#non farmi soffrire
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scritti-di-aliantis · 5 days ago
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Amo il disordine che porti nella mia vita. Perché ha l'odore sacro e il fascino irresistibile del sesso più sporco e coinvolgente che io abbia mai fatto. Casa mia ormai è un letamaio, grazie a te. Ma va bene così. Il caos mi parla di te. Sei imbranata, non fai sport o alcun'altra attività fisica. Non presti attenzione a nessuna delle cose che ti dico. Mi sminuisci. Lavori da anni dietro al banco di un fast food senza troppo impegno. Mangi solo hamburger, patatine e schifezze, per risparmiare. Per poi comprarti... scarpe costosissime che non sai portare. E che non sono assolutamente adatte a te e alla tua roba da mercato dell'usato.
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Perché poi vesti sciatto: non hai gusto, non hai mai addosso un paio di calze che non siano sfilate. O una maglia che non abbia un buco rammendato. Abbinare i colori, o la stessa idea di sobrietà, di classe, sono concetti ignoti ai tre o quattro neuroni che hai in testa. Sei veramente stupida, molto volgare: nei modi, nel linguaggio e nella sostanza delle tue azioni, dei tuoi pensieri da presuntuosa. Ti ritieni molto intelligente, ma... lasciamo stare. Sei proprio una stronza permalosa che ha un cervello dalla mentalità molto ristretta. Guardi film demenziali, soap argentine degli anni ottanta e leggi vecchi romanzi rosa di nessun valore. Stai sempre incollata al cellulare.
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O parli per intere ore di cazzate assurde con le tue amiche. Che alla fine ormai conoscono nei particolari più scabrosi tutto ciò che fanno a letto due lesbiche, cioè io e te! Non sai tenerti nulla. Sei la peggiore pettegola. Loro godono, a sentirti. E tu lì a fare la protagonista, a vantarti di essere l'amante dell'avvocata importante più vecchia di te ma tua sottomessa. Scema che altro non sei. Se le incontro, divento rossa e loro sorridono, salutandomi con eccessivo calore. Però non potevo proprio sfuggire, al ciclone che è piombato nella mia vita. Dovrei odiarti visceralmente, invece mi sono innamorata di te. Ti adoro e sono proprio cotta. Devo essermi bevuta il cervello.
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Ti penso di continuo, ti messaggio ogni ora. Sono gelosa. Cerco solo il sapore delle tue labbra al ketchup e desidero leccare le tue dita sempre unte di olio fritto, prima di chinarmi, al tuo ordine, sulla tua passera o tuffarmi con la bocca e la lingua avide nel tuo culo a natiche alte e aperte, con l'acquolina in bocca. Per giunta, tutto il giorno ormai penso solo a nuove varianti per farti venire. Perché tu vuoi solo essere masturbata, soddisfatta, leccata ovunque abbondantemente, però tu non vuoi leccare me. Devi comandarmi, darmi ordini e ti incazzi pure se non eseguo subito. Appena vieni a casa mia, mi devo inchinare a te e leccarti i piedi.
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Mi violenti il culo con un vecchio mattarello unto. Neppure con un fallo di gomma. Dici che quando eri ragazza, l'hanno fatto a te e perciò devi farmi provare dolore. Quanto ti amo, quando lo fai: mi fai soffrire, mi fa un male bestia. Tanto male. Ma devo stringere i denti. Devo soffrire muta. Perché mentre me lo agiti dentro e io piango di dolore, magari per un po' di sangue che inizia a uscire dal mio sfintere, tu ti sgrilletti fino ad avere l'orgasmo, grazie alla pena che provo. Mi tratti come una sgualdrina da quattro soldi. E io: anni di studio, rispetto dei colleghi e dei giudici guadagnato sul campo, dozzine di casi complicati risolti, parcelle di notevole entità guadagnate ogni anno, invece di mandarti affanculo, voglio solo quello! Voglio solo te.
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Ti desidero. Bramo la tua durezza, la tua ignoranza brutale, sicura e le tue assolute violenze da denuncia sul mio corpo. Poi, ho bisogno delle tue fortissime scudisciate sulle natiche, dei miei capezzoli pinzati senza pietà. Sei una vera e sadica puttana: sono comunque tua, tua, tua. Non posso stare una notte senza servirti, senza baciarti la fica e leccarti il buco del culo. Quando spegnamo la luce esauste, prima di dormire mi baci in bocca e mi dici che mi ami, che sono la tua troia, che sono l'amore, per te. Che rappresento tutto, per la tua vita. E quindi mi sento ripagata di tutto il dolore provato. Mi accarezzi tenera e torno bambina.
Aliantis
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raccontidialiantis · 23 days ago
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Mi spiace, ma non ti amo più
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Trasciniamo da tempo e ormai inutilmente la nostra logora storia. Un’unione che muore, un matrimonio che naufraga sullo scoglio di un’inaspettata, nuova passione di uno dei due non è mai un affare semplice da affrontare. Perché se con un uomo ci stai, se gli hai concesso tutta te stessa, evidentemente lui t’ha dato emozioni forti. Ma la fedeltà, la mia devozione di moglie, il bisogno di sentirti nel mio corpo, di saperti solo mio e la relativa gelosia sono evaporati.  Insieme alla voglia di costruire e rinsaldare insieme. Non saprei dirti quando il mio amore coniugale, un tempo inscalfibile, abbia iniziato a riempire il trolley per andare a morire lontano. Fatto sta che non provo più un sentimento forte, per te. Non c’è più nulla, nel mio cuore, che ti riguardi veramente. Stima, rispetto certamente. I figli. Amicizia? Forse col tempo.
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A fornelli spenti e raffreddati. Probabilmente. Perciò, ti lascio ancora giocare stanotte un’ultima volta col mio corpo. Ti farò fare tutto. Te lo devo, in fondo. Però capisco benissimo che devo smetterla di illuderti, di alimentare l’esile fiammella della tua speranza, il filo di cotone a cui la persona che sta per essere lasciata s’aggrappa con tutte e due le mani.  Ben sapendo che da un momento all’altro si spezzerà e la farà precipitare nel baratro della solitudine. Dell’umiliazione che deriva dal non essere più oggetto di amore e di brama sessuale. Di non essere più al centro dei pensieri dell’essere umano amato. Lacrime amarissime. Succo d’amore sprecato. Ancora non te lo dico chiaramente, per stanotte. Ma lo sospetti. Lo sai, ormai. Non hai il coraggio di scoperchiare la pentola.
