#non è festa senza lavoro
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SAN GIUSEPPE - FESTA DEL PAPA' - SI MANGIANO LE ZEPPOLE
Caro papà, grazie i tuttu chiddu chi mi dasti, pi primu u to amuri, poi a to fozza u to scrificiu u to suggiti cu scuru e girari a casa cu scuru picchi nui nun eravamu i chiddi chi avianu a bacca o sciutto e ogni cosa ni custava suduri e travagghiu. Grazie papà pa to risata, picchi mi facisti studiari quannu nun n'avia valia, picchì lassasti a to casa pi danni nu dumani, ni zignasti a cridiri in nui pi truvari a nostra strada, picchì l'unica raccumannazioni chi pi nui truvasti eranu i to brazza. Grazie picchì nun ti presentasti mai cu cappeddu nte mani pi elemosinari, non baciasti manu pi ntrigarti nta mala strada, ma ni zignasti chi cu sapi travagghiari, cu voli travagghiari, cu nun si scanta i travagghiari, nun è sebbu i nuddu, avi diri grazie sulu a so buluntà, sulu o so sangu. Grazie papà di to carizzi, di to cunsigghi, du to amuri chi mai rispammiasti. Grazie i sta lingua chi ni nzignasti, chi mai nigasti , chi sempri ciccasti, picchì è a lingua da nostra anima, è a fozza di nostri silenzi. Grazie pi l'amuri pa terra nostra, pi l'amuri pa biddizza da natura, pill' amuri di l'atti chi è u sensu da razza nostra. Grazie di tuttu chiddu chi ni dasti, di tuttu chiddu chi pi nui facisti, pa strada ritta chi ni zignasti, pi duluri chi pi nui vincisti, picchi ni mittisti davanti a tutta to vita , senza mai na lastima, senza mai na raggia senza mai finiri, l'amuri chi ni davi. Grazie. Papà.
Caro papà, grazie di tutto quello che mi hai dato, per primo il tuo amore, poi la tua forza, i tuo sacrificio , il tuo alzarti con il buio per tornare a casa con il buio, perchè noi non eravamo quelli che avevano la barca all'asciutto, e ogni cosa ci costava sudore e lavoro. Grazie papà per la tua risata, perchè mi hai fatto studiare quando non ne avevo voglia, perchè hai lasciato la tua casa per darci un domani, ci hai insegnato a credere in noi, per trovare la nostra strada, perchè l'unica raccomandazione che per noi hai trovato erano le tue braccia.Grazie perchè non ti sei mai presentato con il cappello in mano per elemosinare, non hai baciato nessuna mano per intrigarti con la strada sbagliata, maci hai insegnato che chi sa lavorare, chi vuole lavolare chi non ha paura a lavorare, non è servo di nessuno, deve dire grazie solo alla sua volontà, solo al suo sangue. Grazie papà delle tue carezze, dei tuoi consigli, del tuo amore che mai ci hai risparmiato. Grazie per questa lingua che ci hai insegnato, che hai sempre cercato, che non hai mai negato, perchè è la lingua della nostra anima, è la forza dei nostri silenzi. Grazie per l'amore della nostra terra, per l'amore verso la bellezza della natura, per l'amore per l'arte che è il senso della nostra razza. Grazie di tutto quello che ci hai dato, di tutto quello che per noi hai fatto, per la strada dritta che ci hai insegnato, per i dolori che per noi hai vinto perchè ci hai messo davanti a tutta la tua vita, senza mai un lamento senza mai una rabbia, senza mai finire l'amore che ci davi Grazie.
Dear Dad, thank you for everything you gave me, first your love, then your strength, your sacrifice, your getting up in the dark to go home in the dark, because we were not the ones who had the boat dry , and everything cost us sweat and work. Thank you dad for your laugh, because you made me study when I didn't want to, because you left your home to give us a tomorrow, you taught us to believe in ourselves, to find our way, because the only recommendation that for you found us were your arms. Thank you because you never showed up with your hat in your hand to beg, you didn't kiss any hand to intrigue you with the wrong path, but you taught us that those who know how to work, those who want to work, those who are not afraid to work, he is no one's servant, he must say thanks only to his will, only to his blood. Thank you dad for your caresses, your advice, your love that you never spared us. Thank you for this language that you taught us, that you have always sought, that you have never denied, because it is the language of our soul, it is the strength of our silences. Thank you for the love of our land, for the love of the beauty of nature, for the love of art which is the meaning of our race. Thank you for everything you gave us, for everything you did for us, for the straight path you taught us, for the pains you overcame for us because you put us in front of your whole life, without ever a complaint without ever feeling angry, without ever ending the love you gave us Thank you.
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La doppia morale del ministro Valditara, sospende un professore per quel che ha detto fuori dalle mura scolastiche ma rivendica il proprio diritto di manifestare davanti ad un tribunale come un “semplice cittadino” La sanzione inflitta dall’Ufficio scolastico regionale del Lazio, diretto da Anna Paola Sabatini, una rampante democristiana prima in quota Pd poi passata a Forza Italia, contro Christian Raimo (tre mesi di sospensione dall’insegnamento con dimezzamento dello stipendio), professore di filosofia in un liceo romano, vivace animatore culturale, già assessore alla cultura del III municipio del comune di Roma, candidato per Avs alle ultime elezioni europee, per aver espresso critiche molte aspre contro la politica dell’istruzione condotta dall’attuale ministro Giuseppe Valditara, non è solo un segnale ulteriore dell’autoritarismo di questo governo, composto da un ceto politico insofferente alle critiche e vigliaccamente vendicativo, ma la conferma della torsione disciplinare introdotta con la controriforma del voto in condotta che va di pari passo con regolamenti interni presenti in diversi istituti, ingiustificatamente repressivi, persino lesivi di alcuni diritti costituzionali degli stessi studenti. Ciò che più bisogna sottolineare in questa vicenda sono le modalità con sui è stata esercitata la rappresaglia del potere contro la parola critica. Il ministro, infatti, poteva ricorrere alla magistratura per far valere - se davvero queste erano fondate - le ragioni di un eventuale danno alla sua immagine. Quando si è espresso, infatti, Raimo non era in cattedra, non stava tenendo lezione ai suoi studenti ma parlava in uno spazio pubblico, all’interno di un dibattito sulla scuola durante la festa di Avs, lo scorso settembre. Era in qualità di cittadino e non di docente che Raimo interveniva esercitando un diritto costituzionale che forse a questo governo dispiace. Eppure la punizione comminata a Raimo non è quella di un giudice che avrebbe individuato contenuti diffamatori nelle sue dichiarazioni ma una sanzione inflitta per via gerarchica dal suo datore di lavoro, il ministero del Pubblica istruzione e – quanto mai – del (De)merito. E’ come se un chirurgo fosse stato sanzionato dal ministro della Sanità per quel che ha detto in una pubblica piazza. La classe docente non porta l’uniforme, non è armata, non esercita la forza legittima dello Stato per cui è legata dalla costituzione a stretti vincoli di fedeltà, condotta e riserbo. La classe docente non giura fedeltà ad alcun regime, è composta da liberi cittadini che all’interno della scuola devono rispettare un codice regolamentare e i doveri contrattuali e quando escono hanno la piena libertà di esprimersi e criticare nello spazio pubblico. Diritto che per altro il ministro Valditara rivendica per sé, senza riconoscerlo agli altri, quando come «semplice cittadino» - a suo dire - nonostante sia membro del governo, si è recato al presidio davanti al tribunale di Palermo per sostenere il suo segretario di partito Matteo Salvini accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d'ufficio al processo Open Arms. Se questa sanzione non viene ricacciata indietro non si dovrà aspettare molto perché un qualunque ufficio scolastico si sentirà libero di sindacare anche i gusti sessuali e religiosi, oltre che politici, dei docenti fuori dalla scuola, perché questi possono «ledere l’immagine dell’istituzione scolastica». Non basta dunque la semplice solidarietà, serve anche reagire e mobilitarsi dentro e fuori le scuole e bene farà Raimo a presentare ricorso in sede amministrativa, perché ha ragione da vendere. Paolo Persichetti, Facebook
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Questo Halloween ho fatto nottata in un cinema che proiettava film horror senza soluzione di continuità, ogni biglietto di ingresso costava la metà del precedente. Mi sono fermata al secondo Dario Argento, ho bevuto un caffè, mi sono lavata la faccia nel lavandino di un bar, e sono andata alla festa di compleanno della nonna di L senza aver mai dormito ("altri novanta prosperi anni'). Il pranzo era in un ristorante tanto anacronistico da servire ancora gamberetti insapori con salsa rosa in delle conchiglie di plastica.
