#noi x cass
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Seconda cessione di sofferenze per Cassa Centrale Banca
Vale 67 milioni la seconda cessione di sofferenze che ha visto 26 banche, di cui 24 BCC e Casse Rurali del Gruppo Cassa Centrale e 2 banche popolari. L’operazione è avvenuta sulla piattaforma BlinkS. NPL X Si tratta della seconda cessione multioriginator a seguito dell’accordo del marketplace del Gruppo Prelios con il Gruppo Cassa Centrale: la prima è stata perfezionata nel corso del 2022. Il valore della cessione NPL X, questo il nome dell’operazione, ha un GBV (gross book value) complessivo di circa 67 milioni di euro ed è stata gestita in modalità true sale (pro soluto) sulla piattaforma BlinkS. La partnership Cassa Centrale - Blinks «La scelta della Capogruppo di ricorrere alla Piattaforma BlinkS per la cessione dei portafogli o posizioni “single name” si sta rivelando, a oggi, vincente – afferma Fabio Pansini, Senior Specialist nell’area derisking della Direzione Credito in Cassa Centrale Banca. I processi si sono snelliti, i valori di cessione, grazie all’asta competitiva, assicurano prezzi in linea con le aspettative degli utilizzatori e i costi di strutturazione si sono sostanzialmente annullati e ciò a beneficio delle Cedenti». Due diligence e supporto agli investitori Il marketplace ha gestito la raccolta dei loan data tape, la normalizzazione dei tracciati e la stratificazione dei portafogli. Inoltre ha supportato gli investitori nella due diligence, nella gestione dell’intero processo competitivo di assegnazione del portafoglio e ha seguito a investitore e master servicer dopo l’aggiudicazione. «NPL X conferma che BlinkS è in grado gestire portafogli di qualunque dimensione e generati anche da molteplici Originator. Questa flessibilità riconosciuta ai Seller, da un lato, e dall’altro la standardizzazione e gestione strutturata dei dati, nonché il processo binding che garantisce efficienza, trasparenza e minimizzazione dei costi, sono fattori sempre più apprezzati dal mercato che continua ad affidarsi a noi – commenta Gabriella Breno, Amministratore Delegato di Prelios Innovation, la Società fintech del Gruppo Prelios che ha sviluppato BlinkS. Il riconoscimento da parte dei nostri clienti e l’apprezzamento sia per la piattaforma che per competenza del nostro team sono per noi la più grande soddisfazione e il fattore chiave per costruire partnership durature». Read the full article
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Non lo capirò mai.
Ci sono cose in questo paese che non capirò mai, come per esempio il fatto che nelle pubblicità e negli annunci chiamano i fast food (macmerda, burger shit, ecc ecc) ristoranti, c'è un abisso tra la ristorazione e il cibo spazzatura (quello è), alcuni esempi : i fast food sono luoghi dove consumi o porti via cibo molto velocemente, lo dice la parola stessa fast food, mentre il ristorante è slow food perché ti siedi, ordini, aspetti, mangi, ecc ecc; altra cosa in un ristorante hai i camerieri, in un fast food no hai addetti al bancone; nel fast food servono panini, si ok negli anni si sono sperimentati per dare altro ma basicamente sono panini (di dubbia salubrità), mentre nel ristorante il menù è variegato da piatti di diversa natura; altra cosa al fast food mangi su un vassoio e senza posate, al risto mangi sul piatto. Potrei continuare, la questione è nella pubblicità ingannevole, se mi dici che è un ristorante e io sono ignorante in materia dico :"Vado al ristorante a mangiarmi hamburger e patatine", va bè che oramai anche al ristorante ti fanno l'hamburger, certo molto diverso magari più salutare (forse), ma fatto sta che sta cosa non la capirò mai. Altra cosa è sulla musica, si ok qua hanno avuto una gap di 47 anni dovuta all'URSS ed erano in piena dittatura che vietava categoricamente qualsiasi cosa venisse dall'occidente, musica compresa, anche se qualcuno mi ha detto che in realtà bastava non fare musica americana o inglese, quindi niente rock and roll e tutto quello che c'è stato fino alla fine degli anni 70 quando qualcuno inizio a spacciare (proprio come una droga illegale) musica occidentale incisa sulle lastre dei raggi X, eh si proprio così, da li nacquero band di protesta punk che rischiavano di brutto e ci sta, ma resta il fatto che molta della musica che noi ci siamo ascoltati qua la sconoscono e sono partiti dagli anni 90, dove c'erano i nirvana (chi mi legge sa che per valgono come il due di picche quando la briscola è a oro), i metallica, band diciamo mainstream, red hot, e tutti quelli che erano in bella vista in quel decennio compreso il maleodorante (già all'epoca) nu-metal. Questa cosa porta gli estoni, non tutti ah, ah non avere idea degli stili musicali, esempio : spacciano per garage rock band punk, c'è una differenza incredibile, oppure se parli di rock ti fanno esempi di band che non sono rock, solo perché c'è la distorsione non è detto che sia rock. Va bè, andiamo avanti.
Oggi leggendo le notizie mi è saltata all'occhio quella che dice che 3 albanesi importavano cocaina dall'olanda, e il governo attuale è contro ogni tipo di droga illegale, tanto che c'è il disegno di legge che se ti trovano con una canna, una, ti fai 5 anni di galera per direttissima. Allora, ho sempre pensato che i trafficanti che venivano beccati in Italia è perché non fanno parte di quelle mafie colluse con la politica (o dovrei dire il contrario, ma tanto il risultato non cambia), quindi sono nemici degli amici dei politici e vanno arrestati perché solo le mafie autorizzate possono importare e distribuire droghe illegali nel nostro territorio, che merda.
Va bè, tanto in Germania è cambiata la musica, sembra che legalizzeranno, se l'anno scorso si parlava di auto-coltivazione legale, ieri in un articolo si parlava di legalizzare anche a scopo ricreativo, il che apre un nuovo scenario in Europa, molti paesi pendono dalle labbra dei tedeschi perché li vedono come una forza economica, qua in Estonia li amano proprio, chissà che non ci scappi anche solo la coltivazione così magari mi evito di spendere soldi inutili per semi che mi vengono sequestrati, i semi non contengono nessuna sostanza psicotropa, ma possono dare vita alla pianta che è illegale. Vedremo, sperando che gli yankee non dicano nulla su sta cosa, perché alla fine è sempre un introito economico grosso, se si guardano i numeri negli USA dopo la legalizzazione si può capire il volume di entrate nelle casse dello stato in termini di tasse e poi diciamo pure che nonostante la Germania oramai sia fuori dal turbine nazista agli yankee sta un pò sul cazzo, ricordate il tubo?
Dopo questo vado a suonare.
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Can’t Live Without You
Pairing: Cassian x reader
Summary: You want a child...
Your life was good, For the first time in nearly a century, it was good. You had a mate who loved and adored you more than anything, friends who cherished you, the world wasn’t shitty, everything was…calm. Cassian never failed to tell, and show, you how much he loved you, you never wanted for anything. But as time went on, you couldn’t help but feel like there was something missing, a piece of your puzzle that you had yet to find.
Perhaps it was that primal female desire, perhaps it was just something that you wanted, but you’d finally put your finger on it. You wanted a child. Children were rare, yes, and you knew it might take years to conceive, but the thought of a little Cassian, a child with your hair and his beautiful hazel eyes? It was too good to imagine. You’d pondered over how to tell your mate of your want, dozens of kitschy, cheesy ways to tell him flowing through your mind. But in the end, you decided to just tell him.
“No.” Cassian’s reply had been swift and firm, with no room for debate. “Cassian, won’t you even consider it?” “No,” he repeated, trying to step past you, but you slid into his path. He was far larger than you, but something in your gaze made him halt, his wings drooping. “Just picture it, Cass,” you said, taking his hand. “A little boy who has your eyes, a little girl with my hair. Don’t you want that?”
Your mate squeezed his eyes shut, unspoken thoughts passing through his mind. “Of course I do, Y/N. But the answer is no.” He stepped past you then, and you huffed. “Then why won’t you even discuss this with me?! Do you not want to have a child with me?” Do you not find me attractive? Do you not want me anymore? That was what you thought, privately, but your shields were down, and your mate heard every word. Cassian whirled, immediately taking both of your hands in one of his.
“Never think such things, my love,” he said, letting out a soft growl. “You are and will always be the most desirable female I have ever met, and I will always want you. But…no. No, we can’t.” Tears were building behind your eyes, from sadness and frustration. “Why, Cassian? Why can’t we have a baby?” Your mate breathed deeply, leading you to sit down, knowing that what he was about to say would shock you.
“Because it would kill you.” Cassian then explained to you why there were so few half-Illyrains, how their females’ pelvises were specifically shaped to accommodate winged babies, and how when a non-Illyrian female attempted to deliver a winged child, both lives were often lost. “The baby would either get stuck within you or tear you, causing you to bleed out. No healer could save you or the baby.”
You could only look at Cassian, his face pained, his hand still clasping yours. “I didn’t know,” you breathed, and your mate squeezed your hands. “I can live with never having a child of our own, but I could never live without you. My mate, my love, if you died, I couldn’t go on. You are my entire world, and if it takes never having a baby with you to keep you alive and well, then….then i can live with you being upset with me forever. As long as you’re alive.”
Cassian was crying now, and you reached to wipe his tears. You sent a feeling of love and reassurance down the bond, and your mate shuddered. “Cassian, my love, I understand. I didn’t know that having a baby with wings would kill me, I thought…Mother I don’t know what I thought. I’m not upset, Cass. A little sad, yes, but noy upset.” Your mate pulled you into his lap, inhaling your scent deeply, holding you tight to his chest.
“I love you, Y/N, so much. And I will do whatever I can to make you happy. Just…just not this.” You nodded, letting Cassian take comfort in your embrace. “You know,” you said, a thought forming. “I don’t have to carry a child for them to be ours.” “What are you saying, darling?” You shifted so you could look at Cassian, once more taking his hand. “I’m saying that there are so many children here in Velaris and in the Illyrian camps that don’t have parents. We could adopt.”
Cassian contemplated for a moment, then he smiled. “That’s a wonderful idea, Y/N,” he said, pressing a gentle kiss to your lips. So many females had met the same fate as his mother, leaving their children orphans. If he could help just one of them, give them a happy, loving home, he would feel fulfilled. “You will make a wonderful mother.” “And you will make a wonderful father.”
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11 Gennaio 1945: Cattura di Piero Pinetti
Nato il 3 dicembre 1924 a Genova.
Di professione meccanico, assunto presso l’Ansaldo di Sampierdarena (GE).
Membro del partito comunista clandestino, dopo l’armistizio partecipa alla lotta di liberazione impegnandosi, almeno inizialmente, in diversi compiti organizzativi.
Entrato nelle fila della 175ª Brigata Garibaldi SAP (poi Brigata Guglielmetti, dislocata a Genova-Val Bisagno), nell’agosto del 1944 ne diventa il vice-comandante. Caduto in una trappola tesagli da alcuni elementi della X Mas, che gli danno un falso appuntamento per un rifornimento di armi, Pinetti viene arrestato in via Bobbio, a Genova, l’11 gennaio 1945.
Imprigionato nelle carceri cittadine di Marassi, il 29 gennaio viene processato e condannato a morte dal tribunale militare straordinario, riunitosi a Palazzo Ducale. All’alba del 1º febbraio 1945 viene prelevato dalla cella e condotto presso il Forte Castellaccio, un antico bastione situato nell’entroterra della provincia di Genova, dove viene fucilato dalle Brigate Nere assieme a Sabatino Di Nello (Pietro Silvesti), Alfredo Formenti (Brodo), Angelo Gazzo (Falco), Luigi Achille Riva (Foce) e Federico Vinelli (Ala-Seri), tutti partigiani condannati a morte e detenuti nel penitenziario di Marassi.
Il seguente racconto, tratto dal giornalino “Il Quartiere”, è stato narrato dalla signora Ida Folli:
“Quel mattino del 1^ febbraio 1945 una nebbia fitta e densa permetteva di vedere a pochi metri di distanza; erano circa le sei quando venni svegliata da alcuni colpi battuti alla porta di casa. Erano le Brigate Nere che volevano sapere dove fosse l’ingresso del Forte Castellaccio; mi portai sulla strada per indicarglielo e notai che vi erano alcuni automezzi fermi con il motore acceso che invertirono poi il senso di marcia e ridiscesero. Circa un’ora e mezza dopo, come di consueto, mi avviai per la strada che scende al Righi per recarmi al lavoro ma, giunta sull’ultima curva prima del ponte levatoio, venni fermata dalle Brigate Nere e invitata a tornare indietro.
Mentre discutevo con costoro per vedere di riuscire a passare e proseguire, le grida di un giovane che invocava la mamma mi fecero ammutolire e trasalire; subito dopo alcune raffiche di mitra soffocarono quelle invocazioni. I colpi isolati che seguirono furono più eloquenti e mi fecero capire cosa stava succedendo.
Non contai più il tempo e quando mi fecero proseguire, stavano caricando le casse funebri precedentemente allineate ai margini della strada sui terrapieni dopo il ponte.
I soldati del Comando dell’Artiglieria della Repubblica Sociale Italiana, alloggiati nel Convento delle Suore Crocifisse sfollate a Stazzano (AL) , avevano fornito loro le sedie prese in chiesa e servite per i condannati a morte, e adesso le riportavano indietro. La nebbia aveva impedito loro di trovare l’ingresso del Castellaccio e così, con il servizio ausiliario di becchini, i soldati fucilarono i Partigiani sotto il ponte levatoio. Se fossero entrati nel Forte, sedie e becchini li avrebbero forniti molto probabilmente i Risoluti o i Bersaglieri.”
LETTERA DI PIERO PINETTI ALLA MADRE
“Genova 29 gennaio 1945
Carissima mamma,
quando tu leggerai queste
mie ultime righe il mio sangue avrà forse da
un pezzo smesso di circolare nel mio corpo.
L’ultima volta che ti vidi mi dicesti di farmi coraggio e mantenendo fede alla parola data vado incontro alla morte senza paura e senza sgomento.
Ti riuscirà forse difficile comprenderlo, ma sappi che chi ha reclamato il frutto del tuo sangue e chi lo ha giudicato, sono stati gli uomini.
A parer mio tutti gli uomini sono soggetti
a fallire e non hanno perciò diritto di giudicare
poiché solo un ente superiore può giudicare tutti
noi che non siamo altro che vermi di passaggio su questa terra.
Ciò che ho fatto è dovuto al mio fermo carattere
di seguire un’idea e per questo pago con
la vita come già pagarono in modo ancora più
orrendo ed atroce migliaia di seguaci di Cristo
la loro fede.
Io ho creduto in questo, sia giusto o sbagliato,
ed ho combattuto per questo fino alla fine, non negandolo a nessuno. Con questo non posso far altro che dirti di combattere il dolore che ti ho causato e di perdonarmi se ti riesce nella possibilità di farlo.
Ti prego di rimanere calma e di non lasciarti battere e di non pensare a combinare sciocchezze
poiché allora implicheresti la tua stessa esistenza ed allora la sventura verrebbe duplicata.
Devi adattarti al pensiero che io avrei potuto mancare a te, in migliaia di casi, di malattia, al fronte, ecc. Come vedi il fato era diverso la sorte sempre la stessa. Tu sai che in vent’anni io ho avuto molto a che fare con la vita ed ho avuto pure dei profondi abbattimenti morali tanto che in questi momenti la vita mi pesava.
Con ciò non voglio dirti di perdonarmi del dolore e dell’ingratitudine che ho avuto per te.
Ricordati però che ciò nonostante non ho mai cessato di amarti e di ricordare ciò che hai fatto per me.
Con questo ti invio un aff.mo bacio come ultimo
ricordo del tuo carissimo figlio
Pinetti Pietro”
LETTERA DI PIERO A MARIA
“Genova 29 gennaio 1945
Pinetti Pietro
Signorina Cappellotto Maria
Via Ponte Carrega 7/6
Carissima Maria,
come immaginerai chi ti scrive per la
prima e l’ultima volta è Piero.
Come vedi, attendo di ora in ora la fucilazione per reati politici. Voglio che tu comprenda da queste mie
poche righe che un ultimo pensiero come lo rivolgo ai miei genitori ed alla zia lo rivolgo anche a te.
Credo capirai quanto ti ho rispettato e non abbia mai disperato sull’avvenire. Vorrei che dessi con questo un ultimo sguardo all’affezione che ho avuto per te per comprendere quanto abbia potuto amarti. Oggi non spero più, ho seguito una strada che mi ha condotto alla tomba e che non mi ha permesso neppure di rivederti, come non rivedo da 19 giorni i miei cari parenti. Ricordati che tu sei stata sempre e nonostante tutto la mia più cara e testarda amica, che ha fatto tanto fantasticare il mio povero cervello, e che perciò a te sola, di tanti scrivo.
Non so se tu proverai un sincero dolore per questa disgrazia che strazierà il cuore della mia povera mamma, ed è per questo che ti prego di cercarla, e cercare di farla dimenticare, di rincuorarla ed incoraggiarla. Chi ti parla in questo momento non è altro che un fantasma, un moribondo che spera ancora in una cosa:
che la sua povera mamma si dia pace; ed è per questo che t’invoco che tu voglia cercare di far qualcosa per lei. Ti ringrazio contento che tu non mi negherai questa mia ultima ed umana preghiera.
Ti prego volermi pure salutare la zia e tutti i tuoi parenti, soprattutto la piccola Elsa. Ti auguro per l’avvenire la più assoluta felicità e ti prego volermi ricordare come un fratello. Attendendo impazientemente la morte t’invio un carissimo e fraterno abbraccio.
Tuo aff.mo e sincero amico Piero”
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Donghua/Chinese Anime: Chou Yuu Sekai: Being the Reality Episode 7 English Subs (Japanese Audio)
Liesl’s Notes:
For the attack names, I did go back to the original Chinese dub to look them up. Keikan’s attacks translated to “Broken Bone Cut” and “Cracked Blade” so I decided to go with “Bone-Shattering Slash” and “Thunder Slash”. Vincent’s attack translated to “Multiple Ice Archery” and after debating on several choices, I decided to go with “Crystal Arrow Storm”.
** Warning** Possible Episode Spoilers ** Warning**
Vincent reminded me of myself when he got mad at Keikan for not waiting for everyone in the party to attack lol I’m pretty sure I’ve used that same dialogue before ^^;
Was I the only one that fangirled in the scene where Vincent used his attack?! No? Only me? Okay then. Vincent is Daddy AF though
Tbh this has been my favorite episode so far! I really liked all the action in the episode and the other reason, of course, was because we get to see my husband, Vincent, in action.
I do feel bad for Cass always having Noi dissappearing on her, but I’m still cheering for them as my OTP! She better not fucking die.
Did I see some Keikan x Noi moments? ( ͡° ͜ʖ ͡°)
#chou yuu sekai#episode 7#english sub#liesl's translations#donghua#sandbox#chou yuu sekai: being the reality#world of super sand box#noi x cass
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More than a Trickster - Atto XV [ITA]
Autore: maximeshepard (BeatrixVakarian)
Genere: Mature
Pairing: Loki/Thor
Sommario: questo è il mio personale Ragnarok. Si parte e si finirà alla stessa maniera, alcune scene saranno uguali, altre modificate, altre inedite. Parto subito col precisare che qui troverete un Loki che non ha nulla a che fare con il “rogue/mage” in cui è stato trasformato in Ragnarok, e un Thor che si rifà a ciò che abbiamo visto fino a TDW.
