo sguardo e dal non tollerare nemmeno la sua presenza, dal dover accettare per forza la sua compagnia per vari motivi, fino al camminare e combattere al suo fianco, e infine imparare non solo a fidarsi ma anche ad affezionarsi a lui. E ora separarsi da lui lo rende triste.
Wuxian però non reagisce alla stessa maniera la mattina dopo, quando Lan Zhan non è più lì con lui, troppo occupato a riprendersi dalla sbornia. Credo che a questo punto della storia Wuxian provi molta stima e rispetto per Lan Zhan, anche se brontola la sua rigidità sotto sotto lo ammira (altrimenti non lo avrebbe seguito), e di certo gli si sta affezionando, ma per ora Wuxian non prova nulla di più.
PERSONAGGI SECONDARI E VILLAIN.
Wen Qing
Continua a lavorare per conto del Capo Wen, alla ricerca del Metallo Yin. In questi episodi, ora che non sono più ai Meandri delle Nuvole a seguire le lezioni, si limita a seguire Wen Chao che a sua volta segue Wuxian e Lan Zhan. In apparenza segue ancora i comandi degli Wen, ma poi nella realtà dei fatti la vediamo aiutare più di una volta i nostri eroi. È lei a suonare una melodia che attira i burattini d'ombra lontano dal tempio in cui Wuxian e Lan Zhan sono intrappolati, è lei a dire a Wuxian che i burattini sono comandati dalla magia nera portata dal gufo di Wen Chao, e che l'unico modo per farli tornare persone normali, è uccidere il gufo.
Wuxian e Lan Zhan non impiegano molto per capire che la ragazza è alle direttive del Capo Wen e che è alla ricerca del Metallo Yin, e quando Wuxian le fa notare che li ha aiutati e salvati, lei risponde che l'ha fatto solamente perché Wuxian ha salvato Wen Ning durante la caccia al lago, quindi ora sono pari.
Precedentemente, la ragazza ha indicato a Jiang Cheng come trovare Wuxian, avvisandolo che il fratello è in pericolo. Quando Wen Qing si separa dal gruppo per tornare a casa sua, Jiang Cheng la raggiunge e si mostra preoccupato per lei, teme che il Capo Wen possa arrabbiarsi con lei per averli aiutati. La ragazza lo rassicura, dicendogli che l'uomo l'ha salvata quando era piccola e che è sempre stato gentile con lei.
Wen Qing e Wen Ning hanno perso parte della loro famiglia quando erano bambini, e in seguito a un attacco della Dea Danzante Wen Ning ha perso parte della sua energia spirituale. I due sono stati cresciuti dal Capo Wen, la ragazza è una grande esperta di medicina e agopuntura (una tecnica molto richiesta dal Wen per alleviare il dolore portato dalle pippe mentali che continua a farsi sui suoi poteri seduto sul trono di spade), ed è letteralmente costretta a seguire i suoi ordini per proteggere se stessa e suo fratello minore.
Quando il Capo Wen viene a sapere che Wen Qing ha aiutato i nostri eroi, le mette davanti un branco di burattini d'ombra che fanno a pezzi un uomo che ha disubbidito agli ordini, e le intima che la prossima volta che commetterà uno sbaglio, il nuovo pasto dei burattini sarà Wen Ning.
In una situazione del genere, penso che Wen Qing sia incredibilmente coraggiosa a cercare di aiutare i protagonisti come può, ben conscia di quello che sta rischiando. Nonostante la posta in gioco, penso che la sua coscienza sia più forte, e semplicemente non riesce a starsene ferma a guardare mentre gli Wen minacciano la vita delle persone.
Xue Yang, Xiao Xingchen e Song Lan
E qui arriva il bello. Mi piace sempre in modo particolare quando devo parlare di Xue Yang, uno dei miei personaggi preferiti della serie. Lo ritroviamo in scena quando a Wuxian, Lan Zhan e Jiang Cheng viene indicata una casa in cui la notte si odono grida terribili e rumori strani. Quando arrivano sul posto, si trovano davanti un massacro di innocenti, e Xue Yang che aspetta il loro arrivo. Dico aspetta perché lo vediamo comodamente seduto sul tetto, con quel suo sorrisetto stampato sulla faccia, per nulla preoccupato di questi cultori venuti a catturarlo. Ma come ha detto lui stesso, non teme la morte, ma la noia. Ed è quindi per noia che ha ucciso qualcosa come cinquanta persone del Clan Chang? E mi viene anche il dubbio che si lasci catturare apposta, per combattere la noia. A questo punto capisco che questo tipo NON È NORMALE.
Ma è proprio questo il suo fascino.
Ad ogni modo, a raggiungerlo sul tetto arriva Xiao Xingchen, un cultore rinomato per portare la giustizia nel mondo, e tra i due scatta una lotta semi aerea che si conclude con la sconfitta di Xue Yang quando sul posto giunge anche Song Lan, compare di Xiao. Xue Yang non sembra prendersela minimamente, non è arrabbiato o preoccupato, non implora perdono o tenta di scappare. Accetta tutto ridendo sotto i baffi, e confessa i suoi crimini come se avesse rubato un pacchetto di caramelle.
I protagonisti lo legano come un salame (letteralmente), e cercano di fargli domande per tirargli fuori qualche informazione. Ma Xue Yang non solo non svela dove ha nascosto il pezzo di Metallo Yin che aveva con sé, ma nega anche i suoi rapporti con gli Wen, affermando di essere solo un poveraccio con poca coltivazione spirituale, e che una famiglia tanto potente non può avere interesse alcuno nel volerlo al proprio servizio. Wuxian lo perquisisce per assicurarsi che non porti con sé il Metallo, ed esce fuori una scenetta semi comica.
"Ehi, che fai, un giovane maestro proveniente da un Clan rispettabile come te, che mette le mani addosso a un uomo in questo modo..."
Wuxian: "Nel mondo della coltivazione, quando si tratta di essere sfrontati, nessuno può battermi."
E Jiang Cheng che fa una faccia come per dire "e ti pare una cosa di cui essere fieri?"
Quanto amo momenti come questo. Mi fanno sorridere, portano un attimo di leggerezza nella tensione della situazione, e Wuxian è il personaggio più adatto di tutti per stemperare l'ansia del momento.
Finita la perquisizione, appurato che il Metallo Yin non si trova attualmente in possesso di Xue Yang, decidono di portarlo da Nie Mingjue per stabilire il destino che si merita. Qui i nostri eroi e i due cultori prendono strade diverse. Xiao Xingchen e Song Lan non hanno alcun legame di sangue con nessun clan, a loro non importano gli affari di quelle famiglie, quello che fanno è camminare per le strade del mondo portando con loro la giustizia, aiutando le persone.
Xiao e Song Lan sono come il giorno e la notte, il sole e la luna, la luce e il buio. Sono lo specchio di Lan Zhan e Wuxian. Sono due uomini gentili, cortesi, onesti, puliti. E Xiao prima di partire parla con Wuxian e gli dice di essere stato discepolo di sua madre, che ora chiama sorella per il legame che li unisce.
Meng Yao e Nie Mingjue
Tra quelli che scortano Xue Yang per essere condannato, c'è anche Meng Yao, che al momento lavora per il Clan Nie. È un giovane tanto sorridente, cortese, diligente, sempre di buone maniere. Quando arrivano al Regno Infernale, vediamo ancora una volta come sia visto male dalla gente per via del suo status sociale. Questa volta è il capitano delle guardie ad accanirsi contro di lui, chiamandolo "figlio di una prostituta" e umiliandolo. Meng Yao accetta tutto in silenzio, abbassando un po' il capo con un vago sorriso sulle labbra. Non si arrabbia mai, non risponde mai a tono, non piange nemmeno. Se ne sta tranquillo, reprimendo tutto dentro di sé.
