#mai rimasto così sorpreso in vita mia
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gelatinatremolante · 1 year ago
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Era una delle giornate più noiose tra le giornate noiose, questo però fino alle ore 13 e qualche minuto quando Veronica mi ha rivelato di essere incinta e ho reagito nell'unico modo in cui è possibile reagire a una notizia del genere cioè urlando e guardandola a bocca aperta e con gli occhi spalancati dicendo: "Ma cosa stai dicendo???????" per poi aggiungere solo dopo "Auguri!!" e "Che bello!!".
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dreamednottodrown · 2 years ago
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Qualche giorno fa il mio ragazzo è partito per lavoro e starà via per qualche settimana. Conviviamo da un anno ed è la prima volta che stiamo separati e lontani per così tanto tempo.
Lo ammetto, mai avrei pensato che stare così lontani lo avrebbe fatto stare male così. O meglio, sapevo e so che dentro di sé ci stava male, solo che testardo e orgoglioso com'è, non lo voleva ammettere. Anzi, prima della partenza si faceva sempre vedere felice e contento di partire. Molto probabilmente per non farmi stare ancora più male nel vederlo triste, visto quanto già io stessa ci stavo male.
In questi giorni mi sta chiamando e videochiamando un casino di volte, anche più volte in un'ora. Ieri sera dopo cena è uscito a bersi una birra con gli amici e nel mentre mi videochiamava. Io gli dicevo di godersi gli amici e la sua serata è lui che mi rispondeva che non se la stava godendo senza di me. E che le serate senza la mia presenza non sono le stesse. E a queste parole mi si è sciolto il cuore.
Al suo rientro in albergo non stava molto bene. Già sta uscendo dai sintomi dell'influenza, più essere a meno dodici gradi non aiuta. Inoltre ha cenato mal volentieri e al suo rientro in stanza ha passato quasi un'ora in bagno a vomitare.
Io che stavo male perché mi sentivo impotente e a chilometri e chilometri di distanza e potevo essere con lui solo tramite un maledetto schermo e non fisicamente.
In quel momento sono uscite tutte le sue fragilità e piangeva. E io piangevo con lui mentre mi diceva che gli manco. Che mi voleva li con lui. Voleva tanto essere tra le mie braccia e che dormissimo insieme e che mi ama come non ha mai amato nessun'altra donna come ama me.
Io ero in una tempesta di emozioni. Stavo male perché lui stava male e volevo essere con lui. Stavo male perché stava soffrendo per la nostra lontananza e al tempo stesso ero felice di tutte le cose belle che diceva di me e di noi.
Anche durante la serata con i suoi amici continuava a dire:
-ma quanto è bella la mia donna (indicandomi nello schermo)
-vita mia
-mi sento un uomo fortunato perché ogni volta che torno a casa ho lei ad aspettarmi
-lei è la donna con cui voglio avere un secondo figlio e ci stiamo provando
Dopo tanto, ha tirato fuori quest'ultimo argomento. Avere un figlio/a nostro. È un anno che ci stiamo provando, ma non arriva. Per mesi e mesi abbiamo tentato e sperato con tutto il nostro cuore. Facevamo di continuo i test con la speranza che almeno uno di essi fosse positivo, ma ahimè, erano sempre negativi e ogni volta era una pugnalata al cuore. Finché abbiamo deciso di smetterla di pensarci ebfarla diventare un ossessione, perché più ci pensi e meno arriva. Alla fine io pensavo che lui ormai si era arreso a questa cosa, ma ho scoperto che non è così e che ci sta soffrendo in silenzio, proprio come me. Spero tanto che questo 2023 ci dia la gioia di questo nostro desiderio. 🙏🏻
Poi una volta che il mio ragazzo si è ripreso e si è messo a letto, mi ha chiesto se mi andava di dormire insieme a lui in videochiamata e di risvegliarci insieme alla mattina e così è stato. Almeno era come averlo di nuovo al mio fianco e almeno potevo accertarmi in ogni momento che stesse bene.
La sua notte non è stata per nulla tranquilla, tanto che ha passato tutta la notte a sognarmi e a dire e alcune volte pure urlare le parole "amore" e "vita mia", e io ogni volta che lo sentivo dire queste parole, mi svegliavo di scatto e controllavo che stesse bene. Quando ero certa che stesse bene e dormendo, mi rimettevo a dormire.
Fino quando alle 4:30 ha cominciato ad urlare la parola "amore" e al mio "amore che succede? Amore dimmi", lui si è svegliato di scatto. Quando ha aperto gli occhi e mi ha vista ancora in videochiamata con lui è rimasto sorpreso e mi fa "amore, ma sei ancora qui con me" e io "amore, te lo avevo promesso che sarei stata con te tutta la notte e che ci saremo svegliati insieme". E alla fine alla mattina quando è suonata la sveglia ci siamo svegliati insieme.
Che dire, questa lontananza mi sta facendo vivere emozioni e farmi sentire parole da parte sua che avevo proprio bisogno di sentirmi dire e che conoscendo il suo carattere, per orgoglio e per non farsi vedere fragile, non mi avrebbe mai detto.
Dopo questa notte lo amo ancora di più. Dopo questa notte ho la certezza e la consapevolezza che lui sia la mia persona. E che siamo una coppia perfetta. Perché possono esserci i momenti difficili, i litigi, lo stress della vita quotidiana, i nostri caratteri che si scontrano, ma il nostro amore sarà sempre più forte di tutto ciò e non lo cambiarei con nessun'altra persona al mondo.
-dreamednottodrown-
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alepagni · 3 years ago
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Città sommerse
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18/06/2021
La strada a sterro si spinge dritta e sicura in mezzo al nulla apparente di canali in secca e campi strinati dal sole. Sono le diciotto e diciassette, stando ai metadati del cellulare che accompagnano lo scatto. È il sette giugno e da poco è passato un acquazzone violento che mi ha sorpreso a pochi chilometri da Siena e mi ha accompagnato per buona parte del viaggio.
Sul fondo una fila compatta di alberi dalla chioma rigogliosa e una macchia fitta di arbusti sfonda i margini del visibile, come il lato lungo di un gigantesco caravanserraglio, una Fata Morgana alla fine di una giornata di cammino allucinato.
Le nuvole sembrano correre precipitosamente altrove spinte da una brezza rigenerante, ma è un'altra illusione fotografica: l'aria è un cencio sudicio e bagnato, spinto a forza in gola. La pioggia ha rivoltato la terra cavandone fuori gli umori stantii.
Alle mie spalle (non troppo distante), la foto non lo mostra ma c'è il Lago della Gherardesca, mesto rimasuglio di quello che un tempo era il vasto bacino del Lago di Bientina (noto anche come Lago di Sesto), uno dei più estesi della Toscana fino alla bonifica dell'Ottocento. Oggi la palude che ha preso il suo posto rivive, a cavallo fra autunno e inverno, il suo tanto decantato passato, quando l'acqua piovana si accumula per così tanti giorni da ribaltare in terra il cielo ogni volta che il sole scende dietro al Monte Serra.
L'ho sempre percepito come un posto strano il Padule di Bientina, feroce per certi versi, poco addomesticabile, eppure segnato ovunque da un brulicare nervoso di esistenze.
Secondo una leggenda locale, le acque del lago, per secoli, avrebbero celato l'antica città di Sextum, affondata con tutti i suoi abitanti dalla consueta suscettibilità di dei vendicativi e permalosi che non ne approvavano lo stile di vita. Solo una coppia di anziani dalla condotta ineccepibile sarebbe stata risparmiata insieme alla propria casa, rimasta all'asciutto nel punto del padule conosciuto poi come l'Isola. Qui una struttura architettonica diversa dall'abitazione dei due anziani graziati, con un suo potenziale suggestivo, vagamente marziale e indubbiamente decadente, sopravvissuta come un relitto spiaggiato alla mattanza del tempo, ha acceso per anni le mie macabre fantasie e ha accolto come uno scrigno tutte le paure che il me di allora coccolava e nutriva come una colonia di cuccioli.
Per tutta la vita è qua intorno che ho tentato invano di ambientare le storie più nere che non sono mai riuscito realmente a scrivere o a portare a compimento. Abbozzi, idee vaghe appuntate su fogli volanti o dentro quaderni-scoglio destinati alle profondità di scatoloni (con i libri dell'università e delle superiori) ammassati in soffitta. Ma nella mia testa eccitata il posto era questo, alberi lugubri, carcasse, rifiuti e distese desolate, pochi altri luoghi si portavano dietro la stessa inquietante aura. Credo dipenda dalla mole di cosa passate per questo acquitrino: rovine di epoca etrusca e romana che mercanti e pescatori scorgevano a pelo d'acqua mitizzandole; zone di pesca e caccia contese energicamente fra gli abitanti delle diverse sponde; storie presunte, terribili (che un amico o un conoscente, a volte un parente, giuravano di aver sentito da fonte attendibile), di persone affette da nanismo o transessuali trovate carbonizzate in una delle tante cascine abbandonate di cui si sono perse le tracce, forse demolita, forse mai esistita o digerita per sempre dalla vegetazione.
Quando ero ragazzino la Bientinese, la lunga e gommosa coda d'asfalto che congiunge l'estrema periferia della provincia di Lucca con la fronte di quella pisana, si riempiva la sera di auto che procedevano a passo d'uomo. I conducenti si fermavano a ogni piazzola per confrontare i prezzi delle ragazze africane con le tariffe di quelle dell'Est Europa, o formavano un carosello di andate e ritorni strombazzante e meschino al bivio per Orentano, dove i giovani brasiliani (che la gente di paese ci aveva insegnato a chiamare viados), ogni notte si forzavano a cantare e ridere, nonostante il pubblico sgradevole e animale. Ricordo i pastori a riposare sotto l'ombra degli alberi che costeggiano a intermittenza il Canale Imperiale, parallelo alla carreggiata. Il porchettaro con il suo furgone, fermo davanti alla zona di lancio della Folgore ad attendere paziente, occhi al cielo, l'atterraggio della brigata di paracadutisti di turno, affamata dall'adrenalina del lancio.
Ma più di tutto, ricordo un giorno di cielo coperto in cui mi avventurai da solo con un vecchio Phantom Malaguti lungo un tragitto stretto e sassoso, lasciandomi alle spalle incubi e racconti dell'orrore, molta spazzatura, sportelli di frigorifero, lamiere corrose e bruciate, schermi sfondati di vecchi televisori. Allora non esisteva ancora True Detective (forse Pizzolatto neppure aveva ancora buttato giù la trama di Galveston), penso alla prima stagione, quella con Matthew McConaughey e Woody Harrelson, quell'immaginario, l'ambientazione, le suggestioni, sono la cosa più vicina oggi alla sensazione che allora mi lasciava il Padule fra stomaco e palato, con le ovvie debite differenze. C'era Lynch nel mio immaginario mentre attraversavo quelle strade e quei campi, se restiamo in tema di serie tv, ma Twin Peaks era un altro genere di fascinazione, un altro luogo interiore maledetto, più complesso e stratificato, che avrei compreso solo molti anni dopo.
Provai a capire dove portava quel sentiero, se la strada a un certo punto sarebbe finita, costringendomi a ritornare sui miei passi. Era autunno e già scorgevo a poche decine di metri davanti a me il pavimento lastricato d'acqua che segnava la fine del mio percorso.
Appena prima, circondato da un mausoleo di foglie e rami intricati (o almeno questo è il ricordo che mi porto dietro), spiccava un elemento che, per qualche ragione, cozzava con il paesaggio: una cosa come una vela sporca o un vecchio stendardo, ma solida, fatta per durare. Quando mi trovai davanti alla lapide, un cippo commemorativo privato in mezzo a un deserto di fango, canneti e prati umidi, provai il cortocircuito che danno certe storie impossibili da non raccontare.
La lapide era un segno, lasciato molti anni fa (credo ormai più di sessanta) a imperitura memoria da due genitori distrutti per la morte assurda del figlio che viveva con loro dentro a quel nulla (da qualche parte, sicuramente non troppo distante da quel “promemoria”) ed è rimasto ucciso (se non ricordo male) su una spiaggia della Versilia durante una gita scolastica o di piacere, dalla scarica istantanea e irreversibile di un fulmine.
Strano quello che mi solleticò la pancia, strano lo sguardo antico del ragazzo nel ritratto in bianco e nero fissato sulla pietra, il senso definitivo di pace intorno, il cielo che subito dopo cominciò a borbottare, la fretta di tornare a casa, di non trattenermi oltre.
Non ho mai dimenticato quel giorno, ma non sono più stato lì.
Un paio di settimane fa sono tornato al mio paese e prima di qualsiasi impegno, prima di vedere qualcuno, ho sentito il bisogno di camminare un po', respirare cose andate, persone che non ci sono più. È stato quasi automatico, una sorta di sonnambulismo consapevole, un'ipnosi semi-pianificata, ritrovare questo luogo dell'anima al contrario, il Lago di Bientina, il mio tenero abnorme giardino dell'incubo, e imboccare sentieri che nella migliore delle ipotesi non portano a niente e nella peggiore non portano a niente di buono. Perché qui proprio non puoi sentirti a tuo agio, eppure questo posto ti chiama.
La fotografia qua sopra mostra una strada che forse conduce a quella lapide, ammesso che sia il percorso giusto, ammesso che non sia stata distrutta o che ci sia ancora, ammesso e non concesso che sia effettivamente esistita.
Alessandro Pagni
Ascolto: Karate, There Are Ghosts
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angelictranslation · 4 years ago
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-Intervista al regista di diabolik lovers Tagashira Shinobu-
Durante la sua prima produzione come regista, Tagashira Shinobu mirava a "creare un anime come mai visto prima". Come ha creato questa serie che ha un mondo così unico e distintivo? Abbiamo chiesto al regista in dettaglio la sua attenzione e le sensazioni che ha messo nella serie.
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1Domanda: “qual è stata la tua prima impressione quando sei entrato in contatto per la prima volta con il materiale originale di Diabolik Lovers?”
Ho pensato che fosse una serie di grande impatto. Sono stato introdotto alla serie per la prima volta attraverso la proposta del progetto, ma essendo una persona che ha sempre amato il genere horror gotico con i vampiri, la mia prima reazione naturale è stata "sembra interessante". Mi sono sentito fortemente attratto dalla frase chiave "l'eroina appassionatamente * si fa succhiare il sangue da sei bellissimi vampiri." Dopo essere stato nominato direttore, ho deciso di ascoltare i CD originali di Drama e sono rimasto sorpreso di scoprire che il genere era ancora più peculiare di quanto mi aspettassi.
2Domanda: “Come ti sei sentito quando sei stato scelto per essere il regista di questa serie?”
Finora sono stato coinvolto in molte produzioni sia come direttore dell'animazione che come disegnatore di personaggi, ma inizialmente mi sono unito a questo campo volendo essere un produttore, quindi diventare un regista è sempre stato il mio obiettivo. Pertanto, quando mi è stato offerto di essere il regista di questa serie, mi sono sentito come se stessi finalmente facendo un passo avanti verso la realizzazione di questo obiettivo.
Diabolik Lovers sarà la prima serie in cui assumerò il ruolo di regista, quindi ho avuto una forte volontà di trasformarlo in qualcosa di meraviglioso. Inoltre, con ogni episodio della durata di soli 15 minuti, mi sentivo come se potessi fare cose davvero interessanti con esso. Però non è stato facile. 
3Domanda: ”Quando hai iniziato a lavorare alla serie, qual è la cosa a cui hai dato di più  la priorità come regista?”
Volevo creare una serie che restasse nei ricordi delle persone. Anche se questo significava dover correre qualche rischio, mi sono concentrato fortemente sull'impatto per evitare che le persone si sentissero come se somigliasse a un altro lavoro che hanno visto prima.
Ad esempio, come se fosse un anime lungo 30 minuti, abbiamo costruito lo sviluppo dall'inizio alla fine dell'episodio cambiando improvvisamente la scena, nascondendo, di nascosto, gli eventi che si svolgono nel mezzo. Pur rimanendo fedele al fatto che Yui fosse il punto focale della storia, volevo renderla interessante mostrando un gruppo di scene di forte impatto in rapida successione.
Attraverso questa progressione frenetica, volevo che gli spettatori fossero sul bordo della sedia, chiedendosi: "Cosa potrebbe succedere dopo !?" Questo è ciò su cui mi sono concentrato.
4Domanda:”Durante il processo di sviluppo, che tipo di richieste hai rivolto al personale di ogni reparto? Vorremmo iniziare chiedendoti prima il character design.”
Le illustrazioni fatte da Satoi-san per il materiale originale erano così sbalorditive, ho chiesto alla persona incaricata (Yashiro Yuuko) del character design di attenersi il più possibile all'originale. Ho anche chiesto loro di disegnare i personaggi in un modo che prendessero veramente vita una volta applicati i colori e fatti muovere attraverso le animazioni. Penso sia stata una richiesta difficile. Le illustrazioni originali sono così dettagliate, mi sento come se anche un animatore esperto avrebbe avuto problemi con loro.
Inoltre, mi sono soffermato sui dettagli minori delle sagome, chiedendo al designer di fare in modo che ogni personaggio si mettesse in posa nel loro modello in piedi di base che riflettesse veramente le rispettive personalità.
