#misteri temporali
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pier-carlo-universe · 13 days ago
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Il Divoratore del Tempo di Alex Tiepolo: un viaggio nel futuro tra enigmi e conflitti. Recensione di Alessandria today
Una storia avvincente che intreccia mistero, guerra e introspezione personale. “Il Divoratore del Tempo”, scritto da Alex Tiepolo, è un romanzo che mescola abilmente fantascienza, thriller e dramma umano. La narrazione si snoda tra un mondo sconvolto da guerre civili e un enigma temporale che porta il protagonista a interrogarsi sulla natura del tempo e sul suo legame con gli eventi personali e…
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hamamatsu-divison · 1 year ago
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"everything is possible for a eccentric"
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Timeline
Age 0
is born to Yukimura Yakumo and Yukimura Sae
Age 4
His father teach him to read
He found out his father's detective child books
Starts to deduce the riddles and misteries for fun
Age 6
Noticed his mother's strange behaviors
Nellie ask to his father about that but he say him he's "too young to understand" to Nellie's frustration
Age 8
Sae attacks him during a maniac episode and make him a laceration at a leg
After it she ingreses temporaly to a psychiatric
His father explain Nellie his mom have a mental illnes called "schizophrebia"
Nellie starts to research about that and others mental illnes
To distract him of the past attack, Yakumo give him so very books of the Author Jules Verne and Nellie develope a fascination for his works
After a few of months Sae out from the psychiatric and Nellie is happy of see her
Age 12
see his father writing short tales and Nellie becomes intereseted on write by himself
Learn that schizophrebia can be inherited and is secretly scared of inherited the illnes from his mother
To distract himself Nellie starts to looking for events and stories around him in the form of "aritcles" that make him develope interest at journalism
Age 15
His father show him his new works as novelist and Nellie is happy for him
Age 18
Graduates high school and enters to university to obtain his degree in literature
Takes a journalism course as "extracurricular activity"
Sae ingreses to a psychiatric permanently after her mental state worsened, Nellie is sad of that
Age 21
Graduates university with a degree in literature
Starts to write for a newspaper
Nellie write detailed criminal analysis at his articles about crimes that leave people impressed
Meets and befriends Ryukyu Shirone when Nellie was writing stories in kumamoto
Ryukyu introduce Nellie with his couple Aoi Yamamura and their children, Aoba, Kururi and Eden
Nellie befriends the children, especially Eden
Age 23
Starts to work with polices and law workers for his knowledges and abilities as researcher and analiyst but Nellie is often in disagree with them for their black and white point of view
Nellie starts to have migraines,hallucinations and mood swings he try to ignore it but not work
His biggest fear becomes true when he is diagnose with schizophrenia
Fall in depression but is supported by Ryukyu and Aoi
Take meds and learn to live with it but deny to tell his father he inherited Sae's illnes
Age 24
Open his publishing-house called "Verne publishing-house"
His father ask him for edit and publish is literature works and Nellie is happy of do it
Age 25
Aoi is muredered by people from aoyama
Nellie lament his friend's death and support Ryukyu
Age 29
His father is defended by Kisouna Yuzairu after be accused of fraud and plagiarism and Nellie fall in love for her
Ryukyu ask Nellie if he want to adopt Eden, Nellie doubt because don't think he can take care well of Eden due to his job and mental illnes
Meet and befriends Kaede Iwasawa who after introduce him with his boyfriend,Jyuto Iruma
Nellie is esceptic of his relationship but see how Jyuto love Kaede genuinly
Age 31
His father is killed by a group called "The Theater"
Nellie starts to research the mistery behind his death
His schizophrebia worsened and have episodes more often
find Eden is "the succubus" but Nellie don't surprised because Ryukyu told him about the supernatural and Eden's abilities
Age 32-present
find a connection with the group know as "The Theater" with the Division Rap Battle
Eden bring him three hypnosis microphone that he taked in one of his "hunts"
He becomes the leader of the Hamamatsu's division team Trickstar alongside Eden Yamamura and Kaede Iwasawa
Schedule
1:30 a.m 6:00 a.m-asleep
6:00 a.m 6:15 a.m-freshens up and have breakfast
6:15 a.m 6:55 a.m-walk to the his publishing-house
6:55 a.m 11:30 a.m-working at his publishing-house
11:30 a.m 12:00 p.m-lunch
12:00 p.m 15:00 p.m-writing for his journalism
15:00 p.m 15:40 p.m-returns home
15:40 p.m 17:00 p.m- do publishing-house paperwork
17:00 p.m 18:00 p.m-free time (feed and play bakeneko or read)
18:00 p.m 18:30 p.m- talks with Eden about their day
18:30 p.m 19:00 p.m-makes dinner
19:00 p.m 19:20 p.m-dinner with Eden and Kaede
19:20 p.m 20:10- out looking for stories
20:10 p.m 20:50-returns home
20:50 p.m 23:00-writing his novel
23:00 p.m 23:30-listen music
23:30 p.m 1:00 a.m-researching/analysing crimes
1:00 a.m 6:00-asleep
Character hashtags
Regular hashtags
#Verne publishing-house
#proud father of a devil
#aspiring novelist
Trauma hashtags
#victim of my own mind
#inherited illnes
#my father's corpse
Other info
Hobby: caligraphy
Weakness:schizophrebia episodes
Trauma:"with every day i slowly lose my mind and i can't reality connect"
Twitter:@VerneEditor
Drinks:yes
Smokes:no
Special skill:"i'm good deducing and analysing crimes"
Intro quote:"My name is Nellie Yukimura do you have a good story for me?"
Trauma quote:"This fucking voices still whisper on my ears! and all the things i see are not real,why? Why i inherited this?!... i'm so scared of this, please someone save me from this,from myself!...please *crying*"
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acerobianco1984 · 2 years ago
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Nell'immensa magione degli Hardcastle, qualcuno verrà ucciso. Dallo svelamento dell'identità dell'assassino dipendono le sorti del narratore dell'intera vicenda, incastrato in un loop dal quale sembra impossibile uscire. Egli è chiamato a rivivere la stessa giornata in corpi diversi dal proprio fino a che non sarà venuto a capo dei misteri custoditi dall'infernale Blackheath.
Dirvi di più vorrebbe dire rovinare un'esperienza di lettura ricca di prelibatezze e di piacere inatteso ed inaspettato.
Un prisma dalle molteplici facce. Un teatro della decadenza umana, scandagliata ed esposta fin nelle sue più profonde viscere e da più punti di vista diversi; un rompicapo a cui lettori e lettrici sono chiamati a partecipare, invogliati naturalmente dall'opera a prendere matita e blocco degli appunti per annotarsi personaggi, aneddoti e indizi; un'avventura capace di prendere spunti da una moltitudine di elementi diversi (l'ambientazione di un classico giallo; i loop temporali; la distopia) per rielaborarli in una maniera convincente in un intreccio funzionante.
Ogni domanda avrà una risposta soprattutto se il libro riuscirà a catturare la vostra attenzione. Verrebbe voglia di paragonarlo, da giocatrice, ad un escape room in grado di stimolare la memoria e lo spirito di osservazione di chi legge. Uno dei pregi più grandi del libro è la ricchezza ed eleganza della scrittura, essenziale per far superare a chi legge confusione e smarrimenti iniziali e in grado di donare personaggi e ambientazioni a tutto tondo.
😮 Sono fuggita da Blackheath e dalla sua marcia bellezza ieri sera e, tuttavia, non sento di essermi allontanata abbastanza da questa 'residenza del male' e dalla fitta foresta che la circonda. Avverto ancora il suo richiamo sinistro.
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telodogratis · 2 months ago
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Il nuovo trailer di Life is Strange: Double Exposure parla di poteri temporali, sospetti e misteri
Il nuovo trailer di Life is Strange: Double Exposure parla di poteri temporali, sospetti e misteri Square Enix e Deck Nine Games hanno pubblicato un nuovo trailer di Life is Strange: Double Exposure tutto incentrato sui poteri di Max e la fitta rete di misteri che attorno alla morte dell’amica Safi. Powered by WPeMatico Square Enix e Deck Nine Games hanno pubblicato un nuovo trailer di Life is…
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enkeynetwork · 6 months ago
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katnisshawkeye · 6 months ago
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Trilogia del Nerva
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Scheda informativa
Autore: Charlotte Julie Bright Editore: Fanucci Prima edizione: 10 maggio 2024 Pagine: 761 Prezzo: € 16,90
Trama
In un futuro in cui l'umanità si è trasformata in una società interstellare, il mondo brulica di spie e traditori che cospirano per impossessarsi del Nerva. Anna è l'ultima di una dinastia che da sempre lo controlla spostandosi da ben due decenni, insieme alla sua famiglia, da un sistema solare all'altro all'interno del Circolo Galattico Definito. Ma nascondersi è praticamente impossibile. All'ennesimo tentativo di proteggere il Nerva da Goran, il leader dei ribelli, Anna è costretta a rifugiarsi all'Accademia sotto falsa identità. Con il suo spirito inadatto al rigore militare, si ritrova ben presto nel mirino delle pressanti attenzioni del tenente più scontroso ed enigmatico, Seneca Graves, e lei stessa non riesce a ignorare il piacere che le provoca sfidarlo. Ma gli eventi precipitano e l'Accademia può aspettare. Ora c'è in ballo una sfida più grande di lei e Anna sarà costretta a scendere a patti con il suo passato per scoprire una verità ancora più scomoda...
Recensione
Non puoi immaginare qualcosa che non esiste senza prendere spunto da ciò che è esiste. Ed è quello che ha fatto Charlotte Julie Bright nella Trilogia del Nerva.
