#non farmi soffrire
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Lettera aperta a tutti quelli che che mi hanno conosciuto.
Passano gli anni ma mi rendo conto che chi sta meglio di me in realtà sta peggio.
Persone che ho sempre voluto vedere felici, che mai avevo visto nemmeno di persona, hanno cercato di usarmi pensando fossi ingenuo, ma la bontà non è sinonimo di ingenuità, di debolezza, io ho aperto le porte a chiunque, perché dentro non smetterò mai di abbandonare quel bambino che sono stato, che condivideva anche i sorrisi che non aveva per sé stesso, ma che non avrebbe passato la notte se avesse saputo che il suo “amichetto/a” il giorno dopo avesse avuto il broncio.
Perché siete “cresciuti” dando spazio all’odio?
Perché anziché promettere ad altri non promettete a voi stessi di ritrovarvi?
Di guardarvi dentro una volta tanto, e affondare nel male che avete condiviso con me, anziché condividere quella parte di “esseri umani” che era ancora insita in voi?
Se foste stati di parola, come a quegli anni, non mi avreste mai abbandonato, così dicevate.
Vedere lasciare soffrire una persona non rientrerà mai nei mei pensieri, anche se fosse qualcuno che, come successo fino all’altro ieri, ha fatto di tutto per mettermi i bastoni fra le ruote, no, perché so che anche il peggiore ha dentro qualcosa di positivo da condividere con chi gli sta accanto, solo che non lo sa, ma anche se fosse, non ci proverebbe minimamente a mostrarlo, l’egoismo è letale.
Parto sempre dal presupposto che non ho lezioni da dare a nessuno, sono anni che passo muto ad osservarvi, non ho mai commentato una virgola, chi sarei per farlo?
È proprio per questo, che ho preso in mano una penna e ho iniziato a sfogare tutto ciò che avevo dentro, quello che avrei voluto dirvi, ma sarebbero stati guai a raccontarvi quello che provavo, perché un consiglio oggi è visto come una condanna.
Eppure vi ho sempre lasciato sfogare con me, vi ho sempre ascoltato, anche quando ne avevo le palle piene, avevo i problemi a casa con mia mamma e la sua maledetta malattia, io per anni non sono esistito per voi, ma non me ne vergogno, ho ammesso anche io i miei sbagli, ho chiesto scusa, anche quando non non mi andava di farlo, e soprattutto quando non c’era motivo per scusarmi, ma pensavo: “Magari domani sanno che potranno sfogarsi nuovamente con me, si sentiranno più liberi dal peso che questa società ci scaglia addosso”.
Quanto male mi son fatto!
Ma rifarei di nuovo tutto, vi verrei di nuovo incontro, vi vorrei vedere sorridere solo a sentirmi parlare, vi vorrei tutti più uniti, come da piccoli ricordate?
Non c’era bimbo/a che stesse solo.
Perché qualcuno andava a recuperarlo, anche a costo di restarci solo assieme.
Ma abbiamo dimenticato, come si dimentica la storia, stessa identica cosa.
Di voi ricordo ciò che dicevate tutti: “Mattia non cambiare non diventare come gli altri, hai qualcosa in più che non riuscirò mai a spiegarti”, questa frase me la ricordo ogni mattina quando mi sveglio, da quanti anni ormai? Troppi.
Permettetemi una domanda?
Perché voi siete cambiati?
Per piacere a gente che poi vi ha fatto lo stesso gioco che avete fatto con me?
Perché farsi del male da soli?
Perché arrivare a non guardarsi più in faccia?
E poi c’è ancora qualcuno che pensa di cambiare il mondo?
Sì, uno ce n’era, il sottoscritto, ma non voleva cambiare il mondo, solamente la sua generazione, il mio sogno più grande, che continuerò anche se con molto sconforto, a portare avanti, “UNO CONTRO TUTTI”, chissà se ora qualcuno, capirà/collegherà tante mie frasi passate a cosa fossero collegate.
Siete riusciti a darmi contro per una canzone su ciò che ho vissuto sulla mia pelle, e sono stato zitto, scendeva una lacrima, ma stavo zitto, so che qualcuno ancora l’ascolta e sappiate che vi leggo spesso nei commenti, e mi fa sorridere il fatto proprio da chi mi “odiava” ingiustificatamente alla fine è finito a farmi i complimenti, ma no, io non voglio queste cose, voglio solo capire perché un giorno disprezzate e l’altro apprezzate una persona come nulla fosse, ma non sapreste spiegarmelo, ne sarei sicuro.
Io ho tanti di quei testi scritti negli ultimi anni, che spesso mi faccio paura da solo, non mi rendo conto di quanti ne scrivo, di quante cose il cuore comunica alla mano che spesso trema, come non volesse accettare quelle cose, ma deve, dobbiamo, accettare tutto in questa vita, ma io in primis non vorrei mai.