Loki e Thor sono stati da sempre su due vie diverse, ma quando il Ragnarok incomberà inesorabile su Asgard, le cose cambieranno. Molte cose cambieranno.
@lasimo74allmyworld @piccolaromana @miharu87 @meblokison @mylittlesunshineblog
Capitoli precedenti: Atto I - Atto II - Atto III - Atto IV - Atto V - Atto VI - Atto VII - Atto VIII - Atto IX - Atto X - Atto XI - Atto XII - Atto XIII - Atto XIV
nda: Dunque! In realtà, dovevano essere 2 capitoli distinti questi, ma non sono riuscita a scinderli. Dividerli mi spezzava troppo il momento e mi usciva un capitoletto striminzito di 4 pagine, troppo, troppo triste per i miei gusti xD E quindi... Questo credo sia il mio capitolo più lungo. Le mie 13 pagine di agonia, come le ho chiamate io.
Si torna alle dinamiche tra loro due... E, questa volta, qualcosa accade. Qualcosa di importante. Qualcosa che doveva succedere, in quel dannato film.
Buona lettura! ^^
- ATTO XV -
“Non me lo stai chiedendo davvero?”
Banner era lì, coperto da un drappo arrotolato attorno alla vita, mentre attendeva che qualcuno gli recuperasse un paio di vestiti integri. I suoi occhi erano sgranati fissi su Thor.
Il Dio del Tuono si grattò la barba distrattamente, alzando poi un sopracciglio verso la riluttanza dell’amico.
“Non è un’impresa impossibile per Hulk,” spiegò, gesticolando con le mani, ma Banner lo guardava come se lo stesse insultando.
“Oh certo!” chiosò, allargando le braccia, per poi riportarle immediatamente sulla stoffa – evitando un’altra figura imbarazzante per un soffio – “Poco importa se ti ho appena detto che sono rimasto prigioniero di Hulk per più di due anni!”
Thor si morse il labbro inferiore, passandosi le mani tra i capelli.
“Che problema avete tutti quanti?” proseguì lo scienziato “Senza quel dannato mostro, non riuscite a risolvere nulla? Sono così inutile, io?”
“Non è così, Bruce-“
“Sette dottorati buttati nel cesso, no? A noi serve la forza bruta! Chissenefrega se il povero Banner corre il rischio di non palesarsi mai più!” aveva continuato, alzando i suoi livelli di stress pericolosamente, tanto che le vene sul suo collo si gonfiarono e una sfumatura verdastra cominciò ad espandersi verso il suo viso.
“No, no, no, Bruce!” Thor si affrettò a calmarlo, mettendogli entrambe le mani sulle spalle. “Bruce. Guardami” aggiunse, incrociando lo sguardo con lo scienziato – il suo respiro che, a fatica, tornava regolare man mano.
“Sono consapevole che ti sto chiedendo tanto. E non sei inutile” precisò, stringendo la presa sulle sue spalle, in una stretta consolatoria. “Però, contro Hela, ci serve Hulk. Anche una mente scaltra come Loki è arrivata a questa stessa conclusione… E se non ti fidi di me, fidati del suo giudizio” aggiunse con un sorriso.
“Dovrei fidarmi di tuo fratello?” domandò Banner a bassa voce “Colui che, per inciso, Hulk ha sbattuto come un tappeto a primavera?”
A Thor scappò una risata sommessa.
“Credimi… Se Hulk ha fatto ciò che ha fatto, è perché Loki gliel’ha permesso” puntualizzò.
Banner rimase a fissarlo incredulo per qualche secondo, poi sospirò rumorosamente, afferrando i vestiti che una delle guardie gli aveva appena sporto.
“Va bene” rispose, puntando l’indice contro di lui “Ma se Hulk ti distruggerà mezza città, non venire poi a reclamare da me. Sempre che mi rivedrai ancora!”
Mentre Banner era stato affidato alle cure di Rekis per verificare le sue condizioni, dopo quella brutta avventura durata più di due anni, Thor, Loki e Brunhilde si erano recati nell’hangar della struttura.
La donna era seduta su una delle casse di acciaio poco distante dal montacarichi – Thor innanzi a lei, con le braccia conserte. Suo fratello, invece, aveva preferito farsi da parte e osservare la situazione da lontano, esaminando l’enorme astronave, ma tendendo l’orecchio di tanto in tanto.
Sapeva che Thor avrebbe voluto affrontare un discorso con la Valchiria, ma sapeva altrettanto bene che parlare con quella donna era pressoché impossibile.
Thor avrebbe chiesto il suo aiuto. Avrebbe chiesto l’aiuto di quella gente, che fino a poco prima era stata il loro carceriere, in cambio di qualcosa a loro irrinunciabile.
Ma come avrebbe preso quella richiesta, la fuggitiva?
“Io non ci torno su Asgard” fu la sua risposta, lapidaria. Thor socchiuse gli occhi, lasciandosi sfuggire un sospiro profondo. Si appoggiò alla cassa vicina, incrociando le braccia e calando il mento sul petto.
“Perché no?” aveva aggiunto, allargando le braccia.
“Perché no”. Brunhilde sottolineò quella risposta con un’occhiata di fuoco e un gesto secco della mano. Dopo soli cinque minuti, si erano trovati in stallo.
“Brunhilde… E’ la vostra opzione migliore. E Asgard è ad un passo di qui, secondo le indicazioni di Heimdall. Preferisci peregrinare senza meta per mezzo universo, pur di mantenere intatti il tuo orgoglio e la tua testardaggine?”
La donna, a quelle parole, appoggiò la bottiglia con un gesto secco sul metallo. Scese con uno scatto dalla cassa, pronta a fronteggiare Thor.
“Orgoglio?!” alzò così tanto il tono di voce che tutti quanti i presenti, atti alla preparazione della nave, si voltarono – Loki compreso, il quale alzò gli occhi a cielo ed interruppe quello che stava facendo, avvicinandosi ai due.
“Tu sai almeno di cosa stai parlando?”
“Di tradimento, Brunhilde. Il codice militare di Asgard parla chiaro!” replicò Thor, avvicinandosi a lei in tutta la sua imponenza.
La donna si lasciò andare in una risata sprezzante, per poi incalzare: “Oh, abbiamo fatto i compiti, bravo! Per quanto mi riguarda, puoi ficcartelo nel culo il tuo codice!” chiosò, mollandogli una manata sul braccio e spingendolo all’indietro.
Thor si passò nervosamente una mano sul volto, stropicciandosi la faccia e mordendosi la lingua. Fu in quel momento che Loki si avvicinò, appoggiandogli entrambi le mani sulle spalle.
“Fratello” esordì, mentre Thor si voltava a guardarlo e la donna compiva un passo indietro “Devi sapere che Odino le ha mandate a morire. E’ comprensibile che non voglia far ritorno su Asgard, ancora per combattere nuovamente Hela”.
“Ho capito, Loki, ma abbiamo bisogno di tutto l’aiuto possibile contro nostra sorella. E non intendo ritenermi responsabile delle azioni di nostro Padre” rispose il fratello, portandosi indietro le lunghe ciocche bionde in un gesto secco “Dobbiamo riprenderci Asgard, ne va della nostra – della sua – gente!” e indicò la Valchiria “E dell’integrità dei Nove Regni. Ora che nostro Padre è morto-“
“Odino è morto?” lo interruppe Brunhilde, appoggiandogli la mano sul braccio per farlo voltare.
Entrambi i fratelli annuirono in silenzio. Il viso della donna parve illuminarsi alla notizia, ma recuperò in fretta la sua solita espressione sprezzante.
“Questo cambia le cose…” aggiunse, tuttavia, incrociando le braccia “Ma non manderò la mia gente a morire contro Hela” continuò fermamente. Thor le scambiò uno sguardo intenso, prima di riprende parola.
“La nostra gente sta morendo. Brunhilde… Heimdall e Sif stanno combattendo la legione di Hela da soli, per cercare di proteggere la popolazione. Ci sono bambini, intere famiglie nascoste nella montagna. E’ solo questione di tempo, prima che Hela li trovi – anzi, potrebbero essere già morti, per quanto ne so”.
“Questo non cambia il fatto che non farò morire la mia gente per salvare la vostra”.
Stallo. Loki strinse un paio di volte la mascella.
“Non li manderemo contro Hela. Non manderemo neanche te, se non vuoi” spiegò, gesticolando con le mani “Ma la tua gente sa combattere ed è ben equipaggiata. E si fida del loro comandante” aggiunse, inclinando il capo in un gesto eloquente.
“Una volta che la popolazione sarà messa in salvo su questa astronave, io e Thor avremo campo libero per combattere Hela-“
“Non puoi saperlo, Loki!” lo interruppe lei.
Loki strinse le labbra, abbassando le braccia.
“E’ un mostro! E’…”
Brunhilde strinse i pugni, per poi colpire con la mano sinistra la pila di casse poco lontane da lei, in uno slancio di nervi. Abbassò il capo, stringendo i denti – le parole le morirono in gola.
Vivi erano ancora i ricordi di quella tragedia, delle sue compagne, letteralmente trucidate da una sola entità.
Thor le si avvicinò, appoggiandole la mano sulla spalla. Brunhilde sollevò piano il viso – lo sguardo umido. Non si scansò.
“Mi dispiace” sussurrò, calcando debolmente la stretta. La osservò con sincerità, domandando scusa in silenzio per l’esternazione di poco prima, riguardo al tradimento.
“Ti sto offrendo la possibilità di vendicarle” continuò “E, te lo giuro su quello che vuoi, farò in modo di uccidere Hela con le mie stesse mani”.
Loki scoccò un’occhiata al fratello, rimanendo in silenzio – in lui una strana sensazione, nel vedere Thor così duro e determinato. Un fremito gli attraversò il corpo, portando la mente a Thanos… E a quanto Thor e chiunque attorno a lui, fossero all’oscuro di tutto.
A quanto, forse, tutto quel lavoro potesse risultare inutile.
Compì un paio di passi indietro, abbassando lo sguardo. Una vertigine minò il suo equilibrio e, all’improvviso, il suo cuore cominciò a battere all’impazzata. Inspirò aspramente dal naso, cercando di dissimulare quella terribile sensazione nel più discreto modo possibile.
Brunhilde, dopo un lungo silenzio, appoggiò la propria mano su quella di Thor: il suo volto era attraversato da un’espressione tesa – era chiaro che fosse terrorizzata, ma era altrettanto chiaro che la proposta di Thor e Loki avesse un certo peso.
“Tu lo sai che se vi fare ammazzare, questo sarà il capolinea, vero?”
Thor esibì un sorriso amaro.
“Lo so” ammise “Ma lei si dovrà impegnare per farlo”.
La Valchiria gli regalò un ghigno, afferrando poi nuovamente la bottiglia. Fece roteare il liquido all’interno un paio di volte, per poi berne l’intero contenuto, tutto d’un fiato. Thor sollevò un sopracciglio.
“Dammi una mano ad evacuare la bolla”.
Quelle parole sortirono l’effetto come levare un macigno dal petto. Si scambiarono una stretta possente – il sorriso di Thor che arrivava da orecchio ad orecchio. Si voltò per rivolgersi a Loki, ma suo fratello era come sparito dall’hangar.
L’astronave doveva compiere trentasei ore di volo spaziale per raggiungere il wormhole designato da Heimdall nella visione che Thor aveva avuto in cella, ma già dopo le prime dodici ore di vetrate sul vuoto cosmico, Loki mostrava segni di inquietudine.
Thor l’aveva trovato più volte a fissare quel vuoto, ben sapendo cosa quell’immagine evocasse al fratello, ma aveva sempre cercato di dissimulare la tensione in qualche modo, per evitare di sovraccaricarlo di ansie inutili.
Tuttavia, Loki non riusciva a togliersi dalla mente quel terribile momento e tutto ciò che ne era conseguito.
Lo ritrovò in tarda sera nella cabina che avevano scelto di condividere per quel breve viaggio, in piedi, di fronte all’ampia vetrata. In quel momento, Thor, aveva maledetto quella scelta.
Aveva cercato di parlare con suo fratello, ma Loki era chiuso in un nervoso silenzio e a poco a poco, da un discorso stentato erano passati al litigio. E Thor non sapeva più a che divinità rivolgersi per trovare un modo civile di rapportarsi con suo fratello in quel viaggio. Stava per arrendersi, quando qualcosa nel comportamento di Loki gli fece suonare un campanello d’allarme.
Sarà stato il suo modo di gesticolare con le mani – inconscio – sarà stato il suo sguardo che tradiva un qualcosa che assomigliava vagamente alla paura, sarà stato che nel comportamento di Loki, quella sera, c’era qualcosa di diverso dal solito essere scorbutico e avvelenato.
Stava il fatto che Thor decise di andare fino in fondo.
“Loki… Cosa mi stai nascondendo?” domandò, irrompendo al suo fianco e facendolo voltare – le mani sulle sue spalle. E se Loki era irrequieto quella sera, Thor stava esaurendo la pazienza.
Trovarsi suo fratello così vicino, innanzi a lui, con quella domanda, colse Loki di sprovvista. Col senno di poi, si era reso conto di aver lanciato diversi segnali tutti in una volta e che anche uno come Thor li avrebbe saputi ricevere, in qualche modo.
Ma la mente di Loki, a volte, era il suo nemico numero uno.
Frappose le sue mani per sciogliere quella presa, ma le braccia di Thor non si mossero di un millimetro. Sbuffò scocciato, alzando gli occhi al cielo.
“Mi vuoi lasciare in pace?”
Loki era stanco. Tutto quello che era successo, sebbene si fosse risolto al meglio – almeno per il momento – l’aveva provato e trovarsi Thor come una montagna a bloccargli il passaggio e a sottrargli l’aria, cominciava a risultare troppo.
“Ti vuoi levare di torno?!” aveva esclamato.
“Non finché non ti decidi a parlare!” ribatté l’altro, piantando le mani ben salde contro al vetro e intrappolandolo tra lui e la vetrata. A Loki salì quasi un moto di isteria.
“Thor, ti giuro che se non ti levi, ti prendo a pugni”.
“Ascoltami…” aveva detto Thor “Lo so che lo spazio aperto non ti evoca bei ricordi. Ma ci sono io…” proseguì, addolcendo il tono e lasciando un po’ di spazio tale che Loki potesse stare eretto e non in una posizione scomoda.
“Siamo insieme. E stiamo facendo ritorno ad Asgard. Hai qualcosa che ti tormenta, Loki, non sono cieco-“
“Ah no?” La breve battuta gli usci più sprezzante di quanto volesse. E Loki si rese conto della ridondanza di quel sentimento: quel risentimento nei confronti di suo fratello, quel tarlo che continuava a roderlo, benché cercasse in tutti i modi di andare oltre. Ma quel risentimento, quel continuo rimuginare, era parte di un’ossessione ridondante, impossibile da controllare.
“Loki…”
“Ti prego, spostati” aggiunse asciutto.
Thor mollò la presa a quel punto e si fece da parte, sospirando rumorosamente e portandosi le mani tra i capelli. Fece un mezzo giro su sé stesso, poi si voltò nuovamente verso il fratello.
“Ricordati cosa ci siamo detti in Norvegia”. Puntò il dito indice contro di lui, sottolineando che non potevano realmente essere ritornati alle solite dinamiche degli ultimi anni.
“Io non so leggerti, ok? Io posso essere un libro aperto per te, ma tu per me il più delle volte sei un’incognita. Ed è frustrante, Loki, vederti così e non avere il potere di fare nulla” proseguì Thor, gesticolando furiosamente con le mani, mentre Loki portava lo sguardo sul pavimento e si mordeva un labbro.
Loki era stanco. Loki era tremendamente stanco.
“Sei l’unica persona in questo dannato Universo che riesce a farmi sentire inutile!” aggiunse Thor, allargando le braccia e affondando le spalle. I loro sguardi si incrociarono per un istante e per un istante Loki parve sciogliere quel muro di silenzio dietro al quale si era rifugiato, ma durò il tempo di un battito d’ali.
“Non mi va di parlarne, Thor. Lasciami in pace” sussurrò, voltandogli le spalle, ma il fratello fu più veloce e lo prese deciso per il polso. Se Thor non avesse conosciuto suo fratello da così tanto tempo, avrebbe mollato la presa allo sguardo raggelante che Loki gli regalò immediatamente dopo.
“Mollami!”
“Piantala di scappare Loki, per le Sacre Norne!”
“Sono affari miei. Lasciami!” urlò, cercando con la mano destra di sciogliere la presa, ma invano. Strattonò più volte, ma l’unico risultato che ottenne fu quello di farsi del male.
Ma il dolore fisico non era nulla confronto alla domanda e alle parole che Thor pronunciò pochi secondi dopo.
“Ha a che fare col Bifrost? Con i Chitauri e tu solo sai cosa?” aveva tuonato Thor, rafforzando la presa e bloccando la serratura digitale della porta.
Loki alzò lo sguardo di scatto in quello del fratello, il volto teso e i denti stretti. Il suo cuore cominciò a pompare deciso, un senso di paura gli sconvolse il corpo e tremò. Tremò al solo pensiero di cosa Thor potesse chiedergli. Di quanto vicino Thor fosse a pronunciare quella domanda.
“Ho visto i tuoi occhi mentre guardi al di là del vetro, Loki! Ti ho visto precipitare nel vuoto, ti ho visto lasciare la presa!” e il tono di Thor, come la sua stretta, andava via via ad aumentare.
“Ti ho pianto giorni, settimane, mesi! Mi sono maledetto per essere stato salvato da nostro Padre e non essere caduto assieme a te, perché c’ero anche io su quel dannato ponte e stavo combattendo contro di te! Sono io che ho distrutto il Bifrost!”
E fu in quel momento che la gola di Loki si chiuse, lasciandolo senza fiato. Il suo petto si bloccò, incapace di respirare e la sua mente cominciò a viaggiare ad una velocità impressionante verso il baratro.
“Cosa diavolo è successo tra la tua caduta dal Bifrost e la tua venuta su New York da sconvolgerti così tanto?! Cosa diavolo ti è successo, Loki!”
In un gesto brusco, quasi come aveva fatto nei confronti di Brunhilde, ed istintivo, Loki appoggiò la mano sulla fronte di Thor e aprì la sua connessione mentale con lui. Erano secoli che non lo facevano e Thor ne venne completamente travolto.
“Vuoi davvero sapere?! Lo vuoi? LO VUOI!” alzò il tono fino ad urlare, serrando le dita nelle carni del fratello, con una forza tale da far veramente male. Era fuori controllo. Loki non poteva guardarsi allo specchio in quel frangente, ma sembrava tornato all’epoca in cui Thanos l’aveva trovato e si era divertito a giocare con lui.
I suoi occhi vagavano irrequieti, con una luce sinistra – l’espressione contrita in una smorfia agghiacciante – sul volto del fratello, il quale veniva convulsamente scosso dal suo potere, fino a che non stramazzò a terra diversi minuti dopo.
Al tonfo di Thor, Loki ritirò la mano, annaspando nel suo stesso impeto.
Quando Thor aprì l’occhio, lottando per far rifluire l’aria nei propri polmoni, si sentì come se fosse stato scorticato vivo: ogni fibra del suo corpo urlava, ogni muscolo doleva. La sua mente galoppava a velocità sconnessa e la sua vista era nera come la pece. E in quel nero, le uniche immagini che poteva scorgere erano quelle di suo fratello torturato a morte, riverso su di un pavimento sozzo, in catene.