All'inizio lo staff aveva tutti punti di vista diversi, quindi ho iniziato a guidarli come regista e assicurandomi che fossimo tutti sulla stessa pagina, mirando a un obiettivo collettivo.
Ho dovuto chiedere rifacimenti molte volte e sono sicuro che tutte le mie richieste fossero molto dettagliate, ma avevo fiducia nello staff con cui lavoravo, quindi le mie aspettative per il prodotto finito erano alte. E poi, hanno effettivamente superato le suddette aspettative. Quando ho guardato le illustrazioni finali, ho detto "ce l'abbiamo fatta ー !!" E ho iniziato a tremare dall'eccitazione.
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5Domanda: “E la composizione della serie?”
Abbiamo incluso molte immagini complicate nello storyboard, quindi ho chiesto alla persona incaricata (Nagatsu Haruko) nel layout generale, di creare prima uno scenario normale mantenendo allo stesso tempo l'ambientazione della serie e le personalità dei personaggi distinte, in mente.
Per Nagatsu-san è naturale coinvolgere le persone con la sua scrittura, quindi ho lasciato a lui la struttura generale. Inoltre, per rendere tutto più drammatico, gli ho detto di concentrarsi sull'impatto e assicurarsi che rimanga anormale. Nei giochi, si hanno vari percorsi e finali per ogni personaggio, quindi penso che creare una storia coerente per l'anime mantenendo le "migliori frasi" del gioco sia stato un compito molto arduo.
6Doamnda: “Il grande dettaglio messo nella musica dell'anime di Diabolik Lovers è qualcosa per cui riceve spesso elogi, come hai composto la musica?”
La persona che abbiamo incaricato per creare la musica è (Hayashi Yuuki),lo che ammiro da molti anni. Mi sono sentito estremamente stregato dalla musica nel dramma televisivo "Strawberry Night", quindi ho avuto un piccolo promemoria con il nome di Hayashi-san appiccicato al muro per tutto questo tempo. Mi sono sempre detto che se un giorno sarei riuscito a diventare il produttore di una serie, avrei sicuramente voluto fargli comporre la musica. Ecco perché quando gliel'ho chiesto, ero persino pronto a dimettermi dalla carica di regista se avesse in qualche modo rifiutato la mia richiesta. 
Quando ho richiesto la composizione del film, piuttosto che riferirmi alla serie come un gioco di otome, l'ho ritratto come una tragedia tra una giovane ragazza di nome Yui e l'eroina di nome Cordelia. Poi gli ho fatto lavorare con quello. Ho anche fatto fare un'illustrazione di Yui e Cordelia, consegnandola a Hayashi-san con la richiesta di comporre la musica basata su detta immagine. La storia procede in un modo in cui Yui diventa il fulcro, quindi la musica non si è concentrata solo sui i sei fratelli.
Per quanto riguarda Kanato, ha momenti molto particolari come "Scarborough Fair" e la scena nella stanza delle bambole di cera, quindi hanno ricevuto una musica di sottofondo esclusiva. Inoltre, l'ho anche informato dell'atmosfera che cercavo nelle canzoni e degli strumenti specifici che volevo incorporare. Per il titolo principale, ho richiesto qualcosa con un'atmosfera magnifica. Hayashi-san ha esaudito tutti questi desideri.
7Domanda:”A proposito di arte, cosa hai richiesto all'art director Ogura Hiromasa?”
Per prima cosa, gli ho chiesto di fare del maniero Sakamaki un edificio in stile gotico che sembra che gli spiriti risiedano lì. Per quanto riguarda i colori, pur dando vita al materiale originale, abbiamo utilizzato un "colore della notte esclusivo di Dialovers", come suggerito da Ogura-san.
Sono attivi durante la notte, quindi la maggior parte delle scene si svolgono anche di notte. Tuttavia, non ha voluto usare solo colori scuri solo perché la storia si svolge di notte. È lì che abbiamo deciso di disegnarlo usando il colore grigio bluastro del cielo come base, creando uno scenario che sembra un po 'vibrante nonostante sia notte.
Inoltre, abbiamo avuto la fortuna di avere Ogura-san che ha disegnato tutto a mano con pennello e pittura. Con le illustrazioni disegnate a mano, puoi creare un'atmosfera completamente diversa attraverso il tocco della matita, la vividezza dei colori e lo spessore delle linee. Penso che questo sia qualcosa che puoi ottenere solo in questo modo, quindi attraverso le illustrazioni disegnate a mano minuziose e dettagliate, l'intensità dell'arte è stata davvero portata al suo massimo potenziale.
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8Domanda:”Possiamo dire che hai messo insieme questa serie con una quantità incredibile di cura e attenzione. E le altre parti che non abbiamo ancora toccato?”
A parte i personaggi, ho anche prestato molta attenzione alle riprese reali, ad esempio, in cui avremmo usato angoli bassi o avremmo avuto un aspetto affettivo del personaggio.
Adattandoci all'arte generale, abbiamo anche leggermente modificato i colori dei personaggi da un episodio all'altro. In realtà, lo sfondo della scena che si svolge nella sala di intrattenimento durante l'episodio tre si è rivelato estremamente dettagliato. Anche questo è qualcosa da tenere d'occhio.
9Domanda:”A proposito, sei stato tu a nominare la maggior parte del personale?”
Ripensandoci, la maggior parte dei membri del personale lo era. L'editor, il cameraman e anche quelli incaricati di applicare i colori erano tutte persone con cui volevo lavorare da prima. Fortunatamente, i miei desideri che questa o quella persona lavorasse su una certa area continuavano a essere soddisfatte, anche se questo ha anche aumentato la pressione... In questo momento, sono davvero felice di aver potuto lavorare con questa squadra. Anche per me è stato divertente e soprattutto mi sentivo felice. Ci sono alcuni piccoli inconvenienti che ho con il prodotto finito, ma alla fine, credo che la serie sia il risultato finale dello sforzo combinato di ogni membro dello staff.
10Domanda:”Ci sono molte serie a tema sui vampiri là fuori, ne hai una preferita?”
Ci sono film che mi piacciono come "Dracula" di Francis Coppola o "Interview with a Vampire" con Tom Cruise, ma non ho usato nessuno di questi come riferimento per questa serie. Volevo valorizzare l'ambientazione e la visione del mondo di Diabolik Lovers, quindi ho deciso di proposito di non guardare nessuno di quei film.
Tuttavia, ci sono parti nell'episodio uno e nell'episodio otto in cui ho usato alcune tecniche di ripresa usate nei film dell'orrore come riferimento. Dato che è una serie incentrata sui vampiri, volevo esprimere un senso di "paura" accanto alla loro bellezza.
11Domanda:”Il franchise di Diabolik Lovers è basato su CD e i drama, quindi con quali parti hai lottato di più durante la creazione di un adattamento anime?”
Decidere i diversi ruoli per i sei fratelli e creare un ordine per farli brillare senza favorirsi l'uno sull'altro è stata la parte più difficile. Nel materiale originale, c'è una forte enfasi sul concetto di amore pericoloso, quindi abbiamo usato l'ambientazione dettagliata dei giochi come base e abbiamo creato gli episodi con il personaggio di Cordelia come punto focale.
12Domanda:”Per favore dicci se avevi delle preferenze riguardo alla produzione della serie nel suo insieme”
Per tutti i tagli, abbiamo utilizzato immagini che alludessero a un'atmosfera di fantasia. Sebbene la storia si svolga in tempi moderni, poiché presenta personaggi non realistici come i vampiri, volevamo creare un mondo che sembrasse in qualche modo separato dalla realtà.
Ad esempio, l'assenza di pedoni durante le scene che si svolgono in città, o la mancanza generale di personaggi di sfondo in generale sono modi in cui abbiamo cercato di creare uno spazio solo per Yui e i sei fratelli. Questo è finito per adattarsi perfettamente a un anime che dura solo 15 minuti per episodio.
Parlando di una sensazione non realistica, l'illustrazione concettuale che ho consegnato ad Hayashi-san, che era responsabile della musica, aveva in realtà lo slogan "un lungo, lungo incubo". Anche se non è un sogno, volevo che la serie nel suo insieme emanasse la sensazione come se Yui stesse vivendo un incubo senza fine.
 13Domanda:”Ebbene, per quanto riguarda la produzione nello specifico, c'è un certo episodio che ti è rimasto fortemente impresso?”
Nell'episodio 1, che è l'inizio della serie, volevo mostrare correttamente l'ambientazione e il fatto che Yui è la protagonista della storia e attirare davvero gli spettatori sullo schermo. Ecco perché se pensassi che tutti sembrassero molto "spaventosi" nell'episodio 1, sarebbe un grande successo da parte mia. 
Poi c'è anche l'episodio 8. Abbiamo creato la scena in cui i tre gemelli uccidono Cordelia in base alla musica in sottofondo. Con l'immagine di un video promozionale in mente, abbiamo deciso l'inizio e la fine della canzone e poi abbiamo disegnato lo storyboard mentre ascoltavamo la composizione. Il modo in cui abbiamo interpretato questa scena è qualcosa di cui ero particolarmente esigente. La morte di Cordelia è una scena importante che porta all'inizio della storia di Yui, dopotutto.
Ho deciso di rendere la versione anime di Cordelia un personaggio un po 'diverso dalla sua controparte del gioco poiché nella mia testa, l'ho dipinta come una seconda eroina della storia. Ciò deriva dall'antagonismo tra le diverse madri nei flashback e dal suo coinvolgimento con il padre dei fratelli, ma per ritrarre Yui come un protagonista affascinante, ho voluto creare un'immagine chiara anche di Cordelia, quindi attraverso l'uso di beautiful musica, volevo spingere questo tipo di scene al loro massimo potenziale.
Lo sviluppo emotivo dei fratelli riguardo a Yui è un altro punto culminante. Ad esempio, la scena nella chiesa nell'episodio quattro in cui Laito mette emotivamente all'angolo Yui e le toglie tutte le speranze. Fino a quel momento, Laito aveva sempre visto Yui come una 'preda interessante' e nell'episodio quattro, spinge anche Yui al punto di rottura, ma quando cerca di sferrare il colpo finale nell'episodio sei, si rende conto di quanto sia forte la 'fede' di Yui lo è veramente, e la riconosce come una persona adatta. Per quanto riguarda lo sviluppo emotivo di Laito, l'episodio quattro e l'episodio sei sono i momenti cruciali.
Ayato mostra anche lenti cambiamenti, ad esempio quando agisce in modo da salvare Yui da suo fratello Kanato durante la scena nella stanza delle bambole di cera. Anche Subaru cambia, iniziando a mostrare poco o nessun interesse per Yui ma man mano che la storia procede, possiamo vedere un cambiamento nel suo comportamento in cui inizia gradualmente a preoccuparsi per lei.
14Domanda:”Su quale parte dell'anime vuoi che il pubblico si concentri?”
Ad essere onesti, ci sono molti presagi nella serie. Ci sono alcune parti che non siamo riusciti a mostrare chiaramente, e non tutte le premonizioni vengono risolte correttamente alla fine, ma abbiamo cercato di crearle in un modo in cui non vedi l'ora di vedere cosa potrebbe accadere dopo. Il succo di mirtillo rosso fa anche più di un'apparizione, dopotutto. 
In realtà, la scena nell'episodio 1 in cui i tre gemelli inseguono Yui è collegata all'episodio 8 in cui fanno lo stesso con Cordelia. Ci sono molti modi per analizzare la serie, quindi credo che ci siano tante interpretazioni di "Diabolik Lovers" quante sono le persone che guardano la serie.
Ci sono molte scene complicate quindi, se possibile, vorrei che il pubblico la guardasse più volte e cercasse di arrivare in fondo. Posso dire con sicurezza che l'abbiamo realizzato in un modo in cui puoi goderti la serie anche durante la seconda o la terza volta.
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amplificaemozioni · 4 years ago
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Hai assistito a uno dei miei attacchi d' ansia che ormai riempiono gran parte delle mie giornate .. chi sa cosa penserai di me ora ? Che sono pazza, che sono instabile o addirittura malata .
Ma sappi solo che non avrei voluto che mi vedessi così , tremare e cercare di respirare perché l ansia mi stava togliendo il respiro ...
Avevo paura che mi vedessi così , perché ? Perché sono momenti in cui vedi davvero la mia fragilità , vedi i demoni che mi riempono la testa uscire e sussurrarmi che non sarò mai in grado di fare nulla , che non sarò mai nulla nella mia vita solo un peso per tutti ...
Però mi hai sorpreso, mi hai visto cosi e sei rimasto. Mi hai chiesto di guardarti e appena ho incontrato i tuoi occhi , non sono riuscita a sostenere il tuo sguardo , erano così colmi di apprensione e preoccupazione ...
Che diritto ho di farti preoccupare ?
Con pazienza hai aspettato che mi calmassi un po e poi hai ritentato di riportarmi da te ... Mi hai chiesto di respirare con te , respiri profondi e lenti..
Piano piano la crisi è passata, e rialzando lo sguardo ho incontrato il tuo ... ed ho capito che tu eri lì , per me e per il noi che stavamo costruendo insieme ...
Ora so che potremmo farcela , potremmo trovare la luce insieme in tutta questa oscurità . Sto iniziando a pensare al fatto che tu sia la luce nella mia oscurità ... come dice la Bibbia
" La luce splende nelle tenebre, e le tenebre non l’hanno sopraffatta."
Spero solo di non sopraffarti.. resisti ti prego ❤
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giulia-liddell · 5 years ago
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Una dichiarazione
Parole: 1603
No beta, we die like men
Fandom: Sanremo RPF
Avvertimenti: probabili strafalcioni gramamticali dovuti a mancanza di sonno, sdolcinatezza, discussione molto vaga sull’omofobia italiana, menzioni della performance finale di Achille Lauro 
Ship: Domille/Bossille
Note autore: Ah. Io che non so niente né su Achille Lauro né su Boss Doms che provo a scrivere una fic su di loro perché sono #Iconic e perché della gente molto carina me lo ha chiesto... Perdonatemi se ci sono errori/cavolate varie/roba che non ci azzecca. Sono un po’ fuori dalla mia comfort zone. Tutti guardano questa ship e sono tipo “rough and kinky dads” e io sono tipo “patati loro”
La stanza d’albergo è illuminata dalla luce dell’alba quando Boss si sveglia con le lenzuola attorcigliate intorno alle gambe. Si prende qualche momento per stiracchiarsi e levarsi il torpore del sonno. Non si aspettava di alzarsi così presto e ha ancora gli occhi che bruciano. Non è facile dover sopportare i ritmi del festival di Sanremo: tutte quelle prove, le serate interminabili e i convenevoli a fine di ogni puntata… Per fortuna sono arrivati alla finale, dopo questa sera potrà dormire quanto vorrà.
Appena si sveglia abbastanza Boss si rende conto che l’altro lato del letto è vuoto. Possibile che Lauro si sia svegliato ancora prima di lui? Non si alza mai così presto, anzi, di solito Boss è costretto a prenderlo a cuscinate finché non si rianima. Boss si alza per cercarlo e barcolla leggermente sulle gambe ancora intorpidite.
Lauro è seduto sul terrazzino della loro camera, con addosso solo un paio di pantaloni, curvo sul tavolino e si mordicchia un dito mentre scrive qualcosa. Boss ammira la serenità che emana seduto in silenzio alla luce dell’alba ed ammira la concentrazione con cui si dedica alla scrittura: la fronte corrugata, le dita strette intorno alla penna come se stesse impugnando un’arma e quello sguardo illuminato negli occhi. È talmente concentrato che non sente nemmeno il chitarrista avvicinarsi. Boss si piazza alle sue spalle e fa scivolare le mani sul suo petto, poi si abbassa per baciargli il collo «’Giorno…» sussurra con voce roca appoggiando le labbra al suo orecchio.
Lauro si riprende all’improvviso dal suo stato di trance creativa e si volta per baciare il suo chitarrista sulle labbra «Ciao…» sussurra con un leggero sorriso sulle labbra «Finalmente sei sveglio anche tu.» aggiunge e subito Boss si tira indietro sorpreso «”Finalmente”? Lauro, non sono neanche le sette del mattino… Abbiamo dormito cosa? Due ore?» dice confuso mentre Lauro gli accarezza una guancia e sorride «Per essere precisi, tu hai dormito due ore e quaranta minuti e io non ho dormito affatto.» risponde il cantante. Boss strabuzza gli occhi per la sorpresa «Come non hai dormito? Lauro non va bene… Hai lavorato parecchio e ci aspetta un’altra giornata di lavoro intenso e… Non puoi…» Lauro lo zittisce con un altro bacio. «Edo, non abbiamo prove fino al tardo pomeriggio, posso dormire questa mattina se tu me lo permetti… E non ti preoccupare, so che è importante risposare… È solo che… Avevo voglia di scrivere e non riuscivo ad addormentarmi, quindi sono rimasto sveglio…» risponde Lauro indicando i fogli che sono impilati sul tavolino. Boss non può fare a meno di sorridere «Davvero sei rimasto sveglio per scrivere? Questa potrebbe essere la cosa più da te che ti abbia mai visto fare…» commenta il chitarrista e Lauro abbassa lo sguardo evidentemente in imbarazzo «Mi… Mi sentivo ispirato…» si giustifica.