Al cinema ho urlato ad un paio di jumpscare di "Non aprite quella porta'". A interrompere la sacralità della visione solo io e un gruppo di ragazzetti fumati che facevano scattare l'accendino. I miei strilli hanno svegliato Luca, crollato appena alle due e mezza nella poltrona accanto.
A lavoro è andata un disastro, avrei dovuto urlare ancora più forte.
Ho ripreso quei quattro kg che avevo perso in estate. Non trovo più né il portafoglio né le chiavi dell'ufficio.
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queste cose le annoto per la me del futuro: venerdì sera mi ha portato da lavoro un pezzo di brownie, domenica sera quando ha staccato da lavoro è passato a prendermi a casa mia e prima di andare a casa sua siamo andati nel punto panoramico della città e abbiamo chiacchierato un po', lunedì sera mi ha organizzato una serata con amici perché gli avevo detto che mi sto sentendo molto sola ultimamente, martedì è uscito di casa solo per me con nessunissima voglia solo per comprarmi le paste perché ne avevo voglia. lunedì sera durante la cena ci siamo stuzzicati tutto il tempo e dopo la festa era ubriaco e siamo rimasti a chiacchierare sulla panchina per un oretta buona e mi ha riempito di parole dolci come il fatto che ormai il suo futuro senza di me non lo vede, che di me non riesce più a farne a meno "devo dirti un sacco di cose ora perché da sobrio fatico"
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A 21 anni la mia prima vera storia è finita
perché la ragazza con cui stavo allora mi ha tradito.
Non una volta. Più volte.
Con persone diverse.
Anche persone che conoscevo
e con cui a volte mi portava fuori a cena…
a 23 anni la mia seconda storia è finita
perché ho trovato la mia ragazza a letto
con il suo migliore amico.
Trovata. letteralmente.
Ho aperto la porta della stanza e lì ho
beccati proprio intanto che…
Lo stesso anno papà si è ammalato di cancro.
Se n’è andato via tre anni dopo.
E mamma ha iniziato a vivere da sola
perché io sono figlio unico
e stavo studiando fuori casa.
È successo che per diversi anni
mi sono sentito perso.
Ho odiato la mia sensibilità e le scelte della vita.
Ma sapete che cosa è successo poi?
E’ successo che qualche anno
dopo a una festa ho incontrato
una ragazza vestita di nero che rideva
in un modo
che non avevo mai visto.
E ci siamo baciati.
E la settimana seguente siamo andati
ai mercatini di Natale.
E poi a mangiare la pizza.
E una mattina le ho mandato
una brioche a lavoro per darle il buongiorno.
E adesso, quasi dieci anni dopo.
È ancora qui.
È successo che durante un’estate
con il cuore rotto
al lago ho conosciuto persone nuove.
E abbiamo fatto dei tuffi,
e poi siamo andati a ballare,
e poi a vedere un concerto.
E adesso sono fra gli amici migliori
che posso desiderare.
Quelli che saranno vicino a me tutta la vita.
E' successo anche che un giorno
sono arrivate delle rose a mamma.
E che mamma ha dovuto combattere
il senso di colpa
verso papà, che non aveva mai smesso
di amare ma che non c'era più.
E alla fine si è buttata.
Si è data un’opportunità.
E è successo che adesso mamma è felice,
ha un compagno che amo
e che qualche volta mi dà una pacca
sulla spalla e mi chiama “figliolo”.
E io gli voglio bene come a poche altre persone.
Quello che voglio dirvi è questo.
E’ che a volte succedono delle cose
che ci rompono.
Perdiamo amori, lasciamo andare la fiducia,
smarriamo per strada amici e un po’
anche noi stessi,
vediamo soffrire le persone che amiamo
e ci sentiamo impotenti.
E pensiamo che non saremo mai più felici.
Ma non è vero.
Arriva sempre un amore nuovo.
E arrivano sempre persone nuove
che saranno i tuoi nuovi amici
e scoprirai che se quelli di prima li hai persi
c’era una ragione. Anche se non la vedevi.
Quando qualcosa ti rompe il cuore
Pensi sempre che non riuscirai ad uscirne.
Ma non è così.
Anche il sole del giorno più brutto
prima o poi deve tramontare.
La vita a volte ti mette davanti a cose
che ti rompono
il cuore anche se non te le cerchi da sola.
E allora non rendere la tua vita impossibile tenendoti stretto
qualcuno che non può amarti.
Starai bene anche senza di lui.
Vedrai.
Riccardo Bertoldi
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bella l’estate, bello il mare, grazie alla fortuna che mi ha dato la possibilità di godere il sole e la montagna, però mi manca la mia famiglia. quella che ho scelto, le persone di cui mi prendo cura e che si prendono cura di me quando siamo lontani dai parenti di sangue. le persone con cui piango, rido, che mi fanno sentire sempre amato senza nessun dubbio, i miei fratelli e le mie sorelle che mi hanno visto in lutto, innamorato, lasciato, laureato, ubriaco. A che mi porta i cioccolatini quando studiamo insieme e mi abbraccia quando meno me lo aspetto. J che è un organo interiore che non potranno mai asportarmi con cui ho vissuto qualsiasi gamma emotiva dallo scopare all’essere fratelli. Miele che è un orso zuccone testardo che mi urla cose amorose come fosse un soldato tenerone e mi avvolge con le sue braccia. conqui S che è la persona più empatica che conosco, di cui sappiamo un po’ tuttə che sono mezzo innamorato perché è tra le persone più belle del mondo. C che sparisce ma quando torna per me è sempre una festa, e anche se non ci raccontiamo sempre cosa ci succede ci capiamo con una battuta. io mi chiedo da tanto tempo se l’amore romantico e sessuale che mi hanno insegnato a rincorrere (e che mi fa dannare tanto) è davvero la cosa più importante, quella che ti fa stare meglio nella vita. non lo so se mi piace che devo faticare per sentirmi realizzato nel lavoro intellettuale e accademico. a me l’unica cosa che importa alla fine della fiera è essere abbracciato e poter vedere i miei amici, che chiamo famiglia perché è quello il nome che dai alle persone che ti portano le medicine se stai male, che ti rassicurano quando li chiami di notte in preda alla paranoia, che corrono da te se gli succede qualcosa, di cui sai gli orari degli antidepressivi e gli ricordi di prenderli. mi manca la mia città d’elezione perché mi mancano i miei parenti scelti. e nessun partner o lavoro mi pare comparabile alla fortuna che è averli nella mia vita.