Qui facciamo la conoscenza di Nie Mingjue, fratello di Nie Huaisang, un uomo severo, un guerriero, facile all'ira, sanguigno, che odia il male e tutto ciò che ritiene cattivo. Per questo non vede di buon occhio la proposta di Wuxian di usare la magia risentita. Per il momento mette sotto chiave Xue Yang, ma la mattina dopo sul luogo giunge Wen Chao, che ha seguito attentamente le mosse di Wuxian e Lan Zhan, venuto a reclamare il prigioniero trattando tutti come dei cani. Nie Mingjue quasi gli sputa addosso, preferisce farsi tagliare i piedi piuttosto che obbedire ai suoi ordini. Parte una guerriglia, i soldati Wen penetrano all'interno delle mura, e Nie Mingjue becca Meng Yao infilzare a morte il capitano delle guardie, e scopre che il prigioniero è riuscito a fuggire. Passato il pericolo, Meng Yao cerca di spiegare le sue motivazioni: il capitano l'ha sempre maltrattato, colpito e umiliato, ha sempre insultato sua madre, e afferma che poco prima lo ha visto far scappare Xue Yang. Nie Mingjue non pare convinto. Non lo uccide solo perché quel giorno Meng Yao gli ha salvato la vita, ma lo bandisce dal suo regno e gli intima di non fare più ritorno. Ricordo che quando vidi la puntata la prima volta, mi chiesi se Meng Yao stava dicendo la verità: è stato davvero il capitano delle guardie a far fuggire Xue Yang, o è stato lui? Se è stato lui, perché lo ha fatto? Che cosa sta tramando? Cosa nasconde?
Lan Qiren e Lan Xichen
Intanto ai Meandri delle Nuvole sono guai. Gli Wen hanno deciso di fare capolino (cioè danno fuoco a tutto e uccidono tutti) per prendersi il pezzo di Metallo Yin al momento in possesso di Lan Zhan. In una situazione del genere la reazione più normale sarebbe agitazione, ansia, fermento. E cosa fanno zio e nipote? MEDITANO. A gambe incrociate, mani sulle ginocchia, occhi chiusi, sguardi concentrati, meditano. Ma prendete anche una tazza di thè già che ci siete. Non c'è nulla di cui preoccuparsi, la vostra casa è semplicemente sotto attacco e rischia di essere distrutta, tutti i vostri discepoli uccisi, quale momento migliore per meditare?
Quando due discepoli corrono da loro tutti agitati chiedendo cosa devono fare, i due tornano sulla terra, si rendono conto del pericolo, e pensano a cosa fare. Lo zio ordina al nipote di prendere i testi antichi della biblioteca, e fuggire in salvo, mentre lui resterà lì. Lan Xichen saluta con profondo rispetto e commozione lo zio, poi se ne va ubbidiendo agli ordini.
Arriva invece Lan Zhan, con la sua arpa o come si chiama, e tenta di respingere gli Wen, ma sono in troppi, quindi i Lan sono costretti a rifugiarsi nella grotta d'acqua fredda. Gli Wen minacciano di uccidere senza pietà tutti i discepoli rimasti all'esterno, Lan Zhan non può permetterlo, quindi esce allo scoperto per consegnarsi. I cattivi non solo lo catturano, non contenti gli spezzano anche una gamba. Perché gli Wen se non fanno gli spacconi non stanno bene.
LA FAMIGLIA JIANG.
Parto innanzitutto col parlare di Jiang Cheng e Wuxian, i nostri fratelli preferiti. Qui incorono Jiang Cheng personaggio tsundere di Untamed. Quando scopre che Wuxian si è dato all'avventura partendo con Lan Zhan, gli brontola dietro chiedendosi a cosa diavolo stava pensando il fratello, ma qualche giorno dopo lo vediamo uscire di soppiatto da casa per andare a cercarlo. JIANG CHENG AMMETTILO CHE SEI PREOCCUPATO PER LUI. La sorella lo becca subito, ma non lo rimprovera per andarsene di nascosto, anzi gli raccomanda di stare attento e lo rassicura con lo sguardo. Jiang Cheng sorride sollevato, e parte.
Quando finalmente trova Wuxian (grazie all'aiuto di Wen Qing), fa tutto l'arrabbiato e lo scontroso: "Come hai potuto andartene lasciandoci una misera lettera? Hai idea di quanto fossi preoccupa... cioè... di quanto mia sorella fosse preoccupata?" JIANG CHENG TI HO BECCATO, NON FARE LO TZUNDERE!!!!
Jiang Cheng ha qualche problema nell'esprimere i suoi sentimenti. In apparenza è tutto scontroso, brontolone, "aggressivo", è geloso che Wuxian passi il tempo andandosene in giro con Lan Zhan piuttosto che stare a casa con lui e pensare al Clan Jiang, lo rimbrotta sempre quando lo vede fare lo spericolato o l'arrogante, ma sotto sotto gli vuole un gran bene e si preoccupa profondamente per lui (altrimenti non sarebbe mai andato a cercarlo). Lo guarda tra il dispiaciuto e il preoccupato quando Xiao Xingchen gli parla della madre, una madre che Wuxian non potrà mai conoscere. Non si avvicina per parlargli, perché Jiang Cheng ha problemi su come esprimere i sentimenti, ma lo sguardo che posa sul fratello dice tutto.
Quando tornano a casa, si mettono subito in ginocchio nella sala principale, aspettandosi una bella ramanzina da parte del padre per essersi assentati da casa senza permesso. La paura di una punizione è nell'aria, Jiang Cheng sfodera di nuovo la sua scontrosità dicendo a Wuxian che è tutta colpa sua, e si chiede quale peccato ha commesso nella sua vita passata per ritrovarsi un fratello come lui. Wuxian ridacchia, lo spalleggia, ammette di aver sbagliato e gli chiede di non essere arrabbiato, dicendo: "Nella prossima vita continuiamo a essere fratelli, va bene?". Poi rassicura il fratello dicendogli che si prenderà tutta la colpa e sarà pronto a prendersi tutta la punizione, visto che Jiang Cheng è scappato da casa solo per andare a cercarlo.
Anche se non sono sempre d'accordo e si beccano spesso, adoro il fatto che questi fratelli ci sono sempre l'uno per l'altro quando ne hanno bisogno. Si proteggono a vicenda, si parano le spalle, e anche se a volte esprimono i propri sentimenti in modo scontroso (soprattutto Jiang Cheng), l'affetto che provano l'uno per l'altro è assolutamente palpabile.
Così come è palpabile l'affetto che li unisce alla sorella. Appena Shijie viene a sapere che i suoi fratelli sono tornati a casa, corre loro incontro. Wuxian e Jiang Cheng si illuminano quando la vedono, si precipitano a salutarla, il modo in cui questi fratelli si guardano e si sorridono è semplicemente meraviglioso.
Entra in scena anche il padre, i due ragazzi gli dicono che non sono andati in giro per divertirsi, ma sono pronti ad accettare la loro punizione. Il padre prima si assicura che i ragazzi stiano bene e che non siano feriti, poi se ne esce con: "Bene, andiamo pure a mangiare."
A quanto pare il cibo è molto importante in questa famiglia.
Ed ecco che durante il pranzo domenicale in casa Jiang fa la sua comparsa in scena LEI, colei che parla da infame ma dice grandi verità, la Queen del mio cuore, la più grande donna cazzuta di questa serie. LA SIGNORA YU. ZAN ZAN ZAAAAAN.
Guardate che adorabile quadro famigliare. Non sono tanto carini e coccolosi? Guardate come sono sciolti e sorridenti tutti quanti, come sono felici di stare a quel tavolo.
Seriamente parlando, questa famiglia avrebbe un gran bisogno di entrare in analisi, e questa scena ce lo mostra chiaramente.
Il padre e i ragazzi si siedono a tavola e sono sul punto di cominciare a mangiare, quando la signora arriva, sicura di sé, orgogliosa, seguita da due specie di guardie del corpo/ninja, che rimangono sempre dietro di lei.
Una cosa che mi colpisce subito è l'immediata reazione di Wuxian. Lo conosco per essere spensierato e sorridente, ma come la signora si approccia a loro 1) diventa quasi intimidito, 2) la spontanea serenità di solito dipinta sul suo viso d'un tratto scompare, 3) è il primo tra i ragazzi ad alzarsi in piedi, quasi scattante, per salutare la signora, e 4) Wuxian AMMUTOLISCE.
Giuro, fino ad ora non ho mai visto Wuxian così teso, in imbarazzo e ammutolito come davanti alla Signora Yu. Manco Wen Chao gli ha fatto questo effetto (il che è tutto dire).