Come non ho mai accettato le malattie di mia madre, la morte degli unici amici che avevo fin da quando ero adolescente, che sono gli angeli in terra che hanno evitato quel pensiero maledetto che avevo di togliermi la vita…ma qui mi fermo, perché ognuno di noi non accetta il passato, quindi si blocca, respira, e sa, che se continuasse a pensare a tutto ciò, prima o poi sarebbe lui stesso ad andarsene.
Purtroppo la rabbia generata dalla mia generazione, da chi è passato per la mia anima, e dai quali ho voluto assorbire, pur di evitare di vedervi soffrire ancor di più, mi ha ucciso dentro.
Voi tutti qui, fuori da qui, avete visto Me per quel poco che mi è rimasto da far vedere esteriormente, con un maledetto sorriso che non farò mai mancare a nessuno, gentili o meno che siate con me; quelle poche volte che stavo al centro estivo le animatrici mi dicevano che un mio sorriso giornaliero, era la carica per tutti i ragazzi dello staff, e chi sono io per tenere musi?
Dentro non esisto più, da anni, ma sto cercando di recuperarmi, pezzo per pezzo, forse non mi basterà il resto della vita, ma voglio ritrovarmi anch’io.
Il “numero uno” non esiste, qui dietro al mio essere, c’è solo tanta fragilità, tanta voglia di donare amore, un po’ di spensieratezza, anche se momentanea, di rialzare chi è a terra e spronarlo a rigenerarsi, assieme, mai da soli.
Questa società c’ha fatto sbranare fra di noi, fatto credere che uno potesse essere meglio dell’altro, che potesse avere tutti ai suoi piedi, e noi ci abbiamo creduto, dai più piccoli ai più grandi, passando da un social alla vita reale, visto che ormai non c’è più differenza fra quest’ultime.
Voglio essere sincero con me stesso fino all’ultimo, anche a costo di perdere qualsiasi cosa ma mai la dignità, quindi risponderò a semplici domande che mi son state fatte negli ultimi anni, alle quali non ho mai voluto dare risposta.
Cos’è l’amicizia?
Puro opportunismo.
Cos’è l’amore?
A 16 anni ti avrei risposto, quello che ha verso di me mia madre, piange, urla *silenziosamente* dai dolori, passa settimane a letto, ma rinasce quando mi vede felice, anche se solo per un giorno.
Oggi?
La stessa cosa.
Il significato del termine “amore” mi ha aperto gli occhi mentre pensavo inconsciamente di viverlo, ma andando avanti si inciampa negli errori degli anni passati, e l’amore per giunta non è mai stato amore, è sempre quel qualcosa con una data di scadenza, una parola inventa per stupire un pubblico di creduloni, sii sincero, per quante forme possa avere l’amore, come può essere chiamato tale, se siamo nati con l’odio e il disprezzo reciproco dentro?
E tu come ultima cosa mi hai domandato perché scrivo?
Perché tutto ciò chi mai avrebbe avuto il coraggio di ascoltarlo?
Vi abbraccio con tutte le mie paure, spoglio di tutto ciò che negli anni non ho saputo tenermi stretto, consapevole che domani potrei non esserci più, e sicuro di aver raccontato tutto di me, perché l’oscurità non mi appartiene, e so di essere stato messo al mondo con uno scopo;
come ognuno ha il suo, io ho il mio, quello di far farvi splendere nel vostro piccolo, anche se per poco, assieme a me.
Chiudo mandando un abbraccio forte a mia mamma, il delfino che mi porto sempre in tasca da quando ero piccolo, per ricordarmi che non sono mai solo, anche nei momenti più disperati, mio padre, che nonostante le voragini d’incomprensioni conta su di me, per i vostri sacrifici, mi metto dalla vostra parte e riconosco tanti miei errori ingiustificabili, un abbraccio forte a tutte quelle persone che conosco e ho conosciuto che stanno passando dei brutti momenti, del resto non c’ha mai uniti così tanto il male quanto il bene…e a te che sei arrivato fin qui, l’unica cosa che chiedo sempre a tutti dopo un semplice ma per molti ormai banale: “Come stai”?! Ricordati di farti un sorriso appena puoi.
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Perché non capita spesso di sentirsi a casa... Di sentire che quello è il tuo posto... L'unico dove poter liberamente piangere, ridere o soffrire in silenzio... Il mio posto è tra le tue braccia... Lì mi sento come un cucciolo nella sua tana... Respiro serenità... Sono libera di fare la bambina capricciosa... E farmi raddrizzare a modo tuo... Le tue mani calde sono nate per dare... Non sanno solo prendere... Sai accarezzare la mia anima e far vibrare il mio corpo... E in un istante il mondo sparisce... Ci siamo solo tu ed io a costruire il nostro bel noi 🖤
~ Virginia ~
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È che ho smesso di sentire,
Per non patire,
Gli anni bui della mia vita,
Pronti a farmi soffrire.