«Posso leggere?» chiede Boss facendo un cenno in direzione dei fogli e Lauro annuisce lentamente «È… Non è veramente un testo… Non ancora… Solo una raccolta di idee… Dovrò sistemare poi tutto quanto… Sai la confusione che ho in testa a volte…» Boss gli lascia un bacio su una tempia e gli accarezza le spalle «Sono certo che sia meraviglioso.» dice e lo pensa davvero. Si sorprende a volte di quanto Lauro possa essere insicuro della sua musica mentre la sta creando. Una volta che rilascia una nuova canzone è sempre sicuro che sia esattamente quello che voleva e che sia perfetta, ma quando la sta ancora scrivendo continua a dubitare di ogni frase e di ogni nota anche se poi non cambia molto nel prodotto finale.
Il chitarrista prende uno dei fogli ed inizia a leggere in silenzio con Lauro che appoggia la testa contro la sua spalla. «Allora? Che ne pensi?» chiede il cantante con una punta d’ansia nella voce «Edo? Ci sei?». Boss si riprende, appoggia il foglio e prende il volto di Lauro tra le mani per baciarlo «È stupendo. Sei stupendo. Dio, come diavolo faccio a meritarmi uno come te?» commenta subito il chitarrista con un ampio sorriso «Il modo in cui descrivi la nostra relazione e… E tutta l’emozione che ci hai messo… Davvero io non so come fai… Sei magico.» continua sempre più entusiasta. Lauro si lascia scappare una risatina soddisfatta e bacia ancora Boss «Grazi-» inizia a dire, ma subito il chitarrista lo interrompe «Però voglio sapere una cosa… Sei sicuro?» chiede con l’espressione più seria che mai.
«Sicuro di cosa?» Lauro corruga la fronte «Tutti i tuoi testi sono intimi... Lo dici tu stesso che non si può scrivere una canzone senza metterci una parte di sé… E questo… Questo potrebbe essere il testo più personale che tu abbia scritto fino ad ora… Quindi ti chiedo se sei sicuro di voler trasformare questo in una canzone: sarà pubblicata, la ascolteranno tutti e…» Boss non finisce la frase, ma Lauro sa perfettamente cosa intende «… e tutti sapranno di noi.» conclude. «Esatto!» esclama il chitarrista «Per me non è un problema lo sai, anzi sarei felicissimo di non dover fare tutto di nascosto, di non dover mantenere i nostri contatti in pubblico limitati alle nostre performance, ma… Voglio che ne sia felice anche tu… Non voglio che tu ti senta costretto a caricarti di questo peso… Già non godi di una buona reputazione con chiunque non abbia una mente aperta, non vorrei che tutto il backlash che ci sarà per questo ti ferisca…» spiega Boss e la sua voce sembra leggermente disperata. Lauro sa che è sincero, sa che sta dicendo tutto questo solo perché tiene a lui.
«Edo… È proprio questo il punto… Io so che ti preoccupi e sono contento che ti interessi di come potrei gestire la cosa, ma… Non posso tenerlo nascosto per sempre e onestamente mi sento un ipocrita in questo momento… Ogni volta che ci intervistano dico sempre quanto sia importante per l’espressione della propria personalità, fare tutto quello che si vuole, non farsi condizionare dalla mascolinità tossica e non lasciar vincere tutte le cazzate omofobe che circolano nella musica italiana di oggi e poi… E poi non parlo di questo, non parlo di noi… Che cazzo la nostra canzone quest’anno si chiama “Me ne frego” e io cosa sto a fare? Lascio vincere i bigotti e gli omofobi che dico di voler sconfiggere!» mentre si agita sempre di più Lauro inizia a passeggiare da un punto all’altro della stanza, agitando le braccia.
«Lauro… Non è così semplice e tu lo sai… Sì è vero che dovremmo essere tutti aperti e che fai bene a predicare questo concetto, ma tutti quelli come me e te sanno benissimo che non è così semplice nella vita reale. Anche se non vivi in un ambiente ostile puoi comunque sentirti isolato una volta che “esci allo scoperto” … E nel mondo della musica spesso è anche peggio… Nessuno ti biasima e soprattutto io non ti biasimo.» cerca di confortarlo il chitarrista, ma senza ottenere grandi effetti.
Lauro si blocca in mezzo alla stanza e guarda Boss dritto negli occhi «Edo, non nascondiamoci dietro ad un dito. Io non ho detto niente fino ad ora ed ho forzato anche te in questo, non per qualche istinto di conservazione, ma perché ho paura. Ho paura e continuo a ripetere a tutti di non averne. Questa è la definizione da manuale di ipocrisia. Ho pensato che se avessi tenuto questa parte di me e quello che c’è tra noi solo per le performance sarei stato “più giusto”. Questa è la cazzo di verità, sono un cazzo di ipocrita e non voglio più esserlo. Santo Dio, guarda la gente che si è esibita a questo festival! Mika, Tiziano, la Nannini… Tutti artisti, come noi, che sono apertamente gay! La tua domanda è se sono sicuro di voler “uscire allo scoperto”? Ecco la mia risposta: Sì, sì, lo sono, cazzo è davvero l’ora.» Lauro ha gli occhi lucidi ed il labbro gli trama leggermente. Boss lo abbraccia subito più forte che può e gli stampa decine di baci in faccia «Perfetto! Ti amo! Ti amo! Dio, quanto ti amo!» esclama mentre continua a ricoprire Lauro di baci.
La loro giornata scorre tranquillamente, tra i preparativi e le prove per la finale ed insieme perfezionano la loro grande esibizione. Deve essere perfetta, devono fare in modo che nessuno se la possa dimenticare. Nel backstage, nei loro maestosi costumi, prima di essere chiamati sul palco Lauro sorride a Boss più radioso che mai «Siamo proprio fantastici stasera. Saremo fantastici.» commenta il cantante «Fiero di essere al vostro fianco, Vostra Altezza.» scherza Boss prima di avviarsi per entrare sul palco.
È davvero l’esibizione perfetta. Non c’è un singolo momento in cui Lauro si trattenga dallo stare addosso a Edo. È così evidente che non può esserci nessuno che non se ne sia accorto. Il modo in cui gravitano l’uno intorno all’altro, in cui si appoggiano per ogni passo e si stuzzicano per tutta la performance. Ma Lauro vuole chiudere davvero in bellezza, vuole fare qualcosa che gridi “Quest’uomo è mio.” e si appoggia alla sua schiena allungando una mano per stringergli il collo. Boss riesce per miracolo a mantenere la concentrazione sulla performance. Quando si ritrovano faccia a faccia sanno tutti e due che è il momento, ma boss vuole lasciare che sia Lauro a controllare tutto, vuole che sia lui a fare quel passo, quella decisione, perché tra loro è quello che ne ha più bisogno. Lauro stringe la faccia del suo chitarrista e lo bacia nel bel mezzo del palco. È il suo modo di dichiarare non solo al mondo, ma soprattutto a lui, ad Edo, che non ha più dubbi.
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merrowloghain · 4 years ago
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07.08.76 Loghain’s Mansion
(...) stava giusto li, infilandosi l`abito che la Madre ha scelto per lei senza darle minimamente informazioni sull`evento o sugli ospiti di quella sera, apparendo a coloro che entrano con la veste d`un bianco candido, che pare della stessa sfumatura nivea della pelle candida, priva di qualsivoglia imperfezione o neo. Sta dando le spalle all`entrata, rimanendo vicino al sontuoso baldacchino dai colori verde bottiglia, blu scuro, oro e fatto in legno d`ebano nerissimo: i colori della famiglia dei Mastini, ritrovandosi mezza nuda all`arrivo della genitrice e di quel ragazzino che lei inquadra in un primo momento con fare totalmente allarmato. La schiena ancora da coprire con la chiusura dell`abito, le maniche in pizzo ed il tessuto che pare seta a scenderle aderente alle forme esili di quella ragazzina alta come una donna adulta, la cui chioma sciolta è stata momentaneamente tolta dalle spalle e portata sul davanti, forse in procinto di sollevare la cerniera.
Come dovrebbe sentirsi ora che sta per essere effettivamente presentato a Merrow? Non lo sa nemmeno lui, tant`è che balbetta qualcosa di poco comprensibile mentre la donna senza troppi convenevoli apre la porta della stanza della figlia, facendolo passare per primo « Cia` » a mo` di saluto che però gli muore in gola, nell`osservare la cugina mezza svestita « Cosa? » ripete, sorpreso, forse convinto di non aver sentito bene quando la zia prima propone che aiuti Merrow a chiudere il vestito e poi si dilegua. Perciò, rimasto solo con la cugina, il quasi-dodicenne ingoia un groppo di saliva per poi puntare gli occhi scuri sulla ragazzina « Io sono Eoin, il figlio di Fergus, il fratello di zio Angus » una presentazione spicciola, mentre un vago rossore gli tinge le gote pallide « E non ti aiuterò mai a finire di vestirti. » ci tiene a specificare, non sia mai l`altra prenda sul serio il consiglio di Ondine « Però se ci tieni, sposto lo sguardo. » che ragazzino magnanimo, ma al momento non lo fa.
Gli occhi dallo sguardo tagliente, si puntano senza il minimo timore sul viso dai tratti così familiari, del Cugino «E` un piacere.» genuina ma non entusiasta, mentre si muove in sua direzione, portando la chioma nera e mossa come un mare in tempesta, oltre le spalle adesso semi scoperte da quell`oblò che il pizzo crea sulle sue braccia. Passi misurati, in una camminata a schiena ritta in posa marziale, mentre i fianchi ondeggiano leggermente in maniera ferale, prima che un`ondata di Pepe nero e Cannella, invada le narici dell`ignaro Eoin, proprio mentre mani dal candore perfetto, cercherebbero le sue giovani spalle per stringerle brevemente, avvicinandosi con il viso al suo: è un secondo, in cui il collo esile e lungo si piega, con lei che pare mirare verso la sua guancia sinistra, muovendosi all`ultimo in direzione delle sue labbra, avvicinando le proprie in un contatto che cercherebbe morbidamente, a stampo e decisamente privo d`alcun tipo d`apparente malizia.
« Ti ho vista quest`anno a Hogwarts » (...) « Sì, un piacere » ripete dopo un po`, annuendo appena « Anche per me » (...) resta lì ad osservarla, mentre come una fiera in gabbia si muove per la sua stanza. E` questione di attimi e si ritrova il viso della cugina a pochi centimetri dal suo, mentre le stampa quel bacio sulle labbra. Da queste parti ci si saluta così ma di certo non se lo aspettava. La sua calma disarmante rimane, ma viene un po` infranta dagli occhi spalancati e da un piccolo passetto indietro che fa, finendo per sbattere di schiena sulla porta. Ed è forse quel tonfo ad infastidirlo di più, tanto da voltarsi prima verso la porta e poi tornare su Merrow. « Diamine » esala in un sussurro, le guance nuovamente tinte di rosso. « Saluti tutti baciandoli così? Che ragazza sfrontata. Zia Ondine lo sa? » che amore di ragazzino, che punta al sarcasmo per dissimulare il suo fastidio.
A quel "ti ho vista quest`anno ad Hogwarts" il passo che ha verso di lui, rallenta per un istante appena, riprendendo poi con la medesima carica di prima mentre il Cugino ciancia di una sorella di cui al momento, non deve preoccuparsi, forse perchè non le è piombata in camera mentre si stava vestendo. Non replica a niente, almeno finchè non raggiunge le sue labbra con quel morbidissimo contatto breve, che finisce per farlo indietreggiare con quel tonfo sull`ebano pesante, scatenando un sorriso asimmetrico tutto canini bianchi, sul viso spigoloso della Loghain. Gli occhi brillano d`una luce poco sana, mentre osservano quel rossore sulle guance altrui che pare darle un non così sotterraneo senso di soddisfazione «Perchè, tu credi d`esser capitato qui nel momento giusto, solo per tua fortuna?» della serie che se non fosse stato per Ondine, tutto ciò non sarebbe mai accaduto. (...)  torna quindi verso il letto, soffermandosi sulla piccola panchetta foderata di velluto blu notte e dalle zampe leonine dorate a sorreggerla, mentre la Grifondoro prende posto in una maniera così composta ed aggraziata, da poter risultare quasi aliena «Non ti ho visto a scuola.» accusa? Gli occhi si assottigliano appena «Cosa sai di me?» semplice, diretta e schietta, nel domandare di quell`anno osceno che ha passato, in una richiesta d`informazioni che non perde tempo alcuno. Accavalla le lunghe gambe chilometriche, accuratamente nascoste sotto la seta ed il pizzo di quell`abito, mostrando soltanto metà d`un piede affusolato cinto da un sandaletto argenteo e raffinato. Mani che si portano leggermente all`indietro, a sostenere il busto inclinato. Saranno anche entrambi in gabbia, ma c`è da capire chi sia stato chiuso li dentro con chi.
Una volta che Merrow si allontanata, portandosi dietro quel suo profumo così forte, finalmente il ragazzino può tornare a respirare normalmente e soprattutto a perdere quel vago rossore in favore del suo naturale colorito fin troppo pallido. Muove qualche passetto verso sinistra, non per avvicinarsi a lei, ma quasi per prendere le misure di quella stanza osservando svogliatamente le suppellettili. « Nah » risponde a quella provocazione, per quanto sia piccolo sa bene anche lui come funzioni « E` tutto un piano, lo so anch`io » quando parla non la guarda, anzi ha perfino fermato il suo incedere, mentre si rigira tra le mani uno qualsiasi dei soprammobili che ha trovato in giro, prima di rimetterlo a posto. « Ma a me non importa. Sorriderò, dirò a zia Ondine quanto tu sia adorabile così sarà contenta e poi tornerò a casa mia. » continua ma il tono di voce ha preso una tonalità vagamente più forte, meno monocorde di prima « Infondo è tutto su di te, non su di me. » e questo, almeno per il momento, sembra leggermente rallegrarlo. (...) «Troppo impegnata, suppongo. » continua, sentendo l`altra affermare che non si sia accorta di lui a scuola. Il tono torna ad essere quello di prima, monocorde ma sporcato da una vaga vena sarcastica. A quella sua domanda diretta, smette di aggirarla e sposta la sua attenzione dai soprammobili a lei, seduta in posa plastica sulla panca. La osserva nella sua interezza, prima di tornare sul suo viso. « Quello che mi ha detto mio Padre, quello che sta sull`araldica e quello che ho visto a scuola » se la domanda di Merrow era piuttosto diretta, la risposta di Eoin è alquanto fumosa, per non dire criptica « quindi poco. Ma sei mia cugina, la figlia del fratello di mio padre, Merrow. E tanto basta. » termina, mentre gli occhi scuri si illuminano appena di un luccichio d`orgoglio familiare che cozza un po` col tono di voce sempre particolarmente spento. La mancina viene quindi passata tra i capelli, andando a ravvivare quei riccioli scuri da troppo tempo costretti in ordine.
Non nasconde il suo interesse nei confronti altrui, allungando il leggero sorriso di circostanza che aveva preso possesso delle labbra voluttuose, in favore d`uno stiracchiarsi più sghembo, ma anche più sincero, soddisfatta nemmeno si stesse leccando i baffi da bravo felino, al suo accenno di mentire alla propria Madre. Il piede si muove appena in un dondolio leggero, sospinto appena da quella gamba accavallata «Tutto su di me.» replica, come a chiedere d`approfondire, o forse no, continuando a rimirarlo mentre lui posa una piuma color borgogna dall`aria particolarmente pregiata e costosa, dal proprio scrittoio. Incassa quell`insinuazione sui suoi impegni, replicando con voce calda e bassa «O forse eri tu a non voler venire da me.» perchè quell`opzione non le è sfuggita, dato che senza dubbio lei sia più visibile dell`altro, al Castello: squadra di Quidditch, club Pozionanti, diverse punizioni ed un Gramo costante che l`accompagna. Insomma, non passa di certo inosservata, sebbene suo malgrado. Non le sfugge nemmeno quell`accenno a cosa abbia visto lui a scuola, recependo con sguardo vivo, la nebulosità delle sue parole «Tanto basta, appunto.» e dal modo in cui quelle parole le si srotolano via dalla lingua, la conclusione le piace alquanto «Facciamo un patto:» eccolo, il vero animo mercanteggiante dei Loghain «io ti aiuto in qualunque cosa possa servirti a scuola, come una complice di cui non dovrai mai temere la fedeltà...» ovviamente, visto che sono Loghain, e non soltanto parenti «e tu continui a ripetere a tutta la nostra famiglia, quanto io sia adorabile anche tra le mura di Hogwarts.» una mano tesa, metaforica ovviamente, nonostante le biglie luminose che sono i suoi occhi, cominciano a scivolare con lo sguardo sulla figura intera del Cugino, quasi lo vedesse davvero per la prima volta, come se improvvisamente, qualcuno nella sua vita, avesse davvero un valore intrinseco, a prescindere dal rapporto con lei.