Ad ogni modo, la Signora Yu entra in scena da vera badass, si avvicina al figlio e gli sistema il vestito in un tipico gesto materno. Nel frattempo la tensione in scena si può quasi toccare con mano. Anche Shijie sembra in imbarazzo, senza parole. Tra i due genitori non scorre buon sangue, la Signora Yu lancia certi sguardi che non riesco nemmeno a descrivere, e quando Jiang Cheng le chiede se devono davvero andare dai Wen per l'addestramento, lei secca risponde "Chiedilo a tuo padre."
Il padre spiega che tutti i Clan hanno ricevuto una lettera degli Wen, in cui intimano le famiglie a mandare da loro i loro discepoli ed eredi. La Signora Yu sbotta, non concepisce come faccia il marito a essere così calmo in una situazione del genere, come si permettono gli Wen di mandare un ordine del genere! Quando mai spetta agli Wen l'insegnamento dei loro figli?
Quando ho visto la scena la prima volta mi sono detta "finalmente qualcuno che lo dice!!". Davvero, tutti gli altri sembrano dei pesci lessi che accettano di mandare i loro figli OSTAGGI da dei pazzi la cui aspirazione è conquistare il mondo. Ma siete scemi? La meditazione deve avervi rilassato i neuroni al punto da rendervi incapaci di ragionare. Perché invece di accettare in silenzio e pensare a mangiare e meditare, non pensate a un modo per fermare questi Targaryen 2.0??
Quando il padre afferma che Wuxian è libero di decidere se andare oppure no, per poco la Signora Yu non tira fuori un bazooka. Ma come, se Wuxian ha la possibilità di scegliere, perché Jiang Cheng deve andare per forza? Wuxian si offre subito di andare, ma questo non calma i fulmini e saette che vedo scaturire negli occhi della donna.
L'aria si è scaldata per bene. Partono gli insulti. La Signora Yu chiama la figlia "serva" perché sta sbucciando i semi di loto per Wuxian. Lancia a quest'ultimo delle occhiate semplicemente gelide. Wuxian non sa da che parte guardare. Shijie è imbarazzatissima, non proferisce parola per tutto il tempo. Jiang Cheng abbassa la testa sconvolto quando la madre si chiede come può avere un figlio come lui che va sempre dietro a quel disgraziato. Non contenta gli dà dell'idiota.
Per completare il quadro, la donna ci fa capire che in passato suo marito doveva essere innamorato, o comunque provava qualcosa, per la madre di Wuxian. Questo sì che alleggerisce l'atmosfera! Dopo aver lanciato frecciate a destra e a sinistra, con tutta la dignità di questo mondo la Signora Yu se ne va più incazzata di come è arrivata, lasciando i presenti dietro di sé semplicemente attoniti.
Rivedendo la scena, sono scoppiata a ridere nel vedere il padre uscirsene con: "Bene. Mangiamo." POSSIAMO UN ATTIMO PARLARE DI QUELLO CHE È APPENA SUCCESSO??? COME PUOI PENSARE A MANGIARE?! Io non ho davvero parole... E parole non ne hanno nemmeno i ragazzi (eh certo, sono stati appena massacrati!), Shijie pare quasi in stato di shock, Wuxian accenna un sorriso allo zio poi si volta preoccupato a guardare Jiang Cheng, seduto a testa bassa.
Dopo questa bella scenetta famigliare, arriva per i due ragazzi il momento di partire per andare a fare gli ostaggi. La sorella li carica di scorte di cibo come se dovessero affrontare quattro settimane nel deserto, e dopo vari sorrisi un po' malinconici e frasi come "portate il vostro motto nel cuore" e "non fate nulla finché non avrete ottenuto qualcosa" (CAPITO WUXIAN??), con Jiang Cheng che intima a Wuxian di non combinare guai e lui che risponde con una spallata, i due ragazzi salgono sulla barca e si mettono in viaggio.
E io invece mi metto a letto perché è quasi mezzanotte. Alla prossima con la vacanza dagli Wen.
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Capitolo 52 - Cervi, medagliette e microonde
Nel capitolo precedente: Angie accetta di uscire con Dave. Eddie la cerca ancora al telefono, è costretta a rivelare a Meg cosa è successo a San Diego e cerca di spiegare all’amica il suo punto di vista sulla faccenda e perché lo sta evitando. Grace e Meg hanno pianificato una serata assieme a casa di quest’ultima, per un caso Grace resta sola quando Stone chiama. Gossard si mostra come sempre molto affettuoso con lei, che ne sembra un po’ intimorita. Grace parla al telefono anche con Eddie e, non sapendo nulla del bacio tra lui ed Angie, pensa di scuoterlo un po’ facendolo ingelosire e raccontandogli dell’uscita tra lei e Dave. Eddie la prende malissimo. Grace se ne pente una volta che Meg le rivela a che punto sono davvero Angie ed Eddie. Quando la ragazza torna a casa è costretta dalle amiche a chiamare Vedder e dirgli la verità. Angie si decide, affronta Eddie e svela che Dave ha iniziato a uscire con la bassista delle L7 e che lei lo ha solo accompagnato a un loro concerto, pur di non farlo andare da solo, per evitargli imbarazzi. Eddie allora si scusa con Angie e le confessa quello che prova come mai gli era riuscito prima. Le amiche di Angie sentono tutto, avendola obbligata a usare il vivavoce.
Intensa fragranza usata in profumeria. Sette lettere. Inizia per M. Mughetto! No, sono otto. Mango... Magnolia... Boh? Stranamente sono riuscita a mettere le mani sulla copia del Seattle Times che ogni tanto entra in casa nostra prima che Angie, come al solito, faccia il cruciverba. Ora però mi sa che mi tocca chiedere aiuto alla mia socia, perché sono nella nebbia più totale.
“Allora, ti stavo dicendo, mi presento al tavolo, solito saluto d'ordinanza con sorriso incorporato, chiedo alla tizia cosa prende e questa mi chiede, testuali parole, un cheeseburger senza formaggio e delle patatine” la porta della sua camera è aperta, mi affaccio con circospezione e la vedo al telefono. Ovviamente non ho bisogno di sapere con chi sta parlando, dalla sera in cui io e Grace siamo miracolosamente riuscite a convincerla a richiamare quel povero Cristo di Eddie ce ne sono state altre di chiamate, tutti i giorni. Per nostra sfortuna senza viva voce. Cazzo, quando ha aperto il suo cuore ad Angie io e Grace ci siamo sciolte in sospiri e aaaaaaw che per un pelo Vedder ci sgamava. Sono un'impicciona? Sì. Mi interesso alla vita sentimentale altrui per evitare di pensare al disastro della mia? Ebbene sì. Sono però anche genuinamente felice che alla mia amica le cose girino per il verso giusto come si merita? Eccome!
“Aspetta, rimango spiazzata per un attimo per il modo in cui si è espressa, poi rispondo: perfetto, allora le porto il menù Go-go con hamburger più patatine più bibita media a quattro dollari e novantanove. Va beh, in pratica non mi fa neanche finire di parlare e mi dice: No, no, io non voglio un hamburger. Voglio un cheeseburger senza formaggio” Angie dondola a destra e sinistra, cullandosi sulla sua sedia con le rotelline, mentre ascolta sorridendo la replica del suo bello.
“Esatto! Ahah stessa cosa che le ho detto io: quindi... un hamburger, signora? NO! Risponde lei seccatissima. Ho detto che non voglio un hamburger, ho chiesto un cheeseburger senza il formaggio! Ti giuro che urlava, mi sono vergognata per me, ma anche un po' per lei” Angie ruota un pelo di più sulla sedia e mi vede, facendomi un cenno.
“Ovviamente non mi sono scomposta e le ho detto: allora vuole pagare un dollaro in più per un cheeseburger, ma lo vuole senza formaggio?” Angie e io scoppiamo a ridere assieme mentre entro in camera sua schiodandomi dalla porta, poi continua “Eh sì, perché il menù col cheeseburger costa di più, è quella la cosa assurda! Se io prendo l'ordine come menù cheeseburger, anche se segnalo alla cucina di non mettere il formaggio, sarà sempre considerato un cheeseburger. Va beh, questa stronza sgrana gli occhi e mi fa: Sì, esatto! Era così difficile da capire? Ahahah eh, te l'avevo detto che era una stronza!”