La figura snella di fronte a lui, che con un semplice gesto della mano lo faceva contorcere dal dolore. E una sagoma dietro di lui, seduta con le mani in grembo, a godersi la scena.
Loki, ricoperto di ferite, il sangue incrostato su tutto il suo corpo. Le lacrime che scivolavano lungo le guance sporche, le sue urla strazianti, il suo continuo domandare pietà.
Le parole usate per spezzarlo, per annientarlo. E i suoi occhi chiari, di nuovo, arrossati, bagnati, terrorizzati come mai aveva potuto vedere nella sua vita. La paura e il terrore del condannato.
Thor vide in quegli occhi come Loki si era sentito. Venne travolto da quell’immensa solitudine che rendeva suo fratello schiavo, dall’immenso dolore di sentirsi abbandonato, dalla rinuncia nella possibilità di essere salvato. Dal desiderio di morire piuttosto che continuare quella tremenda tortura.
Thor venne travolto dal profondo disgusto che Loki provava per sé stesso, tanto da arrivare ad arrendersi, dopo giorni e giorni di agonia. E poi sentì l’odio, la rabbia, ma sentì anche le urla di quel bambino che veniva soffocato, veniva spinto sempre più in basso nel baratro, ma che non smetteva di piangere e di chiedere aiuto.
Quelle urla che mutavano, fino a risultare i vagiti di un Loki appena nato, quando Thor, poco più grande di lui, si avvicinava e cercava di farlo smettere di piangere, coprendolo di delicati baci.
Ma quelle urla mutavano ancora, diventando assordanti e distorcendosi nella sua mentre. Si portò le mani alle orecchie, sotto lo sguardo sconvolto di Loki, il quale era rimasto incapace di muoversi e scioccato dal gesto che aveva appena compiuto.
“Fratello…” mormorò Loki, chinandosi e facendo per appoggiare la mano sulla spalla di Thor, ma lui la colpì, gettandola a lato e alzando il viso verso di lui – lo sguardo sgranato e furioso.
Loki scorse una luce che non gli piacque sul viso del fratello e indietreggiò d’istinto, quasi terrorizzato dalla figura di Thor che si rialzava a tentoni e che era intento a recuperare la posizione eretta.
Tutto d’un tratto si trovò a picchiare la schiena contro la parete di metallo – un tonfo netto e doloroso – con le mani di Thor strette al bavero del suo abito e il suo viso a pochi centimetri.
“Come…” prese fiato, deglutendo a fatica. Loki lo guardava spaventato, col fiato corto, realizzando che realmente aveva stabilito una connessione mentale con il fratello, senza paletti o filtri.
“Come hai potuto” e lo sguardo di Thor mutò da furioso a devastato “Nascondermi tutto… Questo”. L’ultima parola gli uscì strozzata da un gemito.
Entrambi erano sconvolti. Loki aprì le labbra per ribattere, ma non riuscì a proferire parola.
Poi un’altra spinta: la schiena di Loki impattò nuovamente contro la parete e Thor si allontanò da lui, prendendo le distanze. Si portò le mani alle tempie – il dolore era tale da spezzarlo a metà.
“Thor, siediti-“
“MI ODI COSI’ TANTO?!” fu la sua risposta, urlata a squarciagola. Il petto di Loki fu scosso da un sussulto, mise le braccia in avanti, ma Thor indietreggiò ancora, estremamente confuso e disorientato. Le sue mani tremavano, il suo occhio faceva trasparire incredulità mista a dolore. Ma c’era una sfumatura diversa in quell’azzurro.
Thor aveva paura. Paura vera.
Thor ora sapeva chi fosse Thanos e sapeva che Loki aveva fallito. Sapeva quale destino lo avrebbe atteso, se Thanos lo avesse scoperto ancora in vita.
“Io-Io non ti odio-“
Cercò di fermare suo fratello, di spiegarsi. Ma Thor era già sparito al di là della porta del bagno. Le sue braccia caddero lungo i suoi fianchi, come le lacrime sulle sue guance. Chinò il capo in un gesto di rassegnazione, mentre il suo cuore sanguinava copiosamente.
Perché erano solo capaci di farsi male a vicenda?
Non credeva che proprio quel giorno sarebbe stato quello in cui avrebbe toccato il fondo. Mai più si aspettava tali rivelazioni da Loki e il senso di colpa lo stava divorando da dentro ad una velocità impietosa.
Tremava. Le sue mani, le sue braccia tremavano come se attorno a lui la temperatura fosse scesa a livelli invivibili: alzò il viso in direzione dello specchio e nel vedere la sua immagine riflessa, un conato di vomito mise a dura prova il suo controllo, mentre non riusciva a fermare le lacrime.
No, non credeva che nessuna delle parole di Loki potesse ridurlo in quel modo. Era pronto a qualsiasi forma di insulto da parte sua, era abituato ad essere allontanato, a giocare quel tira e molla che ormai andava avanti anni. Era abituato alle sue occhiate scocciate, al veleno della sua lingua, alle sue pugnalate – concrete o astratte – all’apparente insensatezza delle sue azioni, ai suoi tradimenti, alle sue cattiverie, alle sue bugie.
Ma non alla verità. Non a quelle immagini cruente, quelle immagini di Loki in catene, sanguinante, sofferente. Terrorizzato. Arreso. Aveva sempre considerato suo fratello più debole di lui, ma ora riconosceva di aver sbagliato giudizio: Loki era ancora capace di vivere dopo tutto quello che aveva passato – ed era sicuro che suo fratello gli avesse fatto vedere solo la punta dell’iceberg di tutto quello che Thanos e i suoi Figli gli avevano impartito.
Come aveva fatto Loki a rialzarsi? Come aveva fatto a sopportare in silenzio, celando tutta quella faccenda nel suo cuore?
Come aveva fatto a sopportare tutto questo senza cedere al bisogno di parlarne con lui? Lui che era suo fratello, che aveva condiviso millecinquecento anni di vita: davvero Loki aveva una sfiducia tale in lui da rifiutarsi di chiedergli aiuto e rischiare di venire brutalmente ucciso da quel pazzo?
Riportò gli occhi nella sua immagine riflessa: quanto dolore Loki ha dovuto sopportare perché suo fratello non era degno della sua fiducia? Loki che aveva sempre visto in Thor il suo eroe, fin da quando erano piccoli, che lo guardava con gli occhi sgranati quando gli insegnava le cose e riusciva finalmente a farle. Che lo guardava con occhi tristi quando non riusciva a dormire e allora Thor gli raccontava le gesta eroiche degli avi, finché il suo cuore non si calmava e il suo corpo non si arrendeva al sonno, per poi stringersi a lui e farsi cullare fino al risveglio. Loki che gli correva incontro quando ritornava dai primi viaggi con il loro padre, le lacrime lungo le guance, urlando che non voleva mai più stare così tanto senza di lui.
Dove erano finiti? Quanto aveva perso Thor?
Si passò le mani tra i capelli, tirandoli verso il basso. Le cose non avevano cominciato a sgretolarsi un po’ meno di dieci anni prima. No. Lo specchio aveva cominciato a creparsi ben prima, ma era stato così cieco da non accorgersene.
Come al solito. Ed ora si trovava a buttare giù il boccone amaro della consapevolezza che Loki aveva ragione. In gran parte. Anche se suo fratello non si fidava più di lui, Thor solo ora aveva capito che realmente avrebbe dovuto insistere. Avrebbe dovuto prenderlo anche con la forza, non importava, avrebbe dovuto il suo cuore anziché il suo orgoglio.
Avrebbe dovuto insistere, anche a costo di allontanare ancora di più Loki da lui. Invece ora l’unica voce che poteva udire era quella della sua mente, che gli urlava il suo fallimento. Sia come persona che come fratello maggiore. Sia come futuro Re di Asgard.
Ed era così sconvolto che in quell’immagine riflessa non riusciva neanche a scorgere autocommiserazione. Tutto di quell’immagine gli provocava nausea, rifiuto. Orrore. Thor era veramente oltre al senso di colpa.
Strinse i lunghi capelli dietro la nuca, nel pugno sinistro.
Al suo riflesso si andò a sostituire l’espressione disperata di un Loki al limite della sopravvivenza, solo e dimenticato da tutti, mentre Thanos dava l’ordine di violentargli la mente già precaria. E non riuscì a non sentirsi complice.
Dov’è il Tesseract? Questo era ciò che gli aveva chiesto non appena avesse scoperto che suo fratello era vivo.
Non sono qui per condividere il dolore con te. Questo era ciò che gli aveva detto quando per la prima volta, dopo molto tempo, era sceso ad incontrare un Loki palesemente distrutto dalla notizia della morte della loro cara madre, nelle prigioni.
No, le coltellate e i voltafaccia di Loki non erano nulla confronto a questo.
Prese il pugnale dal gambale.
Dall’esterno della porta del bagno arrivò flebile la voce di Loki.
“Fratello…” aveva detto, appoggiando la mano e la fronte alla porta. Non ricevette risposta. Socchiuse gli occhi, per poi asciugarsi il viso.
“Per favore, esci di lì…” aggiunse, ma fu inutile. Decise quindi di premere il pulsante ed entrare, fregandosene se Thor volesse o meno compagnia.
Ma quando la porta scorrevole scivolò nella parete metallica, gli occhi di Loki si sgranarono all’inverosimile, il respiro gli si mozzò in gola.
Thor teneva tra la mano sinistra i suoi capelli, tagliati di netto. Si voltò a malapena, mentre Loki si portava le mani alla bocca.
“Thor-“
Il pugnale continuò a tagliare, quasi a strappare il resto delle lunghezze che erano scampate alla prima incisione. Con lo sguardo fisso nello specchio, la mascella che via via andava serrandosi, Thor tagliò di netto ogni ciocca, con fare sempre più deciso e crudele.
“Perché? I tuoi capelli-” aveva chiesto Loki tra i sussulti del suo torace, ma Thor non voleva parlare. Thor voleva togliersi quel simbolo di dosso che non meritava. Non meritava.
Non me lo merito.
Il sangue colò sull’orecchio sinistro. Loki si mosse.
Non me lo merito.
“Thor, basta!”
Non me lo merito!
“THOR-“
No.
“NON TI MERITO, LOKI!”
“THOR FERMATI!” urlò Loki, levandogli il coltello dalle mani e lanciandolo sul pavimento del bagno. In altre occasioni, probabilmente Loki gli avrebbe menato un ceffone in faccia o lo avrebbe disprezzato. Ora, invece, se ne stava a pochi centimetri da lui con quell’espressione terrorizzata e confusa, le mani tremanti e il fiato corto.
Thor fece un paio di passi indietro, appoggiandosi alla parete del bagno e lasciandosi scivolare fino a terra. Loki si inginocchiò accanto a lui immediatamente.
Ci fu silenzio per un lunghissimo minuto, spezzato solamente dai loro respiri affannati. Sentì poi la mano di Loki appoggiarsi sul suo avambraccio e il suo ginocchio spingere contro la sua coscia.
Alzò il viso. Due lacrime silenziose caddero lungo le sue guance sporche di sangue.
“Io non-“
“No” lo zittì Loki, prendendo la sua mano destra tra le sue e stringendo vigorosamente per impedirgli di tremare. Thor si fece sfuggire un sussulto, esalando un lungo respiro sconnesso.
“Thor… Me la caverò” sussurrò Loki, avvicinandosi di più a lui e tirandolo a sé per la spalla sinistra, in modo da obbligarlo a guardarlo negli occhi.
Suo fratello alzò il viso, scuotendo la testa vigorosamente.
“No.”
“Me la sono sempre cavata, la risolverò. Abbi fiducia in me-“ ma le braccia di Thor andarono a stringerlo così forte che dovette interrompersi per tentare di riprendere fiato.
“Non voglio che vada così. Non ti lascerò mai più da solo, Loki. Mai più. Mai più!”.
La sensazione nel suo petto era così opprimente che dovette riprendere fiato più e più volte per continuare il discorso. Loki sentì la mano di suo fratello risalire, andandosi ad appoggiare dietro la sua nuca, trovandosi poi letteralmente tra le sue bracca – il viso nell’incavo del collo del fratello.
“Ti difenderò anche a costo della mia vita” mormorò Thor, mentre Loki a quelle parole serrava gli occhi convulsamente, lottando contro i singhiozzi.
“Bruci il trono di Asgard, bruci l’intero Universo” incalzò Thor, accarezzando le ciocche mosse e nere, affondandoci la mano dentro con vigore.
“Non posso perderti di nuovo. Non di nuovo, non per colpa mia!”
“Thor-“
Si lasciò andare in un ruggito, per poi prendere il viso di Loki tra le mani.
“Non ti lascio, ok?”
Incrociare lo sguardo con quegli occhi pieni di emozioni contrastanti gli spezzò il cuore già ferito. Loki tirò su con il naso, appoggiando la fronte a quella del fratello e lasciandosi scappare più di un singhiozzo.
“Ci sono io. Lo combatterò. Lo combatteremo, insieme. Ok?”
Accarezzò le sue guance, mentre Loki si abbandonava completamente a quel tumulto di emozioni che i gesti e le parole di Thor avevano smosso.
“Ok?!” aggiunse Thor, scuotendolo con vigore.
“Ok… Ok- Sì” annuì con la testa più volte, quasi per convincersi veramente di quell’epilogo inaspettato, cingendo poi le spalle del fratello e stringendolo a sé. Thor in tuta risposta prese a baciarlo dapprima sulla fronte, poi sulle guance, strusciando la barba ormai ispida contro quella pelle liscia come la seta, risalendo man mano verso la tempia e fermandosi lì.
Non seppero quando tempo passarono su quel pavimento metallico, freddo come il ghiaccio. Potevano essere passati minuti, come ore, stretti l’un l’altro, regolarizzando via via i respiri, stringendo le mani, le spalle, la vita a strette alterne, per rassicurarsi vicendevolmente.
Per convincersi che quella fosse davvero la realtà. Fu Thor a spezzare per primo il silenzio.
“Ora andiamoci a riprendere Asgard” mormorò, lasciando un ultimo bacio quasi sull’angolo delle labbra di Loki, che piano alzò lo sguardo, asciugandosi le guance ancora umide col dorso della mano.
“Non così in fretta”.
Thor gli rivolse uno sguardo interrogativo.
Loki sorrise flebilmente, passando la mano destra tra i ciuffi rovinati e il sangue ancora rosso vivo che, qua e là, gocciolava. Thor si era mortificato oltre misura – sapeva quanto i suoi capelli fossero importanti per lui e nel vedere quel raptus contro sé stesso, aveva temuto arrivasse a fare cose ben più gravi.
“Fatti dare una sistemata a questo disastro… Sei inguardabile”.
#loki#thor#fanfiction#thorki#thor ragnarok#canon divergence#my personal ragnarok#loki is not just a trickster#He's more than that#thor is not stupid#thor is a good bro#confrontation#angst#a lot of angst#valkirye#bruce banner#sorry but not sorry#i had to
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DFCL - Episodio 3 - Drunk (in love)
Dopo ben due mesi di sudati risparmi, migliaia di partite a Flower Pawer da mainaggioia, il mio segno zodiacale che non era MAI il segno del giorno e non mi permetteva di avere 5 maledetti PA in più, anch'io ce l'ho fatta a giocare l'episodio 3. Peccato che di episodi ne siano usciti 2 nel frattempo, quindi... x'D
Ma l'importante è aver raggiunto almeno questo piccolo obiettivo, quindi eccomi qui con una nuova recensione che recensione non è.
Non ricordo nemmeno che cos'era successo nell'episodio precedente, ma facciamo finta di niente, e giuro che la smetto di perdere tempo.
La nostra Dolcetta si risveglia dai suoi dolci sogni dopo 2 mesi - manco fosse stata in coma - e il suo primo pensiero è, ovviamente, il concerto di CASTIELLLOOMG!!! per cui l'intera città sta avendo un ictus. La beemoov non ce lo dice, ma a giudicare dalla reazione di ogni personaggio, i concerti dei Crowstorm sono una delle principali cause di mortalità a Dolce City. Ascoltateli con moderazione, ragazzi.
Ma non possiamo rimanere a letto tutto il giorno trastullandoci nelle nostre fantasie erotiche su Castiello, dobbiamo pur alzarci... E proprio quando ci decidiamo, la nostra cougar preferita, Clementina, ci annuncia che dovremo andare subito a lavoro. E la mattinata parte benissimo. Menomale che c'è Hyun, che come un raggio di sole illumina la nostra dolcetta depressa e le offre pure la colazione GOD BLESS MY HYUN.
Una volta arrivati al Cosy Bear, troviamo Clementina che ci aspetta a braccia aperte.
"Hyun, perché non ti riposavi? Vieni, VIENI A DORMIRE UN PO' CON ME"
E' tempo di spiegarci finalmente cosa diamine dovremo fare durante il nostro primo giorno di lavoro, e Hyun vuole a tutti i costi starci appiccicato addosso. Per me non è un problema.
"NON PUOI ANDARTENE, LE TUE SCAPRE MI ECITANNO MLMLML" - le cose che Hyun non ci dice
Dopo averci dato la merendina come le bambine a scuola, Hyun inizia a spiegarci cosa fare e blablabla ciao pa, andate via pure, non mi servite.
Da questa scena abbiamo capito 3 cose: 1) Much love for Hyun, my bae <3 <3 2) Clementina cucina?? NON accettate MAI dolci da Clementina, che appena scopre che la dolcetta vuole farsi Hyun, questa ci mette il veleno per topi 3) I personaggi di questo gioco vivono nell'illusione che Dolce City sia enorme. Ragazzi, più della metà della città consiste nel campus. Non esiste ALTRO letteralmente 4) Hyun si sta preparando per la disoccupazione esattamente come la nostra dolcetta!! (scherzo, non offendetevi pls)
A quanto pare, purtroppo, anche Clementina possiede dei poteri speciali che le permettono di sapere esattamente con chi si trova il suo Hyun in ogni momento, e infatti ci fa uno jumpscare in cucina, in seguito al quale noi ci lanciamo su Hyun. Non l'avessimo mai fatto.
COME OSI MALEDITA!!!!!
No sentite ragazze, io chiamo il telefono azzurro. Salvate quel povero ragazzo da questa matta che lo vuole sverginare!!
Purtroppo siamo costrette a seguire gli ordini di Clementina, e andare a servire i primi clienti della giornata, ovvero la raggiante stellina Yeleen e indovina indovinello, Nina! Sì, lo sapevano tutti, comunque NINA IS BACK a me stava sul cazzo, quindi non so se esserne contenta... Vedremo hahah
Eh certo LISANDRO non c'è, è andato via, LISANDRO E' IN FATTORIAAAA!! (Sparatemi vi prego)
Nina ci spiega che non le piace più Lys e che sta marinando la scuola. Ok, certo, capisco, ora che ha preso le sembianze della nonna della pubblicità delle Sottilette, non se lo fila più nessuno :c
PERDONATEMI RAGAZZE VI PREGO NON VOGLIO ESSERE UNA STRONZA MA RIDO Ragazze, grazie alle mie skills da acara professionista, sono riuscita a rubare lo sprite di Lysandro di Campus Life!!
Ad ogni modo, queste iniziano a chiacchierare, e giustamente Yeleen si secca e inizia a urlare. Ma questa dolcetta lavora mai o passa il suo tempo a dare aria alla sua boccaccia? Maledetta ladra di PA, ti rimandiamo indietro da dove sei venuta con le ruspe!