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Mi ami troppo, per voler sapere subito la verità. Soffri come un cane e lo vedo, lo sento chiaramente. Ti conosco benissimo. Lo percepisco dalla rabbia con cui mi scopi, con un impegno per te insolito. Quasi volessi così superarti nella performance, per farmi ricredere sul tuo “valore” di amante. Ma io lo so che sei un tesoro d’uomo. Un compagno leale, generoso, sano, forte. Un essere umano solido, colto, intelligente e di buon gusto. Ma mi sono innamorata di lui. E passata questa ultima notte rovente di disperata passione, domani mattina ti lascerò. Devo farlo. Perché è con lui che torno scolaretta, è per lui che mi faccio rossa e mi si azzera la salivazione mentre tutta tremante mi spoglio; pensando forse di non essere sufficientemente bella, attraente per le sue esigenze sessuali.
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Di non riuscire a dargli ciò che vuole da una donna. Si: ti confesserò ciò che forse già sai. Che è già da due settimane che con lui ci scopo. Gli consento tutto. Cose impensabili e mai provate, tra me e te! Con un’emozione e un trasporto del tutto nuovi per me: perché è da tempo che il mio cuore non batteva impazzito al solo vedere un uomo. Perché non posso stare senza scrivergli, senza sentire venti volte di seguito un suo messaggio vocale anche banale. E tu ormai te ne sei accorto. Devo vederlo: ogni giorno. Mi devo far scopare da lui. Glielo devo succhiare. Fino a lasciarlo completamente soddisfatto. Divento la sua cagna. Per lui cammino a quattro zampe. E la cosa mi piace da impazzire. Devo sapere che non vuole un’altra: che per le sue urgenze lui cerca proprio me.
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Ho bisogno della rassicurazione che deriva dal sentirlo sborrare dentro di me. Anche se è una sensazione che dura mezz’ora al massimo. Perché sono gelosa marcia. Poi torno immediatamente a soffrire dubitando. Potessi dirtelo adesso, sapresti che ormai è solo per lui che mi faccio bella, che mi curo. Al mattino, dopo essermi lavata, m’accarezzo da sola il corpo e soprattutto il mio culo, che lui letteralmente adora. Me lo massaggia, me lo vezzeggia, me lo odora e lecca ovunque. A lungo. Poi si decide, appoggia il suo cazzo sull'ano e me lo sfonda. In un colpo solo. Me lo spacca e io godo come la vecchia puttana che sono. Quando appoggia il suo glande tra le mie natiche e so cosa sta per accadere, chiudo gli occhi e ringrazio Dio. Poi, non appena preme, io controspingo aprendomi per lui e provo un enorme dolore misto a un godimento supremo.
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Faccio squat; davanti allo specchio mi spalmo con la crema e massaggio a lungo ovunque, pensando che fra qualche ora finalmente lo vedrò e che le sue mani percorreranno chilometri, sul mio corpo. Me le affonderà ovunque. E io lo lascerò fare: è una cosa che adoro. Quanto lo desidero. Devo avere il suo corpo sopra al mio. Dentro al mio. Non dirmi che è peccato, che non si fa. I complessi di colpa me li sono già pianti a lungo. Ormai è tempo di agire. E di farti soffrire, purtroppo. Quando siamo insieme, divento pazza totalmente. Non ragiono più. Me lo mangerei. Ripeto: di lui sono gelosa fradicia. Gli faccio il terzo grado. Se poi sento un refolo “omeopatico” di un qualche profumo femminile sui suoi vestiti, improvvisamente piango, urlo, lo prendo a pugni, a schiaffi. Ma poi subito mi inginocchio chiedendogli scusa.
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E inizio a sbottonargli i pantaloni, per dimostrargli che una come me non la trova da nessuna parte. Ed è in questa maniera che è venuta a galla la nostra storia: mentre iniziavo a farlo godere con la mia bocca. La sua ormai ex compagna ci ha sorpresi così, in questa posa teatrale plastica, tornando a casa loro in anticipo da un viaggio di lavoro. Non ha fatto scenate: io già ero pronta a lottare fisicamente con lei, per lui. L’avrei distrutta e massacrata di botte. Perché l’amore ti dà una forza incredibile. Ma certo non ti fa ragionare lucidamente. Lei invece ha solo pianto due minuti. Lui era muto e immobile. Io con uno sguardo l’ho fulminato: non avrei tollerato che l’abbracciasse. Poi, con composta dignità, la ragazza ha girato i tacchi ed è andata via. La valigia già ce l’aveva. Il cellulare e il laptop pure.
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Se n’è tornata direttamente dai suoi. Poverina: i suoi sogni di sposarlo, di farci dei figli sono stati infranti grazie a una come me, egoista, più anziana ed evidentemente immorale, molto bagascia. Ancora non torna a prendere tutte le sue cose. Al mio nuovo uomo ho detto che se vengo a sapere che l’ha chiamata lui, gli cavo gli occhi. Se volesse venire a prendere ciò che le serve per vivere, io ci dovrò essere. A qualsiasi ora. Da domani comunque io ti lascerò e andrò a stare con lui. Molto probabilmente le farò recapitare con un furgone degli scatoloni con dentro ogni cosa che parli di lei. Purché ci lasci in pace. Purch�� io possa continuare a godermi il mio nuovo uomo. Dormi tranquillo, stanotte: domani ti dirò che puoi tenerti la casa, la macchina, i regali. Porterò con me solo l’indispensabile: dei vestiti, alcuni libri e il mio laptop.
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Cose così. Si, lo so: sono più anziana di lui di ben dodici anni; poi, sferzante, mi dirai anche che avevamo un’unione ben rodata e forte, io e te. Che ho sfasciato la nostra famiglia e un altro potenziale nuovo nucleo per puro egoismo, per un mio capriccio. Per soddisfare la mia passera, il mio culo e la mia bocca di vecchia puttana con un nuovo giocattolo. Che lui, trentacinquenne e prestante, potrebbe stufarsi presto di una... 'vecchia vacca' come me. Ma l’amore non conosce età o calcoli. Vuole ciò che vuole e io ci sono cascata dentro come una scema. Lo voglio. Lo voglio solo per me, tutto per me. Lo desidero con tutta me stessa, dalla testa ai piedi. E tu non sei più nel mio cuore. Fattene una ragione. Passer�� anche questa, fidati. Per fortuna i nostri ragazzi sono già abbastanza grandi e capiranno. Ma si vive per vivere ciascuno la propria storia, non per soddisfare le aspettative degli altri. E la mia vicenda intima è questa. Piaccia o no, a tutti voi. Domani ti lascerò. Nuova aria al mio corpo: nuovo sole che mi baci tutta la pelle. Che me la renda dorata. Per lui. Solo perché possa sentire la sua bocca baciarmi con gusto ovunque.
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RDA
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mccek · 1 year ago
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Lettera aperta a tutti quelli che che mi hanno conosciuto. 
Passano gli anni ma mi rendo conto che chi sta meglio di me in realtà sta peggio. 