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Finalmente sono un ferie.
Niente di che per l'Europa, ma qui avere più di 3 giorni di fila di festa è un miracolo di dimensioni astronomiche e di cui dovrei ringraziare tutti i kami giapponesi (anche se non se lo meritano).
Domani cerco di fare l'italiana pure io e vado al mare, anche se non ho un costume e, tra il mio odio per lo shopping e il fatto che molto probabilmente avrò una XXL giapponese, mi sa che è meglio se per una volta non compro su internet (ultimamente sta diventando il mio unico modo per non rimanere senza niente da mettere - e non sto esagerando).
Vorrei già andarmene pure da sto lavoro, ma vabbè che lo diciamo a fare. Ho fatto così tanto per trovare qualcosa che avesse orario flessibile e smartworking e invece comunque lo standard è l'ufficio. Poi ovviamente io ho avuto il grande culo di stare nel dipartimento dei visti quindi c'è sempre un via vai di passaporti immane, per cui se non ci sei tu, il lavoro va sugli altri che già hanno la loro merda da fare, già fanno gli straordinari e quindi via di senso di colpa e di responsabilità... poi uno si chiede perché questi so strani e si ammazzano di fatica: eccovelo spiegato facile facile.
Per questo motivo ultimamente sto pensando di traslocare. Ho trovato un monolocalino bellino a 10 min A PIEDI dall'ufficio (che è centralissimo) con un affitto abbordabile... peccato che qui esiste questa cosa magica chiamata "spese iniziali" per cui tu prima di entrare devi pagare tutta una serie di cose che loro faranno per te (tipo cambio chiavi di casa, pulizia generale, disinfestazione ecc) al prezzo che dicono loro pure se tu non vuoi. Peccato che ste spese iniziali ammontano a MEZZO STIPENDIO e se ti metti a pensare a tutte le cose nuove che vanno comprate (dato che qui gli appartamenti si vendono completamente vuoti e senza elettrodomestici), insomma, non lo so se voglio buttare uno stipendio così. Però dall'altra parte sto vivendo veramente male con sti viaggi continui in treno e ora con sto caldo che ammazza la voglia di vivere di chiunque... se ripenso all'anno scorso in cui non mi avevano ancora assegnato a nessun posto e sono stata tutta l'estate a casa... Madonna che culo che ho avuto e solo ora lo sto realizzando perché è veramente impossibile vivere così.
Ah poi vabbè parliamo in verità di buchi di monolocali dato che sono 20 m2 e sono pure TANTI. Ho visto annunci di appartamenti singoli di 13/15 m2 SENZA ARMADIO a prezzi che manco vi sto a dire. Poi dite la crisi abitativa a Milano e che la gente vive nei buchi a prezzi folli... che ve devo dì.
Inizialmente volevo fare un viaggio al sud per vedere delle amiche che abitano lì però poi tutte loro si sono impegnate con altre persone (perché giustamente le ferie queste sono e se non ci si muove addio) e quindi vaffanculo non sono andata da nessuna parte. Un poco me ne pento, un poco sono talmente stressata che veramente voglio solo morire sti giorni.
Poi considerando che in 1 anno sono stata a Tokyo meno di 10 volte nonostante ce l'abbia potenzialmente a 2 passi, direi che è meglio se me la comincio a girare un poco in più finalmente.
Per il resto come sto? Boh io mi sento sempre peggio. Questa non è vita, questa non è la mia vita. Però che devo fare, che posso fare? Niente posso fare. Posso solo patire, fare come quelli che non ho mai capito: fare finta che vada tutto bene, che questa sia vita; lo fanno tutti quindi lo devo fare anche io.
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Spiaggia di Scauri, agosto 2022, lei si chiama Teresa ha poco meno di 30 anni, due figli adolescenti e in braccio una bimba nera di circa 18 mesi, si chiama Sonia. Mi guardo attorno e cerco sua madre. Ma donne africane nemmeno l'ombra. Teresa avrà forse un compagno africano, con cui ha avuto la bimba, penso, ma non è possibile perché Sonia sarebbe stata mulatta e non nero ebano. La bimba ha treccine annodate da mani di donna africana. Gioca e scherza sulla spiaggia con Teresa e i suoi figli. Teresa prepara l'asciugamani per avvolgerla subito dopo il bagnetto, le toglie il costumino bagnato, le mette il pannolino, le da la pappa e poi l'addormenta all'ombra, nel passeggino. Sono curiosa di sapere qual é il legame tra la bimba ebano e Teresa con la sua famiglia. E così mi avvicino ed ammirando Sonia, che dorme appaciata e serena, cerco di sapere.
"la madre è una giovane donna del Senegal che lavora sulle spiagge, vende abiti, fa treccine, e Sonia andava in giro con lei sotto al sole tutto il giorno." dice Teresa "così pian piano la tenevamo noi, un giorno, poi due, poi tre. Prima per qualche ora, poi la bimba era contenta e così la madre me l'ha affidata." Teresa e la sua famiglia fa vacanza a Scauri e tiene con sé la bimba, lasciando sua madre serena nel suo lavoro stancante e Sonia fa la bimba, con i tempi... suoi tempi. Gioca amata da Teresa e dai suoi figli. Tutta la spiaggia collabora e lei è allegra e sorridente passa di braccia in braccia, come ad una festa tutta per lei. La sera Teresa la riporta alla madre. Sonia piange, il più delle volte, perché vorrebbe restare con Teresa.
"ma lei è la madre" dice Teresa "é giusto che stia con lei la sera, a lavoro finito"
Una storia di solidarietà, una cura al contrario non un immigrata che cresce i figli della signora bianca al mare, ma una famiglia napoletana che gratuitamente cresce una bambina figlia di immigrati.
Questa storia é un esempio di amore senza confini e senza pregiudizi.