Come si evince dal titolo, la Trilogia del Nerva sono tre libri in uno solo, nota positiva per la curiosità di un lettore che vuole sapere tutto fin da subito, senza dover aspettare l'uscita del nuovo volume. Una buona scelta anche dal punto di vista narrativo: i tre libri sono l'uno il diretto seguito dell'altro, ma non vi sono salti temporali tra l'uno e l'altro, un po' come i differenti atti di un'opera teatrale.
Fin dalle prime battute dell'aletta anteriore del libro e nei quarti di copertina, si può comprendere come il suo target sia un pubblico young adult, interessato sì alla fantascienza e al fantasy, ma anche alla scienza stessa e ai misteri da risolvere.
È un libro caldamente consigliato a chi ama leggere di civiltà future — dispotiche o meno, spaziali o terrestri — di ricerca scientifica e vita accademica, di nemici che non sono nemici — ma solo persone con un punto di vista differente — e di misteri da risolvere. In particolare, è consigliato a chi ha letto e amato i cicli:
The Hunger Games di Suzanne Collins;
Carve the Mark e Il Destino divide di Veronica Roth;
Chosen Ones di Veronica Roth;
The 100 di Kass Morgan;
Trilogia dell'Area X di Jeff Vandermeer;
Le Sabbie di Arawiya di Hafsag Faizal;
Harry Potter di J.K. Rowling;
Magisterium di Holly Black e Cassandra Clare.
Il primo libro ti introduce alla protagonista e al suo mondo, alle scelte che i suoi genitori e suo zio hanno fatto per tenerla al sicuro, e a quelle che la stessa Anna compie. Ti introduce alle vecchie e alle nuove conoscenze di Anna, e ti accompagna nel suo viaggio nello spazio siderale, in cui deve nascondere la sua identità e, soprattutto, l'energia — il Nerva — che porta dentro che, se in mani sbagliate, può diventare l'arma letale in grado di distruggere tutto il Circolo Galattico Definito.
Il secondo libro ti fa capire ancora di più che cos'è il Nerva — un'energia che pare quasi magia per quanto è straordinaria — e ti accompagna ancora di più in quello che è il Circolo Galattico Definito, con la sua organizzazione e politica. Ma ti fa anche scoprire di più sul motivo che ha spinto gli esseri umani a intraprendere una società spaziale, a partire da un pianeta — la Terra — apparentemente diventato inospitale. Eppure, qualcuno ancora vive sulla Terra, e sembra arrabbiato di essere stato abbandonato — come sono arrabbiati i popoli che si sono creati a partire dall'esilio su Qazartha e Dellion.
Il terzo libro ti fa immergere nella presa di coscienza di Anna, da sempre considerata solamente come arma segreta del Circolo Galattico Definito e mira principale di Goran, esplorando maggiormente sia le innumerevoli potenzialità del Nerva sia le due fazioni — quella dei goriani e quella della Difesa — che, come in una società del mondo reale, hanno al loro interno individui con correnti di pensiero differenti, che si ritrovano a combatte con o contro Goran per motivi diversi.
Il romanzo si apre e si caratterizza per il tema della fragilità della Terra, soprattutto per via degli esseri umani che usano e — a volte — abusano delle risorse del "proprio" pianeta. Tra gli abusi delle risorse della Terra, spunta il secondo tema del romanzo, quello del potere, e tutto ciò che ne consegue sull'averlo e controllarlo, anche per via dell'importante scoperta del Nerva, un'energia potente che, in quanto tale, può essere pericolosamente distruttiva ma anche un'importante risorsa.
Ma la narrazione si caratterizza anche come riflessione sulla famiglia, sulle amicizie, sulle tipologie di amore, e su tutte quelle caratteristiche che rappresentano gli esseri umani, le loro fragilità e i loro punti di forza.
Ciò che lega la narrazione ai suoi temi, e i temi stessi tra loro, è la scienza. Fisica, chimica e matematica, ma anche astronomia, geografia e geologia, sono protagoniste e sfondo del worldbuilding della Trilogia del Nerva, integrandosi perfettamente con lo storyline.
Dal punto di vista della scrittura, la Trilogia del Nerva è davvero molto scorrevole e avvincente. La terza persona è onnisciente: ti fa capire del mondo della protagonista, Anna Baird Drake, guardandolo sia dal suo punto di vista sia da quello delle persone a lei più vicine, andando a comporre il puzzle del Circolo Galattico Definito, un luogo popolato da persone differenti, come lo sono le loro storie e personalità. Inoltre, la narrazione così composta è ben utilizzata per lasciare qui e là indizi che, una volta arrivati alla fine di ogni libro, e del libro stesso, si compongono sempre di più andando a rispondere a tutte le domande che il lettore si pone.
Una volta finito, il libro ha risolto tutti i misteri che si è posto fin dall'inizio, compreso il fatto che il Nerva non è altro che meccanica quantistica. Ma vi sono ancora delle sottotrame che potrebbero essere ampliate un giorno ampliate, come la storia di Alasia Farren e quella di Arthurus Drake Graves. In più, per completare ancora meglio il wordbuilding, di modo da far immergere ancora di più il lettore, sarebbero molto interessanti un bestiario e un atlante del Circolo Galattico Definito.
Fiside, se è un bel libro!
Valutazione
★★★★★ 5/5
Immagini ufficiali
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A sinistra, character design di Anna Baird Drake a cura di Myriam Sirotto © katnisshawkeye. A destra, illustrazione di Anna Baird Drake a cura di Maria Cacchioni © tsuch.ko_.
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Illustrazione a cura di Myriam Sirotto © katnisshawkeye.
Fanart
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Fanart a cura di Martina Barale © martinabaraleart.
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Fanart di Giadina © littlejade___.
Playlist ufficiale
Si chiarifica che i brani siano stati inseriti dalla sottoscritta in una playlist su Spotify a partire dai brani utilizzati nelle storie o nei post inerenti alla Trilogia del Nerva di Charlotte Julie Bright e/o di Giulia Carla Bassani.
Dalla stessa autrice
Fantascienza
Exardens, self-publishing, 2014
Ad Martem 12, self-publishing, 2018
Kalopsia, self-publishing, 2020
Divulgazione scientifica
Sognavo le Stelle: Manuale per giovani viaggiatori spaziali, Il Saggiatore, 2021
Elon Musk e SpaceX: Obiettivo Marte, Kenness, 2021
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scienza-magia · 1 year ago
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Gravità quantistica, big bang e universo infinito
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E se il Big Bang non fosse l’inizio dell’universo? L’ipotesi secondo una nuova teoria, l’universo non avrebbe avuto alcun inizio, ma sarebbe sempre esistito. E il Big Bang sarebbe solo un’evoluzione di questo universo. Siamo sempre stati abituati all’idea che al Big Bang corrisponda l’inizio dell’universo, in senso temporale. Ma se così non fosse? Se l’universo esistesse da sempre e non ci fosse alcun inizio, ma solo un’evoluzione chiamata Big Bang, come reagireste? Secondo uno studio condotto dal fisico Bruno Bento dell’Università di Liverpool, l’universo non avrebbe avuto alcun inizio, ma si ritiene sia sempre esistito e che solo di recente si sia evoluto in quello che abbiamo sempre chiamato Big Bang. Della gravità quantistica vi avevamo già parlato in un precedente articolo. Si tratta del problema forse più frustrante che la fisica moderna deve affrontare. In pratica abbiamo di fronte due teorie dell’universo straordinariamente efficaci: la fisica quantistica e la relatività generale. La prima descrive tre delle quattro forze fondamentali della natura (elettromagnetismo, forza nucleare debole e forza nucleare forte), se parliamo di grandezze microscopiche. Con la relatività generale, invece, abbiamo la più completa descrizione della gravità mai concepita.
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Dal Big Bang ad oggi. Credit: NASA/ESA/A. Feild (STScI) Nonostante i suoi punti di forza, però, la teoria della relatività generale è incompleta. O meglio, è incompatibile con la meccanica quantistica. In almeno due punti: al centro di un buco nero e all’inizio dell’universo. Queste regioni sono chiamate “singolarità”, punti dello spazio-tempo in cui le nostre leggi della fisica non valgono. Si sgretolano, perché lì la gravità diventa incredibilmente forte. Per risolvere i misteri delle singolarità, i fisici hanno bisogno di una descrizione microscopica della gravità forte, chiamata anche teoria quantistica della gravità (la teoria delle stringhe e quella della gravità quantistica a loop sono solo un esempio). La teoria degli insiemi casuali In tutte le attuali teorie della fisica, lo spazio e il tempo sono continui. Formano una specie di tessuto liscio che si trova alla base della nostra realtà quotidiana. In uno spazio-tempo di questo tipo, due punti possono trovarsi il più vicino possibile l’uno all’altro e due eventi possono verificarsi il più vicino possibile nel tempo l’uno all’altro. Con un diverso approccio, però, che il professor Bento chiama “teoria degli insiemi causali”, possiamo re-immaginare lo spazio-tempo come una serie di parti, o atomi spazio-temporali. Una teoria di questo tipo porrebbe rigorosi limiti alla vicinanza di due eventi nello spazio e nel tempo, dal momento che non possono essere più vicini della dimensione di questo atomo. Qualche esempio Facciamo un esempio: lo schermo attraverso il quale state leggendo questo articolo è fluido, compatto, leggibile insomma. Ma se provi ad avvicinarti al display con una lente d’ingrandimento, scopriresti che ci sono tantissimi pixel a dividere lo spazio sullo schermo e che sarebbe impossibile avvicinare due immagini sullo schermo a un singolo pixel. Ma che significa in parole povere tutto ciò? Nella teoria degli insieme causali cresce un atomo di spazio-tempo alla volta, facendo diventare l’insieme dei punti dello spazio-tempo sempre più grande. Questo approccio ci permette di eliminare nettamente il problema della singolarità del Big Bang, perché secondo questa teoria le singolarità non potrebbero esistere. È impossibile, infatti, che la materia si comprima in punti più piccoli di un atomo spazio-temporale. Secondo Bento, quindi, non ci sarebbe un Big Bang all’inizio dell’universo, poiché esisterebbe qualcosa di infinito nel passato. L’universo, insomma, sarebbe sempre esistito. Il Big Bang non sarebbe altro che un’evoluzione di questo insieme causale di punti, non un vero e proprio inizio. Read the full article
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iltrombadore · 3 years ago
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Hermann Nitsch, lo spettacolo come profezia...
