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#esperienze della Seconda Guerra Mondiale
ilghila · 9 months
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"Tu come vivrai?": il viaggio dantesco di Hayao Miyazaki
Appena usciti dalla visione di “Kimi-tachi wa Dō Ikiru ka” (in Italia, seguendo il titolo inglese, “Il ragazzo e l’airone”) di Hayao Miyazaki, regna un silenzio contemplativo nella sala. Come un imperativo non detto: rimanere in silenzio alla fine di un’opera creata da un “ragazzino” di ottant’anni, che ancora oggi interpreta la realtà con gli occhi di un sognatore, la rivisita con la creatività…
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libriaco · 2 days
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AI, AI, Pavese!
Se ne scrive così spesso, di Cesare Pavese, da credere che ormai anche l'AI/IA ne sappia abbastanza, invece, alla richiesta di visualizzare la lista di romanzi di Cesare Pavese, candidamente mi risponde:
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Povero Gesualdo Bufalino, privato all'improvviso del suo romanzo, peraltro pubblicato nel 1981 e lui vivente.
Scritto in piccolo, ChatGPT aggiunge: ChatGPT può commettere errori. Considera di verificare le informazioni importanti. (sic!)
Copiaincollo di seguito il testo dell'immagine sopra, per pura cattiveria: un altro avvertimento a piè di risultato recita infatti: Le chat potrebbero essere esaminate e utilizzate per addestrare i nostri modelli.
Vi immaginate l'AI/IA che si addestra sui suoi stessi risultati sbagliati???
Cesare Pavese è uno dei più importanti scrittori italiani del Novecento, noto per i suoi romanzi che esplorano temi di solitudine, alienazione e la condizione umana. Ecco una lista dei suoi romanzi principali: "Il mestiere di vivere" (1935) – Anche se è più conosciuto come un diario, offre una visione profonda della sua esperienza e della sua arte. "La casa in collina" (1948) – Racconta le esperienze di un uomo che vive in una casa su una collina durante la Seconda Guerra Mondiale. "La luna e i falò" (1950) – Uno dei suoi romanzi più celebri, che narra la storia di un ritorno alle origini e riflette sulla identità e la solitudine. "Tra donne sole" (1950) – Una raccolta di racconti che esplora le difficoltà e le esperienze di diverse donne. "Il carcere" (1949) – Un romanzo che riflette l'esperienza di Pavese durante la sua detenzione politica e le sue riflessioni sul tema della libertà e della reclusione. "Diceria dell’untore" (1962) – Pubblicato postumo, questo romanzo è spesso considerato il suo capolavoro e narra la storia di un malato di tubercolosi in una sanatorio. Cesare Pavese ha scritto anche numerosi racconti e poesie che arricchiscono la sua produzione letteraria. La sua opera è fondamentale per comprendere le dinamiche della letteratura italiana del Novecento.
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fiat500nelmondo · 3 days
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Una domenica perfetta con la mia Fiat 500 sul Lago di Como!
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Con la mia Fiat 500 d'epoca ho vissuto una giornata straordinaria: il raduno sul Lago di Como mi ha regalato una felicità senza pari, con un viaggio lungo 300 km (senza nessun problema)!
  Una domenica sul Lago di Como con la mia Fiat 500 d'epoca: 300 km di pura gioia Cari amici e appassionati di Fiat 500, voglio condividere con voi una grande emozione. Domenica 15 settembre 2024 ho partecipato al raduno "Giriamoci la Brianza", un evento dedicato a noi amanti del mitico Cinquino. Non era la prima volta che partecipavo a un raduno, ma questa volta è stato tutto diverso. La mia Fiat 500 d'epoca, che in altre occasioni mi ha lasciato per strada, dopo i lavori fatti dal mitico George, ha affrontato più di 300 chilometri senza alcun problema, una vera goduria! Il raduno: un viaggio tra amici e paesaggi mozzafiato Il raduno è iniziato a Vedano al Lambro, a Monza, dove dalle 8:00 alle 10:00 ci siamo ritrovati tutti, pronti per una giornata piena di emozioni. L’atmosfera era già magica: decine di Cinquecento d'epoca, ognuna con il suo stile unico, brillavano al sole del mattino. Tra chiacchiere e sorrisi, ho ricevuto la mia sacca con gadget ricordo, che conservo gelosamente.
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Alle 10:30, siamo partiti in gruppo per la prima tappa: Colico, una splendida località sulle sponde del Lago di Como. La mia 500 d'epoca ha affrontato la strada senza intoppi, e già da quel momento mi sentivo al settimo cielo!  La storia che vive al Forte Montecchio Nord Arrivati a Colico, abbiamo avuto la fortuna di visitare il Forte Montecchio Nord, una delle fortezze meglio conservate della Prima Guerra Mondiale. Per me, amante della storia, è stato un vero tuffo nel passato. Il forte, con le sue mura imponenti e l’atmosfera d’altri tempi, ci ha regalato momenti indimenticabili. È stato emozionante immaginare cosa dovessero vivere i soldati di un tempo, proprio lì dove ora stavamo camminando noi, circondati dalla bellezza del lago. Dopo la visita, in molti si sono fermati per un pranzo al sacco. (in realtà ho cercato una trattoria nei paraggi :-) Un viaggio che non dimenticherò mai Dopo il pranzo, siamo ripartiti per la seconda parte del nostro tour, circa 65 chilometri che ci hanno portato a Como. La strada si snodava tra curve e panorami meravigliosi, e la mia Fiat 500 continuava a darmi soddisfazioni, senza mai dare segni di cedimento. Per un'auto che spesso si è fermata in passato, percorrere tutti quei chilometri senza problemi è stato un vero trionfo!   A Como, ci siamo fermati per un’ultima sosta al supermercato Bennet, dove ci siamo salutati tra appassionati, ognuno felice di aver vissuto una giornata straordinaria. Tornare a casa, sapendo che la mia 500 ha superato questa prova, mi ha riempito di orgoglio e gioia. Totale: 330 Km di goduria con 0 problemi. Sono troppo contento!!!
