#metafore di vita
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pier-carlo-universe · 3 days ago
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Montedidio di Erri De Luca: una poesia in forma di romanzo. Un viaggio nei vicoli di Napoli tra crescita, sogni e introspezione. Recensione di Alessandria today
Montedidio, pubblicato da Erri De Luca, è un romanzo che racconta la Napoli degli anni '50 attraverso gli occhi di un tredicenne.
Montedidio, pubblicato da Erri De Luca, è un romanzo che racconta la Napoli degli anni ’50 attraverso gli occhi di un tredicenne. Con uno stile lirico e introspettivo, il libro ci conduce nel quartiere di Montedidio, una zona di vicoli e palazzi antichi, dove si intrecciano le vite di personaggi straordinari e si svelano i primi passi verso la maturità del protagonista. La trama Il racconto si…
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ilghila · 1 year ago
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"Tu come vivrai?": il viaggio dantesco di Hayao Miyazaki
Appena usciti dalla visione di “Kimi-tachi wa Dō Ikiru ka” (in Italia, seguendo il titolo inglese, “Il ragazzo e l’airone”) di Hayao Miyazaki, regna un silenzio contemplativo nella sala. Come un imperativo non detto: rimanere in silenzio alla fine di un’opera creata da un “ragazzino” di ottant’anni, che ancora oggi interpreta la realtà con gli occhi di un sognatore, la rivisita con la creatività…
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ideeperscrittori · 7 months ago
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HO UN LINFOMA E FARÒ DEL MIO PEGGIO
Fra un mese compio 51 anni e pochi giorni fa ho scoperto di avere un Linfoma Non Hodgkin. È una patologia abbastanza aggressiva ma è stata presa in tempo. Ed è ben curabile, perché la scienza sta facendo passi da gigante nella cura dei linfomi.
Vivo a pochi passi di distanza da un ospedale all'avanguardia che mi ha preso in carico. Sotto molti aspetti, sono davvero fortunato e privilegiato rispetto a molte persone.
Quale sarà il mio atteggiamento di fronte alla malattia? Mi conosco bene e posso prevederlo, perché c'è una parola che lo definisce con precisione. È una parola significativa, addirittura emblematica, che riguarda il mio tasso di maschitudine alfa. Come potete intuire, non mi riferisco a "guerriero", quindi le metafore belliche possiamo tranquillamente metterle da parte.
La parola misteriosa è "mammoletta". Sì, sarò una mammoletta. Questo vuol dire che non vi darò lezioni filosofiche. Non diventerò un maestro di vita pronto a snocciolare grandi verità come "quello che non ci uccide ci rende più forti", "le sofferenze fanno parte dell'esistenza", "l'importante è apprezzare le piccole cose".
Sarò una mammoletta perché lo sono sempre stato, per esempio quando ho scoperto di avere una massa all'inguine. Era un rigonfiamento, duro come un sasso, grande come una pallina oblunga. La mia reazione? Due settimane senza far nulla. Mi sono detto: "Magari passa. Vuoi vedere che fra qualche giorno non ci sarà più? Non ho voglia di affrontare visite ed esami per un falso allarme. Odio gli ospedali".
Questo mio atteggiamento nasce anche da un'idea completamente sbagliata e irrazionale: la paura che gli esami possano creare malattie dal nulla. In pratica una zona oscura del mio cervello ragiona (si fa per dire) più o meno così: sei perfettamente sano, fai l'esame e ti trovano qualcosa. Lo so, non c'è niente di logico in questa convinzione, ma la mia mente non è mai stata fatta di pura logica.
Per quasi due settimane ho cercato di non pensarci anche perché ero in preda all'imbarazzo. Tra tutti i posti, proprio all'inguine doveva capitarmi? Ma la massa non ha dato cenni di sparizione e alla fine mi sono attivato.
Ho riscritto cinquanta volte il messaggio su WhatsApp prima di inviarlo alla mia dottoressa per fissare una visita, perché ogni volta il testo mi sembrava una molestia sessuale: "Buona sera, dottoressa, ho questa massa dura all'inguine e vorrei chiederle un appuntamento per mostrargliela". "Buona sera, dottoressa, ho un rigonfiamento...". Dopo un numero incalcolabile di tentativi, ho trovato le parole giuste e ho scritto un messaggio asettico, inequivocabilmente sanitario, con un perfetto stile burocratico ospedaliero.