“Il cliente ha sempre ragione!” esclamo io sedendomi sul suo letto.
“Ehi, tu e Meg avete detto la stessa cosa quasi contemporaneamente! Comunque, visto che il cliente ha sempre ragione e questa qua mi aveva appena dato della menomata mentale senza capire che l'unica ottusa era lei, le ho risposto: Assolutamente no, signora, un menù Marilyn con cheeseburger senza formaggio, patatine e bibita a cinque dollari e novantanove per lei? E quella: ecco, sì, adesso ci siamo, grazie. Ma vai a cagare! Eheh... aspetta un secondo, ok?” Angie se la ride con Eddie, poi gli dice di attendere e scosta solo leggermente il telefono dall'orecchio, rivolgendosi a me “Volevi dirmi qualcosa?”
“Intensa fragranza usata in profumeria, inizia per M, sette lettere” le domando mostrandole il giornale.
“Muschio” risponde subito senza battere ciglio. E' vero! Perché non mi veniva? La odio, cazzo.
“Sì, può essere, in effetti ci sta”
“Non può essere: è!” gongola per poi portarsi di nuovo il telefono all'orecchio “Cosa? La sapevi anche tu? La sapeva anche lui”
“Beh grazie a tutti e due, ma non tiratevela troppo!” ribatto lanciando un cuscino ad Angie, che però riesce a schivarlo, per poi raccoglierlo da terra.
“Purtroppo usata in profumeria, aggiungerei... Come perché? Il muschio è dannosissimo, sia quello sintetico che il muschio naturale... Beh, nel dubbio, tra estinzione totale di una specie animale e inquinamento, meglio non scegliere nessuno dei due e usare altre profumazioni, no? Come che animale? In che senso? Tu sai da dove deriva il muschio, vero?” parte un dibattito tra Eddie ed Angie di cui io sento solo una parte, anche se credo sia comunque la parte più consistente “Pianta? Ma che pianta? Il muschio non è una pianta! Cioè, sì, esiste anche la pianta, ma non è quello che si usa per fare i profumi. No! E' una secrezione animale, di un cervo per la precisione. Ma no, non ti sto prendendo per il culo, Eddie, giuro! Questi cervi hanno una ghiandola, una specie di sacchetto sotto la pancia che secerne questa sostanza, e la spargono nel loro ambiente per marcare il territorio, specialmente nella stagione degli amori... Ahahah no, Eddie, non è sperma di cervo!”
Non la tipica conversazione tra innamorati eh?
“Comunque credo che ora sia per lo più sintetico” commento io dopo aver finito di scrivere la risposta giusta nelle caselle.
“Tanto peggio, perché inquina e finisce pure nella catena alimentare.” risponde Angie sia a me che a Eddie “Come? Ahahah no, niente profumo al muschio in regalo per me, grazie. E niente regali in generale, me ne hai fatti già troppi... Sì invece... Sì invece... Eddie? Per favore... Dai...” ora torniamo più su conversazioni di coppia, Angie stringe sempre di più il cuscino e io penso sia giunta l'ora di togliere il disturbo e tornare di là. Va beh, o di continuare a origliare da fuori senza farmi vedere.
“Aspetta, Meg! Sì, ora glielo chiedo.” mi alzo e faccio per uscire, camminando all'indietro e facendo ciao ciao con la mano, ma Angie mi blocca “Allora vai a vedere i ragazzi domani sera a Portland?”
“Sì, il piano è quello. Quasi sicuramente verranno anche Grace e Laura”
“Sentito? Meg, Grace e Laura, un bel terzetto pronto ad acclamarvi e a lanciarvi i reggiseni”
“Ahahah io ho poco da lanciare!”
“No, Eddie, te l'ho già detto, non posso... Roxy m'incula, è pure un mercoledì, ci sono gli infermieri della scuola serale che finiscono prima... non posso chiedere un altro giorno”
Il nostro piccolo Romeo è impaziente, vedo. I suoi sogni si sono già infranti quando ha scoperto che Kelly aveva programmato per la band un giro promozionale di radio e interviste varie proprio nei due giorni di pausa tra i due concerti in Oregon e che c'era ancora da aspettare prima di rimettere piede qui a Seattle. Eddie ci ha provato a svicolarsi, spiegando che tanto lui non conta un cazzo nella band di Stone e Jeff e che potevano pensarci loro, ma a quanto pare non è bastato.
“E va beh, ci vediamo dopodomani, cosa cambia? Ma piantala, non cambia niente... Ahahah no!” sono ancora qui impalata nel bel mezzo della stanza di Angie, mentre lei giocherella col cuscino e vorrei tanto sapere a cosa si riferisce quell'ultimo no, ma tanto la mia amica non me lo dirà mai.
“Salutamelo, ok?” stavolta mi allontano veramente, fermandomi in corridoio perché, come volevasi dimostrare, i cazzi miei non me li so ancora fare.
“Meg ti saluta! Comunque pensavo a una cosa. Ahahahah no! Pensavo che se domani le ragazze vengono a vedervi... beh, sarà come un'ulteriore perdita della famosa scommessa... non credi? Ahahah non lo so, non conosco Portland, non so se ci sono discoteche anni Settanta, devi chiedere a Stone. No no, chiediglielo, sono sicura che se anche non ce ne fossero, farebbe in modo di allestirne una pur di farsi un'altra risata alle spalle dei perdenti! Eheh sì, sarebbe un momento imperdibile. Ah sì? Perché? Oh sì, certo, la mia presenza o meno fa sicuramente la differenza”
La telefonata dei piccioncini va avanti ancora per un po', con Eddie che presumibilmente le dice cose sempre più carine e lei che ci scherza su, non so se per il suo naturale imbarazzo o perché sa perfettamente che sono qui a origliare. Dopo averlo salutato, dissipa i miei dubbi.
“Meg!”
Taccio.
“Meg? Dai, tanto lo so che sei qui fuori”
“Uhm, stavo andando in bagno” ricompaio magicamente sulla porta, giusto in tempo per beccarmi una debole cuscinata.
“Certo...”
“Allora?” mi siedo di nuovo ai piedi del letto, in attesa delle confidenze di Angie, che mi illudo possa condividere senza che io debba tirargliele fuori con cavatappi.
“Allora Grace viene con voi domani sera?” Angie spegne subito ogni mia speranza.
“Sì, c'è anche lei”
“Sicura?”
“Certo, l'ho sentita stamattina e mi ha confermato che c'è. Perché?”
“Non lo so, è che non mi è sembrata particolarmente impaziente di rivedere Stone... o sbaglio? Cioè, è strano ma...”
“Aspetta un momento. Angela Pacifico che fa del gossip??”
“Ahahah vaffanculo Meg!”
“Chi sei? Cosa ne hai fatto della mia coinquilina?” mi alzo di scatto, indicandola con una mano tremante.
“Non sto spettegolando, faccio solo delle considerazioni su due amici”
“Considerazioni eh?” tiro giù il braccio e la guardo ridacchiando.
“Due cari amici a cui tengo. E mi sembrano carini insieme. E Grace mi sembrava molto presa all'inizio, invece adesso... mah... Insomma, secondo te c'è qualcosa che noi non sappiamo?” la nuova reginetta del gossip cerca di girarci attorno e io decido di starci. Anche perché una conversazione in più su Grace è un discorso in meno su di me e la mia vita sentimentale inesistente.
“Nah, secondo me è tutto normale. Grace aveva una cotta e Stone faceva il figo, adesso Stone non fa più il figo e lei è rimasta spiazzata, tutto qua”
“Più che altro Stone mi sembra super lanciato”
“Oh sì, effettivamente... Mi ricorda qualcun altro di nostra conoscenza” stavolta non posso fare a meno di stuzzicarla, ma lei alza gli occhi e continua.
“Per lui stanno già insieme in pratica, invece lei si è chiusa a riccio” certo, un atteggiamento di cui tu ti intendi parecchio, vero Angie? Stavolta mi trattengo.
“Vedrai che da domani sera il riccio si apre, fidati”
“Vorrei solo non soffrisse” la mia amica alza le spalle e si rigira il telefono tra le mani. Non è che lo stai dicendo a te stessa?
“Chi dei due?”
“Beh, nessuno dei due!”
