#metafora della pioggia
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“Lo senti questo rumore? di Laura Neri” – Un viaggio tra pioggia, solitudine e speranza. Recensione di Alessandria today
Un’intensa riflessione sulla vita e sull’amore che si manifesta nelle sue forme più semplici
Un’intensa riflessione sulla vita e sull’amore che si manifesta nelle sue forme più semplici Autrice: Laura Neri Genere: Poesia contemporanea, riflessione esistenziale Valutazione: ⭐⭐⭐⭐⭐ Testo della poesia Lo senti questo rumore?È un temporale che si avvicinaSenza accorgermenecontinuo a camminare.Vorrei guardare in alto…ma la pioggia me lo impedisce. Il vento agita le fronde, piove.Alzo lo…
#Alessandria today#amore e rispetto#amore e solitudine#amore senza apparenze#atmosfere poetiche#bellezza nelle piccole cose#Crescita Interiore#dignità umana#dolore e rinascita#emozioni in versi#Forza Interiore#Google News#italianewsmedia.com#Laura Neri#Laura Neri poesie#Lo senti questo rumore#metafora della pioggia#Pier Carlo Lava#Poesia#poesia contemporanea#poesia e emozioni#Poesia e introspezione#poesia esistenziale#poesia evocativa#poesia filosofica#poesia malinconica#poesia sulla vita#potere della poesia.#resilienza#Riflessioni Poetiche
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LA SCATOLA DEL DOLORE
Non basta essere appassionati di qualcosa per diventare automaticamente dei professionisti specializzati, altrimenti il mondo sarebbe pieno di ginecologi e androloghe e infatti per ciò che riguarda il dolore e la sofferenza io non mi ritengo né esperto né professionista, però dopo tanti anni passati a calpestare questa bella terra in balia di mie e altrui fortune altalenanti, posso perlomeno affermare che in genere, se ne parlo, è perché so di cosa parlo.
Esistono differenti tipi di dolore e altrettante differenze scatenanti ma da che ho memoria ho sempre visto entrare nella mia vecchia casa a Viareggio persone con le lacrime agli occhi e poi uscirne, se non proprio sorridenti, perlomeno più serene.
Il fatto è che nella quasi totalità dei casi si trattava di madri e di padri che avevano perso i propri figli e le proprie figlie, genitori desiderosi di chiedere ai propri cari se Oltre ci fosse ancora sofferenza o invece la pace e la serenità che si auguravano.
Mio papà e mia mamma sono stati per la quasi totalità delle proprie vite Mulder e Scully de'noantri, però al contrario: mia mamma vedeva gli spiriti e ci parlava e mio papà scacciava infastidito i negromanti che conficcavano spille nelle loro bamboline per vendicarsi che gli rubavano il lavoro e pure gratis.
Nessun giovane spirito, però, ha mai parlato ai propri genitori - più grande è il dolore meno possibilità ci sono di attingere alle emanazioni della Cosa Una - invece queste madri e questi padri disperati hanno ritrovato una quiete interiore parlando non di chi è andato oltre ma di chi è rimasto.
Io sono forte con i dolori che conosco e assolutamente impreparato e fragile anche solo a pensare al dolore che non è ma che potrebbe essere. Anzi, che per forza di cose sarà.
Che cos'è, allora, la scatola del dolore?
Si tratta di una serie di espressioni emotive che ho incontrato in questi ultimi anni e che ho voluto fissare in una metafora visiva.
Noi siamo scatole, contenitori viventi delle più variegate emozioni che si agitano ad ogni nostro agire, sbattendo contro il nostro cuore e risuonandoci dentro.
Quando subiamo il lutto di una persona a noi cara, diventiamo contenitori di un'unica emozione, enorme, ingombrante e onnipresente: il dolore.
Immaginate il dolore come una palla rossa che a ogni nostro movimento sbatte contro il cuore e ci rimbomba dentro di sofferenza e disperazione. Apriamo gli occhi al mattino e ZAC! una coltellata al cuore, saliamo in macchina e ZAC!, apriamo la porta di casa ZAC! e così in ogni aspetto della nostra vita.