Sono stato una mammoletta nei tre mesi e mezzo necessari per giungere alla diagnosi.
Sono stato una mammoletta nel giorno della TAC con mezzo di contrasto. Quella mattina sono giunto all'ospedale in autobus, dopo una notte insonne. Alla fermata ho controllato la cartella che conteneva i documenti. C'erano referti di ecografie, pareri medici e soprattutto l'impegnativa da presentare per svolgere l'esame. Ho controllato perché sono una persona molto precisa, di quelle che tornano indietro mille volte per verificare di aver chiuso il gas. "Non manca nulla", mi sono detto. Ho rimesso i documenti nella borsa. Ho raccolto le forze, mi sono alzato dalla panchina e ho raggiunto l'accettazione dell'ospedale. Senza la borsa. Vi lascio immaginare questa sequenza di eventi: imprecazione, insulti molto pesanti rivolti contro me stesso, corsa a perdifiato verso la fermata. La borsa era ancora lì. Nessuno me l'aveva fregata.
Per fortuna scelgo solo borse brutte.
Sono stato una mammoletta in occasione della PET, che ha rispettato un copione simile a quello della TAC. Venivo da una notte insonne e non ero in grado di comprendere istruzioni elementari, perché la mia intelligenza svanisce quando affronto esami medici. Mi chiedevano di porgere il braccio sinistro e porgevo il destro. Mi chiedevano il nome e recitavo il codice fiscale.
Sono stato una mammoletta quando mi hanno comunicato il risultato della biopsia. Per un considerevole lasso di tempo non ci ho capito nulla. La mia coscienza era come una trasmittente che passava una musica di pianoforte triste sentita mille volte in TV: quella che certi telegiornali usano per le notizie strappalacrime.
Ora guardo al futuro e la mia ambizione non ha limiti: raggiungerò nuove vette nel campo del mammolettismo. So di essere fortunato per molti motivi: l'ematologo, un tipo simpatico, mi ha rassicurato. Le terapie esistono e sono molto efficaci.
Ma mi lamenterò tantissimo, perché non voglio correre il rischio di essere considerato una persona ammirevole da qualcuno. Non lo ero, non lo sono e non lo sarò mai. Rivendico il diritto di essere fragile e fifone. Lasciatemi libero di essere una mammoletta. Per citare un motto di Anarchik, il mio piano è questo: farò del mio peggio.
[L'Ideota]
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angelap3 · 3 months ago
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Che storia meravigliosa. La conoscevo, certo, ma ieri ho avuto il privilegio di ascoltarla direttamente da una persona legata all’ex proprietà. Una di quelle occasioni che ti fanno venire voglia di fermarti, ascoltare e, sì, prendere appunti.
Luisa Spagnoli e Giovanni Buitoni. Un amore che non avrebbe mai dovuto esistere, eppure è esistito. Segreto, proibito, ma inarrestabile, come ogni cosa vera. Lei, sposata, madre di tre figli, con quattordici anni di troppo per un mondo che non perdona. Lui, giovane, brillante, capace di vedere oltre. In lei, non solo una donna, ma un’idea, un atto di sfida. Da quella relazione impossibile nascono i Baci Perugina, che non sono mai stati solo cioccolatini. Sono l’amore che resiste, il manifesto di chi sceglie di vivere, nonostante tutto.
I bigliettini che Luisa infilava nei cioccolatini per Giovanni erano più che parole: erano vita, cuore, rivoluzione. Quei messaggi, diventati i cartigli, sono la prima forma di trigger emotivo nella storia del prodotto. Non è più solo cioccolato: è gesto, è storia, è amore che si racconta. È lì che nasce l’ancoraggio emozionale. Non compri un dolce. Compravi lei. Lui. Loro.
La scelta del nome, da “Cazzotto” a “Bacio”, è un caso lampante di reframing linguistico, dove il focus si sposta dalla rudezza al gesto romantico. Giovanni Buitoni intuì che il linguaggio non era solo descrizione ma percezione, e che un termine sbagliato poteva distruggere la magia. “Bacio” diventò così il frame perfetto: semplice, diretto, evocativo.
