pizzettauniversale · 1 year ago
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Ciao! Scusa il disturbo, ma ho visto che ti piacciono i podcast true crime e volevo chiederti cosa mi consigli di ascoltare. Fino ad ora ho solo visto i video di Elisa true crime e ho ascoltato il podcast su Elisa Claps, quindi qualsiasi altro consiglio è bene accetto, grazie :)
Allora tutto Indagini, Nazzi è veramente bravo.
Poi se hai ascoltato Elisa Claps di Pablo Trincia, ascoltati di lui anche Veleno, Il Dito di Dio e su audible (?) Crack, sul caso Parmalat (non crime)
Poi Meredith e Emanuela Orlandi di Matteo Iovine
La città dei vivi di Nicola Lagioia
Polvere di Cecilia Sala e Chiara Lalli (non si trova più Spotify non so perché, ma lo trovi bene lo stesso) parla del delitto della Sapienza
Le ombre di Via Poma dell’HuffPost
Metanolo di Will Ita non proprio crime
Poi non di crime ma comunque molto belli:
A Fari Spenti di Francesco Oggiano che parla del salvataggio dei quadri durante la seconda guerra mondiale
Cosa resta sempre di Will Media con Francesco Oggiano che parla di Falcone e Borsellino
Limoni sul G8 di Genova
Rumore. Il caso Federico Aldrovandi
Le Onorate sempre di Nazzi per Disney + sulle donne della Ndrangheta
E sicuro mi scordo qualcosa
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lamannafranco · 1 year ago
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Acidosi Metabolica
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L'ACIDOSI METABOLICA COSE'
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PIÙ DI UNO SQUILIBRIO ACIDO BASE (TRATTO DA : biohealth.it) L’acidosi metabolica è dovuta ad una riduzione della concentrazione dei bicarbonatici nel sangue. Questo riduce il valore del pH sotto il 7,35, con possibili conseguenze per l’organismo. - Eccessivo accumulo di un acido non volatile (gli acidi volatili, come l'anidride carbonica, sono infatti eliminati dai polmoni). - Perdita di alcali non volatili, come il bicarbonato. - Ridotta capacità dei reni di eliminare gli acidi. Un'acidosi metabolica è caratterizzata da una bassa concentrazione di bicarbonato (acidosi metabolica) e aumento del gap ani-onico sarà molto probabilmente provocata da un accumulo di acidi, prodotti dall'organismo o immessi dall'esterno. Se invece la causa dell'acidosi è proprio l'eccessiva perdita di bicarbonato, quest'ultimo sarà sostituito dal cloruro e il gap ani-onico risulterà quindi normale. Date queste premesse è possibile distinguere due tipi di acidosi metabolica: 1- A gap ani-onico normale (da perdita di bicarbonati): - perdita di origine renale: malattia renale cronica avanzata, acidosi tubulare renale; - perdita extrarenale (da organi diversi dal rene): diarrea prolungata. 2- A gap ani-onico aumentato (da accumulo di acidi): da acidi endogeni(prodotti dall'organismo): chetoacidosi diabetica, (acidosi lattica), digiuno prolungato, acido piroglutammico; da acidi esogeni (introdotti dall'esterno): chetoacidosi alcolica, intossicazioni da glicole etilenico, metanolo salicilati.  (https://it.wikipedia.org/wiki/Acidosi_metabolica). Inoltre, lo stile di vita odierno ci porta a produrre e introdurre con l’alimentazione acidi in eccesso (carne, pesce, uova, formaggi, bevande gassate) mentre sono sempre più carenti le valenze alcaline (frutta e verdura in particolare) cui si aggiungono fumo, stress psico-fisico e farmaci, fattori che possono alterare il normale equilibrio acido-base. Nel momento in cui il corpo accusa un aumento di acidi mette in atto diverse strategie per riequilibrare il valore del sangue (in primis): - Elimina attraverso le urine l’eccesso di acidi; - Utilizza i citrati, sostanze che che noi ingeriamo (dovremmo ingerire) mangiando frutta e verdura per tamponare gli acidi in eccesso (i citrati sono alcalini); come risultato (misurabile e quindi utilizzabile per valutare lo stato di acidosi o meno di un soggetto) si nota un calo dei citrati urinari (ipocitraturia) condizione che, oltre ad essere un campanello di allarme, predispone alla formazione di calcoli renali. - Accumula acidi in zone del corpo non vitali: ecco che si manifestano la gotta,le artriti; - Preleva materiale alcalino dalle scorte corporee, le ossa, al fine di ripristinare il corretto equilibrio acido base, predisponendo l’organismo alle patologie legate alla perdita di massa ossea (osteopenia, osteoporosi) (TRATTO DA : biohealth.it)
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(Tratto da :  http://www.mednat.org/bioelettr/acidosi.htm) L'eccesso di acidi e' la causa principale e fondamentale di TUTTE le malattie, così afferma anche il dott. Robert Young di San Diego CAL., USA. La "nuova biologia" come la chiama il dott. R. Yuong, modifica totalmente il punto di vista della medicina ufficiale e la falsa idea Pasteuriana che nel diciottesimo secolo affermò che le malattie sono generate dai germi, quando invadono dall'esterno il ns. corpo. Young afferma che: quando i liquidi del corpo sono alcalini, i "germi" non hanno nessun potere, ne' appigli e quindi il corpo ha la proprietà di auto mantenersi sano e/o guarire dalle sue malattie. Egli fa una semplice similitudine:  immaginate una vasca di pesci immersi in acqua, se l'acqua è salubre, pulita, i pesci sopravvivono; se l'acqua è malsana i pesci muoiono. Nello stesso modo le cellule, che vengono paragonate ai pesci della vasca che devono vivere in acqua, (Terreno), pulita, anche le cellule, se vivono in liquidi alcalini, cioè salubri, esse funzionano regolarmente, nutrendosi ed eliminando le tossine, creando anche le sostanze necessarie ed apportando ciò che necessita all'organismo per mantenersi sano. Quindi la salute la si mantiene o la si recupera SOLO se manteniamo puliti ed alcalini i nostri liquidi, il Terreno, la matrice, nei quali le cellule galleggiano e vivono in buona salute. Un altro semplice esempio può essere : Se in una città i rifiuti urbani non vengono smaltiti in fretta, ma vengono accumulati nelle strade, cosa succede in breve tempo ?...arrivano i topi, vi sono le esalazioni che i rifiuti emanano, l'aria diviene irrespirabile e i liquami che essi producono invadono le strade... I topi possono essere paragonati ai “germi” ed i rifiuti sono i rifiuti acidi accumulati nel nostro organismo, nel terreno i nostri liquidi: se i topi, cioè i "germi" non trovano un ambiente favorevole alla loro vita nel terreno, i liquidi, semplicemente se ne vanno, così come sono arrivati, senza produrre danno. Eliminare la spazzatura dal “terreno” (i rifiuti acidi del corpo dai liquidi) è fondamentale per restare in buona salute, o guarire dalle malattie: in questo modo germi, cioè i topi, non trovano un ambiente favorevole, e semplicemente "se ne vanno" così come sono venuti. (Tratto da :   http://www.mednat.org/bioelettr/acidosi.htm) In campo medico per acidosi, si intende un aumento dell'acidità, ovvero un incremento della concentrazione di ioni idrogeno Si definisce acidosi quando il pH arterioso(sangue) scende al di sotto del valore di 7.35 L'acidosi e' una condizione patologica dell’organismo in cui siano prodotte o introdotte in misura superiore alla norma sostanze acide, oppure siano sottratte sostanze alcaline, così che il pH del sangue, normalmente alcalino (pH 7,35), ed i liquidi del corpo (vedi: acqua del corpo) perdono  il giusto pH = 7,35 - 7,4 - vedi Bioelettronica). Tendendo all'acidità più meno intensa, anche a livello cellulare per l'alterazione della pompa protonica, ed il processo di acidosi inizia sempre ed in primis nel tubo digerente (intestino). Con l'acidosi metabolica NON si deve MAI bere acqua con pH inferiore di 7.35