Persone che ho sempre voluto vedere felici, che mai avevo visto nemmeno di persona, hanno cercato di usarmi pensando fossi ingenuo, ma la bontà non è sinonimo di ingenuità, di debolezza, io ho aperto le porte a chiunque, perché dentro non smetterò mai di abbandonare quel bambino che sono stato, che condivideva anche i sorrisi che non aveva per sé stesso, ma che non avrebbe passato la notte se avesse saputo che il suo “amichetto/a” il giorno dopo avesse avuto il broncio. 
Perché siete “cresciuti” dando spazio all’odio? 
Perché anziché promettere ad altri non promettete a voi stessi di ritrovarvi? 
Di guardarvi dentro una volta tanto, e affondare nel male che avete condiviso con me, anziché condividere quella parte di “esseri umani” che era ancora insita in voi? 
Se foste stati di parola, come a quegli anni, non mi avreste mai abbandonato, così dicevate. 
Vedere lasciare soffrire una persona non rientrerà mai nei mei pensieri, anche se fosse qualcuno che, come successo fino all’altro ieri, ha fatto di tutto per mettermi i bastoni fra le ruote, no, perché so che anche il peggiore ha dentro qualcosa di positivo da condividere con chi gli sta accanto, solo che non lo sa, ma anche se fosse, non ci proverebbe minimamente a mostrarlo, l’egoismo è letale. 
Parto sempre dal presupposto che non ho lezioni da dare a nessuno, sono anni che passo muto ad osservarvi, non ho mai commentato una virgola, chi sarei per farlo? 
È proprio per questo, che ho preso in mano una penna e ho iniziato a sfogare tutto ciò che avevo dentro, quello che avrei voluto dirvi, ma sarebbero stati guai a raccontarvi quello che provavo, perché un consiglio oggi è visto come una condanna. 
Eppure vi ho sempre lasciato sfogare con me, vi ho sempre ascoltato, anche quando ne avevo le palle piene, avevo i problemi a casa con mia mamma e la sua maledetta malattia, io per anni non sono esistito per voi, ma non me ne vergogno, ho ammesso anche io i miei sbagli, ho chiesto scusa, anche quando non non mi andava di farlo, e soprattutto quando non c’era motivo per scusarmi, ma pensavo: “Magari domani sanno che potranno sfogarsi nuovamente con me, si sentiranno più liberi dal peso che questa società ci scaglia addosso”.
Quanto male mi son fatto!
Ma rifarei di nuovo tutto, vi verrei di nuovo incontro, vi vorrei vedere sorridere solo a sentirmi parlare, vi vorrei tutti più uniti, come da piccoli ricordate? 
Non c’era bimbo/a che stesse solo. 
Perché qualcuno andava a recuperarlo, anche a costo di restarci solo assieme. 
Ma abbiamo dimenticato, come si dimentica la storia, stessa identica cosa. 
Di voi ricordo ciò che dicevate tutti: “Mattia non cambiare non diventare come gli altri, hai qualcosa in più che non riuscirò mai a spiegarti”, questa frase me la ricordo ogni mattina quando mi sveglio, da quanti anni ormai? Troppi. 
Permettetemi una domanda? 
Perché voi siete cambiati? 
Per piacere a gente che poi vi ha fatto lo stesso gioco che avete fatto con me? 
Perché farsi del male da soli? 
Perché arrivare a non guardarsi più in faccia? 
E poi c’è ancora qualcuno che pensa di cambiare il mondo? 
Sì, uno ce n’era, il sottoscritto, ma non voleva cambiare il mondo, solamente la sua generazione, il mio sogno più grande, che continuerò anche se con molto sconforto, a portare avanti, “UNO CONTRO TUTTI”, chissà se ora qualcuno, capirà/collegherà tante mie frasi passate a cosa fossero collegate. 
Siete riusciti a darmi contro per una canzone su ciò che ho vissuto sulla mia pelle, e sono stato zitto, scendeva una lacrima, ma stavo zitto, so che qualcuno ancora l’ascolta e sappiate che vi leggo spesso nei commenti, e mi fa sorridere il fatto proprio da chi mi “odiava” ingiustificatamente alla fine è finito a farmi i complimenti, ma no, io non voglio queste cose, voglio solo capire perché un giorno disprezzate e l’altro apprezzate una persona come nulla fosse, ma non sapreste spiegarmelo, ne sarei sicuro. 
Io ho tanti di quei testi scritti negli ultimi anni, che spesso mi faccio paura da solo, non mi rendo conto di quanti ne scrivo, di quante cose il cuore comunica alla mano che spesso trema, come non volesse accettare quelle cose, ma deve, dobbiamo, accettare tutto in questa vita, ma io in primis non vorrei mai. 
Come non ho mai accettato le malattie di mia madre, la morte degli unici amici che avevo fin da quando ero adolescente, che sono gli angeli in terra che hanno evitato quel pensiero maledetto che avevo di togliermi la vita…ma qui mi fermo, perché ognuno di noi non accetta il passato, quindi si blocca, respira, e sa, che se continuasse a pensare a tutto ciò, prima o poi sarebbe lui stesso ad andarsene. 
Purtroppo la rabbia generata dalla mia generazione, da chi è passato per la mia anima, e dai quali ho voluto assorbire, pur di evitare di vedervi soffrire ancor di più, mi ha ucciso dentro.
Voi tutti qui, fuori da qui, avete visto Me per quel poco che mi è rimasto da far vedere esteriormente, con un maledetto sorriso che non farò mai mancare a nessuno, gentili o meno che siate con me; quelle poche volte che stavo al centro estivo le animatrici mi dicevano che un mio sorriso giornaliero, era la carica per tutti i ragazzi dello staff, e chi sono io per tenere musi?
Dentro non esisto più, da anni, ma sto cercando di recuperarmi, pezzo per pezzo, forse non mi basterà il resto della vita, ma voglio ritrovarmi anch’io. 
Il “numero uno” non esiste, qui dietro al mio essere, c’è solo tanta fragilità, tanta voglia di donare amore, un po’ di spensieratezza, anche se momentanea, di rialzare chi è a terra e spronarlo a rigenerarsi, assieme, mai da soli. 
Questa società c’ha fatto sbranare fra di noi, fatto credere che uno potesse essere meglio dell’altro, che potesse avere tutti ai suoi piedi, e noi ci abbiamo creduto, dai più piccoli ai più grandi, passando da un social alla vita reale, visto che ormai non c’è più differenza fra quest’ultime.
Voglio essere sincero con me stesso fino all’ultimo, anche a costo di perdere qualsiasi cosa ma mai la dignità, quindi risponderò a semplici domande che mi son state fatte negli ultimi anni, alle quali non ho mai voluto dare risposta. 
Cos’è l’amicizia? 
Puro opportunismo. 
Cos’è l’amore?