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E' morto Herman Nitsch, il discusso, turbato e inquietante protagonista dell' Azionismo viennese. Aveva 83 anni. Di lui presentai una azione a Roma nel 2009, assieme a Francesco Villari. Con un testo che ripubblico oggi:                                   Residui d’orgia, tracce  di drammi rituali e di misteri consumati per una teatralità che lascia intravedere ampie colature di sangue versato a profanare stoffe bianche come tuniche sacerdotali, tabernacoli e altari dove possono rimanere appese tanto le vesti umane quanto le viscere  di animali votati al sacrificio: così l’opera di Hermann Nitsch evoca la origine caotica del mondo (“in principio era il Caos”) e si richiama direttamente come un ebbro Sileno alle radici di religioni a carattere dionisiaco puntando a coinvolgere il pubblico in una comune esperienza mistico-estetica. Una simile messa in scena, che non ha uno scopo puramente estetico, ma punta a realizzare effetti di comprensione religiosa (nel senso di “esperienza di verità ”) usa i riferimenti alla liturgia cristiana (altari, tabernacoli, croci, eccetera) per un valore di paradosso. Il  sacrificio cristiano, con i simboli della croce, del pane e del vino, è come il pretesto o il preambolo di una vertiginosa “discesa agli inferi” dove l’immagine dolente e trascendente del Crocefisso cede il passo alla vertigine del baccanale con le sue estasi e vittime sacrificali.  
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Protagonista del Wiener Aktionismous, la corrente che negli anni Sessanta del ‘900 puntò a valorizzare il corpo umano come centro dell’operare artistico, Hermann Nitsch  mette in gioco sé stesso  assieme al pubblico in una accurata regìa di accadimenti spazio-temporali (il famoso “Teatro delle orge e dei misteri”) dove compaiono simboli esoterici, nudità, azioni cruente, processioni. L’artista sollecita l’osservatore a superare la barriera della contemplazione visiva per entrare in una  rischiosa relazione psicofisica con lo  “spettacolo” che vuole associare indissolubilmente l’arte con la vita. Comportamento fisico e manipolazione estetica si danno la mano nel tentativo di fare emergere le pulsioni primigenie della vita emotiva individuale ben oltre le  difese della razionalità cosciente. In questa azione - di cui è parte integrante lo scenario visivo drammatizzato col vivido colore del sangue – si distingue l’esperienza estetica di Hermann Nitsch come un invito religioso a volgersi verso il mondo primordiale e originario, quel misterioso e ctonio “regno delle Madri” dal quale dipende,  avrebbe detto Goethe, “tutto ciò che ha forma e vita sulla superficie della terra” . 
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Di radice schiettamente romantica e più ancora espressionista, la linea espressiva prescelta dall’artista – tessuta di dissonanze, di grida, di improvvise gestualità e di violenti cromatismi suggeriti dall’uso di liquidi e altre materie organiche- sorprende per la macabra ed efficace sintesi di forma e contenuto. L’idea di associare l’elemento sublime a quello sub-liminale giunge però per l’artista “romantico e mistico” nel momento in cui la coscienza consuma fino in fondo l’esperienza della “morte di Dio” e di ogni religiosità trascendente. E riemerge così una tentazione neo-pagana che vuol vivere in forma dionisiaca il senso della disperazione e della avventura mortale del genere umano. Anche per questo il “Teatro delle orge e dei misteri”, concepito da Hermann Nitsch, intende gareggiare  con l’ambizioso progetto wagneriano di “opera d’arte totale” e in qualche modo riesce a suscitare una emozione che mima l’esperienza del “cammino spirituale”. La messa in scena è avvalorata tra l’altro dalla esistenza di un piano di azione ripetitivo fino quasi alla ossessività che punta a fare emergere i primordiali istinti umani . “…Il colore della carne- ha scritto Nitsch- del sangue e delle interiora era diventato importante. Dominava il rosso. Il monocromatismo assunse un ruolo arcaico. Tutto si orientava verso il colore dell’estasi, della vittima del sacrificio, della passione, del sangue, della carne”: all’ascolto di queste parole si riconosce facilmente tra l’altro un gusto tedesco tanto simile a quello di un poeta  tardo decadente come Stefan George che amava associare in poesia l’immagine corrusca e splendente dell’imperatore-dio Eliogabalo con quella del sangue caldo versato sui marmi del  palazzo all’atto della sua eliminazione.
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 E non vi è chi non riconosca ancora, in questa sensuale e diretta raffigurazione, un richiamo ai residui delle grandi feste pagane mediterranee che  si ripetono evocando il culto del sangue e della promiscuità sessuale (si pensi alle feste di Valencia e Pamplona, alla rincorsa dei tori sospinti fino al “macello” della corrida, e al lancio dei pomodori sulle vesti bianche della folla dei partecipanti) . In questa inquietante e vitalistica capacità di scuotere l’emozione risiede la principale virtù espressiva di Hermann Nitsch che mira precisamente ad ottenere un effetto provocatorio sollecitando lo smarrimento dello sguardo abitudinario. C’è del truculento in questa ripetuta  “performance” dionisiaca che l’autore predilige come intenzione estetica e al tempo stesso segnala, accanto all’elemento macabro, una accurata inclinazione al più vivido cromatismo dell’immagine (il bianco delle vesti contro il rosso del sangue, i fondi neri e dorati, il grumo colorato delle materie organiche). Ma ciò che veramente conta nel progetto di Nitsch è l’esigenza di non ridurre l’arte a fattore esclusivamente decorativo per mettere invece in risalto tutta la sua potenza come fattore  spirituale e conoscitivo. La “performance” rituale intesa come “atto purificatorio” che sintonizza esperienza scenica, musica, danza, vino e sangue, è una esplosione di materialità che punta a coinvolgere tutti i sensi in un miscuglio di “idea”, “materia” e “azione”. Su questa lunghezza d’onda  si sono nel tempo tra l’altro mossi, oltre a Nitsch e i protagonisti del Wiener Aktionismous, anche i formidabili artisti del gruppo giapponese Gutai, o il francese Yves Klein, per una sintesi di arte e vita che mette in funzione il linguaggio del corpo e cerca risposte radicali al desiderio di conoscenza e creazione. 
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Rivendicando una funzione primigenia dell’Arte, il filosofo-artista Hermann Nitsch chiama all’appello i giganti dell’inconscio e con essi cerca di dar vita ad una comunità culturale arcaica esaltando una fisicità dionisiaca fino al limite dell’estasi. Così l’arte può diventare la discriminante  di esperienze più intense (al di là del bene e del male) dove le ragioni di Siegmund Freud (il principio del piacere) incontrano la catarsi sensuale di Federico Nietzsche (l’origine e la funzione della tragedia greca). In questa coinvolgente evidenza ottica e drammatica l’artista esibisce una  efficace “vocazione teatrale” in cui metafora religiosa e brutalità  quotidiana si esaltano e realizzano un monumento spettacolare  di rara efficacia barocca. Un po’ come Jospeh Beuys con la “scultura sociale”, anche Hermann Nitsch con i suoi misteri tanto simili  e tanto distanti dai misteri medioevali, vuole essere un “profeta dell’ arte” che mette assieme pittura e scenografia, scrittura, musica e drammaturgia, per effettuare catarsi collettive. Nella giostra tardo moderna delle immagini circolanti ad uso e consumo di una totale assenza di significato, ecco invece un tentativo estremo e quasi selvaggio di restituire senso alla parabola della vita umana e della morte: e nella manifestazione quasi ossessiva di questa radicale esigenza “religiosa”  Hermann Nitsch riesce a trovare le ragioni di una coerente vocazione estetica e di una notevole potenza formale ed espressiva.
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giannibrandi · 5 years ago
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L'avvincente trama da film del romanzo thriller-mistery a sfondo psicologico A VOLTE ANCHE LA LUNA È PIATTA... #romanzi #thrillerbooks #iorestoacasa #iorestoacasaeleggo...
La tranquilla vita di Roberto viene sconvolta una mattina di Aprile del 2018. Svegliatosi di soprassalto, entra nella camera da letto della figlia Martina di 7 anni, ma la trova vuota. Della bambina nessuna traccia. Perfino la moglie, la madre della bimba, nega l’esistenza di Martina e appare diversa dal giorno prima: non più una mamma trasandata, ma una donna in carriera perfettamente curata e con abiti griffati. Roberto cerca la documentazione che possa dimostrare l’effettiva esistenza della bambina, ma invano: Martina non risulta né negli archivi della clinica dov’è nata, né all’ufficio anagrafe. Si reca anche presso la scuola frequentata dalla figlia, ma nessuno la conosce. Incontra uno strano uomo che lo conduce in un borgo d'altri tempi e gli mostra una foto...Martina abbracciata a una donna sconosciuta. È così che ha inizio il viaggio di un padre alla ricerca di una figlia forse mai esistita, viaggio che lo porterà a vivere situazioni e legami slegate da confini spazio-temporali...