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L’acidosi metabolica si verifica quando nel sangue aumenta la quantità di acidi, il che porta a una diminuzione del valore di pH, rispetto a giusti valori che sono di pH 7,35. In condizioni fisiologiche, l’acidosi del sangue si verifica ad esempio, in occasione di un intenso sforzo muscolare, che porta all'accumulo di acido lattico nei muscoli; tale acido viene in parte trasformato mediante una reazione di ossidazione all'interno del tessuto muscolare, ma una parte passa nel sangue, causandone l'acidificazione. Nel processo di acidificazione, si presenta sempre parallelamente una diminuzione dell’ossigeno circolante e di assimilazione nell’organismo. Un'altra causa è rappresentata dall'ingestione di una quantità eccessiva di cibi acidificanti (zuccheri semplici, proteine animali, latticini, carni, grassi, farine raffinate o una combinazione di questi). Altre cause possono essere anche l’assunzione dei determinati farmaci. Un pH acido può essere dato da: alimenti che creano fermentazioni e/o putrefazioni che determinano  acidosi digestiva nell’intestino specie quello tenue, stress emozionale, carico tossico e/o immuno reazioni o altri processi che privano le cellule di ossigeno e altri nutrienti. - vedi: Stress ossidativo Il corpo cerca di compensare il pH acido utilizzando i minerali alcalini (Bicarbonati) che ha a disposizione. Se la dieta non contiene sufficienti minerali alcalini utili alla compensazione, si verificherà una formazione di acido nelle cellule, nel citoplasma. L'acidosi è uno stato pericoloso per il nostro organismo: perché’ crea alterazione delle funzioni cellulari, intossicazione, stanchezza, stati infiammatori nei tessuti, irritabilità-eccitazione del sistema nervoso, aumento delle tossine circolanti nelle cellule e depositate nei tessuti e quindi dei radicali liberi, indebolimento del sistema immunitario, intossicazione del fegato e del sistema linfatico, ecc. La cellula umana “sana”, lavora bene solo quando ha molto ossigeno molecolare e un pH leggermente alcalino. La cellula malata (stress ossidativo) o quella cancerogena ha un pH acido e manca di ossigeno. Le cellule cancerogene non possono sopravvivere in un ambiente ricco di ossigeno. Più  alto sarà il valore pH, più alcalino e ricco di ossigeno sono i liquidi di cui e’ composto un organismo vivente. Il cancro e tutte le malattie odiano l’ossigeno e l’equilibrio del pH. Quest’ultimo è di fondamentale importanza per la salute. Secondo l'insegnamento di H.H. Reckeweg, fondatore della Omo-tossicologia, tutti quei processi, quadri clinici e manifestazioni che noi chiamiamo malattie sono espressione della lotta dell'organismo contro tossine per renderle innocue e poi espellerle. Percio’ periodicamente, durante i periodi in cui la vitalità è elevata, l'organismo tenta di correggere questa condizione attraverso delle acute crisi di guarigione (le cosiddette "malattie"). Se un soggetto non migliora le sue abitudini di vita, dopo qualche anno verrà a crearsi una malattia cronica in grado di durare negli anni. alla base di tale malattia troviamo sempre un grande accumulo di tossine.
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L'organismo può vincere o perdere questa battaglia, in ogni caso quei processi che noi chiamiamo malattie non sono altro che utili funzioni biologiche, tendenti alla difesa contro i veleni, finalizzate cioè alla disintossicazione naturale. L'organismo cerca comunque e sempre di compensare i danni che ha subito e che non è riuscito nel frattempo ad eliminare. L'acidosi precede e provoca le malattie È ormai riconosciuto da molte autorità, il fatto che molte malattie si sviluppano a causa di una riduzione delle funzioni organiche ed un abbassamento della resistenza dell'organismo a causa di una condizione di acidosi cronica. A questo riguardo il Dr. George W. Crile, direttore della Clinica Crile in Cleveland, uno dei più famosi chirurgi del mondo, così si esprime: "Non esiste la morte naturale.Tutti i casi così definiti sono soltanto il punto finale di una progressiva acidificazione dell'organismo.". Anche un corpo originariamente sano alla fine soccombe sotto le malattie fisiche quando la sua stessa produzione di acido si accumula ad un punto tale in cui non può più opporvi resistenza e, conseguentemente, diventa suscettibile ai germi, al freddo, alla fatica o all'esaurimento nervoso. Quando il livello di tossine nel corpo raggiunge il massimo tollerabile l'organismo inizia un'azione di pulizia che può prendere varie forme, tra cui: - Diarrea  - mal di testa  - raffreddore  - eruzioni della pelle  - ascesso  - foruncoli  - reumatismo - infiammazione degli occhi o altri organi, - catarro - sensazione di freddo - febbre e tutta la complessa casistica di sintomi che viene riconosciuta con i nomi delle varie malattie. tutte queste problematiche hanno un'origine comune: un accumulo di rifiuti acidi nel corpo.  Ogni giorno che passa il cibo e le bevande che utilizziamo stanno diventando sempre più "produttrici di acido", specialmente i pasti veloci come quelli offerti dai fast-food e gli alimenti precotti. Anche i dolci ed i dessert formano acido così come il caffè, il vino e la birra. Un altro elemento che crea acidità è un'alimentazione eccessiva. Va notato che anche coloro che seguono una dieta vegetariana possono ritrovarsi con un alto livello di acidità se consumano troppi cereali. Le preoccupazioni, l'ansia, la paura e gli altri stress sono altri fattori in grado di produrre acidità organica, e così pure le sostanze inquinanti e le eventuali tossine presenti nell'ambiente in cui viviamo. Bisogna quindi innanzi tutto correggere l'alimentazione con una dieta più equilibrata. Ecco una tabella di sostanze acidificanti, neutre o de-acidificanti che vi può aiutare a correggere l'alimentazione. Non occorre (anzi non si deve) eliminare tutte le sostanze acidificanti della prima colonna, ma solo equilibrarle con le altre, eliminando le più gravi (in neretto): Alimenti acidificanti Alimenti neutri Alimenti alcalinizzanti Alcool Albicocche (fresca e secca) Acqua pura non gasata Aragosta (e crostacei in genere) Ananas Aglio Avena Arancie Alghe marine Birra Banane Anguria Burro Cavolfiore Broccoli Cacao, cioccolato Carote Cannella Carrube Ciliegie Castagna Caseina (formaggi, ecc.) Cipolle Cavolo verza e rapa Confetture con zucch. bianco Datteri Fagiolino Cozze, vongole Fagioli (freschi e secchi) e fave Iogurt magro Crusca d'avena Fichi Indivia Dolcificanti artificiali Formaggio di capra Lamponi Formaggi Fragole Lenticchie Fritti Grano, pane e pasta integr. Limone limetta Gelati cremosi Grano saraceno Mandarini Lardo Latte (vaccino e caprino) intero Mango Liquori Lattuga Melassa Maiale Limoni Melone Manzo, vitello, ecc. Read the full article
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notiziariofinanziario · 3 months ago
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Sanlorenzo compra da Sawa Nautor Swan