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Al contrario di Merrow che sembra abbastanza interessata nei suoi confronti, lui invece non sembra pervaso dalla stessa curiosità. Forse è perché al contrario dell`altra, lui ha passato un anno a studiarla da bravo stalker. Per Eoin lei non è una novità, di come lui potrebbe essere per Merrow. Per questo giocherella coi soprammobili, piuttosto che guardarla. « Mmmh » mugugna, rigirandosi tra le mani quella costosa penna color borgogna, prima di riposarla sullo scrittoio. « Perché non era... mh » una piccola e breve pausa, mentre soppesa le parole per rispondere al fatto che lui non abbia fatto un passo per avvicinarsi a lei durante il suo primo anno ad Hogwarts «appropriato. » conclude, guardandola. Non era tra le cose che Fergus gli aveva detto di fare, probabilmente. Perciò resta molto criptico nell`esprimere ciò che ha visto o non visto di lei a scuola. A quella proposta di fare un patto, assottiglia un po` gli occhi scuri, corrugando la fronte. « Mh, sentiamo » acconsente, infondo qua lei non è l`unica con l`animo da mercante Loghain, per quanto lui lo tenga nascosto sotto una coltre di scazzo e indifferenza. Lascia la sua postazione presso lo scrittoio, muovendo qualche passo in sua direzione. « Non mi sembra un patto così equo » eccolo, infondo è un Serpeverde e deve sempre guadagnarci qualcosa « Per la tua reputazione andrò dicendo quanto sei adorabile, ma » e si ferma, inclinando la testa da un lato « Io ci guadagno un alleato per qualsiasi cosa? Quello dovrebbe essere scontato. Infondo everyone who isn`t us is an enemy, giusto? » domanda retorico, per poi esalare un leggero sospiro. « Ma non importa, avrai il tuo patto. Ma non aspettarti che mi spertichi in chissà quali lodi per te. » ecco, sì che va bene tutto ma non ci allarghiamo. La fedeltà alla sua famiglia comporta che sia naturalmente portato ad accettare quel patto ma allo stesso tempo, non sembra convintissimo su cosa ci guardagni lui. Eppure ha comunque accettato, sangue chiama sangue, c`è poco da fare.
«Appropriato.» e sorride, perchè quel termine, per un Loghain, ha un sapore quasi del tutto sconosciuto. Comincia a mordicchiarsi leggermente il labbro inferiore, abbassando appena le palpebre in un languore non meglio specificato, mentre è palese tutta la miriade di considerazioni silenziose che le si stanno accavallando nella mente. Espone il suo patto, dopo quell`acconsentire verbale di lui che precede il suo avvicinarsi «Se non ti sembra equo è solo perchè non sai il valore dell`avermi come alleata.» piuttosto che nemica, piuttosto che indifferente. Annuisce in un moto di fierezza, sollevando appena il mento non appena quella frase sulla famiglia viene pronunciata, concordando pienamente alla sua retorica «Essere alleati però, non è come essere "solo" parenti.» come se due Loghain potessero essere "solo" parenti, poi «Ci sono molte cose che non sai: del castello, degli studenti che lo abitano, dei professori. Un mucchio d`informazioni a cui potrai accedere senza riserve..» solleva la mancina, sorreggendo il busto solo con la destra mentre porta la mano adornata al mignolo da una fedina in oro bianco, sopra il petto, indicandosi con delicatezza, in uno sfiorare di polpastrelli sul vestito «... da me.» niente popò di meno che. Lentamente quindi si sporge in avanti, disaccavallando le gambe chilometriche ed innalzandosi nuovamente nel suo quasi metro e settanta, per avvicinarsi a lui con quella particolare camminata che la contraddistingue, lasciando la sua scia di pepe nero e cannella, mentre la destra va a spostare la riga laterale e scomposta della folta chioma, dalla parte opposta «Siamo sangue, pelle, ossa, fatti della stessa sostanza.» gli arriverebbe di fronte in un piegare di collo simile a quello che ha avuto lui in precedenza «Siamo le viscere tra cui gli Arùspici determinano il futuro. E tu sei *Mio*» calca con forza quel possessivo, in un accendersi d`animo che è fiamma pura, malsana e soffocante «tanto quanto io sono *Tua*» reciprocità concessa per diritto di nascita, per qualcosa contro cui nemmeno lei può combattere. E` il loro motto, il loro vanto, e la loro maledizione, in una famiglia che si prende tutto, mescolando anime in un unico calderone incandescente «Non voglio lodi. Tieni solo la bocca chiusa.» calda ed intima, risulta la voce «E non finirai rinchiuso nel bagno di Mirtilla Malcontenta a testa in giù, dopo il banchetto d`inizio anno.» e nonostante sia una minaccia seria, presente, forte, il tono è quanto di più vellutato esista, richiamando quella musicalità che appartiene alla Madre e che lei sporca con il torbido animo ereditato dal Padre «Credo che io e te, andremo molto d`accordo, Eoin.» gli sorride, proprio come potrebbe fare una leonessa ad un leone, prima di cercare d`insinuare la sua destra al braccio sinistro del Cugino, in un tocco serpeggiante ed intimo «Ed ora da bravo, scortami di sotto, e fammi sentire quanto sono adorabile.» leggero ridacchiare, cupo ma genuino, in una complicità che sente viva, sotto quel sibilo diffidente che è il loro atteggiamento reciproco.
Ha accettato quel patto senza quasi battere ciglio, il richiamo del sangue è stato più forte della diffidenza verso qualcuno che conosce a malapena, eppure non sembra poi così convinto della convenienza di questo patto. « Su questo non posso darti torto. » infondo sul fatto che Merrow ne sappia di più non può certo controbattere, lei a settembre inizierà il suo quarto anno e per forza di cose ne sa di più di uno che ha solo appena finito il primo. Eppure c`è sempre un "ma" lasciato muto, come se per lui mancasse qualcosa. Però è facile incantarlo, soprattutto se ti chiami Ondine o se sei sua figlia. Per questo la osserva muoversi, irrigidendosi appena quando si fa più vicina, memore dell`ultima volta. Per questo la osserva con quei suoi grandi occhi scuri spalancati, mentre gli rivolge parole che ha già sentito, che sente da tutta la vita. Parole pregne di significato. Si ritrova ad annuire, specchiandosi negli occhi chiari dell`altra. « Sì. » annuisce, imbambolato quasi come solo un ragazzino di dodici anni potrebbe esserlo al cospetto di una ragazza più grande « Per sempre. » che lui sia suo e lei sia sua, e questo non cambierà mai. Così è e sarà sempre, in una pesante eredità a cui non possono sottrarsi. « Non l`avrei fatto comunque. » sperticarsi in lodi, ovviamente. Stiracchiando appena un sorrisetto sulle labbra carnose, mentre glissa elegantemente sulla minaccia di ritrovarsi la testa nel cesso. Perciò la cugina cerca di aggrapparsi al suo braccio e lui la lascia fare senza resistenze, perdendo parte di quella rigidità acquisita in precedenza, quando l`altra si è avvicinata. E poi è stato educato per essere un perfetto cavaliere, perciò raddrizza la schiena per ritrovare la postura adeguata per condurre una giovane dama a cena. « Bene, miss, mostriamo a tutti quanto tu possa essere adorabile. » perciò farebbe per andare verso la pesante porta d`ebano, non prima di aver aggiunto « E che meraviglioso cavaliere sia il sottoscritto. » soprattutto poco modesto, oltre che di poche parole. Però comunque la condurrebbe effettivamente al piano di sotto, per la gioia di Ondine che li ritroverà sottobraccio e adorabilmente in sintonia. Un`adorabile finzione.
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sirenadimaggio · 5 years ago
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Star Wars
Erano le tre del pomeriggio e Maia non si era ancora alzata. Il suono del campanello la raggiunse come un’allucinazione. Si affacciò alla finestra: il citofono era rotto. Alessandro era davanti il portone, evidentemente teso, un plico di fogli in mano.
“Primo piano!” urlò lei. Presa alla sprovvista, non le venne in mente neanche di chiedergli cosa ci facesse lì.
A trovarselo lì davanti, incorniciato dalla porta, le si mozzò il fiato. Alto, scuro, il tipo che meno provava ad essere bello e più ci riusciva; indossava la maglietta di Star Wars che gli aveva regalato all'ultimo compleanno. Tolse gli occhiali da sole e le sorrise; senza aspettare un invitò si fece strada nella stanza e si mise a sedere al tavolo addossato alla parete di fronte al suo letto sfatto.
“Caffè?” un sorriso sempre più brillante in volto. Il contrasto con il loro ultimo incontro faceva sembrare tutto surreale.
“S-sì” come un automa, il cervello completamente vuoto, la donna iniziò ad affaccendarsi.
“Vedo che ti sei impigrita da quando hai lasciato casa” commentò con un sogghigno rivolto al lavandino stracolmo di piatti.
“Sì… cioè no. È il lavoro, mi lascia poco tempo per la casa” si difese lei, armeggiando con la caffettiera.
“Ah, giusto, lavori ora… e come va?”
“Mah, sai, alti e bassi. È una bella novità” rispose lei, evitando il suo sguardo.
“Ma hai abbastanza tempo per te? Sembri sciupata.” Posò una mano sulla sua che aveva incautamente appoggiato sul tavolo. Lo guardò negli occhi e fu subito presa da una fitta: sembrava sinceramente preoccupato.
“Sì, è solo tutto molto diverso ora.”
“Maia, torna a casa. Lascia che mi occupi io di te.”
Lei non rispose, ritirò la mano per controllare la caffettiera sul fuoco.
“Senti, io non so cosa tu abbia detto alla tua famiglia, ma mi è arrivata questa raccomandata dell’avvocato De Santis” una risatina di scherno sottolineò il rispetto che portava al titolo. “Lo so che non l’hai richiesto tu il divorzio. Lo so che non è quello che vuoi tu. È tua madre che cerca di controllarti! Si è sempre impicciata, ci è sempre andata contro!” Fece una pausa, abbassò il tono della voce, che si fece più calma, più calda “Ma noi siamo sempre stati più forti di lei, vero? Tu sai cosa siamo, Maia.” Le riprese la mano, mollemente abbandonata lungo il fianco.
“Mi si brucia il caffè.” Si svincolò da quella mano, grande, calda, dal palmo leggermente ruvido.
“Maia, ascoltami.” si alzò e le andò di fianco, alto com'era dominava su di lei, ma con gentilezza, il capo piegato verso di lei, a pochi centimetri dal suo viso. Il suo odore le fece venire voglia di gettarsi tra le sue braccia. “Torna a casa, per favore.” Chinò ancora un po’ la testa su di lei, le sfiorò i capelli con la fronte.
“Non voglio.” Si scostò appena, la caffettiera bollente in mano.
“Cristo, Maia!” sbottò. Ricascò pesante sulla sedia. “Ma quanto ancora vuoi portare avanti questa storia? Cosa vuoi dimostrare? Che puoi farcela da sola? Che non hai bisogno di me? Va bene, ti crediamo tutti. Sul serio, sono veramente sorpreso da questa caparbietà, ma ora basta, hai fatto la tua esperienza. Puoi dire che questo è meglio della vita che facevi con me?”
In tutta sincerità Maia non avrebbe saputo dirlo.
“Perché ti stai facendo vivo ora? Sono passati tre mesi.” Sapeva già la risposta.
“Perché volevo lasciarti spazio, no?” replicò sgarbato.
“No è che sei rimasto solo di nuovo.” Fissava Leia impugnare il blaster sul petto di lui. Immaginò di affondarvi le unghie, incapace di controllarsi.
“Ovvero?”
“Ovvero che sei stato piantato da Marta o come accidenti si chiamava. O da quella dopo di lei, non escluderei che tu non abbia avuto il tempo di trovartene altre due o tre.” Si scolò il caffè riversando la testa indietro.
“Quante volte lo dobbiamo fare questo discorso? Tu lo sai che io di queste cose non ne posso fare a meno. Ne abbiamo parlato per quindici anni, ma tu sei mia moglie. Noi siamo una famiglia. Si fanno sacrifici.”
“E li devo fare solo io?” aveva urlato.
“Eccola, la solita vittima. Non sai veramente guardare mai oltre te stessa. A me non piace essere così, ci provo ad essere diverso, per amore tuo. Cosa credi che non soffra a negare la mia natura?”
“Dio mio. Senti, cosa vuoi esattamente?”
“Te l’ho detto, voglio che torni a casa, perché ti amo, perché sei la persona che ho scelto per condividere la mia vita.”
“Insieme ad una manciata di altre donne di passaggio. Si fermassero a chiacchierare ogni tanto almeno potremmo fare amicizia. Che so… andare al cinema, fare shopping, scambiarci le rice…”
“Cazzo!” con un tintinnio di tazzine, la mano di Alessandro si abbattè sul tavolo. “Sei proprio una stronza.” Si alzò in piedi e prese un bel respiro.
“Maia, ti puoi prendere per il culo quanto ti pare. Qui nessuno è impressionato dalle tue stronzate. Non hai un soldo, non sai fare un cazzo e non stai ringiovanendo. Tu hai bisogno di me e quando avrai finito di giocare alla donna indipendente, ti aspetto a casa. Perché è questo che significa prendersi un impegno. Grazie per il caffè.”
Infilò la porta e la lasciò sola, troppo scossa anche per piangere.
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annonesblog · 5 years ago
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15 ottobre 2017
Quindi… eccomi qui. Nuova domenica, nuovo blog. Avrei voluto scrivere un po’ più spesso ma ho come l’impressione che durante la settimana il tempo scorra troppo velocemente. L’unico momento in cui riesco a pensare a cosa sta succedendo nella mia vita è la domenica pomeriggio, che a quanto pare diventerà il mio appuntamento fisso… quando non sarò troppo impegnato a ripigliarmi dal coma. Metto le mani avanti, visto che da come si prospetta il prossimo fine settimana non mi sento proprio di escludere che il mio coinquilino Asmatico collassi e io insieme  a lui mentre cerco di farlo rinvenire. A dire il vero sono già abbastanza sorpreso del fatto che abbia mezzo accettato l’invito. Comunque non mi aspetto niente ma sono già deluso, sono quasi sicuro che finirà per darmi la sola.
Ma forse è meglio se parto dal principio. Mercoledì scorso ho partecipato alla riunione della Rete degli Studenti della città. Semplice curiosità, ho notato un avviso sulla bacheca della facoltà e mi sono lasciato trascinare. Non dalla massa, no: i miei compagni di corso hanno bellamente ignorato l’avviso, nonostante l’incontro si tenesse nello stesso posto dove abbiamo lezione tutti i giorni. (A parte un ragazzo di Costituzionale che mi sembra di aver intravisto qualche fila più avanti, ma non ne sono sicurissimo. E in ogni caso considerando che la sua compagnia preferita è stanziata in Piazza Verdi, ho il diritto di dubitare che fosse lì per la riunione.) Dicevo, non mi sono tanto fatto guidare dalla massa, quanto dall’intuito. A volte mi capita di avere questi momenti di illuminazione in cui so qual è la direzione giusta da prendere, e raramente mi sbaglio. Quasi un sesto senso, direi, che si è stranamente amplificato da quando tutti i giorni vado all’area macchinette di Zamboni 36. È un posto che dà molto su cui riflettere. 
Sta di fatto che mercoledì scorso mi sono presentato alla riunione della Rete, e anche se non ho potuto garantire sulla mia partecipazione costante mi piacerebbe davvero poter aiutare da dietro le quinte. Così avevo attaccato la pezza ad una ragazza dell’organizzazione e pensavo che la cosa sarebbe finita lì, quando mi si è avvicinato un ragazzo - una faccia totalmente nuova ma non davvero, non saprei come spiegarlo, che mi ha chiesto informazioni sulla mia nuova dieta. In breve è saltato fuori che lui probabilmente ne sa più di me di vegetarianesimo. Non che ci voglia molto, ma in ogni caso… così tra una cosa e l’altra io e questo ragazzo, che ora chiamerò l’Adone (non fraintendetemi, ma è davvero Bello), ci siamo ritrovati a prendere una birra insieme all’Irish Pub. Non so esattamente cosa ci abbia portati a legare così in fretta, ma mi ha fatto piacere conoscere qualcuno che non sia un collega di università o un coinquilino - niente contro i miei, ma è la logica alla base che cambia. E a proposito, proprio quella sera, mentre tornavo a casa dopo aver bevuto una Guinness e guardato l’Adone mangiare un’insalata di pollo (devo ammettere che un po’ mi manca anche quella), stavo passando sotto il portico di fianco ad Economia quando un volantino infilato nel portapacchi di una bici ha attirato la mia attenzione. Sarebbe stato difficile non notarlo, in effetti: un paio di chihuahua che dovevano aver visto giorni migliori, uno sfondo dai temi psichedelici e un sacco di bandierine arcobaleno. In sovraimpressione, la scritta: TRASH FOR FREE. CASSERO 21/10. 
Credo di essere rimasto a fissarlo per due minuti buoni prima di riuscire a sgrovigliare la matassa. Il Cassero è un locale di Bologna - ne ho sentito parlare alcuni colleghi, a bassa voce perché credo sia sulla lista degli argomenti tabù pena l’espulsione dentro le aule di Giurisprudenza. Ma non è solo un locale: la sede lgbt della città, il Comitato Provinciale Arcigay Bologna, e tutte cose belle. Quando poi ho capito che quel TRASH FOR FREE non è lo slogan dell’associazione ma un evento preciso, e avendo infine concluso che il 21 ottobre cade di sabato, ho afferrato il volantino sperando di non aver privato il proprietario della bici di un’occasione di goliardia, e sono tornato a casa senza più pensarci più di tanto. Al massimo l’avrei appeso sopra la scrivania: le pareti della mia stanza hanno bisogno di un po’ di colore. Poi è successa una cosa strana: venerdì stavo pranzando insieme all’Asmatico, quando in tv (se così si può definire il televisore degli anni ‘70 datoci in dotazione dal proprietario) è passata Born This Way. # 10 in classifica nella hit parade del 2011. Non sono mai stato un patito del pop, ma devo ammetterlo: Lady Gaga è una gran personaggio.