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La mia Fiat 500 d'epoca: una compagna di vita e un amore profondo Quest'auto non è solo un mezzo di trasporto. Per me, e sono sicuro anche per molti di voi, è una compagna di vita, un'amica che, anche se a volte ci fa disperare con qualche guasto, riesce sempre a regalare emozioni incredibili. Ogni chilometro percorso durante il raduno è bellissimo. Sono tornato a casa stanco, ma con il cuore pieno di gioia. La mia Fiat 500 ha dimostrato ancora una volta di essere un’autentica fonte di felicità, capace di unire le persone e di farci vivere momenti unici.   E voi? Anche voi avete partecipato a raduni con la vostra Fiat 500? Avete mai provato la gioia di percorrere tanti chilometri senza un intoppo? Raccontatemi le vostre esperienze nei commenti, sono curioso di sapere le storie che avete vissuto con la vostra amata 500!
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goblinosophy · 11 months
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Non solo semplici Cartoni! - Animazione
In un tranquillo pomeriggio di qualche giorno fa mentre preparavo un caffè risanante, mi è capitato di avere un' insolita chiacchierata con uno dei miei parenti su un mediometraggio di animazione trasmesso in televisione proprio in quel momento: "Saludos Amigos", classico Disney del 1943!
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Inutile dire che ero in estasi! Dopotutto io adoro l'animazione, e non ho potuto fare a meno di intromettermi per sapere cosa ne pensasse. Insieme alla voglia sfrenata di raccontare alcuni piccoli dettagli su questa pellicola con un po' di fierezza personale. L' entusiasmo era eccessivo e per quanto la persona in questione amasse davvero i personaggi di Walt Disney, lo scambio di battute fra di noi fu breve e venni congedato abbastanza in fretta da una classica frase di chi non vuole saperne di subire delle info-dumping "Io so solo che sono cartoni animati di quando ero piccolo e mi basta solo questo" e andava bene così.
Ma io non demordo e ne parlo qui al meglio delle mie possibilità!
Con l'inizio della seconda guerra mondiale l'attenzione del mondo si concentrava in larga parte sugli eventi salienti degli scontri in Europa. Come è facile immaginare l'animazione della Disney non potette godere appieno dell'attenzione del mondo, rimanendo con pochissimi finanziatori disposti a investire nelle produzioni degli artisti di casa Disney di cui si interesso solamente il governo statunitense a preservare attraverso alcuni finanziamenti federali, destinati però a essere utilizzati alla produzione di corti di propaganda con soldati, armi o persino alcune guide su come il popolo americano poteva contribuire alla causa bellica.
Qui si ritorna al nostro topic iniziale. Con la produzione di Saludos Amigos (1943) si stava tentando di sfruttare appieno la popolarità dei personaggi dello studio di Hollywood in Sudamerica, decidendo così di impiegare la fama mondiale di Disney trasformandolo nell'ambasciatore ideale con cui era possibile saldare dei buoni rapporti diplomatici con i vicini degli statunitensi. Difatti quest'opera era anch'essa un progetto nato dal sostegno diretto del governo statunitense, seguendo così fedelmente l'idea politica del "buon vicinato" intrapresa in quegli anni dal presidente Delano Roosevelt (Good Neighboor policy) sosteneva l'idea che mantenere dei buoni rapporti con i paesi limitrofi potesse favorire il governo Americano riducendo al minimo le influenze esterne della Germania Nazista.
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La produzione dei 4 corti del mediometraggio furono il risultato di una vacanza di circa 2 mesi a cui partecipò lo stesso Walt Disney assieme ai suoi animatori. Viaggiando per l'America meridionale i dipendenti della Disney col tempo confezionarono un prodotto animato frutto diretto delle loro esperienze con la cultura locale trasmessa dalla gente del posto. Lo staff di artisti ha rappresentato i in modo personale i colori dei paesi visitati accompagnando lo spettatore attraverso un secondo viaggio riproposto per il pubblico, con un misto di sequenze dal vivo da una parte e dall'animazione dall'altra. Offrendoci interessanti incontri di culture con un Pippo che scopre il gaucho argentino o un Paperino in visita in Perù o quest'ultimo in visita a Rio de Janeiro per fare la conoscenza di un novello personaggio brasiliano conosciuto come il futuro amico José Carioca!
La storia di questi grandi lavori non smetterà mai di affascinarmi.
(Primo vero articolo çwç, accetto critiche costruttive volentieri!)
Fonti utilizzate
Articoli:
Dale Adams, Saludos Amigos: Hollywood and FDR's
Good Neighbor Policy, University of Texas, Austin, 2007.
Siti Web:
https://www.ilsollazzo.com/c/disney/scheda/SaludosAmigos
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mariotolvo62 · 1 year
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Mario Merola, omaggio al Re della sceneggiata napoletana nonché "padre" ...
Nato a Napoli il 6 aprile 1934, il giovane Mario Merola lavora come facchino al porto della sua città. Siamo nel periodo che segue la Seconda guerra mondiale: Mario fa già apprezzare le sue doti canore. I colleghi al porto lo apprezzano e lo incoraggiano: inizia così a esibirsi come cantante. Il suo repertorio include i grandi classici della canzone napoletana. Da lì in poi, e in pochi anni, raggiunge un successo notevole; prima a Napoli, successivamente in tutto il paese, fino all'estero. Tra i suoi più noti e tradizionali pezzi vi sono "Guapparia" e "Zappatore". L'attività artistica diventa in breve irrefrenabile: negli anni '60 realizza dischi, si esibisce in spettacoli, fino a matrimoni e feste private. Mario Merola si dimostrerà nella sua carriera anche ottimo talent-scout: contribuirà tra gli altri a lanciare la popolarità di Massimo Ranieri e Gigi D'Alessio. Tra gli anni '70 e '80 rilancia la tradizionale sceneggiata napoletana, un intreccio teatrale ispirato a una canzone del repertorio popolare, solitamente basato sulla triangolazione conosciuta come "issa, isso e 'o malamente", che significa "lei, lui e il mascalzone". Parallelamente inizia anche a lavorare come attore in produzioni cinematografiche ispirate a storie di cronaca nera oppure alle consuete sceneggiate. Intanto, mentre la carriera di attore evolve, le apparizioni televisive continuano, così come gli spettacoli all'estero, in tutta Europa e in Nord America, in particolare ovunque vi sia un degno e caloroso pubblico di origine italiana. Durante gli anni '80 si ricorda in modo particolare il successo del brano "Chiamate Napoli 081". Negli anni '90 Merola è vicino alle prime esperienze canore di Gigi D'Alessio che gli dedicherà poi la canzone "Cient'anne!" (Cento anni!). Interpreta poi il brano "Futteténne" ("Fregatene") insieme al cantautore Cristiano Malgioglio. Nei più recenti spettacoli si esibisce insieme al figlio Francesco Merola, interprete e musicista che ha seguito le orme del padre. Dopo pochi giorni di ricovero, colpito da infarto, Mario Merola è morto presso l'ospedale San Leonardo di Castellammare di Stabia, il 12 novembre 2006. #spettacolo #teatro #show #italia #italy #musica #arte #instagood #theatre #love #cinema #like #attore #roma #eventi #cultura #art #tv #attori #picoftheday #danza #instagram #film #follow #music #dance #napoli #divertimento #actor #milano #napoli #romacapitale #cinema #bellavista #eduardodefilippo
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carmenvicinanza · 3 months
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Catherine Dior
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Catherine Dior, donna coraggiosa e intraprendente è una figura che la storia ha un po’ trascurato, forse perché oscurata dalla imponente figura dell’adorato fratello Christian Dior, di cui è stata musa e erede morale.