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Sanlorenzo e Sawa, società controllata da Leonardo Ferragamo, hanno sottoscritto un contratto vincolante che prevede la vendita da parte di Sawa e l’acquisto da parte di Sanlorenzo di Nautor Swan e indirettamente delle sue partecipate.  Il Gruppo Nautor Swan è prevalentemente attivo nella progettazione, costruzione, commercializzazione e refit di imbarcazioni a vela di alto lusso a marchio Swan, Maxi Swan e ClubSwan, nonché a motore con marchio Shadow e Arrow. La vendita avverrà in due tranche: il 60% delle quote al primo closing, previsto nel breve periodo, pari all’importo di 48,5 milioni di euro, equivalente al pro quota di un Equity Value concordato in 80,9 milioni di euro (“Equity Value Primo Closing”), determinato sulla base di un Enterprise Value (“EV”) pari a 90,0 milioni e una PFN Adjusted al 31 dicembre 2023 pari a 9,1 milioni. Il 40% delle quote al secondo closing, entro il 30 aprile 2028 (sulla base dei dati finanziari FY2027), valorizzato al maggiore tra l’Equity Value primo closing e la valutazione dell’Equity derivante dall’applicazione del multiplo 9x. Per ciascun closing, le parti hanno concordato il pagamento del prezzo per 2/3 cash e 1/3 in azioni attraverso aumento di capitale con esclusione del diritto di opzione riservato a Sawa, salvo l’insorgere di difficoltà tecniche che ne impediscano l’esecuzione tempestivamente. Il prezzo di emissione delle azioni Sanlorenzo è valorizzato alla media aritmetica dei prezzi di chiusura del mercato azionario nei 30 giorni di calendario precedenti al closing di riferimento. Il contratto è soggetto a condizioni sospensive in favore di Sanlorenzo per adempimenti di Sawa previsti tra la sottoscrizione del contratto e il primo closing. Post acquisizione, il Gruppo Nautor Swan sarà guidato da Massimo Perotti, in qualità di CEO, e Giovanni Pomati, in qualità di co-CEO. Leonardo Ferragamo manterrà la carica di Presidente di Nautor Swan. «La firma di questo accordo – commenta Massimo Perotti, presidente e CEO di Sanlorenzo - rappresenta il raggiungimento di un’altra tappa fondamentale della nostra strategia. Abbiamo elaborato in questi mesi un piano industriale solido, in termini di sviluppo prodotto e messa a terra delle numerose sinergie in ambito tecnologico, produttivo, commerciale, nonché di economie di scala, in collaborazione con Leonardo Ferragamo ed il management di Nautor Swan che hanno trasformato il cantiere e le sue barche in un brand iconico a livello globale. Stiamo parlando di un brand di nicchia ultra esclusivo la cui filosofia è perfettamente coerente con quella di Sanlorenzo.  L’heritage di Swan è riconosciuto in tutto il mondo per i suoi elementi chiave: eleganza, qualità, performance coniugata alla solidità grazie alle avanzate tecniche costruttive, innovazione e impareggiabile seaworthiness. Proprio come Sanlorenzo, è importante sviluppare questo patrimonio, sempre preservando la tradizione e l’esclusività del marchio, nel rispetto della competenza e dell’esperienza maturate negli anni da Nautor Swan. Proseguiremo nella Road to 2030 con una marcia in più: siamo i pionieri dello yachting sostenibile, all’avanguardia nella ricerca applicata di tecnologie carbon neutral basate sull’utilizzo di idrogeno e metanolo verdi; in sinergia con le barche a vela Swan, già di per sé sostenibili, creeremo un nuovo segmento di mercato oggi inesistente. L’unione dei marchi Sanlorenzo e Nautor Swan – ciascuno con una propria offerta esclusiva e limitata, rivolta al proprio club di connoisseurs, non in sovrapposizione tra loro – creerà un polo della nautica unico al mondo. Il meglio dello yachting a motore e a vela. La dichiarazione di Ferragamo Leonardo Ferragamo, presidente di Nautor Swan, sottolinea che «negli ultimi 26 anni, insieme a tanti meravigliosi collaboratori, ci siamo dedicati a sviluppare e trasformare questo cantiere già famoso e iconico in un brand internazionale riconosciuto per qualità, eleganza e affidabilità, elementi tipici nel cuore di Nautor Swan. Questo include quattro diverse linee di yacht, servizio globale di assistenza e gestione sportiva dedicata, oltre alla creazione di ClubSwan, lo yacht club che raccoglie i nostri armatori e tanti velisti estimatori dei valori che Swan da sempre promuove. Oggi il mio obiettivo è di indirizzare verso la perennità questo brand così amato e rispettato nel mondo intero, affidandolo ad uno dei gruppi nautici più importanti al mondo, guidato da Massimo Perotti, uno dei più brillanti imprenditori del settore, in modo che esso possa raggiungere le tante ed elevate potenzialità che abbiamo costruito con passione e dedizione in questi anni. Il mantenimento di una quota di rilevante minoranza, mi permetterà altresì, di continuare a trasferire quella cultura, conoscenza ed esperienza maturate in questi anni, a beneficio delle tante persone che lavorano in azienda e dei 2.300 e più armatori Swan nel mondo e di tanti altri che sognano di farne parte». Gli advisor coinvolti Lo studio legale Musumeci, Altara, Desana e Associati ha assistito Sanlorenzo per gli aspetti legali dell’operazione e la negoziazione dei relativi contratti. Sanlorenzo è stata inoltre assistita da Mediobanca nel ruolo di Financial Advisor dell’operazione, da Deloitte per gli aspetti di due diligence finanziaria, da Andersen Italia per gli aspetti fiscali e dal dott. Riccardo Cima per gli aspetti industriali. Lo studio legale Visconti & Associati ha assistito Sawa per la gestione di tutti gli aspetti legali dell’operazione e la negoziazione dei relativi contratti. Sawa è stata inoltre assistita da CC & Soci nel ruolo di Financial Advisor dell’operazione e da Heritage Holdings nel ruolo di Strategic Advisor. Read the full article
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telodogratis · 3 months ago
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Trasformare i gas serra in combustibili green grazie a catalizzatori di nuova concezione
(Adnkronos) – Un team di ricerca del Friuli Venezia Giulia ha sviluppato una tecnologia innovativa per convertire il metano in metanolo, supportando la transizione energetica  ​Read More  (Adnkronos) – Un team di ricerca del Friuli Venezia Giulia ha sviluppato una tecnologia innovativa per convertire il metano in metanolo, supportando la transizione energetica  Adnkronos – Tech&Games  tecnologia 
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dropsofsciencenews · 4 months ago
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Cos'è rimasto nel piatto...Neolitico?
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A volte non avere a disposizione del sapone per lavare bene i piatti può servire… soprattutto se vogliamo scoprire le nostre attività nel passato. È infatti proprio grazie ai residui trovati in antichi vasi di ceramica che un team di ricerca, composto da membri dell’Universitat Autònoma de Barcelona (UAB), l'Università di Saragozza e l'Università di Strasburgo, ha rivelato le prime prove dirette del consumo e della trasformazione dei prodotti lattiero-caseari fin dall'inizio del periodo Neolitico, circa 7.500 anni fa.
Lo studio ha utilizzato i resti di una trentina di vasi di ceramica ottenuti da due siti archeologici rinvenuti nelle grotte di Chaves e Puyascada, situate nella provincia di Huesca in Spagna, per comprendere le abitudini d'uso e conservazione degli alimenti. I ricercatori hanno organizzato e classificato i vasi secondo diversi criteri, come il tipo di profilo, la forma, le condizioni di cottura, il trattamento superficiale, il tipo di decorazione, la profondità e il volume. Successivamente, dai resti ceramici sono stati estratti lipidi attraverso una tecnica che utilizza metanolo acidificato, poi analizzati tramite gas cromatografia e spettrometria di massa.
Grazie ai profili morfologici, i ricercatori hanno classificato i vasi in base alla loro funzione: preparazione con o senza riscaldamento, servizio e conservazione. Infatti, un gruppo di pentole di ceramica è stato classificato come adatto alla preparazione dei cibi, in particolare per la bollitura prolungata grazie ai bordi chiusi che prevengono l'evaporazione eccessiva. Altre erano adatte alla battitura o all’agitazione, poiché presentano pareti spesse, che sarebbero più resistenti ai colpi forti. Per quanto riguarda la materia organica, i residui trovati nei vasi comprendono grassi di ruminanti, suini, prodotti vegetali e latticini, suggerendo una miscelazione intenzionale o usi successivi. Un altro gruppo di piccoli vasi è stato interpretato come recipienti di servizio, usati per il consumo individuale di cibi e liquidi. Avrebbero potuto essere facilmente manipolati con una sola mano, quindi erano probabilmente destinati all'uso individuale. Gli ingredienti individuati variano dai grassi animali alle verdure commestibili e alle resine. Infine, un ultimo gruppo di vasi, con collo profondo e chiuso, è stato considerato ideale per la conservazione di liquidi e alimenti a basso contenuto di grassi, come cereali e legumi.