Poi un giorno succede qualcosa di strano... apri gli occhi al mattino e la coltellata non arriva: la palla rossa del dolore non ha colpito il cuore ma... c'è ancora! Rimbalza ovunque ma non tutti i movimenti la fanno sbattere là dove fa più male.
Ma... la palla del dolore si è forse rimpicciolita?
Non sembra sia più piccola, solo che colpisce meno frequentemente il cuore e col passare del tempo la sua capacità di ferire sembra diventare sempre più rara.
No, non è più piccola... è diventata più grande la scatola.
La persona è cresciuta intorno a quel dolore, lo ha accettato, compreso e lo ha reso più piccolo del posto in cui all'inizio esso sembrava spingere e spadroneggiare.
Non lo ha dimenticato, non lo ha seppellito, non è fuggita ma vi è cresciuta faticosamente intorno, fino a che il suo flebile manifestarsi non si è presentato come una piccola fitta di nostalgia velata di sorriso stanco.
Questo è il dolore, quando troviamo la forza di abbracciarlo e comprenderne le oscure motivazioni, perché oltre la cortina di pioggia del rimpianto e del desiderio di non sentire più, la via prosegue senza fine e i nostri sogni appartengono già al domani.
P.S.
Se il vostro dolore sembra essere troppo grande e la vostra scatola troppo piccola, cercatemi su telegram come kon_igi... magari non parleremo con gli spiriti ma vi posso assicurare che se avrete bisogno, cercherò di arrivare alla prima luce del quinto giorno. Quindi all'alba guardate ad Est! ❤️
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I fili elettrici stesi tra i pali della luce non sono lì per fare da appoggio al volo degli uccelli.
I vetri alle finestre non sono stati messi perché sopra ci brillino gli arabeschi di gocce della pioggia.
I comignoli non stanno sopra i tetti delle case perché sopra di essi facciano il loro nido le cicogne.
Ma gli uccelli sui fili diventano scrittura di note su di un pentagramma steso all’aria.
Le gocce sopra i vetri dopo l’acquazzone li fanno splendere di riflessi e luci sparse da un seminatore.
Le cicogne sui comignoli mettono ali ai tetti delle case.
È l’altro uso a rendere più belle alcune cose.
L’altro uso inventa la metafora, che è una sostituzione.
Nel 1900, secolo specializzato in rivoluzioni, ce ne fu una e una soltanto che risparmiò le stragi, rovesciando una dittatura senza passare sopra il tappeto rosso dei lutti.
Avvenne in Portogallo nel 1974, nella gentile primavera di cinquant’anni fa.
La folla nelle strade, nelle piazze affrontò i soldati senza disarmarli, invece infilando garofani nelle bocche dei loro fucili. Non servirono ad altro. Di questa nota circa l’altro uso, questo fu il migliore.
Da allora per me l’esempio superiore di metafora è la canna del fucile usata come vaso da fiori.
Erri De Luca
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“I Sinistri: Quando la politica diventa un gioco di ombre e maschere.”
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“I Sinistri sono come quelli che sputano in aria e poi cercano di spiegarti che sta piovendo.” il monologo di Chiara Francini. "The left-wingers: When Politics Becomes a Game of Shadows and Masks." By Chiara Francini.
In questa parodia, i “Sinistri” sono ritratti come personaggi che si muovono nell’oscurità, indossando maschere di convenienza. La loro retorica politica è come un enigma, e le loro azioni spesso contraddicono le parole. Come in un gioco di prestigio, i “Sinistri” cercano di spiegare che sta piovendo quando in realtà stanno solo sputando in aria.
Nel gioco delle ombre della politica, ci sono figure che si muovono con destrezza, indossando maschere di convenienza. Sono i "Sinistri", attori di un palcoscenico dove la recitazione è tutto e la sostanza si perde tra le pieghe di un sipario di retorica.
Chiara Francini, con il suo stile inconfondibile, ci porta dietro le quinte di questo spettacolo, dove i benestanti si camuffano da umili per conquistare l'applauso di una platea distratta. Con un sorriso e una battuta, smaschera l'ipocrisia di chi si adorna di ideali di sinistra come fossero accessori di ultima moda.
In "I Sinistri", la politica diventa un gioco di ombre e maschere, dove la verità è un optional e l'immagine è l'unica moneta di scambio.