Carola Flauto
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Ogni volta che la politica manda a effetto una operazione contro la classe operaia, i primi a gioirne o, “meglio”, i primi a dare manifestazioni esteriori della loro contentezza non sono i “pezzi grossi”, commissari di polizia od ufficiali delle regie guardie o dei carabinieri, ma sono i più umili agenti, i più modesti carabinieri, l’ultima delle guardie regie. Sono cioè gli agenti del governo usciti dalle file del proletariato più arretrato, costretti a questo passo dalla miseria o dalla speranza di trovare, abbandonando il campo o l’officina, una vita migliore, dalla persuasione di divenire qualche cosa di più di un povero contadino relegato in un paesetto sperduto fra i monti, di un manovale abbruttito dal quotidiano lavoro d’officina. Questa gente odia, dopo averne disertato le file, la classe lavoratrice con un accanimento che supera ogni immaginazione. “Ecco le armi”, urlò trionfante non so se un agente investigativo od un carabiniere in borghese, scoprendo una rivoltella durante la perquisizione all’ “Ordine Nuovo”. E rimase stupito, spiacente che nonostante tutta la buona volontà non si riusciva a trovare nulla di compromettente per il nostro giornale. all’ “Ordine Nuovo”. E rimase stupito, spiacente che nonostante tutta la buona volontà non si riusciva a trovare nulla di compromettente per il nostro giornale. all’ “Ordine Nuovo”. E rimase stupito, spiacente che nonostante tutta la buona volontà non si riusciva a trovare nulla di compromettente per il nostro giornale. Pochi minuti dopo, un altro agente udendo uno scambio di parole tra il commissario ed un nostro redattore, esclamò: : “Finiremo per arrestarli tutti! Li arresteremo tutti!” A questo pensiero la sua bocca si aprì ad un riso tanto cattivo da sbalordire chiunque non sia abituato a questo genere di fratellanza umana. Ho compreso allora perché nelle caserme e nei posti di polizia, carabinieri, guardie regie ed agenti gareggino nel bastonare gli operai arrestati, nel rallegrarsi delle loro torture. E’ un odio di lunga data. Gli agenti dello Stato addetti al mantenimento dell’ordine pubblico sentono attorno a sé il disprezzo che tutta la classe lavoratrice ha per i rinnegati, per quelli che sono passati nell’altro campo, per i mercenari che impegnano ogni loro energia per soffocare qualsiasi movimento del proletariato. E al disprezzo del proletariato s’aggiunge quello di gran parte della borghesia che guarda con occhio diffidente tutta rinnegati questa puzza di questura. Perché? Perché questa è la sorte di tutti i mercenari: al disprezzo e all’odio degli avversari s’aggiunge quasi sempre il disprezzo dei padroni. Ed è naturale, è umano che nell’animo di questa gente mal pagata, che non sempre riesce a procurarsi quanto occorre per una vita piena di stenti e di privazioni e che si sente circondata da una barriera che la divide dagli altri uomini, che la mette quasi fuori dalla società, germogli l’odio, metta radici la crudeltà: odio contro quelli che prima erano i fratelli, i compagni di lavoro e che ora disprezzano con maggior forza, crudeltà che si esplica contro di essi sotto mille forme diverse. Così, arrestare un operaio è una gioia, un trionfo, bastonarlo e malmenarlo, una festa, rinchiuderlo in carcere una rivincita. Solo nel momento in cui essi tengono un uomo fra le mani e sanno di poter disporre della sua libertà, della sua incolumità, sentono di possedere una forza che in qualche momento della vita li rende superiori ai loro simili. La gioia di acciuffare un uomo non proviene dalla consapevolezza di servire la legge, di difendere l’integrità dello Stato: è una piccola bassa soddisfazione personale, è la gioia di poter dire: “Io sono più forte”. Quale altra gioia possono essi provare? Quanti di essi sono in grado di formarsi una famiglia senza che la vita di stenti diventi vita di patimenti? Non è forse vero che a molti di questi transfughi del proletariato la vita non riserva altre soddisfazioni che qualche umile offerta di una passeggiatrice notturna in cerca di protezione?
Noi li abbiamo visti pochi giorni or sono nella nostra redazione. Moltissimi, dall’abito, potevano benissimo essere scambiati per operai in miseria. E’ certo che erano umilmente, più che umilmente vestiti non solo per introdursi tra gli operai, per raccoglierne i discorsi, per spiarli, ma anche perché non potrebbero fare diversamente. E guardavano con gli operai veri, quelli che si dibattono tra la reazione e la fame e cercano affannosamente la via della liberazione. Essi comprendevano, sentivano che chi lotta è sempre superiore a chi serve. E quando hanno ammanettato i giovani che difendevano il giornale del loro partito il giornale della loro classe, il loro giornale, gli agenti hanno avuto un lampo di trionfo, hanno riso. Ma non era un riso spontaneo, giocondo. Era un riso a cui erano costretti dalla rabbia, dal disprezzo degli altri, dalla loro vita, dal destino a cui non potevano sottrarsi. Quel riso era la smorfia di Gwynplaine.
(A.Gramsci “L’Ordine Nuovo”, 30 agosto 1921)
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Aforismi e citazioni sul lavoro
Aforismi e citazioni sul lavoro Aforismi e citazioni sul lavoro, una raccolta di varie citazioni di autori famosi su una delle attività più importanti e spesso faticose della nostra società. La festa internazionale dei lavoratori si celebra il 1 maggio di ogni anno, una tradizione che continua ancora oggi in più di 60 paesi. Tutte le professioni sono delle cospirazioni contro i profani. George Bernard Shaw Il lavoro mi piace, mi affascina. Potrei starmene seduto per ore a guardarlo. Jerome Klapka Jerome Dobbiamo lavorare di meno, perché un uomo sfinito dalla fatica è costretto ad essere fedele alla propria moglie. Occorre del tempo, invece, per danzare, cantare, amare la propria donna e quella degli altri. Rajneesh Bhagwan Più desidero che qualcosa sia fatto, meno lo chiamo lavoro. Richard Bach È troppo difficile pensare nobilmente quando si pensa a guadagnarsi da vivere. Jean-Jacques Rousseau Tutti gli sventurati, tutti coloro la cui schiena brucia / sotto il sole feroce e che vanno, che vanno / con la fronte che scoppia in un lavoro infame. / Giù il cappello, borghesi. Questi sono i veri uomini. Arthur Rimbaud Lavoriamo senza pensare: è il solo mezzo per rendere sopportabile l’esistenza. Voltaire Il lavoro è uno sforzo diretto ad ottenere una remunerazione. Th. R. Malthus Si gusta doppiamente la felicità faticata. Baltasar Gracián Non voglio raggiungere l'immortalità con il mio lavoro. Voglio arrivarci non morendo. Woody Allen Si sa che il lavoro ha sempre addolcito la vita: rimane tuttavia il fatto che non a tutti piacciono i dolciumi. Victor Hugo Decise di cambiar vita, di approfittare delle ore del mattino. Si levò alle sei, fece la doccia, si rase, si vestì, gustò la colazione, fumò un paio di sigarette, si mise al tavolo di lavoro e si svegliò a mezzogiorno. Ennio Flaiano L'avidità è il pungolo dell'operosità. David Hume Al mondo non ci sono che due modi per fare carriera: o grazie alla propria ingegnosità o grazie all'imbecillità altrui. La Bruyère De, Jean Sto lavorando duro per