A 16 anni ti avrei risposto, quello che ha verso di me mia madre, piange, urla *silenziosamente* dai dolori, passa settimane a letto, ma rinasce quando mi vede felice, anche se solo per un giorno. 
Oggi? 
La stessa cosa. 
Il significato del termine “amore” mi ha aperto gli occhi mentre pensavo inconsciamente di viverlo, ma andando avanti si inciampa negli errori degli anni passati, e l’amore per giunta non è mai stato amore, è sempre quel qualcosa con una data di scadenza, una parola inventa per stupire un pubblico di creduloni, sii sincero, per quante forme possa avere l’amore, come può essere chiamato tale, se siamo nati con l���odio e il disprezzo reciproco dentro? 
E tu come ultima cosa mi hai domandato perché scrivo? 
Perché tutto ciò chi mai avrebbe avuto il coraggio di ascoltarlo? 
Vi abbraccio con tutte le mie paure, spoglio di tutto ciò che negli anni non ho saputo tenermi stretto, consapevole che domani potrei non esserci più, e sicuro di aver raccontato tutto di me, perché l’oscurità non mi appartiene, e so di essere stato messo al mondo con uno scopo;
come ognuno ha il suo, io ho il mio, quello di far farvi splendere nel vostro piccolo, anche se per poco, assieme a me.
Chiudo mandando un abbraccio forte a mia mamma, il delfino che mi porto sempre in tasca da quando ero piccolo, per ricordarmi che non sono mai solo, anche nei momenti più disperati, mio padre, che nonostante le voragini d’incomprensioni conta su di me, per i vostri sacrifici, mi metto dalla vostra parte e riconosco tanti miei errori ingiustificabili, un abbraccio forte a tutte quelle persone che conosco e ho conosciuto che stanno passando dei brutti momenti, del resto non c’ha mai uniti così tanto il male quanto il bene…e a te che sei arrivato fin qui, l’unica cosa che chiedo sempre a tutti dopo un semplice ma per molti ormai banale: “Come stai”?! Ricordati di farti un sorriso appena puoi. 
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i-am-a-polpetta · 1 month ago
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se il mio orologio fosse un pochettino Più smart vorrei avesse modo di calcolare oltre alle calorie, ai passi, ai battiti, anche il mio livello di tristezza. credo che in questi giorni rasenterebbe l'apice della depressione, portandomi a piangere al telefono mentre lavoro, al supermercato in fila per pagare, in cucina mentre sto preparando un dolce, non so forse cacao amaro e lacrime è la nuova combinazione gourmet che mancava nella pasticceria italiana. alle 19.37 ho guardato l'orario mentre seduta continuavo a piangere e mi sono detta che avrei voluto tracannare tutti i farmaci che ho nella valigetta per non voler arrivare nemmeno a domani. mi ritrovo su quel pavimento, lo stesso di qualche anno fa a riflettere a tutte le cose che sono successe in questi giorni. sono devastata in ogni modo e maniera possibile. devastata come quella serie tv, non mi devastano però le domande ma le affermazioni, gli avvenimenti, le pastiglie di una terapia nuova che non riesco a reggere. dormo 4 o 5 ore per notte e mi hanno detto che sono troppe poche. ma voi vi siete mai sentiti come una discarica in mezzo al mare? perché così mi sento: in bilico costante tra l'essere e il percepire, non distinguere le gioia e la felicità da allucinazioni e paranoia. mi si chiudono gli occhi mentre il cuore rallenta, ho ricorso a vecchi metodi per non soffrire troppo. ma ce l'avete presente quel film che dice che il dolore esige di essere vissuto? io sono fatta di dolore, frammenti di ciò che rimane di un'esistenza finta, superficiale, orientata a scannarmi, prosciugarmi la testa di buoni pensieri per morire lentamente sotto i colpi di una frusta che doveva punirmi per non aver vissuto quel dolore intensamente come avrei dovuto. incatenata da me stessa e costretta ad ascoltare voci che non esistono, vedere cose che non ci sono, silenzi che parlano e vite parallele che vanno peggio di quella originale. mi si chiudono gli occhi, non per sempre, però spero abbastanza da passare l'inverno e immaginare che la mia discarica fatta di immondizia, lavatrici spaccate nemmeno Più buone per lavaggi del cervello, stracci di cuore e pezzi rotti di emozioni si riempia di fiori. ti ho amato con tutta me stessa come mai nella mia vita, spero tu abbia la pazienza di aspettare e starmi vicina mentre questo ammasso di detriti, brandelli di vita spezzata, polmoni triturati dall'asma troppo tagliente degli attacchi di panico e questo cuore guasto possano un giorno ricominciare a muoversi in sintonia per farmi tornare a respirare.
ti prego resta e abbi pazienza.
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s-a-f-e-w-o-r-d--2 · 3 months ago
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Perché non capita spesso di sentirsi a casa... Di sentire che quello è il tuo posto... L'unico dove poter liberamente piangere, ridere o soffrire in silenzio... Il mio posto è tra le tue braccia... Lì mi sento come un cucciolo nella sua tana... Respiro serenità... Sono libera di fare la bambina capricciosa... E farmi raddrizzare a modo tuo... Le tue mani calde sono nate per dare... Non sanno solo prendere... Sai accarezzare la mia anima e far vibrare il mio corpo... E in un istante il mondo sparisce... Ci siamo solo tu ed io a costruire il nostro bel noi 🖤
~ Virginia ~
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itsmyecho · 3 months ago
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È che ho smesso di sentire,
Per non patire,
Gli anni bui della mia vita,
Pronti a farmi soffrire.
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scogito · 2 months ago
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Le ha scritte a se stessa per sapere sempre con chiarezza mentale perché non tornare indietro. Perché a livello affettivo si sentiva pure in colpa di farlo soffrire.
I genitori hanno reso noto questo elenco come monito per gli altri.
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➧ «Abbiamo litigato per il fatto che non lo avessi fatto venire al compleanno della Elena (la sorella di Giulia, ndr)».
➧ «Ha sostenuto più volte fosse mio dovere aiutarlo a studiare».
➧ «Si lamentava quando mettevo meno cuori del solito».
➧ «Necessitava di messaggi molte volte al giorno».
➧ «Ha idee strane riguardo al farsi giustizia da soli per i tradimenti, alla tortura, robe così».
➧ «Quando lui ha voglia tu non puoi non averne se no diventa insistente».
➧ «Non accetta le mie uscite con la Bea e la Kiki».
➧ «Non accetterebbe mai una vacanza mia in solitaria con maschi nel gruppo».
➧ «Tendenzialmente i tuoi spazi non esistono».
➧ «Lui deve sapere tutto, anche quello che dici di lui alle tue amiche e allo psicologo».
➧ «Durante le litigate dice cattiverie pesanti e quando l’ho lasciato mi ha minacciato solo per farmi cambiare idea…».