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Un’estate da premi(are) 2019:  fra Strega, Bancarella e Campiello
Il percorso di lettura odierno è un viaggio fra i romanzi premiati o candidati ai maggiori premi letterari italiani, fra cui potrete, ce lo auguriamo, scegliere alcune delle vostre letture estive.
L’acclamato vincitore del Premio Strega di quest’anno è Antonio Scurati, con il suo M, il figlio del secolo, uno dei libri di cui si è parlato di più quest’anno. Si tratta della storia dell’ascesa al potere di Benito Mussolini. Ciò che probabilmente è risultato vincente è il punto di vista dell’autore: Scurati sceglie, infatti, di lasciar parlare l'uomo più che il personaggio storico, mettendone a nudo tutte le contraddizioni, le debolezze, le idiosincrasie, le ossessioni e i patetismi. Un punto di vista che solo un romanziere avrebbe potuto scegliere.
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Seconda è arrivata Benedetta Cibrario, candidata con Il rumore del mondo: “Fondato su minuziosi studi d’archivio e sostenuto da una verve narrativa personalissima, il lavoro di Benedetta Cibrario ci mostra un punto di vista non convenzionale sul Risorgimento” (Giorgio Ficara).
Al terzo posto Marco Missiroli con  Fedeltà: “Nelle sue pagine risiede la risposta che solo la letteratura poteva dare allo stupore espresso da Freud dinanzi all’incapacità della libido di separarsi dai suoi oggetti, uno di quei fenomeni che non si possono spiegare ma ai quali si riconducono altre cose oscure. Il guaio non è soffrire, il guaio è farlo nel modo sbagliato. La sofferenza in questo romanzo è come la miseria in Céline: è liberatoria, viene voglia di viverla.” (Sandro Veronesi).
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Al quarto posto si è classificata Claudia Durastanti con il suo  La straniera, un bel memoir  in cui la personale storia familiare dell’autrice si intreccia a parti saggistiche, che le permettono di esprimere una più ampia riflessione su classe, disabilità ed educazione culturale.
Ed infine Nadia Terranova, con  Addio fantasmi: una casa tra due mari, il luogo del ritorno. Dentro quelle stanze si è incagliata l'esistenza di una donna che, solo riattraversando la propria storia, potrà davvero liberarsene. L’autrice racconta l'ossessione di una perdita, quel corpo a corpo con il passato che ci rende tutti dei sopravvissuti, ciascuno alla propria battaglia.
Vincitrice di un altro notissimo premio letterario, il Premio Bancarella – in cui a votare sono i librai – è Alessia Gazzola, con il suo  Il ladro gentiluomo, ultimo romanzo della serie L’allieva. Una nuova città, un nuovo inizio e nuovi misteri su cui far luce.
Le vicende della protagonista, il medico legale Alice Allevi, sono anche diventate una serie televisiva di successo:
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Secondo classificato Evelyne, il mistero della donna francese, di Marco Scardigli. Siamo agli inizi del XX secolo, e l’arrivo di una misteriosa donna francese a Novara crea scompiglio in città. Ancor di più, però, la scomparsa di un serie di ragazze, tanto che si comincia a pensare che si tratti di un’emulazione di Jack lo Squartatore.
Altro finalista del premio Bancarella, altro bel giallo: Come una famiglia, di Giampaolo Simi. E’ la storia di una famiglia costretta a guardarsi dentro per comprendere fino a che punto ci si può spingere per proteggere le persone che amiamo, e scossa dal sospetto che in un figlio si possa nascondere una creatura feroce.
Fra i finalisti del Bancarella anche Prima che te lo dicano altri. Grazie a una lingua lirica, affilata e precisa, Marino Magliani costruisce una storia durissima di formazione, che non fa sconti alla nostra storia recente e che ci racconta di un affetto che travalica sentenze e confini spazio-temporali per restituirci l’avventura epica per eccellenza: la ricerca delle proprie radici.
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E il Premio Campiello? La giuria ha letto e giudicato 300 titoli ed ha già decretato il vincitore del Premio Campiello Opera Prima : Hamburg, opera d’esordio di Marco Lupo, con la seguente motivazione: «Hamburg è un libro sulla labilità della memoria e su come venga tramandata da un gruppo di lettori clandestini. In un mondo di macerie che ricorda le atmosfere di Fahrenheit 451, un coro di voci si ritrova, segretamente, ogni lunedì in una libreria. Non si tratta di una “allegra brigata” che si ritira su un colle ameno, bensì di una banda di resistenti che scorge nella lettura la medesima funzione che gli uomini primitivi attribuivano agli affreschi delle grotte di Lascaux. Anche l’autore, in effetti, dichiara che «Si scrive per dar voce ad animali morenti». Così Hamburg mette in scena uomini e donne sconfitte dalla storia, famiglie costrette a nascondersi sotto terra per sfuggire al bombardamento alleato che nel 1943 rase al suolo la città anseatica. Pellegrini su questa terra, i personaggi del romanzo sono la «sabbia del tempo scomparso» cui allude il sottotitolo.
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I cinque finalisti invece sono: Il gioco di Santa Oca di Laura Pariani, un romanzo di ribellione e libertà: la storia di un sogno di giustizia e di una donna coraggiosa che sfida le convenzioni del suo tempo; La vita dispari di Paolo Colagrande: la pirotecnica, profonda ed esilarante parabola umana di un ragazzino che vede solo una metà del mondo, destinato a diventare un adulto che vive solo a metà;  Carnaio di Giulio Cavalli: un incubo di carne e soldi, la profezia di un mondo prossimo, in cui l'ultimo passo verso l'abisso è già alle nostre spalle; Lo stradone di Francesco Pecoraro, in cui prende vita un’avventura di conoscenza, attraverso le vicende di una vita, di un quartiere, di un intero secolo;  e Madrigale senza suono di  Andrea Tarabbia: «Tarabbia si avvicina a un fatto attirato da un richiamo morale, e lo usa per indagare − senza alcunché di morboso, miracolo − il Male nella e della Storia attraverso la scrittura, in una tradizione che va dai Demoni di Dostoevskij fino a Carrère o Vollmann» Alessandro D’Avenia.
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La cerimonia finale sarà sabato 14 settembre. Secondo voi, chi vincerà?
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allmadamevrath-blog · 6 years ago
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Dizionario dell'esoterismo. Storia, simbologia, allegoria. Astrologia
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Dizionario dell'esoterismo. Storia, simbologia, allegoria
Astrologia
L'astrologia, o scienza degli astri, ha come principio l'unità regolatrice dell'uomo e del mondo. Essa ci introduce nella scienza sacra delle corrispondenze del micro e macrocosmo, e ci 'inizia' a riconoscere e a percepire le profonde analoge tra le forze emanate dai pianeti e le manifestazioni fisiche, affettive e intellettuali dell'uomo. Fin dalle origini caldee, babilonesi e in tutte le sue diverse espressioni cuulturali (cinese, indiana, azteca, peruviana) per arrivare al suo sviluppo islamico e occidentale, l'astrologia è al tempo stesso un ramo dell'antica saggezza e questa saggezza stessa.  L'unità e la profonda coerenza della tradizione esoterica fondano la corrispondenza assoluta di tutte le mantiche. Esse sottendono ogni arte divinatoria, ma soprattutto l'astrologia, che da questo punto di vista è un modello esemplare di Scienza Sacra. Ciò non toglie nulla alla specificità dell'astrologia, consistente nel rilevare le condizioni temporali dell'azione e le caratteristiche psicologiche, spirituali e fisiche della storia di un soggetto, oltre gli stessi cicli dell'umanità. Esistono livelli di applicazione della Scienza Sacra. La stessa astrologia ne rivela l'esigenza nelle sue diverse forme: giudiziaria, mondiale, cabalistica. Tutte però interferiscono in base alla legge analogica dell'essere. In virtù del suo carattere altamente iniziatico, l'astrologia sfugge per principio alle critiche sommarie della scienza meccanicistica. Le obiezioni abituali all'astrologia, riguardanti il suo punto di vista geocentrico, l'arbitrarietà della suddivisione dello Zodiaco in dodici segni zodiacali uguali, ciascuno di trenta gradi, il loro progressivo spostamento rispetto alle costellazioni in funzione della precessione degli equinozi... tutto ciò non tocca affatto la filosofia esoterica che la sottende, né confuta la validità delle sue ricerche. Il punto di vista adottato per descrivere i moti stellari interessa la situazione dell'uomo, senza nulla togliere alla precisione dei rilevamenti astronomici delle posizioni stellari. Le tavole caldee lo testimoniano, con la loro esattezza, che raggiunge l'ordine del minuto di arco. Gli astrologi hanno da tempo distinto due Zodiaci: il primo, stellare e mobile; il secondo, tropico e fisso. La precessione degli equinozi interessa il primo, non il secondo. <<Ariete comincia il 20 il 21 marzo, il segno dell'Ariete comincia il 13 aprile>>. L'atrofisica o cosmofisica, nei loro tentativi di spiegazioni fisicaliste, possono ben evidenziare l'influenza della Luna sulle maree, sulla vegetazione e sulla riproduzione, il rapporto