In questo labirinto di finzioni, Francini ci offre una bussola per navigare tra le illusioni, ricordandoci che la politica, troppo spesso, è solo un gioco di ombre e maschere. E ci invita a ridere di questa commedia umana, ricordandoci che, a volte, il re è davvero nudo.
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Questa metafora suggerisce che i “Sinistri” sono ipocriti e tendono a negare la realtà, proprio come chi nega l’evidenza di una pioggia dopo aver sputato in aria. 😄
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"Left-wingers are like those who spit in the air and then try to tell you that it's raining."
In this parody, left-wing individuals are depicted as those who operate clandestinely, often wearing masks of convenience. Their political rhetoric is frequently puzzling, and their actions usually contradict their words. It's like a sleight of hand, where they try to convince you that it's raining when, in reality, they are just spitting in the air.
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#ipocrisia politica#sinistra italiana#maschere sorride#segreti nascosti#doppie intenzioni#the board behind#theboardbehind#falsità politica#sinistra#aria#italy#europe#chiara francini
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Simboli della Primavera: Rinascita, Gioia e Speranza
La primavera, con il suo risveglio gioioso dopo il letargo invernale, è ricca di simboli che evocano rinascita, gioia e speranza. Esploriamo alcuni di questi emblemi, immergendoci nella loro bellezza e nei significati intrinsechi. Fiori - Margherita: Con i suoi petali candidi e il cuore dorato, la margherita simboleggia semplicità, purezza e innocenza. - Narciso: Il suo profumo inebriante e la sua gialla solarità incarnano gioia, rinascita e nuovi inizi. - Primula: I suoi delicati fiori che sbocciano tra i primi annunciano l'arrivo della primavera e la speranza di un futuro radioso. - Fiore di pesco: La sua fioritura effimera ma spettacolare rappresenta la bellezza fugace della vita e l'importanza di cogliere l'attimo. Animali - Rondine: Con il suo volo elegante e il suo ritorno puntuale ogni primavera, la rondine è un simbolo di migrazione, ritorno a casa e nuovi inizi. - Farfalla: La sua metamorfosi da bruco a creatura alata rappresenta la trasformazione, la rinascita e l'evoluzione spirituale. - Agnello: Simbolo di innocenza, purezza e nuova vita, l'agnello è spesso associato alla Pasqua, una festività che celebra la rinascita spirituale. Altri simboli della primavera - Sole: Il sole, che torna a splendere con più forza dopo l'inverno, rappresenta la luce, la vitalità e la speranza. - Pioggia: Le piogge primaverili, che nutrono la terra e favoriscono la crescita, simboleggiano la fertilità, l'abbondanza e la prosperità. - Uovo: L'uovo, da cui nasce una nuova vita, è un simbolo universale di rinascita, creazione e potenziale inespresso. Nella cultura e nell'arte I simboli della primavera sono ricorrenti in diverse culture e epoche storiche. Nell'antica Grecia, la dea Kore era associata alla primavera e alla fertilità. La Primavera di Botticelli è un celebre dipinto che raffigura la dea in un giardino fiorito, attorniata da ninfe e altre figure allegoriche. Anche in letteratura, la primavera è spesso usata come metafora per l'amore, la giovinezza e la speranza. Poesie come "Ode alla Primavera" di Percy Bysshe Shelley e "La vita è un sogno" di Pedro Calderón de la Barca celebrano la bellezza e la rinascita di questa stagione. Foto di [email protected] da Pixabay Read the full article
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2023/05/19 - 15:59
VIA DEGLI DEI - giorno 1
Il primo giorno è andato, la prima tappa me la sono portata a casa. Stamattina prima di partire c’era un po’ di sconforto dato dal meteo che ovviamente, dopo mesi di sole, prometteva solo pioggia. Appena partito però ho incontrato altre persone che stavano partendo nello stesso momento è alla fine l’unione fa sempre la forza! 30 km sono andati lisci e tranquilli, per me è un piccolo record non avevo mai camminato una distanza così lunga.
Ora ci sta un po’ di meritato riposo e domani mattina si riparte.
Mi porto dietro da questa prima tappa sicuramente una grande conferma: anche se parti da solo non sei mai veramente da solo. C’è sempre qualcuno che fa un pezzo di strada con te. Potrebbe essere una buona metafora della vita? Magari lo capirò continuando a camminare.