preparare il mio prossimo errore. Bertolt Brecht E' impossibile godere appieno dell'ozio se non si ha un sacco di lavoro da fare. Jerome Klapka Jerome Il lavoro allontana tre grandi mali: la noia, il vizio ed il bisogno. Voltaire Occorre che un uomo muoia per divenire forza-lavoro. È quella morte che egli trasforma in salario. Jean Baudrillard Dopo tutto, l’intera storia del lavoro umano è una storia di resistenza all’organizzazione del lavoro, al potere politico, all’ideologia del lavoro. Vittorio Foa La grande maggioranza delle persone lavora soltanto per necessità e da questa naturale avversione umana al lavoro nascono i più difficili problemi sociali. Sigmund Freud Lavorare è meno noioso che divertirsi. Charles Baudelaire Intelligenza: quando ti accorgi che il ragionamento del tuo principale non fila. Saggezza: quando eviti di farglielo notare. Anonimo Per ridurre il costo del lavoro si potrebbe ritornare allo schiavismo puro, no! Carl William Brown Fa’ sempre qualcosa, di modo che il diavolo ti trovi sempre impegnato. San Gerolamo Alla fin fine, il lavoro rimane sempre il miglior mezzo per far passare la vita. Gustave Flaubert I consumatori ricercano la massima soddisfazione, i produttori il massimo profitto e i lavoratori devono lottare contro il massimo sfruttamento. Carl William Brown Spesso le grandi imprese nascono da piccole opportunità. Demostene Una persona che usa merci e servizi, senza produrre merci e servizi equivalenti, arreca al Paese esattamente lo stesso danno che arreca un ladro: in effetti si tratta proprio di un furto. G.B. Shaw Quando il caos è intorno a te, ricorda: quello che sopravvive alla storia è il lavoro dell'uomo. Anonimo Se il riposo non è un po' ancora lavoro, è subito noia. Jules Renard La riduzione della giornata lavorativa a un punto in cui la quantità del lavoro non impedisce lo sviluppo umano, è il primo elemento di libertà. H. Marcuse E noi qui in tuta a far la classe operaia, come dei pirla. Altan Non dimostrarti insostituibile; se non puoi essere sostituito, non sarai promosso. Anonimo Oggi anche il cretino è specializzato. Ennio Flaiano Tutti lavoriamo per arrivare al riposo: è ancora la pigrizia a renderci laboriosi. Jean-Jacques Rousseau La schiavitù umana ha toccato il punto culminante alla nostra epoca, sotto forma di lavoro liberamente salariato. G.B. Shaw Il lavoro non è altro che uno stupido sforzo per un inutile spostamento. Carl William Brown Siamo arrivati a un tal grado di imbecillità da considerare il lavoro non solo come onorevole, ma addirittura come sacro, mentre non è che una dolorosa necessità. R. de Gourmont Mani inanellate non sanno mungere vacche Mani nere e callose fanno pane bianco. Canto popolare lituano, XVIII sec. Noi viviamo nell'epoca in cui la gente è così laboriosa da diventare stupida. Oscar Wilde Il lavoro d'equipe è essenziale. Ti permette di dare la colpa a qualcun altro. Arthur Bloch Si sa che il lavoro ha sempre addolcito la vita: il fatto è che non a tutti piacciono i dolciumi. Victor Hugo Un uomo non è un pigro, se è assorto nei propri pensieri; esistono un lavoro visibile ed uno invisibile. Victor Hugo Erano in tre e si doveva eseguire un lavoro; il più forte decise che avrebbe diretto le varie fasi dell'esecuzione, il più furbo disse che avrebbe controllato il buon esito dell'operazione e al più debole non rimase altro che iniziare. Carl William Brown La paura della noia è la sola scusa del lavoro. Jules Renard Ogni volta che basta una sola persona per eseguire un compito con la dovuta applicazione, il compito viene eseguito in modo peggiore da due persone e non viene affatto eseguito se l'incarico è affidato a tre o più persone. George Washington I malvagi lavorano più duramente per andare all'inferno di quanto non facciano i giusti per andare in paradiso. Josh Billings La fatica rende le donne loquaci e ammutolisce gli uomini. Clive Staples Lewis Ad ogni periodo di attività deve seguirne uno di riposo. Mao Tse-tung Il frutto del lavoro è il più dolce dei piaceri. Luc de Clapiers de Vauvenargues Ogni abitudine rende la nostra mano più ingegnosa e meno agile il nostro ingegno. Friedrich Nietzsche L'uomo è l'unica creatura che consuma senza produrre. George Orwell Il lavoro duro paga nel lungo periodo. La pigrizia paga subito. Anonimo Il lavoro è il rifugio di coloro che non hanno nulla di meglio da fare. Oscar Wilde La vera libertà individuale non può esistere senza sicurezza economica ed indipendenza. La gente affamata e senza lavoro è la pasta di cui sono fatte le dittature. Franklin Delano Roosevelt Recessione è quando il tuo vicino perde il lavoro. Depressione è quando lo perdi tu. Panico quando lo perde anche tua moglie. Boris Makaresko Il lavoro è la maledizione delle classi alcolizzate. Oscar Wilde Vivere del proprio lavoro, una necessità; vivere del lavoro altrui, un'aspirazione. Alessandro Morandotti Lui non sa nulla e pensa di sapere tutto: tutto ciò fa pensare chiaramente ad una carriera politica. George Bernard Shaw Se fossi un medico, prescriverei una vacanza a tutti i pazienti che considerano importante il proprio lavoro. Bertrand Russell La religione ci rende inadatti ad ignorare la nullità e ci butta nel lavoro della vita. John Updike Non un giorno senza una riga. Plinio il Vecchio Lavoro è vita, lo sai, e senza quello esiste solo paura e insicurezza. John Lennon Non ci sono lavoro stupidi, è evidente... Ma ce ne sono di quelli che vengono lasciati agli altri. Miguel Zamacoïs Il lavoro è stato il primo prezzo che si è pagato per ognicosa ed è la misura reale del valore di scambio di ogni merce. Adam Smith Il Governo ha due doveri, quello di mantenere l'ordine pubblico a qualunque costo ed in qualunque occasione, e quello di garantire nel modo più assoluto la libertà di lavoro. Giovanni Giolitti Se fai il lavoro male, dopo magari non te lo fanno fare più. Bill Watterson L'etica del lavoro è l'etica degli schiavi, e il mondo moderno non ha bisogno di schiavi. B. Russel Gli errori, come pagliuzze, galleggiano sulla superficie: chi cerca perle deve tuffarsi nel profondo. John Dryden Una piccola quantità di denaro che cambia di mano rapidamente farà il lavoro di una grande quantità che si muove lentamente. Ezra Pound L'artista è niente senza il dono, e il dono è niente senza il lavoro. Émile Zola Essere uomo è un mestiere difficile, soltanto pochi ce la fanno. Ernest Hemingway Una macchina è in grado di lavorare come cinquanta uomini comuni, ma nessuna macchina può svolgere il lavoro di un uomo straordinario. Elbert Hubbard L'opera esce più bella da una forma ribelle al lavoro dell'artista: verso, marmo, onice, smalto. Théophile Gautier Dio mi perdonerà: è il suo mestiere. Heinrich Heine La differenza tra un intellettuale e un operaio? L'operaio si lava le mani prima di pisciare e l'intellettuale dopo. Jacques Prévert Sulla tematica del lavoro potete anche leggere: Umorismo nero e lavoro Scuola, ozio e lavoro Labor Day explained Aforismi sulle pensioni Aforismi sulle pensioni di C.W. Brown Aforismi per autore Aforismi per argomento Riflessioni e pensieri Saggi e aforismi Read the full article
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"Non riesco a staccare".