➧ «C’è stato un periodo in cui dopo esserci detti “Buonanotte” mi mandava sticker finché non vedeva che non ricevevo più messaggi per controllare che fossi davvero andata a dormire».
➧ «Tutto quello che gli dici per lui è una promessa e prova a vincolarti così».
➧ «Prendeva come un affronto il fatto che volessi tornare a casa prendendo l’autobus alla fermata più vicina e non in stazione».
➧ «Una volta si è arrabbiato perché scesa dall’autobus volevo fare 5 minuti a piedi da sola mentre lui era da un’altra parte senza aspettarlo».
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Sono personaggi (uomini e donne) pericolosamente manipolatori e fanno le vittime ogni volta che perdono il controllo.
Per quanto mi riguarda la cronicità e la presenza di tre di questi elementi deve determinare un taglio di qualsiasi relazione.
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worldofdarkmoods · 4 months ago
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Essere me significa vivere ogni singola emozione come se fosse l'unica cosa che conta. Non ci sono vie di mezzo, non ci sono sfumature che mi permettano di galleggiare in superficie. Mi immergo completamente, che si tratti di rabbia, gioia o dolore. Ogni emozione mi travolge, mi attraversa fino al midollo, e questo mi rende incredibilmente vulnerabile.
Mi arrabbio tanto, forse troppo, e piango ancora di più. Sono quelle piccole cose che gli altri nemmeno notano, quei gesti o parole dette senza pensare, che mi fanno più male. Non serve una grande offesa per ferirmi, basta una parola fuori posto, un'espressione che sa di indifferenza, per farmi sentire piccola, trasparente. E l'indifferenza... quella mi pesa sul cuore come una pietra. È come se il silenzio delle persone mi urlasse che non importa, che non sono abbastanza. E questo mi ferisce nel profondo.
Non ti farò mai del male, però. Anche quando sarò io a soffrire, anche quando sarò io a sentirmi trascurata o respinta. Potresti ferirmi mille volte, allontanarti, ignorarmi come se non fossi nulla, e io resterei lì, apparentemente forte. Sembrerò imperturbabile, come se niente riuscisse a toccarmi davvero. Ma dentro… dentro sto crollando. E tu non te ne accorgerai mai. Forse perché non voglio che tu lo sappia, forse perché il mio silenzio è l'unica cosa che so usare per proteggermi. Nascondo tutto, soffoco il dolore in un angolo del mio cuore, lo tengo lì finché non diventa parte di me.
E poi c'è l'affetto. Quando mi affeziono, lo faccio completamente, senza mezzi termini. Non esiste un "poco" per me. Ti dono tutto quello che ho, ti lascio entrare nelle parti più nascoste di me, quelle che nessuno vede. E lo faccio sapendo che potresti spezzarmi. È il rischio che corro, lo so. Ma non posso essere diversa. Amare con riserve non mi appartiene. Vivere ogni emozione fino in fondo è il mio modo di esistere, anche quando so che mi farà male. È un dolore che conosco bene, eppure continuo a ripetere lo stesso ciclo, perché non so essere diversamente.
A volte mi chiedo se questo mio modo di sentire le cose mi renda più forte o più debole. Vivo ogni cosa con tale intensità che mi sembra di bruciare dall'interno, ma forse è proprio questo il problema: brucio troppo in fretta. Mi esaurisco. E mentre gli altri riescono a distaccarsi, a proteggersi, io resto lì, con il cuore in mano, vulnerabile. Non so se un giorno cambierò, se imparerò a mettere un freno, a proteggermi meglio. Ma per ora, questo è ciò che sono.
Vivo, sento, amo. Anche quando mi spezza, anche quando mi distrugge. E lo faccio senza riserve, senza chiedere nulla in cambio, tranne forse una cosa: che qualcuno, un giorno, riesca a vedere oltre il mio silenzio e a capire che dietro quella forza apparente c'è una fragilità che non ho mai imparato a mostrare davvero.
-Anonimo🖤
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kon-igi · 1 year ago
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IL CANALE DEL DOLORE
È un argomento molto difficile da trattare per me, anzi, lo era fino a oggi pomeriggio, quando sono riuscito a trovare una metafora per definire il mio stato d'animo... stavo guidando, ho tirato fuori una penna dalla borsa e mi sono scribacchiato sul polso il titolo che avete letto là in alto, giusto per non dimenticare l'immagine che mi era apparsa.
Non credo proprio di soffrire di depressione (non rispetto i criteri maggiori), magari qualcosa di più simile a una pseudo-ciclotimia ma, vedete, potrei anche sbagliarmi però ho come l'impressione che le persone dividano le loro esperienze in positive e negative: da una parte le cose che le hanno fatte stare bene e che, se perseguite, continuano a far stare bene e dall'altra quelle negative, esperite nel passato e da evitare nel futuro.
Sbaglio nel pensare questo? Me lo confermate?
Ecco... per me funziona in modo completamente differente.
Io ho vissuto esperienze e basta, se percepite poi positive o negative dipende dalla mia vicinanza al Canale del Dolore.
Prendete la mia gattina Minou, che ci è stata accanto per tanti anni, fin dalla nascita di Figlia Grande.
Se percorro la mia vita nel verde paesaggio del mondo posso ricordarne con gioia i bei momenti condivisi assieme - quando la allattavo minuscola e miagolante, quando dal tavolo ha rubato un pollo arrosto intero più grande di lei e quando Figlia Grande divideva con lei i biscotti plasmon sul seggiolone. Poi però imbocco il viale di ghiaia che costeggia il canale del dolore e comincio a provare nostalgia - le zampate di fango che ancora resistono sotto al davanzale della finestra da cui entrava, il collarino viola che sbuca fuori da un cassetto - e poi comincio a camminare sugli argini del canale, dove mi prende la tristezza del vuoto che ha lasciato, di come forse avrei dovuto accarezzarla di più, di come a volte la sogno e sono pieno di gioia che sia tornata ma poi mi sveglio con le guance umide.
E infine cado nel canale del dolore, dove riconosco le mie colpe e ciò che avrei potuto fare e non ho fatto.
Intendiamoci, non succede sempre e soprattutto non succede per ogni cosa che ho vissuto ma il cammino è sempre potenzialmente quello.
Per dire, ho vissuto cose estremamente negative e mi basta riuscire a stare lontano da quel canale, nel verde della foresta del mondo, per riuscire comunque a evocare un ricordo di quello che di bello sono riuscito a tirare comunque fuori da esse.
Vi dirò, forse il trucco è camminare sul bordo di quel viale di ghiaia, attingendo alla malinconia per farmi più consapevole del tempo che scorre in una sola direzione e nel contempo non rimpiangere mai troppo ciò che non è più...
Però la vita è faticosa e in quel canale giacciono troppi nomi e troppi istanti perché il mio passo sia sempre fermo e dritto.