“Quindi... niente profumo al muschio?” le chiedo dopo un po' e Angie ricomincia a dondolare sulla sedia.
“Ahah no, per carità!”
“Devo ricordarmi di dire a Eddie di prendertene uno alla frutta” le strizzo l'occhio e lei sbuffa facendo un giro di trecentosessanta gradi.
“Per favore...”
“Alla banana sarebbe perfetto”
“MEG!”
“Che ho detto?!”
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Beer-pong. Ventisei anni e ancora mi metto a giocare a beer-pong? Beh, Kim ne ha trenta e li organizza lui i tornei di questi giochi del cazzo, la cosa dovrebbe consolarmi. Ventisei anni, una relazione stabile, un progetto musicale serio, un conto in banca che mi paga le bollette senza arrivare alla fine di ogni mese con l'acqua alla gola... e mi risveglio nella vasca da bagno del mio bassista alle sei del mattino. Cazzo di mal di schiena! E perché cavolo sto ancora in questo condominio di merda? Bestemmio mentre insisto nel premere il pulsante per chiamare l'ascensore che tanto non arriverà mai, dopodiché mi rassegno alle quattro rampe di scale.
Trascino le mie vecchie membra fino alla porta del mio appartamento, ma quando infilo la mano in tasca in cerca delle chiavi la sensazione di freddo metallico è rimpiazzata dal nulla più totale. Non ci posso credere. Matt doveva trovarsela proprio adesso la ragazza? Tasto velocemente tutte le tasche della giacca e dei pantaloni e non trovo un cazzo e mollo un pugno alla porta.
“Cazzo” nello sferrare il pugno sento distintamente un tintinnio di chiavi e torno a cercare meglio in ogni fottuta tasca, ma non trovo nulla. Sferro un'altra botta alla porta ed ecco di nuovo il rumore. Mi metto a saltellare come un coglione davanti alla porta e ad ogni balzo corrisponde un tintinnar di chiavi, mi levo la giacca, la scuoto, stessa cosa. Ispeziono più a fondo le tasche e trovo, non il mazzo di chiavi, ma un bel buco in quella sinistra. Ecco risolto il mistero! Ora devo solo cercare di usare quel po' di lucidità che mi resta per individuare l'esatta posizione delle chiavi all'interno della fodera del giaccone ed estrarle. Mentre mi appresto a recuperarle, un altro rumore, stavolta non metallico, ma “umano”, attira la mia attenzione. Una voce, come qualcuno che canticchia, ma senza parole, mormorando, molto piano. All'inizio penso a qualcuno che magari canta mentre si fa la barba o si prepara, dopotutto per tutto il mondo è mattina. Però la voce, pur essendo flebile, si sente bene, in maniera chiara, e con un piccolo riverbero che fa pensare che la persona sia già uscita dal proprio appartamento. E allora perché non vedo arrivare nessuno? Mi incammino lungo il corridoio e sto ancora tastando la mia giacca quando, girato l'angolo, lo vedo: Vedder, seduto per terra, o meglio, seduto sullo zerbino delle ragazze, che scrive su un quaderno, con un sacchetto di carta appoggiato sulle gambe.
“Eddie?” lo chiamo perché lui non mi si fila proprio.
“Oh ehi, ciao Chris” Eddie smette di scrivere e mi saluta, come se fosse la cosa più normale del mondo.
“Che ci fai qui? Non dovresti essere in tour?”
“E' finito! Cioè, tecnicamente finisce il tre marzo, ma considerando che le ultime tre date sono qui a Seattle, praticamente abbiamo finito. Nel senso che abbiamo finito di girare” Eddie spiega candidamente, chiudendo la penna e infilandola nel quadernetto, per poi infilarsi il tutto in una tasca interna della giacca. Nel fare questo lascia intravedere la sua maglietta: bianca con su scritto Air Love Bone e la sagoma di un giocatore di basket coi capelli lunghi che somiglia più a Jeff che a Jordan. Ne ho una uguale pure io, ma blu.
“Non avete due concerti in Oregon?”
“Avevamo, abbiamo suonato a Portland ieri sera. Poca gente, ma bella atmosfera, gran concerto” Eddie annuisce a se stesso e non si schioda da terra.
“Avete suonato ieri? E quando sei tornato?”
“Che ore sono adesso? Uh le sette e mezza. Beh, qualche oretta fa”
“Eheh saltati sul van e schizzati a casa subito dopo il concerto? Non vedevate l'ora di tornare eh?” mi sa che soprattutto lui non stava nella pelle, o sbaglio? Non è che Eddie mi abbia mai parlato di queste cose, non sono la sua confidente o Jeff, però forse fra tutto sono uno di quelli, assieme ad Ament, che lo conosce un po' di più. E comunque non ci vuole un genio per capire che se, anziché a letto a dormire per smaltire la stanchezza del tour, è qui davanti alla porta di una ragazza, allora c'è qualcosa di grosso sotto.
“Beh, ehm, questo non lo so... Cioè, non so cos'hanno fatto gli altri, io sono... sono tornato da solo” Eddie perde per un secondo la sua apparente tranquillità.
“Da solo?”
“Sì”
“E come?”
“Autostop” risponde alzando il pollice.
“Autostop?”
“Sì”
“Cioè, tu hai mollato tutto e tutti e sei venuto in autostop fino a Seattle”
“I Village People mi hanno ispirato”
“Eh?”
“Do you want to spend the night?”
“Di che cazzo sei fatto, Ed?”
A quel punto mi spiega che si tratta della solita scommessa del cazzo di Stone e Jeff e che una parte dei nostri amici si è esibita nel parcheggio del Melody Ballroom. Conosco il posto. Ci ho suonato e ci ho visto pure i Fugazi. Mi ha sempre fatto sorridere pensare che li ci facciano anche i matrimoni e le feste dei liceali. Beh, complimenti alla versatilità e all'apertura mentale dei proprietari.
“E a un certo punto mi sono detto: che cazzo ci faccio qui? E ho chiesto a dei tizi che ho già visto ai nostri concerti qui se mi davano uno strappo” il motivo per cui ha avuto quest'illuminazione improvvisa è al di là di quella porta, entrambi lo sappiamo, ma nessuno sente l'esigenza di puntualizzarlo.
“E ci hai messo tutto questo tempo?”
“Non sono mica arrivato adesso...”
“Da quanto tempo sei su quel cazzo di zerbino?” gli domando quando finalmente trovo le dannate chiavi e cerco di tirarle fuori.
“No beh, qui da un'oretta. Facciamo due”
“E perché?”
“Perché era troppo presto”
“Quindi ti sei fatto scaricare qui e poi ti sei accorto che era l'alba?”
“No, non mi sono fatto lasciare qui”
“E dove?”
“A Pike Place” risponde come se fosse la cosa più ovvia e io fossi un coglione a chiedere.
“A Pike Place” ripeto facendo sì con la testa, assecondandolo come si fa coi pazzi.
“Dovevo prendere delle cose” aggiunge afferrando il sacchetto di carta e appoggiandolo a terra alla sua sinistra.
“Ma non hai trovato chiuso?” chiedo scettico.
“Le panetterie aprono presto”
“Ah” assecondare sì, questa è la strategia migliore.
“Ho mangiato qualcosa, ho preso un caffè, ho comprato qualcosina per Angie e poi sono venuto qui”
“In autostop”
“Ahahah ma va, in tram!” ancora una volta mi risponde come se fossi io il coglione e forse non ha tutti i torti.
“Sono arrivato e quando stavo per suonare il campanello mi sono reso conto che erano tipo le cinque del mattino”
“Come recita un altro pezzo dei mitici Village People”
“Uhm sì, ma cosa c'entra?” domanda improvvisamente serissimo e io gli scoppio a ridere in faccia. Con Eddie non capisci mai se è serio o se ti prende per il culo ed è un aspetto che mi piace nelle persone. Di certo l'ha capito che anch'io non sono del tutto a posto, forse dalla prima volta che l'ho portato fuori a bere. O da quando mi sono materializzato al mini market e l'ho portato via a fine turno dicendogli che gli avrei fatto vedere come trascorrono i venerdì sera le rockstar locali. E abbiamo passato la nottata a bere e inseguire i miei cani, o meglio, i cani di Susan nel bosco.
“Ahah niente niente! Allora ti sei parcheggiato qui, giusto?”