OVVIAMENTE potevamo evitare di combinare casini per una sola volta nella nostra stupida vita? PLS. Un giorno di questi facciamo cadere giù il bar su Clementina... Ma magari. In tutto ciò, non si sa come, ma ci portavamo dietro in tasca quel poster gigante dei Crowstorm, che casualmente ci cade davanti a Yeleen. Noi rimaniamo sconvolte dall'incredibile notizia che una ragazza possa conoscere Casti.. Scusate, CASS! Che poi non era nemmeno l'ex della mia dolcetta, quindi non capisco cosa cavolo gliene possa fregare, ma fatti i fattacci tuoi e smettila di parlare che non ho pa da spendere.
SEH, MORTA
Ma in tutto ciò ci eravamo dimenticate di dover rimettere a posto il casino che avevamo combinato fuori dal bar. Hyun viene ad aiutarci e noi ce la prendiamo con lui perché è un po' un leccaculo. Ma poraccio, non me lo maltrattare e.e
In tutto ciò ci tocca pure pagare il caffé di Nina. Ma scusa barbona, fatteli dare in strada i soldi, già che ne abbiamo pochi... E' tutto un complotto contro la nostra povera Dolcetta.
La giornata procede tra inutili discorsi che vi risparmio, e arriva il momento di chiudere il bar. Clementina continua ad alludere che la nostra dolcetta cerca di sedurre Hyun (e dico, non ha tutti i torti, per chi metterei le calze a rete sennò?), e ma che faccia fa quell'altro cretino?? Hahahahaha
La matta inizia a dire che Hyun ha fascino, bla bla bla, che lo cavalcherebbe ad un rodeo molto volentieri (SPOILER!! HAHAHA), e niente ragazze, io veramente denuncio la beemoov se continuano a molestare Hyun, mi mette ansia.
"Mio caro Hyun, non chiamarmi signora, chiamami MAMMINA"
I disagi e i fetish più oscuri....
Per cercare di dimenticare la terribile scena, Hyun ci propone di ubriacarci un po'. Ci sto. Hyun (lo sto nominando un po' troppe volte per i miei gusti) inizia a parlarci un po' di sé, e veniamo a scoprire (non si è capito come visto che esistono tre milioni di persone con personalità e aspetto simile, e guarda un po', noi riconosciamo subito il primo che passa!) che ha una stanza con Morgan! Proprio lui, il futuro scopamico di Alexy! Facciamo un applauso a tutte le fangirl che in questo momento hanno raggiunto la loro gioia dopo aver aspettato 7 anni di trovare un ragazzo per Alexy.
Proprio nel bel mezzo del discorso, Hyun deve scappare perché deve andare a fare le videochat coi genitori blablabla ciao Hyun non ho tempo amò.
E' tempo di tornare in camera. Siete pronte per rivivere nuovamente il flashback delle molestie sessuali del primo episodio? Ecco, io no. Basta vi prego.
E come se non bastasse, chivve incontro nel vicolo? "L'uomo che viene sempre da dietro", meglio conosciuto come Rayan Conti. Forse erano meglio gli stupratori.
Rubo un solo attimo per fare un'osservazione pignola. Ma voi lo vedete stretto questo vicolo? Perché da come lo vedo io, ci potrebbe passare una mandria di elefanti senza problemi. Wtf.
Rayan crede di averci spaventato visto il pallore della nostra pelle... No guarda, è che tu sei grigio come l'asfalto, gli altri sono normalmente di questo colore. Annunciamo al professore che abbiamo ottenuto un lavoretto e che quindi ce ne stiamo tornando a casa, lui quasi quasi vorrebbe accompagnarci, ma si dice "E vbb". E quindi niente, tutto qui.
A questo punto volevo risparmiare pa, però c'è LA ZIA CHE URLA IN AUDITORIUM COME UNA DROGATA NON POTEVO SALTARLA!! E dopo averci dato un ombrello che, per qualche motivo, teniamo in mano con la punta all'insù, scappa via che ha il corso di danza indiana. Volevo fare una battuta trash, ma è già abbastanza trash così.
Rientriamo in camera, andiamo a letto, ed è subito tempo di ritrovare Rosa e Alexy al parco per discutere su come mettere insieme Alexy e Morgan. Ma non abbiamo esami da preparare? Niente? Tutto il tempo libero che vogliamo per impicciarci nella vita altrui.
Ad ogni modo, si decide di organizzare un party hard in modo tale da far appaiare i due piccioncini. Tutto questo ovviamente senza accertarsi che Morgan sia interessato nei ragazzi o meno. L'importante è buttarsi.
Durante il discorso salta fuori che Rosa ha qualche problema con Leigh o almeno qualcosa che riguarda lui... E scommettiamo che ci ritroveremo a dover mediare di nuovo i problemi amorosi di questi due? Il drama non manca mai su DF.
Visto che è ora di pranzo, decidiamo di andare a prendere qualcosa al Cosy Bear Café, così, giusto per trascinare Hyun con noi nel disagio più profondo, come se lui non fosse disagiato per i fatti suoi. Rosa lo invita al nostro party anche se non sappiamo nemmeno dove farlo, e noi dobbiamo convincerlo a portare Morgan con sé. Non ce la posso fare.
Stai zitta Dolcé che voglio buttarmi su Hyun!!
Ci tocca andare a inseguire Hyun nel bar. Che gioia. Una volta arrivati lui inizierà a blaterare che vuole andare in Asia e per questo lavora. Mi sembra ragionevole. Ma il nostro obiettivo è quello di fargli portare Morgan e non abbiamo tempo per questa roba.
"Grazie Hyun, non ero presente, e non me ne ero manco accorta!"
Hyun ci propone di provare a invitare Morgan a patto che noi chiediamo alla nostra adorabile compagna di stanza di fare il party in camera nostra. Mi ricordate perché frequento questa gente?
E poi, con molta nonchalance ci chiede di andare insieme al concerto dello STORMODICORVI (NON FATEVI INGANNARE SYAMO ORIGGINALIZIMI NON FACIAMO GLI ALTERNATIVI PER SEMBRARE FAIGHI KE KOSA DYTE???)
Vabbé, visto che dobbiamo proprio andarci, facciamolo con Hyun. Magari a fine serata viene a riprenderlo Clementina, non vorrei perdermi una scena del genere x''D
Ok, lo so che lo prendo sempre per il culo, ma è adorabile, guardate come è tutto tymydo, mi scioglie il cuoroh çwç
Dopo aver accettato la proposta di Hyun (che non ci sta assolutamente provando con noi, che dite!), andiamo a fare una inutilissima lezione con la prof Paltry, nella quale si parlerà di politica, libertà di parola, e nella quale Priya sbotterà nel modo più random possibile. Non ho fatto gli screen di tutta la lezione perché sono pigra, ma in breve ha letteralmente detto mezza frase che Priya è saltata in aria senza motivo ed ero confusissima wtf
L'ennesima volta che trattano un argomento serissimo come quello dei rifugiati politici nel modo più stupido possibile. Non è bellissimo come ti sbattono proprio in faccia un argomento del genere e poi se ne lavano le mani in mezzo secondo, mentre tutti ritornano a fare quello che fanno sempre come se niente fosse? Tutto questo soltanto perché ogni personaggio deve obbligatoriamente avere una tragic backstory per intrattenerci? Pls ragà.
E infatti già nella scena seguente ci siamo dimenticati di tutto e ritorniamo a parlare di Morgan. Ma almeno risparmiateveli questi filler che non vengono nemmeno sviluppati poi.
LISANDRO VIENE????
Niente, sti ragazzi li vedremo in cartolina. A forza di parlare di lui mi è presa la nostalgia del poeta maledito :'c
Boom, scena successiva, dobbiamo accorciare i tempi! Andiamo a cercare il telefono di Alexy giusto per ammazzare il tempo, non importa a nessuno. Incontriamo Chani per un nanosecondo, ci dice che Priya è figa e poi scompare. Ok. Andiamo in camera nostra e TOH, Nathaniel cosa ci fai qui? Ah sì, ogni tanto si ricorda che esistiamo e si eccita quando lo respingono. Qui i fetish non mancano da nessuna parte. Ce ne sono per tutti i gusti. Non si salva manco un ragazzo, madò.
Gli parliamo, comunque, del concerto di Castiel, e FINALMENTE qualcuno che dice qualcosa di sensato.
Scusate ragazze, ma io non ci credo che siano BRAVIXIMI nemmeno se li sento, dai... Mi fanno ridere hahaha
E visto che la dolcetta non li ha nemmeno mai sentiti, una volta in camera cerchiamo qualcosa su internet, e niente, rido.
Cazzo, hanno due video con 4000 visualizzazioni UAU!!! FANO I VIDEI NELE CASSE ABBANDONNATE COI FANTAZMI!!!
Io non voglio essere cattiva (anche se lo sono comunque), ci sta che magari siano bravini, che i ragazzi della città li conoscano, ma con qualche migliaia di visualizzazioni non puoi dire che la Francia li conosce, dai. Io comunque voglio vedere le ragazzine appena mestruate che si sfilano le mutandine al concerto di Castiel. Suona malissimo, mamma mia x'D
Comunque, veniamo interrotte da Priya che vuole parlarci per un secondo. Ma prima incontriamo Melody che ci sbatte la porta in faccia (NON LO FATO APOSSTA IHIHI SKS). Maledetta. Si mette pure a piangere, e siccome ci fa pena finiamo per invitarla alla serata... Ma questa è psicotica, schizzata fortissimo, chi la vuole???
Torniamo a Priya. Mi dispiace per chi ha la sua route, lei non si vede veramente mai e per giunta le hanno fatto un naso da paura nell'illustrazione =.=
Dai ragazzi, se la vedete nello sprite di gioco è bellissima, poi nell'illustrazione sembra un trans! ._.
Io non capisco comunque, perché dobbiamo invitare Melody e non Priya alla festa! Ma chi se ne frega di quella?? =w=
Santa pazienza.
Fast forward. Andiamo a lezione, il professore si incazza perché stiamo al telefono come delle deficienti, ma noi dobbiamo raggiungere Yeleen e chiederle di fare la festa. Lei ci dice di sì, arriva Rosa che fa la carina e ok. Tempo di andare a prendere l'alcol.
HAHAHAH LA SERATA VEGANA
Dicevamo? Sì, ALCOL! Andiamo nell'unico negozio della città a prendere la roba forte, ma abbiamo perso la carta d'identità e il commesso vuole chiamare la sbirraglia. AR GABBIO NUN CE TORNO!! Certo che nessuno al mondo reagisce così per una persona che vuole prendere da bere, mamma mia che frustrati sessuali.
Menomale che Rayan viene a salvarci al giusto momento e compra l'alcol per noi. Che gentleman.
Diciamo a Rayan che abbiamo perso la carta d'identità e lui si offre di aprire l'aula di arte per farcela cercare... Sì certo, lo sappiamo che vuole approfittare dell'oscurità per buttarsi su di noi, guardate che faccine che fa. Una volta arrivati nell'edificio, MIO DIO PARTE IL CRINGE.
Veramente Rayan?? LOVE ACTUALLY. Pensa veramente di conquistarci con la vecchia storia del romanticone? Mi sembra di vedere uno di quei film con Richard Gere... Io non sopravvivo a questo episodio, lo sapevo.
Ad ogni modo, entrati in aula, non troviamo il documento, ma prima di andare via, Rayan ci fa un regalino inaspettato (e non è il suo pene, sad me).
Guardatelo com'è soddisfatto, pensa di essere riuscito ad adescarci, la prossima tappa è il letto. Tra l’altro sembra stia facendo lo sponsor per u deodorante o un dopobarba della Gillette. Noi glielo facciamo credere perché tanto, chi se ne frega, facciamoli soffrire tutti quanti con l'harem, voglio vederli lottare per me. Tranne Priya, best waifu.
Ma è tempo di andare, una festa ci aspetta, e c'è troppo disagio per saltarlo.
Partiamo già 'mbriachissimi. La Dolcetta è permalosa e suscettibile da morire, e inizia a fare il broncio perché si stanno divertendo tutti quanti senza di lei. Forse era meglio rimanere a festeggiare con Zaidi, if you know what I mean ;)
Hyun guarda che stai rischiando, continua così e non te la do (skerzoxd)
Ed ecco che famo la scenetta drama killmepls
Risolviamo tutto in un nanosecondo e raccontiamo le nostre disavventure alcoliche anche agli altri. La serata procede con Melody che ci vuole far mangiare le sue robe vegane, io non le volevo assaggiare manco morta, ma siccome la Dolcetta è deficiente, non ho avuto scelta. Questa ci avvelena se viene a sapere di Zaidi... E a proposito di Zaidi, pare che tutti se lo vogliano fare.
Urla più forte Morgan, "SONO GAY!!!"
Ad un certo punto decidiamo di fare un giochino con gli shot, e scopriamo che Hyun si metteva lo smalto da bambinao. Io lo sapevo che era tutto strambo, madò ragazzi hahahaha
MA SGUARDO DI SCUSA PERCHE'?? Questo che chiede sempre scusa, quanto è sottomesso mamma mia non ce la faccio. Il gioco procede su note più hottt, e noi mentiamo che sennò Hyun si offende, e per carità.
In realtà la mia menzogna stava nel fatto che quando la dolcetta era al liceo speravo sempre che ci fosse la route per il prof Faraize. Lui sì che era un vero uomo, altro che Zaidi, pls! Melody intanto confessa di volersi fare Rayan, ma appena se ne accorge fugge via come un lampo, lasciandosi dietro una carpetta gigante che non avevo voglia di portarle manco morta. Al massimo gliela lanciavo dietro piuttosto che portargliela gentilmente. Maledetta (x2), vattene via va'.
Ma continuiamo la serata che Hyun mi sa che non ce la fa a durare ancora per molto, vorrei farvi vedere le sue bellissime animazioni mentre barcolla tantissimo, sono GOLD hahahaha
Ed eccolo che vuole ballare, mamma mia quanto è sbronzo.
Ma è arrivato il nostro turno per fare una domandina. E ovviamente ci proviamo con Hyun, daje che lui ci sta!!
Vorrei dire qualcosa sugli sguardi intensi, ma la posa dei Power Rangers... Dai Hyun! Mi fa morire, è troppo carino x''D
Ad un tratto Hyun si accorge di essere completamente fatto e visto che sono le 3 di notte, sarebbe anche ora di andare a nanna. Guardatelo, vi prego, mi fa morire.
Sì amore, facciamo festa ogni sera.
Mentre i ragazzi riaccompagnano Hyun, Rosa ci chiede di dormire con noi e, dopo essersi buttata sul nostro letto, si conclude l'episodio.
Che dire? Inutile fare pronostici per i prossimi episodi visto che sono già usciti e penso che ormai tutte sappiano cosa succederà. L'unica cosa su cui posso esprimermi è questo episodio. Meh. Ormai sembra l'unica opinione che io sappia dare, ma davvero, non mi entusiasmano più di tanto.
Come vi ho già detto mi innervosisce molto come vengano trattati certi argomenti in modo troppo leggero, e purtroppo succederà lo stesso anche nei prossimi episodi, prima con Ambra e i suoi misteriosi problemi, poi con il povero cane di Castiel. Ma è veramente necessario? No, si tratta di filler e drama che permettono di allungare il brodo e far spendere di più. La cosa peggiore è che tutti questi discorsi inutili li paghiamo e risparmiare per giocare un episodio intero è veramente difficile, quindi aspettare due mesi per poi ritrovarsi un episodio pieno di dialoghi di contorno è veramente frustrante. Un'altra cosa che non apprezzo è lo spazio minuscolo che viene riservato a Priya, il flirt fantasma che non si vede veramente mai. Qual è stata l'utilità di inserirla tra i flirt se alla fine non c'è spazio per lei visto che è una ragazza? Non mi sembra molto rispettoso nei confronti di chi ha deciso di seguire la sua route. Ci troviamo letteralmente scene lunghissime con Nathaniel che fa lo scemo, Zaidi che ci perseguita peggio di uno stalker, e Priya? Spero vivamente che la situazione cambi negli episodi che verranno, anche se non seguirò la sua route. Voi cosa ne pensate? Qualche pensiero anche sugli episodi più recenti? Il mio ask è sempre aperto e non aspetta altro se non le vostre domandine/teorie/sfoghi.
Noi intanto ci vediamo tra qualche mese per la prossima recensione, e chissà se nel frattempo uscirà qualche capitolo di trashume dove finalmente potrete conoscere la mia amatissima Lina?
Un saluto da Dotty <3
#dotty recensisce#dolce flirt#dolce flirt università#episodio 3#Hyun is my bae#my candy love#amour sucre#date spazio a Priya!!#adesso aspettiamo 2 mesi#io non ce la faccio
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GIUDICE REINTEGRA DIPENDENTE SOSPESA DALL’OSPEDALE DI SIENA PERCHÉ NON VACCINATA
24 Agosto 2022
Redazione
2 minuti di lettura
OSPEDALE SIENA E GREEN PASS
Protagonista di questa storia, l’ennesima finita nelle aule dei tribunali, è un’impiegata amministrativa dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Senese, che dopo aver fatto una prima dose di vaccino nel dicembre 2021 e aver contratto il covid a gennaio 2022, ad aprile è stata oggetto di una procedura di avvio di sospensione dal lavoro, concretizzatasi a giugno con decorrenza fino al 31 dicembre. Il tutto nonostante fosse in possesso dl green pass rafforzato da guarigione, valido fino a luglio.
Secondo l’ospedale le Scotte di Siena, la dipendente non ha adempiuto all’obbligo vaccinale, e per questo è stata sospesa. Il giudice del lavoro di Siena però le ha dato ragione disponendo il reintegro e il pagamento degli stipendi arretrati.
La lavoratrice, infatti, ha fatto ricorso al giudice che lo scorso 20 agosto, ha disposto con un’ordinanza il reintegro e il pagamento degli stipendi, reputando “sproporzionata a livello costituzionale” la sospensione.
Nell’ordinanza di 24 pagine, il tribunale cita a suo sostegno argomentazioni scientifiche legate alla validità dei vaccini e precedenti di giurisprudenza affermando che: “La soppressione di ogni forma di sostegno economico per un periodo di tempo consistente e potenzialmente indeterminato determina effetti pregiudizievoli e irreparabili per la soddisfazione delle essenziali esigenze di vita” afferma il giudice, e sul piano personale è “foriera anch’essa di effetti pregiudizievoli e irreparabili”.
Continuano così a susseguirsi ordinanze e sentenze dei tribunali che bocciano la legislatura voluta dal Ministero della Salute Roberto Speranza sull’obbligo di vaccinazione contro il covid-19.
OPERAZIONE TRASPARENZA E RESPONSABILITÀ
IncassiSpese135791113151719212325272931050000100000150000200000250000300000Giorno del meseImporto
x Incassi Spese Spesa mensile stimata
1 4.903 7.396 255.676
2 11.236 14.792
3 14.650 22.188
4 20.083 29.584
5 23.554 36.980
6 23.674 44.376
7 23.674 51.772
8 27.482 59.168
9 50.253 66.564
10 54.399 73.960
11 63.426 81.356
12 66.153 113.952
13 66.203 121.348
14 66.243 128.744
15 69.156 136.140
16 80.332 143.536
17 87.230 150.932
18 122.661 158.328
19 140.707 165.724
20 140.907 173.120
21 140.937 180.516
22 150.551 189.112
23 170.712 196.508
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Cronaca green pass ordinanza Siena
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Registrazione Tribunale di Milano n 4936/2020 | Redazione: Via Deruta 20 - 20132 Milano Email: [email protected] | Direttore Responsabile: Virginia Camerieri | Direttore Editoriale: Claudio Messora | Sede Legale: Via Deruta 20 - 20132 - Milano - P. IVA:10768330960
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ALTALENA FANZINE
Nell'Aprile 2017, a Bologna, nasce Altalena Fanzine, una giostrina che ti fa dondolare tra recensioni di locali o festival, playlist, foto, rubriche insolite ed interviste ad artisti e musicisti, sempre secondo un tema prefissato. Dentro ci si trova anche un colorato carosello di illustrazioni, poster, collage, poesie ed un’esplosione di grafiche bizzarre, così che non possono certo definirsi minimal :) E’ autoprodotta così come adesivi, spille e vari gadget “brutti” che potete comprare sul loro profilo Depop o ai loro banchetti in giro per la penisola. All’appello abbiamo: Stefania, ideatrice delle playlist e della rubrica “Stream of regazness”, Giulia, che si occupa delle grafiche digitali e crea tutti i ninnoli che portano ai banchetti, Roberta, cantastorie addetta alle recensioni e Camilla che realizza a mano tutti i collage. Sono anche su Instagram, Tumblr e Spotify @altalenafanzine.