Le analisi dei residui organici delle ceramiche di Chaves indicano che queste venivano usate principalmente per lavorare carne di ruminante, rappresentando il 50% dei residui, e prodotti lattiero-caseari, che costituiscono il 28%. Questo è coerente con i profili di mortalità degli animali a Chaves, che mostrano che caprini, bovini e suini venivano macellati giovani, durante il cosiddetto "optimum della carne". A Puyascada, invece, le ceramiche erano usate soprattutto per prodotti lattiero-caseari, che rappresentano il 54% dei residui organici, mentre i grassi di ruminanti costituiscono solo il 27% e il grasso suino è ben rappresentato con il 36%. La bassa percentuale di grassi di ruminanti potrebbe essere dovuta a differenti metodi di preparazione e consumo rispetto a Chaves.
L'elevata percentuale di grassi lattiero-caseari a Puyascada suggerisce una priorità nell'uso della ceramica per la lavorazione del latte. Inoltre, l'importanza del grasso suino, nonostante la bassa presenza quantitativa della specie, potrebbe indicare una preparazione specifica del maiale o il suo uso come riserva di grasso. La preparazione e il consumo del grasso suino erano pratiche diffuse nel Neolitico della penisola iberica, con evidenze in molti siti archeologici. I dati suggeriscono che, mentre il latte veniva lavorato e consumato in entrambi i siti, il grasso di ruminanti e suini era gestito diversamente, riflettendo strategie produttive e di consumo distinte.
Dalla forma dei vasi e dai resti organici, gli scienziati sono riusciti ad offrire una preziosa finestra sulle dinamiche sociali e le pratiche agricole e di allevamento delle comunità neolitiche nella penisola iberica.
Altri studi precedenti confermano la produzione di prodotti caseari in Europa durante il Neolitico, ma questo è il primo studio che fa un vero e proprio paragone tra vicini di casa, tra grotte situate a circa 100km di distanza, descrivendo la diversità di stili di vita.
fonte: https://link.springer.com/article/10.1007/s12520-024-02001-9#Sec14
esempi di pezzi di ceramica:
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lamilanomagazine · 6 months ago
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Regione Liguria, Genova. Individuate cinque aree potenzialmente idonee per l'impianto di chiusura del ciclo: due tecnologie a confronto.
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Regione Liguria, Genova. Individuate cinque aree potenzialmente idonee per l'impianto di chiusura del ciclo: due tecnologie a confronto. Sono cinque le aree ritenute potenzialmente idonee e due le tecnologie messe a confronto – 'waste to chemical' attraverso cui produrre 'green fuels' come idrogeno e metanolo da impiegare in distretti verdi oppure di valorizzazione energetica - per la realizzazione futura dell'impianto di chiusura del ciclo dei rifiuti in Liguria. Questo il risultato dello studio eseguito dal Rina su incarico dell'Agenzia regionale ligure per i rifiuti – Arlir. Intanto il Comune di Genova, tramite Amiu, ha manifestato la propria disponibilità per iniziare il percorso finalizzato alla realizzazione dell'impianto sul proprio territorio, in località Scarpino. La ricerca è stata commissionata dall'Agenzia per effettuare sia una comparazione delle tipologie di impianti di chiusura del ciclo previste nel Piano regionale (impianto riciclo chimico o impianto termico) per individuare la soluzione tecnologica più idonea sotto il profilo tecnico, ambientale ed economico, sia un'analisi 'applicativa' dei criteri di localizzazione di impianti di chiusura del ciclo come definiti dal nuovo Piano regionale e dal Comitato d'Ambito per individuare macroaree potenzialmente idonee che presentino una maggiore vocazione morfologica/infrastrutturale: Valpolcevera-Scarpino; Valle Scrivia; zona Cairo Montenotte; zona Cengio; zona Vado Ligure. Per quanto riguarda le tecnologie, impianto a riciclo chimico oppure impianto termico, sono state analizzate in modo comparativo, tenendo conto ad esempio, della ricognizione delle best practice nazionali e internazionali del trattamento e controllo delle emissioni/cattura Co2; dell'ottimizzazione e di possibili sinergie con gli altri impianti di trattamento già presenti sul territorio. "Con oggi programmiamo in via definitiva, come avevamo detto attraverso il nuovo Piano approvato dal Consiglio regionale e l'Agenzia, la chiusura del ciclo dei rifiuti, consentendo alla Liguria di diventare autosuffficiente – dichiara il presidente della Regione Liguria -. Agli impianti biodigestori di Cairo e di Saliceti, quest'ultimo finalmente in costruzione, si aggiungerà, grazie al lavoro dell'Agenzia e allo studio del Rina, anche l'impianto per la parte residua di indifferenziata ovvero un impianto waste to chemical per la trasformazione del rifiuto in energia o un termovalorizzatore, come quello che verrà costruito a Roma o come quelli già esistenti ad esempio in Lombardia. In questo modo i rifiuti potranno essere trattati sul territorio ligure in modo sicuro, efficace, efficiente e moderno oltre che ambientalmente sostenibile. Il Rina ha fatto uno studio per individuare una serie di luoghi potenzialmente idonei e il Comune di Genova ha già avanzato la propria disponibilità, proponendosi per realizzare l'impianto a Scarpino. Oggi comincia il percorso per avvicinarci al traguardo: la stima sui tempi è molto difficile ma credo servirà qualche anno, immaginando che nel giro di un anno e mezzo si possa arrivare all'individuazione puntuale del luogo, della tipologia di impianto e dell'interlocutore tecnico proponente. Serve una capacità di visione d'insieme - conclude il governatore - che coinvolga tutti gli enti, secondo quello che indicano le normative comunitarie, garantendo anche percorsi virtuosi che portino a diminuire il costo delle procedure e quindi a gravare meno sulle bollette dei cittadini". Per il Sindaco di Genova e l'assessore all'Ambiente e ai Rifiuti del Comune, che ha avanzato la propria disponibilità, "oggi per la Liguria è una giornata storica. Iniziamo un percorso che permetterà di mettere la parola 'fine' al conferimento della spazzatura in discarica o fuori regione. Genova è pronta a fare la sua parte, ritenendo idoneo il sito di Scarpino come area per sviluppare un progetto per un impianto di chiusura del ciclo dei rifiuti. Una struttura che terrà conto dei principi di sostenibilità ambientale ed economica e che sarà compatibile e complementare con l'impianto di Trattamento Meccanico Biologico in fase di realizzazione sempre a Scarpino. L'intera area sarà al centro di un grande progetto di valorizzazione per diventare un sito dell'energia e dell'economia circolare". "Con il nuovo piano regionale, approvato poco meno di due anni fa, e la nascita dell'Agenzia, braccio operativo essenziale per dare concretezza a quel Piano – aggiunge l'assessore all'Ambiente e al Ciclo dei Rifiuti della Regione Liguria - ci siamo posti l'obiettivo della chiusura del ciclo dei rifiuti, impensabile fino al 2015. Da allora abbiamo fatto importanti passi avanti e grazie al grande lavoro svolto, soprattutto per aumentare la raccolta differenziata, passata dal 38,63% di otto anni fa a circa il 60% del 2023, non solo questo obiettivo è realizzabile ma a portata di mano. Voglio ringraziare l'Agenzia per questo studio che sarà la base, il punto di partenza di una futura manifestazione di interesse o ricerca di mercato in modo da garantire che l'impianto sia realizzato nel luogo più idoneo e con le migliori tecnologie, sempre d'intesa con gli enti interessati. L'obiettivo è rendere lo smaltimento in discarica uno strumento sempre più residuale, minimizzando gli impatti ambientali e soprattutto ottimizzando i costi della Tari per i cittadini, che è un nostro obiettivo fondamentale". "Quella condotta dal Rina è un'analisi tecnico scientifica con l'obiettivo di dare uno strumento in grado di esplicitare in modo concreto quanto indicato nelle linee di indirizzo del piano regionale dei rifiuti – osserva il commissario dell'Agenzia regionale per i rifiuti Monica Giuliano - un'analisi delle migliori tecnologie applicate alle due tipologie d'impianto di chiusura del ciclo rifiuti e una prima indagine sulle macro aree idonee. È uno dei primi obiettivi raggiunti dall'Agenzia sulla pianificazione futura: si individuano le aree idonee per la chiusura del ciclo, tenendo conto di tutti gli aspetti premianti o meno del Piano regionale. È uno strumento aperto, a disposizione di tutti i player che vorranno presentare proposte valutative per la chiusura del ciclo".... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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aneddoticamagazinestuff · 9 months ago