#itsmyecho#citazione#amore#dolore#frase#lacrime#passato#ferita#ricordi#poesia#io#occhio#cielo#triste#tumblr#frasi belle
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Usami
Eccomi: sono pronta per te. Fra un po’ tornerai a casa. So benissimo che sei stato da lei, ma sono arrivata al punto di accettare di condividerti, di mortificarmi, di prostrarmi stando ai tuoi piedi, pur di non perderti. Senza più dignità. So come ti piaccio e cosa prediligi del mio corpo e mi sono lubrificata, preparata a soffrire. Purché tu decida di usarmi per godere. Ti piace soprattutto il mio culo e poi non resisti al mio odore personale.
Sono qui e ardo di una vera passione per te. Brucio di gelosia e frustrazione da età avanzata. Lei è giovanissima. Umiliami: ne godrò. Ho sulla pelle il profumo che mi hai regalato e indosso un velo appena poggiato sulle natiche, che lascia palesemente scoperto il dolcissimo solco che le divide, quale palese invito per te. Non ho difese e non le voglio: devi trovare la porta completamente aperta e l'accesso al mio corpo deve essere libero e assolutamente facilitato, ma solo per te. Non ho più alcun pudore, con te. Saprò essere tua ogni volta che vorrai. Senza un lamento.
Se ti viene voglia di notte, svegliami pure. Se lo farai per compassione, andrà comunque bene. Perché io non so resistere senza di te. Non so stare senza che tu mi guardi negli occhi e mi stringa le mani, che mi dia uno schiaffo sulle chiappe o che mi strizzi un seno fino a farmi male: perché comunque tu farai, m'avrai accarezzato il cuore, m'avrai resa per un attimo parte della tua vita e considerata degna di un tuo contatto. Vivo solo per te, per i momenti in cui il mio corpo sarà sotto al tuo, per essere adoperato e darti il piacere che cerchi. Usami: avrai regalato una preziosa briciola del pane dell'amore a un cuore affamato di te. Usami e fammi così soffrire e vivere d'amore. Usami.
RDA
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IL CANALE DEL DOLORE
È un argomento molto difficile da trattare per me, anzi, lo era fino a oggi pomeriggio, quando sono riuscito a trovare una metafora per definire il mio stato d'animo... stavo guidando, ho tirato fuori una penna dalla borsa e mi sono scribacchiato sul polso il titolo che avete letto là in alto, giusto per non dimenticare l'immagine che mi era apparsa.
Non credo proprio di soffrire di depressione (non rispetto i criteri maggiori), magari qualcosa di più simile a una pseudo-ciclotimia ma, vedete, potrei anche sbagliarmi però ho come l'impressione che le persone dividano le loro esperienze in positive e negative: da una parte le cose che le hanno fatte stare bene e che, se perseguite, continuano a far stare bene e dall'altra quelle negative, esperite nel passato e da evitare nel futuro.
Sbaglio nel pensare questo? Me lo confermate?
Ecco... per me funziona in modo completamente differente.
Io ho vissuto esperienze e basta, se percepite poi positive o negative dipende dalla mia vicinanza al Canale del Dolore.
Prendete la mia gattina Minou, che ci è stata accanto per tanti anni, fin dalla nascita di Figlia Grande.
Se percorro la mia vita nel verde paesaggio del mondo posso ricordarne con gioia i bei momenti condivisi assieme - quando la allattavo minuscola e miagolante, quando dal tavolo ha rubato un pollo arrosto intero più grande di lei e quando Figlia Grande divideva con lei i biscotti plasmon sul seggiolone. Poi però imbocco il viale di ghiaia che costeggia il canale del dolore e comincio a provare nostalgia - le zampate di fango che ancora resistono sotto al davanzale della finestra da cui entrava, il collarino viola che sbuca fuori da un cassetto - e poi comincio a camminare sugli argini del canale, dove mi prende la tristezza del vuoto che ha lasciato, di come forse avrei dovuto accarezzarla di più, di come a volte la sogno e sono pieno di gioia che sia tornata ma poi mi sveglio con le guance umide.
E infine cado nel canale del dolore, dove riconosco le mie colpe e ciò che avrei potuto fare e non ho fatto.
Intendiamoci, non succede sempre e soprattutto non succede per ogni cosa che ho vissuto ma il cammino è sempre potenzialmente quello.
Per dire, ho vissuto cose estremamente negative e mi basta riuscire a stare lontano da quel canale, nel verde della foresta del mondo, per riuscire comunque a evocare un ricordo di quello che di bello sono riuscito a tirare comunque fuori da esse.