1 - Ti svegli su un isola deserta. No panic: hai potuto portare con te tre cose e una di queste è un album.
- Stefania - Mi porto erba a sufficienza, il mio peluche di Charlie Brown e Carnavas dei Silversun Pickups perché quando lo ascolto sento male da dentro. Roberta - Una birretta, un'amaca e The dark side of the moon dei Pink Floyd. Camilla - Non so se portarmi gli Smiths per affrontare al peggio la solitudine o un best of di David Bowie, se là trovo un giradischi o affini funzionanti per il resto direi gran blocco da disegno e pastelli. Giulia - Mess dei Liars, la mia parrucca verde e glitter per il corpo.
2 - On the road : c'è un’ autoradio con dentro una musicassetta. Dentro ci sono almeno tre canzoni da cantare a finestrino aperto. - Stefania - Senza ombra di dubbio le tre canzoni sono A praise chorus dei Jimmy eat world, Mercy me degli Alkaline Trio e Waking up in Vegas di Katy Perry. Roberta - Looking out my back door dei Creedence clearwater revival, Bullet proof di La Roux, I feel love di Donna Summer e Psycho killer dei Talking heads. Camilla - King of the beach - Wavves Nove maggio - Liberato (eh si) T’appartengo - Ambra Angiolini. Giulia - I gelati sono buoni degli Skiantos, Secchio di Pop X e I miss you dei Blink 18.
3 - Hai rimandato, hai rimandato, ma oggi tocca a te. La playlist dal dentista per non sentire il trapano nelle orecchie. - Stefania - •Built to spill - going against your mind •plenty for all - hot snakes •a minute - shellac •mountain energy - the fall •pillars - sunny day real estate •manana desaparesidos •boxcar - jawbreaker •hope - descendents •no fun - the stooges •germs - we must bleed Roberta - Nofx, Storm{o}, Antares, Converge e Caninus. Camilla - I Fidlar a coprire finalmente Tiziano Ferro, la mia dentista ascolta solo lui nelle casse dello studio, un’esperienza ogni volta terribile. Giulia - "Oh ce li hai i biglietti" di Altalena Fanzine, la trovate su spotify
4 - Qual è il tuo memorabilia musicale a cui non potresti mai rinunciare?
- Stefania - Dookie dei Green day che mi masterizzó un caro amico d’infanzia. Stampó la copertina a colori ma riportó illustrazioni e testi all’interno ridisegnandoli a mano lui su un altro libretto. Roberta - Grace, la mia chitarra acustica recuperata dalla spazzatura, col suo sporco blues. Camilla - Il plettro dei Naked and Famous. Giulia - La mini cassettina giocattolo con Survivor delle Destiny’s Child
5 - Guilty Pleasure : quella canzone che ti fa vergognare, ma che non puoi proprio fare a meno di ascoltare. - Stefania - ...Greygoose di Cesare Cremonini... e non me ne vergogno neanche troppo. Roberta - Roma-Bangkok di Baby K ft. Giusy Ferreri. Camilla - Una qualsiasi di Gigi Dag, ma anche io vergogna ormai zero. Giulia - Tu t'e scurdat' 'e me, Liberato ( sì, lo so). 6 - Film o serie tv : questa volta sceglilo per la colonna sonora. - Stefania - Ovviamente Gilmore girls la serie e Juno il film. Roberta - The Deuce. Camilla - Arancia meccanica di Kubrick. Giulia - Death proof. 7 - La chiavetta nello spazio : la band o il musicista di cui la terra non ha proprio bisogno. - Stefania - Suppongo Elettra Lamborghini. Roberta - Cosmo. Camilla - Alanis Morrisette. Giulia - Direi Sferaebbasta? (si chiama così?) 8 - Il 1999 per noi Caroline Records è stato l'anno in cui abbiamo cominciato a diventare quello che musicalmente siamo oggi: tu a che punto eri? - Stefania - Io vivevo ancora a Torino e avevo 9 anni! La mia cultura musicale credo che oscillasse tra le sigle dei cartoni, gli aqua e musica dance alla eiffel 65. Roberta - Io cantavo le sigle dei cartoni animati sul palco di un villaggio sperduto nel Montefeltro. Camilla - Ero piccolissima e per me la musica era solo Festivalbar e Anastacia (!) Giulia - Io probabilmente stavo ancora ascoltando "hanno ucciso l'uomo ragno" degli 883.
9 - E invece un album degli ultimi 12 mesi che tutti dovrebbero ascoltare? - Stefania - Science fiction dei brand new non mi ha delusa, grazie brand new. Roberta - "Stop making fans" di B. Fleischmann. Camilla - Parabolabandit di Sequoyah Tiger. Giulia - Brutalism, Idles. 10 - Dal vivo: il miglior concerto che hai visto, quello che rimpiangi di aver perso e quello che non vuoi assolutamente perdere. - Stefania - •I Circa Survive all’house of blues di San Diego hanno raggiunto un alto livello di pathos quella sera. •Rimpiango di non aver visto qualunque concerto del giovane Elvis. •Il 22 aprile alla Tenda voglio spararmi qualche singalong alla vecchia con i Tiny moving parts. Roberta - Miglior concerto: Queens of the Stone Age al Primavera Sound di Barcellona nel 2014 Che rimpiango: David Bowie Che non perderò: Tom Waits. Camilla - È dura, migliore forse i Vaccines forse Jake Bugg forse i Foals forse i Kills, non riesco a decidere o forse il concerto della vita deve ancora arrivare. Rimpianti mai che se no anche qui non so da dove cominciare e non vedo l’ora di vedere Pupo a Montecatini accompagnando mia madre :-))) Giulia - Probabilmente i Soulwax a Saint Malo, rinpiango Kevin Morby e non mi perderò ASSOLUTAMENTE Ruggero dei Timidi.
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Insaziabile.
Sono qui nella mia stanza, piena di noi fino a stamattina ed estremamente vuota adesso che non ci sei. Incredibile come la tua presenza possa rivoluzionare tutto. Dopo quasi un anno e mezzo che stiamo insieme ancora me ne stupisco. Io ancora non lo so cosa mi fai, come fai, ma quando arrivi spazzi via ogni briciolo di tristezza. Sparisce tutto quanto e rimani solo tu. Come quando ti sono venuta a prendere giovedì sera e vedendoti arrivare ho sentito quella stretta allo stomaco che ormai conosco più delle mie tasche. C’eri tu, finalmente, e tutto andava bene. Poi la pizza, la finale di X Factor che abbiamo visto insieme, abbracciati sul divano. I regali di Natale che ci siamo scambiati in anticipo, tu che non stavi più nella pelle e volevi che aprissi il tuo pacco. Mi hai fatto accendere le lucine attaccate sotto al soppalco per creare l’atmosfera giusta... natalizia. Eri sicuro che il tuo regalo mi piacesse ed avevi ragione, mi conosci bene. “Per poter rivedere i nostri ricordi ed emozionarci insieme”, così hai scritto nel biglietto. Avrei voluto che quell’abbraccio sul letto durasse per sempre. Poi la mattina seguente sono dovuta andare a tirocinio e tu sei venuto a prendermi all’uscita. Potrà sembrare sciocco agli occhi di chi non sa, ma finalmente ho visto uno dei miei desideri diventare tangibile. Sono uscita ed eri lì, con un sorriso a trentadue denti. Avvolto nel giubbotto, l’ombrello in mano, i capelli un po’ scompigliati per l’umidità. Eccolo un altro abbraccio che avrei voluto durasse per sempre. Pioveva a dirotto, abbiamo pranzato da McDonald e mentre smadonnavamo per le scarpe bagnate abbiamo anche comprato un paio di panettoni per la mia famiglia. Il pomeriggio è volato con la musica in sottofondo. Di sera abbiamo visto un film di Harry Potter, mi hai raccontato di quanto lo hai amato da bambino e io mi sono intenerita guardandoti e immaginando uno scricciolo con la tua faccia. Il sabato mattina lo abbiamo dedicato al sonno profondo. Di sera cenetta sfiziosa e poi cinema. Mi hai preso le caramelle gommose e in un attimo sono tornata piccola piccola. Inoltre mi ero dimenticata di quanto fosse bello stare in macchina con te, il buio fuori e la musica della radio che esce dalle casse. Sabato sera è stato bello, sabato sera mi sono sentita volare. Domenica tempo di partita della tua Juve, poi abbiamo rinunciato ad uscire perché faceva troppo freddo. Mercatini di Natale? No grazie. Magari la prossima volta. La sera abbiamo iniziato un film ma dopo 20 minuti ci siamo addormentati entrambi come dei giovani vecchi. In un battito di ciglia è arrivato oggi, lunedì. Tempo di partire, per te. Feste di Natale in famiglia e poi io ti raggiungo fra una decina di giorni. Il tempo passa sempre troppo in fretta e io sono sempre troppo insaziabile. Insaziabile delle risate che facciamo, del senso di leggerezza che sento quando siamo insieme, del tuo odore inconfondibile che mi fa sentire a casa in ogni momento. Insaziabile di dormire abbracciati, di svegliarmi con te accanto, di poter essere semplicemente io, senza filtri. Insaziabile di guardarti e stupirmi ogni santissima volta della luce che emani, di parlare, parlare sempre di tutto, di poter fare gli scemi insieme e prenderci in giro. Insaziabile di camminare con te, mano nella mano e di condividere piccole e grandi cose. Insaziabile di emozionarmi, emozionarti ed emozionarci. Insaziabile di te e di noi. Il tuo aereo è atterrato più di un’ora fa, io sono ancora qui nella mia stanza ma con la mente insieme a te.
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24 DIC 2019 17:171. VITA, OPERE E CAZZATE DI CHECCO ZALONE: UN COMICO SCORRETTO O UN GRAN PARACULO? 2. “RIVENDICO IL DIRITTO DI NON PIACERE E DI NON RISULTARE DIVERTENTE. ANCHE SE DEVO DIRE CHE ESSERE DIFESO (DA MELONI A SALVINI, NDR) DA CHI AVRESTI VOLUTO ATTACCARE È DIVERTENTENTISSIMO. IL PROBLEMA È LA POVERTÀ DEL DIBATTITO. IL DITINO MORALIZZANTE SEMPRE ALZATO A DIRE “QUESTO SI PUÒ O QUESTO NON SI PUÒ DIRE”. VIVIAMO NELL’ASSURDO” 2. IO E SORDI: “CON LE DOVUTE PROPORZIONI, INTERPRETIAMO PERSONAGGI CHE RIESCONO A FARTI IMMEDESIMARE ANCHE QUANDO SONO MOSTRUOSI, CINICI O SERVILI. SONO GREVI, SPESSO ORRENDI, ETICAMENTE DISCUTIBILI, MA SONO ESATTAMENTE COME SIAMO ANCHE NOI” 3. ''LA PIÙ GRANDE GIOIA? AVER AVUTO UNA CANZONE DAL MIO MITO, FRANCESCO DE GREGORI”
Malcom Pagani per Vanity Fair
«Signor Malcom, mi dica subito, lei ha parentele con quel tale X che negli anni Sessanta difendeva i diritti degli afroamericani?».
«Assolutamente no».
«Bene, si accomodi e cominci pure con le domande».
Chitarra. Voce. Checco Zalone.
All’uscita del supermercato ti ho incontrato (“il carrello lo porto io”) / Al distributore di benzina (“metto io, metto io”) monetina / Al semaforo sul parabrezza / C’è una mano nera con la pezza / E ritrovo quel tuo sguardo malandrino che mi dici: “C’ha due euro per panino!”
Genesi: «Esco di prima mattina e lo incontro sulla porta. Mi chiede una moneta, gliela do. Due ore dopo lo rivedo in un’altra zona. Mi domanda un euro, glielo allungo. Ormai si è fatta sera. A un semaforo, qualcuno si offre di lavarmi il vetro della macchina. Abbasso il finestrino, è ancora lui. Lo guardo. Mi guarda. Si rende conto, mi rendo conto. Scoppia a ridere, rido anch’io. Diventiamo amici. A fine giornata penso di scriverci una canzone, poi accantono l’idea fino a quando, in una giornata africana particolarmente deprimente, mentre con i miei amici Antonio, Giuseppe e Maurizio cerco di ingannare il tempo tra una pausa e l’altra del set, mi torna in mente quella storia e scrivo Immigrato».
Ancora un ciuffo di giorni e Checco Zalone, dopo essere stato un’assenza, un’attesa e un pretesto, sarà una statistica. Su Tolo Tolo, sull’esegesi delle intenzioni e sulla pioggia di interpreti del pensiero di Luca Medici, si aprirà l’ombrello dei numeri. Al protagonista, il dibattito preventivo sul suo film sembra vuoto come la dispensa del suo residence: «Un caffè glielo faccio, ma non ho lo zucchero». Ha girato il suo primo film: «Due mesi di sopralluoghi, quasi 20 settimane di riprese tra Malta, Kenia, Marocco e Belgio, Tolo Tolo è stato faticoso. Tanto. Troppo».
Ha affrontato «un tema che era nell’aria e a cui tra un proclama di Salvini e uno sbarco a Lampedusa pensavo da anni. Cercavo una storia da ambientare in Italia fino a quando Paolo Virzì non mi ha dato l’idea di spostare il fuoco e di ambientarlo al di là del Mediterraneo».
Si aspetterebbe di più della conta un po’ meccanica dei milioni di euro e di una serie di reazioni a Immigrato «che mi hanno annoiato se non imbarazzato. Siamo messi male. Rivendico il diritto di non piacere e di non risultare divertente. Anche se devo dire che essere difeso da chi avresti voluto attaccare è divertententissimo».
Chi l’ha attaccata però lo ha fatto con durezza.
«Ma lei pensa che non sapessi cosa andavo a scatenare?».
Lo sapeva?
«Ma no, lo dico per dare soddisfazione a tutti quelli che hanno parlato di geniale operazione di marketing. Di strategia. Di calcolo. Ma dove? Ma quando?».
L’associazione Baobab ha parlato di banale spazzatura per il mercato delle festività.
«Direi che non dobbiamo preoccuparci. Magari chi ha scritto queste cose non ha visto integralmente il video o nutre semplice antipatia nei miei confronti. Il problema è la povertà del dibattito. Il ditino moralizzante sempre alzato a dire “questo si può o questo non si può dire”. Il nascere pretestuoso di polemiche inutili e modestissime».
Che impressione le fanno?
«La soglia della correttezza pretesa e della scorrettezza denunciata dal tribunale degli opinionisti si è vertiginosamente abbassata e in pochissimo tempo. Se si guarda al cinema degli anni ’70 lo si capisce immediatamente. Viviamo nell’assurdo. Siamo a un passo dal corso di laurea in politicamente corretto».
Lei la laurea la prese.
«In Giurisprudenza, ma non feci un solo giorno di pratica. Mentre mia zia Lina, vicequestore di Polizia in appoggio alla Buoncostume, la stessa che anni prima mi aveva spedito al Cirillo di Bari, un mestissimo semiconvitto per soli maschi, si occupava di trovarmi uno studio in cui esercitarmi gratis come legale, arrivò la chiamata di Zelig. Dopo il jazz, il piano bar e gli spettacolini, feci un provino a Milano. Una gag che a Bari, quando la mettevo in scena, lasciava per lo più indifferenti: “Un bacione alla casa circondariale di Trani con gli auguri di una presta libertà”. Fu un trionfo, il punto di svolta dopo una lunga notte».
Com’era la lunga notte che precedette Zelig?
«Come dice Daniele Silvestri, più in basso di così non si poteva andare. Il picco dell’umiliazione fu quando mi chiesero di suonare un pianoforte vestito da Babbo Natale. Comunque lo picchiassi o per quanto lo scuotessi con delicatezza, quel piano scassato non restituiva mai una nota tenue. Io sul palco, senza renne, vestito di rosso e di bianco per 50 euro di ingaggio e sotto di me il pubblico inferocito che mi chiedeva di fare meno rumore, di non disturbare la festa».
Fa impressione sentirlo dire dal campione d’incassi del cinema italiano.
«Le ho provate tutte. E non mi sono arreso. Sono stato fortunato, anzi fortunatissimo perché senza una buonissima dose di culo non vai da nessuna parte, ma quando ho avuto un’occasione ho dimostrato di sapermela meritare. Mi mandavano in onda, funzionavo, facevo ridere».
Milano le diede un’occasione.
«Il primo migrante ero io. Un migrante disperato come tutti i migranti. Per andare in trasmissione viaggiavo sulla tratta ferroviaria Bari-Milano con la stessa frequenza di mio nonno Pasquale, capostazione, e in tasca non avevo una lira. Parlavo per ore al telefono con Mariangela, con la quale sto da 15 anni perché lo saprà, all’inizio tra fidanzati non si fa altro che parlare e dormivo a casa di Nicola, un mio amico dell’università che vinse il concorso per entrare in Polizia Penitenziaria e da buon ragazzo del Sud comprò subito una casa a Milano. Periferia nord. Fermata Dergano. In pieno luglio, con un caldo sconvolgente, andavo a fare queste prove in viale Monza, combattevo con le zanzare e poi tornavo a Capurso. Una volta in treno incontro uno di Noicattaro».
Un suo conterraneo.
«Lombrosianamente, una faccia da tagliagole. Attacca discorso e mi comincia a raccontare una storia pazzesca: era stato in galera e si era trasferito in Germania perché in Italia non poteva più lavorare per aver rubato un motorino. Si immagini la scena: noi due in piena notte in un vagone deserto. Lui, enorme e poco raccomandabile, mi racconta nei minimi particolari il suo arresto. Io, piccolo e magro, visibilmente terrorizzato penso: “adesso questo, i pochi soldi che ho in tasca, me li rapina fino all’ultimo centesimo”».
E accadde?
«Macché. A un certo punto si commuove, gli si riga il volto di lacrime e mi dice: “L’altro giorno mio figlio mi dice che vuole un motorino. E io sai che ho fatto? Gliel’ho rubato. Così almeno non si sporca la fedina penale pure lui”. Rimango zitto e intanto penso: “Qui c’è un film, qui c’è l’Italia”».
Lei quando ha capito di aver un potenziale?
«Quando ho inseguito i miei sogni. C’è stata un’epoca abbastanza buia in cui mi sembrava che non esistesse niente di più importante che avere un’indipendenza economica. Volevo qualche euro in tasca, una macchina tutta mia, un orizzonte sereno. Volevo il posto fisso. Mi misi in testa che dovevo fare il rappresentante e mio padre, venditore di medicine, mi trovò un posto di lavoro per sostituire quello dell’Amuchina che andava in pensione per raggiunti limiti d’età. Fui assunto. Avevo 23 anni. Con il colera, in Puglia, il prodotto si diffuse in maniera capillare. Lo usavano per lavare la verdura, pulirsi i piedi, farsi il bidet, la barba e forse anche al posto dell’acqua minerale».