PS. Alla fine non ha praticamente mai piovuto durante tutta la tappa. Forse basta un po’ di ottimismo nella vita?
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La pioggia nera – Ibuse Masuji – a cura di Luisa Bienati Marsilio Un lampo, una nube a forma di fungo, cangiante come una medusa, e poi quella strana pioggia nera, segno indelebile del destino della città di Hiroshima. L’ossimoro che Ibuse Masuji ha scelto per titolo è metafora del fall out atomico e trae il suo vigore dal contrasto: la pioggia è forza vitale, rigeneratrice, perché l’acqua nella…
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TANE
2021, travertino, ferro, rame, legno, dimensioni variabili. Progetto per Tra- me di Travertino, 2021, a cura di Terra Vettore APS. Installazione ambientale per il percorso-sentiero “Antiche Mulattiere”, fruibile anche per persone ipovedenti, Acquasanta Terme (AP).
E’ un progetto che nasce dall’idea di concepire un lavoro che vada ad interagire e ad integrarsi completamente nello spazio in cui verrà accolto.
Un’ opera concepita come elemento di interazione con l’ambiente circo- stante, che entra in sintonia con la fauna che lo abita.
Piccole casette diffuse, costruite appositamente per ospitare volatili ed altri animali che popolano la zona e i luoghi dell’Acquasantano, sul percorso Antiche Mulattiere. Ogni abitacolo ha una sua struttura indefinita con un richiamo all’architettura moderna e contemporanea. Le opere sono realizzate sfruttando il travertino di risulta in quanto l’intervento vuole essere oltre che ecologi- co anche sostenibile, motivo per cui la conformazione è diversa per ogni struttura, in base agli elementi trovati. L’aspetto della sostenibilità è un tema centrale nella nostra contemporaneità ed in questo caso si fa metafora di un agire in modo consapevole nei confronti dei luoghi che abitiamo, con maggior rispetto nei confronti delle altre specie che vivono sulla terra, oltre che alla nostra stessa specie. Elemento importante e fondamentale di questi piccoli luoghi nel tempo e nello spazio è il loro inglobarsi, oltre che nel contesto, con le condizioni atmosferiche, sfruttando la corrente del vento che incanalandosi negli elementi di costruzione, appositamente studiati per essere fonti sonore, sollecitate dal vento e dalla pioggia o dal tatto di chi le incontra. Le casette hanno tutte un sistema basato sulla ricerca dei materiali, studiato sulla combinazione migliore di elementi che in aggiunta al travertino andranno a costituire un apparato sonoro che entrerà in sinergia con gli agenti atmosferici.
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4 sequenze, 4 emozioni
...ah, @martinastalla , io non sono mica buono ad illustrare con delle foto, o delle gif, i momenti che mi hanno più emozionato sui piccoli o sui grandi schermi...però il gioco che mi proponi sa di divertente e quindi non rinuncio al cimento, ma lo adatto a me, alla parola scritta in modo un poco casuale, un poco buttato lì...e quattro momenti sono, che mi hanno emozionato per certo, ma ce ne sono mille altri quindi, quel ‘’di pù’’ della premessa, venga intesa come proprietà locale e non assoluta della funzione allo studio.
Ma bando alle ciance! Eccovi le suddette estrapolazioni: andate a cercarvele. mai pungesse curiosità:
Da Les Vacances de Monsieur Hulot, un film francese del 1953 dell’impareggiabile Jacques Tati: mentre ancora scorrono i titoli di testa, in una deserta ed assolata campagna francese, il protagonista sta viaggiando verso la costa, alla guida di una (vetusta già nel 1953) Salmson AL3, sulle note di ‘’How is the weather in Paris’’ di Alain Romans; ad un certo punto, mentre attraversa un paesetto, si arresta ad accarezzare la testa di una cane che pigramente riposa a bordo strada, e lo fa accostando la bestiola e tirando solamente fuori il braccio dell’auto, senza scendere.
Da Blade Runner: la scena finale del montaggio originale, quello del 1982, quella scena dove Rutger Hauer, nei panni di Roy Batty fa la famosa metafora delle lacrime nella pioggia, per la precisione “Attack ships on fire off the shoulder of Orion. I watched C-beams glitter in the dark near the Tannhäuser Gate. All those moments will be lost in time, like tears in rain. Time to die.”.