Molte persone sono talmente dipendenti dalla dopamina dell'iperattività, che non riescono mai a disconnettersi.
Dal lavoro alla palestra, o dalla produttività in generale.
Appena finiscono un progetto ne ricominciano subito un altro; appena raggiungono un obiettivo hanno subito fame di raggiungerne un altro.
Passano da una attività a un'altra senza soluzione di continuità.
Sono in un incessante flusso di contatto.
In gestalt, quando un ciclo di contatto è finito, c'è una fase successiva che viene chiamata ritiro dal contatto.
È quella fase in cui si stacca da ciò che abbiamo raggiunto o da un bisogno che è stato soddisfatto, e ci si ritira nella propria solitudine, o si sta nella gratificazione successiva al contatto.
Ma alcuni sono talmente drogati di azione, di fare, che non riescono a concedersi una pausa di riposo.
Poi ovviamente si lamentano ogni tre per due di sentirsi stanchi e sopraffatti dalla vita.
Tuttavia la realtà è che il solo pensiero di fermarsi, di staccare, di prendersi una pausa e di godersi un meritato riposo, li manda in ansia.
La paura dietro a tutto questo è di non valere nulla, di non essere nulla, se non si è nell'azione.
Se non si fa.
Molto spesso la radice di tale convinzione tossica risiede nelle dinamiche familiari.
I genitori spesso sono votati allo spirito di sacrificio e al fare a tutti i costi.
Sono legati profondamente all'idea per cui se non produci, se non fai, non vali nulla, e al fatto che l'essere, il valore inconzionato, debba essere svalutato.
È paradossale che le emozioni e i bisogni del bambino, fossero anche quelli di provare piacere o riposarsi, vengano svalutati, e invece venga innalzato a ideale il fare anche a costo di autodistruggersi.
Così da adulti non riusciamo a stare fermi, a goderci un attimo di riposo, un momento di festa, perché ci sembra tempo sprecato.
Ci sentiamo in colpa se lo facciamo.
Ci massacriamo se non facciamo nulla.
La società capitalistica ovviamente alimenta questo meccanismo, quando invece la strada corretta sarebbe quella di lavorare di meno e aumentare il tempo per divertirsi e rilassarsi.
Di aumentare le pratiche contemplative dedicate al riconoscimento della bellezza, al piacere e al relax.
L'altra conseguenza del non riuscire a staccare, è quella di non poter mettere in primo piano ciò di cui abbiamo davvero bisogno.
Il ritirarsi, dopo aver soddisfatto un bisogno o realizzato un obiettivo, fa sì che ciò che si è appreso nel contatto venga integrato, e dallo sfondo si stacchino nuove figure, nuovi bisogni e obiettivi.
Se ce ne sono, e se c'è l'energia sufficiente per farli emergere.
Ma se si è sempre in azione, sempre alla ricerca famelica del contatto, lo sfondo è talmente confuso e pieno zeppo di roba che l'attenzione viene continuamente catturata da una serie di stimoli, senza soluzione di continuità.
Tutti gli stimoli sono uguali, perché lo sfondo dal quale si stagliano è sempre pieno, non avendo mai potuto svuotarsi tramite il ritiro, e quindi la persona non riesce a concentrarsi su nulla, o peggio ancora non riesce a stare senza fare nulla.
Se gli si propone di ascoltare le proprie viscere o il proprio respiro, va in ansia e comincia a parlare, a muoversi sulla sedia, ad agitarsi.
Il lavoro da fare è quello di decostruire i propri introietti familiari, quelli per cui se non si fa non si è degni di stima, e stabilire dei solidi e al tempo stesso flessibili confini del sé, capaci di aprire al ritiro dal contatto, chiudendo in questo modo ogni singola esperienza appena trascorsa.
Omar Montecchiani
#quandolosentinelcorpodiventareale
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Un riassunto degli ultimi mesi (o forse dovrei dire anni)
Ancora deve finire l’estate ma già penso all’anno nuovo. Ormai sono entrata anche io nell’ottica che l’anno nuovo, vero e proprio, cominci a settembre. Credo che dovrò abituarmi a questo nuovo tipo di visione come ogni disperato che ha a che fare con la scuola nella sua vita. E così mentre compro la crema doposole per le ferie che ancora devo neanche iniziare, mi trovo a prendere anche l’agenda per i nuovi mini-babbani dell’anno 24/25. Comincerò a lavorare il giorno dopo il mio ultimo giorno di vacanze, scelta traumatica, non desiderata, ma obbligata. Gli anni scolastici iniziano sempre prima, l’anno scorso il 4, quest’anno il 2, ma che ca.
Ho molta paura pensando a quello a cui andrò incontro, l’anno scorso ero inesperta e mi buttai a capofitto in un’esperienza nuova, piena di entusiasmo. Entusiasmo che mi hanno smorzato subito, per carità, perché era un ambiente super tossico. Ma ormai esistono ambienti lavorativi che non lo sono? Comunque sia andata (altri traumi su traumi che non supererò ma magari ne parliamo un’altra volta) questo anno mi ha donato la famosa “esperienza” e ora che so quello a cui vado incontro, non ho l’entusiasmo di prima, ma solo paura. Sarà un ambiente più grande del precedente, con colleghe più antipatiche e maligne di quello precedente, con regole più severe di quello precedente. Mi mancherà Maria, mi manca già adesso che non ci vediamo tutti i giorni come prima, lei è stata il regalo più grande. Mi mancheranno le gemelle che rimpiango ancora adesso ogni giorno, anche se abitiamo a 100 metri di distanza. E poi basta, non mi mancherà più niente perché ho lottato con le unghie e con i denti per andarmene da quel cesso di posto. Ma questo non mi impedisce di cagarmi sotto ora. Spero solo che i guadagni siano più alti e varranno i sacrifici, altrimenti vorrà dire che si ripresenterà di nuovo la frustrazione di prima, e io un altro anno così non lo reggo.