E fa male che il dolore nel caderci dentro offuschi i bei ricordi.
Vabbe'... stasera va così ma sono sicuro che domani qualcuno mi confermerà che c'è davvero del buono in questo mondo e che è giusto combattere per questo, quindi tranquilli <3
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schizografia · 22 days ago
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Ieri mattina ho cominciato a stare male. Questa angoscia che tornava a galla. Questo senso di terrore, non di paura, di disperazione: mi sento disperata. Le mattine passate nel terrore. Si può patire così tanto? Soffrire così: le sembra umano? Ci sono depressioni che durano eternamente, e la mia è una di queste. Sono talmente invischiata in questo dolore che mi sembra impossibile che possa togliermi questo peso dallo stomaco. È più che una sofferenza fisica. Ci si sente diversi dagli altri individui. Me li guardo come persone di un altro pianeta. Questo sentirmi lontana da tutti. Ci si sente come costretti a camminare su due gambe rotte. Mi sento tutta a pezzi. Si prova una sofferenza tremenda. Come ricercare qualcosa che non si raggiunge mai. Mi chiedo spesso come un organismo possa superare tutto questo. Possibile che non ci si consumi con tutto questo? Nonostante tutto questo stillicidio l’organismo resiste. Mi sembra un mistero. Ci sono dei momenti in cui mi sento liberata da questo peso. Ci si trova a terra da un momento all’altro. Mi sento veramente morta. Mi sento con dentro niente. Mi ritrovo senza nessun desiderio. Sono in un baratro.
[…]
“Morivo ieri mattina: da ieri sera mi sento meglio. Il tempo: quasi un fermarsi: un tempo che si fa eterno. La mia sofferenza è l’unica cosa che sento. Mi sento in un clima di tragedia. Mi sento quasi andare alla deriva. Mi sento svuotata di tutto. Non ho voglia di vivere perché vivere significa morire. La realtà è tremenda. Mi sento ossessionata da questa sofferenza. Sono in carcere: sto per rientrarvi ora che esco di qui. Mi sento in bilico. Istintivamente, mancandomi quest’angoscia, mi sento più sola. Mi manca, ma non dovrei sentirne la mancanza. Il cuore stretto da una morsa di acciaio. Il dovere sopportare tutte le avversità che ho: questa è sofferenza. Estranea: è così che mi sento. Non ho più l’angoscia di allora. Avevo l’impressione che il grande dolore, l’angoscia, mi schiacciasse.
[…]
“Giornate pessime. Mi sento terribilmente sola. Non ho niente a cui aggrapparmi. Non c’è più niente che mi dia senso. Non riuscivo a piangere. Mi sentivo disperata: almeno piangessi. Quello che mi mette in crisi sono le decisioni. Se potessi sperare nel suicidio, se potessi contare su di una morte così vicina, se potessi scegliere la mia morte, sopporterei meglio questa sofferenza tremenda perché ne conoscerei la fine. Non ho la speranza della morte. Non ho questa speranza. Non ho più alcuna speranza. Mi sento il cuore in gola: come se avessi fatto una corsa. Vivere così mi sembra praticamente impossibile. Sono disperata. Mi sembra di essere ancora prigioniera dell’angoscia e della disperazione. Vivo come un automa.
[…]
Non riesco a liberarmi da questa angoscia. Avverto una sofferenza, e questo è fuori discussione. Di cosa è fatta questa sofferenza? Il dolore fisico, al confronto, non è niente. Tutti i contatti umani sono tragici. Mi sento come prigioniera nelle sabbie mobili, e i tentativi per uscirne, sempre più disperati, raggiungono solo lo scopo di farmi precipitare giù in fondo. Non ce la faccio più a vivere così. Cosa faccio visto che, anche con l’aiuto dei farmaci, non riesco ad uscirne? Mi detesto. È una cosa disumana: non ne posso più. Questa sofferenza mi annulla. Non è facile morire.
Maria Teresa da Eugenio Borgna, L'indicibile tenerezza: In cammino con Simone Weil
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cardisimo · 1 month ago
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voglio essere sincero con te perché sento che sia giusto chiarire una volta per tutte. Continuare con questi blocchi su whatsapp e cambiamenti di atteggiamento mi fa solo capire che forse non merito il tuo tempo e la tua attenzione. Se sono arrivato al punto di decidere di passare il Capodanno in discoteca, è perché preferisco essere circondato da sconosciuti piuttosto che continuare ad aspettarti invano. Non capisco perché tu stia modificando la realtà di ciò che c'è stato tra noi. Hai detto che non volevi farmi soffrire, ma le tue azioni mi danno l'impressione opposta. È difficile non pensare che qualcosa sia cambiato, che magari stai vivendo qualcosa con un'altra persona e non hai il coraggio di ammettere che non sarà più come prima. Io non posso più chiederti di rimanere. Ho amato davvero ciò che avevamo, ma vedo le differenze rispetto al passato, a quando eravamo felici insieme. E se continui a comportarti così, l’amore che provo per te si affievolirà, e con esso l’interesse di lottare per noi. Voglio che tu capisca il mio valore: fuori da questa relazione ci sono persone che potrebbero apprezzarmi per quello che sono, donne mature e pronte a dimostrarmi affetto e amore senza giochi o incertezze. Non voglio più prendermela per questi comportamenti. Se davvero tieni a me, cambia atteggiamento prima che sia troppo tardi. Sono serio: non ho intenzione di vivere aspettando qualcosa che potrebbe non arrivare. Ho ancora tutta la vita davanti e sono sicuro che c'è qualcuno là fuori pronto ad accogliermi per come sono. Non ripeterò più questo discorso. O ti svegli e ti rendi conto di quello che potremmo avere insieme, o andrò avanti senza di te. Non voglio più pagliacciate. Se fossi stato al tuo posto, io ti avrei scelto ogni singola volta, senza esitazioni, come ho fatto in passato. Perché per me sei stata una scelta importante. Se senti ancora lo stesso, dimostralo. Se no, lasciami andare davvero.
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scritti-di-aliantis · 1 month ago
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Dovevi essere mia: era destino. Sei l'amica intima di mamma da sempre, da quando andavate alle elementari. E sei mesi fa ho scoperto che da ragazze eravate amanti. Al punto che, per non perdervi di vista, mamma ha poi sposato tuo fratello, mio papà. Ma col tempo, ovviamente il sesso tra voi è sparito. Ho saputo per puro caso di questa vostra cosa, grazie ad alcune lettere bollenti che lei ancora conserva. Gelosamente nascoste e legate con un nastrino. Nella parte superiore dell'armadio, avvolte dall'abito da sposa riposto nella sua scatola.