Da Snatch, di Guy Ritchie: il combattimento finale in cui un Brad Pitt, nei panni dello zingaro Mickey, orchestra la vendetta perfetta ed è cinematograficamente strepitosa l’allegoria di lui che, dopo quattro riprese in cui le ha solo prese si rialza e sconfigge l’avversario, così come i suoi compari finalmente hanno la meglio su Brick e scagnozzi.
Da La Seconda Notte di Nozze, di Pupi Avati: la sequenza di scene in cui uno stralunato Antonio Albanese, vestito con un elmetto della Wehrmacht, un paio di occhialoni da pilota ed una corazza ricavata da un bidone di benzina, fa esplodere ordigni bellici dimenticati nella campagna pugliese dell’immediato secondo dopoguerra, con una piccola corte di bambini che, ad ogni esplosione, festeggiano.
Diverse le ragioni dell’emozione, per ognuno di loro: immedesimazione, tenerezza, pathos, rarefazione e profondità d’emozione, però sono tutti momenti che ricordo proprio, che proprio mi fecero sentire il diaframma vibrare.
E di tanti di voi vorrei sapere, ma preferisco siate voi, eventualmente a dirci, spontaneamente, leggendomi e sentendovi ispirati a replicare.
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Le canzoni popolari rientrano in tre categorie: intrugli melensi sentimentali che celebrano pedissequamente l'amore che si prova o ne commemorano la perdita (spesse volte la stessa canzone, ma in scala minore); vantarsi di scopate; vacui inni al sabato sera e alla party culture.
Lo 0,9% del restante è dato da qualcosa di inaspettato come, non so, la storia di un giovane sottufficiale durante la Guerra di Crimea, per il quale lo sfilacciarsi di uno dei cordoncini che gli appuntano la giubba è catalizzatore di una riflessione sulla futilità di quella e di tutte le guerre e ne diviene la metafora. E mentre si trova lì in un mattino di pioggia, il cielo color canna di fucile come la sua attuale convinzione negli ideali patrii, gli ritorna in mente la gioia infantile di mangiare strisce di pane tostato e uovo (che un giorno si chiameranno soldiers) che gli preparava sua madre in Inghilterra, ormai molti anni fa. Quando ogni cosa era più leggera e non aveva paura della sopraffazione e della morte.
Alamaro si chiama, se siete fan della Settimana Enigmistica.
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Sei la persona che è stata ufficialmente designata per scrivere il "MESSAGGIO nella bottiglia", non quello classico del naufrago sull'isola deserta, bensì quello concepito dall'essere umano e diretto agli altri abitanti del sistema solare.
Devi spiegare cos'è la Terra e com'è l'uomo, ciò che veramente noi siamo, perché dovrebbero venire a trovarci o non piuttosto evitarci come la peste.
Un discorso fiume, o anche poche, significative parole. Come ritieni più opportuno. Grazie a nome del pianeta.
Benritrovato, Viaggiatore.
Tu non conservi memoria di me e nemmeno io di te ma entrambi veniamo da un luogo distante nello spazio e nel tempo, dove lo spazio e il tempo, allora, non avevano significato.
Ci siamo mossi lungo un palcoscenico di desiderio di conoscenza e di connessione, calpestato da individui che oggi non sono più e su cui noi lasceremo spazio a coloro che non sono ancora.
Chissà se il ciclo delle stagioni del tuo pianeta vi restituisca la metafora della nascita, della crescita e della dissoluzione o se luce e tenebra vi risveglino nel cuore le stesse gioie e gli stessi timori di noi abitanti del pianeta Terra.
Cosa posso dirti di questo nostro pallido puntino blu perso nell'avvolgente buio cosmico?
Su di esso, per un breve respiro dell'universo, sono state racchiuse tutte le speranze di ogni madre e di ogni padre che hanno osservato i piccoli passi tremanti dei loro figli, tutti gli amori appassionati e le guerre sanguinose in nome di un dio o di un ideale oramai dimenticati.