“Sei anni, eh”, ho detto tanto per dire. “Fa un botto strano se pensi che è già passato mezzo decennio.”
Ma l’Asmatico non mi stava ascoltando; teneva gli occhi fissi sulla tv con un rigatone che stava per cadergli dalla forchetta. Lo volevo quasi avvertire, ma mi sembrava molto preso da Gaga che cantava qualcosa sull’amarsi così come si è, ed è stato in quel momento che mi è tornato in mente il volantino. Ci ho messo un po’ per ritrovarlo (giusto cinque o sei ore), ma alla fine mi sono fatto di nuovo guidare dall’istinto. Questo Cassero non mi sembra malaccio; magari danno anche Lady Gaga. Ed è gratis. Poi a giudicare dal livello di nevrosi negli ultimi giorni, mi sembra che l’Asmatico non aspetti altro che un invito su carta bollata a svagarsi un po’. Per quanto riguarda il Gamer, tra poco sarò io a costringerlo a svagarsi, viste lo stress che causano a me le sue sessioni di Skyrim. Ma questa è un’altra storia. Comunque, la stessa sera ho scritto sul gruppo della casa per sapere chi ci sarebbe stato per questo evento. L’Asmatico ha detto un mezzo sì, il Gamer… francamente sto ancora cercando di decifrare la sua risposta. Immagino che non lo saprò fino a sabato prossimo. 
Ultimo atto di questa strana settimana: ieri pomeriggio mi ha scritto l’Adone per passarmi le ricette di alcuni dei suoi piatti vegetariani preferiti. Io l’ho ringraziato, ma mi pareva brutto non sdebitarmi in altro modo, così l’ho invitato a casa da noi mercoledì prossimo per una cena a tema. Lui sembrava contentissimo, così tanto che mi è sembrato giusto fargli notare che è lui che fa un favore a noi, che a malapena sappiamo scaldarci una spinacina. (Il Gamer l’altro giorno ha bruciato il fondo del pentolino perché si era dimenticato di versarci dentro il latte.)
E quindi da una semplice riunione alla Rete degli Studenti ho ottenuto una nuova conoscenza, una serata (gratis) in discoteca e pure una cena vegetariana, e chissà che per una volta non riesca a consumare un pasto come Dio comanda. Allora il tuo intuito non è del tutto andato, Miché. Allora forse la pausa nell’area macchinette in Zamboni 36 funziona sul serio.
È ancora tutto da vedere.
Al prossimo aggiornamento,
Michele.
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gloriabourne · 6 years ago
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The one where they are puzzle pieces
Fabrizio sbuffò appena sentì il suono del campanello.
Si sentiva indolenzito praticamente ovunque - le iniezioni fatte due giorni prima, a causa degli strappi muscolari che Dio solo sa come se li era procurati, non avevano avuto molti risultati - e l'unica cosa che avrebbe voluto fare in quel venerdì pomeriggio era restare sul divano.
Si alzò svogliatamente, trascinandosi fino alla porta di ingresso e aprì la porta, convinto di trovare davanti a sé uno dei ragazzi della band o Niccolò, che ormai sempre più spesso passava da casa sua.
Ma oltre la porta non c'erano i suoi amici, né tanto meno Niccolò.
C'era Ermal.
Fabrizio lo guardò sorpreso.
Si erano parlati al telefono meno di ventiquattro ore prima ed Ermal gli aveva detto che si sarebbero visti sabato per la puntata di Amici a cui entrambi avrebbero partecipato.
Avevano anche discusso a proposito della decisione di Ermal di dormire in albergo, per evitare troppi pettegolezzi nel caso in cui qualcuno li avesse visti arrivare agli studi o andarsene via insieme. Fabrizio non aveva preso bene la decisione, visto che le occasioni di vedersi erano già poche, ma non aveva reso troppo palese la sua delusione.
Quindi cosa ci faceva Ermal davanti a casa sua con un giorno di anticipo?
"Mi fai entrare?" chiese Ermal sorridendo, felice di essere riuscito per una volta a fare una sorpresa al suo fidanzato.
Fabrizio si spostò di lato, per permettere a Ermal di entrare in casa, e chiuse la porta dietro di sé dicendo: "Credevo arrivassi domani."
"Lo credevo anch'io, ma poi ho saputo che non sei in forma. Ho pensato che sarebbe stato carino controllare come stai" rispose Ermal.
In effetti, le cose erano andate davvero così.
Ermal avrebbe dovuto prendere un aereo per Roma solo il giorno seguente, avrebbe lasciato la valigia in albergo e sarebbe andato direttamente agli studi per le prove. Avrebbe cenato insieme a Fabrizio, poi avrebbero trascorso un po' di tempo insieme dopo la trasmissione, e infine Ermal sarebbe tornato in albergo per non destare troppi sospetti.
Ma poi, qualche giorno prima, aveva scoperto da Instagram che Fabrizio era rimasto vittima di uno - forse più di uno, in realtà non aveva capito bene - strappo muscolare.
Quando si erano sentiti al telefono, Ermal lo aveva preso in giro dicendogli che era colpa della vecchiaia, ma nel frattempo aveva già cambiato i suoi programmi decidendo di partire con un giorno di anticipo per prendersi cura di lui.
"Hai pensato che mi servisse un badante?" disse Fabrizio, ancora leggermente offeso dal fatto che pochi giorni prima Ermal lo avesse definito vecchio.
"Effettivamente ne avresti bisogno" lo prese in giro Ermal. Poi si avvicinò a lui, gli circondò il collo con le braccia e disse: "Però no, non sono qui per fare il badante. Volevo solo assicurarmi che stessi bene."
Fabrizio sorrise e gli cinse i fianchi. "Sono felice che tu sia qui."
Poi si avvicinò a lui e gli stampò un bacio sulle labbra.
"Anch'io. Come ti senti?" chiese Ermal.
Fabrizio fece una smorfia. "Indolenzito. Le iniezioni non sono servite a molto."
"Se mi dici dove ti fa male, posso farti un massaggio" propose Ermal, accarezzandogli il collo lungo l'attaccatura dei capelli.
La smorfia di Fabrizio si trasformò in un sorrisetto malizioso. "Mi fa male ovunque, amore."
  In fondo, Ermal sapeva che sarebbe finita così. Anzi, in realtà lo aveva anche sperato.
Non vedeva Fabrizio da settimane, quindi non era poi nemmeno così strano che il massaggio che aveva proposto di fargli poco prima fosse terminato con entrambi nudi nel letto di Fabrizio.
"Stai meglio?" chiese Ermal mentre Fabrizio iniziava a torturare il suo collo con baci e piccoli morsi, lasciando qualche segno.
"Sì, anche se ci sono ancora parti di me che andrebbero massaggiate."
Ermal scoppiò a ridere, mentre gli pizzicava il fianco. "Sei un cretino."
Fabrizio rise a sua volta, nascondendo il viso nell'incavo del collo di Ermal.
Aveva sempre creduto che non fosse normale scoppiare a ridere durante il sesso, eppure in quel momento non esisteva nulla di più normale.
Con Ermal aveva trovato una complicità tale che ridere in un momento simile non faceva spegnere la passione tra loro, anzi se possibile aumentava la loro voglia di stare insieme, di sentirsi uniti.
Continuò a baciargli il collo, scendendo poi sulla spalla, sul petto.
Si soffermò qualche secondo in più su un capezzolo, sentendo il respiro di Ermal accelerare.
"Credevo di dover essere io a prendermi cura di te, non il contrario" mormorò Ermal, mentre Fabrizio scendeva sempre più in basso riempiendo il suo corpo di baci.
"Ti sei preso cura di me fino a un attimo fa. Ora è il mio turno."
Continuò il suo percorso fino all'inguine poi, dopo aver gettato un'occhiata al compagno e aver visto il suo sguardo che lo implorava di andare oltre, prese tra le labbra la sua erezione.
Ermal affondò la testa nel cuscino, mentre sentiva la bocca di Fabrizio su di sé, consapevole che se avesse lasciato che Fabrizio continuasse per troppo tempo sarebbe venuto all'istante.
Non si vedevano da settimane, visto che entrambi erano stati sommersi dagli impegni.
Ermal quasi non aveva avuto il tempo di mangiare, figuriamoci di masturbarsi in modo decente. Quindi avere la bocca di Fabrizio sulla sua erezione pulsante, lo stava mettendo decisamente in difficoltà.
"Bizio, fermati" mormorò tra i gemiti.
Fabrizio sollevò lo sguardo verso di lui, interrompendo ciò che stava facendo giusto il tempo di dire: "Sei già al limite?"
"Sì, cazzo, Fabri!" disse Ermal, riacquistando la lucidità necessaria per avere la forza di spingere via Fabrizio.
Il più grande soffocò una risata e si sdraiò accanto ad Ermal, mentre l'altro si inginocchiava tra le sue gambe.
Ermal si chinò su di lui stampandogli un bacio umido sulle labbra, mentre faceva scorrere lascivamente una mano lungo il corpo di Fabrizio, fino a sfiorargli l'erezione ma senza dargli il sollievo che lui avrebbe voluto.
"E meno male che eri venuto qui per prenderti cura di me" lo provocò Fabrizio, cercando di afferrare il polso di Ermal e riportare la mano sulla sua erezione.
Ermal spostò la mano verso la sua apertura, iniziando a massaggiarla lentamente. "Lo sto facendo, Bizio."
Fabrizio gemette mentre le dita di Ermal continuavano a prepararlo lentamente.
Quando sentì Fabrizio iniziare ad andare incontro alle sue dita, cercando un contatto più profondo, Ermal si allontanò da lui provocandogli una smorfia di disappunto.
"Stai buono" disse Ermal divertito, mentre allineava la sua erezione all'apertura del compagno e iniziava a spingersi lentamente dentro di lui.
Fabrizio si morse il labbro inferiore, cercando di trattenere un gemito.
Dopo poche spinte, però, per Fabrizio fu quasi impossibile trattenersi. Iniziò a gemere sotto lo sguardo compiaciuto di Ermal, che si muoveva sempre più velocemente dentro di lui.
Pochi attimi dopo, Fabrizio portò una mano tra loro e iniziò a toccare la sua erezione, ormai diventata quasi dolorosa.
Ermal lo osservò rapito.
Non lo aveva mai ammesso - non con qualcuno che non fosse sé stesso, almeno - ma vedere Fabrizio toccarsi era una di quelle cose che avrebbe voluto vedere per il resto della vita.
Si spinse dentro di lui più rapidamente e con sempre più forza, fino a quando sentì Fabrizio stringersi attorno a lui e lo vide venire nella sua stessa mano.
Un attimo dopo, anche Ermal raggiunse l'orgasmo riversandosi dentro di lui.
Rimase qualche secondo immobile, ancora dentro di lui, a godersi la familiare sensazione di calore e di pace che provava ogni volta che facevano l'amore, poi rotolò al suo fianco e chiuse gli occhi per un attimo, ormai completamente esausto.
"Non hai futuro come badante" disse Fabrizio dopo un po'.
Ermal si voltò verso di lui fingendosi offeso. "Cosa? Stai dicendo che non mi sono preso cura di te?"
"Non così bene. Mi sa che mi sono stirato un pettorale."
"E sarebbe colpa mia?"
"Ti ci sei appoggiato mentre mi scopavi!" esclamò Fabrizio, incolpandolo per l'ennesimo strappo muscolare.
"Non è colpa mia se i tuoi muscoli ormai sono in fase di decadimento" rispose Ermal.
"Ora fammi capire che racconto se mi chiedono che ho. Mica posso dire che mi sono fatto male mentre facevo l'amore con il mio fidanzato!"
"Ma che ne so, Bizio. Racconta che ti sei fatto male mentre facevi le flessioni!" rispose Ermal allacciando un braccio alla vita di Fabrizio e trascinandolo più vicino a sé. "Ora dormi però, che è tardi."
Fabrizio non disse altro. Si limitò a sospirare e a rilassarsi contro il corpo di Ermal, ritrovando finalmente una posizione comoda in cui dormire nonostante il suo corpo fosse ancora indolenzito.
  La mattina seguente, quando Fabrizio si svegliò, Ermal se n'era già andato da un pezzo.
Gli aveva lasciato un post-it sul frigorifero - come uno dei peggiori cliché visti al cinema - in cui spiegava che aveva preferito tornare in albergo per non dare adito a pettegolezzi inutili.
Fabrizio non poteva negare di sentirsi dispiaciuto, ma capiva la scelta di Ermal. In fondo, ad entrambi non erano mai piaciuti i gossip - anche se veri - su di loro, quindi era ovvio che cercassero di evitarli. E se per farlo Ermal doveva tornare al suo albergo in piena notte, Fabrizio lo avrebbe accettato.
E poi quella sera stessa si sarebbero rivisti, quindi non avrebbero dovuto passare molto tempo separati.
In fondo, entrambi erano abituati a distanze ben peggiori.
Si erano abituati a stare separati per settimane, a colmare i vuoti con messaggi e telefonate, ad abituarsi a dormire da soli e a non specchiarsi nello sguardo dell'altro appena svegli.
Non andava bene, non era quello che avrebbero voluto, ma avevano imparato a farselo bastare.
Fabrizio sperava che sarebbe arrivato un momento in cui, magari troppo stanchi per continuare a nascondersi, avrebbero finalmente deciso di vivere la loro storia alla luce del sole, ma allo stesso tempo temeva che quel momento non sarebbe mai arrivato.
Ermal aveva troppa paura di perdere ciò che aveva costruito negli ultimi anni e Fabrizio non sapeva come affrontare il discorso con la sua famiglia.
Entrambi si trovavano in una posizione scomoda in cui, per quanto fossero esausti di dover tenere segreto ciò che c'era tra loro, sapevano anche di non poter fare altrimenti.
  Fabrizio arrivò agli studi televisivi pochi minuti prima di Ermal. Era ancora fuori dall'edificio a finire la sua sigaretta quando vide il fidanzato scendere dall'auto.
"Ciao" lo salutò sorridendo.
Ermal ricambiò il sorriso, poi indicò la sigaretta che Fabrizio teneva in mano e disse: "Me ne offri una?"
Fabrizio annuì e gli porse il pacchetto e l'accendino.
Lo osservò mentre sfilava una sigaretta dal pacchetto, se la portava alle labbra e poi la accendeva riparando la fiamma dell'accendino, più per abitudine che perché ci fosse davvero vento.
Ermal aspirò e poi sbuffò una nuvola di fumo in faccia a Fabrizio, con un sorrisetto dispettoso stampato in faccia.
Se lo avesse fatto qualcun altro, probabilmente Fabrizio si sarebbe incazzato. Ma vedere Ermal fumare era una delle cose più erotiche che avesse mai visto, al punto che non gli interessava nemmeno se per dispetto lui gli sputava il fumo in faccia.
"Dopo le prove stiamo un po' insieme?" chiese Fabrizio qualche attimo dopo.
"Non so se avremo tempo" disse Ermal con una smorfia. E in più sarebbero stati circondati da altre persone, non potevano permettersi errori, ma questo Ermal non lo disse.
Fabrizio però capì comunque cosa si nascondeva davvero dietro quella frase.
"Bizio, io vorrei davvero passare del tempo con te, ma..." iniziò Ermal cercando di giustificarsi.
Fabrizio scosse la testa, come se stesse provando a non sentire ciò che Ermal stava dicendo, poi disse: "Lo so, Ermal. Lo so."
Ermal abbassò lo sguardo. Faceva male anche a lui quella situazione, ma non poteva farci niente.
Spense la sigaretta, sfregando il mozzicone contro il bordo del cestino della spazzatura, e poi lo gettò.
Fabrizio lo osservò in silenzio e, quando fu di nuovo di fronte a lui, mormorò un semplice: "Va beh, allora ci si vede più tardi magari."
Senza lasciare ad Ermal il tempo di rispondere, entrò nell'edificio.
Almeno provare con i ragazzi lo avrebbe distratto per qualche ora.
  "Ehi."
Ermal sollevò lo sguardo vedendo Fabrizio entrare nel suo camerino.
"Ciao" rispose sorridendo. Poi si piazzò davanti allo specchio e si aggiustò la giacca che Fabio aveva scelto per lui.
"Bella giacca" disse Fabrizio avvicinandosi.
Ermal sorrise e lo fissò attraverso lo specchio. "Grazie."
"Mi hanno detto che dobbiamo girare una specie di video. Non so, non ho capito bene" disse Fabrizio.
Ermal annuì. "Sì, è un dietro le quinte della puntata. Non so bene cosa dovremo dire, ma non abbiamo mai avuto problemi a improvvisare."
"Su questo ho dei dubbi" disse Fabrizio sorridendo.
