#mondo alternativo
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pier-carlo-universe · 11 hours ago
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Un’Icona Steampunk: Bellezza e Ingegno in un Futuro Retro. Una donna tra estetica vittoriana e innovazione futuristica nel cuore di un universo industriale
L’immagine raffigura una figura femminile avvolta in uno stile steampunk, un mix inconfondibile tra l’eleganza dell’epoca vittoriana e l’innovazione tecnologica
L’immagine raffigura una figura femminile avvolta in uno stile steampunk, un mix inconfondibile tra l’eleganza dell’epoca vittoriana e l’innovazione tecnologica. Seduta su una poltrona in pelle dall’aspetto vintage, la protagonista si staglia con una presenza che incarna il fascino di un mondo alternativo, dove passato e futuro si fondono in un equilibrio perfetto. Steampunk: il fascino di un…
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ilmondodishioren · 2 years ago
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Pinocchio, di Guillermo del Toro.
Pinocchio, di Guillermo del Toro.
Vi racconterò una storia.Una storia che credete di conoscere, ma non è così. Buongiorno e buon lunedì a tutti! Sabato scorso sono stata costretta a letto dai classici dolori post lavorativi, e dato che non avevo la forza di strisciare fino ai miei amati dvd, ho sfruttato Netflix guardando 3 film: due che mi erano stati consigliati da mio nipote (sono zia, guai a chi mi fa passare per nonna alla…
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t-annhauser · 3 months ago
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la "democrazia" va imposta anche con la forza: all'inizio fa un po' male, ma vedrai che poi ti piace
La democrazia, quando va bene, son tutti a celebrarla come una divinità, se poi le cose un giorno dovessero andare male e la democrazia fosse improvvisamente d'intralcio alla perpetuazione dei meccanismi del potere, o a certe prospettive di avanzamento tecnologico, comincerebbero a metterne sottilmente in discussione anche i suoi principi: "sì, va bene la democrazia, ma ben temperata e in mano a persone competenti", che detta così suona ragionevole, ma se poi vai a ben guardare ti accorgi che si tratta in buona sostanza di figure proficue a un certo gruppo di pressione, a certe lobbies, come si dice all'estero, operanti all'interno di una certa pratica del mondo già consolidata, che non è permesso mettere in discussione. Quel "démos" che nella parola "democrazia" figura solo ormai in effigie, ha sempre meno voce in capitolo, perché non gli si dà più credito (la gente è ignorante, ragiona con la pancia), e se mai volesse contare qualcosa dovrebbe prima essere istruito agli usi delle élite a cui dovrebbe poi essere alternativo. Tra i due imperatori palpitiamo per quello che ci sembra più magnanimo, ormai certi del fatto che l'impero conviene a tutti e che la "democrazia" - e metto fra virgolette per rispetto al significato originario - è giusto imporla anche con la forza, se necessario: all'inizio fa un po' male, ma vedrai che poi ti piace.
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papesatan · 1 year ago
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Compito di letteratura: "Scrivi un finale alternativo per La locandiera di Goldoni". Dopo un rapido brainstorming, Rayan conviene con me che sarebbe carino chiudere la vicenda con una non-scelta, se non per se stessa. Lo lascio solo a lavorarci su e alla fine mi consegna questo:
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Guardo Rayan e scuoto il capo. Non male, non male per davvero. Sarei l'uomo più felice al mondo, se non sapessi che è tutto frutto di Chat Gpt.
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mezzopieno-news · 9 months ago
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L’ANTICA POMPEI TORNA VERDE CON 7000 NUOVI ALBERI
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È stato inaugurato il 14 marzo il nuovo “Percorso verde fuori le mura” del Parco archeologico di Pompei. In occasione della Giornata nazionale del Paesaggio, è stato aperto al pubblico l’itinerario nel verde che consente un percorso alternativo, inclusivo e accessibile a tutti, per addentrarsi nella città antica di Pompei e scoprirne nuovi luoghi abitati da verde e animali.
Negli scorsi mesi l’area è stata oggetto di un programma di rimboschimento per la valorizzazione della biodiversità, progetto che proseguirà con la messa a dimora nel corso dell’anno di più di 7.000 tra alberi e arbusti della Flora Pompeiana, le specie che dovevano essere presenti nella Pompei antica. Oltre a quello ambientale, il valore aggiunto del nuovo itinerario è l’aspetto inclusivo, nelle prossime settimane infatti il percorso sarà anche dotato di aree di sosta, di svago e di gioco esperienziali pienamente inclusive. Il Parco collabora da oltre un anno con la Cooperativa Sociale “Il Tulipano” che si occupa di persone con autismo e delle loro famiglie. I ragazzi della cooperativa si sono occupati dell’attività di raccolta di frutta e verdura, produzione di marmellate e succhi di frutta e hanno preso parte ai laboratori di progettazione partecipata delle aree inclusive. Un itinerario che coniuga, turismo, ambiente e attenzione ai più fragili per promuovere un parco archeologico che negli ultimi anni ha visto un numero di visitatori costantemente in crescita.
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Fonte: Napoli Today; foto di Yogi Misir
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io-rimango · 11 months ago
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Se qualcuno doveva descrivere Alice, non poteva non pensare alla parola "sognatrice". Sotto uno strato di educazione e annesso scetticismo, appariva lo sguardo malinconico e vagante di un essere i cui pensieri scivolavano di continuo in un mondo alternativo e assai meno concreto. I suoi occhi verde chiaro avevano una sfumatura di malinconia che lasciava intravedere un senso di vuoto, un'aspirazione indefinita. In maniera confusa e persino un po' vergognosa, pareva intenta a cercare, nel turbinio di questo mondo, qualcosa che impregnasse di senso la sua piatta esistenza. E, forse per via dell'epoca in cui viveva, questo desiderio di autotrascendenza (se ci si può esprimere in forma teologica) era giunto a identificarsi con l'idea dell'Amore.
Il piacere di soffrire, Alain de Botton
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ideeperscrittori · 1 year ago
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"KISS ME, LICIA" È IL MALE
Stavo pensando che "Kiss me, Licia" in realtà non è un anime di vedute aperte, anche se ce lo raccontano così.
In apparenza la morale è questa: «Puoi vestire come vuoi. Puoi avere il look che vuoi. Puoi essere ciò che sei. La gente deve smettere di criticare le persone giovani per come si vestono e per la musica che amano».
Ma è davvero così? Pensiamoci bene.