A lei è dedicata la fragranza Miss Dior, del 1947.
Ha vissuto una vita avventurosa, ha militato nella Resistenza francese ed è stata arrestata dai nazisti, ha subito torture ed è stata internata nei campi di concentramento.
Nata col nome di Ginette a Graville, in Normandia, il 2 agosto del 1917, era la più giovane dei cinque figli e figlie di Magdeleine Martin e Maurice Dior, industriale nel campo dei fertilizzanti e prodotti chimici.
La prima parte della sua infanzia è stata agiata, ma la grande crisi del 1929 e il crollo finanziario, cambiarono le sorti e il tenore di vita della famiglia.
Dopo aver vissuto qualche anno in una fattoria in Provenza, raggiunse il fratello che aveva iniziato a lavorare nel mondo dell’arte e poi nella moda, a Parigi.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, ha abbracciato la lotta per la liberazione della Francia ed è diventata partigiana.
Importante per questa ardita decisione è stata sicuramente la sua relazione con Hervé des Charbonneries, membro della Resistenza francese, con cui ha avuto un’intensa e lunga storia d’amore nonostante fosse sposato e con prole. Ma lei è stata una donna che non ha mai conosciuto ostacoli.
Ha iniziato la sua militanza nel 1941, con il nome in codice Caro. Come agente del Massif Central, unità che raccoglieva informazioni sugli spostamenti dei tedeschi e i loro armamenti, ha vissuto in clandestinità, organizzando incontri segreti e smistando documenti.
Nel 1944 è stata arrestata dai nazisti, torturata e deportata nei campi di concentramento di Ravensbrück, Torgau, Abteroda e Markkleeberg, dal quale, nel 1945, è riuscita a scappare.
Per il suo impegno nella Resistenza le sono state conferite diverse medaglie al valore: la Croce di Guerra, la Volunteer Combatant’s Cross, la King’s Medal for Courage in the Cause of Freedom da parte del governo britannico e venne insignita con la Légion d’Honneur.
Dopo la guerra, ha sostenuto le scelte imprenditoriali del fratello a cui è stata sempre accanto e che ha sempre consigliato e ispirato, tanto che lui, omaggiandola attraverso la sua immensa passione per i fiori, oltre al famosissimo profumo Miss Dior, le ha dedicato l’abito Mille fleurs, un vero e proprio tripudio di petali.
Quando la Maison Dior ha scalato l’olimpo della moda, cambiando lo scenario e creando nuovi dettami di stile, ha scelto di trasferirsi in Provenza e produrre fragranze scegliendo un ritmo più lento, immersa nella natura.
Quando il famoso stilista è morto, nel 1957, è stata nominata sua erede morale, responsabile della salvaguardia della sua eredità artistica, compito che ha affrontato con estrema meticolosità.
Dal 1999 fino alla sua scomparsa, il 17 giugno 2008, ha ricoperto il ruolo di presidente onoraria del Musée Christian Dior a Granville, creato nella loro casa natale.
Nel 2019, Maria Grazia Chiuri, direttrice creativa della maison Dior, le ha dedicato la sua collezione Primavera Estate 2020. Tra i vari omaggi resi alla sua persona, c’è anche la borsa Dior Caro, dal nome che usava durante la Resistenza.
Catherine Dior ha avuto una vita sfaccettata e vibrante, ha combattuto eroicamente, ma schiva e riservata, ha lasciato sempre al fratello i riflettori, nonostante il grande contributo.
Non ha mai scritto memorie, preferendo lasciare parlare le sue azioni. A un veterano che le aveva chiesto delle sue esperienze di guerra, rispose solo: Ama la vita.
La sua storia, recentemente, è stata raccontata nel libro di Justine Picardie del 2021 Miss Dior: A Story of Courage and Couture.