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Mi sono messa di punta a corteggiarti. Si, ho avuto esperienze con alcune mie coetanee, ma volevo arrivare proprio a odorarti e leccarti la fica e il buco del culo. A succhiarti i capezzoli. Mi hai sempre attratta, sin da quando ero una timida quindicenne. E non ti sono mai stata indifferente. Questa cosa io l'ho sempre sentita a pelle: ti ricordo mamma. Ti volevo molto, perché a parte che sei stata l'amante di mamma, comunque una donna matura sa fare col suo corpo cose che una ragazza giovane neppure si sogna. Però non volevo far soffrire mia madre. Perciò un giorno ho preso coraggio e mi sono confidata con lei.
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Le ho detto, molto emozionata, che mi sentivo inesorabilmente attratta da te, che ti volevo. Pensando comunque di farla arrabbiare o altro. Invece, la mia mamma meravigliosa t'ha chiamata immediatamente e t'ha chiesto se potevo passare il weekend con te. Divorziata da cinque anni e in pieno rigoglio sensuale, non potevi sperare di meglio. Ormai, durante il giorno non penso ad altro che a quando calerai il tuo solco sul mio viso per farmi il dono più gradito. Quando vieni, mugoli e contrai i muscoli delle cosce. E a breve poi hai ancora altri orgasmi. Sei la mia donna per la vita. Sono fidanzata, certo. Mi sposerò fra un paio d'anni. Ma fare sesso tra donne molto spesso è solo un'estensione pura, lecita e approfondita dell'amicizia.
Aliantis
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raccontidialiantis · 20 days ago
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Non desidero altro che te
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Mi sono laureato. Tu ti sei sposata e allora io me ne sono andato: per non soffrire più. Per farmi una parvenza di vita lontano da te. Oltre duemila chilometri, tra noi. Ma le persone te le porti dentro. Tutte quelle che hai incontrato. Una per una. Anche quelle con cui c’è stato solo un breve scambio di battute: magari solo un sorriso o - peggio - soltanto uno sguardo. Intenso. Perché l'incrociare gli occhi, se dura più di due secondi, è più sincero di un raggio laser. Letale. Ti incide il cervello. Le persone te le porti dentro. E tu sei stata la presenza più ingombrante di tutte. Fino a diventare un’ossessione.
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Dopo sette anni di lavoro intensissimo, duro ma produttivo, la settimana scorsa stavo per essere nominato dirigente: stipendio aumentato di molto, benefit vari, tra cui l’auto aziendale di prestigio etc... ma mi sono licenziato! Al buio. Le persone te le porti dentro. L’unica luce che vedevo nella mia mente era quella del tuo sguardo. E allora stasera eccomi qui: lascialo. Non sei felice con lui. Vieni con me. Ti offro di vivere insieme nel vecchio casolare diroccato di mio nonno. Si: quello che ancora si regge per miracolo. Dovremo ristrutturarlo e soprattutto trovare un’occupazione, sia io che te. Lo faremo in un momento, questo, molto difficile per tutti e con occasioni di lavoro sempre più scarse, in Italia.
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Intanto, camperemo con i miei risparmi e con i prodotti che semineremo e coltiveremo. Faremo lievitare ogni giorno insieme il pane e l’amore. Io sono bravo con tutti i lavori manuali; tu sai cucire, cucinare e servire ai tavoli. Venderemo la sovrapproduzione dei nostri prodotti. Faremo mille cose, per mettere insieme il pranzo e la cena. Ti offro una sfida, una svolta drammatica, ardua e coraggiosa. Io mi sono buttato e ho fatto duemila chilometri in una macchina carica di tutto ciò che ho potuto portare; il resto l’ho regalato, venduto o gettato via. La prima cosa che ho caricato comunque, è stato il piccolo Snoopy di pezza che m’hai regalato tu l’ultima volta che ci siamo visti. Mi faceva compagnia la sera, sai? Quando mi lasciasti, me lo desti ed era impregnato del tuo profumo, che ci avevi spruzzato sopra abbondantemente. E anche zuppo delle tue lacrime, che lo hanno bagnato mentre lo tenevi in mano lasciandomi. 
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Perché ti sei sentita obbligata a “sistemarti” e a troncare con “quello smidollato buono a nulla” - parole di tuo padre - per passare la vita intera con uno che non amavi e che non ami. Io lo so. Tu ami me. Ami me, me, me... Anche se mi hai bloccato ovunque per non cedere alla tentazione di provare a essere felice. Anche se cambi sempre discorso, quando ti parlano di me. Me lo dice tua sorella. Le persone te le porti dentro. Anche se il tuo cuore vorrebbe uscire adesso, in questo stesso istante, dalla gabbia toracica per correre incontro al mio e parlargli. Anche se a lui non dai ancora figli, perché in fondo speri in un miracolo. Ma i miracoli li puoi far accadere tu stessa, se solo vuoi. Allora stasera eccomi qui da te. A sorpresa. Non te lo saresti aspettato mai, eh? 
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Non sono ancora andato neppure a casa mia: so bene quello che mi aspetta, se rientro da solo e avendo gettato via tutto ciò che avevo costruito. Dai miei: rimproveri, lacrime, liti e rassegnazione. E il perdono. Loro capiscono. Sempre. Non mi sono potuto fare neppure una doccia e sono distrutto dal viaggio, perché sono partito alle tre di notte e crollo di sonno. Probabilmente puzzo come un caprone. Però ho per te un’unica domanda. Che farai adesso: sceglierai di continuare a portare sulle spalle un rimpianto che pesa una tonnellata e che ti piegherà sempre più per il resto dei tuoi giorni, fino alla fine o prenderai giusto quattro-cose-quattro e verrai via con me proprio adesso, prima che lui torni dal lavoro? 
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Mamma sa che ti amo e che mi ami. Soltanto davanti a lei ho pianto per te. E lei sola sa la vera ragione per cui ho cercato un lavoro lontanissimo: nessun altro. Se vieni tu a casa con me, anche mio padre si ammorbidirà. E solo guardandoti al mio fianco capirà, sono sicuro. Affronteremo tutto insieme: divorzio, problemi, ipocrisie, invidie, cattiverie. I figli tu falli con me. Cresceranno nell’amore. Allora? Vieni o no? Io t’aspetto in macchina.