Mirko (uso nomi ed espressioni dell'adattamento italiano) è il protagonista maschile. Egli è musicista di una band pop-rock che fa musica da Zecchino d'oro, anche se la spacciano come rumorosissimo death metal. Ha un look vagamente ispirato alla new wave post punk anni 80, quindi è impresentabile nel contesto tradizionalista e ultra reazionario del Giappone più provinciale.
Ecco perché Marrabbio, padre della brava ragazza (nel senso nipponico reazionario) di cui Mirko si innamora, non sopporta che sua figlia frequenti il nostro eroe. Il padre di Licia chiama Mirko "capellone bicolore" e lo prende in giro continuamente, manifestando il suo disprezzo in mille modi.
Ma alla fine, dopo mille avversità, Marrabbio accetta Mirko e la sua relazione con la figlia.
"Tutto è bene quel finisce bene", direte voi.
Tutto bene un cazzo.
La vera morale dell'anime è: "Il look alternativo devi espiarlo con un contrappasso dantesco, con un controbilanciamento karmiko immane".
Ed è proprio quello che capita a Mirko.
Egli infatti:
1. Non ha il padre. La madre lo abbandonato quando aveva tipo 13 anni e ha abbandonato anche suo fratello, che probabilmente era poco più che un neonato, per fare la stilista a Parigi.
2. Quindi Mirko, quando ancora è un ragazzino, lavora durante il giorno, di sera riesce a coltivare la passione per la musica e fa le prove con la sua band, studia di notte e (non si sa come) riesce pure a prendersi cura del fratellino e del suo gatto. Non è umanamente possibile, ma Mirko ci riesce.
3. Andrea, il fratellino per cui Mirko fa tutti questi sacrifici, è il bambino più odioso del mondo. L'unica creatura più odiosa di lui è il suo gatto. E lo dico da persona che adora i gatti. Ma non parlatemi del gatto di Andrea, per favore. Mirko non solo lavora e si prende cura di Andrea e del gatto Giuliano per 24 ore al giorno, ma deve anche sopportare i capricci di entrambi.
4. Di fronte al disprezzo di Marrabbio la reazione del nostro eroe è questa: non si scompone, massimo rispetto e deferenza.
Quindi ecco l'insegnamento dell'anime: «Hai un look alternativo? Io ti accetto come essere umano degno di essere integrato nella società, ma solo se sei la persona più paziente e dedita agli altri dell'universo. Ah, ovviamente devi sopportare anche le angherie dei reazionari, interiorizzando l'idea della loro indiscussa superiorità».
Dunque alla fine Mirko ce l'ha fatta. Si è guadagnato le stellette per essere accettato dalla società patriarcale giapponese e mostra subito il suo senso di appartenenza. Si fidanza con Licia e parte in tour alla volta degli Stati Uniti, sbolognando fratellino e gatto a Licia, per la quale intravediamo un futuro in cui cucinerà e stirerà le mutande a tutti.
Ecco perché «Kiss me, Licia» per me è gigantesco NO. [L'Ideota]
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diceriadelluntore · 11 months ago
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Storia di Musica #311 - Weezer, Weezer (The Blue Album), 1994
Nella classifica di artisti che hanno intitolato i loro lavori con il proprio nome, vincono a mani basse per quantità: in 17 anni di carriere ne hanno pubblicati 6 (che poi spiegherò come si distinguono). E questa decisione rientra nel loro modo alternativo e irriverente di fare musica, in un momento di passaggio che grazie a loro diviene quasi spartiacque. Rivers Cuomo è un ragazzo a cui piace tanto fare musica: ha 18 anni quando fonda il primo gruppo, gli Avant Gard, che era anche un modo per trovare nuovi amici dopo essersi trasferito da Los Angeles al Connecticut. Dopo un po', Cuomo incontra il batterista Patrick Wilson, che gli presenta il suo amico Matt Sharp, anch'egli musicista. Si trasferiscono a Santa Monica dove Sharp incita Cuomo a scrivere, e proprio in questo periodo, siamo a fine 1991, nascono le prime idee che confluiranno nella loro prima band insieme: Weezer (dal nomignolo che il padre di Cuomo gli aveva dato da ragazzino) insieme a Jason Cropper, che va alla chitarra. Il primo concerto come Weezer è a supporto della band di un giovane attore cantante destinato al successo mondiale, i Dogstar di Keanu Reeves. Diventano ben presto un gruppo con la nomea di grandi live, e se ne accorge anche Todd Sullivan, che li segnala alla Geffen che dopo aver ascoltato dei demo li mette sotto contratto nel 1993. C'è solo un problema: il loro stile, un power pop con echi punk, irriverenti e testi molto ironici era un bel po' diverso dal nichilismo grunge imperante. La Geffen li mette sotto le cure di Rick Ocasek, ex membro de The Car, una delle band più importanti della scena New Wave Americana, che li porta agli Electric Lady Studios, di New York, il leggendario studio di registrazione fondato da Eddie Kramer per Jimi Hendrix. Ocasek ha una intuizione geniale: decide di far cantare Sharp come coro di Cuomo, secondo un particolare stile a cappella (che negli Stati Uniti ha il nome curioso di barbeshop style), un'ottava più alto, così da riuscire meglio a integrare il suono di basso e chitarra, straniando ma allo stesso tempo enfatizzando la caratteristica "simaptica" della loro musica sin dagli esordii. Nel Frattempo licenziano Cooper, sostituito da Brian Bell, e registrano una quindicina di canzoni, di cui 10 faranno parte del loro primo lavoro. Che intitolano Weezer, uscito il 10 maggio del 1994 perchè, disse Cuomo, non "ci veniva niente di meglio da proporre". Verrà ricordato come The Blue Album per la copertina perchè succederà qualcosa in seguito che lo renderà "difficile" da ricordare come "Weezer". Cinque settimane prima, come una bomba atomica, era arrivata la notizia del suicidio di Kurt Cobain, e questo disco segna il passaggio, straniante e traumatico, da un'estetica all'altra.