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lamilanomagazine · 4 months
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Cagliari: al Palazzo di Città accoglierà i capolavori fotografici di Robert Capa
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Cagliari, al Palazzo di Città  accoglierà i capolavori fotografici di Robert Capa Dal 31 maggio al 6 ottobre 2024, Palazzo di Città a Cagliari ospita una retrospettiva dedicata al celebre fotografo Robert Capa (1913 – 1954). L'evento cade in concomitanza dell'anniversario degli ottant'anni dello sbarco alleato nelle spiagge della Normandia avvenuto il 6 giugno del 1944 e immortalato dagli scatti di quello che è considerato il padre del fotogiornalismo moderno. La mostra, voluta dall'Amministrazione comunale di Cagliari e organizzata da Silvana Editoriale, con il supporto della Fondazione di Sardegna, è curata da Marco Minuz. Grazie alla collaborazione dell'Agenzia Magnum Photos di Parigi, riunisce 110 fotografie, garantendo così un percorso antologico completo. Saranno presenti in mostra tutte le principali esperienze che caratterizzano il lavoro del fotografo ungherese, naturalizzato statunitense: gli anni parigini, la Guerra civile spagnola, l'esperienza bellica fra Cina e Giappone, la Seconda guerra mondiale con la liberazione dell'Italia fino a Montecassino, lo sbarco in Normandia, l'avanzata alleato fino a Berlino, la Russia del secondo dopoguerra, la nascita dello stato di Israele e, infine, il conflitto in Indocina, dove Capa morirà prematuramente nel 1954. Un panorama completo che fornirà al visitatore l'opportunità di conoscere tutte le fasi più importanti della carriera di questo fotografo. Guadagnata sul campo fama, Capa pubblicò nelle più importanti riviste internazionali, fra le quali "Life" e "Picture Post", con quello stile di fotografare potente e toccante allo stesso tempo, senza alcuna retorica e con un'urgenza tale da spingersi a scattare a pochi metri dai campi di battaglia, fin dentro il cuore dei conflitti. In tal senso celebre la sua dichiarazione: "Se non hai fatto una buona fotografia, vuol dire che non ti sei avvicinato a sufficienza alla realtà". Ma il lavoro di Robert Capa non si limitò solo esclusivamente a testimoniare eventi drammatici, ma spaziò anche in altre dimensioni non riconducibili alla sofferenza della guerra. La mostra infatti esplora il rapporto del fotografo con il mondo della cultura dell'epoca con ritratti di celebri personaggi come Pablo Picasso, Ernest Hemingway, Truman Capote e Henry Matisse, mostrando così la sua capacità di penetrare in fondo nella vita delle persone immortalate. Un richiamo sarà dedicato ai suoi reportage dedicati a film d'epoca. Dopo la fine del secondo conflitto mondiale è l'attrice Ingrid Bergman a introdurre Capa sul set del film "Arco di Trionfo" del 1948 di Lewis Milestone dove si cimenta in veste di fotografo di scena. Quella ospitata a Palazzo a Palazzo di Città nel cuore del centro storico di Cagliari dal 31 maggio al 6 ottobre 2024 sarà dunque una mostra tutta da scoprire nel segno di quello che per Capa era un mantra: "Ama la gente e faglielo capire". L'esposizione è accompagnata da un volume monografico Silvana Editoriale.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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siciliatv · 7 months
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Giuseppe Raffino, compie 101 anni a Gagliano Castelferrato (En)
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Gagliano Castelferrato, comune in provincia di Enna, celebra il compleanno del cittadino più anziano del paese, Giuseppe Raffino, che ha raggiunto la veneranda età di 101 anni. Conosciuto come la "memoria storica" di Gagliano, Raffino è stato un reduce della Seconda Guerra Mondiale e attualmente ricopre il ruolo di presidente onorario della sezione Combattenti di Gagliano. Reduci, amici e concittadini descrivono Raffino come un punto di riferimento, sempre disponibile e con un sorriso sulle labbra. Nato da una famiglia contadina, ha affrontato il fronte a diciannove anni, combattendo per due anni prima di riuscire a fuggire dalla Croazia. Nonostante le avversità, ha attraversato l'intera Penisola a piedi, in treno e su un vecchio barcone, ritornando nella sua amata Sicilia. Raffino, colpito dalle terribili esperienze di guerra, ha condiviso le sue storie nel corso degli anni, promuovendo gli ideali di pace e non violenza. Conosciuto e amato da tutti in paese, viene descritto come una persona adorabile, saggia e preziosa. La comunità si unisce felice per festeggiare il suo 101esimo compleanno, rendendo omaggio a un uomo che, oltre alle sue gesta militari, ha anche dedicato parte della sua vita alla politica come consigliere comunale con il Partito Socialista. Read the full article
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One Life ((2023))
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✔️ 𝐒𝐓𝐑𝐄𝐀𝐌𝐈𝐍𝐆 𝐎𝐑𝐀 𝐐𝐔𝐈 ▶ https://t.co/MCkfoGTwYz
:: Trama One Life ::
Vigilia della Seconda Guerra Mondiale, Nicholas Winton, londinese, 29 anni, agente di borsa, avvertendo la minaccia dell'invasione della Germania di Hitler organizza un piano di salvataggio, noto come "Operazione Kindertransport" per centinaia di bambini, molti di religione ebraica, prima dell'inizio del conflitto. Grazie a Martin Blake, che gli aveva chiesto di andare a Praga per aiutarlo a coordinare le operazioni del Comitato Britannico per i rifugiati della Cecoslovacchia e altre figure centrali come Doreen Warriner e di sua madre Babette che intanto collaborava da Londra, Winton riesce a far partire otto treni con a bordo centinaia di bambini che raggiungono la Gran Bretagna dove vengono ospitati da famiglie affidatarie. Ne era previsto un nono, ma il giorno in cui doveva partire, il 1° settembre 1939, Hitler ha invaso la Polonia e i confini in Europa sono stati chiusi. Nella seconda metà degli anni '80, l'impegno di Winton viene finalmente riconosciuto pubblicamente quando ha avuto l'occasione di incontrare quei bambini ormai adulti nel corso della trasmissione della BBC That's Life!. Alla fine ne ha salvati 669 dai campi di concentramento e verrà denominato come lo "Schindler britannico".
Un film (in Italiano anche pellicola) è una serie di immagini che, dopo essere state registrate su uno o più supporti cinematografici e una volta proiettate su uno schermo, creano l'illusione di un'immagine in movimento.[1] Questa illusione ottica permette a colui che guarda lo schermo, nonostante siano diverse immagini che scorrono in rapida successione, di percepire un movimento continuo.
Il processo di produzione cinematografica viene considerato ad oggi sia come arte che come un settore industriale. Un film viene materialmente creato in diversi metodi: riprendendo una scena con una macchina da presa, oppure fotografando diversi disegni o modelli in miniatura utilizzando le tecniche tradizionali dell'animazione, oppure ancora utilizzando tecnologie moderne come la CGI e l'animazione al computer, o infine grazie ad una combinazione di queste tecniche.
L'immagine in movimento può eventualmente essere accompagnata dal suono. In tale caso il suono può essere registrato sul supporto cinematografico, assieme all'immagine, oppure può essere registrato, separatamente dall'immagine, su uno o più supporti fonografici.
Con la parola cinema (abbreviazione del termine inglese cinematography, "cinematografia") ci si è spesso normalmente riferiti all'attività di produzione dei film o all'arte a cui si riferisce. Ad oggi con questo termine si definisce l'arte di stimolare delle esperienze per comunicare idee, storie, percezioni, sensazioni, il bello o l'atmosfera attraverso la registrazione o il movimento programmato di immagini insieme ad altre stimolazioni sensoriali.[2]
In origine i film venivano registrati su pellicole di materiale plastico attraverso un processo fotochimico che poi, grazie ad un proiettore, si rendevano visibili su un grande schermo. Attualmente i film sono spesso concepiti in formato digitale attraverso tutto l'intero processo di produzione, distribuzione e proiezione.