Il 2023 è stato un anno pessimo e con la malattia di mia madre non mi sono goduta né la proclamazione né la festa di laurea. Dopo in effetti, non pensavo di trovare lavoro nell’ambiente scolastico così presto. Semplicemente il primo sabato di settembre ho fatto il colloquio, il lunedì ero già dentro. Ma solo perché lì erano disperati, non per merito mio. Da settembre a marzo ho lavorato 12 ore al giorno, mi alzavo alle 7, andavo al lavoro alle 8, tornavo da scuola alle 2, cominciavo il doposcuola alle 3, finivo alle 8, mangiavo, facevo i piatti, alle 10 crollavo sul divano senza neanche mettermi a letto. Mia madre mi guardava storto tutto il tempo perché non solo non ero presente quando lavoravo, ma neanche il resto della giornata (dovrei dire serata). Un po’ l’ho fatto anche per disintossicarmi da loro, stare a contatto con mia madre e mio padre h24, da quando mia madre ha smesso di lavorare, è stato un altro elemento deteriorante per la mia psiche. Quando c’era il mio fidanzato nel weekend facevo il borsone e me ne andavo a casa sua, la sera uscivo. Ma facevo fatica a fare anche quello, la vita sociale per me era un sacrificio, dovevo calcolare anche il tempo materiale per farmi uno shampoo. Nel frattempo è tornato mio fratello qui ma non è cambiato molto, non mi ha alleggerito dai pesi familiari. Continuavano gli esami, le scadenze, le visite di mia mamma e tutto il resto. So che arriveranno altri tempi così, che non sono finiti, ma ripensandoci, e con la voglia di lamentarmi fino al 2032, è stata davvero dura. Da marzo ho allentato un po’ la presa, non per mia scelta, ma è stato un bene. Da scuola ho iniziato ad uscire alle 4 e la sera davo qualche lezione quando capitava, ma niente di fisso. Ci ho perso molto economicamente ma ci ho guadagnato di salute mentale. Ad aprile è successo un altro evento traumatico che speravo proprio di non rivivere ma è stato un altro punto di svolta.
Da giugno in poi ho cambiato idea 50 volte sul mio futuro, prima ho dato conferma a quella scuola per restare, anzi l’ho chiesto proprio io, poi all’improvviso, e con una grande mossa scorretta (devo ammetterlo, ma se lo meritavano) e ho mollato tutto per un’altra scuola. Luglio è stato devastante, lavorare con quel caldo, all’aperto, senza un filo d’aria, mi ha portato a stare male fisicamente. Credevo fosse chissà cosa invece poi da quando ho smesso di lavorare non avevo più niente. Ho somatizzato con giramenti di testa, narcolessia, affanni vari, dolore in petto, schiena bloccata per settimane, intrattabilità e voglia di buttarmi da un burrone. In tutto ciò fingevo simpatia e non curanza con le nuove colleghe (tutte un dito in culo, comprese le bidelle) giusto per non farmi riconoscere e farmi cacciare il secondo giorno, dopo tutto il sacrificio che stavo facendo.
E ora eccomi qua, 16 agosto e con il solito caldo asfissiante, aggiungo qualcosa al carrello su Shein e su Amazon, guardo borse e collane, leggo qualche pagina, guardo qualche serie che non mi piace, riguardo film che avevo visto anni fa e non ricordavo. Mi ricordo che ho questo blog da decenni e mi ritrovo a scrivere digitalmente, infatti mi fanno male le dita. Da circa un anno avevo iniziato un diario cartaceo vero e proprio, era un modo per sfruttare i vari quaderni comprati negli anni, la cancelleria, e perché tutti dicono faccia bene. A me scrivere ha sempre fatto bene, ma non guarisce (ma va?). Ho iniziato il diario più che altro per tenere traccia della malattia di mamma ma è diventato uno sfogatoio per varie vicissitudini quando ne avevo il tempo. Altrimenti urlavo e basta: più rapido ed efficace. Ho comprato la Valeriana sperando non mi faccia effetto cavallo (ovvero dormire dopo 5 minuti) sperando calmi i miei attacchi d’ansia. Nell’ultimo mese ho avuto un paio di attacchi di panico, non si presentavano da molto e credo siano stati il risultato dell’accumulo del nervosismo degli ultimi 10 mesi. Ovviamente si presentano quando la vita si ferma e quando mentre sei in affanno per qualcosa. L’ansia ti bussa sempre quando te la dimentichi. Per calmarmi ho pensato ad Inside Out e a quanto fosse descritto bene quel momento. Ad ogni modo, mi ha aiutato. In questi momenti mi dispiace sempre molto per chi mi sta vicino, capisco che è una cosa difficile da gestire per chi non è abituato. Neanche io mi abituerò mai, quindi figuriamoci. Almeno adesso so che non dipendono solo da una persona sola, prima li attribuivo solo a dei momenti precisi della vita, adesso almeno mi sono autodiagnosticata l’ansia e basta, ne soffro, amen. Questo mi impedisce di vivere serenamente? Ovvio. Ogni tanto mi motivo da sola e mi dico che sono forte a superare tutto ciò ma la realtà è che mi sento solo un peso per me stessa e per gli altri. Sono ancora quella che legge, scrive, corregge. Faccio polemica e rido. Mi arrabbio e sbraito. C’è mai qualcosa che mi farà mai trovare pace nella vita? Non credo.
#questo è rimasto l'unico posto dove non si possono fare le storie e la cosa non mi aggrada#personal luciacl#ansia#attacchi di panico#scuola#insegnamento#no reblog
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Che la povertà sia in piazza e che la piazza sia in lotta
La nostra povertà non sarà vergogna, ma rabbia. La nostra rabbia non sarà liturgia vuota. Il nostro dolore non sarà solitudine, ma comunità.
❤️🔥24 dicembre, h 20.30 cena povera in piazza
❤️🔥60esima veglia della Comunità dell’Isolotto
❤️🔥infine a mezzanotte (in un luogo della città...di botto): unisciti al brindisi dei senza stipendio, dei senza lavoro, di chi è precaria/o, cassaintegrata/o. Vieni con noi...
E’ incredibile la capacità di questa società di invisibilizzare il dolore e il disagio sociale. O magari di renderlo per un attimo soltanto, rito, commemorazione vuota, minuto di silenzio.
Negli ultimi 15 mesi in questo paese ci sono stati più stragi sul lavoro che negli ultimi 10 anni. In 15 anni, i poveri assoluti sono più che triplicati (da 1,5 milioni a 5,5 milioni). 5 milioni rinunciano a curarsi, 3 milioni sono precarie/i. Come se una intera regione con più abitanti della Toscana, fosse diventata povera. Nel silenzio.
Mentre si restringono le libertà democratiche, nel nome della sicurezza, l’insicurezza è globale: emergenza climatica e guerra bruciano il pianeta.
Poi arriva il Natale o più genericamente: le feste. Con quel mix tossico tra buone intenzioni e consumismo.
Per noi, operaie/i ex Gkn, Natale vuol dire che ce l’hanno fatta:
hanno trovato il modo – tavolo dopo tavolo, chiacchiera dopo chiacchiera – di tenerci 12 mesi senza stipendio.
E anzi, il “loro” calcolo è proprio di farci crollare nella frustrazione delle ennesime feste, che feste non sono. Nella frustrazione psicologica del nostro Cud da zero euro. Della “normalità” che non possiamo offrire “in occasione delle feste” ai nostri affetti.