Vi dirò, forse il trucco è camminare sul bordo di quel viale di ghiaia, attingendo alla malinconia per farmi più consapevole del tempo che scorre in una sola direzione e nel contempo non rimpiangere mai troppo ciò che non è più...
Però la vita è faticosa e in quel canale giacciono troppi nomi e troppi istanti perché il mio passo sia sempre fermo e dritto.
E fa male che il dolore nel caderci dentro offuschi i bei ricordi.
Vabbe'... stasera va così ma sono sicuro che domani qualcuno mi confermerà che c'è davvero del buono in questo mondo e che è giusto combattere per questo, quindi tranquilli <3
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Io ho bisogno di un uomo che mi faccia ridere. Di qualcuno che farebbe di tutto pur di non farmi soffrire.
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Ho sempre creduto al karma, sempre. Forse era un po' la mia ancora, quando succedevano le cazzate mi dicevo "ma sì, ci penserà il karma", "ciò che semini raccogli", "1 volta a me 3 volte a te". Ma alla fine chi cazzo ha pagato per le coltellate che mi hanno inflitto? Alla fine a chi cazzo è fregato del mio dolore, della mia sensibilità, della mia vita? Non so se ce la faccio più, non so se ce la faccio ancora a credere che qualcosa possa andare meglio, non so perché continuo, non so perché vivo. Non so perché continuo a non dormire di notte, a piangere in silenzio di notte, a piangere in macchina, ad urlare a squarciagola aspettando che qualcuno mi senta. Io i miei urli di aiuto li ho fatti, innumerevoli volte, ma non sono serviti, non cambierà niente ormai, c'è qualcosa che non va in me, e a questo punto, dopo tutti questi anni, direi che non sia "solo una fase", non è "solo l'adolescenza", non devo "farmi le ossa", le ossa me le stanno solo martoriando. Non è bello vivere così, non è bello pensare ogni giorno ad uccidersi, non è bello provarci, non è bello non riuscirci, non è belli piangere, soffrire, sentire il cuore lacerarsi, le mani che tremano, il cuore che scoppia. Non è bello non sentirsi all'altezza, non è bello sapere che non sarai mai niente e nessuno, non è bello pensare che sia passato e poi essere ringhiottiti dal buio. Non è bello toccare il fondo, riuscire a risalire a fatica e poi essere ributtato giù, se prima avevo un sacco attaccato alle gambe, ora ne ho due, da due passano a tre, da tre a quattro. Sarà sempre così? E alla fine chi me lo fa fare di vivere così? Lo chiami vivere questo? È vero, tutti affrontano problemi nella loro vita, tutti portano pesi, ma ci sono alcuni che ne portano più di altri. E magari si, dimmi che non ho la forza di rialzarmi, la forza di vivere, hai ragione sai, non ce l'ho più, me l'hanno portata via, ogni singola persona nella mia vita me l'ha portata via. A volte sei talmente fragile che anche una parola di troppo ti uccide, una frase mancata, un abbraccio non dato, un rimprovero, qualsiasi cosa ti disintegra. Il dolore fortifica? È vero, ma ti anestetizza, sai che tanto niente sarà peggio, e ti capita qualcosa di peggiore. Si sono presi tutto, il mio corpo, la mia mente, la mia anima, il mio cuore, come fosse loro, come se io non valessi. Mi sento solo una flebile farfalla tenuta forzatamente per le ali, solo per dare piacere agli altri. La colpa non è di qualcuno in particolare, forse non è di nessuno, forse è solo la mia, che non riesco ad essere normale, a sopportare la vita. So solo che alcune cose che mi sono successe non sono normali, non è normale la violenza, non è normale lo stupro, non è normale essere giudicati, ma viviamo in un mondo a cui tutto ciò sembra più normale di quanto non lo sia. Non sono fiera di niente nella mia vita, non riesco più a fare qualcosa di utile per me e gli altri. Non ne vado fiera, non vado fiera di essere diversa dagli altri. Vedo così tante persone dare 10 esami in una volta, e a me ne spaventa solo uno, tutto ciò mi sta logorando, mi logora dover rispondere alle continue domande sul mio futuro, io non ho un futuro, e mai lo avrò se resterò qui. Tutti avranno meno pensieri senza di me, meno problemi di cui preoccuparsi, l'ultima cosa che dovrete pagare per me sarà il funerale. Ricordatemi come un'onda del mare, che si schianta sulla riva violentemente, riflette il sole, fa divertire, ma a volte fa anche paura.
(A)nima(P)asseggera
Aurorasword
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Da ché ho memoria, uno dei sentimenti che mi ha sempre accompagnato è stata la vergogna.