Ermal sbuffò e si voltò verso di lui. "Ok, forse quando all'Eurovision ho detto che eri stato eletto il più sexy e che io già lo sapevo perché scelgo bene, mi sono fatto un po' prendere la mano. Però c'è un lato positivo."
"Ah, sì? Quale?" chiese Fabrizio divertito.
"Non può andare peggio di quella volta."
"Sono convinto che se ti impegni puoi riuscire a fare di peggio" scherzò Fabrizio.
E alla fine quella battuta si rivelò profetica.
  Ermal non aveva proprio idea di come quella frase fosse uscita dalla sua bocca.
O meglio, un'idea ce l'aveva ma non riusciva a capire come avesse fatto a non controllarsi davanti alle telecamere.
Il fatto era che quella battuta lui la faceva spesso.
Ogni volta che Fabrizio cercava di fare quello sguardo tenero per ottenere qualcosa o farsi perdonare qualcosa, Ermal rispondeva con frasi come quella.
Non era sempre quella frase specifica, a volte c'erano delle varianti come: "Non guardarmi così, tanto questa sera vai in bianco comunque" oppure "È inutile che mi fissi in quel modo, tanto da me non otterrai nulla."
Con il senno di poi, se Ermal avesse usato quell'ultima frase sicuramente sarebbe stato meglio.
E invece, non avendo un filtro tra cervello e bocca, appena Fabrizio lo aveva guardato in quel modo lui aveva detto: "Non mi guardare così, non ti limono mica sai!"
E ovviamente lo aveva detto davanti alle telecamere.
Si passò una mano sulla faccia, quasi come se sperasse che servisse a portare via la figuraccia che era certo di aver appena fatto, e quasi non si accorse che Fabrizio lo aveva seguito fino a quando lo sentì parlare.
"Che è sta storia che non mi limoni? Già non passiamo insieme il mio compleanno, almeno una pomiciata credo di meritarla."
Ermal sorrise per quel goffo tentativo di risollevargli il morale, poi disse: "Mi sa che ho fatto un casino."
"Non è certo che lo manderanno in onda, e se anche lo facessero la gente penserà che stai facendo una battuta e basta. Non è la prima volta che diciamo cazzate del genere" lo rassicurò Fabrizio.
"Prima o poi la gente capirà che non sono solo battute."
Fabrizio si strinse nelle spalle. "Prima o poi, ma per ora no."
Rimasero in silenzio per qualche minuto, Ermal accasciato sul divanetto del suo camerino e Fabrizio seduto sul bracciolo e con la mano affondata nei suoi ricci.
"Quindi niente pomiciata?" disse Fabrizio dopo un po'.
Ermal gli tirò una leggera gomitata nello stomaco.
"Che c'è? Tra pochi giorni è il mio compleanno, me lo merito!" replicò Fabrizio.
"In realtà, per il tuo compleanno ho preparato qualcos'altro" disse Ermal, mentre si alzava dal divanetto e andava a frugare nelle tasche del giubbotto che aveva indossato quel pomeriggio per andare gli studi televisivi.
Fabrizio lo osservò curioso senza dire nulla.
Solo quando lo vide tornare da lui con un pacchetto tra le mani, lo guardò con gli occhi lucidi e disse: "Mi hai fatto un regalo?"
Ermal sorrise e gli porse il pacchetto. "Sei il mio fidanzato, mi sembra il minimo. Dai, aprilo!"
Fabrizio aprì il pacchetto lentamente, senza avere la minima idea di cosa aspettarsi.
Lui ed Ermal non si erano mai fatti regali.
A Natale si erano concessi un paio di giorni nella casa al lago di un amico di Fabrizio. Quello era stato il regalo che si erano fatti.
E l'anno precedente si conoscevano da poco e non avevano ritenuto necessario regalarsi qualcosa per il compleanno.
Quindi di fatto quello era il primo vero regalo che uno dei due faceva all'altro.
Quando Fabrizio finì di scartare il pacchetto, si ritrovò tra le mani una collana con un ciondolo a forma di pezzo di puzzle. Se lo rigirò tra le mani cercando di capire che significato avesse.
Gli piaceva, solo non capiva cosa avesse spinto Ermal a fargli quel regalo.
Quasi gli avesse letto nel pensiero, Ermal prese tra le dita la catenina in argento che aveva al collo e che si era infilata all'interno della maglietta. La sfilò, permettendo a Fabrizio di vedere il ciondolo: un pezzo di puzzle che si incastrava perfettamente con il suo.
"Io ho l'altro pezzo" disse Ermal, come se fargli vedere il ciondolo non fosse una spiegazione sufficiente.
Fabrizio annuì e poi abbassò lo sguardo sul ciondolo.
Non sapeva cosa dire, Ermal l'aveva lasciato senza parole.
In fondo la spiegazione di quel regalo era semplice.
Loro due erano sempre stati due pezzi di un piccolo puzzle, destinati ad incastrarsi solo tra loro e con nessun altro.
"È bellissimo, Ermal. Davvero" mormorò Fabrizio con un filo di voce.
Poi si allacciò la collana al collo e la nascose sotto la maglia, esattamente come aveva fatto Ermal, facendo in modo che fosse lontana da occhi indiscreti e che allo stesso tempo stesse vicino al cuore.
"Non ho mai sentito di appartenere così tanto a qualcuno. Sei l'unico pezzo di puzzle con cui riesco a incastrarmi. Con cui voglio incastrarmi" disse Ermal.
Fabrizio non rispose. Si limitò a gettare le braccia al collo di Ermal e stringerlo a sé, come faceva sempre quando non sapeva cosa dire.
Ermal ricambiò l'abbraccio e sorrise nascondendo il viso nell'incavo del collo di Fabrizio, respirando il suo profumo e sentendo il suo cuore battere così forte da sentire vibrare il petto contro il suo.
"Ti amo" sussurrò Fabrizio.
"Anch'io, Bizio."
Rimasero abbracciati in mezzo al camerino fino a quando, qualche minuto dopo, Marco li interruppe dicendo che era quasi il loro turno di esibirsi.
"So che hai prenotato l'albergo, però..." iniziò a dire Fabrizio un attimo dopo, mentre percorrevano il lungo corridoio appena fuori dai camerini.
Sentiva il bisogno di stare insieme ad Ermal, di dirgli quanto stesse bene quando era insieme a lui, di baciarlo, abbracciarlo, amarlo. E sapere di non avere il tempo di fare tutte quelle cose lo stava uccidendo.
"Sì, vengo da te questa sera. Non me ne frega niente dell'albergo. Domani mattina vado a prendere le mie cose e poi me ne torno a Milano, ma questa notte rimango con te" rispose Ermal, capendo perfettamente cosa volesse dirgli Fabrizio e sentendo la sua stessa necessità di stare insieme.
Fabrizio allungò la mano verso di lui, intrecciando le dita con le sue per un breve attimo, notando per la prima volta quanto le loro mani fossero simili a quei pezzi di puzzle che aveva comprato Ermal: si incastravano alla perfezione, come se fossero state create apposta per intrecciarsi.
"Ricordi cos'è successo l'ultima volta che siamo stati qui insieme?" chiese Fabrizio a un certo punto.
Ermal annuì sorridendo. "Siamo finiti a baciarci dietro le quinte come due ragazzini. E Maria stava per beccarci."
"È tutta colpa tua. Per quei pochi minuti in cui sono stato lì, non mi hai tolto gli occhi di dosso. Appena ho avuto l'occasione, ho dovuto baciarti per forza" si giustificò Fabrizio.
Ermal sorrise e sciolse la presa sulla mano del fidanzato, prima che qualcuno potesse notare qualcosa. Poi si voltò verso Fabrizio e disse: "Allora questa sera cercherò di non guardarti."
"Sappiamo entrambi che non ce la farai" disse Fabrizio divertito, mentre si avvicinava a un membro dello staff per farsi dare gli auricolari da usare durante l'esibizione.
Ermal lo osservò per qualche attimo con il sorriso stampato sulle labbra.
Fabrizio era troppo bello per non guardarlo e loro si vedevano così di rado che non poteva perdere quell'occasione per posare gli occhi su di lui.
Se solo un anno prima gli avessero detto che si sarebbe ritrovato in quella situazione - innamorato di un suo amico e senza riuscire a togliergli occhi di dosso - Ermal non ci avrebbe mai creduto.
E invece ora era lì, a guardarlo e a sperare che quella serata finisse in fretta solo per poter andare a casa insieme.
  "Stanco?"
Ermal aprì gli occhi per un attimo e si voltò verso Fabrizio.
Lo stava fissando, mentre se ne stava sdraiato su un fianco con il lenzuolo che lo copriva fino alla vita.
Dopo la fine della trasmissione erano andati via in fretta, ognuno con la propria macchina, e appena entrati in casa di Fabrizio avevano iniziato a togliersi i vestiti. Avevano fatto l'amore lentamente, prendendosi il tempo di esplorare il corpo dell'altro come se fosse la prima volta.
E poi erano crollati entrambi esausti sul materasso.
"Un po'. Tu?" chiese a sua volta Ermal, mettendosi anche lui su un fianco e chiudendo di nuovo gli occhi.
Avrebbe voluto restare a guardare Fabrizio per tutta la notte, ma la stanchezza non gli permetteva di tenere le palpebre alzate.
"Anch'io. Dovremmo dormire" rispose Fabrizio. Poi attirò Ermal a sé, facendogli posare la testa sul suo petto e intrecciando le gambe con le sue, in un modo che chiunque altro avrebbe trovato scomodo ma che per loro era perfetto.
Ermal sorrise mentre, ancora con gli occhi chiusi, si accoccolava contro Fabrizio circondandogli i fianchi con un braccio.
Fabrizio lo accolse tra le sue braccia con facilità, come aveva sempre fatto da quando si conoscevano. Da sempre, le braccia dell'altro erano state per loro il posto perfetto in cui rifugiarsi, con naturalezza, senza bisogno che uno dei due si adattasse al corpo dell'altro perché semplicemente erano compatibili.
Si erano subito trovati, piaciuti. Si erano ritagliati un posto nella vita dell'altro senza fatica, come se fosse semplicemente naturale.
Come se davvero fossero pezzi di puzzle destinati a incastrarsi.
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beavakarian · 5 years ago
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MORE THAN A TRICKSTER - ATTO XVI [ITA]
Autore: maximeshepard (BeatrixVakarian)
Genere: Mature
Pairing: Loki/Thor
Sommario: questo è il mio personale Ragnarok. Si parte e si finirà alla stessa maniera, alcune scene saranno uguali, altre modificate, altre inedite. Parto subito col precisare che qui troverete un Loki che non ha nulla a che fare con il “rogue/mage” in cui è stato trasformato in Ragnarok, e un Thor che si rifà a ciò che abbiamo visto fino a TDW.
Loki e Thor sono stati da sempre su due vie diverse, ma quando il Ragnarok incomberà inesorabile su Asgard, le cose cambieranno. Molte cose cambieranno.
Capitoli precedenti: Atto I - Atto II - Atto III - Atto IV - Atto V - Atto VI - Atto VII - Atto VIII - Atto IX - Atto X - Atto XI - Atto XII - Atto XIII - Atto XIV - Atto XV
@lasimo74allmyworld @miharu87 @meblokison @piccolaromana @mylittlesunshineblog
GROSSA PREMESSA: sono viva. Scusatemi.
Allora, è successo un po’ di tutto... Tra salute ed Endgame, la mia ispirazione, o meglio, la mia concentrazione sia mentale, che fisica, è andata a farsi benedire. Ho avuto quello che si chiama il “blocco”. Sono caduta nel “buco”, per citare Black Mirror - Bandersnatch. 
Se la terapia che faccio per i miei problemi fisici mi porta molte difficoltà nel concentrarmi, Endgame mi ha dato proprio la botta finale. Ho passato giorni, sia prima, che dopo il film, con il pc sulle ginocchia a fissare il foglio bianco. Alla fine mi sono presa una pausa, perché era inutile continuare. 
Però... La scorsa settimana sono andata a conoscere Simo. E lì... Mi sono sfogata, un po’ di tutto. Mi sono svuotata le tasche... E l’ispirazione è come rifiorita, tanto da farmi finire questo benedetto capitolo incominciato due mesi fa. Mi serviva come l’aria. 
Grazie, Simo. E grazie a tutte voi per il supporto che mi date, non solo per questa fic, ma anche con il mio blog personale e il side degli Odinson. ^^
Prometto che stringerò i denti. Non manca molto alla fine, ma ho bisogno di calma per dare il giusto peso a determinati eventi in conclusione.
Ed ora, buona lettura! 
*COFF*unpo’diThorki*COFF*maleggeroleggero*COFF*comecepiaceanoi*COFF*vipromettocheprimaopoi*COFF*INSOMMACESIAMOCAPITE*COFF.
Sti malanni di stagione...
- ATTO XVI -
Gli era bastato sfiorare le ferite per rimarginarle con estrema semplicità. E aveva anche proposto a Thor di ridargli le sue precedenti sembianze – quei meravigliosi ciuffi lunghi e biondi – ma suo fratello aveva gentilmente stretto la sua mano e l’aveva portata al suo cuore.
“No” aveva semplicemente esalato, quasi in un sussurro, guardandolo con quel suo unico occhio rimasto quasi velato dalle lacrime. Loki stinse le labbra e abbassò lo sguardo, non riuscendo a sostenere quel vortice azzurro di emozioni.
Per quanto avesse cercato di ironizzare, a suo modo, quella situazione, entrambi si sentivano come reduci da una grande e sanguinosa battaglia. Entrambi erano distrutti, sia nel corpo che nello spirito – Thor si sentiva a pezzi, Loki avvertiva un mal di testa martellante, il quale non gli concedeva tregua da più di un’ora, ormai.
“Fammi vedere quello” indicò, in un secondo momento, l’orbita oculare devastata da quella terribile cicatrice. Thor si sporse leggermente – le gambe che penzolavano giù dalla scrivania sulla quale si era seduto per farsi medicare – ritraendosi di scatto non appena Loki poggiò le dita.
“Ti fa così male?” chiese, sorpreso.
“Un po’…”
“Un po’” Loki sottolineò l’ovvio, con un sopracciglio alzato, guadagnando una flebile risata da parte del fratello. “Non morirò per questo” citò le sue stesse parole, al che Loki portò gli occhi al cielo e gli bloccò il viso a livello del mento, esaminando la ferita.
Quando la luce verde si esaurì, Thor passò un braccio attorno alla sua vita, stringendolo a sé e nascondendo il viso nell’incavo del suo collo. Loki non potè far altro che portare le mani alla base del collo di suo fratello, giocherellando per qualche istante con quelle ciocche corte e avvertendo un sordo dolore in fondo al suo cuore.
“Grazie” bofonchiò Thor nel tessuto ormai stracciato dell’abito di Loki, il quale sorrise, osservandolo dall’alto e si lasciò andare in un lungo sospiro, massaggiando il retro della nuca di Thor delicatamente.
“Andiamo a riposare un po’?”
 Thor si risvegliò con il volto affondato in quei riccioli corvini, scompigliati dagli eventi appena vissuti e dalle quattro, cinque ore di sonno appena passate. Si ricordava chiaramente di essersi addormentato accanto a lui, appoggiando la mano sulla sua, in un caldo e rassicurante contatto.
Non erano ritornati sul discorso, se non per rimandare la questione, amaramente, per questioni di forza maggiore. Avevano semplicemente bisogno di riposarsi, fermarsi per un istante e respirare. Tutto il resto poteva attendere.
In quel breve sonno non aveva sognato, probabilmente però si era mosso diverse volte e si era avvinghiato a suo fratello, inglobandolo in quell’abbraccio sicuro, ricercando nel calore del suo corpo un briciolo di serenità. E da quel gesto, Loki non era fuggito: si era svegliato, sentendo il corpo di Thor riversarsi sul suo – come non accorgersene? Si era voltato leggermente a guardarlo, passandogli il dorso della mano sulla fronte, impercettibilmente e contando i suoi respiri, per capire se fosse sveglio o stesse dormendo.
Si raggomitolò quindi in quell’abbraccio, facendosi letteralmente sommergere. Un lungo sospiro, le dita intrecciate con quelle della mano libera di Thor, che era andata ad appoggiarsi al suo torace – a stringerlo a sé.
 Inspirò profondamente in quei morbidi ciuffi, sentendo Loki muoversi sotto di lui e sfiorare la mano sul suo petto e spingendo un poco il capo indietro, come se stesse cercando più contatto. Poi lo sentì immobile, se non per l’indice della sua mano sinistra che scivolava su e giù sul dorso della sua mano.
“Perché non me l’hai mai detto?”
Quelle parole sussurrate, parvero assordanti alle orecchie di Loki. Aprì gli occhi, lucidi a prescindere, osservando la parete di quella stanza grigia e asettica e poi spostando lo sguardo nello spazio cosmico e nella sua oscurità.
“Perché non mi avresti dato retta” sussurrò in replica alla domanda del fratello. Thor inspirò col naso, scuotendo la testa.
“Dovevi obbligarmi a farlo. A costo di farmi male”.
Loki si voltò piano, rigirandosi nell’abbraccio e puntò quei meravigliosi occhi verdi dritti in quello di Thor – uno sguardo serio e determinato, ma anche disperato.