Se tu sommassi la voce urlata di ogni proclama, di ogni grido di battaglia, dichiarazione di fedeltà, movimento di odio, giubilo o pianto, essi verrebbero inghiottiti dal nulla che separa il nostro e il tuo tutto.
Eppure noi siamo la somma millenaria di morte e rinascita, sempre pronti a conoscere e connetterci, non appena la paura dell'ignoto viene dissolta.
Stai forse tentando di analizzare la fiala di liquido trasparente che era nella capsula di stasi insieme a questo messaggio?
Ti risparmio la fatica. È acqua.
Quello è stato l'inizio di noi esseri umani e in essa ci siamo mossi e siamo cresciuti finché non l'abbiamo abbandonata, ma mai del tutto.
Quell'acqua racchiude la memoria della siccità, la paura della tempesta, l'ardore di chi l'ha solcata e la tristezza di chi ha visto il proprio sangue diluirvisi. Ma racchiude anche la gioia del primo raccolto, il fresco di una baia sicura e la pioggia lasciata fuori.
Tu stai tenendo in mano il cuore pulsante di tutta la razza umana.
Non analizzarla... non servirebbe a conoscerci.
Ma vieni, o Viaggiatore, e scopri coi tuoi occhi come su questo pallido puntino blu la nostra capacità di distruggere è forse grande e rumorosa ma mai potente come il nostro desiderio di creare, conoscere e condividere.
Ti aspettiamo.
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"Cars.
This is my 19th album and I'm still writing about cars. Writing about the people in 'em, anyway. Why? I don't know. I guess the car remains a powerful metaphor for me. We still live a lot of our lives here in America in cars... just trying to get from one place to another, from one place to another. Now, I suppose 40 years ago, they were a potent metaphor for open roads, freedom. Today, not so much. At best, they're a metaphor for movement. When we're in a car, we can feel like we're always moving forward, over the rise, around the bend, into the future. It can settle the spirit sometimes. But are we moving forward? A lot of the time, we're just moving." (From Western Stars movie)
THE WAYFARER
Same sad story, love and glory goin' 'round and 'round
Same old cliché, a wanderer on his way,
Slippin' from town to town
Some find peace here on the sweet streets,
The sweet streets of home
Where kindness falls and your heart calls
For a permanent place of your own
I'm a wayfarer, baby,
I drift from town to town
When everyone's asleep and the midnight bells sound
My wheels are hissin' up the highway,
Spinning 'round and 'round
You start out slow in a sweet little bungalow,
Something two can call home
Then rain comes fallin', the blues come calling,
And you're left with a heart of stone
Some folks are inspired sitting by the fire,
Slippers lucked under the bed
But when I go to sleep I can't count sheep
For the white lines in my head
I'm a wayfarer, baby, I roam from town to town
When everyone's asleep and the midnight bells sound
My wheels are hissin' up the highway,
Spinning 'round and 'round
Where are you now, where are you now
Where are you now...
I'm a wayfarer, baby, I roam from town to town
When everyone's asleep and the midnight bells sound
My wheels are hissin' up the highway,
Spinning 'round and 'round
I'm a wayfarer, baby, I'm a wayfarer, baby
I'm a wayfarer, baby, I'm a wayfarer, baby
I'm a wayfarer, baby, I'm a wayfarer, baby
I'm a wayfarer, baby, I'm a wayfarer, baby
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"Automobili.
Sono al mio 19° album e scrivo ancora di automobili o chi ci viaggia, almeno…
Perché? Non lo so… Immagino che per me l’auto sia una forte metafora.