“Sì...” risponde ancora scettico “In attesa di un orario più umano”
“Beh dai, le sette e mezza mi sembrano acceettabili” mi avvicino e faccio per suonare il campanello, ma Eddie mi blocca prendendomi per il polso.
“No!”
“Perché no?”
“Non ho sentito rumori, non si è ancora svegliata. Ormai aspetto che si svegli” faccio marcia indietro e mi immagino Eddie con l'orecchio incollato alla porta in attesa del rumore del cicalino del microonde o dello sciacquone del cesso e mi faccio un sacco di risate, internamente. Non voglio ferirlo!
“E la tua roba?”
“Che roba?”
“Le tue cose, i tuoi bagagli”
“Oh avevo solo uno zaino, è sul van. Jeff me lo porterà, credo”
“Credi?”
“Beh, penso di sì”
“Ma... hai detto agli altri che tornavi a casa, vero?”
“Mmm... aspetta... ah sì, l'ho detto a Mike” allora sì che stai in una botte di ferro, amico.
“Era lucido quando gliel'hai detto?”
“Sembrava di...” mentre Eddie inizia a descrivere lo stato apparente di Mike nel dopo concerto di ieri, ecco che la porta a cui era appoggiato si apre di scatto e lui cade giù all'indietro a peso morto, ma capisco che è ancora vivo quando termina la frase dal pavimento di casa di Angie “...sì”
“Che cazz... Eddie? Chris?” la ragazza ci guarda uno ad uno incredula, mentre lega la cinta della sua vestaglia rosa.
“Ciao dolcezza! L'ho trovato sul tuo zerbino. Non ha la medaglietta, però sembra ben nutrito” scherzo, mentre Eddie è ancora a terra.
“Ciao Angie!” esclama con un certo entusiasmo ammirandola dal basso in tutta la sua... confettosità? Esiste? Mah...
“Eddie! Che ci fai a terra, tirati su” Angie gli tende la mano e lui accetta l'offerta, si aiuta aggrappandosi alla maniglia e si alza.
“Sono caduto” ahah sì, che ci sei cascato con tutte le scarpe mi pare evidente.
“Fatto male?” chiede lei perplessa.
“Nah”
“E' proprio così al naturale, fidati. Ehi Eddie, attento” lo avviso indicando il sacchetto di carta che sta quasi per calpestare.
“Oh cazzo, grazie Chris” recupera il sacchetto e lo stringe come se fosse un neonato da cullare.
“Cos'è?” chiede lei sempre più confusa, calcolando anche che si sarà appena svegliata e come prima attività della giornata le tocca avere a che fare con due deficienti.
“La colazione!” risponde Vedder tutto soddisfatto di sé.
“Oh... grazie... beh, facciamo colazione allora” Angie indica l'interno del suo appartamento e io capisco che si è fatta una certa ed è ora di levare le tende, visto e considerato che ho pure recuperato le mie cazzo di chiavi di casa.
“Ottima idea” Eddie le lancia uno sguardo sornione, ulteriore segnale che è arrivato il momento di levarsi dal cazzo.
“Beh, allora io vado eh?”
“Non fai colazione con noi?” mi chiede lei in maniera apparentemente innocente. L'occhiata di Eddie mi basta per trovare la risposta.
“No, grazie, dolcezza, ma ho troppo sonno. E alla sola idea di ingerire ancora qualcosa di solido o liquido sento le mie budella chiedere pietà”
“Mmh ok, ci vediamo allora”
“Ciao Chris!” Eddie mi saluta e sparisce nell'appartamento.
“Buona notte ragazzi... Cioè, buongiorno... Insomma, avete capito”
“Notte Chris”
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“Che ci facevate qui fuori a chiacchierare? Ho sentito dei rumori e-” richiudo dopo essermi accertata che Chris cammini dritto a sufficienza per arrivare al suo appartamento e non appena mi giro vengo travolta da Eddie che mi inchioda alla porta abbracciandomi.
“Scusa se ti abbiamo svegliata”
“N-no, ma no! Ero... ero già sveglia”
“Mi sei mancata”
“Oh, ehm, anche tu” rispondo e spero tanto che il colluttorio che ho usato ieri sera sia davvero ad azione prolungata come sostenuto in etichetta perché Eddie sta praticamente respirando sulle mie labbra strofinando il naso contro il mio.
“Da morire...” è sempre più vicino e io non so dove guardare, se guardare, se chiudere gli occhi, se baciarlo, se aspettare che lo faccia lui, se stare zitta e godermi il momento.
Ma io sono zitta...
Beh zitta nella tua testa, cretina che non sei altro!
Ma è impossibile non pensare, anche il pensiero di non pensare è qualcosa che pensi in fondo, no?
Ma perché pensi a queste cazzo di cose mentre Eddie ti sta torturando in questa maniera? E le mani? Dove cazzo le hai messe le mani?
Aspetta, ce le ho... sospese, a mezz'aria, praticamente lo sto abbracciando coi gomiti.
Coi gomiti? Che cazzo sei un meccanico con le mani sporche di grasso?! Sembri il pastore del presepe della nonna, quello che si stupisce, con le mani alzate al cielo.
Riesco a smettere di litigare con me stessa per un attimo e ad appoggiare le mani sulle spalle di Eddie, che deve percepire il gesto come un segnale di via libera e mi bacia.
Dave Gahan non si vede né si sente, idem per i suoi compagni di band, lo zio Tom Jones non si fa vivo, di Sonny e Cher neanche l'ombra. Per un attimo mi sento quasi un'adulta, almeno finché non sento partire le nacchere e Phil Spector butta letteralmente il trio delle Crystals sul palco senza tante cerimonie.
He kissed me in a way that I've never been kissed before
He kissed me in a way that I wanna be kissed forever more
Il concerto non finisce neanche quando Eddie si stacca dalla mia bocca per un secondo e mi guarda negli occhi, come se cercasse qualcosa. Forse sta cercando di capire se in questo momento sono su questo pianeta o no e sa già che chiedermelo direttamente non servirebbe a molto. Quello che trova deve piacergli perché sorride mostrando bene le sue cazzo di fossette... come se avessi bisogno di altri stimoli! E mi bacia di nuovo. Stavolta sono piccoli baci che piano piano si spostano dalle labbra alla guancia, per poi indirizzarsi giù verso il collo. Una delle sue mani invece risale dai fianchi, mi sfiora forse sì, forse no, forse l'ho sognato, il seno, mi solletica, qui sì, sono sicura, le braccia anche attraverso uno strato non indifferente di pile, mi accarezza la guancia e si infila tra i miei capelli, mentre sul collo decide di affondarci anche i denti.
Devo fare qualcosa.
Ma non voglio!
Ma devi, non vedi che ti stai impanicando? Vuoi aspettare di avere la testa che giri, vedere i puntini e cascare giù lunga tirata per terra?
E' così piacevole però...
E se gli viene in mente di fare qualcosa di più piacevole?
Magari...
Angie, cazzo, torna in te!
“Cosa c'è nel sacchetto?” riesco a chiedere dopo un po'.
“Uhm?” mormora Eddie senza staccarsi dal mio collo.
“Nel sacchetto, che hai portato...”
“Te l'ho detto... prima... la colazione” risponde seguendo il percorso di prima all'inverso, tra un bacio e l'altro.
“Ovvero?”
“Brioches” rivela prima di stamparmi un bacio sul naso.
“Alla crema?” domando improvvisamente davvero interessata all'argomento e non solo usandola come stupida scusa per spezzare questo momento piacevolissimo.
“E al cioccolato.” annuisce lui in maniera deliziosa, quasi infantile “Le ho prese stamattina prestissimo per te, appena sono arrivato a Seattle”
“A proposito, quando sei arrivato?”
“Presto” e mi racconta del suo viaggio in autostop e delle tappe che lo hanno portato fino a casa mia. In tutto questo io sono ancora tutt'uno con la porta. E con Eddie, che non ha la minima intenzione di mollarmi. Ha fatto tutto questo casino... per me? Per vedermi qualche ora prima del previsto?
Beh, è messo veramente male se fa l'autostop di notte per vederti con gli occhi incollati, la doccia ancora da fare e i denti da lavare, i capelli tirati su a caso col mollettone.