tra eruzioni solari e cardiopatie, ma non si tratta che di riscontri e di punti di contatto parziali con l'astrologia, nulla di più. La cronofisiologica, la genetica cosmica non potranno mai dimostrare la pertinenza delle tesi astrologiche; l'intelligibilità delle prime continua a dipendere dai princìpi di spiegazione per contiguità spazio-temporale e per esteriorità reciproca delle parti, anche se le ricerche avanzate possono raggiungere gli insegnamenti delle scienze tradizionali. L'atrologia presuppone l'universo dei simboli, in esso trova le chiavi di intepretazione astrologica delle leggi macrocosmiche e microcosmiche delle scienze stesse. Essa è l'ermeneutica della concordanza edgli universi paralleli, e non dipende nè dalla statistica nè dalla sperimentazione, anche se queste ultime verificano parialmente la pertinenza delle sue applicazioni. L'astrologia resta in primo luogo una Scienza Sacra; i suoi criteri interpretativi si fondano sul simbolismo zodiacale e planetario che basa la sua pregnanza nei riguardi della vita degli uomini sulla sua esistenza archetipica. Lo steso vale per le 'dodici case', il cui significato va al di là tanto della ooncezione astronomica, quanto della contemplazione delle manifestazioni umane in dodici settori. Ogni interpretazione archeologica si muove su tre registri: i segni zodiacali, i pianeti con i loro aspetti (sestile, quadrato, opposizione, trigono, congiunzione) e le case. L'oroscopo, risulta da questa triplice relazione. Così nell'astrologia, si distinueranno, per la vita astrale il timbro (cioè secondo Omraan Michael Aivanhov, le caratteristiche di ciascun pianeta), l'altezza, cioè il segno zodiacale in cui il pianeta si trova e l'intensità, cioè la casa che determina la forza del pianeta. <<La situazione dei pianeti nei segni indica le qualità psichiche. La loro posizione nelle case indica il modo in cui l'uomo manifesterà le sue qualità sul piano fisico>>. Il significato delle posizioni dei pianeti nei segi è retto da un sistema, che consiste nell'attribuire a ogni pianeta uno o due segni preferenziali, nei quali i suoi poteri sono moltiplicati, esaltati. e uno dei due segni in cui invece sono indeboliti, 'in caduta'.  Le relazioni tra pianeti che possono essere conflittuali o armoniche, dipendono quindi, oltre che dal carattere dei loro rapporti angolari dello Zodiaco, dalla loro rispettiva posizione nel seguire le case. Ci si può basare, come lo studioso André Barbauult, sull'identificazione di un polo dominante nella dinamica dei rapporti. Oppure si procederà all'analisi del tema (l'interpretazione) gradualmente, partendo dall'esame di ogni cosa, come fa Morin de Villefranche. Ma, quale che sia la tecnica adottata, la base resta l'insieme di relazioni tra pianeti, segni e cose, quella stessa della tradizione, che si ritrova nella cabala; nell'alchimia e nella magia. L'astrologia assume un ruolo capitale nella magia operativa, per le evocazioni; in alchimia, per determinare il momento propizio per iniziare l'Opera e per designare le tappe intermedie; nella cabala, per conoscere le qualità proprie delle Sefirot, agli spiiti divini e le loro relazioni. L'astrologia è la sciena sacra all'opera nella storia. Lo si può verifica re attraverso il potere sul tempo conferito tanto all'astrologia giudiziaria con le sue tecniche di previsione (rivoluzioni, transiti, direzioni), quanto all'astrologia mondiale con i suoi cicli o all'astrologia cabalistica. Principio di ermete: <<Ciò ce è in alto è come ciò che è in basso>>; la carta del cielo definisce i grandi orientamenti dell'esistenza, il profilo psicologico di un soggetto e i momenti decisivi del suo destino; il carattere dei cicli planetari scandisce la storia politica dei popoli, le loro guerre, le loro paci, la durata dei loro imperi; l'astrologia cabalistica, basata sulle lettere dell'alfabeto sacro, può servire, in quanto onomanzia, tanto da decifrare il contenuto esoterico e la potenzialità produttiva di un nome o di un cognome, quanto a penetrare i misteri della storia teofanica, e quindi l'avvenire stesso della creazione. Si tratta di adattare il simbolismo e i suoi registri alla dimensione dell'evento, dell'essere o del mondo che si vuole fare oggetto dell'interpretazione. Per limitarsi all'esempio dell'oroscopo umano, si potrà affinare la conoscenza delle sue potenzialità. effettuando uno studiio comparato del tema di nascita, di quello del concepimento, dell'oroscopo spirituale e, secondo O.M. Aivanhov, di quello dellaa seconda nascita, proprio dei soli iniziati. Ciò equivale a escludere il progetto di un'interpretazione che pretenda di esaurire la realtà delll'essere, irrigidendolo nei limiti relativi e stretti del livello di tale realtà. Tutti i livelli, da quello psicosomatico a quello divino, interferiscono, così che non si ha il diritto di stabilire delle contrapposizioni interne, come quelle tr astrologia esoterica e astrologia essoterica, tra astrologia sacra e astrologia profana. L'esistenza dell'astrologia è una. Come esistono sette cieli, sette colori, così esistono sette pianeti principali. L'intrecciarsi dei mondi, degli uomini e degli dèi è rivelato dai segni dello Zodiaco e dalle loro armonie planetarie. La struttura dell'uomo universale, vi si trova scritta, nelle sue relazioni con i quattro elementi, il che dimostrerebbe ancora, se ve ne fosse bisogno, che l'uomo è veramente la chiave dell'universo e che la sua conoscenza, la conoscenza di Sé, è la conoscenza degli dèi.
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pier-carlo-universe · 24 days ago
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Sequenze temporali di una scelleratezza: Un viaggio tra tecnologia, misteri e intrighi internazionali. Recensione di Alessandria today
Un thriller psicologico che sfida il lettore a decifrare l’indecifrabile
Un thriller psicologico che sfida il lettore a decifrare l’indecifrabile Un enigma matematico e un giallo di proporzioni globali Sequenze temporali di una scelleratezza di Daniele Possanzini è un romanzo autoconclusivo che fonde il fascino del thriller psicologico con il mistero tecnologico e finanziario. Pubblicato il 27 aprile 2021, questo libro offre un’esperienza di lettura immersiva,…
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latinabiz · 3 years ago
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Il santo dell'11 luglio: San Benedetto da Norcia
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San Benedetto da Norcia Regola-2Download Benedetto nacque nei pressi di Norcia (Umbria) intorno all'anno 480. I suoi genitori benestanti lo mandano a Roma per la sua formazione negli studi. Benedetto, disgustato dallo stile di vita dissoluto e per non cadere negli stessi sbagli, lascia lòa città eterna e si ritira nella solitudine dei monti ad est di Roma. Dopo un primo soggiorno nel villaggio di Effide (oggi Affile), dove per un certo periodo si associa ad una comunità di monaci, si fa weremita nella non lontana Subiaco. Lì visse per tre anni compeltamente solo in una grotta che, a partire dall'Alto Medioevo, costituirà il “cuore” di un monastero benedettino chiamato “Sacro Speco”. Superate varie difficoltà interiori e tentazioni, Benedetto, con alcuni monaci, si reca a Montecassino nel 529. Dopo un'intensa opera di evangelizzazione, costruisce un nuovo centro monastico. La vita di Benedetto è immersa in un'atmosfera di preghiera, fondamento portante della sua esistenza. Egli vive sotto lo sguardo di Dio e proprio così non perde mai di vista i doveri della vita quotidiana e l'uomo con i suoi bisogni concreti. Nella Regola da lui redatta rgli qualifica la vita monastica “una scuola del servizio del Signore” in un clima di carità fraterna e di servizio reciproco. Morì nel 547 a Montecassino, sua ultima residenza terrena. Paolo VI proclama san Benedetto patrono d'Europa il 24 ottobre del 1964. Ecco cosda disse san Paolo Vi in quella occasione (Dicastero per la comunicazione vaticana): CONSACRAZIONE DELLA CHIESA DELL'ARCHICENOBIO DIb MONTECASSINO OMELIA DI PAOLO VI Festività dell’Arcangelo San RaffaeleSabato, 24 ottobre 1964 Signori Cardinali!Venerati Confratelli Arcivescovi e Vescovi!Reverendo Abate di questo celeberrimo monastero!Illustri Signori insigniti di autorità civile e militare!e voi Sacerdoti e Monaci e Religiosi qui presenti!voi Studenti ospiti di questa casa!voi Fedeli e Pellegrini tutti venuti a questo incontro! Quale saluto vi rivolgeremo Noi, se non quello consueto della pietà cristiana, quello che qui sembra avere la sua espressione più vera e più familiare: «Pax hic domui, et omnibus habitantibus in ea!»: pace a questa casa e a tutti quelli che vi hanno dimora? Qui la pace troviamo, come invidiato tesoro nella sua più sicura custodia; qua la pace rechiamo, come ottimo dono del Nostro ministero apostolico, che fatto dispensatore dei misteri divini offre con amorosa prodigalità quell’effusione di Vita, ch’è la grazia prima sorgente di pace e di gaudio. Qui la pace celebriamo, come luce risorta, dopo che il turbine della guerra ne aveva spenta la fiamma pia e benefica. Pace a voi, Figli di San Benedetto, che di nome così alto e soave fate emblema dei