E allora ribaltiamo tutto, anche il “senso” dominante della “festa” e persino della liturgia. E lo facciamo con chi lo fa da 60 anni, qua, sul nostro territorio. Con chi da tempo si è fatto comunità.
🤝 24 dicembre, h 20.30. Piazza dell’Isolotto, Firenze. Cena povera. Che la povertà sia in piazza e che la piazza sia in lotta.
🤝 A seguire 60esima veglia dell’Isolotto. Esattamente 50 anni fa, questa stessa veglia era dedicata all’ “unità dei lavoratori contro la crisi”. Siamo storia che continua.
🔥 E infine, contro ogni tentativo di invisibilizzare, 🔥 ci ritroviamo a mezzanotte, (in centro...) , per un brindisi alla lotta che verrà. Perchè senza lotta, non ci sarà futuro.
#insorgiamo
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“ I giovani d’oggi non vogliono lavorare, né fare sacrifici”
Quante volte abbiamo ascoltato questa frase? Analizziamola insieme. L’Italia non è un Paese che permette di poter camminare autonomamente con le proprie gambe. Viviamo in un luogo in cui la presenza dello Stato pur essendo dominante ed eccessiva fino ad opprimere con il pagamento delle tasse, non è tuttavia giustificabile dato il modo in cui vanno le cose. Si studia per poi inaugurare un’altra carriera accademica perchè post laurea lavora il 30% della popolazione; la maggior parte dei laureati deve inventarsi un secondo lavoro -quasi mai attinente al piano di studi conseguito-per tirare a campare, chi invece non ha titoli deve trovare il modo di fare soldi ugualmente perché anche per pulire i banchi -come avviene nel caso del famoso personale ATA-servono attestati che diano punteggio. Per non parlare di coloro che si sono trovati a cavallo tra la vecchia e nuova riforma, come mia madre. Di chi sostanzialmente ha lavorato una vita sperando in una pensione decente e si è ritrovato con un pugno di mosche grazie alla Fornero. Se poi vogliamo continuare il discorso, c’è da dire che anche chi vuole lavorare non ha possibilità di compiere alcunché dal momento che nessuno stipula contratti e mentre gli ausiliari del traffico vanno in giro a fare multe , esercitando sempre più controllo, l’illegalità dei pagamenti a nero che si svolge sotto i loro -attenti- sguardi , va eclissandosi sempre più. Oggi si porta il famoso tirocinante , il povero cristo che svolge un impiego full time pagato a stento 600€, e questo sempre perché lo Stato interviene. In sostanza di sacrifici se ne fanno anche troppi, ma cadono tutti nel vuoto perché sottolineo l’Italia non è un luogo in cui la parola indipendenza è fattibile. Si arriva a quarant’anni senza un’occupazione , a trenta con figli che crescono h24 dai nonni perché il costo della vita è caro e la paga non basta, si giunge al punto di svolgere due attività poiché non esiste il concetto del fare carriera e progredire. Non è che i giovani non vogliono fare niente , la vera domanda è “Che cosa si può fare in una realtà simile?” ;non sussiste qualità della vita e chi purtroppo ha le possibilità economiche per poter andare avanti , le spreca in vizi e vanità senza mettersi neanche due secondi nei panni dell’altro. L’Italia è il Paese perfetto per non lamentarsi e rimanere imbambolati di fronte alla televisione mentre tutto va a rotoli, questo è certo. In cui fa comodo non alzare il sedere dalla sedia per cambiare le cose. Del resto com’era quel detto ? quando è per tutti è mezza festa, “normale”.
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Vi capita mai di osservare le persone che avete intorno?
Stamattina,complice un raggio di sole incerto,sono uscita presto e piuttosto imbronciata.
È vero che il telefono risucchia le attenzioni della massa, dappertutto scrollano le notizie o i social,fanno selfie o foto più o meno interessanti.. vabbè siamo a Venezia!!
Mia zia ha superato i 70anni e cammina spedita,senza sentire stanchezza alcuna e guarda ogni scorcio,ogni negozio con gli occhi pieni di curiosità. Non ha bisogno di fare fotografie. Vive.
Sale sulla gondola con un saltello aggraziato,si accomoda sul sedile come se fosse abituata a farlo ogni giorno. Al contrario di me,che piombo impacciata e anacronistica come un macigno.😅
Ho visto più cose con lei,che non tutte le volte che ci sono capitata per lavoro.
Abbiamo scovato trattorie nascoste,dove il vino era sublime e il cibo ancora meglio. E siccome lei possiede un fascino di cui sono sprovvista, siamo invitate ad una festa in maschera,organizzata in fretta e furia,in onore dell'estate morente.
Sono estasiata! (人*´∀`)。*゚+❤️
#mia zia è un mito
#venezia
#avventure
#byronnightisback
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diario del giorno
• appena rientrato a casa chissà come mi sono convinto di fare alcune cose da adulto. ho sistemato nell’armadio tutti quei vestiti che negli ultimi giorni avevo accumulato sia sulla sedia sia sul cesto dei panni sporchi. qualcosa mi costringeva a non rimetterli via ma ero comunque spinto a piegarli in modo ordinato. ho addirittura cucinato il pranzo da portare a lavoro domani, poiché già so che domani mattina non avrò tempo di mettermi ai fornelli. non ho ancora messo in coppia i calzini tolti dallo stendino qualche giorno fa, perché sembra un lavoro meticoloso che sento di non avere le energie per fare. colpa anche della delusione dell’ultima volta, quando un calzino era rimasto solo.
• ci sono rimasugli di noi ovunque e io vorrei soltanto poterli raccontare così come li ricordo, quando mi ritornano in mente bell’e buono, senza la paura di annoiare chi mi ascolta. ho ricordato improvvisamente che nel ripiano in cucina ci sono ancora i biscotti che avevamo comprato insieme per quando avremmo avuto fame nei pomeriggi che avremmo passato a casa. vorrei rivederci quel giorno, durante la scelta dei biscotti giusti davanti lo scaffale del supermercato e ritrovare l’espressione del nostro amore bello e ingenuo.
• ripenso a un bambino che ho servito oggi, un cosino alto così che sembrava assai sveglio. mi parlava direttamente e non tramite i genitori come fanno quasi tutti i bambini, bisbigliandogli i gusti dei gelati perché li dicano a me. questo no, mi ha detto i gusti in modo deciso, mentre la mamma faceva altro al cellulare. mentre gli porgevo il gelato ho notato che aveva un cartellino sul petto con su scritto “ciao, mi chiamo matteo”, forse rimasto lì dopo una festa. così gli ho detto, “goditi il tuo gelato, matteo”. lui mi ha guardato sorpreso, era incuriosito e non spaventato. mi ha chiesto “e tu come fai a sapere il mio nome?”. la mamma è scoppiata a ridere. mi sono piegato sul banco e gli ho bisbigliato “sono un mago”. un bambino così sveglio eppure così teneramente scemo. spero comunque che la mamma gli abbia detto il trucco, altrimenti avrò creato un trauma nel piccolo matteo. poi è tornato per chiedermi dell’acqua e mi ha detto che il gelato era buono.
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