L’incarto argentato con stelle blu, disegnato da Federico Seneca, è semiotica visiva al suo massimo. L’argento grida preziosità, le stelle parlano di sogni, e i due amanti, ispirati a “Il Bacio” di Hayez, consolidano il frame emozionale. Non è solo un packaging: è una narrazione visiva che colpisce il cuore prima ancora del palato.
I Baci Perugina non sono mai stati solo cioccolatini. Sono pezzi di storia italiana, un intreccio di coraggio, imprenditorialità e comunicazione al massimo livello. Metafore visive, parole che restano, un equilibrio perfetto dove ogni elemento – nome, cartigli, packaging, campagne – parla la stessa lingua. Una storia d’amore privata che si trasforma in linguaggio universale. Non si vende cioccolato. Si vende un sogno. Un sogno che continua, immutato, a emozionare.
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crazy-so-na-sega · 4 months ago
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Una delle migliori metafore della vita-nel-mondo progressista è “la rotaroria” come espressione di “moto caotico perpetuo”: devi essere il più veloce ed il più arrogante, ogni forma di educazione (precedenza, freccia, rispetto corsia, velocità moderata) comporta soccombenza.
Adriel Diabole
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ma-pi-ma · 23 days ago
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Einstein ha scoperto che il tempo e lo spazio
sono metafore
anche se ancora non so
cosa siamo io e te,
forse metafora di un'antica melodia dell'universo
prima della sua decomposizione.
Cristina Peri Rossi, da Il giro della vita
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ggpost · 11 months ago
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Il buio, il vuoto, il nulla: sono metafore di una dimensione ancestrale in cui la vita si ri-partorisce.. Se si accoglie il vuoto che gli abbandoni ci portano, gli addii sono fonte di progresso, di rinascita, di nuove occasioni di vita.. Se resistiamo, se rimpiangiamo, ci tormenteremo per anni.. Sì, bisogna toccare il fondo per ritornare a vivere..
- Raffaele Morelli
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tiaspettoaltrove · 11 months ago
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“Sei un pervertito come tutti gli altri”. No.
Bisogna chiarire alcune cose: in questo blog scrivo quello che voglio, quando voglio, come voglio, e per i motivi che voglio. Se voglio parlare del mio pene, lo faccio. Se voglio parlare della psiche femminile, lo faccio. Se voglio parlare della mia vena poetica, lo faccio. E così via. Questa mia libertà è sufficiente per associarmi a un pervertito? Lo trovo un ragionamento immaturo, se non addirittura infantile, puerile, fallace. Sono un pervertito? No, per i canoni odierni e per come viene immaginato e descritto un pervertito oggigiorno. Ho una spiccata fantasia, un erotismo innato che spesso mi accompagna, una passionalità intrinseca e introversa come il mio carattere. Pertanto da qualche parte, e nello specifico prevalentemente qui, in qualche modo viene fuori. L’utilizzo di certi vocaboli, di certe metafore/similitudini/allegorie, m’appassiona. Quindi, quando ne ho voglia, mi abbandono a questa pratica. Tutto ciò per dire che non ho bisogno di sotterfugi e mezzucci vari, per parlare del mio pene. Se la ruota gira, la lascio girare a prescindere. E con “ruota” non mi riferisco al mio pisello che fa l’elicottero. È un modo di dire. La libertà espressiva m’eccita mentalmente perché viviamo in una prigione dorata. Io parlo liberamente di tante cose, mica solo della mia sessualità. Siamo solo all’inizio, è un po’ presto per fare bilanci. Onestamente parlando, trovo molta (ma molta) più perversione in quasi tutti i prodotti di Hollywood (film e serie tv), piuttosto che nei miei testi. Comprendo che ognuno abbia un metro di giudizio diverso, ma stride che mi vengano dirette accuse palesemente prive di fondamento. Vuoi che scenda nei dettagli della mia vita privata? Be’, una cosa che non puoi sapere è che sono sessualmente vergine. Una scelta fatta anni addietro e a cui