Vergogna del mio corpo, del mio carattere, dei miei comportamenti, curriculum o frequentazioni.
Ma soprattutto vergogna delle mie stesse emozioni, del mio sentire.
Ho combattuto mille battaglie con la mia vergogna, poi ho capito che l'unico modo per uscire da questa lotta era fargli spazio dentro di me, e lasciarla parlare di tutti quei traumi e bisogni affettivi insoddisfatti e negati di cui portava ancora le cicatrici.
E prendermene cura io stesso.
La vergogna di ciò che senti, è una gabbia molto stretta: perché quello che senti è quello che sei.
Quando cresci in un ambiente giudicante e anaffettiva, il massimo che puoi fare per esistere in quel deserto è non esistere.
Se non esisti, infatti, nessuno ti può fare del male.
Non soffri più, o comunque molto di meno.
Per mettere in atto questa operazione, tuttavia, occorre prima che tu ti giudichi a tua volta, rinnegando tutti quegli aspetti di te che gli altri hanno giudicato.
È un vecchio gioco questo, in cui la vittima, per uscire dalla gabbia che il carnefice gli ha costruito, applica su di sé i supplizi e le torture che egli gli ha inflitto.
In questo modo il bambino sente di avere un certo controllo sulla realtà, perché, identificandosi con il proprio carnefice, lo interiorizza, facendolo diventare una parte della propria stessa personalità.
Ha presa sulla dinamica che lo fa stare male.
Dunque assume i valori, i comportamenti, e le regole morali dei propri aguzzini, neutralizzando tuttavia le istanze della propria anima, la quale evidentemente non ha trovato un luogo d'origine in cui abitare.
Il giudice, da esterno diventa interno.
In questa maniera, si costruisce giorno dopo giorno la propria corazza.
Essa nasce nel momento in cui decidiamo di non soffrire più, adattandoci come possiamo a un ambiente ostile.
Tuttavia, in questo modo ci ingabbiamo da soli senza nemmeno accorgercene.
Ecco perché poi non riusciamo ad affermarci, a esprimere rabbia, a provare certe emozioni, a mollare una relazione tossica o ci infognamo negli stessi copioni.
Come spiego nel mio nuovo libro infatti la corazza rappresenta sia un meccanismo di difesa, ma anche di adattamento.
Avendoci permesso di sopravvivere, ci siamo così affezionati che non vorremmo mollarla mai.
Così, la vergogna non è stata altro per me che un meccanismo di difesa e di adattamento per farmi sopravvivere a un ambiente giudicante, senza profondità né empatia, rispetto al quale ero al tempo stesso profondamente dipendente.
La vergogna mi ha permesso di sopravvivere, perché era il segno di una sottomissione all'altro e ai suoi giudizi spietati, di un mio essermi messo docilmente da parte, e dell'aver compiaciuto, assorbendone la visione, i miei carnefici.
Essa rappresenta una larga fetta della mia corazza, e, seppur scomoda, mi è sempre molto difficile mollarla quando voglio essere davvero chi sono, ed esprimermi in piena libertà.
Tuttavia, sono orgoglioso di aver aperto numerosi varchi nella mia armatura invisibile, tali da riuscire ad apprezzare comunque il valore della scoperta, della meraviglia, del piacere, della condivisione e dell'apertura del cuore.
Anche attraverso post come questo.
Auguro a tutti voi di guadagnare ogni giorno un metro in più lungo la strada che vi porterà alla vostra anima.
E se doveste perdervi, vi auguro comunque di trovare sempre la forza di farvi ritorno.
Il vostro bambino interiore sa benissimo che i draghi esistono, e che il segreto per uscire dalla paura non è sconfiggerli: ma prenderli per mano e farseli amici.
Omar Montecchiani
#quandolosentinelcorpodiventareale #armaturainvisibile #sistemidifensivi
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Essere me significa vivere ogni singola emozione come se fosse l'unica cosa che conta. Non ci sono vie di mezzo, non ci sono sfumature che mi permettano di galleggiare in superficie. Mi immergo completamente, che si tratti di rabbia, gioia o dolore. Ogni emozione mi travolge, mi attraversa fino al midollo, e questo mi rende incredibilmente vulnerabile.
Mi arrabbio tanto, forse troppo, e piango ancora di più. Sono quelle piccole cose che gli altri nemmeno notano, quei gesti o parole dette senza pensare, che mi fanno più male. Non serve una grande offesa per ferirmi, basta una parola fuori posto, un'espressione che sa di indifferenza, per farmi sentire piccola, trasparente. E l'indifferenza... quella mi pesa sul cuore come una pietra. È come se il silenzio delle persone mi urlasse che non importa, che non sono abbastanza. E questo mi ferisce nel profondo.