“E’ proprio per questo che ho taciuto” rispose, appoggiando la fronte al mento del fratello. Si concesse un sospiro lungo e silenzioso, per poi aggiungere “Non volevo che nessun’altro ne fosse coinvolto, tu in particolar modo. Asgard e tutto il resto”.
Sentì la mano di Thor appoggiarsi sul suo capo e sorrise amaramente.
“Non so nemmeno io cosa tentassi di fare per evitare le implicazioni di New York… Mi è sfuggito tutto di mano, come al solito. Volevo solo sparire”. Le sue unghie graffiarono leggermente il suo petto, lasciando flebili segni rossastri. Per quanto affrontare quel discorso fosse difficile, il calore di quell’abbraccio era tale da lenire quell’inquietudine in lui sempre così viva ed inesorabile.
Sentì le labbra di Thor appoggiarsi sulla sua fronte e chiuse gli occhi.
“Non permetterò che ti faccia altro male, Loki” sussurrò, strofinando le labbra leggermente, alla base dell’attaccatura dei capelli. Loki sollevò piano il viso e i loro sguardi si incrociarono: Thor rivide il terrore nei suoi occhi e quell’immagine di suo fratello così vulnerabile, gli spezzò il cuore.
Loki in quel momento aveva abbassato tutte le difese. Non vi erano bugie, non vi erano maschere, non vi erano armature atte a nascondere punti deboli. Lui era lì, in tutta la sua disperazione, con quel viso proteso verso di lui, alla ricerca di un appiglio.
Gli ricordò lo sguardo di quella volta, appeso a Gungnir, sul baratro, mentre Odino teneva salda la caviglia del suo primogenito.
Si trovò a desiderare quelle labbra con tutto sé stesso e quel pensiero lo colpì nel profondo. Si trovò a desiderare di stringere suo fratello così forte, quasi ad inglobarlo dentro di sé e vivere della sua essenza, celarlo all’universo, proteggerlo da qualsiasi cosa, persona, destino.
“Ti ucciderà, Thor…”
La voce di Loki tremò. La mano di Thor salì lungo la sua guancia e il suo pollice si fermò all’angolo della sua bocca, accarezzando le labbra delicatamente, mentre l’azzurro di quell’occhio diventava lucido, ma allo stesso tempo carico di determinazione.
“Non ti fidi delle mie capacità…?” sussurrò Thor in risposta, abbassando lo sguardo su quelle labbra sottili e avvicinandosi lentamente. Loki lo guardò in preda alla confusione e alla disperazione, accorciando però ulteriormente la distanza tra loro due.
“Conosco quel pazzo e so di cosa è capace” replicò, sfiorando la punta del naso contro la guancia del fratello. Il respiro si fece più greve, il battito del suo cuore più incalzante.
“Non deve toccarti. Mai più”.
Le dita di Thor andarono a posarsi salde sulla sua mandibola, alzandogli il mento e portandolo verso di sé e Loki non porse resistenza. Chiuse gli occhi, quasi in apnea.
Nell’esatto istante nel quale le loro labbra si sfiorarono, tre rapidi colpi alla porta chiusa della loro camera li fece trasalire.
Era Brunhilde.
 Loki si guardò allo specchio, passando distrattamente le dita sulla pelle di quell’abito trovato nell’armadio della camera adiacente: non era esattamente di suo gusto, come modello, ma era meglio del vestito stracciato che teneva ormai addosso da troppo tempo. Per lo meno i colori erano accettabili e non avrebbe avuto distrazioni a mantenere un glamour decente con la magia. Essa serviva ad altro, ora come ora.
Si era fatto finalmente una doccia, dopo che Thor l’aveva preceduto per raggiungere gli altri nella sala comando della nave. Si era preso il suo tempo, passando diversi minuti a districare i riccioli neri arruffati, a massaggiarsi la spalla, a lavarsi e rilavarsi più volte, per togliersi di dosso non solo lo sporco di quei giorni, ma anche gli orribili pensieri.
Rimase poi immobile sotto il getto d’acqua tiepida, gli occhi chiusi, la schiena appoggiata alla parete metallica. Una mano risalì lenta verso il suo viso, l’indice sfiorò le labbra e ripensò a ciò che era successo poco prima.
La sua mano tremò, assieme al suo petto: aprì gli occhi, incurante dell’acqua. Il respiro di Thor sulle sue labbra, la sua mano stretta attorno alla sua mandibola, la sua barba a solleticargli il viso.
Erano sensazioni… Si scoprì a desiderare quell’occasione negata, interrotta sul più bello. Si scoprì a desiderarla con tutto sé stesso e ciò, per quanto lo terrorizzasse, non lo sorprese. Affatto.
 Ed ora, davanti a quello specchio, si ritrovava a fissare la sua espressione pensierosa, acconciandosi accuratamente i capelli, cercando di capire il motivo per il quale il suo cuore si sentisse così leggero e così pesante, tutto d’un tratto.
Aveva confessato a Thor tutto quello che era successo. Thor aveva visto attraverso la sua mente ed ora sapeva. Per quanto Loki avesse tentato di risolvere da sé quella situazione, doveva ammettere che confessarlo a suo fratello era stato come togliersi un macigno dal petto.
Sebbene… Sebbene ora Thor fosse diventato un bersaglio quanto lui.
Le ultime parole scambiate tra i due riguardarono la promessa di parlarne a dovere dopo il combattimento contro Hela, dopo che Asgard fosse stata riconquistata, dopo… Sempre che ci fosse stato, un dopo.
Parlare. Quella di Thanos era solamente la questione più urgente, la prima voce di quella lunga lista di cose non dette tra loro due.
Sospirò lungamente, riportando deciso gli occhi sulla sua immagine riflessa: avrebbe dovuto fare una scelta, presto o tardi. E forse infrangere una promessa, aggiunse mentalmente, sorridendo amaramente all’ironia della sorte.
  Quando i suoi occhi si abituarono alla luce intensa, non poté non notare con orrore i piccoli corpicini ai suoi piedi, inermi, in una pozza di sangue. Poco più in là, su quello che appariva come il trono di Asgard, quasi completamente distrutto, fatta eccezione per una parte della seduta, Volstagg giaceva riverso sulla pietra. Lo guardò con la morte negli occhi e nel cuore.
Un fiotto di sangue scivolò dalle sue labbra, quando chiamò le sue bambine e quelle non risposero. I suoi occhi, ormai spenti, si posarono su Thor: vi era rassegnazione, paura e dolore.
E una muta accusa. Non disse nulla, esalando il suo ultimo respiro, ma il suo sguardo si volse in un punto indeterminato alle spalle di Thor, prima che le porte della sala si sgretolassero e Surtur si presentasse con la sua mole e il fuoco di Muspelheim tutto attorno a lui – il magma che, inesorabile, penetrava nelle fondamenta del palazzo. Avvertì quel calore insopportabile bruciargli la pelle. E di nuovo la luce intensa.
 Si svegliò di scatto, avvertendo una mano sul suo petto. La mano di Loki. Thor si mise a sedere – il cuore in gola – mentre suo fratello lo osservava preoccupato e si scusava per averlo fatto trasalire in quella maniera.
Thor scosse la testa, appoggiando la mano sul suo avambraccio.
“Non è colpa tua, stavo sognando” mormorò, per poi passarsi la mano sinistra sul viso e stropicciarsi gli occhi. Fece per tirarsi indietro i capelli, ma quel gesto andò a vuoto, riportando la mente a quella precisa realtà.
Loki strinse le labbra, accomodandosi accanto a lui: la sua mano salì verso il mento di Thor, facendolo voltare verso di lui. Accarezzò la guancia con il pollice, delicatamente.
“Dobbiamo prepararci. Manca solo più un’ora al wormhole e i motori stanno progressivamente accelerando” spiegò Loki, misurando il tono in modo che Thor riprendesse fiato e si calmasse.
Thor scosse lievemente il capo in un gesto d’assenso, abbassando l’occhio, ma la mano di Loki non gli permise di abbassare anche il viso: riprese contatto con il suo sguardo, con un’espressione interrogativa.
“Sono con te” fu la risposta di Loki, trafiggendo il fratello con quegli occhi verdi come smeraldi. L’espressione sul viso di Loki era di determinazione, ma tradiva anche apprensione.
Thor sorrise flebilmente, portando il polso del fratello alle labbra e lasciando un lieve bacio sulla parte interna.
  - Due minuti al contatto - fece eco la voce del pilota automatico.
Thor osservò Loki al suo fianco, il quale annuì brevemente. Il suo occhio si spostò poi in direzione di Brunhilde, atta a sistemare la spada celeste nel fodero appeso alla sua cintura.
“Puoi ancora cambiare idea” commentò, ma la Valchiria fece cenno di tacere. I suoi occhi osservavano l’immensità nero rossastra del portale galattico.
“No” sussurrò, per poi schiarirsi la voce “E’ giusto così. Loki conosce come le sue tasche la zona ove Heimdall ha trovato rifugio. Scenderò io sul Bifrost, con te e Banner”.
Thor portò lo sguardo avanti a sé, sorridendo con orgoglio. Brunhilde avrebbe lottato al suo fianco.
“Una volta entrati nel sistema di Asgard, prenderò il comando manuale della nave e voi vi sgancerete con lo shuttle. Noi saremo esattamente dietro di voi” prese parola Loki, rivolgendosi poi a Rekis.
“Faremo il giro dalla parte opposta al Bifrost, alzando il sistema di occultamento e atterreremo nei pressi della base della montagna. Una volta messi al sicuro gli abitanti, decollerete con la nave e rimarrete in orbita. Io mi unirò a Thor nel più breve tempo possibile” concluse, appoggiando le mani allo schienale della poltrona di comando. Rekis annuì e così fecero gli uomini di Brunhilde.
- Venti secondi. -
Presero i posti a sedere, allacciarono le cinture.
- Dieci secondi. -
Loki si voltò leggermente verso Thor e posò la mano su quella del fratello, seduto accanto a lui. Thor intrecciò le dita con le sue.
- Cinque. -
“Li vendicheremo…” sussurrò Loki.
Thor inspirò bruscamente con il naso, annuendo con convinzione. Strinse la mascella.
- Tre. -
“Non farti ammazzare”.
- Due. -
Thor sogghignò.
“Nemmeno tu”.
- Uno. -
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holmes-nii-chan · 6 years ago
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Zero no Tea Time - Capitolo 12 - Traduzione Testuale ITA!
In questo caso, appare l’agente dell’FBI Camel! E andrà al Poirot... Che reazione avrà Amuro...?
Grazie allo staffer in prova Alecast51 di DCFS per la traduzione!
Traduzioni: Alecast51 Check: Holmes-chan
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TIME. 12 - Ecco Camel
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C: Pronto, Jodie? SFX: *bip*
C: Parla Camel.
C: ...Capisco... C: Sì, nessun problema...
C: Farò qualcos'altro finché non arriverà l'ora del meeting...
C: Ci vediamo. SFX: *bip*
[Mi chiamo Andre Camel...] [Sono un agente dell'FBI...] [...Venuto in Giappone per dare la caccia all'Organizzazione degli Uomini in Nero...]
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C: Un bar... C: Tempismo perfetto...
[L'odore fragrante dei chicchi di caffè schiacciati,] [Una piacevole musica di sottofondo,] [Umidità e temperatura del locale rese confortevoli...]
SFX: *dling*
[Mobili un po' vecchi, ma...] [Comunque ben tenuti.] [È perfetto...]
[A primo acchito, questo piccolo bar...] [È quello giusto.]
A: Benvenuto... A: E’ arrivato in macchina? C: Si, ho parcheggiato vicino...
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C: ...al... C: Eeeeh?!
A: Il suo ordine...?
C: P... C: Perché...?
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A: Il suo ordine, prego...
C: Ah! C: Sto scegliendo! SFX: *flip flip*
[Perché quest'uomo...?]
[Andre Camel...] [Sta provando un gran senso di colpa.]
A: Se non intende ordinare nulla, A: Perché non se ne va...?
A: ...via dal Café Poirot?
C: Ah... C: Ahm... C: U- C: Un caffè americano!!
A: Capisco...
C: C'è... C: Qualche problema? A: Per favore, aspetti un momento...
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C: !
C: Che caffè delizioso! C: Molto ricco, e allo stesso tempo non troppo aspro. A: Grazie...
C: Quando sono arrivato qui sono rimasto sorpreso... C: Del fatto che un cosiddetto caffè normale leggermente tostato... C: In Giappone si è chiamato col nome specifico di "Caffè Americano"...
C: È come se lo chiamassero così per imitare il nostro modo americano di bere caffè...
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A: Sembra che si sia informato per bene... A: FBI...
C: Forse dovrei ordinare anche qualcosa da mangiare... C: Pasta al forno, per piacere... A: Però ci vorrà un po' di tempo per prepararla...
C: Quanto ci vorrà per...?
C: I piatti che possono essere serviti immediatamente sono... A: D’accordo...
A: Se insiste...
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SFX: *gnam*
C: Anche questa pietanza è molto deliziosa! C: Questi semplici ingredienti sono squisitamente in armonia con la salsa...
C: Maionese con un forte aceto e... C: ...un ingrediente segreto? A: Cosa è successo a quella donna con cui sta di solito?
C: Chissà... SFX: *munch munch* A: Sta lavorando su un'altra questione? A: Non sarebbe meglio se si sbrigasse ad andare ad incontrarla?
C: Non sono affari che le riguardano. SFX: *sbam*
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A: Che vita invidiabile... A: Non so se stia facendo un viaggio turistico o cosa, ma... A: Bere un caffè a quest'ora del giorno... A: Voi occidentali siete così spensierati, sono piuttosto invidioso... A: È come se metà delle vostre vite fossero dedicate all'ora del tè. SFX: *tutum tutum tutum*
SFX: *bzz bzz* [Un messaggio da parte Jodie...]
C: Va bene, va bene, ho capito! C: Me ne vado subito!
C: È stato un pasto delizioso. A: Grazie...
[Il miglior posto...] [Il cibo più buono ed il miglior caffè...] [Eppure, il peggior cameriere...]
SFX: *dling*
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C: ?!? SFX: *bla bla bla* *step step*
[Come mai questa folla?] [Non era qui quando sono arrivato!]
[CARTELLO: Blocco delle strade per il Festival dei fuochi d'artificio] C: ! SFX: *frup*
[Festival dei fuochi d'artificio?!] [Un blocco stradale?!] [Devo sbrigarmi!] SFX: *tap tap*
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SFX: *beep beep* *bla bla bla*
C: Mi scusi! C: Permesso... SFX: *bla bla*
C: Fiùùù... C: Per un soffio!
[Se avessi continuato a spendere il mio tempo senza fretta non sarei stato in grado di uscire da quel traffico...]
[Può darsi che...] [...Avesse previsto che sarebbe andata così...?]
C: Beh... C: Poco importa. SFX: *vroooom*
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[Tralasciando tutto il resto...] [Sembra che io debba ringraziare...]
SFX: *boom* [...quell'uomo,]
[Amuro Tooru...] C: Però a pensarci ha detto che metà della mia vita è dedicata all'ora del tè... SFX: *boom boom*
Anche per questo capitolo è tutto. Aspettate con impazienza la traduzione del tredicesimo, che arriverà a breve!
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marjane-satrapi-10 · 6 years ago
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A l'è un ciucatt, un cagna vin
Buongiorno splendide creature,
È passato un po’ di tempo da quando ho scritto per l’ultima volta delle mie cronache carnascialesche, ma se avete letto i miei post precedenti siete sicuramente a conoscenza nel motivo: Il mio adorato PC era in riparazione.
Ho sudato freddo, ho rischiato di perdere metà della mia tesi. Perchè si sa, tutti consigliano di fare un backup dei documenti, ma poi nessuno realmente lo fa. Nel mio caso, nella peggiore dell’ipotesi, la parte che poteva andare persa della mia tesi esisteva in copia cartacea (chi lo sa perchè quella mattina ho deciso di stampare 5 pagine di tesi, e proprio quelle poi)
benvenuti nell'ormai settimanale lotta con la mia concentrazione il venerdì mattina.
Prima di iniziare voglio ringraziare i costruttori del mio Suzuki Jimny, è una macchina minuscola, ma ci si dorme da dio. Quei sedili posteriori sono davvero una manna dal cielo in questo periodo di carnevali e impegni scolastici. 
C’era chi diceva toglietemi tutti, ma non il mio Breil. Io sono di un’altra idea. Toglietemi tutto, ma non la musica trash, i carri e i coriandoli.
Visto che odio sprecare il mio tempo inutilmente vi racconto un mio sabato sera passato a far festa in mezzo a persone vestite in modo assai bizzarro.
(traduzione del titolo “è un ubriacone, un “affamato” di vino).
Ho aspettato quel sabato dall’anno scorso. Io aspetto questo carnevale come i bimbi aspettano Natale. È il mio carnevale.
Questa festa si svolge in un paesino dimenticato da Dio in una famosa valle del mendrisiotto. Un paesino che però tra gli ultimi di gennaio e i primi di febbraio diventa teatro di un carnevale dei più nostrani e caciari del Ticino.
Amo quel posto perchè mi sento a casa, c’è il divertimento sano e non la cultura del “spacchiamo tutto, intanto abbiamo una maschera in faccia”. È proprio l’opposto dei psuedo giorni del Giudizio che i miei coetanei sono convinti siano il carnevale. (sono disponibile in privato a spiegare nel dettaglio cosa intendo)
Ma torniamo a noi.