Il film è un artefatto culturale creato da una specifica cultura, riflettendola e, al tempo stesso, influenzandola. È per questo motivo che il film viene considerato come un'importante forma d'arte, una fonte di intrattenimento popolare ed un potente mezzo per educare (o indottrinare) la popolazione. Il fatto che sia fruibile attraverso la vista rende questa forma d'arte una potente forma di comunicazione universale. Alcuni film sono diventati popolari in tutto il mondo grazie all'uso del doppiaggio o dei sottotitoli per tradurre i dialoghi del film stesso in lingue diverse da quella (o quelle) utilizzata nella sua produzione.
Le singole immagini che formano il film sono chiamate "fotogrammi". Durante la proiezione delle tradizionali pellicole di celluloide, un otturatore rotante muove la pellicola per posizionare ogni fotogramma nella posizione giusta per essere proiettato. Durante il processo, fra un frammento e l'altro vengono creati degli intervalli scuri, di cui però lo spettatore non nota la loro presenza per via del cosiddetto effetto della persistenza della visione: per un breve periodo di tempo l'immagine permane a livello della retina. La percezione del movimento è dovuta ad un effetto psicologico definito come "fenomeno Phi".
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One Life
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Vigilia della Seconda Guerra Mondiale, Nicholas Winton, londinese, 29 anni, agente di borsa, avvertendo la minaccia dell'invasione della Germania di Hitler organizza un piano di salvataggio, noto come "Operazione Kindertransport" per centinaia di bambini, molti di religione ebraica, prima dell'inizio del conflitto. Grazie a Martin Blake, che gli aveva chiesto di andare a Praga per aiutarlo a coordinare le operazioni del Comitato Britannico per i rifugiati della Cecoslovacchia e altre figure centrali come Doreen Warriner e di sua madre Babette che intanto collaborava da Londra, Winton riesce a far partire otto treni con a bordo centinaia di bambini che raggiungono la Gran Bretagna dove vengono ospitati da famiglie affidatarie. Ne era previsto un nono, ma il giorno in cui doveva partire, il 1° settembre 1939, Hitler ha invaso la Polonia e i confini in Europa sono stati chiusi. Nella seconda metà degli anni '80, l'impegno di Winton viene finalmente riconosciuto pubblicamente quando ha avuto l'occasione di incontrare quei bambini ormai adulti nel corso della trasmissione della BBC That's Life!. Alla fine ne ha salvati 669 dai campi di concentramento e verrà denominato come lo "Schindler britannico".
Un film (in Italiano anche pellicola) è una serie di immagini che, dopo essere state registrate su uno o più supporti cinematografici e una volta proiettate su uno schermo, creano l'illusione di un'immagine in movimento.[1] Questa illusione ottica permette a colui che guarda lo schermo, nonostante siano diverse immagini che scorrono in rapida successione, di percepire un movimento continuo.
Il processo di produzione cinematografica viene considerato ad oggi sia come arte che come un settore industriale. Un film viene materialmente creato in diversi metodi: riprendendo una scena con una macchina da presa, oppure fotografando diversi disegni o modelli in miniatura utilizzando le tecniche tradizionali dell'animazione, oppure ancora utilizzando tecnologie moderne come la CGI e l'animazione al computer, o infine grazie ad una combinazione di queste tecniche.
L'immagine in movimento può eventualmente essere accompagnata dal suono. In tale caso il suono può essere registrato sul supporto cinematografico, assieme all'immagine, oppure può essere registrato, separatamente dall'immagine, su uno o più supporti fonografici.
Con la parola cinema (abbreviazione del termine inglese cinematography, "cinematografia") ci si è spesso normalmente riferiti all'attività di produzione dei film o all'arte a cui si riferisce. Ad oggi con questo termine si definisce l'arte di stimolare delle esperienze per comunicare idee, storie, percezioni, sensazioni, il bello o l'atmosfera attraverso la registrazione o il movimento programmato di immagini insieme ad altre stimolazioni sensoriali.[2]
In origine i film venivano registrati su pellicole di materiale plastico attraverso un processo fotochimico che poi, grazie ad un proiettore, si rendevano visibili su un grande schermo. Attualmente i film sono spesso concepiti in formato digitale attraverso tutto l'intero processo di produzione, distribuzione e proiezione.
Il film è un artefatto culturale creato da una specifica cultura, riflettendola e, al tempo stesso, influenzandola. È per questo motivo che il film viene considerato come un'importante forma d'arte, una fonte di intrattenimento popolare ed un potente mezzo per educare (o indottrinare) la popolazione. Il fatto che sia fruibile attraverso la vista rende questa forma d'arte una potente forma di comunicazione universale. Alcuni film sono diventati popolari in tutto il mondo grazie all'uso del doppiaggio o dei sottotitoli per tradurre i dialoghi del film stesso in lingue diverse da quella (o quelle) utilizzata nella sua produzione.
Le singole immagini che formano il film sono chiamate "fotogrammi". Durante la proiezione delle tradizionali pellicole di celluloide, un otturatore rotante muove la pellicola per posizionare ogni fotogramma nella posizione giusta per essere proiettato. Durante il processo, fra un frammento e l'altro vengono creati degli intervalli scuri, di cui però lo spettatore non nota la loro presenza per via del cosiddetto effetto della persistenza della visione: per un breve periodo di tempo l'immagine permane a livello della retina. La percezione del movimento è dovuta ad un effetto psicologico definito come "fenomeno Phi".
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Un film (in Italiano anche pellicola) è una serie di immagini che, dopo essere state registrate su uno o più supporti cinematografici e una volta proiettate su uno schermo, creano l'illusione di un'immagine in movimento.[1] Questa illusione ottica permette a colui che guarda lo schermo, nonostante siano diverse immagini che scorrono in rapida successione, di percepire un movimento continuo.
Il processo di produzione cinematografica viene considerato ad oggi sia come arte che come un settore industriale. Un film viene materialmente creato in diversi metodi: riprendendo una scena con una macchina da presa, oppure fotografando diversi disegni o modelli in miniatura utilizzando le tecniche tradizionali dell'animazione, oppure ancora utilizzando tecnologie moderne come la CGI e l'animazione al computer, o infine grazie ad una combinazione di queste tecniche.
L'immagine in movimento può eventualmente essere accompagnata dal suono. In tale caso il suono può essere registrato sul supporto cinematografico, assieme all'immagine, oppure può essere registrato, separatamente dall'immagine, su uno o più supporti fonografici.