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L’inquinamento delle grandi navi da crociera
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L’inquinamento delle grandi navi da crociera
È iniziato il viaggio inaugurale di quella che viene presentata come la nave da crociera più grande del mondo. Impressionanti i numeri: oltre 250mila tonnellate di stazza, 365 metri di lunghezza, più di tre campi da calcio uno dietro l’altro; circa 50 di larghezza, venti ponti di cui uno con il più grande parco acquatico in mare e una cascata coperta di 17 metri. Può ospitare oltre cinquemila passeggeri assistiti da un equipaggio di più di 2300 persone, praticamente una città, e neanche tanto piccola. Una nave da crociera che è stata presentata come la più avanzata anche dal punto di vista tecnologico: basti pensare che per ridurre i consumi è dotata di un impianto che invia milioni di bolle d’aria microscopiche lungo lo scafo della nave per ridurre l’attrito. Un gigante dei mari che non poteva non riservare sorprese anche sotto il profilo delle emissioni: i sei giganteschi motori principali sono “ecocompatibili”, almeno a detta dei proprietari. Possono utilizzare sia combustibile tradizionale che gas naturale (GNL), contenuto in un enorme serbatoio. Ma non basta: il GNL è intercambiabile con biogas liquefatto rinnovabile (bio-GNL o LBG) o altro. Soluzioni che sono state presentate dai progettisti rispettose dell’ambiente. Ma è davvero così? Da anni le grandi navi sono accusate di essere uno dei maggiori responsabili delle emissioni di CO2. Per questo motivo da un po’ di tempo i costruttori hanno concentrato l’attenzione su sistemi di alimentazione più “green”. Secondo alcune stime sarebbero oltre 500 le navi in costruzione che utilizzano combustibile verde. Di queste la maggior parte. il 40%, sono alimentate a GNL, il 24% a metanolo, il 23% con sistemi ibridi, l’8% a GPL e l’1% ad ammoniaca. Ma davvero il GNL è “green”? “Il GNL è l’energia a minore intensità di carbonio”, ha dichiarato Antoine Piéton, CEO di Technip Energies. A fargli eco Nelly Nicoli, responsabile di Elengy: “Il GNL è già un vettore per la decarbonizzazione”. Non tutti i ricercatori sono dello stesso parere: secondo Alexandre Joly, responsabile della divisione Energia di Carbone4, è vero che “il gas naturale emette la metà dei gas serra (GHG) del carbone, ma in compenso è 10 volte più ad alta intensità di carbonio rispetto alle alternative a basse emissioni di carbonio, come l’eolico, il solare o il nucleare”. A questo si aggiunge che “Il consumo di gas naturale non sostituisce quello del carbone, è in aggiunta”. In effetti, se si guarda ai consumi di energia a livello globale, si scopre che non sono diminuiti, anzi, sono aumentati. Recentemente diversi Paesi hanno iniziato ad acquistare quantità sempre più ingenti di gas naturale liquefatto (GNL). Ancora una volta, questa scelta non sembra essere legata all’ambiente, ma alla necessità di sopperire alla riduzione degli approvvigionamenti di gas naturale proveniente dalla Russia attraverso i gasdotti, oggi chiusi, limitati o addirittura distrutti come il Nord Stream. Il GNL non è altro che un gas simile a quello che transita nei normali gasdotti. Solo che per essere trasportato senza usare le condutture viene raffreddato fino a passare dallo stato gassoso a quello liquido. Quello che i produttori non dicono è che, per ottenere questa “trasformazione”, è necessario utilizzare giganteschi refrigeratori che abbassano la temperatura a oltre -160°C. Ma questo comporta un considerevole consumo di energia. Uno studio realizzato dalla società norvegese Rystad Energy ha dimostrato che, a conti fatti, il trasporto di GNL comporta emissioni di anidride carbonica diverse volte superiori rispetto ai gasdotti tradizionali. Cosa questa che potrebbe annullare i benefici del ricorso al gas naturale invece che ad altri combustibili fossili. La società armatrice del nuovo gigante dei mari ha insistito sul fatto che utilizza il “combustibile marino più pulito”. Bryan Comer, direttore del programma marittimo dell’International Council on Clean Transportation, non la pensa allo stesso modo: “Stanno definendo il GNL un carburante verde quando il motore emette dal 70 all’80% in più di emissioni di gas serra per viaggio rispetto a quando utilizza un normale carburante marino”, ha detto. La nuova nave da crociera “ha i più grandi serbatoi di GNL mai installati in una nave. Si tratta di greenwashing”. È vero che rispetto ad altri combustibili marini il GNL riduce le emissioni di anidride carbonica. Ma una nave da crociera che utilizzi il GNL emetterebbe complessivamente più gas serra a causa di quello che viene chiamato “slittamento del metano”, secondo Comer. In pratica parte del gas non verrebbe combusto e questo comporterebbe notevoli emissioni di metano, un gas che ha conseguenze tremende per l’ambiente: il metano infatti intrappola circa 80 volte più calore della CO2 dopo il rilascio nell’atmosfera. Il nuovo gigante per il turismo dei mari vanta anche con altri sistemi “verdi”. Ad esempio per alimentare gli ascensori sono celle a combustibile che producono energia elettrica senza combustione. Purtroppo anche in questo caso la realtà, almeno per ora, potrebbe essere diversa: pare che le batterie per alimentare questi sistemi non siano ancora state installate a causa di un problema con i fornitori. Secondo la società produttrice del nuovo gigante dei mari, “il GNL è una parte della nostra strategia per i combustibili alternativi, insieme ai biocarburanti, al metanolo e ad altre fonti di energia come l’energia da terra”. Questo richiama l’attenzione ad un altro dei problemi delle grandi navi da crociera: per funzionare devono tenere i motori accesi anche quando sono attraccate in porto. Ma così facendo inquinano in modo spaventoso. Non è un caso se da qualche tempo alcune città come Venezia, Barcellona e Amsterdam, hanno addirittura vietato o ridotto il numero di navi da crociera alle quali è concesso l’approdo, per minimizzare l’impatto sull’ambiente e sulla salute dei cittadini. Ma la nuova mega nave da crociera ha pensato anche a questo: in porto dovrebbe funzionare con l’elettricità fornita da terra, un’alternativa più pulita al funzionamento di generatori altamente inquinanti. Purtroppo l’impatto sull’ambiente non è solo quello legato alle emissioni di CO2. Secondo Marcie Keever di Friends of the Earth US, “Costruendo queste mega navi e utilizzando il GNL, l’industria crocieristica si sta muovendo nella direzione sbagliata. Le navi più grandi richiedono più infrastrutture nei porti, e contribuiscono a distruggere le barriere coralline e gli ecosistemi per accoglierle”. Tutti problemi per i quali le mega navi da crociera non hanno ancora trovato nessuna soluzione.