Quindi tutto bene?
«Qual era il problema? Che in questo listino di prodotti da vendere che dovevamo proporre ai farmacisti, oltre al nostro Leo Messi, al nostro gioiello, al nostro vanto, l’Amuchina, c’erano una serie di cadaveri, noi rappresentanti li chiamavamo così, che rasentavano l’invendibilità. Il punto di rottura ci fu sui cerotti».
Racconti.
«I calciatori indossano cerotti per respirare meglio e per un paio di mesi, vedendoli in tv, più di un calciofilo volle imitarli. Tre settimane di follia, ordini alle stelle, pallottolieri che giravano. Poi, all’improvviso, al ventunesimo giorno, dei cerotti non volle saperne più nessuno e dei cerotti a quel punto avrei avuto bisogno io. I farmacisti erano inferociti e arrogantissimi: “Riprenditi questa monnezza e prova a venderla, altrimenti non ti fare più vedere”. Non solo non te li pagavano, ma avevo l’auto che traboccava di casse. A un certo punto i cassonetti li aprii davvero, mi liberai della merce e per un periodo andai proprio in crisi. Ero depresso. Mi sarebbe piaciuto suonare e invece mi rendevo conto che stavo buttando la mia vita. Tre o quattro mesi tremendi con lo spettro del servizio militare a incombere».
E cosa fece?
«Prima tentai di entrare in Polizia. L’esame prevedeva diritto penale, civile e amministrativo. Sui banchi, tutti quelli che facevano il concorso in Magistratura e affrontavano quel concorso in maniera sussidiaria. Avevo perso in partenza. Se l’avessi passato sarei diventato ispettore, mamma mia, poi dici che Gesù non esiste». (ride)
E poi?
«Dopo il liceo, a Capurso, bisognava trovarsi un lavoro. E io un lavoro non ce l’avevo più. Così mi ributtai a studiare, chiusi la partita Iva e pensai a come rimediare alle mie voragini fiscali con lo Stato. Erano cazzi. Ma cazzi veri. Dovevo quasi 20.000 euro all’Inps, una cifra per me impensabile. Zelig, da quel punto di vista, era vitale, ma non avevo più un soldo in tasca, neanche per il treno. Un giorno di luglio, più caldo e cattivo di altri, andai dal produttore e dissi che non potevo più fare avanti e indietro tra Bari e Milano per mancanza di fondi e quello senza eccepire mi firmò un assegno. La cifra, 5.000 euro, mi diede le vertigini. Chi cazzo li aveva mai visti quei soldi tutti insieme?».
Le cose si misero a posto pian piano?
«Grazie alla tv arrivarono le convention. Un miracolo in tempi ancora non straziati dalla crisi. Grandi aziende, gente disinteressata in platea, denaro facile. Ne facevo anche due o tre a settimana. Adesso me la tiro e non le faccio più, ma non so quanto sia una buona idea». (sorride)
Adesso fa il regista.
«Io la parola regista non riesco neanche a ripeterla, mi intimidisce, però a stare fuori scena, quando capitava durante la lavorazione di Tolo Tolo, mi sono divertito molto. Meno divertente è il lato oscuro del mestiere. Quando mi chiedono cosa ne pensi della color correction o chi devo ringraziare sui titoli di coda».
Lo rifarà?
«Temo di sì. È come una droga. Più ci ripenso e più ci voglio riprovare. Tra un po’ però, non domani mattina. Tanto, che sia tra un anno, tre o cinque, la mia condizione di base non cambia».
Quale condizione?
«Quella di chi ha fatto fare soldi e deve farne fare sempre di più».
Al primo gennaio, giorno dell’uscita di Tolo Tolo mancano pochi giorni. Prova ansia?
«Provo ansia prima, dopo e durante un film. Sono nato ansioso, non dormo da sei mesi, devo essere all’altezza delle aspettative. Immagino che se non fossi ansioso però sarei depresso».
L’ansia restituisce solo ansia?
«Da un certo punto di vista è la mia forza. Mi rendo conto che i momenti in cui avrei voluto morire e mi chiedevo “come cazzo faccio adesso?” sono quelli che hanno fatto scaturire le scene più belle del film. Il motore del guizzo è sempre la disperazione».
Sinossi di Tolo Tolo.
«È la storia di un italiano deluso dalla madre patria. Di un individuo che ha fatto una serie di investimenti sbagliati e sostiene di essere un sognatore. Posso usare una parolaccia?».
Prego.
«Se mi passa questo termine osceno, messaggio, il messaggio è proprio questo: Tutti abbiamo diritto di sognare. Il mio sognatore fugge dall’Italia, si trasferisce in Africa e una volta lì assiste allo scoppio di una guerra civile. Arrivano le milizie, una sorta di Isis o di Boko Haram, ed è costretto a tornare indietro, solo che non può farlo perché in Italia è inseguito dai creditori. Si ritrova quindi nella stessa situazione dei migranti: non c’è nessuno che lo voglia. Se non fosse stato un titolo troppo colto, il film si sarebbe potuto chiamare Il migrante bianco».
Ma il suo protagonista è un figlio di puttana?
«Tutt’altro. Al limite un egoista, una testa di cazzo, un uomo incapace di vedere al di là del proprio ombelico. È uno che alla guerra antepone sempre i suoi problemi. C’è una scena di cui vado molto fiero: il suo numero di telefono è arrivato in diretta tv a Spinazzola, il suo paese, e mentre è in corso un bombardamento gli telefonano tutti. A lui delle bombe che piovono dal cielo non importa nulla, è molto più preso dalle ex mogli, dal commercialista e dai parenti che dal pericolo. Quando si rivolge agli altri, agli africani, con l’aria di saperla lunga fa loro un discorso a cuore aperto: “Sono questi i veri cazzi della vita, questa è la vera guerra”. È la metafora del nostro egoismo congenito visto comicamente, senza però il ditino alzato della morale moralizzante. O almeno spero».
A cosa aspira il suo protagonista?
«È un fuggiasco, uno che non ha più un luogo, uno che nonostante si trovi nei camion dei migranti o nelle navi con altri senza terra e senza patria, non sogna di tornare a Itaca. È cresciuto in mezzo all’amoralità. La madre gli dice: “Sei stato dato per disperso, hai la grande possibilità di estinguerti, se sparisci estingui tutti i tuoi debiti” e lui, in mezzo a un casino gigantesco con il suo amico Oumar, un appassionato di cinema italiano che sogna di andare a Cinecittà nonostante venga quotidianamente dissuaso da me “guarda che non c’è lavoro, non c’è una lira, non c’è una prospettiva”, non pensa al contesto drammatico che lo circonda, ma aspira all’unica salvezza del regime fiscale che troverebbe in Liechtenstein, dove c’è un suo cugino che gli darebbe riparo. Da un certo punto di vista, il mio personaggio è un candido».
Come il Candide di Voltaire?
«Ah, l’ha già scritto lui Tolo Tolo?». (ride)
In cos’altro spera?
«Che si capisca il paradosso. La poesia. Il ribaltamento dello schema. Non solo il valore del film o il fatto che ci abbia buttato dentro tanto sudore».
La più grande soddisfazione a film concluso?
«Aver avuto una canzone dal mio mito, Francesco De Gregori. Viva l’Italia è in una delle ultime scene del film e rispetto a quel che si vede sullo schermo è quasi antifrastica. Temevo la sua reazione. Quando mi ha telefonato ero quasi certo che mi avrebbe detto “non puoi usarla”. Risponde con la stessa fiducia dei condannati e, incredulo, lo ascolto: “Finalmente, bravo Checco, è bellissima”. Sono momenti di impercettibile felicità».
Per la prima volta dopo quattro film insieme non è diretto da Gennaro Nunziante.
«Ci siamo allontanati come forse capita alle persone che stanno troppo tempo insieme e magari c’è anche un po’ di imbarazzo, ma io so che ci vogliamo bene. Non c’è nessun rancore da parte mia come credo non ci sia da parte sua».
È stato un set faticoso diceva.
«Mi sono sentito un po’ come Terry Gilliam alle prese con il suo Don Chisciotte, con un film che sulla carta non finiva mai. Il fato si è accanito contro la produzione, abbiamo avuto sfighe inenarrabili, rallentamenti, ritardi. La nave presa per girare alcune scene ha subìto un controllo ed è stata bloccata. C’erano cento persone ferme ad attenderla. Era surreale, una storia nella storia, i migranti nei migranti. I mètamigranti. Poi il bambino».
Il bambino?
«C’è un bambino che mi segue nel film, che mi si affeziona, che mi prende un po’ per un secondo padre. Per una questione burocratica non aveva il visto per venire in Italia. Praticamente un’iperbole. Il Kenia non ce lo mandava con Salvini ministro dell’Interno in carica».
Lei ha detto: «Le cose semplici non mi riescono». Soffre a inventare?
«Non è sofferenza, è lavoro. L’improvvisazione esiste, ma deve muoversi su basi ben solide. Scrivere film come i miei, comici e apparentemente semplici, non è affatto facile. A una cosa penso e ripenso migliaia di volte. Mi chiedo se stia in piedi, se funzioni, se faccia ridere davvero. Poi, se serve, improvviso. La battuta, quando è scritta, perde già il 50 per cento della propria efficacia».
Dove ha imparato a ridere e a far ridere?
«A casa. Simpatici i miei, simpatici i parenti, simpatico il comico della famiglia, zio Nino. È morto due anni fa e a quest’uomo che andava fiero di aver lavorato pochissimo nella vita, ero molto affezionato».
Come faceva a farsi volere bene?
«Aveva – sia detto bonariamente – una clamorosa faccia da culo. Si era specializzato in epitaffi e quando in famiglia moriva qualcuno e tutti, più di qualcuno anche in maniera ipocrita, si stracciavano le vesti davanti al feretro, Nino entrava in scena a modo suo. Ti gelava. Diceva delle cose tremende e irripetibili. Indifferente alla bara e al lutto, Nino ribaltava il quadro. Spesso ingiuriava il defunto e io che avevo 10 anni ridevo come un pazzo. Forse il gusto, il senso, direi il dovere di disturbare con una nota dissonante mi è venuto da lì».
Una certa passione per i suoni l’ha sempre avuta.
«Mio padre suonava il basso con Gli amici del Sud. Dodici dopolavoristi scatenati tra le balere e le sagre di paese. Suonava mio nonno che mi ha lasciato in eredità il Beckstein, un pianoforte dell’800 che – mortacci sua – ha i tasti in avorio il cui acquisto oggi è vietato. I tasti sono rovinati, non posso cambiarli e quindi è inutilizzabile. Suonava anche il fratello di mio nonno, vincitore di un concorso, poi riparato in America ai tempi di Mussolini. E naturalmente suonavo io imitando Celentano, mio idolo assoluto, davanti allo specchio».
Con 24 mila baci / felici corrono le ore.
«Con i miei amici di allora e direi anche di adesso facevamo casino tutto il giorno. Le faccio vedere una cosa». (Checco armeggia con il telefono, escono video antichi in cui lui ha tutti i capelli e anima scherzi telefonici, recite collettive, imitazioni in gita scolastica)
Sembrate una banda.
«Con Beppe De Bellis che adesso, poveraccio, fa il direttore di Sky Tg 24 e non vive più e Rocco Chiodo, un mio amico negato per la fica ma con un cognome da film porno, facevamo scherzi telefonici a metà tra il lazzo ingenuo e l’insostenibile pesantezza. Rocco era un genio dell’elettronica. Con mezzi poverissimi era in grado di inventare sistemi audiovisivi che per noi, una generazione cresciuta con Holly e Benji e Bim Bum Bam, sembravano provenire direttamente dal futuro e ci facevano lo stesso effetto dell’Hal 9000 di Kubrick in 2001: Odissea nello spazio».
Dal suo luogo d’origine lei ha tratto molti spunti.
«Osservavo il contesto, studiavo e poi rielaboravo. Che si trattasse del prete di Capurso, Don Franco che teneva omelie più teatrali di un testo di Goldoni, o del mio professore, fascistissimo, di filosofia, cercavo i caratteri. Le peculiarità. Le stranezze. Da meridionale mettevo in burla i tipici vizi dei miei conterranei esagerando volutamente. Ce n’era per chi elevava il furto a seconda religione di Stato e per chi giudicava sacrilego, offensivo delle tradizioni familiari, superare la terza media».
Con Pietro Valsecchi, il suo produttore, come si è conosciuto?
«Premessa: se non avessi detto no a Leonardo Pieraccioni forse non avrei mai lavorato con Valsecchi. Leonardo e Giovanni Veronesi, lo sceneggiatore, mi avevano scelto per Io e Marilyn. Ero arrivato da Roma con mio fratello, che è identico a me, e loro pensavano che Checco Zalone fosse lui. Uno fa l’attrezzista per il cinema e l’altro lo steward per Air Norwegian, le interessa?».
Vorrei tornare a Pieraccioni e a Veronesi.
«Arriviamo da loro in macchina da Bari con una fame pazzesca, mi genufletto, dico subito di sì preventivamente al ruolo che mi offrono e poi, siccome con la pasta in bianco che avevano preparato soffro i morsi della fame, quando mi chiedono cosa faccia dopo il nostro incontro rispondo: “vado a pranzo”. Risate, accordo fatto, felicità reciproca».
Poi?
«Poi con la sua voce cavernosa a 5 Megahertz, nella mia vita, una settimana dopo, arriva proprio lui, Pietro Valsecchi. Io non sapevo chi fosse. Al telefono capisco soltanto due parole: Cortina e Aereo. Chiamo Gennaro Nunziante e gli dico: “Mi ha cercato un certo Valsecchi”. Sento un silenzio dall’altra parte, poi un gorgoglìo che somiglia a un’esultanza. “Ma sai chi è Valsecchi? Dobbiamo portargli subito una storia”. Così in pochi giorni tiriamo giù il canovaccio di Cado dalle Nubi e lo raggiungiamo in montagna».
Lei si deve liberare dall’impegno con Pieraccioni.
«Fu fantastico. Mi disse: “Ti è accaduta una cosa che è capitata anche a me e che non ti succederà mai più. Vai, cogli l’attimo e non preoccuparti”. A Cortina andai. Pietro versava vino e grattuggiava tartufo, che detesto, come fossero coriandoli o soldi del Monòpoli. Feci finta di niente, stetti male, vomitai fino all’alba e tenni duro. Il resto è una lunga storia. Sono tutti i miei film, fino a Tolo Tolo».
Avete mai litigato?
«In continuazione. Ci urliamo di tutto e poi facciamo pace. Magari non ci parliamo per ventiquattro ore, ma non è mai niente di serio. D’altra parte mi presenti qualcuno che non ha mai litigato con Valsecchi. È un grandissimo produttore. Ha fiuto. Entusiasmo. E poi ha un carattere».
Quanta gente ha conosciuto con un carattere?
«Non tanta. Uno era Ettore Scola. Lo conobbi al Festival di Bari dove era presidente e all’inizio feci l’orgoglioso. Mi chiamò un amico: “Domani c’è una lezione di cinema davanti al pubblico del Petruzzelli, ti andrebbe di venire?”. Dico di sì, ma vengo a sapere che al mio posto era prevista Liliana Cavani che all’ultimo istante non aveva potuto presenziare. Ci rimango male: “Ma allora non vogliono me, sto andando a tappare i buchi di Liliana che rinuncia, non mi va”. Chiamo il mio amico e gli comunico bruscamente di cercarsi un altro al mio posto. Passa poco tempo e mi telefona Ettore: “Vieni subito qui, non fare l’orgoglioso, non fare la testa di cazzo”. Abbasso la testa e ubbidisco. Scola mi abbraccia: “Porto una croce, lo sai? Ho una nipote che è fan di quei film di merda che fai tu”. (ride) Ricordando il loro Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l’amico misteriosamente scomparso in Africa? in Tolo Tolo omaggio proprio Scola e Sordi».
Cosa la lega ad Alberto Sordi?
«Con le dovute proporzioni, interpretiamo personaggi che riescono a farti immedesimare anche quando sono mostruosi, cinici o servili. Non li giudichiamo e non ci estraniamo, ma restituiamo loro un’umanità in cui tutti possano rispecchiarsi. Sono grevi, spesso orrendi, eticamente discutibili, ma sono esattamente come siamo anche noi, almeno una volta al giorno».
Negli ultimi dieci anni lei ha concesso sì e no dieci interviste.
«In un mondo in cui tutti sentono il bisogno e l’urgenza di dare la propria opinione, io mi rendo conto che la mia non è interessante. Non so cosa dire. Che devo dire? Ho provato ad approcciarmi anche a Twitter, ma poi sono tornato indietro. “Madonna, ma perché devo scrivere ’sta cazzata? Ma è utile? È edificante? Interessa?”».
Cosa si è risposto.
«Di no. E ho deciso di tacere».
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[INTERVISTA] BTS X SEVENTEEN MEGAZINE pt.2
“-DOMANDA- Attualmente in tour, la popolarità dei BTS ha oltrepassato ogni barriera e si sta diffondendo intorno al mondo!
RM: Abbiamo visitato molti paesi ma il Brasile è quello che mi ha impressionato di più. Ho saputo attraverso i giornali locali che per il primo concerto le persone hanno messo delle tende e si sono accampati fuori dal luogo del concerto giorni prima per comprare i biglietti. JM: Ne sono stato davvero sorpreso! SU: Viaggiamo intorno al mondo ma per la maggior parte rimaniamo nei nostri hotel. Uso il tempo rimanente per scrivere musica lì. È per questo che mi porto sempre dietro il necessario per fare musica. RM: Hai anche un bollitore (*ride). Usa un bollitore elettronico per bollire l’acqua e cucinare il ramen o cibo istantaneo che ha portato dalla Corea. JH: È molto importante. Io porto anche un cusino. Non è troppo rigido né troppo morbido ed è il migliore per il mio collo. Non devo preoccuparmi del fatto che il cuscino dell’hotel potrebbe non essere adatto! J: Io in hotel suono la chitarra, cosa di cui mi sono molto interessato ultimamente. Facciamo tutti quello che ognuno vuole fare. V: Io porto con me il mio libro preferito su Van Gogh e lo leggo. JK: Io ascolto musica attraverso le mie casse… Ma spesso gli altri membri mi sgridano. V: Dicono che sia troppo rumoroso (*ride). JH: Quando lo diciamo lui abbassa il volume (*ride). Una volta Rap Monster l’ha sgridato e ha abbassato il volume ma il volume era così basso che Jungkook non riusciva a sentire. Così si è avvicinato le casse alle orecchie per ascoltare la musica. Ho riso e gli ho chiesto se aveva fatto tutta quella scenata per ascoltare la musica dalle casse. JK: Ti ho detto che il suono è diverso! RM: Che cosa si porta dietro Jimin? JM: Non porto con me niente in particolare. Porto già me stesso e questo basta ♡ -DOMANDA- Il lato vero di ognuno di voi che solo i membri conoscono.