vostri monasteri, scrivete sulle pareti delle vostre celle e lungo gli ambulacri dei vostri chiostri, ma ancor meglio imprimete come legge soave e forte nei vostri animi e lasciate trasparire quasi sublime stile spirituale nell’elegante gravità dei vostri gesti e delle vostre persone! Pace a voi, Alunni di questa scuola del divino servizio e della sincera sapienza, che qui respirate la pace, come atmosfera tonificante ogni buon pensiero, ogni buon volere, e fate un’esperienza, che riassume ogni pedagogia, essere la pace di Cristo principio e termine d’ogni umana pienezza, riflesso qual è del pensiero di Dio sulle nostre cose. Pace a voi, Signori della città terrena, che avete l’intelligenza e il coraggio (tali virtù infatti sono necessarie per salire quassù!) di cercare in questo domicilio, come in una fresca e segreta sorgente, quella forza spirituale che quanto più sembra estranea alle vostre faccende temporali tanto più proprio per loro si palesa necessaria, ed è la virtù morale, è la speranza che le trascende e le riscatta dalla loro tragica vanità, è la bontà, in cui vorrebbe ogni sforzo umano risolversi e di cui il salmodiante colloquio con Dio possiede la sintesi estrema. E pace a voi, Fratelli della santa Chiesa, che venendo oggi con Noi su questa sacra montagna, sentite gli animi invasi dal corteo dei ricordi antichi, delle tradizioni secolari, dei vessilli della cultura e dell’arte, delle figure dei Pastori, degli Abati, dei Monarchi e dei Santi!, sentite, come torrente placato in fiume maestoso, dalla voce incantatrice e misteriosa, la storia che passa, la civiltà che si genera e si descrive, la cristianità che si affatica e si afferma; sentite qui vivo il respiro della Chiesa cattolica. Forse la memoria mormora anche dentro le vostre menti le parole che Bossuet rivolgeva ad un grande benedettino, il Mabillon: «Je trouve dans l’histoire de votre Saint ordre ce qu’il y a de plus beau dans celle de l’Eglise» (Œuvres, X1, 107). Ma fra le tante impressioni, che questa casa della pace suscita ora nei nostri spiriti, una pare dominare sulle altre; ed è la virtù generatrice della pace. Spesso avviene che, siccome all’idea di pace si connette quella della tranquillità, della cessazione dei contrasti e della loro risoluzione nell’ordine e nell’armonia, siamo facilmente indotti a pensare la pace come l’inerzia, il riposo, il sonno, la morte. E vi è tutta una psicologia, con la relativa documentazione letteraria, che accusa la vita pacifica d’immobilità e di pigrizia, di inettitudine e d’egoismo, e che vanta al contrario la lotta, l’agitazione, il disordine e perfino il peccato come sorgente di attività, di energia, e di progresso. Qui invece la pace ci appare altrettanto vera che viva; qui ci appare attiva e feconda. Qui si rivela nella sua capacità, estremamente interessante, di ricostruzione, di rinascita, di rigenerazione. Parlano queste mura. È la pace che le ha fatte risorgere. Come ancora ci sembra incredibile che la guerra abbia avuto contro questa Abbazia, incomparabile monumento di religione, di cultura, di arte, di civiltà, uno dei gesti più fieri e più ciechi del suo furore, così non ci pare vero di vedere oggi risorto il maestoso edificio, quasi esso volesse illuderci che nulla è accaduto, che la sua distruzione fu un sogno e che possiamo dimenticare la tragedia che ne aveva fatto un ammasso di rovine. Fratelli, lasciateCi piangere di commozione e di gratitudine. Per dovere del Nostro ufficio presso Papa Pio XII, di venerata memoria, Noi siamo bene informati testimoni di quanto la Sede Apostolica fece per risparmiare a questa fortezza non delle armi, ma dello spirito, il grave oltraggio della sua distruzione. Quella voce supplichevole e sovrana, inerme vindice della fede e della civiltà, non fu ascoltata. Montecassino fu bombardato e demolito. Uno degli episodi più tristi della guerra fu così consumato. Non vogliamo ora farci giudici di coloro che ne furono causa. Ma non possiamo ancora non deplorare che uomini civili abbiano avuto l’ardire di fare della tomba di San Benedetto bersaglio di spietata violenza. E non ‘possiamo contenere la nostra letizia vedendo oggi che le rovine sono scomparse, che le sacre pareti di questa Basilica sono risorte, che la mole austera dell’antico monastero ha ripreso figura nel nuovo. Benediciamo il Signore! È la pace che ha compiuto il prodigio. Sono gli uomini della pace che ne sono stati magnifici e solleciti operatori. Noi dobbiamo loro attribuire, in premio dell’opera loro, la beatitudine che li insignisce figli di Dio. «Beati i pacifici, dice Cristo Signore, perché saranno chiamati figli di Dio» (Matth. 5, 9). Beati gli operatori della pace. Vogliamo esprimere il Nostro elogio a quanti hanno merito in questa gigantesca opera di ricostruzione. Il Nostro pensiero va all’Abate di questo Monastero; va ai suoi collaboratori; va ai benefattori; va ai tecnici, va alle maestranze ed ai lavoratori. Un particolare riconoscimento è dovuto alle Autorità italiane, le quali hanno prodigato cure e mezzi quanto occorrevano, affinché qui l’azione della pace trionfasse sulla azione della guerra. Montecassino è diventato così il trofeo di tutta l’immane fatica compiuta dal popolo italiano per la ricostruzione di questo diletto Paese, terribilmente straziato da un capo all’altro del suo territorio, e subito, per divina assistenza e per virtù dei suoi figli, subito risorto più bello e più giovane. Così celebriamo la pace. Vogliamo qui, quasi simbolicamente, segnare l’epilogo della guerra; Dio voglia: di tutte le guerre! Qui vogliamo convertire «le spade in vomeri e le lance in falci» (Is. 2, 4); le immense energie, cioè, impiegate dalle armi a uccidere e a distruggere, devolvere a vivificare ed a costruire; e per giungere a tanto, qui vogliamo rigenerare nel perdono la fratellanza degli uomini, qui abdicare la mentalità che nell’odio, nell’orgoglio e nell’invidia prepara la guerra, e sostituirla col proposito e con la speranza della concordia e della collaborazione; qui disposare alla pace cristiana la libertà e l’amore. La lampada della fraternità abbia sempre a Montecassino il suo lume pio ed ardente. Ma soltanto per virtù della sua ricostruzione materiale Montecassino polarizza questi voti, nei quali Ci sembra racchiuso il senso della nostra storia contemporanea e futura? No, certo. È la sua missione spirituale, che trova nell’edificio materiale la sua sede ed il suo simbolo, che a ciò lo qualifica. È la sua capacità di attrazione e di irradiazione spirituale, che popola la sua solitudine delle energie, di cui ha bisogno la pace del mondo. E qui, Fratelli e Figli, il Nostro discorso dovrebbe farsi apologia dell’ideale benedettino. Ma vogliamo ben supporre che quanti Ci circondano già siano informati della sapienza che anima la vita benedettina, e che coloro che la professano ne conoscano a fondo le intime ricchezze e ne alimentino in se stessi le severe e gentili virtù. Ne abbiamo Noi stessi fatto oggetto di lunghe riflessioni; ma parrebbe a Noi superfluo e quasi presuntuoso farne ora parola. Altri ne discorra e sveli qualche incantevole segreto di un simile genere di vita, qui tuttora superstite e fiorente. A Noi è dato portare ora altra testimonianza, che non quella sull’indole della vita monastica; e la esprimiamo in un semplice enunciato: la Chiesa ha bisogno ancor oggi di codesta forma di vita religiosa; il mondo ancor oggi ne ha bisogno. Ci dispensiamo di recarne le prove, che del resto ciascuno vede scaturire da sé dalla sola Nostra affermazione: sì, la Chiesa ed il mondo, per differenti ma convergenti ragioni, hanno bisogno che San Benedetto esca dalla comunità ecclesiale e sociale, e si circondi del suo recinto di solitudine e di silenzio, e di lì ci faccia ascoltare l’incantevole accento della sua pacata ed assorta preghiera, di lì quasi ci lusinghi e ci chiami alle sue soglie claustrali, per offrirci il quadro d’un’officina del «divino servizio», d’una piccola società ideale, dove finalmente regna l’amore, l’obbedienza, l’innocenza, la libertà dalle cose e l’arte di bene usarle, la prevalenza dello spirito, la pace in una parola, il Vangelo. San Benedetto ritorni per aiutarci a ricuperare la vita personale; quella vita personale, di cui oggi abbiamo brama ed affanno, e che lo sviluppo della vita moderna, a cui si deve il desiderio esasperato dell’essere noi stessi, soffoca mentre lo risveglia, delude mentre lo fa cosciente. Ed è questa sete di vera vita personale, che conserva all’ideale monastico la sua attualità. Così lo comprendesse la nostra società, questo stesso nostro Paese, in altri tempi, tanto propizio alla formula benedettina della perfezione umana e religiosa, ed ora forse meno degli altri fecondo di vocazioni monastiche. Correva l’uomo una volta, nei secoli lontani, al silenzio del chiostro, come vi corse Benedetto da Norcia, per ritrovare se stesso (in superni Spectatoris oculis habitavit secum, ci ricorda S. Gregorio Magno, biografo di S. Benedetto): ma allora questa fuga era motivata dalla decadenza della società, dalla depressione morale e culturale d’un mondo, che non offriva più allo spirito possibilità di coscienza, di sviluppo, di