ho sempre mantenuto fede, per il semplice fatto che non ho trovato la ragazza che mi convincesse che il suo corpo valesse più della mia purezza. O meglio: che il nostro amore valesse più di quello per il mio tempio immacolato. Sarò molto esplicito: non me ne faccio nulla di una ragazza che apre le gambe pronta ad accogliermi, se poi non ci vado d’accordo. Se poi non è la persona che vorrei che fosse. Se poi non corrisponde ai miei desideri e alle mie richieste. Preferisco, piuttosto, eclissarmi. Tutelarmi, preservarmi, proteggermi. La vita non è il sesso, ragazze. E so che molte di voi non lo capiscono, ma il sesso molto spesso altro non è se non il mezzo più veloce per dimenticare. Per arrivare al culmine del piacere fisico senza fatica. Per sbrigarsi a godere. Tumblr è principalmente questo proprio per tali motivi. E io ne approfitto, ne cavalco certamente l’onda. Ma a modo mio, sempre, e mettendo i puntini sulle i. Perché si ritiene necessario. Perché è ovvio che amo le ragazze giovani (che belle), ma se m’imbatto in una quarantenne con un cervello sopraffino, mi dimentico di tutto il resto. Sono umano, ma la perversione in senso stretto la lascio agli altri. Io sogno, fantastico.
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t-annhauser · 6 months ago
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falloro/falloforia
fallòforo s. m. [dal gr. ϕαλλοϕόρος, comp. di ϕαλλός «fallo» e -ϕόρος «-foro»]. – Portatore del fallo nelle cerimonie orgiastiche della Grecia antica; anche, attore delle antiche farse popolari, che portava, oltre alla maschera, un fallo. (Treccani)
Quale sorpresa sarebbe per il greco antico venire a scoprire che duemicinquecento anni dopo il falloforo si manifesta all'intelligentissimo uomo del presente sotto le sembianze di un ignaro e frettoloso corriere della SDA.
Plutarco ci descrive le falloforie:
«in testa venivano portati un'anfora piena di vino misto a miele e un ramo di vite, poi c'era un uomo che trascinava un caprone per il sacrificio, seguito da uno con un cesto di fichi e infine le vergini portavano un fallo con cui venivano irrigati i campi.»
(De cupiditate divitiarum, VIII, 527 D)
Nelle falloforie propiziatorie del raccolto, molto diffuse nel mondo agricolo dell'antica Grecia e poi in Italia e nei territori dominati dai Romani, le processioni con il fallo terminavano con una pioggia di acqua mista a miele e succo d'uva, indirizzata verso i campi, che rappresentava l'eiaculazione del seme origine della vita e quindi propiziava l'abbondanza del raccolto.
Così, senza troppi giri di metafore, senza la scimmia della morale illuminista a pesargli sul groppone.
Naturalia non sunt turpia.
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valentina-lauricella · 5 months ago
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Sto leggendo i racconti di Feria d'agosto: per evitare di dimenticarli una volta letti, ne sto facendo degli stringati riassunti man mano che li vado leggendo. Se mi avessero assegnato questo compito quando andavo a scuola, lo avrei svolto con insofferenza. Adesso, invece, lo faccio con l'entusiasmo con cui si notano i segni particolari di una persona interessante, quelli che sembra ce ne facciano innamorare. Eccoli:
LA SERPE
Magia simbolico-ancestrale della parola.
FINE D'AGOSTO
La donna, volenterosa ma insufficiente oggettivazione dell'inesplicabile mondo che l'uomo si porta dentro.
VECCHIO MESTIERE
Nostalgia per la vita semplice, più naturalmente disciplinata e costruttiva, di una volta, desiderio che la vita scorra su binari predestinati di dovere, per aver diritto al piacere dell'entusiasmo per la vita stessa.
L'EREMITA
Un vedovo con un figlio preadolescente: quest'ultimo resta affascinato da un vagabondo e ne fa un momentaneo sostituto della figura paterna.
LA GIACCHETTA DI CUOIO
Un ragazzo vuole imparare il mestiere e la vita da un maturo barcaiolo, il quale però soffre per una donna che lo tradisce e si rovina definitivamente strozzandola e gettandola nel Po. Fine di un modello di vita. Anche i migliori si rovinano per le donne.