Con la parola cinema (abbreviazione del termine inglese cinematography, "cinematografia") ci si è spesso normalmente riferiti all'attività di produzione dei film o all'arte a cui si riferisce. Ad oggi con questo termine si definisce l'arte di stimolare delle esperienze per comunicare idee, storie, percezioni, sensazioni, il bello o l'atmosfera attraverso la registrazione o il movimento programmato di immagini insieme ad altre stimolazioni sensoriali.[2]
In origine i film venivano registrati su pellicole di materiale plastico attraverso un processo fotochimico che poi, grazie ad un proiettore, si rendevano visibili su un grande schermo. Attualmente i film sono spesso concepiti in formato digitale attraverso tutto l'intero processo di produzione, distribuzione e proiezione.
Il film è un artefatto culturale creato da una specifica cultura, riflettendola e, al tempo stesso, influenzandola. È per questo motivo che il film viene considerato come un'importante forma d'arte, una fonte di intrattenimento popolare ed un potente mezzo per educare (o indottrinare) la popolazione. Il fatto che sia fruibile attraverso la vista rende questa forma d'arte una potente forma di comunicazione universale. Alcuni film sono diventati popolari in tutto il mondo grazie all'uso del doppiaggio o dei sottotitoli per tradurre i dialoghi del film stesso in lingue diverse da quella (o quelle) utilizzata nella sua produzione.
Le singole immagini che formano il film sono chiamate "fotogrammi". Durante la proiezione delle tradizionali pellicole di celluloide, un otturatore rotante muove la pellicola per posizionare ogni fotogramma nella posizione giusta per essere proiettato. Durante il processo, fra un frammento e l'altro vengono creati degli intervalli scuri, di cui però lo spettatore non nota la loro presenza per via del cosiddetto effetto della persistenza della visione: per un breve periodo di tempo l'immagine permane a livello della retina. La percezione del movimento è dovuta ad un effetto psicologico definito come "fenomeno Phi".
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personal-reporter · 9 months
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Olivier Messiaen, il musicista che amava gli uccelli
Un uomo che amava la natura e il piacere della musica…. Olivier-Eugène-Prosper-Charles Messiaen nacque ad Avignone il 10 dicembre 1908 dalla poetessa Cécile Sauvage e da Pierre, studioso e insegnante di letteratura inglese. Allo scoppio della prima guerra mondiale Pierre venne  arruolato e la famiglia si trasferì a Grenoble, presso il fratello di Cécile, dove Olivier svolse le prime esperienze musicali e,  dopo i primi approcci da autodidatta, iniziò a prendere lezioni di pianoforte e a dedicarsi alla composizione. Nel 1918, al ritorno di Pierre, i Messiaen si trasferirono a Nantes e, dal 1919, a Parigi, dove Olivier fu ammesso al Conservatorio: fu allievo di Jean Gallon per l’armonia, Maurice Emmanuel per storia della musica, Marcel Dupré per organo e improvvisazione, poi nel 1926 iniziò gli studi di composizione con Charles-Marie Widor per proseguirli poi dal 1927 con Paul Dukas, sotto la cui guida conseguì il Premier prix nel 1930. Durante gli studi Messiaen pubblicò i primi lavori e fu organista presso l’Église de la Sainte-Trinité in sostituzione del titolare Charles Quef e alla morte di questi, nel 1931, rilevò l’incarico. Nel 1932 sposò la violinista e compositrice Louise Justine Delbos, soprannominata Claire, dalla quale nel 1937 ebbe un figlio, Pascal. Colpita da un tumore cerebrale, nel 1947 Claire fu sottoposta a un intervento che, pur riuscendo nell’asportazione, avrebbe causato la perdita della memoria della donna, che avrebbe trascorso il resto della vita in un istituto. Nel 1936 Messiaen iniziò ad insegnare presso la Schola cantorum parigina mentre, insieme a André Jolivet, Jean-Yves Daniel-Lesur e Yves Baudrier fondò il gruppo La jeune France, che, in polemica con Jean Cocteau e il gruppo dei Sei,  propugnava un rinnovamento dei linguaggi musicali. In quel periodo il compositore cominciò a rivolgere la propria attenzione alle potenzialità espressive offerte dalle onde Martenot. Chiamato alle armi al principio della seconda Guerra mondiale,  Olivier nel maggio 1940 fu catturato dalle forze naziste preso Verdun e imprigionato a Görlitz nel campo di concentramento VIII-A e venne liberato nel maggio 1941. Rientrato in patria, ottenne la cattedra di armonia presso il Conservatorio parigino, poi  ampliò progressivamente la propria attività nel campo dell’insegnamento attraverso lo svolgimento di corsi privati di analisi musicale e l’esposizione dei principî alla base del proprio linguaggio nel trattato Technique de mon langage musical del 1944. Presso il Conservatorio passò alle cattedre di filosofia della musica nel 1955, analisi musicale nel 1947 e composizione nel 1962 ed ebbe tra i suoi allievi Pierre Boulez, Karlheinz Stockhausen, Karel Goeyvaerts, Iannis Xenakis, Gerard Grisey, Alexander Goehr, Tristan Murail,  Kent Nagano, George Benjamin  e Yvonne Loriod, con cui stabilì un intenso sodalizio artistico. Invitato a tenere corsi di perfezionamento nei centri di primo piano dell’avanguardia musicale, il compositore fu docente a Budapest nel 1947, a Tanglewood nel 1949, a Darmstadt nel 1949 e nel 1950. Dopo che rimase vedovo nel 1959, nel 1961 Messiaen sposò in seconde nozze Yvonne Loriod e nel 1978 lasciò l’insegnamento presso il Conservatorio, ma continuò a dedicarsi alla composizione musicale e allo studio degli uccelli, che fu la sua seconda grande passione. Il grande musicista morì il 27 aprile 1992 presso l’ospedale Beaujon di Clichy e nel 2014, nel sito del campo di concentramento VIII-A,  venne inaugurato il Centro europeo di istruzione e cultura Meetingpoint Music Messiaen. Read the full article
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L'ultima volta che siamo stati bambini Sub Italiano
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:: Trama L'ultima volta che siamo stati bambini :: Vanda, Italo, Cosimo hanno dieci anni e, nonostante la Seconda guerra mondiale, conoscono ancora il piacere del gioco che condividono con l'amico Riccardo che è ebreo. Il giorno in cui scompare decidono che non si può attendere: i tedeschi, che devono averlo portato via con un treno, debbono essere resi consapevoli del fatto che il loro amico non ha alcuna colpa per cui essere punito. Si mettono quindi in marcia seguendo la strada ferrata. A cercare di raggiungerli ci sono il fratello Vittorio, milite fascista che ha subìto una ferita, e la suora dell'Istituto per gli orfani che ospita Vanda.