conversione; occorreva un rifugio per ritrovare sicurezza, calma. studio, preghiera, lavoro, amicizia, fiducia. Oggi non la carenza della convivenza sociale spinge al medesimo rifugio, ma l’esuberanza. L’eccitazione, il frastuono, la febbrilità, l’esteriorità, la moltitudine minacciano l’interiorità dell’uomo; gli manca il silenzio con la sua genuina parola interiore, gli manca l’ordine, gli manca la preghiera, gli manca la pace, gli manca se stesso. Per riavere dominio e godimento spirituale di sé ha bisogno di riaffacciarsi al chiostro benedettino. E ricuperato l’uomo a se stesso nella disciplina monastica è ricuperato alla Chiesa. Il monaco ha un posto d’elezione nel Corpo mistico di Cristo, una funzione quanto mai provvida ed urgente. Ve lo diciamo, esperti e desiderosi come siamo di avere sempre nella nobile e santa Famiglia benedettina la custodia fedele e gelosa dei tesori della tradizione cattolica, l’officina degli studi ecclesiastici più pazienti e severi, la palestra delle virtù religiose, e soprattutto la scuola e l’esempio della preghiera liturgica, che amiamo sapere da voi, Benedettini di tutto il mondo, tenuta sempre in altissimo onore, e che speriamo sempre lo sarà, come a voi si conviene, nelle sue forme più pure,. nel suo canto sacro e genuino, e per il vostro divino officio nella sua lingua tradizionale, il nobile latino, e specialmente nel suo spirito lirico e mistico. La recentissima Costituzione conciliare de sacra Liturgia attende da voi una adesione perfetta ed un’apologia apostolica. Avete davanti a voi un compito grande e magnifico; la Chiesa di nuovo vi innalza sul candelabro, perché sappiate illuminare tutta la «casa di Dio» alla luce della nuova pedagogia religiosa che tale Costituzione intende instaurare nel popolo cristiano; fedeli alle venerate ed autentiche tradizioni, e sensibili ai bisogni religiosi del nostro tempo, vi renderete ancora una volta benemeriti d’aver immesso nella spiritualità della Chiesa la vivificante corrente del vostro grande maestro. Noi non diremo nulla adesso della funzione che il monaco, l’uomo ricuperato a se stesso, può avere, non solo rispetto alla Chiesa - come dicevamo -, ma al mondo; al mondo stesso che egli ha lasciato, ed a cui rimane vincolato per le nuove relazioni, che la sua lontananza stessa viene a produrre con lui: di contrasto, di stupore, di esempio, di possibile confidenza e segreta conversazione, di fraterna complementarietà. Diciamo soltanto che questa complementarietà esiste, e assume un’importanza tanto maggiore quanto più grande è il bisogno che il mondo ha dei valori custoditi nel monastero, e vede non a lui rapiti, ma a lui conservati, a lui presentati, a lui offerti. Voi Benedettini lo sapete dalla vostra storia specialmente; e il mondo lo sa, quando voglia ricordarsi di ciò che a voi deve, di ciò che da voi tuttora può avere. Il fatto è così grande ed importante che tocca l’esistenza e la consistenza di questa nostra vecchia e sempre vitale società ma oggi tanto bisognosa di attingere linfa nuova alle radici, donde trasse il suo vigore ed il suo splendore, le radici cristiane, che S. Benedetto per tanta parte le diede e del suo spirito alimentò. Ed è un fatto così bello che merita ricordo, culto e fiducia. Non già perché si debba pensare ad un nuovo Medioevo caratterizzato dall’attività dominante dell’Abbazia benedettina; ora tutt’altro volto dànno alla nostra società i suoi centri culturali, industriali, sociali e sportivi; ma per due capi che fanno tuttora desiderare la austera e soave presenza di S. Benedetto fra noi: per la fede, ch’egli e l’ordine suo predicarono nella famiglia dei popoli, in quella specialmente che si chiama Europa; la fede cristiana, la religione della nostra civiltà, quella della santa Chiesa, madre e maestra delle genti; e per l’unità, a cui il grande Monaco solitario e sociale ci educò fratelli, e per cui l’Europa fu la cristianità. Fede ed unità: che cosa di meglio potremmo desiderare ed invocare per il mondo intero, e in modo particolare per la cospicua ed eletta porzione, che, ripetiamo, si chiama Europa? Che cosa di più moderno e di più urgente? e che cosa di più difficile e contrastato? che cosa di più necessario e di più utile per la pace? Ed è perché agli uomini di oggi, a quelli che possono operare e a quelli che solo possono desiderare sia ormai intangibile e sacro l’ideale dell’unità spirituale dell’Europa, e non manchi loro l’aiuto dall’alto per realizzarlo in pratici e provvidi ordinamenti che abbiamo voluto proclamare San Benedetto Patrono e protettore dell’Europa. Read the full article
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eroipercaso · 7 years ago
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Esistono innumerevoli scuole, gilde, e conclavi dove poter imparare la magia, ma otto sono le Accademie dell'Alta Magia in Arcadia. Ciascuna raccoglie e tramanda il più vasto bagaglio di conoscenze e tradizioni riguardo ad una scuola magica specifica, e custodisce una delle otto Gemme Arcane di puro potere mistico cristallizato: pietre che sono legate a doppio filo con le leggi dell'universo e che permettono alla magia stessa di coesistere con esse, ciascuna ponendo in essere una particolare forza fondamentale. Le Gemme possono essere governate e sfruttate per compiere imprese epiche di pura magia arcana da chi possiede sufficiente potere, esperienza, e forza di volontà da piegare l'intero universo ai propri desideri.
Abiurazione
Accademia: la Fortezza d'Avorio, un castello impenetrabile dalle armi e dalla magia
Arcimago: Argal la Bianca, elfa alta legale buona, con la pelle di marmo e un'armatura completa d'adamantio
Gemma: la Gemma del Vuoto, un diamante
Dislocazione: incastonata sullo scudo d'adamantio di Argal
Usata per: rende Argal immune alla magia
Misteri: la magia crea il nostro mondo, e senza di essa c'è solp il vuoto, che è la forma di integrità più pura.
Adepti: cavalieri mistici, templari, esorcisti
Illusione
Accademia: il Dedalo dei Sogni, un labirinto illusiorio dove ognuno percepisce un ambiente diverso
Arcimago: Murky Starryfox, gnomo delle rocce neutrale buono, sempre invisibile
Gemma: la Gemma della Realtà, un'ametista
Dislocazione: nella tua tasca
Usata per: trasforma Murky nell'ombra di sé stesso, così che non esista, ma in verità esiste, però solo nei suoi stessi sogni, e tu li stai sognando… È complicato. *Misteri: se la verità giace aldilà della realtà, allora le bugie non sono falsità. Niente esiste, finché non esiste.
Altri adepti: mistificatori arcani, filosofi, artisti
Invocazione
Accademia: l'Isola Maledetta, tormentata da tempeste di luce e ombra, elementi ed energie
Arcimago: Capitan Lucente, tiefling di Levistus caotico buono, capace di invocare ogni elemento
Gemma: la Gemma del Potere, un rubino
Dislocazione: nel cuore del vulcano attivo al centro dell'isola
Usata per: permette a Lucente di invocare tempeste elementali di estrema potenza
Misteri: la magia può produrre energia infinita, ed è per questo che si chiama magia.
Altri adepti: cavalieri mistici, pirati, guaritori
Divinazione
Accademia: la Torre Specchio, una biblioteca con così tanti piani che si dice tocchi il cielo
Arcimago: San Yuka, un githzerai legale neutrale con un terzo occhio sulla fronte
Gemma: la Gemma della Verità, un granato
Dislocazione: nel riflesso di uno specchio all'ultimo piano della torre
Usata per: permette a Yuka di vedere attraverso lo spazio ed il tempo
Misteri: esistono dimensioni e linee temporali infinite. Tutto è già accaduto infinite volte in infiniti luoghi. Tutto è sempre vero.
Altri studenti: psionici, oracoli, archivisti
Trasmutazione
Accademia: la Città di Sempre, un insediamento che cambia costantemente dimensioni, architettura, e popolazione
Arcimago: Kralark, un genasi di tutti gli elementi caotico neutrale completamente pazzo
Gemma: la Gemma del Tempo, uno smeraldo
Dislocazione: nel futuro
Usata per: permette a Sororos di viaggiare nel tempo
Misteri: tutto cambia costantemente a causa dell'entropia, e tutto diverrà tutto il resto col passare del tempo
Altri adepti: artefici, alchimisti, mutaforma
Necromanzia
Accademia: il Sepolcro del Teschio, un'enorme piramide piena di segrete, cripte, e mausolei
Arcimago: Shakshubil la Regina delle Ossa, hobgoblin legale malvagia lich
Gemma: la Gemma della Vita, una tormalina
Dislocazione: seppellita nella tomba di Shakshubil
Usata per: è il suo filatterio e la rende un'Arci-Lich, con la capacità di dispensare vita e morte a contatto
Misteri: vita e morte sono la stessa cosa, e una non può essere senza l'altra. La vira è morte, e la morte è vita.
Altri adepti: warlock, vampiri, diabolisti
Ammaliamento
Accademia: il Palazzo Scintillante, un'avamposto di maestosa bellezza
Arcimago: Lady Soth-savas, una yuan-ti neutrale malvagia di una bellezza confondente
Gemma: la Gemma della Mente, un topazio
Dislocazione: incastonata sulla tiara di Soth-savas
Usata per: Soth-vasas può ammaliare o terrorizzare chiunque con uno sguardo
Misteri: libertà e prigionia sono solo uno stato mentale. Il vero Io può essere trovato solo ottenento la totale padronanza della propria volontà, che a sua volta può liberare o imprigionare gli altri.