Non ti farò mai del male, però. Anche quando sarò io a soffrire, anche quando sarò io a sentirmi trascurata o respinta. Potresti ferirmi mille volte, allontanarti, ignorarmi come se non fossi nulla, e io resterei lì, apparentemente forte. Sembrerò imperturbabile, come se niente riuscisse a toccarmi davvero. Ma dentro… dentro sto crollando. E tu non te ne accorgerai mai. Forse perché non voglio che tu lo sappia, forse perché il mio silenzio è l'unica cosa che so usare per proteggermi. Nascondo tutto, soffoco il dolore in un angolo del mio cuore, lo tengo lì finché non diventa parte di me.
E poi c'è l'affetto. Quando mi affeziono, lo faccio completamente, senza mezzi termini. Non esiste un "poco" per me. Ti dono tutto quello che ho, ti lascio entrare nelle parti più nascoste di me, quelle che nessuno vede. E lo faccio sapendo che potresti spezzarmi. È il rischio che corro, lo so. Ma non posso essere diversa. Amare con riserve non mi appartiene. Vivere ogni emozione fino in fondo è il mio modo di esistere, anche quando so che mi farà male. È un dolore che conosco bene, eppure continuo a ripetere lo stesso ciclo, perché non so essere diversamente.
A volte mi chiedo se questo mio modo di sentire le cose mi renda più forte o più debole. Vivo ogni cosa con tale intensità che mi sembra di bruciare dall'interno, ma forse è proprio questo il problema: brucio troppo in fretta. Mi esaurisco. E mentre gli altri riescono a distaccarsi, a proteggersi, io resto lì, con il cuore in mano, vulnerabile. Non so se un giorno cambierò, se imparerò a mettere un freno, a proteggermi meglio. Ma per ora, questo è ciò che sono.
Vivo, sento, amo. Anche quando mi spezza, anche quando mi distrugge. E lo faccio senza riserve, senza chiedere nulla in cambio, tranne forse una cosa: che qualcuno, un giorno, riesca a vedere oltre il mio silenzio e a capire che dietro quella forza apparente c'è una fragilità che non ho mai imparato a mostrare davvero.
-Anonimo🖤
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Gioia cara, vorrei una stagione in cui non ci fossi per me che tu e carta bianca e voglia di scrivere cose limpide e felici. Una stagione e non la vita? Ora basta, perché ho cominciato così questa lettera, io voglio scrivere del nostro amore, voglio amarti scrivendo, prenderti scrivendo, non altro. È forse anche qui la paura di soffrire che prende il sopravvento? Cara, cara, mi conosci troppo, ma no, troppo poco, devo ancora farmi conoscere da te, devo ancora scoprirmi a te, stupirti, ho bisogno di farmi ammirare da te come io continuamente ti ammiro.
- Italo Calvino, lettera a Elsa De Giorgi
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Life… (179)
Non ne posso più, sono esausto, non sono più connesso con il mondo, la mia mente inizia a svuotarsi e non riesco più a pensare, è come se mi stessi annullando, e per di più, sto ricominciando a soffrire d’attacchi d’ansia per colpa di certe persone, e la cosa sta peggiorando di giorno in giorno. Non riesco più a stare tranquillo, mi sento sempre agitato come se stesse per succedermi qualcosa, e l’unico modo in cui riesco ad avere un po’ di sollievo e farmi del male, ma davvero tanto male. Mi piacerebbe che tutto questo finisca il prima possibile, ma so che non accadrà mai, e io non so per quanto tempo resisterò ancora…
#citazioni#frasi#frasi belle#frasi tristi#frasi tumblr#frasi vere#frasi vita#frasi italiane#parole#pensieri
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Ho finito L'Amica Geniale.
Mi ha dato tanto e mi ha fatto soffrire altrettanto.
Mi sono messa a cercare qui sopra citazioni che potessero rendere giustizia a quello che mi ha fatto provare ma non ne ho trovate.
Elena Ferrante ha il "genio" di scrivere cose in maniera molto banale ma diretta, tagliente, ti incolla al testo come se fosse una serie tv ed è questo che sicuramente le ha regalato il successo meritato. Non a caso, sono proprio di questo tipo le citazioni che si trovano facilmente qui su Tumblr.
Ma per chi è campano o del sud, è diverso.
Di nuovo, il successo internazionale non ha reso giustizia alla crudezza dei fatti raccontati. Così come con Gomorra, quasi sicuramente agli occhi degli anglofoni la verità delle parole si mescola con la fantasia e non hanno percezione di quanto la crudezza raccontata sia vera, palpabile, reale, quotidiana nel perimetro in cui i fatti sono raccontati.