PRIMO AMORE
Un ragazzino fa a botte per difendere l'onore della sorella di un suo amico, che però amoreggia con uno molto più adulto di lui. Il primo amore, mai espresso nemmeno a sé stesso, gli fa venire il desiderio di mostrarsi coraggioso e adulto.
IL MARE
Il viaggio di un ragazzo, abitante di collina,  verso il mare che non ha mai visto; ma non lo vedrà, perché dopo due giorni di vita selvaggia sulla strada, incontra un amico più grande con il quale gli sembra naturale riavviarsi verso casa, dove lo aspettano.
IL PRATO DEI MORTI
In uno spiazzo fuori mano, vengono le persone a due a due: un assassino e la vittima. Parlano stancamente, come compiendo un rito; poi, avviene il delitto, come un evento in fondo risaputo. Il cadavere rimane solo sotto la luna. Ma una notte i morti sono due, vittime di due delitti: e allora, finché c'è la luce della luna, parlano tra loro, dicendo ciò che direbbero se fossero vivi. Racconto sospeso, surreale, magico pur nell'efferarezza dei gesti narrati.
SOGNI AL CAMPO
Descrizione dello stato d'animo di detenuti in un campo di lavoro, la cui vita vera si concentra nei sogni della notte, fino a mantenerli anche di giorno in uno stato di irrealtà. Un pezzo di bravura dove si cerca di esprimere sensazioni psico-fisiche familiari, ma intraducibili, come spesso accade in Pavese, con accostamenti e metafore letterariamente eleganti. Nulla dell'orrore è narrato, ma solo suggerito dallo stato di straniamento in cui vivono i prigionieri.
UNA CERTEZZA
Confessione virtuosistica dell'angolo (dell'abisso, dell'infinito) che Pavese ha dentro di sé, sicuro e assoluto, più importante di tutti gli avvenimenti che decide di vivere. Dice che è il sé stesso ragazzo, con cui andava d'accordo: è l'armonia dell'essere, l'integrazione delle sue varie componenti, che risulta invece frantumata nella vita successiva.
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pier-carlo-universe · 2 months ago
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"Strappare lungo i bordi" di Zerocalcare: riflessioni sulla fragilità umana e la forza dei legami. Recensione di Alessandria today
disarmante.
Un viaggio introspettivo tra imperfezioni e cicatrici, che parla a tutti noi con una semplicità disarmante. Recensione dettagliata In Strappare lungo i bordi, Zerocalcare regala ai suoi lettori una delle riflessioni più autentiche e profonde sulla vita, l’amore e l’amicizia, attraverso parole che colpiscono dritto al cuore. Questo estratto delinea con una semplicità spiazzante l’essenza della…
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canesenzafissadimora · 1 year ago
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Io ho 80 anni, ma vi assicuro – a voi che ne avete molti meno – che quando arriverete alla mia età non sentirete differenze. La differenza arriva e si sente solo quando non si vive, quando non si ama la vita, quando non si vuol più fare qualcosa di nuovo. Ma se si rimane ancorati e aggrappati alla bellezza dell’amicizia, dell’amore, della musica, del mare e della poesia, la vita regala sempre delle sorprese.
Alla mia età si sentono gli acciacchi, certo, ma nello spirito non c’è differenza. L’amore non cambia mai. Quando uno si innamora, non importa l’età. Cambiano il riflesso fisico e la potenza sessuale, ma dal punto di vista emotivo forse l’amore è ancora più forte a cinquanta o sessant’anni. Io ho visto e conosciuto persone che si sono innamorate a settant’anni, ma innamorate davvero. Di quell’amore che quando l’altro manca si sta malissimo. (…)
Credo anche che la mentalità di un cinquantenne è più attrezzata per cogliere i sottintesi, le metafore e la verità delle emozioni di chi canta. Anzianità non è sinonimo di saggezza. Però è più facile che i cinquantenni siano allenati culturalmente, più equipaggiati. A me piace moltissimo cantare davanti a persone che hanno più di quaranta o cinquant’anni perché hanno la predisposizione a immergersi in quello che sentono e si crea una forte empatia.