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RDA
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susieporta · 2 months ago
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Ci sono persone con cui ho condiviso un’intimità molto grande, e che ora non frequento più. Intimità significa che ho conosciuto il loro corpo nudo, i loro familiari, le storie più dure e inconfessabili che riguardano questi familiari, e conosco episodi di quando erano bambine, e adolescenti, significa che le ho viste piangere e le ho abbracciate, e sono stata vulnerabile davanti a loro, e ho raccontato dei miei familiari, almeno qualcosa, e nuda no, non mi sono fatta vedere, perché io nuda non mi faccio vedere mai, e che ho pensato che non le avrei perse, perché il loro modo di stare al mondo mi commuoveva, perché sentivo la profondità irreparabile del loro dolore ed era quello a tenermi incollata. Non le frequento più, le persone di cui parlo, ma quel dolore lo riconosco ogni volta. In un pezzo che scrivono e che leggo pensando eccoti, sei tu, quanto mi somigli, quanto ti conosco. A una cena pubblica, in cui recitano una parte come me, come tutti, una parte sempre uguale, tanto che ormai è la verità, una delle tante verità di noi stesse. In un breve fortuito scambio di battute a un evento, in cui non ci diciamo quasi nulla, in apparenza, ma il sottotesto è enorme - e non riguarda noi, intendo il rapporto fra noi, un’avventura conclusa per sempre, neppure un rimpianto, riguarda le nostre vite separate che un tempo sono state vicine perché c’era una ferita che le rendeva simili, o così pensavamo. Così pensavo io.
Accade che una di queste persone mi dica: ci vediamo? Dopo anni. Dopo una cena in cui per caso ci siamo trovate. Mi scrive un messaggio, mi ringrazia per averla ascoltata, compresa, in quella serata capitata per caso, mi chiede di rivederci. Io non rispondo all’invito. Perché ognuno ha i suoi schemi per sopravvivere, e quello che ho imparato io è allontanarmi da ciò che potrebbe farmi male, perché me ne ha fatto una volta, non tornare mai indietro. Non dipende tanto da loro, ma da me. Da quanto posso sopportare, dalla specificità di ciò che fa soffrire una come me, una con la mia storia.
La maggior parte delle persone che amo le amo a distanza e, anche se è accaduto incidentalmente, se non è il risultato di un reciproco abbandono, a tratti credo sia il modo più adatto a me. Me ne dispiaccio, ma lo accetto. Nel caso degli abbandoni, invece, non ho rancore, e ho nostalgia di rado, quella distanza non è un castigo inflitto, è solo che la passione si è esaurita. Come avviene nell’amore, può avvenire nell’amicizia. Chissà perché alla gente sembra diverso.
Se queste persone ormai lontane scrivono - romanzi, racconti, pezzi sui giornali - io posso leggerle, e nei loro scritti spesso riconoscerle, e ricordare perché la passione era nata, ricordare la nostra intimità. È comunque un dono ricevuto nel corso della vita, un’esperienza che resta, una traccia di me che a volte ricompare nei sogni notturni, con le loro sembianze. Leggendole posso riconoscermi: in quel loro dolore sordo al fondo delle cose, che un giorno e per sempre ho sentito fratello - anzi, sorella.
Rosella Postorino
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pezzidiuncuoreancoravivo · 1 month ago
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Per favore, è un post sfogo, non voglio i vostri pareri ma solo rispetto.
Pensavo peggio oggi, al funerale. Con le altre non ho parlato praticamente di nulla, già tanto se ci siamo salutate ma comunque stavo già mezza influenzata ed ero molto tesa e giù di morale, qualcuna mi ha chiesto come stavo e l'unica con cui non ho mai legato si è avvicinata un po' per consolarmi, mentre quelle due a cui ero più legata non mi hanno detto nulla. Me lo aspettavo. Forse per chat sono state più "confortanti" ma vabbè, so che posso contare solo su Riccardo ormai. (il giorno dopo, oggi, mi hanno scritto entrambe, apprezzo molto).
Mi ha fatto piacere che ci siamo state per lei, anche se troppo tardi, praticamente eravamo solo noi, non ho visto altri suoi coetanei, vorrei pensare che per molti fosse colpa della distanza, visto che ci abbiamo messo un'ora per andare al funerale. Le sue amiche di un tempo c'erano e spero che ovunque sia abbia apprezzato e che ci abbia perdonato per averla lasciata sola a se stessa. Forse quella con più rimorsi sono io, come ho già detto ho lasciato vincere il rancore e purtroppo questa cosa non la cambia nemmeno la sua morte, ma lei aveva una scusa per avermi spesso trattata di merda, aveva un disturbo, le altre che scusa hanno per avermi abbandonata? Forse la faccio tragica, non so. Pensavo che questa cosa ci avrebbe riavvicinate ma loro credo che stiano meglio senza me.
La mente è difficile recuperarla quando parte, io la capisco, la capivo, certo non ho mai provato al 100% quello che provava lei, ma io capisco bene la sensazione di sentirsi talmente a terra da non riuscire a fare niente e niente ti può aiutare a tirarti su, so bene quanto la mente giochi brutti scherzi e i pensieri brutti che ti fa fare. Io almeno ce l'ho sempre fatta a farmi passare quei momenti ma credo che a lei non passavano mai. Avrei voluta farla sentire compresa ma evidentemente quello che provava era un milione più grande di quello che provavo io. Si era data da fare, lavorava, prendeva medicine ma era comunque insoddisfatta della sua vita, non si sentiva realizzata e quel disturbo è stato alimentato al punto di volerla fare finita. Ho avuto paura che un giono anche io potrei peggiorare, ma se non è successo in questi anni non credo che accadrà più, fortunatamente ho smesso di dire di voler morire e fortunatamente non ci ho mai provato, forse devo iniziare a dosare bene le parole che dico.
Sua madre l'ho vista bene, è stata molto carina con noi, era contenta di averci visto, peccato che sapevo soffrisse di schizofrenia, quindi magari è la sua testa a reggerla in piedi ancora. Suo padre l'ho visto molto provato e il suo ragazzo o ex, era visibilmente sfinito, sappiamo tutti che ce l'ha messa tutta per farla sopravvivere ma non è bastato. Mi chiedo quanto coraggio ci voglia a lanciarsi e buttarsi tra le braccia della morte.
Voleva farla finita da tempo ma non ci era mai riuscita. Ha scelto una fine bruttissima. Ma la capisco, se tanto era peggiorata che altro poteva fare? Nulla le è stato d'aiuto e io sono certa che abbia fatto del suo meglio per uscirne, ma ripeto, quando la testa parte non c'è nulla che regga. Capisco quella sensazione di vuoto che nulla lo colma, la solitudine, tutto. Non trovava pace, non l'avrebbe più trovata. Penso sia come per chi sceglie l'eutanasia per malattie incurabili, la sua testa non era più guaribile. Nessuno merita di soffrire così tanto in vita e sti cazzi di chi dice "c'è chi vuole vivere e questa si ammazza", lo volete capire che i disturbi mentali sono alla pari di un tumore?? Nessuno sceglie di ammalarsi, nessuno vorrebbe morire ma tornare a vivere e lei non ci stava riuscendo più.
Le auguro che abbia trovato pace, ce lo siamo augurati tutti oggi.
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voglio-venire-da-te · 1 year ago
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Io ho bisogno di un uomo che mi faccia ridere. Di qualcuno che farebbe di tutto pur di non farmi soffrire.
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