Se ne volete una prova, il primo singolo, e successivamente canzone mito, era titolata semplicemente Undone, ma siccome è stata una delle prime scritte da cuomo e portata sul palco sin dai primi concerti, i primi fan la iniziarono a chiamare come The Sweater Song, perchè appunto parla di un maglione: If you want to destroy my sweater\Hold this thread as I walk away (Undone - The Sweather Song in verità è una metafora di tristezza rispetto al rapporto con le altre persone spesso prevaricatrici). Un muro di chitarra, echi di punk, i coretti che a volte sembrano quasi fuori posto, una musica che verrà definita "emo" ma che si rifà anche al periodo d'oro del rock. Come non citare in questo senso Buddy Holly, canzone diventata famosissima anche grazie al meraviglioso video di Spike Jonze (che vincerà decine di premi per il mondo) in cui la band è trasportata sul palco del Drive In di Arnold di Happy Days a cantare "Ooh-wee-hoo, I look just like Buddy Holly\Oh-oh, and you're Mary Tyler Moore"; Buddy Holly è stato uno dei primi grandi cantanti del rock, tragicamente scomparso in un incidente aereo, insieme a Ritchie Valens, quello che scrisse La Bamba e ai The Big Bopper (a questo tragico incidente Don Mclean scriverà American Pie, "the day the music died"); Mary Tyler Moore è stata invece una attrice di cinema teatro e Tv tra le più famose degli anni '60 e '70 negli Stati Uniti. Il disco è ricco di canzoni stupende: Say It Ain't So (altro classico), nato nella testa di Cuomo quando si "autoconvinse" che il matrimonio dei suoi stava finendo per colpa dell'alcool, My Name In Jonas, ariosa e fresca, dedicata al fratello di Cuomo non risarcito dall'assicurazione dopo un incidente in auto, Only In Dreams, su un ragazzo che non riesce a dischiararsi alla ragazza che adora e così continua a vivere la loro storia d'amore "solo nei sogni". Manifesto del loro modo scanzonato e irriverente di fare musica è In The Garage: I've got an electric guitar\I play my stupid songs\I write these stupid words\And I love every one\Waiting there for me, yes, I do\I do\In the garage, I feel safe\No one cares about my ways\In the garage where I belong\No one hears me sing this song.
Il disco all'inizio è abbastanza incompreso, ma con il passare del tempo acquista sempre più rilevanza sia commerciale (venderà quasi 10 milioni di copie) che critica, stabilmente nelle liste dei dischi più importanti degli ultimi 30 anni. Sharp lascia dopo il secondo disco, Pinkerton (che mostra una evoluzione musicale ma perde un po' di slancio ironico rispetto all'esordio) dedicandosi ad un progetto particolare, i Rentals, con cui suona musica molto retrò dal gusto a volte kitsch. I Weezer lo rimpiazzano con Mikey Welsch. Ci metteranno 4 anni per ritornare ai dischi, con un nuovo album Weezer, conosciuto come The Green Album, perchè in una foto simile a quella del Blue c'è uno sfondo verde, e così succederà con Weezer (The Red Album, nel 2008), Weezer (The White Album 2016), Weezer (The Teal Album, 2019) e Weezer (The Black Album, 2019, dove almeno hanno delle tute orribili di latex su sfondo gotico di luci viola). Anche per questo vanno ricordati.
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automatismascrive · 4 months ago
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Unrestrained summer fun: Boku no Natsuyasumi 2: Umi no Bouken-hen e Summer Vacation 1999
L’estate è la mia stagione preferita! Mi rendo conto che l’incessante aumento delle temperature potrebbe contribuire in un immediato futuro ad un rimescolamento della classifica, ma per ora i gelati, le cicale e la possibilità di adagiarmi settimanalmente sul fondo di un fiume le permettono di guadagnarsi il primo posto senza troppa fatica; mi sembrava dunque interessante segnalare in questo periodo un paio di cosine interessanti per chi ha un debole per l’atmosfera calda, inebriante e statica di certe giornate estive cittadine ma non solo. Anzi, in realtà la mia idea originaria sarebbe stata di confinare il tema del consiglio di oggi all’affascinante microgenere dei summer timeloops, del quale l’iconico Kagerou Daze è un esempio perfetto, ma alla fine mi sono presentate nel corso di questi mesi due esperienze così radicate nella stagione in cui si ambientano le loro rispettive narrative – e soprattutto così belle! – che non ho potuto fare a meno di raccoglierle in questo post.
Ma di quali esperienze sto parlando esattamente [domanda retorica che mi permette di spezzare un paragrafo vicino ad acquisire lo status di wall of text]? Beh, intanto di un videogioco per Playstation 2 che può vantare un’importante fanbase giapponese e una piccola fetta di appassionati occidentali (nonché giuoco apparso regolarmente sul mio blog principale per i Veri Fan che mi seguono anche lì), ma anche di un film ambientato in un futuro alternativo degli anni ottanta in cui tutti i protagonisti sono interpretati da ragazze e scrivere molto velocemente su un computer a schermo verde è considerato C Y B E R P U N K. Che cosa state aspettando? Iniziamo!
Boku no Natsuyasumi 2: Umi no Bouken-hen
Nel 1975 Boku ha nove anni e sua madre decide di spedirlo dai suoi zii per tutto il mese di agosto in previsione del suo parto imminente per non avere pargoli tra i piedi; la destinazione è la campagna della prefettura di Yamanashi, ricca di possibilità per un bambino appassionato di battaglie tra insetti, esplorazione e soprattutto la proficua attività dell’immischiarsi negli affari degli adulti che è com'è giusto e sacrosanto tanto cara a tutti i più piccoli
Solo che la destinazione non è davvero la prefettura di Yamanashi, bensì un villaggio di mare sulla costa ovest del Giappone, perché questo non è il primo Boku no Natsuyasumi, ma uno dei quattro sequel spirituali che l’hanno succeduto dopo il suo significativo successo in Giappone (e oltreoceano, almeno per i pochi appassionati in grado di masticare un po’ di giapponese): per la precisione il secondo, Umi no Bouken-hen, salito alla ribalta nel mondo dell’emulazione occidentale grazie alla minuziosa traduzione di Hilltop Works, resa pubblica alla fine dell’anno scorso, che ha permesso anche a chi parla soltanto l’inglese di provare per la prima volta un titolo di questa saga discretamente popolare nella sua terra natale. Saga abbastanza conservatrice, considerando che tra tutti i titoli le variazioni sono minime e consistono nella scelta dell’area del Giappone in cui Boku passerà l’agosto del ‘75, alcuni cambiamenti nei personaggi ricorrenti e nelle migliorie tecniche dovute alla console di uscita di ciascun titolo. Insomma, una saga peculiare già a partire dalla sua direzione artistica, che rimane tale anche quando si considera il tipo di gameplay che propone e che ha contribuito a renderla abbastanza unica nel suo genere.
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La copertina del videogioco. Trovo lo stile cartoon 2d del materiale promozionale adorabile.