Qui in America trascorriamo ancora buona parte della nostra vita in auto, nel tentativo di passare da un posto all’altro e poi ad un altro ancora. Suppongo che 40 anni fa l’auto fosse una potente metafora della strada senza fine, della libertà… Oggi non direi... A dir tanto è una metafora del movimento: quando siamo in auto abbiamo la sensazione di andare sempre avanti, oltre la salita e al di là delle curva, verso il futuro. A volte serve a calmare lo spirito. Ma andiamo davvero avanti? Il più delle volte ci spostiamo e basta…" (Dal film Western Stars)
IL VIANDANTE
La stessa triste storia, l'amore e la gloria vanno e vengono
Lo stesso vecchio cliché, un viandante sulla strada,
Che scivola via di città in città
Alcuni trovano pace qui sulle dolci strade,
Le dolci strade di casa
Dove dimora la gentilezza e il cuore chiede
Un suo proprio luogo permanente
Sono un viandante, piccola,
Vado alla deriva da una città all'altra
Quando tutti dormono e suonano le campane di mezzanotte
Le mie ruote sibilano sull'autostrada,
Girando senza mai fermarsi
Si comincia lentamente in un dolce e piccolo bungalow,
Qualcosa che due persone possono chiamare casa
Poi arriva la pioggia, la malinconia viene a trovarti
E ciò che rimane di te è un cuore di pietra
Qualcuno trova ispirazione seduto vicino al fuoco,
Con le ciabatte sotto il letto
Ma quando io vado a dormire, non riesco a contare le pecore
Per le linee bianche nella testa
Sono un viandante, piccola, vago da una città all'altra
Quando tutti dormono e suonano le campane di mezzanotte
Le mie ruote sibilano sull'autostrada,
Girando senza mai fermarsi
Dove sei ora, dove sei ora
Dove sei ora...
Sono un viandante, piccola, vago da una città all'altra
Quando tutti dormono e suonano le campane di mezzanotte
Le mie ruote sibilano sull'autostrada,
Girando senza mai fermarsi
Sono un viandante, piccola, sono un viandante, piccola
Sono un viandante, piccola, sono un viandante, piccola
Sono un viandante, piccola, sono un viandante, piccola
Sono un viandante, piccola, sono un viandante, piccola
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#the wayfarer#bruce springsteen#western stars#musica#musica rock#rock#classic rock#rock music#2019#Youtube
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"La cosa migliore che si possa fare quando piove è lasciare che piova", ha scritto Henry Wadsworth Longfellow (e non si riferiva di certo all'evento fisico, ma a una metafora).
Siamo abili nel ricordarcelo quando c'è il sole o quando siamo al calduccio in casa a bere cioccolata calda, ma malediciamo la pioggia quando ci si è rotto l'ombrello, l'autobus non passa, si rompono le buste della spesa, ci bagniamo dalla testa ai piedi. Ci lamentiamo, disperdiamo tutte le energie nel dire che quella cosa è ingiusta, che dovrebbe smetterla di piovere, almeno per il tempo necessario per tornare a casa. Eppure che piova è naturale, è nell'ordine delle cose, e forse è anche necessario per un qualche equilibrio delle forze celesti che neppure conosciamo. Ma non c'è verso, continuiamo a desiderare il controllo di ogni cosa, anche se sappiamo che non lo avremo mai, che ci sono cose incontrollabili o che non si possono modificare. Forse l'unica via è impararlo un poco alla volta, e imparare dall'esperienza che la pioggia non è un evento negativo, solo naturale, e che pensare che dovrebbe smettere solo per permettere a noi di tornare a casa è la misura del nostro infinito narcisismo.
Tlon
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Il tempo è una grande metafora della vita: a volte è bello, a volte è brutto, e non c’è niente che tu possa fare, se non portarti un ombrello o metterti a ballare sotto la pioggia. (Terri Guillemets)
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Mazz — Doppia Zeta
Con Doppia Zeta Mazz raccoglie alcuni dei suoi primi lavori ed entra ufficialmente nella scena, aggiungendo alcune tracce inedite. La struttura dell'opera si rifà a molti formati musicali distinti: l’impostazione è propria di un album, la lunghezza è quella di un EP e la differenza di stile fra le tracce richiama il mixtape. Uno dei punti piú interessanti di questa produzione è proprio la varietà sonora strumentale, che al netto di alcune sbavature offre sempre un ritmo e una carica emotiva differenti in ogni brano. Questa varietà, però, apporta fra le canzoni una discontinuità che si sarebbe potuta diminuire semplicemente cambiando l’ordine di alcuni brani all’interno dell’album.
I temi
Durante tutto l’ascolto ricorrono solitudine, rabbia e malinconia; l’amore non corrisposto occupa un’intera traccia, 2 Aprile, ma si può sentire in modo piú o meno diretto anche in altri pezzi, come ad esempio in Subconscio. Di questi temi risalta soprattutto la componente autobiografica: come Mazz stesso ha spiegato, questo album racconta della sua “uscita” da una situazione personale sgradevole e precaria e del suo nuovo approccio alla musica come modo di scaricare la negatività al di fuori della sua famiglia.