Mi ricordai di Antonio, di Pasquale, di Enzo, arrangiamento quattro soldi fin da ragazzini per sopravvivere. Gli ingegnieri, gli architetti, gli avvocati, le banche erano altra cosa, ma i loro soldi venivano, pur tra mille filtri, dallo stesso malaffare, dallo stesso scempio, qualche briciola s'era mutata persino in mancia per mio padre e aveva contribuito a farmi studiare. Qual era dunque la soglia oltre la quale i soldi cattivi diventano buoni e viceversa? [Storia di chi fugge e di chi resta - cap. 106]
Tra i milioni di lettori, chi si è mai soffermato su questa frase? Quanta consistenza perde una frase del genere agli occhi non ha idea di cosa accade nella terra dove il malaffare è routine? A parte la potenza dell'ultima, tutto il resto scivola nella narrazione eppure racconta di come, in quella terra, siamo tutti indissolubilmente in mezzo allo stesso malaffare pur non avendo mai avuto problemi con la giustizia e pur conducendo una vita normale. Letteralmente. Così come è scritto.
Come una volta disse saggiamente Maura Gancitano dei Tlon, il malaffare è insito persino nel settore dei supermercati, "e allora che fai non vai a fare la spesa?", aveva giustamente aggiunto.
Lo so che è l'intero mondo a girare così. Ma il trauma di essere nata in un luogo del genere è di credere che esistamo posti con una netta separazione tra i soldi puliti e quelli sporchi e allontanarti dalla tua zona ti fa sentire più tranquilla.
L'eco di questi romanzi ha risuonato in me forte e chiaro in moltissimi punti; quelli del periodo rosso vissuto in Italia, pur raccontando di una verità storica, non mi ha risuonato allo stesso modo. Per cui non riesco ad immaginare quanto possano risuonare quegli stessi punti in un napoletano, né posso immaginare quanto si siano persi milioni di lettori esteri che non hanno lo stesso vissuto alle spalle.
È stato un trauma. Ma è un trauma che va vissuto.
#Elena Ferrante#L'Amica Geniale#pensieri#letture#letteratura italiana#Napoli#camorra#pensieri diurni#leggere
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adesso mi dici che ti allontani per non farmi soffrire ma dimmi,
quando mi chiedevi di restare, quando mi chiedevi di non lasciarti andare,
dove avevi messo il cuore?
#amore#citazioni#frasi amore#ti amo#amare#solitudine#ti voglio#delusione#dolore#tristezza#illusione#amarezza
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Prospettiva di oggi, #149
Va tutto bene, di nuovo. Ho risolto i nuovi problemi - li ho risolti molto, molto in fretta - ed adesso ho cose nuove da guardare come si guarda la rifrazione della luce nel bicchiere d’acqua, almeno un po’ acqua. Faccio così. Risolvo i miei problemi. Posso pittare le pareti della mia casa nuova (mia e solo mia, legittimamente come ancora non era successo) di un fottutissimo rosa shocking, o del colore che voglio. Ce la posso fare. A lavoro è tutto a posto. La tesi di dottorato non si scriverà da sola, e sono in un ritardo spaventoso, ma lo sappiamo proprio tutti che la scriverò io, prima o poi, e sarà accettabile, perché sono brava e perché tanto anche di quello importa poco a chiunque. Nessuno può farmi nulla, nessuno può dirmi niente. Ho tutto sotto controllo. Mi sento solo terribilmente male, anche se va tutto bene. Gli attacchi di panico passeranno. Durano poco. Non c’è motivo. O, meglio, il motivo è sicuramente che qualche parte di me non si accontenta di tutto questo. Qualche parte di me deve essere più ansiosa del resto di cambiare. Alla fine è tutto quello che abbiamo: cambiare. Soffrire e cambiare, fino alla fine. Perché finisce - finisce, finisce, finisce.
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Io ti amo e tu mi vuoi bene. La vedi la differenza?
Tu mi scrivi perchè non hai niente da fare, io ti scrivo perchè non voglio fare nient'altro che sentirti.
Mi chiedi come sto, ed io vorrei risponderti "stupendamente ora che ci sei",
ma non posso, perchè io ti amo e tu mi vuoi bene.
Tu scherzi per il gusto di scherzare. Io scherzo e lo faccio perchè amo vederti ridere, perchè amo quando fingi di offenderti e vuoi che ti chieda scusa.
La vedi la differenza? Non te ne accorgi, ma quando siamo vicini io sento il tuo profumo e chiudo gli occhi, perchè non voglio farmi sfuggire niente di te.
Ti sorrido e tu mi sorridi. Tu mi sorridi e io muoio.
Non tutti le possono notare queste differenze. Sono piccoli dettagli che ti uccidono ogni giorno. Sono le piccole cose, che fanno soffrire me,perchè io ti amo e tu mi vuoi bene.
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Come ogni anno, mi ritrovo qui a scrivere una riflessione, per il giorno del mio compleanno.