Infatti una volta approdati nella cittadina marittima in compagnia di Yasuko, una ragazza di quattordici anni che torna a casa per le vacanze, per Boku si spalancheranno le porte di un intero mese di completa libertà: i suoi zii si assicureranno che mangi due volte al giorno e che non affoghi scandagliando i fondali marittimi, ma tutto il resto del suo tempo potrà essere speso come meglio gli aggrada. Durante l’intera giornata di Boku infatti il giocatore potrà scegliere in completa libertà quale zona della mappa esplorare, con quali personaggi interagire e in che attività impiegare il proprio tempo – attività di cui non c’è certo penuria, considerando che avrete a disposizione una canna da pesca, dell’acqua zuccherata per attrarre giganteschi scarafaggi da utilizzare nei combattimenti contro quelli dei vostri cuginetti, e l’intero fondale marittimo da esplorare alla ricerca di tesori e passaggi segreti! Senza considerare l’ingente quantità di persone che faranno avanti e indietro dalla casa dei vostri zii, che funge anche da B&B per i turisti; dal pacato turista americano Simon fino allo schivo Taniguchi, prono ad alzare il gomito anche di prima mattina. Ma sarà possibile conoscere bene anche le sorelle Yasuko e Hikari, un po’ sole e con una famiglia particolare alle spalle… Insomma, la vera domanda non è che cosa mai potrete fare per i trentun giorni di agosto in cui sarete lontani dai vostri genitori, ma se riuscirete a sfruttare al meglio tutto ciò che la città ha da offrire prima di essere costretti a tornare a casa.
Piano piano, mentre vi acclimatate alla routine della giornata tipo della vacanza estiva di Boku, scoprirete almeno un paio di cose che vi sorprenderanno assai in positivo. La prima è che Boku no Natsuyasumi non è solo una bella esperienza, ma è anche un bel gioco. Sì ok, storia e gameplay non sono elementi narrativi distinti, un gioco è un’esperienza a tutto tondo in cui ciascun singolo elemento è inestricabilmente coinvolto nella formazione del suo senso ultimo, la dissonanza ludonarrativa è vera e può farti del male ecc. ecc., ma è innegabile che chiunque sia abituato a fare del retrogaming spesso e volentieri per accedere ad una storia affascinante si debba abituare ad un’esperienza legnosa, ad un’interfaccia confusa e a delle convenzioni di gioco obsolete che possono rendere le sessioni di gioco complessive decisamente meno appassionanti di quello che potrebbero essere. Non è però il caso di Boku no Natsuyasumi, che nonostante faccia la scelta poco felice di far muovere il personaggio con una strana combinazione di tasto x per avanzare e le quattro frecce per direzionare (… sì, è fastidioso come state pensando), costruisce ciascuna attività di ciascuna giornata con la massima attenzione a renderla meno intrusiva e faticosa possibile per il giocatore. Non c’è il rischio che gli eventi diventino troppo dispersivi grazie ad un efficace guida giornaliera sugli eventi più salienti che prende forma grazie alle predizioni di Hikari, la luce ci farà sempre capire a che punto della giornata siamo e quanto tempo ci rimane, la pesca è un semplicissimo minigioco d’attesa in cui si preme un solo tasto e la maggior parte delle attività, anche in virtù della loro semplicità, sono godibili senza risultare del tutto casuali; un ottimo esempio è la lotta degli scarafaggi, determinata dalle caratteristiche degli stessi, da quanto abbiamo dosato la loro aggressività e dalla fortuna, elementi che premiano un certo coinvolgimento emotivo senza suscitare troppa frustrazione.
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Davanti al B&B degli zii di Boku, nonché un ottimo punto per tuffarsi a scandagliare il fondale in cerca di tappi di bottiglia.
Il gameplay di Boku no Natsuyasumi però ha meritato una menzione speciale solo per la sua abilità di mettersi al servizio dell’esperienza chiave del titolo, che non fa certo perno sulla complessità dei suoi sistemi. Il gioco propone un’esperienza marcatamente nostalgica, se non altro per via della minuzia con cui ricostruisce ciascuna interazione che un bambino di otto anni può avere con l’ambiente, gli adulti e i coetanei attorno a lui; esperienza ulteriormente calata in uno specifico contesto culturale di cui non mi sento di giudicare l’”accuratezza storica”, ma che di sicuro fa un ottimo lavoro nel vendere al giocatore perlomeno un’ottima illusione di come poteva essere il mese di agosto del 1975 in una cittadina marittima del Giappone. La malinconia di cui è impregnata ogni giornata di cui si ha esperienza nel gioco è ben sostenuta nella sua profondità e autenticità anche dalla complessità dei dialoghi che si hanno con gli adulti nel gioco; sebbene il paragone più ovvio che possa venire in mente dalla mia descrizione finora per questa saga possa essere Animal Crossing, il gioco non potrebbe essere più distante da quello specifico e melenso filone del cozy gaming che costruisce una fantasia zuccherosa dietro la quale si cela poca carne al fuoco nel senso narrativo del termine (conflitto, evoluzione e così via), ma si tratta chiaramente di un gioco da adulti per adulti. Nel corso dei giorni Boku potrà parlare con un anziano che si sente spaesato e inutile dopo la morte della moglie e del figlio, con una madre che fugge dai suoi figli perché si sente soffocare dal villaggio in cui è cresciuta e con un uomo che passa il tempo sulle montagne piuttosto che stare con il figlio appena quattordicenne – e ciascuno di questi incontri non ci permetterà di aprire il menù delle quest per risolvere la vita dell'NPC di turno che ci ha appena aperto il cuore, ma si risolverà in dialoghi fugaci che lasceranno il protagonista spesso confuso, e il giocatore più conscio della complessità delle dinamiche del villaggio in cui Boku è stato catapultato.
Quello che rimane al momento di salire sul traghetto del ritorno è proprio la sicurezza di aver parlato con persone con una vita più grande, misteriosa e complessa degli scorci che Boku ha visto e sentito, proprio come succedeva spesso a noi da bambini e come certamente capita anche agli adulti; e questa esperienza formativa per Boku ben si riflette nel corso delle giornate che passano, in cui il nostro protagonista imparerà a fare considerazioni un po' più complesse di prima sulle persone che lo circondano. Insomma, quello che davvero Boku no Natsuyasumi 2 è capace di regalare ad un giocatore adulto è proprio il ritorno a quella scoperta totalizzante e straordinaria che si provava sia di fronte alle scoperte provenienti dal mondo adulto che all’esplorazione della natura e dell’ambiente attorno a noi. Il mio consiglio è di provare sulla vostra pelle almeno un paio di queste giornate di agosto, per scoprire se è l’esperienza che state cercando.
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Il diario che Boku compila a fine giornata con gli avvenimenti più rilevanti è credo nella mia top ten di cose belle che ho visto quest'anno.