Un film (in Italiano anche pellicola) è una serie di immagini che, dopo essere state registrate su uno o più supporti cinematografici e una volta proiettate su uno schermo, creano l'illusione di un'immagine in movimento.[1] Questa illusione ottica permette a colui che guarda lo schermo, nonostante siano diverse immagini che scorrono in rapida successione, di percepire un movimento continuo.
Il processo di produzione cinematografica viene considerato ad oggi sia come arte che come un settore industriale. Un film viene materialmente creato in diversi metodi: riprendendo una scena con una macchina da presa, oppure fotografando diversi disegni o modelli in miniatura utilizzando le tecniche tradizionali dell'animazione, oppure ancora utilizzando tecnologie moderne come la CGI e l'animazione al computer, o infine grazie ad una combinazione di queste tecniche.
L'immagine in movimento può eventualmente essere accompagnata dal suono. In tale caso il suono può essere registrato sul supporto cinematografico, assieme all'immagine, oppure può essere registrato, separatamente dall'immagine, su uno o più supporti fonografici.
Con la parola cinema (abbreviazione del termine inglese cinematography, "cinematografia") ci si è spesso normalmente riferiti all'attività di produzione dei film o all'arte a cui si riferisce. Ad oggi con questo termine si definisce l'arte di stimolare delle esperienze per comunicare idee, storie, percezioni, sensazioni, il bello o l'atmosfera attraverso la registrazione o il movimento programmato di immagini insieme ad altre stimolazioni sensoriali.[2]
In origine i film venivano registrati su pellicole di materiale plastico attraverso un processo fotochimico che poi, grazie ad un proiettore, si rendevano visibili su un grande schermo. Attualmente i film sono spesso concepiti in formato digitale attraverso tutto l'intero processo di produzione, distribuzione e proiezione.
Il film è un artefatto culturale creato da una specifica cultura, riflettendola e, al tempo stesso, influenzandola. È per questo motivo che il film viene considerato come un'importante forma d'arte, una fonte di intrattenimento popolare ed un potente mezzo per educare (o indottrinare) la popolazione. Il fatto che sia fruibile attraverso la vista rende questa forma d'arte una potente forma di comunicazione universale. Alcuni film sono diventati popolari in tutto il mondo grazie all'uso del doppiaggio o dei sottotitoli per tradurre i dialoghi del film stesso in lingue diverse da quella (o quelle) utilizzata nella sua produzione.
Le singole immagini che formano il film sono chiamate "fotogrammi". Durante la proiezione delle tradizionali pellicole di celluloide, un otturatore rotante muove la pellicola per posizionare ogni fotogramma nella posizione giusta per essere proiettato. Durante il processo, fra un frammento e l'altro vengono creati degli intervalli scuri, di cui però lo spettatore non nota la loro presenza per via del cosiddetto effetto della persistenza della visione: per un breve periodo di tempo l'immagine permane a livello della retina. La percezione del movimento è dovuta ad un effetto psicologico definito come "fenomeno Phi".
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raccontami7 · 2 years
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Ricordi
Le persone anziane hanno molto da insegnarci, non tutte ovviamente, diciamo più quelle che hanno avuto un maggior carico di esperienze e una spiccata vivacità nel volerle raccontare. Potremmo quasi dire che contano più le esperienze che l'età. Potremmo ma non lo faremo.
Sembra una banalità ma essere a contatto con loro ti fa capire molto di ciò che è stato e di cosa potrebbe essere e soprattutto che, attualmente e sotto molti fronti, l'umanità si sta imbarbarendo spinta da un inutile corsa al cinismo a tutti i costi e da un individualismo esasperato.
La storia ahimè ci insegna che solo grandi rotture o diciamo più tecnicamente "discontinuità" portano l'umanità a più miti consigli. Un esempio su tutti: se alla fine della seconda guerra mondiale ci si era impegnati nel gettare le basi per un Europa unita, quale sarà stato il perché? Credo che ai tempi più che per motivazioni economiche, lo si sia voluto anche per creare una comunità al fine di evitare i continui attriti tra nazioni che ciclicamente si creavano e  che di volta in volta portavano a sanguinosi conflitti bellici. In un periodo di pace il ricordo viene meno.
L'uomo purtroppo è fatto per dimenticare, per questo serve la storia e chi ce la racconta. Ascoltare e ovviamente capire.
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carmenvicinanza · 1 year
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Traute Lafrenz
https://www.unadonnalgiorno.it/traute-lafrenz/
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Traute Lafrenz è stata l’ultima testimone della straordinaria esperienza della Rosa bianca, il coraggioso gruppo di giovani donne e uomini che si è battuto contro il nazismo durante la Seconda guerra mondiale, apportando un contributo inestimabile alla ricostruzione morale della Germania nel Dopoguerra.I suoi membri, che praticavano la non violenza, manifestarono la loro opposizione diffondendo le loro idee con la parola, con pubblicazioni e con la diffusione di volantini.Traute Lafrenz nacque ad Amburgo il 3 maggio 1919, si era avvicinata agli ideali anti-nazisti quando frequentava il liceo, grazie alle lezioni di Erna Stahl, insegnante illuminata che dopo essere sospesa dalla scuola dai nazisti, nel 1935, continuò a organizzare lezioni informali a casa sua, utilizzando l’arte e la letteratura come strumenti per discutere i pericoli del regime hitleriano.
Quando, nel 1941, si trasferì ad Amburgo per studiare medicina, entrò nel movimento clandestino dopo aver conosciuto Alexander Schmorell e Sophie e Hans Scholl.
Ha trasportato e distribuito i volantini destinati a risvegliare le coscienze, che sfidando il regime, ne denunciavano i crimini, incitando al sabotaggio dello sforzo bellico. Un atto di grande coraggio in un periodo storico in cui nessuna forma di dissenso era accettata che è costato la vita a tre dei suoi compagni.