JM: Il nostro leader Rap Monster-hyung è un goffo “Dio della Distruzione”. Non rompe solo le cose, perde anche il suo telefono di tanto in tanto, inciampa nel vuoto o rovescia il caffè e macchia la camicia di Jin hyung… Succede spesso (*ride). SU: Ma è molto intelligente. È eccellente nelle lingue ed è il migliore a parlare giapponese. RM: Sono in imbarazzo~ V: J-Hope è il leader del ballo, è il migliore a ballare. Si può contare su di lui e si prende molta cura di noi. JH: Faccio solo il mio lavoro. JK: Stai facendo il modesto? (*ride) JH: Sono serio! (*ride) RM: Anche Jin hyung - il matnae (N/B: un gioco di parole tra ‘mathyung�� e ‘maknae’ quindi tra il più grande del gruppo e il più giovane) - si prende cura di noi. Gli piace il cibo quindi cucina per noi o… J: Sono impegnato recentemente quindi non cucino per niente. Non sto mangiando nemmeno molto a causa della mia dieta. SU: Condivide una stanza con me. Odio quando un posto è rumoroso quindi lui rimane in silenzio per il mio bene. Mi piace il silenzio e odio quando ci sono troppe persone. RM: Si è messo a parlare improvvisamente di se stesso quando stiamo parlando di altri. Suga hyung vive davvero senza essere influenzato dalle azioni o dalle opinioni degli altri. Ha sempre la testa da un’altra parte ed è pigro (*ride). SU: Sono pigro perché ho bisogno di raccogliere la mia energia per fare musica. Te l’ho detto che tutto ha un significato! Jimin è “Jimin lento” e queste parole bastano. J-Hope è il più veloce mentre Jimin è il più lento. Questa è la vita di tutti i giorni dei BTS. J: Ma Jimin lavora più duramente di chiunque altro. Balla o canta sempre nei camerini. RM: Sarà il risultato dei suoi sforzi? Ha una faccia dolce e bei muscoli. SU: Ma… È sempre in ritardo. BTS: (*ridono). JM: Parliamo di V adesso. JK: È davvero una persona fantastica. V: Non sono fantastico~ JK: Dice così ma è davvero fantastico (*ride). Esce fuori dal discorso o dalla questione e, anche quando tutti sono “?”, lui li ignora e continua. E si fa capire da tutti mettendoci molta enfasi. V: Mi sto impegnando anche io ad arrivare dritto al punto! Ma cosa posso fare quando non riesco a pensare a nulla? È dura anche per me! JH: Non lo sapevo (*ride). Il nostro maknae Jungkook, come potete vedere, è bellissimo e perfetto. V: Sì, ma è davvero sempre bellissimo? Mmh? Quando dorme… (*ridacchia) JK: Cosa? (*nervoso) JH: Niente, sei bellissimo anche quando dormi. È tutto okay (*ride).
-DOMANDA- La chiacchierata senza fine di questi ragazzi! Sette persone unite come una famiglia. Quando vi è stato chiesto “Che cosa vi fa diventare di buonumore?”, quasi tutti hanno risposto “I membri”.
J: A volte abbiamo bisogno di lavorare per conto nostro… Io mi annoio. È lo stesso quando filmiamo scene individuali per i video musicali. Se i membri non sono in giro mi sento solo. JM: Colui che mi rallegra sempre è il nostro maknae Jungkook. È malizioso quindi ci fa sempre ridere. Ma Jungkook ha detto che gli piace di più il cibo buono che la mia compagnia… JK: Il cibo buono mi rende felice ♡ Se c’è del cibo davanti a me ne prendo sempre un morso. Anche se sono pieno, è lo stesso. Mi viene fame dopo aver dormito per poche ore. Riuscirei a mangiare tutto il tempo (*ride).
-DOMANDA- Alla domanda “Che cosa vorresti avere al momento?”, ecco quali sono le risposte delle sette persone che sono impegnate tutti i giorni.
RM: Tempo. Vorrei passare del tempo con la mia famiglia. Voglio viaggiare con loro. Abbiamo avuto un concerto in Giappone lo scorso anno e i miei genitori con mia sorella sono partiti per un viaggio. Non sono potuto andare con loro… ne sono stato molto triste. JH: Io non sono mai stato in viaggio con la mia famiglia. Voglio viaggiare con loro! JK: Voglio viaggiare anche io. In America o in Giappone. Con chi voglio andare? (*guarda J-Hope seduto vicino a lui) Con J-Hope hyung! ♡ JH: Wow, ne sono felice! Jungkook ha finalmente imparato come si sta al mondo (*ride) V: Anche io voglio avere del tempo libero ma mi piacciono di più i dipinti. Ne voglio di più. Il mio pittore preferito è Van Gogh. Ho circa 10 dipinti appesi nella mia stanza. JK: Sono veri? JH: Se fossero veri costerebbero milioni di miliardi (*ride). J: Io voglio avere un’isola. Ho filmato su un’isola per un programma qualche mese fa e mi hanno detto che poteva essere comprata per 30 miliardi. RM: Non c’è bisogno che tu compri un’isola. Andremo presto alle Hawaii o ad Okinawa (*ride). Oh, è il momento di concludere l’intervista! Salutiamo in modo adeguato per la chiusura. SU: Per favore ascoltate molto il nostro singolo “Blood, Sweat & Tears” e aspettate impazientemente il nostro tour giapponese. Supportate più che potete i BTS, per favore! RM: I nostri cuori sono sempre… Seventeen! ♡”
PT.1
Traduzione a cura di Bangtan Italian Channel Subs (©lynch) | Trans ©ktaebwi | Pic ©tvxq4bts57
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Pippo Landro, re della discografia indipendente: “Per anni ho tenuto testa alle major, loro e streaming tarlo della musica”
"Trent'anni fa scalavamo le classifiche grazie alla dance, il 30% del mercato era nelle nostre mani. Oggi nelle chart ci trovi col lanternino, siamo stati messi a tacere dalle multinazionali". Pippo Landro non è semplicemente un discografico, è una colonna portante della discografia indipendente. Nell'87 fonda New Music International, prima ancora gestisce a Milano lo storico Bazaar di Pippo, dove scopre, importa e vende musica proveniente da ogni angolo del pianeta. Con New Music lancia Ti.Pi.Cal. e Neja, rilancia Gloria Gaynor e le Sister Sledge, cavalca il filone latino con i Los Locos e Cecilia Gayle, s'inventa compilation cult come Mix In Time, vende tonnellate di dischi con Leone Di Lernia, strizza l'occhio al pop italiano. In mezzo a quelle note ci sono allegria, passione, fattura artigianale, anima: tutto quello che nella dance odierna, perfetta ma fin troppo cerebrale, manca. Sempre scoppiettante, dopo 30 anni resiste sul campo di battaglia. E appena sente la parola major diventa un fiume in piena: "Oggi non potrei mai prendere licenze come ‘Pump Up The Jam’ dei Technotronic, i nomi grossi ormai partono direttamente con la multinazionale di turno".
Individuare il momento in cui la situazione vi è sfuggita di mano non è difficile... "Subito dopo l'ondata electro house e minimal, che ha tirato fuori la parte più carente dei produttori italiani. Sul finire degli anni 2000, con i grandi exploit di gente come David Guetta, Calvin Harris e poi Avicii, le major hanno subito capito che la dance stava riacquistando un appeal pop. Prima si sono pappate le indie in difficoltà, poi sono passate agli artisti più bravi. Oggi il margine di manovra per noi è inesistente". Senz'altro le radio non sono più d’aiuto da tempo. "Hanno perso spirito iniziativa, cavalcano l'onda di un disco solo se è già un successo sui social o sui iTunes, dando priorità ai prodotti stranieri. Con questa modalità, anche chi negli anni '90 dettava legge ormai fa fatica ad imporre qualcosa". Una produzione dance, in quel periodo, come diventava un successo pop? "Se il singolo aveva dei riscontri in discoteca, i programmatori lo inserivano subito nelle loro scalette, la radio faceva da megafono per la massa. Per chi non frequentava i locali, quel disco in rotazione sulla radio "x" rappresentava comunque una novità. Oggi su certi network, soprattutto quelli orientati sul pop, le novità spinte sono quelle prodotte da gente che lavora all'interno della stessa radio. L'obiettività è andata a farsi benedire". Negli anni '90 non era poi così diverso, soprattutto se guardiamo a realtà come Radio Deejay o 105. "La differenza è che quelle produzioni, comunque, spiccavano il volo da sole un po' in tutte le classifiche, la scusa per promuoversele sulle proprie frequenze non mancava". Perché all'estero non abbiamo produzioni italiane in classifica ormai da lustri? "Negli anni '90 godevamo di buona luce all'estero grazie ai posizionamenti alti nelle classifiche radiofoniche e di vendita italiane, il supporto Oltremanica era una conseguenza del risultato locale. Non ci sono più stimoli per fare bella musica perché non ci sono più le possibilità economiche per investire su nuovi artisti. Un video di Neja, nel '99, andavamo a girarlo tranquillamente in America: i soldi spesi per realizzarlo provenivano dagli incassi di un altro disco, e avevamo la certezza che quel video avrebbe fatto il giro del mondo, facendoci incassare altro denaro. Non credo sia una questione di dischi brutti o belli, anche molti prodotti stranieri sono oggettivamente brutti, o scopiazzati da quelli italiani degli anni '90. I programmatori italiani ti diranno sempre che i nostri dischi non sono all'altezza di quelli stranieri, ma non è vero".
Anche sul ruolo del dj il tuo giudizio è piuttosto severo. "Non sono più delle figure istituzionali. Un tempo influenzavano il mercato, nei locali suonava gente che conosceva la musica, che era in grado creare una sequenza in grado di far decollare la serata. Da ragazzini che si accontentano di suonare gratis o per 15 euro cosa puoi aspettarti?". Hai detto: "In Italia esiste una sottocultura musicale spavantosa". "Nel migliore dei casi, i ragazzi usano Spotify, altrimenti optano per quei programmi che ti permettono di estrarre l'audio da YouTube. Questa la chiami cultura? Molte canzoni sono tarate per l'ascolto sullo smartphone, dove non si può pretendere una qualità audio eccellente, e di conseguenza che un brano sia fatto bene o male ha poca importanza. Mi riferisco ai tristissimi youtuber, ai fenomeni alla Rovazzi, gente che non sa cantare, ma che ha dalla sua una schiera di fan infinita". Rovazzi oggi, Mimmo Amerelli negli anni '90: qualcuno potrebbe obiettare che la differenza sia solo nella modalità di diffusione. "Ma anche un disco di successo, a noi indipendenti, oggi porta zero nelle casse. Spotify va bene per i big che totalizzano miliardi di ascolti, ma se noi indie facciamo 500mila visualizzazioni su YouTube, a malapena incassiamo 15 euro". Insomma, per vendere qualche supporto fisico l'artista deve fare il firmacopie? "O farsi illudere per qualche mese dal successo effimero dei talent (vedi i concerti annulla di Elodie & co, ndr). La realtà è che molti artisti devono aspettare che arrivi l'estate, per cantare gratis nelle piazze. Sorrido quando si parla di dischi d'oro vinti con lo streaming. Posso capire iTunes, ma se un brano la gente non lo scarica e lo ascolta e basta, quel disco d'oro che valore ha?".
Pippo, il momento più esplosivo per la New Music? "Quello in cui uscì il primo volume della compilation Los Cuarenta, primavera '90: superammo, nelle vendite, la raccolta di Sanremo, pubblicata da una major. Con la mia distribuzione, che aveva lo stesso nome dell’etichetta, si lavorava giorno e notte per spedire i dischi in tutta Italia. E i nostri fatturati sulle raccolte non erano poi così diversi da quelle delle multinazionali. Quella Los Cuarenta ridiede linfa al mercato delle compilation, ormai appannato dopo i fasti delle raccolte della Baby Records negli anni '80". In un campo minato come questo l'amicizia e la gratitudine possono esistere? "Sono pochi gli artisti che, una volta famosi, non vanno fuori di testa: credono che quel successo sia tutto merito loro, in realtà lo è solo in parte. Sai in quanti ex New Music, dopo aver tentato nuove avventure, magari con una major, dopo anni mi hanno dato ragione?". Tra voi discografici non ne parliamo... "La torta è così piccola che si lotta per accaparrasi le briciole. Esiste forse la stima, ma dove ci sono i soldi l'amicizia, di solito, si fa da parte". Il disco che ti ha regalato più soddisfazioni in assoluto? "La reinterpretazione di 'Can't Take My Eyes Off You' di Gloria Gaynor. Era scettica, non se la sentiva di cantarlo, mi sono imposto. Vendemmo 12 milioni di dischi, un successo mondiale, una rinascita. Al pari di questo metterei Black Machine - 'How Gee', un sempreverde, un pezzo che è rimasto. Proprio come quei classici di James Brown che ascoltavo da piccolo".
di Leonardo Filomeno
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Episodio 36 - La verità ti fa male, lo so
Salve a tutte, e bentrovate! L'estate è ormai iniziata, così come le vacanze per molte di voi (non per me çWç)! Sembra che la nostra Dolcetta sia ancora intrappolata all'interno della scuola, ma soprattutto in una marea di confusione e domande che tutto il fandom si sta ponendo. Ma partiamo con calma.
Nell'ultimo episodio abbiamo assistito all'arresto del povero piccolo Armin che ha letteralmente fatto esplodere tutte le sue fan… Ma a quanto pare NON la nostra Dolcetta che è più preoccupata che tutti sappiano della sua relazione ormai lol
Eppure ci chiediamo che cosa abbia potuto fare per venire arrestato? Voglio dire, tutte quante avevamo capito che avesse hackerato qualcosa, ma cosa? Beh, vi dico solo: preparatevi ai feels a fine episodio.
Dopo essere state brevemente ringraziate dalla madre di Iris per aver aiutato la figlia, ci dirigiamo, dunque, al liceo, dove ci aspetta la nostra consulente matrimoniale di fiducia, Rosalya. Le raccontiamo di come Ambra ci abbia visto sfiorare Lys e abbia dunque pensato che stessimo insieme. Cioé, alla festa di Iris abbiamo LETTERALMENTE limonato duro con il moroso NEL GIARDINO = a 2 metri dal gruppo, e NESSUNO ha visto nulla. Adesso abbiamo abbracciato un ragazzo e la nostra relazione è evidente. LOGICCCC.
Comunque. E’ l'ora della lezione di scienze, eppure Ambra sembra più interessata a osservarci sogghignando come un goblin di valle. Mi è venuta la tremarella Ambra, va’. LOL
Alla fine della lezione ci mettiamo d'accordo per parlare con Iris riguardo Charlotte e come si sia risolta la questione, e
le diamo appuntamento a fine lezioni, in modo da non essere ascoltati da nessuno.
Ma pensavamo davvero di cavarcela senza che nessuno parlasse del nostro boy? Ecco che Peggy arriva di soppiatto per informarci che Ambra sta diffondendo la notizia ovunque… Ma lei non sembra esserne particolarmente interessata, forse perché ha un articolo ancora più scottante!
Ora, scusatemi un attimo, ma.. “Musicista torturato”? REALLY? Non chiamatelo così per favore, mi sembra troppo trash in questo modo XD
Che poi non capisco dove sta lo stupore nel sapere che Peggy aveva già intuito della nostra relazione? Era così ovvio che persino una pietra sarebbe riuscita a capirlo.
Ok. Calma. Ce la posso fare.
Dopo aver parlato con la giornalista ci dirigiamo in mensa, dove Ambra ci aspetta per minacciarci. OMG che paura, dirai a tutti che abbiamo un fidanzato… e tu no ’-’
Davvero, ti sembra che ce ne freghi qualcosa?
Oh wow Ambra, sempre molto originale, devo dire! Forse per Natale dovremmo regalarle qualche libro sul sarcasmo, magari imparerebbe qualche catchphrase più eclatante.
“Sei troppo insignificante per piacere a qualcuno.”? Disse quella che nessuno si fila.
TURN DOWN FOR WHAT?
E tra l'altro ora ha anche perso Charlotte, quindi il nemico comincia a indebolirsi… Vedremo presto perché.
Andiamo a sederci con le nostre amiche dopo aver sufficientemente blastato Ambra, e vi giuro io amo Priya. DATEMI LA ROUTE DI PRIYA SUBITO.
Ma subito l'argomento del tavolo diventa il nostro fidanzamento. E lupus in fabula, ecco che arriva il nostro chosen boy, che decide di sedersi accanto a noi. Ma.. Lys, che c'è ciccio? Castiel ti ha cacciato dal suo tavolo? :‘c
Vuoi che lo picchi?
Ma quanto è carino? :’) Proprio quando la storia stava per tornare smielata, ecco che qualcuno si ricorda dell'esistenza di Armin! A quanto pare Peggy ha scritto ciò che gli era successo sul giornale… Ma davvero nessuno si era accorto delle sirene della polizia nell'episodio precedente? Vabbé che sono tutti rimbambiti, ma insomma! ò_ò
Comunque, proviamo a far capire a Peggy che avrebbe potuto evitare di divulgare la storia, e soprattutto che se romperà le scatole ad Armin bae la picchieremo male
Torniamo dentro (a quanto pare anche in questa scuola esistono le lezioni ogni tanto) per prendere delle cose
dall'armadietto, e guardachissirivede dopo lo strip tease a casa di Iris, NATH! Ma quale coincidenza astrale lo avrà mai portato a parlarci dopo così tanto tempo? Che mistero.
Ma davvero la nostra dolcetta non riesce a capire che voleva CHIAVARE CON TE?? Guarda quel faccino triste, tipico da chi è stato appena friendzonato hahahah
Nel frattempo in classe si discute di ciò che è successo ad Armin, e tra chi pensa che abbia rubato dei videogiochi e chi pensa abbia hackerato il sito della CIA (lol), noi cerchiamo di difendere bae Armin dalle stronzate di Ambra.
I HAVE BEEN TRIGGERED. DON’T TALK SHIT ABOUT ARMIN.
No, vogliono le botte, guardate che stronze!! Fossi stata io al posto della Dolcetta, l'avrei presa a badilate sulle gengive fino a farle cadere tutti i denti.
Quanta violenza gratuita, non seguite i miei esempi X’D
Ad ogni modo, la Preside interviene inaspettatamente comunicando che la situazione è tranquilla e che Armin non è stato messo tra le sbarre a cantare “Stop, Don’t talk to me”, ma tornerà da noi.
Quindi fanss, tranquille! L'ondata dei feels è ancora lontana hahahah
Andiamo via da scuola piuttosto tranquille, dunque, quando Lys ci ferma con una simpatica frasetta (più una scusa per pomiciare)
Hé. Che cretino :’) Iris come sempre viene a rompere le uova nel paniere proprio nei momenti meno adatti GNH. Ma la perdoniamo solo perché poveretta ne ha passate tante ultimamente :c
Spieghiamo a Iris tutta la storia di Charlotte riguardante l'episodio precedente, non sto qui a mettervela altrimenti non
finiremmo mai più! Ad ogni modo, tutto bene quel che finisce bene.
Tornando a casa cerchiamo di chiamare Alexy a telefono, ma nessuno risponde. La storia comincia a farsi più interessante di quanto pensassi!
Ma non preoccupatevi, il nostro fidanzato very kawaii è pronto a tirarci su con “un bacione”
Non è che ti abbia offerto la luna, ha detto “buona notte”, ma in fondo è un tenerello, è vero °*-*°
Il giorno dopo, grazie ai messaggi in late night del nostro Lysandruccio, ci svegliamo tardi. E ovviamente nostra madre pensa subito al FIDANZATOOO.
Che disagio… Why mom, why? Dopo esserci preparate scendiamo nel salotto, dove i genitori della dolcetta stanno discutendo di qualcosa di serio.
Questa piccola conversazione mi ha fatto pensare al peggio, è molto sospetta.. Ma ne parleremo meglio a fine post.