Summer Vacation 1999
Sarebbe l’estate più noiosa di sempre nella scuola di Kazuhiko, Naoto e Norio, visto che sono loro gli unici tre ragazzi che hanno scelto di non tornare a casa per le vacanze e invece di passare le giornate a fare i compiti al computer, a cucinare e a giocare nei campi che circondano l’edificio deserto; se non fosse che la tensione nell’aria si taglia con un coltello e ogni scusa è buona per litigare, perché pochi mesi prima l’intera scuola è stata scossa dal suicidio di Yu, un ragazzo dello stesso anno di Kazuhiko e Naoto che si è lanciato dalla scogliera a due passi dall’edificio scolastico. Norio è convinto che la causa della sua infelicità fosse Kazuhiko, che dal canto suo passa le giornate in compagnia di Naoto, l’unico ragazzo che sembra in grado di rasserenarlo e di fargli allontanare dalla mente quel tragico evento… Almeno finché alla fermata del treno non scende Kaoru, copia perfetta di Yu che si presenta come un nuovo studente che condividerà le settimane successive con i tre; e nel tentativo di comprendere che cosa si cela dietro questo ritorno fantasma, ciascuno dei tre ragazzi aprirà la porta a tutte le pulsioni inconsce che fino a quel momento erano rimaste saldamente chiuse dietro un lucchetto a diverse mandate. E sì, sto naturalmente parlando del sesso gay.
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Le uniformi hanno ovviamente lanciato una moda, e ci mancherebbe altro.
Ora che l’elefante nella stanza è stato finalmente svelato, mi pare giusto notare le due peculiarità del film che me l’hanno fatto immediatamente guardare la sera stessa in cui sono capitata sulla pagina del suo regista, Shusuke Kaneko. In primo luogo, se la trama di questo film vi sembra anche solo vagamente familiare, c’è una buona possibilità che abbiate letto Il cuore di Thomas, il manga di Moto Hagio da cui il film è liberamente ispirato; per quanto le differenze siano moltissime, dall’ambientazione fino al destino di molti personaggi, i temi trattati sono simili – fatto che non dovrebbe sorprendere nessuno che già conosce Hagio, di cui io ho letto solo l’etereo Il clan dei Poe, pioniera e maestra dei boys’ love. La seconda cosa che ha immediatamente fatto rizzare le mie antennine sensibili al bizzarro è che in questo film non c’è un solo ragazzo: ciascuno degli adolescenti è interpretato da giovani attrici, fatto che in nessun modo viene mai rimarcato all’interno della narrativa stessa ma che sicuramente dona un ulteriore fascino ad una storia che ruota attorno alle pulsioni proibite, dirompenti e totalizzanti dell’adolescenza, esasperate dalla solitudine estiva e dal quieto scorrere di giorni sempre uguali.
Purtroppo la scelta di interpreti così giovani si fa sentire: nessuna di loro era all’epoca particolarmente talentuosa nell’arte della recitazione e la mancanza di esperienza è molto evidente. Moltissime scene sono legnose, recitate da attrici che imbastiscono monologhi esitanti e spesso poco convinti, tanto che è molto facile immaginarsele con il copione in mano che cercano di mandarsi a mente il discorso che dovranno recitare di fronte ad una telecamera. Non sono una persona che soffre particolarmente attori mediocri o scadenti – altro vero marchio che sancisce la mia esclusione dalla cinefilia dura e pura – ma è innegabile che il film a tratti ne soffra parecchio; ad essere però particolarmente generosi, mi sento di notare che questa recitazione così artificiosa s’incastra piuttosto bene con il resto dell’ambiente che i personaggi navigano.
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In questa scena viene citato Demian con i suoi pulcini nel guscio, riprova del fatto che Ikuhara si sarà visto questo film più e più volte.
Infatti la scuola semideserta è costruita con grande maestria per indurre un fortissimo senso di straniamento nello spettatore, che si trova ad osservare un ambiente a volte ai limiti del plausibile e dal look plasticoso e retrofuturistico (che la pagina Wikipedia italiana insiste a definire cyberpunk). Dai monitor verdi che i quattro studenti fissano ogni mattina, digitando una serie di parole inintelligibili ad altissima velocità, presumibilmente per completare improbabili esercizi, fino agli strani giochi presenti in camera di Norio, ciascun elemento dell’ambientazione e ciascuna scelta di regia aiutano a sottolineare il carattere artificioso e favolistico dello spazio in cui i ragazzi interagiscono, come a puntare il dito sul fatto che si tratta di una storia universale, trascendente qualsiasi specificità poiché incentrata su pulsioni ed emozioni che ciascun adolescente prova nel corso della vita. L’effetto complessivo non è dissimile da quello della strana scuola che frequenta Utena, anche se l’ispirazione estetica è piuttosto diversa: un ambiente dominato dalla routine, dal lento incedere di giorni sempre uguali, che lentamente soffoca chi vive al suo interno finché qualcosa non appare a cambiare le carte in tavola.
Ed è questa cura minuziosa per l’atmosfera in cui il film ci deve immergere che mi ha fatto apprezzare Summer Vacation 1999 così tanto. Al netto delle performance meno che brillanti e di una narrazione lineare fino alla banalità che segue lo scombussolamento che Kaoru provoca nella psiche di tutti gli altri, si tratta di un film che ben cattura quelle estati topiche dell’adolescenza in cui avvengono ogni sorta di rimescolamenti emotivi, in cui ciascuna emozione è volatile, esplosiva e pronta a prendere il sopravvento; Kaneko preme a fondo il pedale sulla repressione che l’ambiente instilla in ciascuno dei ragazzi, e lo fa senza mai mostrare nessun elemento apertamente coercitivo, fatto che di certo fa onore alla sua abilità registica e che permette di mantere un filo di non detto in un film che è tutto tranne che sottile nella messa in scena dei turbamenti adolescenziali di fronte al taboo. Che ok, è il desiderio omosessuale ma anche l’attaccamento morboso, l’isolamento, la paura dell’apertura all’altro e tutta una serie di altre emozioni complicate che facilmente portano a ferire gli altri, sia in senso puramente psicologico ma anche e soprattutto in quello fisico, pericolo ben presentato nel film dalla scogliera dalla quale Yu si è buttato, che ricompare ancora e ancora nel corso delle scene fino al finale carico di tensione che la vede indubbia protagonista, in cui ogni frame di ogni inquadratura suggerisce ai quattro ragazzi un modo semplice e rapido per porre fine ai loro tormenti.