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Roberto Vecchioni
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greenbor · 2 months ago
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Poesia di https://www.tumblr.com/scorcidipoesia
…mi hai trovato, mi è venuta questa febbre che non so curare. Le parole addormentate sono rinate e mentre ti vivo di nascosto, nella tua indifferenza di uomo cieco e sicuro di se’ , io sono fiume. Ho margini che vogliono trattenerti, sono spina che vorrebbe pungerti, sono una spiaggia che aspetta il tuo corpo per offrirti le dune su cui combattermi e poi dormire, sono il fianco che vorrebbe l’impronta della tua mano e il sentiero morbido che vorrebbe diventare trapunta di brividi e stelle. Chiudere gli occhi e dimenticare, ricostruire la mia città interiore con le tue mura, diventare una fortezza inespugnabile in cui essere noi senza ricordi o smarrimenti poiché tutto è andato. Tutto si è risolto. La sola verità è ciò che ancora deve avvenire, senza metafore o gonfie attese ma potessi ora sentire la mia mano, potessi averla sul volto e toccare il tessuto della mia pelle che ti inventa, potessi disegnare il tuo volto si, fingerei di essere cieca e ancora continuare a inventarti mentre finalmente inizieresti a guardarmi e a scoprirmi prima che la potenza della vita e dei giorni veloci mi porti via, lontana da te, distratta da te ora così materiale e al primo posto nel mio sentire, rimani così a dominare i miei pensieri, metti i tuoi punti sul mio corpo e segna le frontiere , i mondi , l’eternità
2022
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immensoamore · 1 year ago
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Comunque, sono tutti capaci a parlare di amore disinteressato, in teoria. Ma in pratica, come sarebbe?
Facile. Devi immaginare di essere al piano terra di un palazzo di cento piani.
Uffa. Sempre con queste metafore. Ok, ok... L'amore è un palazzo alto, che devi scalare a mani nude, bla bla bla..
No. Tanto per cominciare in mano hai un innaffiatoio.
Ah. E che cosa te ne fai?
Sali le scale.
Con l'innaffiatoio?
Eh
Perché?
Per arrivare al tetto.
Lo vedi? L'amore è il tetto in cima a un alto palazzo, che custodisce e protegge l'interno, bla bla bla...
No. Il palazzo non è altro che un palazzo. Il tetto non è altro che un tetto. Quel che conta è la pianta.
Quale pianta?
Quella che speri ci sia sul tetto. Quella per cui hai fatto tutte le scale a piedi.
Aaaah. Ecco cos'è l'amore. La pianta, il frutto che ha bisogno di cure per crescere, bla bla bla.
Niente affatto. L'amore vero è tutt'altro.
Che altro ci può essere?
Che quando arrivi all'ultimo piano, e poi alla scala stretta e ripida fino al tetto, col fiatone e stringendo forte un innaffiatoio pesante e pieno d'acqua...
Ah!Non ci avevo pensato: l'amore è che con l'innaffiatoio hai portato l'acqua, la vita, il futuro della pianta, bla bla bla...
No. Perché piove.
E quindi?
Quindi niente. L'amore è che ti sei accorto che cominciava a piovere quando eri ancora al portone, al piano terra.
E sono salito lo stesso, con l'innaffiatoio, le scale, il fiatone...?
Già.
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poesiablog60 · 1 year ago
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Buongiorno...
Ogni giorno della tua vita leggi poesie.
La poesia è buona perchè esercita muscoli che non usi abbastanza spesso.
La poesia espande i sensi e li riporta a condizioni primordiali. Fai sì che tu ti renda conto del tuo naso, del tuo occhio, del tuo orecchio, della tua lingua, della tua mano.
E, dopo tutto, la poesia è metafora compatta e similitudine.
Tali metafore, come i fiori di carta giapponesi possono espandersi all’esterno in forme gigantesche.
Ray Bradbury
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crazy-so-na-sega · 7 months ago
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Oggi il mondo è assai povero di simboli: i dati e le informazioni non possiedono alcuna forza simbolica. Nel vuoto simbolico si perdono quelle immagini e quelle metafore capaci di dare fondamento al senso e alla comunità, stabilizzando la vita.
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Byung-Chul Han
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