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m2024a · 10 months ago
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Seguici sul:https://notizieoggi2023.blogspot.com/2024/01/chiara-ferragni-indagata-per-truffa.html Chiara Ferragni indagata per truffa aggravata, sponsor in fuga e flop già prima del pandoro-gate Le cattive notizie si moltiplicano su più fronti per Chiara Ferragni, la più importante imprenditrice digitale d'Italia. Dopo che ieri la Guardia di Finanza aveva fatto visita agli uffici di Fossano (Cuneo) di Balocco, la Procura di Milano ha iscritto l'imprenditrice digitale e l'ad della società dolciaria, Alessandra Balocco, nel registro degli indagati per l'ipotesi di "truffa aggravata". La prima si dice "serena" e dispiaciuta per gli attacchi mirati di una parte della stampa. Altri affari nel mirino dei giudici E i pm di Milano e la Guardia di Finanza hanno acceso i fari sulla bambola Trudi, un'edizione limitata lanciata nel 2019 e il cui ricavato è stato promesso in beneficenza contro il cyberbullismo e le discriminazioni ai danni della comunità Lgbt. Stavolta, Tbs Crew ha voluto immediatamente replicare alle indiscrezioni, chiarendo che l'intero ricavato sarebbe andato alla campagna Stomp Out Bullying, al netto delle spese versate al provider esterno che gestiva le vendite online. A tale proposito, ha fatto presente che la beneficenza riguardò i soli ricavi sul canale e-commerce. Insomma, le cose si mettono male per l'influencer, sebbene ieri il suo profilo Instagram abbia registrato il primo aumento dei follower dallo scoppio del "pandoro-gate". In queste tre settimane,il calo era stato di 215 mila unità. Pur irrilevante in termini percentuali, è il trend a preoccupare. Sponsor in fuga da Ferragni Safilo era stato il primo sponsor a mollare Chiara Ferragni per "inadempienze contrattuali". Pochi giorni più tardi,seconda batosta da Coca Cola:stop alla collaborazione. Lo spot con l'influencer come testimonial durante il Festival di Sanremo non sarà mandato in onda. A proposito, sotto le lenti è finito anche il cachet della co-conduzione di un anno fa, che la donna promise di devolvere in beneficenza. E l'azienda di moda Monnalisa sta valutando anch'essa se interrompere la collaborazione. L'immagine dell'imprenditrice è più appannata che mai. C'è forte imbarazzo delle società ad associarla ai propri prodotti.Prova ne è che il profilo social non pubblicizza alcunché da quando è sorto lo scandalo. In effetti,non è tanto la vicenda sul piano giuridico a poter far tremare l'impero mediatico e societario di Chiara Ferragni.La cattiva reputazione per chi vende sostanzialmente solo la propria immagine equivale alla scoperta del vino al metanolo negli anni Ottanta per le società produttrici.La fiducia del consumatore è generalmente legata alla qualità/salubrità del prodotto o servizio,ma nel caso di un'imprenditrice digitale essa riguarda l'immagine,sebbene l'influencer abbia anche proposto il proprio brand per sponsorizzare prodotti fabbricati da terzi. I flop prima del pandoro-gate Chiara Ferragni è stata brillante nel vendere il suo successo,disastrosa nella gestione comunicativa della sua prima crisi aziendale.Ma chi pensa che sia stato il pandoro-gate a minacciare l'aura di perfezione dell'impero mediatico-societario, forse dovrebbe leggere qualche dato. Vi ricordate il boom delle azioni Safilo sull'annuncio della collaborazione con l'influencer nel 2021? Ebbene, il loro valore era tornato ai livelli pre-collaborazione già prima del caso. E anche con Tod's le cose non si sono messe bene, con il titolo in borsa ad essersi dimezzato di valore dal picco di tre anni fa. L'idea che associare il nome di Chiara Ferragni ad un prodotto portasse automaticamente a un aumento delle vendite si è rivelata sbagliata. I quasi 30 milioni di follower su Instagram non corrispondono ad altrettanti consumatori certi. Questo lo si è sempre saputo, ma forse gli sponsor erano un po' eccessivamente ottimisti sui risultati. D'altra parte sbaglia anche la premier Giorgia Meloni quando ribadisce in conferenza stampa che chi fabbrica un prodotto debba essere apprezzato di più di chi lo griffa. L'economia italiana non è solo manifattura e il marketing è una componente fondamentale di essa. Chiara Ferragni rischia di trasformarsi in un marchio tossico Insomma, una cosa è mettere in dubbio il modo di fare affari di Chiara Ferragni, un'altra il business del mondo legato alle promozioni commerciali, ingrediente fondamentale per il successo di un'azienda. Puoi produrre il panettone più buono al mondo, ma se non lo sai vendere, resta sugli scaffali o forse neppure vi ci arriva. Adesso, però, serve capire quanto tempo debba occorrere per riprendere a postare pubblicità di prodotti sul proprio profilo social. Il rischio è che la vicenda comporti danni a lungo termine irreparabili e che la ripartenza non possa mai avvenire del tutto in un clima di relativa serenità. Supera già abbondantemente il milione di euro il cosiddetto lucro cessante, vale a dire il mancato fatturato in oltre tre settimane di silenzio social. Alcuni contratti sono stati rescissi,
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editorialstaff2020 · 1 year ago
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Settore marittimo: Eni disegna la rotta verso il net zero
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Settore marittimo: Eni disegna la rotta verso il net zero
Eni, in collaborazione con Assarmatori e Confitarma, ha presentato il documento “La rotta verso il net zero. Insieme per decarbonizzare il settore marittimo” a cui hanno contribuito i maggiori stakeholder del comparto navale
Per immaginare una strategia realistica, efficiente e sostenibile di decarbonizzazione del trasporto marittimo non basta fissare il punto d’arrivo. E’ necessario mettere a sistema le competenze di tutti gli stakeholder per disegnare il percorso tappa dopo tappa. E’ quello che ha fatto Eni lo scorso 11 luglio a Roma portando allo stesso tavolo armatori, aziende produttrici di motori navali, certificatori, rappresentanti della logistica energetica, associazioni di settore e Amministrazione Pubblica. L’appuntamento è stato l’occasione per presentare la roadmap per la decarbonizzazione del settore marino, frutto del lavoro multidisciplinare di oltre 40 esperti del comparto. Tre intensi mesi di lavoro che sono serviti a disegnare la rotta verso le zero emissioni, analizzando il contesto normativo, il mercato navale, l’evoluzione tecnologica dei motori e la disponibilità, anche in termini infrastrutturale, di vettori energetici a ridotta intensità carbonica.
Il risultato è un lavoro multidimensionale e multidisciplinare, necessario all’industria ma anche a chi nella pratica dovrà definire le norme e i regolamenti. Lo studio ha preso in considerazione la flotta navale attuale e futura, le tecnologie propulsive, i vettori energetici disponibili, il loro prezzo e le loro prestazioni, ma anche le relative esigenze infrastrutturali e il costo delle emissioni.
Sulla carta le opzioni sono molteplici. Come ricordato dagli autori dell’analisi, oggi esiste una lunga lista di prodotti con interessanti potenzialità ai fini della decarbonizzazione del settore marittimo. Dai biocarburanti come l’HVO e il FAME alle versioni bio del GPL e del GNL, dall’ammoniaca al metanolo, dai carburanti sintetici (e-fuel) all’idrogeno. Ma non tutti potranno giocare un ruolo rilevante da subito, sia per una questione prettamente di maturità tecnologica che per via del necessario sviluppo infrastrutturale e di filiera. La transizione energetica marittima per dimensioni e caratteristiche avrà bisogno di evolversi strada facendo per tenere assieme sostenibilità, competitività e sicurezza.
Nel breve termine (2030-2035) l’opzione più verde, accessibile, economica e flessibile è rappresentata dai biocarburanti liquidi e gassosi già presenti sul mercato, e in particolare l’HVO, acronimo di Hydrotreated Vegetable Oil. I suoi punti di forza? E’ ottenuto dalla lavorazione di lipidi di scarto rinnovabili, può essere utilizzato già oggi nei motori in miscela al 50% con carburanti tradizionali senza modifiche tecnologiche, ma si presta anche all’uso in purezza nei nuovi motori. Ma soprattutto permette di raggiungere riduzioni nelle emissioni di CO2eq tali da rispettare gli obblighi normativi immediati così come quelli a medio e lungo termine. A titolo di confronto il suo impiego permette di abbattere tra il 60 e il 90% delle emissioni di carbonio (in funzione della tipologia di carica biogenica) rispetto al carburante tradizionale sull’intero ciclo di vita. E a differenza di vettori energetici come l’ammoniaca o l’idrogeno, non richiede modifiche infrastrutturali o logistiche.
Discorso non troppo dissimile per il biocarburante FAME, prodotto attraverso la transesterificazione di oli vegetali. Quest’ultimo, tuttavia, a fronte di una decisa economicità offre però prestazioni più scadenti in quanto si tratta di un prodotto meno stabilizzato, che richiede particolari operazioni di movimentazione all’interno delle navi.