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Tutti assieme in una scena senza alcun significato allegorico legato allo strumento suonato. Boys will be boys no homo <3
Non si tratta di un film che piacerà a tutti, vuoi per l’artificiosità della messa in scena, vuoi per la recitazione poco ispirata, o vuoi perché dalla prima scena del film è tutto sommato assai semplice dipanare la matassa della narrativa e leggere in anticipo ciascun movimento di trama, come in qualunque boys’ love degli anni ottanta che si rispetti; ma se anche solo una delle cose che questo film fa bene vi ha catturato vi consiglio caldamente di prendervi una sera per guardarlo e scoprire se l’atmosfera estiva (nel senso più opprimente del termine) di questo film fa per voi.
Detto ciò, questo consiglietto giunge al termine! Anzi, consiglio a pieno titolo, vista la lunghezza – in qualche modo dovevo farmi perdonare l’assenza prolungata. Va detto che all'inizio avevo pensato di imbastire un post fatto come si deve su qualche perla del cinema coreano, ma la seduzione del clima estivo ha ben presto preso il sopravvento e mi sono ritrovata a scartabellare nei miei cassetti mentali per poter parlare di qualcosa adatto al periodo; sono convinta di aver trovato proprio le cose giuste di cui parlare e spero che queste mie essenziali considerazioni possano aver stuzzicato la curiosità di qualcuno. Adesso torno a riascoltarmi tutto Kagerou Project però.
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katnisshawkeye · 5 months ago
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Abhorsen
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Scheda informativa
Titolo originale: Abhorsen
Terzo capitolo de: Trilogia del Vecchio Regno
Autore: Garth Nix
Editore: Fazi Editore
Prima edizione: 2024
Pagine: 380
Prezzo: € 18,50
Trama
Dopo secoli di cattività, il Distruttore sta per tornare libero: Orannis non è più imprigionato nelle profondità della terra e sta cercando di spezzare l'ultimo vincolo che gli impedisce di esercitare i suoi terribili poteri. Mentre il Vecchio Regno cade ancora una volta nell'oscurità e nel terrore, la popolazione può confidare solo nell'Abhorsen, flagello dei morti. Ma l'Abhorsen Sabriel si è recata ad Ancelstierre insieme a suo marito il re e nessuno ha più ricevuto notizie. Soltanto Lirael, erede alla carica di Abhorsen, ha qualche possibilità di fermare Orannis, anche se non ha idea di come fare. Fino a poco tempo fa era semplicemente un'assistente bibliotecaria, che speranze può avere di salvare il mondo? Guidata da una visione delle Clayr, Lirael decide di mettersi in viaggio insieme ai suoi fidati compagni – Sameth, la Canaglia e Mogget – per cercare ovunque, sia nel regno dei vivi che in quello dei morti, qualcosa che la aiuti a fermare il Distruttore. Ma tra i mostri d'ombra e malvagi negromanti, sembra che Nicholas, il migliore amico di Sameth, si sia lasciato manipolare dai poteri di Orannis e stia collaborando con lui. Che possibilità ha una giovane donna di sconfiggere un potere in grado di distruggere la vita stessa?
Recensione
È sempre meglio agire.
Con l'Abhorsen — il terzo volume della Trilogia del Vecchio Regno —��si conclude il viaggio di Lirael che, partita dal Ghiacciaio delle Clayr come “Clayr senza vista” trova non solo il suo posto nel mondo, ma anche una famiglia e degli amici che, con il tempo, imparerà a conoscere, così come diventerà un'Abhorsen degna del suo ruolo, orgoglio di suo padre, Abhorsen prima di Sabriel,e della stessa Sabriel sua sorellastra, proprio come sua madre Arielle aveva previsto.
Meglio non contare le mele prima di aver piantato l'albero. [...] La vita andava avanti, sebbene in una lotta continua.
Come nei precedenti volumi Lirael e, prima ancora, Sabriel, anche nell'Abhorsen sono contenuti preziosi insegnamenti, tra cui il non mettere fretta al tempo e alle proprie capacità e abilità di spledendere, e il non arrendersi mai di fronte alle difficoltà.
La scrittura di Garth Nix ti tiene incollato alle pagine, piene di colpi di scena e avventure che vorresti davvero vivere in prima persona, nonostante l'oscurità e l'incombente malasorte del mondo che potrebbe polverizzare tutto il conosciuto, tanto che anche nel fortuito caso in cui Lirael e i suoi compagni non fossero riusciti a fermare il Orannis, il Distruttore, la fantasia del lettore sarebbe galoppata: se per pura fortuna un singolo individuo, o un paio di esseri viventi, fossero riusciti a scampare alla morte certa, cosa sarebbe loro successo? Un interrogativo che, comunque, non si pone se non in un finale alternativo.
L'epilogo dell'Abhorsen lascia comunque spazio all'immaginazione: in cosa consiste il nuovo e inaspettato percorso di Nicholas Sayre?
Valutazione
★★★★★ 5/5
La serie Trilogia del Vecchio Regno
Sabriel Lirael Abhorsen
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d3viljack · 11 months ago
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Viaggio a Roma fantastico.
Veramente poco di perfetto.. ma quel poco ha reso perfetto il resto.
Qualche appunto:
Ho dormito con Ele. La prima notte giusto qualche mini coccola ma niente di particolare.. “aveva freddo” e io sono una stufa umana
La seconda notte.. anzi, partiamo dalla sera… le ho fatto i grattini tutta la sera prima di andare a letto per poi passare al coccolarla un poco poco, tenerle le mani perché le aveva veramente gelide con la sua testa che appena appena si appoggiava sulla mia spalla (che si è presa piano piano..) e infine dormire “vicini vicini”…
Lo so che può sembrare incoerente.. e buona parte di me lotta per non cedere.
Alla fine l’ho coccolata tutta notte. La accarezzavo dove le faceva male per via dei 25km di “passeggiata” per Roma. Si è del tutto lasciata toccare… anche al mattino. Mentre parlavamo di cosa fare nelle restanti ore. Mi ha lasciato la mano scorrere libera nel suo interno coscia… con la sua testa sempre vicina alla mia, appoggiata sulla mia spalla.
Di base non mi sono mai spinto così il la con lei.. ma perché non me l’ha mai permesso! Ogni altra minima occasione di contatto durava 5/10 minuti.. dove poi venivo allontanato. Stavolta parlo di una notte intera.. dalle 3 alle 10 del mattino.
Ok ok.. ho pensato di provare a spingermi un po’ oltre gli schemi dopo uno di quei famosi momenti da 5 minuti.