“Gli serve una scaldatina allora”
“Eh?”
“Dico, bisognerà scaldarle un pochino...”
“Che cosa?”
“Le brioches, saranno fredde adesso”
“Ah! Eheh beh, sì” perché arrossisce? Ma soprattutto quante mani ha? In teoria ne ha una ancora tra i miei capelli mezzi raccolti mezzi no e un'altra sul mio fianco sinistro, ma io mi sento accarezzare ovunque.
“Mangiamo adesso? Tra un'oretta scarsa devo essere a lezione” cerco di tornare alla ragione.
“Oh... devi proprio?” e tu devi proprio guardarmi così?
“Eh... sì, c'è il monografico su Renoir e oggi il prof spiega il passaggio al sonoro, che è una parte importantissima che c'è pure nell'esame, quindi...”
“Ok” molla la presa, ma mi prende la mano portandomi verso la cucina, dove il sacchetto ci aspetta sul tavolo. Mi stavo giusto chiedendo dove lo avesse messo.
No, non è vero, non te lo stavi chiedendo per un cazzo.
Allora?! La piantiamo di battibeccare qua dentro? Sto cercando di restare cosciente e non perdermi neanche un secondo di questa cosa. E poi adesso si mangia.
Le mani di Eddie sono sulle mie spalle mentre tiro fuori il l'incarto all'interno del sacchetto, lo apro velocemente e viene fuori che ha comprato una montagna di brioches allettanti.
“La colazione è per tutto il condominio?” gli chiedo sogghignando.
“No, solo per noi” la presa sulle spalle si fa più stretta e un bacio tanto veloce quanto rovente mi viene stampato sulla guancia.
“Facciamo che ne scaldo quattro, ok?”
Eddie non mi risponde e si limita a un altro bacio sull'altra guancia e io non so se ci arrivo a vedere La Chienne.
“Le scaldi nel microonde?” mi fa mentre sistemo il piattino con le brioches nel fornetto.
“Sì, ma per poco e a bassa potenza se no... ehm, se no diventano dure... come i sassi e immangiabili” e pensandoci sono un po' come me, che a furia di baci e carezze e abbracci, come quello di adesso, stretto, da dietro, coi riccioli di Eddie che mi fanno il solletico sul collo, mi irrigidisco come un baccalà e divento completamente inutile.
“Mi fido di te” mi sussurra nell'orecchio.
Io invece no, non mi fido, perché mi vuoi chiaramente morta.
Quando sono pronte, estraggo il piatto fumante dal microonde e praticamente schizzo in sala, lo appoggio sul tavolino e mi siedo sul divano, pensando così di essere al sicuro. Al sicuro da cosa non si sa. Ma non faccio altro che cadere dalla padella nella brace perché Eddie mi raggiunge, si china su di me e mi bacia di nuovo, con una certa decisione, ancora prima di toccare il divano sedendosi accanto a me. La decisione si concretizza nello buttarmisi praticamente addosso e come previsto credo di essere entrata in modalità stoccafisso, perché Eddie si stacca da me quasi subito.
“Tutto ok?”
“Eh? Sì”
“Qualcosa non va?”
“No, perché?”
“Sicura? Sembri strana” continua con quei suoi occhi indagatori azzurro oceano che visti dal basso e da così vicino sembrano ancora più profondi.
“No, è che... beh, è tardi e-”
“Troppo?”
“Beh, non è proprio così tardi, ma...”
“No intendevo... io, troppo? Troppo veloce?”
“NO!” gli urlo praticamente in faccia e quasi lo spettino. Gli spunta un ghigno sulla faccia e a questo punto sono più che certa che sappia perfettamente l'effetto che ha su di me “Ehm, no, non è quello, è che... davvero, ho lezione e non posso...”
“Hai ragione, scusami.” Eddie mi da un bacio piccolo piccolo sulle labbra che mi lascia con la voglia di averne altri dieci mila subito e si risiede “E poi le brioches si raffreddano” aggiunge con un sorriso fossettato, mentre ne prende una alla crema.
Io no, non credo di correre questo pericolo invece.
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Smart-working, un’arma a doppio taglio.
A distanza di quasi 5 mesi dall’inizio della pandemia ci troviamo ancora a sorridere alla frase “ Allora nella pausa ci becchiamo alle macchinette per un caffè e due chiacchere?”.Eh si, perché in un modo o nell’altro l’Italia come il resto del mondo ha dovuto trovare una soluzione per far continuare a girare la grande macchina che sta sotto tutta l’economia.
Questo grande compromesso è il famigerato smart-working.
Ne abbiamo sentito parlare al telegiornale, letto sui quotidiani, ma fermandomi a riflettere mi sono chiesta come potessi scrivere cosa fosse senza averlo mi provato in prima persona. Dunque ho deciso di dar la voce a coloro hanno dovuto modificare le loro abitudini.
Ho creato un questionario anonimo per questi lavoratori e con il loro aiuto ho raggiunto ben 121 risposte. Esse sono date da dipendenti di settori e anni di esperienza molto diversi tra loro ,tuttavia la maggioranza (62,8%) hanno provato effettivamente il lavoro da remoto per la prima volta. E come per tutte le prime volte si vanno a creare impressioni differenti per ogni individuo.
Alla domanda “Come stai vivendo questo periodo di lavoro da remoto?” il 56,4 % ha risposto “ Bene , grazie alla tecnologia posso lavorare come prima”. E con mio grande stupore mi sono resa conto che in effetti è proprio grazie ad essa che effettivamente non ci siamo fermati e che siamo tutti siamo comunque interconnessi.
Tuttavia, mi è sorta spontanea un'altra curiosità. L’essere connessi solo virtualmente rende comunque le giornate lavorative complete o si sente la mancanza del rapporto umano? A tal proposito la maggioranza ha risposto che è così ,specialmente se si tratta di un settore in cui la componente umana racchiude una percentuale importante.
Fonte : pixabay. Autore: User 27707.
Inoltre con il fatto di essere sempre nello stesso ambiente e solo in compagnia di un computer si è portati a non rendersi conto dello scorrere del tempo dando origine al fenomeno di iperconnessione. Si tende a lavorare più tempo di quello che effettivamente si dovrebbe, generando uno stress continuo, che va a superare quasi quello che solitamente si aveva già. Non avendo orari fissi si tende a continuare senza stop e pause.
Tuttavia,al di fuori di questi lati “negativi”, dal sondaggio è emerso che lo smart-working possiede anche molti lati positivi. Il fatto di potersi organizzare sulla base dei propri orari e quindi avere maggior flessibilità e autonomia. Il non dover compiere più spostamenti e conseguentemente si ha una riduzione dei costi, ne un esempio la benzina. Inoltre la possibilità di trovarsi in un ambiente comune e anche più silenzioso magari (nel caso di chi non possiede un ufficio priorio) e quindi di poter avere una maggior possibilità di concentrazione, e poi diciamocelo chi dice di no a mezzoretta in più di sonno?
Insomma la smart-working è intriso di componenti positive e negative e quindi cosa si augurano i lavoratori per il loro futuro? Dalle stime si osserva che l’opzione migliore potrebbe essere la creazione di un connubio perfetto tra tutti i “pregi” e i “difetti” utilizzando il lavoro da remoto due o tre giorni a settimana.
Risposta alla domanda “Cosa ti auguri per il futuro” del sondaggio creato da me
In conclusione, dal momento che il lavoro dovrebbe essere un qualcosa che non si fa solo perché è necessario un guadagno per vivere ma, perché ci soddisfa e ci rende fieri delle nostre capacità, il resoconto finale che si può osservare dal sondaggio è che lo smart-working è da promuove, ma sempre con gli adeguati accorgimenti, ricordandoci che esso può essere un’arma a doppio taglio.
Per chi volesse osservare tutte le risposte anonime del sondaggio clicchi sul link sottostante: Sondaggio
Elisa Peradotto
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No Autostop - Parte I
Era un pomeriggio piovoso di fine estate. Viaggiavo ormai da qualche ora e decisi di accostare alla piazzola di sosta prima dell’intersezione, per sgranchirmi le gambe. Lì, sotto un cartello con scritto “NO AUTOSTOP” incontrai uno sconosciuto che mi chiese se potevo dargli un passaggio per un tratto di strada, non sembrava importargli quale direzione avrei preso. Era un ragazzo minuto e dai lineamenti delicati, coi capelli ricci e scuri spettinati e profondi occhi castani dallo sguardo triste. Era piuttosto giovane e gli chiesi la sua età, stupito di trovare qualcuno in quella strada sperduta. Disse di avere diciotto anni appena compiuti e di sua iniziativa mi mostrò un documento d’identità tutto spiegazzato.