Le tracce
L’intro dell’album segue in modo piano, quasi piatto, il canone di una canzone trap, con la sola eccezione di un Autotune poco invadente: i toni sono altezzosi, la base è scarna e percussiva. Da questa traccia sono già chiari gli intenti dell’intero album. La prima parte di Subconscio si attiene al paradigma del Lo-Fi hip-hop: la citazione ad inizio traccia, i suoni falsamente rotti e tagliati delle frequenze piú alte e il ritmo molto calmo sono una buona cornice per sviluppare (e superare) il tradimento di un amico, un amore tossico, le delusioni in famiglia e tra gli amici. Dopo una metafora dal flow e dall’incedere un po’ stentati, la canzone cambia completamente stile, proponendo una ritmica piú “classica” e sostenuta, che segna il passaggio dal dolore alla rabbia del testo. Come spiegato nel suo stesso testo, Ma Famille insegue i tratti caratteristici dell’afro trap. Il ritmo ballabile è il vero tratto interessante della traccia, che per il resto rimane abbastanza monotona e a tratti scontata, con attacchi verbali un po’ forzati. La traccia con la produzione e l’esecuzione migliori è senz’altro Sempre Solo: l’atmosfera trap cupa segue molto bene l’incedere di Mazz, che in questo testo limita le variazioni di metro al minimo, cosí da seguire la base in modo continuo.
È evidente che Doppia Zeta ricalchi un certo periodo di Salmo: come Salmo eseguiva sopra pezzi di Skrillex, in questa traccia la base campiona ampiamente Nuclear (Hands Up) di Zomboy. La produzione strumentale di questo brano è, a nostro parere, quella piú problematica, perché i preset usati sono rimasti ruvidi ed asciutti, rendendo la percezione d’insieme molto piú povera; il rallentamento rispetto all'originale, poi, acuisce ulteriormente questi problemi fino ad esasperarli. Tali problemi sono dovuti sicuramente alla difficoltà di mastering tipica della dubstep, un genere per niente facile per un produttore che non vi lavori abitualmente. Nell’album è incluso il singolo 2 Aprile. A fronte di una base semplice, ma molto efficace, l’esecuzione di Mazz è un po’ carente, e il testo sbilanciato non aiuta. La base di influenza hip-hop di MRN accompagna una contemplazione in solitudine della città sotto la pioggia di settembre. No Filter offre un’interpretazione non molto originale di una “trappata all’americana”, satura di Autotune e con una melodia strumentale che alla lunga dà fastidio. L’outro dell’album dà musicalmente il senso della fine, anche se di una fine frettolosa in alcune soluzioni di testo.
L’esecuzione
Dell’esecuzione di Mazz si è parlato poco finora, dando piú spazio a commenti sulla produzione strumentale: si è fatta questa scelta perché le critiche al modo di rappare-cantare di Mazz sono comuni a quasi tutte le tracce. I testi delle canzoni peccano di una scarsa revisione: in alcuni casi è palese anche per un ascoltatore poco avvezzo al genere una soluzione metricamente piú soddisfacente di quella proposta; in alcuni punti sono molto ripetitivi; nelle tracce piú “arrabbiate” gli sbalzi di violenza verbale sono molto repentini e lasciano spaesato l’ascoltatore. Benché la produzione copra molto queste mancanze, soprattutto nella parte centrale dell’album, esse non possono essere trascurate in un album appartenente ad un genere che si basa soprattutto sulla capacità di esprimersi a parole, a volte addirittura a cappella, con un supporto strumentale minimo — nonostante la sua importanza indubbia. In un lavoro futuro, inoltre, è possibile che i temi personali ed autobiografici non siano sufficienti per generare un prodotto originale e fresco.
Conclusione
Doppia Zeta contiene qualche spunto interessante sia a livello di produzione sia quanto all’introspezione nella lore di Mazz; ciononostante, alcuni problemi di lavoro e rifinitura del testo abbassano drasticamente il livello generale della produzione, comunque piú che sufficiente per essere la prima per Mazz. Ci aspettiamo che in un album futuro molti dei problemi elencati vengano affrontati.
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