Il venerdì sera, al tiki bar nel momento di pagare, aveva le mani congelate.. le ho messo le mie mani davanti e.. HA MESSO LE SUE SOPRA!! 😂 e io che pensavo di sentire un vaffanculo o qualcosa… e invece, per qualche misero minuto, siamo rimasti così.. a guardarci.
Che poi magari erano 10 secondi ma per me è sembrato “parecchio tempi”
Altro punto. Il rientro in treno.
Da milano a Varenna si è seduta vicina a me… facendo scambio con uno della compagnia.
Ha tenuto il busto lontano da me ma teneva una gamba attaccata alla mia.. e ogni tanto la muoveva stile carezza (oppure era il treno?). Fatto sta che “dormiva” e le ho messo una mano sul ginocchio.. davanti a me J e mio fratello che mi guardavano 😂
Da lì.. ho iniziato ad accarezzarla un po’. Niente di zozzo eh! Tra timidezza e pudore sto messo na merda.
Anche quando si è svegliata mi ha lasciato fare.. ed ero tornato all’interno coscia come al mattino. Parlavamo tutti e 4 assieme.. e continuava a lasciarmi fare.
Altri punti interessanti anzi fondamentali per le mie vacanze romane:
Ho finalmente conosciuto dal vivo lei, la persona che mi ha salvato dall’oscurità che continuava a crescere dentro di me.
V sei davvero speciale… non mi sono mai sentivo così bene e tranquillo. Venerdì mi è sembrato di vivere in un mondo alternativo.
Ogni male sparito
Ogni casino scasinato
Ogni angolo buio sembrava illuminato
I tuoi occhi trasmettono così tanta sicurezza che invidio i tuoi pazienti.. pagherei anche io pur di stare qualche altra ora😂
Hai un posto nel mio cuore.. assieme al Trapizzino alla trippa che mi ha fatto piangere da quanto era buono😂 mai mangiato qualcosa di così divino. Anche lì… merito tuo che ci hai mandati li ❤️
Conclusioni:
Non ho intenzione di provarci con Ele. Le voglio davvero bene… ci sono sensazioni dentro me che dicono che ha solo bisogno di essere un po’ amata. Anche se lei non vuole.. a quanto pare. Parte di me pensa che ci sia qualcosa. Ha solo paura. È quando si sente al sicuro che si lascia andare
V è speciale e se potessi averla a portata di auto.. andrei a cercarla ogni sera. Per un caffè. Anche stare in silenzio andrebbe bene.. mi basterebbe tuffarmi nei suoi occhi un po’, sentirmi coccolato e apprezzato per quello che sono
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carmenvicinanza · 9 months ago
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Maryse Condé
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Maryse Condé è stata la scrittrice, giornalista, accademica e drammaturga che ha, più volte, sfiorato il Premio Nobel per la letteratura.
In compenso, nel 2018, anno in cui l’accademia ne aveva sospeso l’assegnazione, è stata insignita del New Academy Prize in Literature, che è ritenuto il Nobel Alternativo.
I suoi libri parlano di radici, schiavitù, rapporti tra i sessi e delle molteplici identità nere.
Ha insegnato a Berkeley e Harvard e fondato e diretto il primo Centro di studi francofoni alla Columbia University.
Ha pubblicato circa venti romanzi, in italiano sono stati tradotti, tra gli altri, Le muraglie di terra, La terra in briciole, La traversata della mangrovia, Io, Tituba strega nera di Salem, Vita perfida (vincitore nel 1988 del Premio Anaïs Nin dell’Académie Française) e l’autobiografia La vita senza fard.
Ha scritto racconti e recensioni per riviste letterarie e tenuto rubriche per la BBC e Radio France Internationale.
Nata col nome di Maryse Liliane Appoline Boucolon, l’11 febbraio 1934 a Pointe-à-Pitre, in Guadalupa, era la più giovane di otto fratelli e sorelle di una famiglia borghese. Suo padre aveva contribuito. a fondare la banca delle Antille e sua madre era stata una delle prime insegnanti nere della sua generazione.
Ha vissuto un’infanzia privilegiata lontana dal concetto di identità e colonialismo, in casa si parlava francese e non creolo e si aveva accesso a libri e cultura. 
Solo quando si è trasferita a Parigi, a diciannove anni, per terminare gli studi, ha realizzato che il colore della sua pelle era una discriminante.
“Capivo di non essere né francese né europea. Che appartenevo a un altro mondo e che dovevo imparare a strappare le bugie e a scoprire la verità sulla mia società e su me stessa“, ha ricordato nel documentario Una voce singolare a lei dedicato nel 2011.
È stato in Francia che ha conosciuto la negritudine, il vero significato del colonialismo e iniziato ad approfondire, con diversi articoli, la sua condizione di donna creola muovendo i suoi primi passi nell’ambiente dell’attivismo culturale internazionale.
Dopo aver avuto un figlio con un giornalista e attivista haitiano ammazzato per essersi opposto al regime, ha sposato l’attore Mamadou Condé da cui ha preso il cognome e con cui ha vissuto in Africa.
Dopo diversi anni passati a insegnare in Costa d’Avorio, Guinea e Ghana, da cui è stata espulsa accusata di essere una spia dopo il colpo di stato, si è trasferita a Londra dove ha lavorato per la BBC come esperta di cultura africana.
In Senegal ha lavorato come traduttrice per l’Istituto di Sviluppo Economico e Pianificazione, per il Ministero della Cooperazione Francese e insegnato in un liceo di Kaolack, città in cui ha incontrato quello che sarebbe diventato il suo secondo marito, Richard Philcox.
Grazie al suo lavoro di critica letteraria presso Présence africaine, rivista e casa editrice panafricana, ha avuto modo di incontrare diversi esponenti del mondo culturale che l’hanno spinta a tornare all’università, alla Sorbonne, dove si è laureata in letteratura e studi comparati nel 1976, anno in cui ha pubblicato il libro Hérémakhonon e tenuto una conferenza sulla letteratura femminile in Guadalupa e Martinica.
Per Radio France Internationale ha condotto un programma in cui approfondiva e faceva conoscere i grandi rappresentanti della cultura rivoluzionaria nera.
In seguito al successo di Ségou, nel 1985, libro che ha venduto milioni di copie e l’ha resa nota a livello internazionale, si è divisa tra l’insegnamento negli Stati Uniti e il soggiorno a Guadalupa, alla ricerca delle sue origini.
Il ritorno al paese natale è stato una costante di gran parte della sua opera successiva in cui ha eviscerato il senso identitario della creolità antillese.