Era magro e pallido, quasi emaciato. «Stai scappando di casa? O hai qualche problema? Non voglio guai.» Lo avvertii serio.
Mi confermò subito che era scappato di casa. Annuii e gli chiesi il suo nome. Giulio.
«Bene, Giulio, allora salta su,» dissi indicando la mia auto con un cenno del capo.
Sgranò gli occhi e sorrise sollevato. Un attimo dopo aveva raccolto lo zaino e si accingeva a salire sulla mia auto dal lato del passeggero.
Mi soffermai a studiare il suo bel culo stretto nei jeans logori. «Puoi mettere lo zaino nel porta bagagli,» dissi facendo scattare la serratura, e una volta sistemata ogni cosa ci avviammo insieme verso nord.
Guidammo in silenzio per un po’ di tempo. Provai ad aprire una conversazione ma il ragazzo sembrava essere timido. «Perché sei scappato di casa? Problemi a scuola o in famiglia?» Chiesi senza ottenere risposta.
«Forse per una ragazza?» Volevo sapere qualcosa su di lui. «Cosa può essere tanto terribile da spingerti a lasciare tutto?» Insistetti.
«È il mio patrigno…» borbottò alla fine Giulio fissando il parabrezza. «Da quando mia madre è morta, è diventato violento… con me.»
«Ti picchiava?»
Annuì in silenzio senza aggiungere altro.
Il viaggio prosegui per lo più quieto altre due ore. Ormai ero quasi arrivato a destinazione e decisi di lanciare il mio amo.
«Hai la ragazza?» Gli chiesi d’un tratto con indifferenza. Scosse la testa. «Un ragazzo?» Il tono era sempre quello di una conversazione leggera ma adesso ero davvero interessato alla sua risposta.
Lui si irrigidì, abbassò lo sguardo fin sulle ginocchia e rimase in silenzio. Avevo fatto centro.
In breve giungemmo alla diramazione secondaria che dalla strada principale si inoltrava nel fitto foresta. Verso la mia destinazione finale.
«Io svolto,» lo informai in tono neutro. «Se vuoi proseguire su questa strada posso lasciarti qui.»
Sembrò deluso, forse si aspettava di fare più strada o chissà. Annuì sconsolato e io feci accostare l’auto nella minuscola piazzola all’incrocio delle due strade.
Una volta fermi, Giulio esitò a slacciarsi la cintura. Potevo quasi vedere i pensieri arrovellarsi dentro la sua testolina riccia. Forse qualcosa aveva abboccato.
Approfittai di quell’attimo. «Si sta facendo buio,» sottolineai con noncuranza. «Hai un posto dove passare la notte?»
Per diversi secondi non successe assolutamente nulla. Si giocava tutto in quei momenti. Giulio stava esaminando le sue opzioni.
«No,» disse alla fine, alzando lo sguardo per la prima volta da quando era salito sulla mia auto e incrociando i miei occhi.
Continuai a fissarlo con un sorriso comprensivo, reggendo il suo sguardo e tirai su la lenza. «Vieni a casa mia, è qui vicino.» dissi sempre attento alle sue reazioni. «Domattina ti riporto qui e potrai proseguire, se vuoi.»
Di nuovo silenzio. Forse avevo tirato troppo. Non lasciai mai i suoi occhi.
«Non voglio essere di disturbo,» sussurrò esitante dopo un’eternità.
Preso. Gli sorrisi apertamente. «Nessun disturbo.»
***
La casa non era poi così vicina. Ci inoltrammo nella foresta per oltre un’ora. Avevo acquistato quella tenuta in campagna proprio per questo, dire che era isolata sarebbe riduttivo – eracircondata da chilometri di fitta boscaglia e con un’unica strada di accesso.
Quando superammo l’alto cancello in ferro che delimitava la proprietà Giulio iniziò ad agitarsi. «Ho cambiato idea,» disse con quel suo tono di voce basso ed esitante. «Credo che proseguirò stanotte.»
Scossi lievemente la testa e sorrisi in silenzio. Troppo tardi frocetto, ormai sei mio – pensai sorridendogli.
Un paio d’ore dopo era tutto pronto. Fu un bene che il ragazzo fosse stato già picchiato in precedenza perché comprese subito la situazione e non ci fu bisogno di fare troppo baccano per nulla – giusto qualche colpo di avvertimento.
Era nudo e in ginocchio al centro dell’ampio salone, con le mani dietro la schiena e le cosce socchiuse – completamente esposto. Legarlo non fu necessario. Singhiozzava in silenzio e aveva le guance già rigate di lacrime.
«Tra poco ti daremo un vero motivo per piangere, frocio. Puoi starne certo.» Disse un uomo sconosciuto scatenando le risate di tutti – a parte Giulio. Avevo invitato qualche amico che aveva invitato qualche amico a sua volta, c’erano una dozzina di uomini nella stanza e non conoscevo neanche la metà di loro. Ma eccoci qua e la festa doveva cominciare.
Mi avvicinai al ragazzo sbottonando i jeans. «Forza, succhiamelo,» dissi fermandomi di fronte a lui.
Giulio sembrava confuso e spaesato, come non sapesse che fare - eppure non staccava gli occhi dalla mia asta che pulsava a pochi centimetri dal suo viso. «Non l’hai mai fatto?» Gli chiesi divertito. «Sei vergine?»
Giulio annuì.
«Beh, è la tua serata fortunata, hai un sacco di cazzi da soddisfare.» Dissi con una profonda risata.
Lo afferrai per i capelli tirandolo più vicino. «Apri la bocca e succhiami l’uccello.» Ordinai. «E attento a non graffiarmi coi denti.»
E così Giulio ebbe il suo primo assaggio di cazzo. Non sapendo bene come muoversi, fin da subito, mentre succhiava cercò incautamente di prendere in bocca quanto più poteva della mia asta e io lo assecondai volentieri spingendo ancora più del mio cazzo tra le sue morbide e calde labbra fino a toccare l’ingresso della gola, soffocandolo. Meglio che si abituasse in fretta.
Giulio non poteva vederli ma c’erano già almeno sei ragazzi intenti a masturbarsi alle sue spalle, in attesa del loro turno.
«Scommetto che lo vuoi anche nel culo?» Gridò Marco, uno dei miei più vecchi amici, accarezzandosi la potente erezione. Giulio arrossì, riprendendo fiato con solo il mio glande tra le labbra, sfregandomi delicatamente sul frenulo la punta della lingua.
«Forza frocio, smettila di sognare ad occhi aperti e succhia!» Lo spronai premendogli la testa sul mio cazzo di pietra.
Gli altri non potevano più aspettare, due si avvicinarono ai lati del ragazzo e gli misero i loro cazzi in mano guidandolo in una lenta masturbazione. Il ragazzo di sinistra, uno di quelli che non conoscevo, colpì Giulio sulla testa con uno schiaffo. «Mostra un po’ di rispetto, mettici più impegno.» Gli intimò sghignazzando scatenando un’altra risata generale.
Giulio era sopraffatto, per lui era tutto nuovo. Alzò lo sguardo sugli uomini che torreggiavano sopra di lui e borbottò qualcosa di incomprensibile con il mio cazzo piantato a fondo tra le sue labbra. Causando ancora più risate tra i presenti.
L’uomo a destra, Milo un ragazzone tutto muscoli che avevo da poco conosciuto su internet, lasciò cadere una grossa goccia di saliva che andò a finire direttamente sulla guancia destra di Giulio per poi scivolare sul labbro superiore ed essere spinta dentro la bocca dal continuo andirivieni del mio cazzo. Altre risate e qualche pacca sulle spalle ripagarono Milo del suo spirito d’iniziativa.
Dopo qualche altra spinta sfilai il cazzo ricoperto di saliva dalle sue labbra arrossate. «È ora di romperti il culo,» dissi fissando il ragazzo inginocchiato davanti a me...
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