Altri adepti: mistificatori arcani, schiavisti, concubini
Evocazione
Accademia: le Infinistanze, una serie apparentemente infinita di semipiani collegati l'uno all'altro
Arcimago: Malimus Dark, umano caotico malvagio circondato da servitori evocati
Gemma: la Gemma dello Spazio, un zaffiro
Dislocazione: in un semipiano forziere all'interno del quasit famiglio di Malimus, Skurgle.
Usata per: permette a Malimus di teletrasportarsi ovunque
Misteri: tutto, nell'infinito numero di mondi esistente, si trova ovunque e nello stesso posto.
Altri adepti: warlock, cultisti, vagabondi
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thelazaharsworld · 4 years ago
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- XANTIAAAAAA….dove sei? Voglio entrare con te nella CRYPTA NEAPOLITANA per scoprire i MISTERI dell’antico culto di PRIAPO, perché… -
Napoli è molto più di quel che si vede…
Eccoti, dunque…andiamo! Perché proprio nella Crypta Neapolitana? Ma perché è una galleria molto misteriosa, lunga più di 700 metri, e il cui ingresso si trova a Piedigrotta nel parco dove c’è la tomba di VIRGILIO la cui figura leggendaria permea questa storia!
Si narra, infatti che VIRGILIO MAGO l’abbia scavata, con i suoi incredibili poteri, in una sola notte anche se, più verosimile è la storia che sia stata voluta dai romani per permettere alle truppe di partire da NEAPOLIS e arrivare a PUTEOLIS in breve tempo senza risalire e ridiscendere la collina.
La galleria stupisce da sempre non solo in quanto opera imponente di ingegneria ma anche per un fenomeno particolare: è orientata in modo tale che negli equinozi il Sole, all’alba e al tramonto, sia in linea tra ingresso e uscita; ciò provoca un passaggio da buio pesto a luce splendente!
- Xantia, però, vuole che io vi parli di quello che racconta PETRONIO lo scrittore latino del I secolo il cui capolavoro è il SATYRICON (scritto durante l’impero di Nerone). Conoscendo Xantia, vi posso dire che capiremo in seguito perché ci tiene così tanto! Ma questo a suo tempo… -
Ebbene, Petronio ambienta una scena della sua opera proprio nella CRYPTA e la descrive in modo che bisogna transitarvi inclinati: “satis constaret eos, nisi inclinatos, non solere transire cryptam neapolitanam”.
Nella scena del Satyricon, i tre protagonisti Encolpio, Ascilto e Gitone partecipano proprio lì ad un rito del culto di PRIAPO, dio della fertilità, noto per una sua particolare caratteristica…
Priapo è un dio molto conosciuto! Viene raffigurato in tantissimi affreschi e mosaici all'ingresso di abitazioni patrizie: il suo enorme membro è considerato un amuleto contro invidia e malocchio, nonché propiziatorio per la capacità di generare prole e continuare la famiglia.
Statuette di Priapo, inoltre, in legno dipinto di rosso, vengono messe nei campi per favorire il raccolto.
POMPEI, in particolare, è il centro di questo culto e tantissimi sono i reperti giunti fino a noi dagli scavi effettuati per riportare alla luce la bellissima città cancellata dalla terribile eruzione del VESUVIO del 79 d.C.
- E anche Pompei avrà a che fare con XANTIA… e anche questa è un’altra storia che presto si svelerà…-
Ora, però, voglio raccontarvi dello strano nesso tra la Madonna di Piedigrotta e il culto di PRIAPO…
Facendo uno dei miei soliti salti temporali… vi trasporto nel pieno del Medioevo quando, per cancellare e contrastare i riti paganiche avvenivano nella CRYPTA, viene eretta proprio all'ingresso una cappella dedicata a Santa Maria dell’Idria (rappresentata mentre schiaccia col piede il serpente simbolo del demonio) e venerata forse fino al 1207 quando qui ritroviamo un tempio dedicato a Santa Maria di Piedigrotta (piè di Grotta, cioè ai piedi della Grotta).
Scarse notizie ci sono arrivate; sappiamo solo che il Petrarca ne parla nel 1339 in una lettera indirizzata a Boccaccio.
- Se vi lascio senza riportarvi le parole di GOETHE sulla CRYPTA NEAPOLITANA so già che Xantia me la farà pagare…-
Eccole: “Oggi mi son dato alla pazza gioia, dedicando tutto il mio tempo a queste incomparabili bellezze. Si ha un bel dire, raccontare, dipingere; ma esse sono al disopra di ogni descrizione. La spiaggia, il golfo, le insenature del mare, il Vesuvio, la città, i sobborghi, i castelli, le ville! Questa sera ci siamo recati alla Grotta di Posillipo, nel momento in cui il sole, passa con i suoi raggi alla parte opposta. Ho perdonato a tutti quelli che perdono la testa per questa città”.
- Un’ultima CURIOSITA’: il culto di PRIAPO si manifesta ancora oggi attraverso l’usanza di accarezzare un cornetto rosso per allontanare la sfortuna! Non lo immaginavate eh? –
La forma falliforme ricurva del ‘corniciello’ allude al portentoso membro del dio e il rosso è il colore delle statuette a lui dedicate!
Ma questo è un argomento caro a YOSIS che tra un po’ conoscerete…
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all-allemandigiovani · 7 years ago
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Pompei@Madre: un cortocircuito riuscito tra passato e presente
di Stefano d’Alessandro
Quello del dialogo fra antico e contemporaneo è un tema dibattuto dalla museologia da moltissimi anni. Al di là del mero accostamento di opere prodotte in differenti epoche storiche, però, il "cortocircuito" funziona davvero quando l'allestimento riesce a far emergere le qualità intrinseche che rendono in qualche modo classico il contemporaneo e incredibilmente attuale l'antico; quando, insomma, il risultato è una proficua integrazione stilistica che renda palese la vicinanza di mondi solo apparentemente lontani.
E' il risultato che hanno raggiunto con successo Massimo Osanna, direttore del Parco Archeologico di Pompei, e Andrea Viliani, direttore del Madre, con la mostra Pompei@Madre. Materia Archeologica, allestita al Museo di Arte Contemporanea di Napoli.
L'esposizione si divide in due parti, separate non solo dallo spazio fisico, ma anche per il loro differente punto di vista sul tema. Al piano terra, reperti di Pompei dialogano con la collezione permanente: ognuna delle stanze create ad hoc dagli artisti per il Madre è stata accostata concettualmente ad un ambiente delle domus romane. E così, la stanza con l'installazione Il cielo di San Gennaro di Fabro è diventata l'atrio con l'impluvium, la vasca progettata per raccogliere l'acqua piovana, e al suo interno sono ospitati strumenti per lo scolo dell'acqua; quella decorata con il grande affresco Ave Ovo di Francesco Clemente, dedicato a simboli e misteri di Napoli, si è trasformata nel triclinium, il locale in cui veniva servito il pranzo, ed ospita oggetti d'uso quotidiano, tavoli e Lecti Conviviales; la stanza con l'opera di Richard Long, Line of Chance, realizzata con un elemento primordiale come il fango, è diventata la cucina, e il riferimento al fango è legato ai recipienti in argilla e terracotta in cui venivano cucinati e consumati i pasti.
Passato e presente sembrano dunque sovrapporsi: percorrendo la mostra, abbiamo la sensazione di muoverci su due piani temporali differenti, quello dell'Antica Roma e quello della contemporaneità; il loro contatto però non è cacofonico, ma sapientemente studiato per divulgare e, al tempo stesso, stupire, emozionare, far riflettere, come solo l'arte riesce a fare.
Tra gli accostamenti più riusciti ne citiamo due: il primo è quello della stanza di Mimmo Paladino, in cui la dimensione astorica della solitudine umana viene evocata dall'accostamento tra il manichino bianco sospeso con il volto rivolto al muro della sua opera Senza Titolo, e uno dei calchi umani rinvenuti a Pompei. Il secondo è quello della sala di Rebecca Horn, che per il museo ricava, da uno dei teschi del Cimitero delle Fontanelle di Napoli, delle riproduzioni in ghisa: una sorta di memento mori in cui però la morte non assume una dimensione tragica ma elegiaca, accostato dai curatori alle lapidi di Pompei, che allo stesso modo oggi non testimoniano la morte, ma le vite di chi su questo mondo ci è passato, anche se molto prima di noi.
La mostra prosegue poi al terzo piano, ma con una veste differente. A differenza della precedente sezione, qui sono state selezionate opere che richiamano, in maniera diretta o indiretta, alla storia di Pompei. Il quadro che viene restituito è che l'immaginario di Pompei ha affascinato artisti di ogni epoca, in quanto metafora di rinascita dopo la distruzione.
E così, dagli scatti della statuaria classica realizzati da Luigi Ghirri e Mimmo Jodice traspare la fascinazione per l’archeologia come indagine delle nostre radici; dagli schizzi architettonici di Le Corbusier emerge l’ammirazione per la tecnica e la cultura scientifica dei romani; dall’ufficio pieno di cenere di Jimmie Durham l’empatia del dramma di una tragedia che coglie le persone durante la loro quotidianità.
Particolarmente suggestiva la sezione dedicata all'iconografia del Vesuvio: da Wharol a Rauschenberg fino a Piranesi e molti altri, tanti sono stati gli artisti che hanno deciso di omaggiare questo gigante che scruta Napoli, elevandolo ad icona di una città che, nonostante eruzioni e terremoti, è saputa rinascere ogni volta, anche grazie all’arte.
Stefano D'Alessandro, laureato in Arti Visive presso l'Università di Bologna
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