Sempre sul breve termine un ruolo potenziale lo ha anche il GNL. In questo caso le sfide si focalizzano più che altro sulla domanda, le infrastrutture e ovviamente le emissioni, sebbene più basse di quelle carburanti navali tradizionali. E in futuro sistemi di cattura della CO2 a bordo delle navi potrebbero dare un’ulteriore mano. Il bio GNL alleggerirebbe sicuramente l’impronta di carbonio ma andrebbe incrementata l’offerta e abbassati i costi.
Lo studio annovera tra le opzioni per il medio termine il metanolo – interessante soprattutto se prodotto da rifiuti – ma oggi ancora troppo costoso ed energeticamente impegnativo.
Sono considerate opzioni per il lungo periodo invece l’ammoniaca e l’idrogeno ma con tutte le sfide del caso: dall’abbattimento dei costi tecnologici a questioni prettamente ambientali e di sicurezza. Su tempi lunghi si muovono anche gli e-fuels, per i quali tuttavia si prevede invece uno sviluppo per lo più legato al trasporto terrestre, che lascerà ben poco spazio alle imbarcazioni.
Dall’analisi, dunque, l’HVO emerge come il vettore favorito. Un risultato che non sorprende dal momento che l’olio vegetale idrogenato rappresenta una soluzione già rodata e disponibile. Un prodotto in grado di accelerare la transizione energetica marittima senza dover aspettare nuovi motori o infrastrutture. In questo campo Eni ha da tempo costruito un solido know-how. La società produce già il biocombustibile nelle sue bioraffinerie di Venezia e Gela attraverso la tecnologia proprietaria Ecofining™ e ha da poco siglato un accordo con RINA per svilupparne assieme l’impegno nel trasporto navale. Un’intesa di ampio respiro che guarda all’immediato ma anche al futuro. L’accordo prevede infatti di sviluppare altri vettori energetici sostenibili, come ad esempio l’idrogeno e l’ammoniaca nella versione verde o blu. E la realizzazione di iniziative che coinvolgano la loro intera catena logistica così come l’adozione di metodologie certificate per il computo “tassonometrico” dei benefici emissivi lungo tutta la value chain.
Link: https://www.rinnovabili.it/mobilita/navigazione-sostenibile/decarbonizzare-il-trasporto-marittimo-strategia
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scienza-magia · 2 years ago
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Catalisi chimica a temperatura ambiente per risparmiare energia
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Scoperta a livello atomico può cambiare il mondo del petrolio e della chimica. Gli ingegneri chimici dell’Università del Wisconsin-Madison hanno sviluppato un modello di funzionamento delle reazioni catalitiche su scala atomica. Si tratta di un progresso considerato una svolta nella ricerca sulla chimica computazionale. La comprensione potrebbe consentire a ingegneri e chimici di sviluppare catalizzatori più efficienti e di mettere a punto i processi industriali – potenzialmente con enormi risparmi energetici, dato che il 90% dei prodotti che incontriamo nella nostra vita sono prodotti, almeno in parte, attraverso la catalisi. Il team ha pubblicato la notizia del loro progresso sulla rivista Science. I materiali catalitici accelerano le reazioni chimiche senza subire essi stessi cambiamenti. Sono fondamentali per la raffinazione dei prodotti petroliferi e per la produzione di prodotti farmaceutici, plastiche, additivi alimentari, fertilizzanti, carburanti verdi, prodotti chimici industriali e molto altro. Due brevi filmati sono disponibili in un file zip a questo link della pagina Science abstract.
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Scienziati e ingegneri hanno trascorso decenni a mettere a punto le reazioni catalitiche; però, poiché attualmente non è possibile osservare direttamente tali reazioni alle temperature e alle pressioni estreme spesso coinvolte nella catalisi su scala industriale, non si sa esattamente cosa avvenga su scala nanometrica e atomica. Si sa cosa entra, cosa esce, ma non esattamente le singole operazioni a livello atomico. Questa nuova ricerca aiuta a svelare questo mistero, con potenziali importanti ramificazioni per l’industria. Infatti, solo tre reazioni catalitiche – il reforming del metano a vapore per produrre idrogeno, la sintesi dell’ammoniaca per produrre fertilizzanti e la sintesi del metanolo – utilizzano quasi il 10% dell’energia mondiale. Manos Mavrikakis, professore di ingegneria chimica e biologica presso l’UW-Madison, che ha guidato la ricerca, ha dichiarato: “Se si riducono di pochi gradi le temperature a cui si svolgono queste reazioni, si ottiene un’enorme diminuzione della domanda di energia che oggi l’umanità deve affrontare. Diminuendo il fabbisogno energetico per far funzionare tutti questi processi, si riduce anche la loro impronta ambientale”. Mavrikakis e i ricercatori post-dottorato Lang Xu e Konstantinos G. Papanikolaou, insieme alla studentessa Lisa Je, hanno sviluppato e utilizzato potenti tecniche di modellazione per simulare le reazioni catalitiche su scala atomica. Per questo studio, hanno esaminato le reazioni che coinvolgono i catalizzatori di metalli di transizione in forma di nanoparticelle, che includono elementi come il platino, il palladio, il rodio, il rame, il nichel e altri importanti per l’industria e l’energia verde. Secondo l’attuale modello di superficie rigida della catalisi, gli atomi strettamente impacchettati dei catalizzatori di metalli di transizione forniscono una superficie 2D a cui i reagenti chimici aderiscono e partecipano alle reazioni. Quando si applica una pressione e un calore o un’elettricità sufficienti, i legami tra gli atomi dei reagenti chimici si rompono, permettendo ai frammenti di ricombinarsi in nuovi prodotti chimici. Mavrikakis ha spiegato: “L’ipotesi prevalente è che questi atomi metallici siano fortemente legati tra loro e forniscano semplicemente dei ‘punti di atterraggio’ per i reagenti. L’ipotesi di tutti è che i legami metallo-metallo rimangano intatti durante le reazioni che catalizzano. Per la prima volta, quindi, ci siamo posti la domanda: “L’energia necessaria per rompere i legami nei reagenti potrebbe essere di entità simile all’energia necessaria per rompere i legami all’interno del catalizzatore?””. Secondo la modellazione di Mavrikakis, la risposta è sì. L’energia necessaria per lo svolgimento di molti processi catalitici è sufficiente per rompere i legami e consentire a singoli atomi di metallo (noti come adatomi) di liberarsi e iniziare a viaggiare sulla superficie del catalizzatore. Questi adatomi si combinano in cluster, che servono come siti sul catalizzatore dove le reazioni chimiche possono avvenire molto più facilmente rispetto alla superficie rigida originale del catalizzatore. Utilizzando una serie di calcoli speciali, il team ha esaminato le interazioni di importanza industriale tra otto catalizzatori di metalli di transizione e 18 reagenti, identificando i livelli di energia e le temperature che possono formare questi piccoli cluster metallici, nonché il numero di atomi in ogni cluster, che può anche influenzare drasticamente i tassi di reazione. I loro collaboratori sperimentali dell’Università della California, Berkeley, hanno utilizzato la microscopia a scansione tunneling a risoluzione atomica per osservare l’assorbimento del monossido di carbonio sul nichel (111), una forma cristallina stabile di nichel utile nella catalisi. I loro esperimenti hanno confermato i modelli che mostravano che vari difetti nella struttura del catalizzatore possono anche influenzare il modo in cui i singoli atomi di metallo si liberano e la formazione dei siti di reazione. Mavrikakis afferma che il nuovo quadro sta mettendo in discussione le fondamenta del modo in cui i ricercatori comprendono la catalisi e il modo in cui si svolge. Potrebbe applicarsi anche ad altri catalizzatori non metallici, cosa che studierà in futuro. È anche rilevante per la comprensione di altri fenomeni importanti, come la corrosione e la tribologia, o l’interazione delle superfici in movimento. “Stiamo rivedendo alcuni presupposti ben consolidati per capire come funzionano i catalizzatori e, più in generale, come le molecole interagiscono con i solidi”, ha detto Mavrikakis. Il successo di questa ricerca può rivoluzionare tutti i processi chimici, perché permette di calcolare con precisione l’energia da utilizzare e di ottimizzarlo. Chi riuscirà a sfruttare meglio questa conoscenza avrà un vantaggio competitivo notevole, mentre si prospetta un calo significativo del costo di un insieme di prodotti chimici di sintesi.  Read the full article