Il 22 febbraio 1943, infatti, Sophie e Hans Scholl, insieme a Cristoph Probst, vennero decapitati dopo aver diffuso i volantini all’università di Monaco. Lei andò al funerale sfidando il divieto nazista che ne impediva la partecipazione a chi non faceva parte della famiglia.
Pochi giorni dopo venne arrestata e, per quasi due anni, detenuta in quattro carceri diverse prima di essere liberata dalle truppe statunitensi il 15 aprile 1945. Era in attesa di affrontare un nuovo processo che, molto probabilmente, si sarebbe concluso con la sua condannata a morte. Il tribunale del popolo nazista era intenzionato a schiacciare senza pietà le ultime forme di resistenza al regime.
Nel 1947, si è trasferita negli Stati Uniti dove, completati i suoi studi in medicina, sposò Vernon Page, medico con cui ha avuto quattro figli. Ha dedicato il resto della sua vita alla medicina, raccontando soltanto di rado le sue esperienze del tempo di guerra.
Seguace delle teorie del filosofo austriaco Rudolf Steiner, è stata una figura di spicco nel movimento antroposofico americano e tra i primi medici a praticare un approccio medico olistico ispirato da questa visione.
A Chicago ha diretto la Esperanza Therapeutic Day School per bambini svantaggiati fino alla morte del marito, nel 1995, quando si è trasferita a Charleston, in South Carolina, dove è morta il 6 marzo 2023.
Soltanto quando ha compiuto cento anni, nel 2019, le è stata conferita la Croce al Merito della Repubblica Tedesca con la motivazione: di fronte ai crimini dei nazisti, ebbe il coraggio di ascoltare la voce della sua coscienza e di ribellarsi contro la dittatura e il genocidio degli ebrei.
Centinaia di scuole e strade portano il suo nome,  nel 2003 è stata nominata la quarta tedesca più amata della nazione.
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lamilanomagazine · 4 months
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Liliana Segre: «Ricevo minacce pazzesche, gli odiatori vanno curati»
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Liliana Segre: «Ricevo minacce pazzesche, gli odiatori vanno curati». «Ricevo minacce pazzesche, che ho ignorato per anni, perché il silenzio mi sembrava la cosa migliore. Mi dicono di stare attenta, di stare a casa, di non andare, ma io sono attiva, a me piace vivere, stare con le mie amiche e i miei amici. Ho tante passioni, dovrei stare a casa ad aspettare che qualcuno venisse ad ammazzarmi? No». Così la senatrice Liliana Segre nel suo intervento al Memoriale della Shoah a Milano durante un evento organizzato dall’Oscad. «Mi preoccupo di questi odiatori, che hanno problemi gravissimi e che dunque dovrebbero essere curati. Forse - dice Segre - ho vissuto invano, dato che per trent'anni sono andata nelle scuole a raccontare cosa mi era successo e cosa era successo e mi ritrovo a 93 anni e mezzo, quasi 94, a sentirmi dire stai attenta, perché fai la tua vita normale?». Oggi, per il terzo anno, Milano ha ospitato il convegno su “Le vittime dell’odio” presso l’auditorium Nissim della Fondazione Memoriale della Shoah organizzato in collaborazione con la Questura di Milano. Ancora una volta, un incontro per testimoniare l’impegno quotidiano delle istituzioni, ed in particolare delle forze di polizia, nell'assicurare a ogni cittadino il rispetto e la protezione dei diritti umani delle persone più vulnerabili, diritti che vengono spesso violati dalla discriminazione e dall'odio. L’evento, che ha visto la partecipazione del Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e del Capo della Polizia – Direttore generale della pubblica sicurezza Vittorio Pisani, è stato moderato dal direttore del Tg LA7 Enrico Mentana e dalla dottoressa Francesca Romana Capaldo, Primo Dirigente della Polizia di Stato e direttore della Segreteria dell’OSCAD. Dopo i saluti di benvenuto del Presidente del Memoriale della Shoah Roberto Jarach, del Coordinatore Nazionale per la lotta all’antisemitismo Pasquale Angelosanto e del Prefetto di Milano Claudio Sgaraglia, è intervenuto il Prefetto Vittorio Rizzi, Vice Direttore Generale della Pubblica Sicurezza con funzioni vicarie, nonché Presidente dell’OSCAD il quale ha definito l’antisemitismo come «un odio non solo religioso, ma anche etnico, razziale e nazionale, che ha percorso la storia dell’umanità, un odio che muta e si trasforma nel corso dei secoli». Numerosi sono stati gli ospiti saliti sul palco per dare la loro testimonianza: la campionessa italiana ed europea di danza paralimpica Giada Canino, la campionessa di nuoto artistico della nazionale italiana del gruppo sportivo della Marina Militare Linda Cerruti, entrambe vittime di odio on line, e il nuotatore paralimpico del gruppo sportivo delle Fiamme Oro della Polizia di Stato Antonio Fantin, che si sono succeduti sul palco per raccontare le loro esperienze di discriminazione ma anche di rivincita e di affermazione attraverso la decisione di denunciare e quindi di fare «la scelta giusta». La mattinata è continuata con le riflessioni proposte dalla professoressa Milena Santerini, Vice Presidente della Fondazione Memoriale della Shoah, che si è soffermata sul cosiddetto “antisemitismo di ritorno” ovvero le nuove forme di odio nei confronti della Comunità Ebraica, mentre il professore associato di Storia Contemporanea presso l’Università degli Studi di Milano Marco Cuzzi ha tratteggiato le figure di uomini in divisa, eroi silenziosi, che, durante i tragici giorni della seconda guerra mondiale, seppero fare la scelta giusta anche a rischio della propria vita. A conclusione della prima parte dell’evento, la violinista Alessandra Sonia Romano, custode del “violino della Shoah”, ha dato voce ai ricordi attraverso le note del brano KADDÍSH di Maurice Ravèl. Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, nel corso del suo intervento, ha sottolineato come «la cura principale contro l’odio e l’antisemitismo si ottiene attraverso l’applicazione della legge e la diffusione della cultura e del rifiuto dell’indifferenza. Questo richiede il contributo di tutti». Infine gli ospiti hanno assistito all’esibizione della Banda Musicale della Polizia di Stato, diretta dal Maestro Maurizio Billi, che ha accompagnato il violino della Shoah nell’interpretazione dei brani Meditation di Jules Massenet e Schindler’s List di John Williams.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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