Non penso che il problema sia l’età, ma bensì ciò che mi circonda.
Più passano gli anni e più mi rendo conto che la gente si dimentica di te come nulla fosse.
E allora mi chiedo: a che serve continuare a fare del bene dalla mia piccola età se non è mai stato ricambiato nemmeno con semplice grazie?
Lo so, in molti avrebbero già mandato tutto a quel paese e, magari si sarebbe fatto contagiare dalla più grande malattia di cui soffre la nostra generazione, l’odio, che prova indifferenza verso chiunque, anche chi ti starebbe accanto nonostante tutto.
Certe volte mi vorrei lasciare andare, per diventare ciò che forse sarei sempre dovuto essere, uno dei tanti.
Vorrei usare la stessa cattiveria che in tanti hanno usufruito per frustrazione sfogandosi nei miei confronti senza una ragione, perché a casa mia il male non è mai esistito, ah…purtroppo quello c’è in effetti, ma è qualcosa che non scegli, che ti tocca subire contro la tua volontà.
Andrea, Eleonora, tutti voi lassù che vi ho conosciuti in quel reparto, Mamma, che sei ancora qui con me, e non desidero altro, ogni giorno che passa, di poterti continuare a sentire, a vedere, la tua presenza è vitale, come era la loro.
Non voglio piangermi addosso, ognuno ha perso qualcosa nella propria vita, e a volte quel qualcosa è tutto che che avevi, e i miei amici erano l’unica cosa che mi rimaneva, ma vivete dentro me, siete quella parte buona che tiene a bada il marcio che ogni giorno mastico a causa di chi non sa più fermarsi, ragionare, pensare che oltre all’idea che ci si fa sparando a zero, senza almeno provare una volta a conoscerla per quello che è davvero quella persona, c’è un abisso di tristezza, uguale alla vostra, che ci accomuna tutti, e propria essa c’ha sempre lasciato tanti messaggi mai ascoltati, un po’ come quelli in segreteria, e non sarò mai convinto che sia uno psicologo a salvarci veramente, e nemmeno noi stessi, soli, con le proprie forze, ma unendo il nostro male, cosa che da testardi cronici che siamo, mai compiremo, piuttosto godiamo nel vederci soffrire, quasi sapendo che c’è sempre qualcuno che sta peggio di noi, e questo ci rincuora no?
In questo momento mi vengono in mente solo le parole di mia nonna: “non abbandonare mai quella semplicità mista a amore verso il prossimo che hai dentro di te.”
Perché io ho un sogno, che va oltre la scrittura che accompagna le mie lacrime e ogni sera, va oltre la voglia di riscoprirmi ogni giorno, di mettere da parte i miei brevi istanti di felicità per dedicarli a chi ne ha più bisogno di me (e sono tanti), oltre il mio ballare con il mostro che mi porto dentro da fin troppo tempo.
Io sogno che un giorno o l’altro, io, te, noi tutti, ci dimenticassimo di questo maledetto telefono, che ormai c’ha resi automi, frustrati, insopportabili e più trasparenti agli occhi della gente di quanto già lo fossimo.
Chissà, sarebbe una grande conquista tornare a vivere con quel poco di spensieratezza che ci basterebbe, che sicuramente non sarebbe mai quella che avevamo da piccoli, ci sarebbero sempre gli insormontabili problemi legati al lavoro, al costo della vita, ma volete mettere in confronto a come stiamo vivendo ora?
E mi rivolgo sempre alla mia generazione e purtroppo, a quelle che verranno.
Chiedete e scrivete sempre tutti, che vi manca qualcuno che vi ascolti, che si prenda cura di voi, senza se o senza ma…e mi domando cosa stiamo aspettando ancora e quanto aspetteremo!?
Siamo il male che vediamo fare ma che tolleriamo.
Nel frattempo mando lo stesso abbraccio che mi faccio ogni sera a tutti voi, forse il più sincero di quelli che ho ricevuto finora, a te papà, che nonostante le difficoltà e i gravi problemi di lavoro non mi hai mai fatto mancare il cibo a tavola, e pur essendo totalmente diversi, ogni giorno cerchi di spronarmi, senza mai farmi sentire “arrivato”.
A te mamma, che mi hai cresciuto, lasciandomi libertà di agire e pensare, sbagliando e imparando, anche se sono ancora un puntino in questa vita,
A te che trascuri la tua malattia pur di non farmi mai mancare un sorriso, una parola di conforto, quando sprofondo nel deserto della mia depressione.
E a quelle stelle dei miei amici che da lassù illuminano ogni momento buio della mia vita,
ricordandomi che non sono solo, che c’è sempre qualcuno che ha occhi puntati su di me, e non mi lascerà solo per nessuna ragione al mondo.
Resterò sempre ciò che sono.
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