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cinquecolonnemagazine · 2 years ago
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Carburanti sintetici: tra l'accordo UE-Germania ed il loro utilizzo concreto
Carburanti sintetici. Due parole per sbloccare uno dei provvedimenti più discussi dell'ultimo periodo in seno all'Unione Europea: quello che metterà la parola stop alla vendita e produzione ai veicoli a benzina dal 2035. La Germania era stata una delle più forti fonti di critiche verso questo provvedimento ma un accordo proprio con l'UE ridà il sorriso ai tedeschi che potranno avere una trasformazione del mercato automobilistico più flessibile grazie ai carburanti sintetici. Cosa sono i carburanti sintetici? I carburanti sintetici, noti anche come e-fuels, sono una nuova tecnologia che promette di rivoluzionare l'industria dei trasporti riducendo l'impatto ambientale dei veicoli. Questi combustibili sono prodotti sinteticamente a partire da fonti rinnovabili di energia, come l'energia solare, e non contengono petrolio. Come vengono prodotti gli e-fuel? La produzione di carburanti sintetici inizia con l'estrazione di anidride carbonica dall'aria, che viene quindi combinata con acqua per produrre idrogeno attraverso un processo noto come elettrolisi. L'idrogeno viene quindi combinato con biossido di carbonio per produrre un combustibile sintetico, come il metanolo o il cherosene. Quali sono i vantaggi? Gli e-fuels hanno numerosi vantaggi rispetto ai carburanti fossili tradizionali. Innanzitutto, essi sono prodotti utilizzando fonti rinnovabili di energia, come l'energia solare, che li rende sostenibili e a basso impatto ambientale. In secondo luogo, gli e-fuels possono essere utilizzati come sostituti diretti dei carburanti fossili esistenti, senza alcuna necessità di modificare i veicoli o l'infrastruttura di rifornimento. Ciò significa che i veicoli alimentati ad e-fuel possono essere utilizzati immediatamente, senza bisogno di ulteriori investimenti in nuovi veicoli o infrastrutture. Inoltre, gli e-fuel producono emissioni di gas serra significativamente inferiori rispetto ai carburanti fossili tradizionali, poiché l'anidride carbonica utilizzata nella loro produzione è rimossa dall'aria. Ciò significa che gli e-fuels possono contribuire a ridurre l'impatto ambientale del settore dei trasporti e a limitare il cambiamento climatico. Quali sono i lati negativi dei carburanti sintetici? Tuttavia, la produzione di carburanti sintetici rimane ancora costosa e richiede grandi quantità di energia. Per questa ragione, alcuni critici hanno suggerito che i carburanti sintetici potrebbero non essere la soluzione definitiva per ridurre l'impatto ambientale dei veicoli. Inoltre, la produzione di e-fuels richiede grandi quantità di anidride carbonica, il che potrebbe aumentare la domanda di combustibili fossili utilizzati per produrre questa anidride carbonica. Nonostante questi ostacoli, i carburanti sintetici rimangono una tecnologia interessante e innovativa che potrebbe contribuire a ridurre l'impatto ambientale del settore dei trasporti. L'industria sta investendo sempre di più in questa tecnologia e ci sono molti progetti pilota in corso in tutto il mondo. Se la produzione di e-fuels diventerà più efficiente e meno costosa, potrebbe rappresentare un'importante alternativa ai combustibili fossili tradizionali e contribuire a ridurre l'impatto ambientale dei trasporti su scala globale. Foto di David ROUMANET da Pixabay Read the full article
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Maire: studia decarbonizzazione impianto Foresight in Puglia
(ANSA) – MILANO, 13 FEB – Maire Tecnimont annuncia che la sua controllata NextChem si è aggiudicata uno studio di fattibilità da Foresight Group per un impianto di cattura dell’anidride carbonica e di produzione di metanolo sostenibile presso l’impianto waste-to-energy (energia da rifiuti) di Eta a Manfredonia, in Puglia. Al completamento dello studio di fattibilità, alla conclusione del processo…
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grauniverse-blog · 5 years ago
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Metanolo: lo scandalo che cambiò per sempre la storia del vino italiano
Sono trascorsi molti anni dallo scandalo del Vino al Metanolo e, alcuni, soprattutto i più giovani, non lo ricordano più o non ne conoscono i dettagli. Era il mese di marzo del 1986 e quella tragedia segnò una svolta per il mondo del vino e per la società italiana.
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1986 – Carabinieri in un supermercato controllano che le bottiglie di vino non siano di provenienza delle aziende vinicole sotto…
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notiziariofinanziario · 3 months ago
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Audi ricostruisce un progetto dopo quasi 100 anni
Audi riscopre una vettura che non vide mai la luce quasi novant'anni fa. Questo evento non è solo un tributo alla storia automobilistica, ma rappresenta un capitolo significativo del patrimonio di Auto Union, predecessore di Audi. Nel lontano 1932, dall'unione di Audi, DKW, Horch e Wanderer nacque Auto Union, simboleggiata oggi dal logo Audi a quattro anelli. Questa fusione portò alla nascita di un'idea ambiziosa: la Type 52, concepita per competizioni stradali di lunga distanza come la Mille Miglia o la 24 Ore di Le Mans. Il progetto, avviato nel 1933 dall'ufficio di progettazione di Porsche con Ferdinand Porsche, fu interrotto nel 1935 senza mai giungere alla costruzione di un prototipo. La Type 52 avrebbe dovuto essere una macchina rivoluzionaria, con un motore V-16 sovralimentato posizionato centralmente, derivato dalla Auto Union Type A da corsa. Nonostante fosse pensata per utilizzare benzina normale e meno sovralimentazione rispetto alla versione da corsa, si stima che avrebbe potuto raggiungere i 200 km/h. Per la costruzione della replica moderna, Audi ha incaricato Crosthwaite & Gardner, l'azienda britannica che cura anche la storica flotta di Auto Union Silver Arrow. La replica è stata dotata di un motore V-16 sovralimentato da 6,0 litri simile a quello della Auto Union Type C del 1936, con una potenza aumentata da 197 a 512 CV grazie all'utilizzo di un mix di metanolo, benzina super senza piombo e toluene. Read the full article
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nyft · 7 years ago
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Io: “Volevo prendermi uno slip, che ne dici di questi?”
Moglie: “Ti uccido nel sonno poi ti faccio mangiare dai cani”
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mezzopieno-news · 2 years ago
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I TRAGHETTI INVENTANO IL FILTRO PER INQUINARE MENO
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Una compagnia di traghetti francese ha lanciato quella che dichiara essere la prima nave che utilizza filtri per catturare quasi tutti gli inquinanti atmosferici dai gas di scarico della barca, suscitando elogi da parte degli attivisti e delle autorità locali e l’attenzione della comunità internazionale.
I filtri utilizzano una tecnologia già presente nelle centrali elettriche e negli impianti di incenerimento in cui il bicarbonato di sodio viene iniettato nei fumi di scarico, provocando una reazione chimica con le minuscole particelle prodotte durante il processo di combustione. “Gli inquinanti possono essere catturati da un tipo di filtro dell’aria industriale che esiste da più di 30 anni” ha detto ai giornalisti il ​​direttore tecnico dell’azienda Christophe Seguinot. La Meridionale, con sede nel porto di Marsiglia, nel sud della Francia, ha calcolato che questo filtraggio cattura il 99% degli ossidi di zolfo emessi dai quattro motori del traghetto, nonché il 99,9% del particolato creato dalla combustione del suo combustibile pesante.
L’olio combustibile pesante è uno dei combustibili da trasporto più economici ma più inquinanti, causando le spesse colonne di fumo nero che si vedono sopra la maggior parte delle navi. Il gruppo di traghetti ha stretto un accordo con il gruppo chimico Solvay per trattare ed eliminare i residui tossici del filtro, con l’obiettivo di riciclarli.
Altri gruppi navali stanno sperimentando altre soluzioni ecologiche come motori che funzionano con gas naturale liquefatto più pulito (GNL) o metanolo, mentre sono in fase di sviluppo anche navi elettriche e a vela.
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Fonte: La Meridionale; Solvay
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