Una volta arrivate a scuola, troviamo Alexy e Armin che bisticciano. Vi riassumo: ciò che ha fatto Armin ha infastidito Alexy per diversi motivi tra cui il fatto che il galeotto abbia preso la storia alla leggera.
Insomma, un genio. WHY hai fatto crepare di paura il tuo fandom? çwç
Ovviamente la discussione viene passata alla nostra storiella amorosa, nonostante volessimo tutte quante sapere che diavolo fosse successo. E vabbé, ansia fino all'ultimo secondo. Arrivati in classe raccontiamo ad Armin la storia di Charlotte..
MALLOL. Povero Lys, tutti che lo prendono per il culo :‘c
A fine lezione, dopo aver confessato di essere delle impiccione, raccontiamo la storia di Armin al nostro boy, per poi andare alla ricerca del povero Alexy ed invitarlo a fare due chiacchiere al bar.
Ma poveretto, non sentite il bisogno di riempirlo di abbracci? ç_ç
Cerchiamo di sdrammatizzare, va’. Passando per i sotterranei della scuola sentiamo delle voci, ma chi sarà mai?
DATEMI IL FIGHT CLUB TI PREGO CHINO.
SI GRAZIE AL CIELO, DATEMI LE BOTTE. Sono una persona orribile, vero? Ma mi diverte troppo vedere la realizzazione del mio harem hahahahah Comunque, un'idea geniale ci fa decidere di salutare i due litiganti. Ma siamo veramente così cretine da non capire che stanno litigando per noi? =w=
Allora.
1) Lys, sei uno stronzo. Sai benissimo che Cass ha un debole per noi e gli spiattelli in faccia la nostra relazione X’’D I LOVE IT. 2) Che disagio. 3) Che disagio pt. 2… Adesso invita pure Cass per poi magari iniziare a limonare con noi mentre lui guarda con la morte in cuore?
Ho scelto un fidanzato bastardissimo XD Riesco a sentire un sad violin plays come sottofondo per il povero Castiel.
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Ma la scena non finisce mica così.. Adesso si fa hardcore.
COSA? COSA?! COOOOSAAA? HAHAHAHAHAH Qui va a finire a botte, ve lo dico io. Nell'ultimo episodio vedremo i ragazzi che si fanno a botte su un ring per contendersi la dolcetta x’’D
Okay. Torniamo alla roba importante. Mentre stiamo per raggiungere il nostro moroso, becchiamo la preside e la Delanay che parlano di qualche strano progetto.. E io continuo a pensare che si tratti di educazione sessuale, è l'unica cosa che c'entra con scienze e che possa dare disagio. A meno che non ci siano altre possibilità, ma io penso sempre alle cose hard, mi dispace xD
Dopo aver rifiutato l'interessantissima (per una volta sono seria!) uscita con il nostro boy, ed aver passato momenti melensi, raggiungiamo Alexy al bar.
EEEEH perché ho la sensazione che questo sia un cattivo presagio? Anche di questo parleremo alla fine del post.
Intanto Alexy ci spiega di aver trovato un numero nel dossier trovato da Armin, e sembra che lui voglia chiamarlo..
OH NO ALEXY BABY, non piangere ç__ç Il tutto peggiora con l'arrivo di Armin, in seguito al quale parte un bel litigio anche con noi :’)
Per tirarci su di morale, Rosa ci invita a raggiungerla al centro commerciale, perché lo shopping tira su TUTTI. Oh no. L'incubo dell'episodio 17 è tornato x’’D Durante il nostro cammino chi becchiamo? Alexy, obv! Ci sono circa 3 abitanti a DolceVille, chi volevi mai incontrare? LOL
Ad ogni modo, ci riconciliamo con il ragazzo e decidiamo di supportarlo durante la chiamata che farà al numero misterioso.
OH SI, voglio le foto hot dei surfisti, Rosa, sappilo *Q* Ehm.. Dopo aver parlato con Alexy, ci congediamo anche con Rosalya e finalmente torniamo a casa, dove nostra madre è sempre pronta a parlare di fidanzati lol
E tra sogni a luci rosse con la Delanay…
…e messaggi inaspettati…
..Parte un nuovo giorno pieno di disagio e all'insegna di ginnastica! Ma prima di tutto, la preside ci fa un annuncio shock: Charlotte è scappata a gambe levate e ha cambiato scuola.
Lo so che dovrei farmi domande serie, ma in quel buco di città esiste un'altra scuola? Tutto ciò è impossibile hahahaha
Cooomunque, partiamo con gli esercizi imbarazzanti e pieni di allusioni sessuali insieme a Kentin ewé Kentin!!! Chi non muore si rivede! Era da una vita che non lo vedevo in giro, mi stavo preoccupando!
Kentin, questo sarebbe un modo gentile per dirti che voglio cavalcarti.
PERDONATEMI, è colpa di ChiNo, non può servirmele su un piatto d'argento ogni volta X’“D
Procedendo con gli esercizi, Kentin inizia a lanciare frecciatine al povero Lys çwç
Ti dico un segreto Kentin: in realtà mi piacciono tutti ;)
No, ma scusa.. Prima ”Musicista torturato“, ora addirittura ”poeta maledetto“ che Baudelaire levati! XD
Tornando in corridoio riceviamo la scenetta smielata di turno. Non mi lamento, I need it to feed my soul.
Guarda un po’ che bacio violento! GO dolcetta, fai vedere a Castiel chi è poco passionale ewe
Alla fine delle lezioni raggiungiamo Alexy al parco per la questione della chiamata. Preparatevi ai feels e alla confusione.
Il misterioso uomo con cui interloquisce Alexy gli propone di incontrarsi al bar davanti al Dolce Amoris (nonché unico bar della città, non prendetemi in giro hahahah). Armin, che stava spiando la scena da dietro un albero (??), sente la conversazione e non la prende tanto bene. Quanta pena mi fanno questi ciccini, I HAVE TO PROTECT THEM ç_ç
I ragazzi ci chiedono di accompagnarli all'incontro, e fermandoci dinanzi al bar vediamo un solo uomo seduto, ed un ragazzo che lo saluta.. Un ragazzo che conosciamo molto bene.
Kentin.
Che dire? Finale inaspettato, domande senza risposta che continuano a uscire fuori, misteri su misteri e ANSIA. Ricapitolando la situazione, ecco le mie riflessioni, dalle più sceme a quelle più serie: 1) Durante l'episodio, nella scena degli spogliatoi, si fa riferimento all'avvicinarsi delle vacanze estive, quindi è plausibile aspettarsi un ritorno in spiaggia dopo l'arc dedicato ai gemelli. Inoltre, la Dolcetta parla degli esami dell'anno seguente, il che (insieme alla conferma dell'età dei gemelli - intorno ai 16/17 anni) conferma che i ragazzi stiano frequentando il penultimo anno… Nonché l'unico, voglio dire, qualcuno ha mai visto altre aule? Ce ne sono due, come potrebbero entrarci più classi non si sa XD
2) La questione “Lety” è ritornata a galla, e sembra che la nostra “amica” abbia dei problemi con la madre. Durante l'episodio le chiediamo di venire a dormire a casa nostra, quindi suppongo che durante l'episodio 37 avremo quest'ospite (indesiderata, dato che non la sopporto lol) a casa, e speriamo di capire qualcosa riguardo i suoi problemi.
3) I genitori della Dolcetta parlavano di qualcosa di serio, anche se non si è ben capito cosa… Che possa trattarsi di un eventuale trasloco durante il prossimo anno scolastico? Mi immagino già l'Odissea che nascerebbe con il nostro povero moroso! ç_ç
Alcune ragazze ne avevano già parlato qui, e io sono abbastanza convinta che questa possibilità possa concretizzarsi… Ovviamente avremo il nostro “happy ending”, non preoccupatevi, ma dovremo sicuramente faticare per ottenerlo =w=
4) Il gruppetto di Ambra si sta distruggendo, senza Charlotte nulla sarà lo stesso. Prima o poi secondo me vedremo Ambra crollare, magari ci sarà un arc dedicato a lei? Io spero sempre che nasca l’amore con Priya, perché le shippo troppissimo hahahah
5) Chi è il misterioso uomo che conosce Kentin? Se ridevano e sembravano così amichevoli, significa che si conoscono da tempo. Che possa essere un suo parente (una sorta di zio, o qualcosa di simile)?
Che sia qualcuno che ha conosciuto mentre frequentava la scuola militare? E che relazione può avere con i genitori di Armin e Alexy? Potrebbe essere un amico di famiglia oppure il fratello di uno dei due genitori. Fatto sta che si tratta sicuramente di un uomo sui 30/40 anni circa, potrebbe essere stato un insegnante militare che ha conosciuto Kentin a scuola.. Fatto sta che se fosse sia un parente di Kentin che dei gemelli, i sogni proibiti di Alexy riguardo al ragazzo dei suoi sogni andrebbero in fumo X’D
Ok, cerchiamo di sdrammatizzare un po’ hahahah Ad ogni modo, come vedete, ci sono un sacco di domande in corso, tra cui anche la vecchia domanda che proposi durante lo scorso episodio riguardo il progetto della Delanay e della preside.
Speriamo che ogni dubbio trovi risposta il prima possibile, siamo tutte curiosissime!
Ad ogni modo ho trovato l'episodio abbastanza piacevole, sicuramente meno dispendioso del solito (basta sapere in quali posti andare e si possono spendere anche 180 PA, cosa che ho fatto con il replay).
Voi cosa ne pensate? Avete qualche teoria riguardo gli episodi futuri? Vi do appuntamento al prossimo episodio con una nuova recensione, ed intanto vi auguro buone vacanze! Alla prossima!
-mikumizuki
EDIT: ERRORE SCREEN AGGIUSTATO
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DI SOVENTE, IN CUCINA (di Carla Guelfi, agosto 2018)
C’era una volta una cucina con un profumo assai persistente, dal carattere unico e deciso, sprigionato da certi ingredienti messi a cuocere -a fuoco lento- in tegami di coccio, reso ancor più graffiante dalla aggiunta di un pizzico di spezie in polvere. Delicatamente, l’odore ti faceva strada dal portone, caro sentore di un paradiso dei sensi, per poi accoglierti a braccia spalancate sull’uscio di casa. Nell’ensemble risultava essere -squisitamente sovrastante- il guanciale di maiale. Sfrigolando in padella con abbondante olio di oliva, raggiungeva la doratura scoppiettando particelle di grasso nell’aria. Avrebbe, col suo sapore, avvolto croccante la punta acida della salsa di pomodoro sui bucatini scolati al dente e fumanti, lasciati a riposare nella zuppiera bianca esalando vapore. Il guanciale sposava anche il vino svaporato sulle carni dolci degli arrosti, e accompagnava alla fine del pranzo l’intenso e fragrante aroma di caffè. In cucina si allestivano grandi tavolate, e il numero dei commensali era flessibile: mai meno di sette -numero dei componenti della famiglia- per arrivare ad un massimo di dieci o undici persone, tutte riunite intorno al tavolo per gustare, conversando, i piaceri del palato. L’artefice e custode delle schiette ricette tradizionali romane portava con disinvoltura il nome dell’eroina di Vincenzo Bellini: Norma. Mano pesante nel condire, non deludeva mai le aspettative di cotanto profumo. Durante la preparazione dei cibi, andava dispensando saggi consigli paesani elargiti ad un pubblico languido in attesa davanti ai fuochi; si trattava perlopiù di ammonimenti. La morale era efficace e quasi coreografica, e si concludeva con la “Cucchiarella” sbattuta sul bordo del tegame lasciata per qualche secondo sospesa a mezz’aria, minacciosa; dopodichè -solenne- tornava a “Rumare” il sugo. Era una preziosa collaboratrice e amica di famiglia. In quello spazio si mescolava proprio tutto: agli odori si aggiungevano i volti, i discorsi, e spesso, molto spesso, le liti tra noi fratelli; tanta intensa e collettiva esperienza stancava tutti, e dopo il caffè aveva inizio un fuggi-fuggi generale: gli ospiti venivano gentilmente accompagnati alla porta, Norma come un fulmine rassettava la cucina e correva a prendere la littorina per Marino, e i rimanenti andavano disperdendosi per lo più in attività silenziose, tipo la “Pennichella” o la lettura dei fumetti.
A nonna Beatrice -a capotavola- devo una menzione speciale, è a lei che riconosco il primato delle emozioni al gas-nervino che, terrorizzandomi, mi avrebbero tenuta sveglia di notte. Io e la nonna dopo il pranzo indugiavamo a tavola, e quando tutti erano spariti, lei -guardandomi assorta- dava inizio alla malìa con un respiro profondo. Tacitamente, mi chiedeva di andare ad aprire la porta immaginaria che affacciava su strade e piazze: percorsi di un tempo in cui si erano svolti fatti di cronaca, vicende legate a personaggi realmente vissuti e tramandate in un crescendo, si erano arricchite, via, via, con i colori del narratore di turno. I racconti di nonna spiccavano vividi e decisi, se cruenti; per poi dissolversi in bianco e nero, se poetici; filmica, la visione si proiettava con un raggio di luce dalle sue pupille alle mie prendendo vita. “La notte del sette di gennaio, da più di trecento anni, scalpitano sui sanpietrini di piazza Navona sei cavalli neri, che percossi dalla frusta del cocchiere nitriscono e imbizzarriscono; al traino, inseguita da una tempesta d’aria, c’è una carrozza in fiamme. Inizia così, una ridda intorno alla piazza, e gira, gira all’infinito. Dentro al cocchio c’è una donna che ride…è Olimpia Pamphilij! Porta via con sé due casse piene d’oro trafugate da sotto il letto di papa Innocenzo X ormai morto; a cassetta è il Diavolo in persona a condurre la danza infernale. Ad un certo punto il girotondo cessa, e da piazza Navona i cavalli si lanciano al galoppo verso ponte Sisto; il cocchio traballa, quasi si rovescia, e perde monete d’oro mentre precipita giù per la scalinata, inabissandosi nel Tevere… l’acqua nera si chiude sull’assurdo coacervo, e l’eco rimanda un latrato fino all’alba. Ci credi?!”. Libera me Domine, nonna! Certo che ci credevo! Fino al terrore che mi faceva torcere le mani, mentre trattenevo il desiderio di segnarmi con la croce; e non c’era via di scampo! Se provavo a sottrarmi al tuo sguardo, mi sembrava addirittura di vedere riflesso sul vetro della credenza il luccichìo ribelle degli occhi color oro, avidi e compromessi, di Olimpia. Alla pausa assai tesa, aggiungevi:”Mai avventurarsi la notte del sette gennaio da quelle parti: il prodigio è presagio di morte”.
La storia di Olimpia Pamphilij, detta la “Pimpaccia”, era un classico che non finiva mai di spaventarmi. Di gran lunga più permeante era la storia di Beatrice Cenci. ”Giovanissima, fu decapitata perchè accusata di parricidio: l’esecuzione pubblica avvenne nella piazza antistante alla prigione di Castel Sant’Angelo, dove era stata reclusa…e da allora, ogni undici settembre -data dell’esecuzione- illuminata dalla luna viene vista passeggiare sul ponte, con la testa mozzata sotto al braccio”.
Leggende maligne spacciate per vere, raccontate con la stessa enfasi retorica con cui sentivo recitare a Ungaretti i versi dell’Odissea televisiva; raccontate dopo il pranzo, infiammavano le mie percezioni del vizio, dell’avidità, e del castigo: micce corte, accese dallo sfregamento degli zoccoli caprini e dal timor di Dio, incendiavano col napalm, polverizzandomi. Dal canto suo, nonna, terminato il racconto e in piena difficoltà digestiva, mollava la postazione lasciandomi annientata: mentre si allontanava, intorno alla sua testa vedevo volteggiare leggiadri satelliti a forma di razze volanti. Non udii mai dal suo labbro proferire il famoso epilogo: “…E vissero felici e contenti”: con lei ingoiavo il sapore denso del mistero maledetto, grazie a lei una specie di brivido mistico arricchì per sempre il mio patrimonio genetico. Cosa avrei potuto chiedere di più a questa nonna, nata nel 1894 nel leggendario Palazzo Scapucci, meglio noto come il Palazzo della Scimmia?
La leggenda narra che tra il 1500 e il 1600, nella torre del palazzo avvenne il curioso rapimento di un bambino dalla culla, per “Zampa” della scimmia di proprietà del nobile Scapucci, padre del neonato: il primate, geloso delle attenzioni a lui sottratte, rubò il pargolo portandolo via con sé, e il gentiluomo, venuto a conoscenza del fatto, riebbe indietro il bambino emettendo il solito fischio di richiamo usato solitamente per attirare la scimmia, coinvolgerla in giochi e offrirle del cibo. Nata dentro alla leggenda, nonna, già dal primo vagito, avrà interloquito con la leggenda stessa: il rapimento da parte della scimmia, seppur a lieto fine, l’avrà forse iniziata da subito al timore del perpetuarsi del crimine? Il reiterarsi dello stesso avrebbe comportato l’allontanamento dai suoi cari… avrà creduto di vedere l’animale saltellare e arrampicarsi fra i rami del ciliegio sotto la finestra della sua camera? Probabilmente la prima volta l’avrà udita da sua madre, o nel dialetto pittoresco dei vicoli dove passeggiava, dalla “Sediara” o dalla “Carbonara”.
Spalancando gli occhi, avrà soddisfatto quel sadico piacere, tipico del narratore o narratrice, di invasare in lei, bambina e senza filtri, la paura. Coi figli prima e con i nipoti poi, tramandò lei stessa l’inganno. Smarrì molto presto la ragione, e in scorribande selvagge sconfinò in quella regione di praterie infinite situata tra l’onirico e il vero. Affermava in ultimo di chiamarsi Beatrice Cenci. Di giorno per lo più silente, era la notte il luogo dove la sua voce tornava a narrare ricordi incapaci di leggere correttamente il tempo, un po’ dislessici e claudicanti, che andavano da un decennio all’altro storpiando i nomi degli interpreti della sua vita. Fu per me un vero rompicapo decifrare assonnata le sue memorie, più difficile di un cruciverba di Alessandro Bartezzaghi.
Spesso chiamava ad alta voce un ufficiale che le aveva cantato serenate appassionate, con un nome molto simile a quello di suo marito Carlo, classe 1891, forgiato alla Scuola Militare della Nunziatella a Napoli, monarchico convinto; autorevole e rigoroso, amava sciogliersi nei pomeriggi domenicali intrattenendo gli ospiti, con una calda voce baritonale, per intonare “Non più andrai” dalle Nozze di Figaro di Mozart, e insieme al lei, alla nonna, “Il Duetto delle ciliegie” dall’Amico Fritz di Mascagni. “Duettando”, una ciliegia tirò l’altra, e nacquero sei figli. Nessun militare fra i cinque maschi, bensì un tenore, un baritono, un pittore, un correttore di bozze, e un commerciante; l’unica figlia femmina dal carattere volitivo sposò un bas- bariton- pittore. Questo è tutto ciò che evinsi dal suo farneticare notturno. Chissà se capii bene… di sicuro, e come facevo sempre, obbedivo al desiderio di ascoltarla. Nonna Beatrice è stata la prima persona che ho visto morire: avevo quattordici anni, e nel mio letto la vidi boccheggiare come un pesce senza ossigeno. Una lacrima le si fermò all’angolo dell’occhio, batté la palpebra e la lasciò andare. Fu il suo ultimo segno di vita. “Larga è la foglia stretta è la via, dite la vostra che io ho detto la mia”.
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