Tornata in Francia, è stata presidente del Comitato per la memoria della schiavitù, organismo che ha fortemente voluto creato, per appoggiare la piena applicazione della Legge Taubira che nel 2001 ha riconosciuto la Tratta atlantica degli schiavi africani come crimine contro l’umanità.
Nel 2020, è stata insignita della Legion d’Onore.
Negli ultimi anni della sua vita ha vissuto in un piccolo villaggio provenzale nel sud della Francia, dove si è spenta a novant’anni, il 2 aprile 2024, lasciandoci l’esempio di come si possa raccontare la storia da un’altra prospettiva.  
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micro961 · 9 months ago
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Cristina Russo & NeoSoul Combo - Pieces of a Woman
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Pronto all’uscita il nuovo lavoro discografico
Si apre nel migliore dei modi il 2024 per l’artista siciliana Cristina Russo, cantante ed autrice catanese tra le più apprezzate nel panorama indipendente musicale italiano.
Il 7 Marzo esce il nuovo album in formato vinile intitolato "Pieces of a Woman", un progetto che ci trascina musicalmente nel mondo di sonorità alternative e contaminate da diversi stili caratterizzanti dell’artista, affiancata dalla sua fidata band i Neo Soul Combo.
La firma del lavoro è proprio “Cristina Russo & Neosoul Combo", ovvero il nome che da anni ormai accompagna i suoi progetti e le performance “live” in giro per l'Italia. L’artista , con sue parole, ha reso noto che è stato un duro lavoro di studio che ha visto molti brani venire alla luce con spunti ed idee in brain storming insieme ai suoi musicisti, ormai una vera e propria famiglia. La scia sonora ricalca lo stile dell'album Energy, uscito nel 2019. Questo nuovo ed appassionato progetto non sarebbe stato possibile senza la direzione artistica e gli arrangiamenti musicali di Marco Di Dio, la cui mano sapiente ed estro artistico sono dietro al successo ed ai lavori di altri artisti siciliani in vari ambiti diversi: da Club Rivera, ad Andrea La Ferla, da VIVO ad Alice B. "Pieces of a Woman" pubblicato in vinile (e dunque un tocco di classe ma anche alla moda) ha dei tratti “urban” molto vicini al sound “new jazz”, quindi in perfetto stile neosoul, ma non manca qualche sorpresa come degli accenni musicali in stile anni ‘80 che hanno influenzato le ritmiche e le melodie presenti in alcuni brani, come ad esempio nella canzone "Splendidi".
La “urban fusion music” che Cristina Russo e la sua band propongono in "Pieces of a Woman" è ritmata senza tralasciare la raffinatezza che accomuna molti dei loro lavori; la caratteristica voce graffiata e calda, in puro stile soul black di Cristina, si presta in questa occasione ad un sound più moderno: il nuovo jazz d'oltreoceano, dove il piede non smette di muoversi. Cristina Russo e la sua band ci trascinano come sempre nel loro mondo alternativo e “contaminato”; la passione per il così detto sound neo soul, mixato secondo mood e creatività con tocchi di “urban fusion” ,“ new jazz” e “new reggae” sono la base dei loro progetti. Il tutto espresso con uno stile personalissimo e di grande fascino, che si sprigiona ancor più nei “live” dove la formazione completa dà il meglio di sé, con estrosa raffinatezza, lasciandosi spesso coinvolgere dall’atmosfera del momento e dal feedback del pubblico. 
Cristina Russo & Neosoul Combo: Cristina Russo - voce  Mariano Nasello - basso  Angelo Di Marco - tastiera  Marco Di Dio - batteria
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stunmewithyourlasers · 1 year ago
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Il mondo è sempre più dei belli e dei loro canoni.
Non importa se sei alternativo,punk,qualunque sottocultura e stile esistente,essere belli mette in un gruppo a parte,come in un continente diverso,con occasioni,sguardi e comunicazioni diverse che non toccano gli altri.
Apre porte di merito per coloro che magari merito non hanno.
Sto cercando di depurarmi e depurare anche ciò che vedo dai social perché sono in overdose di bellezza e vedo troppa gente che non solo diventa famosa per quello (per l'amor di dio,ci son lavori in cui è fondamentale tipo i modelli e okay) ,ma che fa solo quello.
Tipo i video con i tipi o tipe che l'unico contenuto che producono sono video di loro che si specchiano e fanno il botto di interazione solo perché sono e stanno facendo i belli.
Nausea
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b0ringasfuck · 1 year ago
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La fallacia logica preferita nel mondo dei minipony, magistratura comunista a orologeria o delinquenti?
Chiaramente il fascio vive in simbiosi con la palla.
E la palla migliore è un intero universo alternativo pieno di "comunisti" falliti ma che controllano i destini del mondo.
Visto che purtroppo nel mondo reale e fascio in cui viviamo le idee coerenti di sinistra non è che abbiano questa gran diffusione, il fascio ha gran agio a mettere in bocca alla fantomatica lobby mondialista di sinistra delle cazzate che né a sinistra né a "sinistra" del fascio (il meno peggio) sono state mai sostenute.
Oggi per esempio leggevo che il fantomatico "bimbiminkí comunista" all'ipotesi di Crosetto che ci sia una fazione della magistratura tradizionalmente ostile ai governi di centrodestra risponderebbe "link, source???".
Il problema è chiaramente malposto.
Come mai i governi di destra sono contigui se non collusi con la delinquenza se non proprio formati da pregiudicati?
Per la cronaca... la logical fallacy è la "False attribution", una delle tante specializzazioni della balla.
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ssensucht · 7 months ago
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ho adottato un nuovo batuffolo di 7 anni.
la cosa mi riempie il cuore in un modo che non so descrivere, allo stesso tempo sono devastata. piango da tutta la mattina, la mia gatta senza nemmeno averlo ancora visto mi soffia ed è arrabbiata con me.
quella con Penelope è una relazione di co-dipendenza. credo che io e lei saremmo in grado di trovarci in ogni vita e universo possibile. in ogni mondo alternativo raccoglierei quella minuscola pallina e la stringerei a me. la sua esistenza mi ha cambiato la vita. vederla così mi distrugge, non merito il suo amore o il suo perdono e sono sul punto di chiamare la persona da cui l’ho preso per dirle “non ce la faccio, è troppo difficile per me.”
allo stesso tempo questo musetto sdentato ha bisogno di me, solo di me.
lei è nell’altra stanza delusa e tradita, io sono con lui che piange ogni volta che viene lasciato solo.
essere sensibile alla sofferenza vuol dire che non dormirò per una settimana probabilmente.
wish me luck.
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