Sabato sono tornata nel mia casina del cuore. Con il mio fedele compagno di bevute siamo andati a ricongiungermi con il mio stupendo sci club per l’occasione vestiti a dovere.
Quindi una bellissima eschimese brillatinata (me) e uno sciatore pronto per fare après ski (Alex) siamo partiti per la volta di C.
Il mio dolce amico era la prima volta che si recava in quel luogo, e con mio enorme piacere è rimasto piacevolment sorpreso. È rimasto sorpreso che anche se le bevande scorresse a fiumi non ci fosse nessuno troppo ubriaco da non reggersi in piedi oppure che le bottiglie di vetro venissero buttate per terra o spaccate senza ritegno. (Cosa che succede abbastanza spesso nei carnevali più grandi).  Inoltre tutte le persone che volevano fumare uscivano senza dover essere ripresi dalla Sicurezza. Cosa rarissima in altre occasioni.
È stato proprio un’ottima prova del fatto che esistono ancora giovani (NOI) che sanno fare un buon carnevale. Alla brutta faccia degli anziani, gne gne! 
Un buon carnevale permette alla gente di divertirsi senza troppi pensieri. Da ragazza posso dire che mi sento tranquilla a ballare anche in mezzo a 100 persone stipate in un mini capannone. So che non rischierò di essere lavata da capo a piedi da Campari volanti o di ritrovarmi il costume bruciato dai mozziconi di sigaretta, o ancora peggio di essere bellamente palpata. 
Questa cosa è successa un paio di anni fa e il ragazzo penso si ricordi ancora bene la manina slava stampata in faccia. Pirlone, almeno abbi la decenza di presentarti e offrire da bere a me e ai miei amici prima di appoggiare le tue mani sul mio stupendo culo, mamma me l’ha fatto bello, le opere d’arte vanno preservate, ciccio.
Come ha detto nel discorso d’apertura sua Maestà Re Rabadan (Viva il Re! Lunga vita al Re!) “Ogni carnevale deve essere comandato dalla voglia di trasgredire con eleganza, in pieno rispetto delle cose e delle persone”.
Sono fiera di essere suddita di un re del genere, anche solo per due settimane. 
Ma torniamo alla serata. Voglio assolutamente descrivere gli abbigliamenti dei compagni di sci club. Perchè meritano di finire nel mio blog.
Iniziamo dai migliori:
Cruss vestito da sciatore di sci di fondo con anche gli sci ai piedi è stato il top. Il vestito l’ha studiato bene. Ha accorciato gli sci e gli ha messo le rotelle, così da poter girare libero per il capannone senza nemmeno camminare. Tutina aderente “che si vedeva tutto” cit e marsupio contenente borraccia, portafoglio e skipass (con lo ski pass ha cercato di offrirmi da bere convincendo un barista allibito. Non ci è riuscito). A furia di fare avanti e indietro ha perso 5 kg.
Ul Sandro, autista di camion di giorno e contadino di notte. Quella sera era vestito da pirata con le zoccole di legno. Togliendo il fatto che l’aroma di stalla si sentiva a Chiasso, il furto di un orecchino a cerchio d’oro alla sorella ha fatto il suo dovere. Mai visto un pirata così ben integrato nella valle.
Luchino, un Freddie Mercury biondo che mamma mia. Ha scelto la versione di Wembley ‘86. La giacca in pelle gialla cucita dalla santa donna di sua madre era un tocco di classe. Bella bella. Il fatto che sia biondo non ha rovinato l’interpretazione, i baffoni c’erano e pure la voce stupenda(sarà stato merito dell’alcool?), ma mai stupenda come quella del vero Freddie.
Fede vestito da ragazza hawaiana con la barba (una Conchita Wurst con gonnellino in paglia per farvi capire l’andazzo) che già alle 21 era degnamente sbronzo. Secondo il trio del Gossip anche se sbronzo è riuscito a conquistare un stupenda svizzera francese di nome Aline, venuta a C. solo per il carnevale. Se non aveva delle vodka red bull in entrambi le mani aveva Aline. Diciamo che non è mai stato a mani vuote.
Complimenti pure ad Aline, stupenda ragazza con un ottimo istinto. Dolce ragazza ti auguro il meglio.
Voglio concludere con una menzione di disonore a Fabio e Simone. 
Allora amori della zia, io lo so che il vostro fratellone è uno che in dialetto può essere definito “pobbia” (pobbia= essere noioso, che pur di non uscire con lui fareste il giro del mondo in ginocchio sui ceci) che venga messo nei registri l’anno in cui girò tutto il Rabadan con il muso perchè la morosa l’aveva obbligato a vestirsi da tigre. Ma voi non dovete seguire la sua scia, santi nubi. 
Simone, l’hanno scorso eri un bellissimo Napoleone, cantavi anche Waterloo degli ABBA. Cosa ti ha portato a venire in tuta a carnevale quest’anno? Mi spieghi?
Fabio, pure tuo. Cucciolotto. Eri la mia speranza, la mia gioia, avevi una luce negli occhi che solo i bovari bernesi hanno quando hai in mano una pallina. Che fine hai fatto? Cosa ti ha spento? Chi è quel lurido che ti ha ucciso la luce felice nel cuore? Una volta quando ci vedevi sorridevi pure con la pelle dei gomiti. Io lo so che il tuo fratellone ti ha ammazzato la felicità, ha quel potere. Per favore puoi mandarlo a fare in culo e tornare il nostro cucciolo di sciatore?
Simone e Fabio, potete spodestare il vostro tiranno. Noi tutti l’abbiamo fatto. E lui lo sa. Non a caso non si fa più vedere con la sua camminata da alce fiera in giro. 
Dategli anche voi una piccola spintarella per farlo cadere dal trono, no?
Alla fine voglio solo dire che sono fiera dei miei pupi della Castello citati sopra e anche del nuovo Goss (Alex).
Bell’uomo, benvenuto nel gruppo più folle e caciaro del Ticino. Che ti sia lunga la vita e che ti sia piena di gioia. Per la gioia posso esserne certa, sei un Goss, la gioia non ti mancherà mai.
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girlfromtube · 6 years ago
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PHOTOSET: (1) http://girlfromtube.tumblr.com/post/183261101263 (2) http://girlfromtube.tumblr.com/post/183261122713 Jaqueline: Questo è un centro di recupero, signora Després, chiaro? I giovani qui migliorano, sì. Finché non peggiorano. Non ci pensa al piccolo Kevin Julien, che porterà per sempre i segni di quell'incendio? Diane Després: "Il piccolo Kevin Julien, il piccolo Kevin Julien..." vogliamo farlo santo? Gli facciamo una statua? Oh, Cristo! Sei sfigato Kevin, la prossima volta non mettere la testa nel microonde. Jaqueline: La cosa peggiore da fare con un ragazzo malato, è ritenere lui o noi invincibili. Amarlo non vuol dire poterlo salvare. L'amore non c'entra niente in questo, purtroppo. Diane Després: Gli scettici dovranno ricredersi. Jaqueline: Allora, buona fortuna. Diane Després: Assurdo che tu abbia dato fuoco alla mensa. Quello è veramente assurdo. Steve O'Connor Després: Ho il fuoco nel culo, dovevo farlo uscire! Diane Després: Approfittane, fai uscire anche la testa così impari a pensare! Diane Després: La macchina ora è un rottame! Steve O'Connor Després: Ci vendiamo i pezzi su internet! Steve O'Connor Després: Oh, dammene una! Io fumo, lo sai! Diane Després: Bravo, è ora di smettere. Smetto anch'io. Al mio compleanno. Diane Després: Non mi piace, ripetere cento volte le stesse cose. Steve O'Connor Després: Non mi posso neanche fare una sega in pace! Diane Després: Dammi i boxer che te li lavo. Steve O'Connor Després: Porca troia! Diane Després: Guarda quanti cazzo di fazzolettini! Se conservi tutto lo sperma che produci, magari mettiamo su un business! Ok? Steve O'Connor Després: Mi tieni anche l'uccello mentre piscio??? Diane Després: Almeno prendi meglio la mira!!! -Purtroppo questo catalogo è di Settembre. Diane Després: Davvero? Perché, i libri di scuola cambiano prezzo con le stagioni?! -Oh, ma certo che cambiano! Diane Després: Non fare il razzista!!! Steve O'Connor Després: Non sono razzista, quello è un negro!!! Steve O'Connor Després: Imparerò a controllarmi e avrò cura di te. Ti proteggo io. Diane Després: La tua priorità dev'essere per la scuola, chiaro?! Avevo la tua età quando ho mollato e guardami, sono una fallita! Niente diploma, niente istruzione, niente! Steve O'Connor Després: Ma che dici, quale fallita! Steve O'Connor Després: Il futuro non è duro! Diane Després: E il passato ha stufato. Steve O'Connor Després: Tu mi piaci. Non mi fai male. Ma quando fa male, fa bene! Steve O'Connor Després: Fare questa roba, mi rompe veramente le palle! Diane Després: Benvenuto nella mia vita, tesoro! Paul: Ciao! Giornata fortunata?! Diane Després: No, per niente, ma esistono anche quelle storte. A volte. Così va la vita. Paul: E comunque, tu sei molto, ma molto, molto bella. Diane Després: Tu sei pazzo! Ma hai visto come sto?! Vestita come non si sa che cosa, accovacciata in mezzo alla strada... Paul: No no, non ci provare. Ecco lo vedi, è questo. E' questo che è sexy. Che tu non te ne rendi conto. Diane Després: Meglio pensare in grande che in piccolo, almeno io credo. Kyla: Sono stupita, sei così bella! Sei bella, dai! Diane Després: Tu sei molto gentile, ma... Bella o non bella, io dico che la vita è come il poker. Se non parti con una bella coppia, perdi! Diane Després: Non possiamo starcene con le mani in mano!!! Che vuoi fare, aspettare la manna dal cielo??? Paul: Questi hamburger piatti piatti, a chi interessano? A parte ai turisti che non hanno mai visto hamburger fatti tipo crepes! Infatti, sono rimasto sorpreso. Quando me l'hai proposto sono rimasto sorpreso. Steve O'Connor Després: Eh certo, a chi possono piacere? Dei begli hamburger così, fatti in casa con una salsa piccante e il formaggio fresco. Invece di quella merda di formaggio arancione che mettono nei panini di quei ciccioni degli Americani! Evidentemente era proprio un turista, mio padre. Diane Després: Ma certo che gli piace il karaoke, ne va matto. Te l'ho detto al telefono, che canta! Steve O'Connor Després: Non canto Cristo, ballo! Diane Després: Puoi fare tutt'e due le cose insieme, non sei scemo. Diane Després: Steve all'inizio è timido, ma quando si apre un po' gli altri se li mangia! Ah si, il mio Steve è così. Ha grande carisma! Paul: Steve ascolta tua madre e parliamo da adulti. Steve O'Connor Després: Tu un adulto, con 27 birre nel sangue? Paul: Tu sei nella merda con la giustizia, noi cerchiamo una soluzione! Steve O'Connor Després: In quello schifo di karaoke??? Apri gli occhi Diane, questo ti vuole solo scopare! Paul: Modera il linguaggio, non parlare in questo modo a chi è più grande di te! Steve O'Connor Després: Più grande il cazzo. Paul: Vaffanculo. Tenetevi i vostri problemi da disadattati. Steve O'Connor Després: Non ci puo' aiutare nessuno, sono tutti uguali, siamo solo io e te mamma! Il resto è gente di merda! Diane Després: Fermo fermo fermo. Io non ho nessun problema, non ti è chiaro? L'unico problema sei tu. Sei tu, Steve. Per colpa tua non ho più un lavoro, non ho più un dollaro, non ho più una vita! Le medicine, la cauzione, il centro di recupero e ora pure la causa! La posso avere per una volta, una cazzo di pausa nella mia vita???!!! Eh no!!! Eh no, c'è Steve signore e signori!!! Steve O'Connor Després: Forse un bel giorno, non mi amerai più. No, è vero, puo' succedere. E' vero. Ma io invece ci sarò sempre per te. Per me, sei la mia priorità. Steve O'Connor Després: Ci amiamo ancora io e te, vero? Diane Després: Ma certo. E' la cosa che ci riesce meglio. Diane Després: Non esiste, che una madre smetta di amare suo figlio. Hai capito? Steve O'Connor Després: Si, come no. Diane Després: La sola cosa che succederà è che io ti amerò sempre di più e tu mi amerai sempre meno. Ma questa è la natura, è così, è così che va. E' l'ordine naturale delle cose, Steve. Vedrai che un giorno lo capirai. Diane Després: Hai ancora un mondo da imparare. Diane Després: Tutti i giorni sui giornali non trovo che, un mondo che muore! Steve O'Connor Després: Quando penso che certe volte ti ho fatto del male... Dopo, quando, quando mi riprendo, quando mi calmo, dopo io sto male perché penso che meriti molto più di un ritardato come me. Perciò l'importante è che pensi a te Diane e che ti ami. Dì a Kyla che le mando un saluto, ok? Ciao. Diane Després: Tu mi scriverai!? Kyla: Certo. Diane Després: Perché se non mi scrivi ti vengo a trovare! Vengo anche se tu non vuoi! Kyla: Io non voglio che pensi che non siano stati importanti questi ultimi mesi passati con te. Diane Després: Ma anche per me! Anche per me sono stati importanti. Molto. Ci siamo divertiti! Ci siamo divertite, cazzo se è vero! Si, è stata importante la tua presenza nella mia vita. Tu sei più da torta o da crostata? Kyla: Io non posso abbandonare la mia famiglia. Diane Després: ... Kyla: Non volevo dire questo. Diane Després: Sai Kyla, ognuno ha il suo modo di vivere. Tu affronti la tua vita e io devo affrontare la mia. Se l'ho messo lì dentro è perché io ho speranza. Lo capisci che ho ancora speranza? Nel mondo ormai non c'è tanta speranza, ma io amo pensare che siamo in molti, siamo in molti a sperare. A sperare. Ed è meglio così perché siamo noi quelli che possono cambiare il mondo. Un mondo di speranza abitato da gente che non spera più, non è una gran cosa, non si va lontano. Ho fatto quello che ho fatto, perché così ci sarà una speranza. Ok? Quindi io vinco. Su tutta la linea, si. Io ne esco vincente, come tutti. Va bene. Torta o crostata? Che preferisci?
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sciatu · 6 years ago
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L’INGORDO MANIACO - TRISTEZZA E TENEREZZA : PANNA ACIDA E CREMA AL CIOCCOLATO.
Marcellino entro nel negozio di materiale elettrico di mio padre dove lavoravo e levandosi gli occhiali da sole mi guardò; alzando il braccio con un dito teso disse perentorio “Alfiuccio t’haiu parrari” Quando faceva così voleva dire che la cosa era seria e che dovevo dargli retta. Uscimmo e andammo nel bar pasticceria accanto al negozio . Sicilianamente incominciò il discorso partendo da lontano “Alfiuccio ma dimmi na cosa, come va con Enza, ti trovi beni? Vi divittiti?” “Marcello ma lo sai che per come siamo messi andiamo bene! Ma se anche andassimo male andiamo bene lo stesso perché non è chi c’è cosa!” “ come nun c’è cosa….. ma si futtiti comi cunigghi!!” “Marcello: futtiri è na cosa, vuliri beni e n’otra. Si futti sulu e nun c’è u vuliri beni, una vali l’otra” “ e tu cu Enza …. – e fece il gesto di uno stantuffo – e basta” “E basta Marcello…” “E si idda – gesto del pistone – cun n’otru o n’otra a tia nun ti ni frega nenti?” “Nenti!” Mi guardò e fece la faccia scettica disse un “MAHHH!” e fece per alzarsi. Lo bloccai trattenendogli un braccio. “Marcellu, parra mi ti sentu, nun ti mentiri a girari chi paroli” Lui si sedette tutto serio. “Da quanto è che non la vedi?” “Quasi dieci giorni” “E non l’hai cercata per chiederle cosa stava facendo?” “Lo so cosa sta facendo, è dietro a una che le piace al suo solito” Marcello restò sorpreso “E comi u sai?” “ mi ha mandato un messaggio dieci giorni fa” “Tu dissi…?” Fece lui ancor più stupito “Marcello ci diciamo tutto, ogni tanto qualcosa dobbiamo dire tra una fottuta e l’altra” “Ma tu u sai cu è chista?” “No Marcello non sono cazzi miei” Sorrise, aveva riacquistato il vantaggio che aveva quando era entrato in negozio: sapeva qualcosa che io ignoravo! “ ieri al centro estetico di Alessandra è venuta Annarita, l’ex di Provvidenza..” “Pilu russu?” “Chi?” “Marcello : Pelo Rosso, così la chiama Providenza…” “Ma se è mora…” “Marcello è rossa dove serve e quando serve, vai avanti” “ sa pitta ? Chi maiaaaala…?” “Ma lassa stari, vai avanti” “Minchia ma non mi dici mai nenti! Comunque, è venuta Annarita e a detto ad Alessandra che Provvidenza si era messa con Ellen R la regista del teatro , una che ha più di quaranta anni…” “ e allora ? “ “ questa dove va va si fa sempre le ragazzine, le usa e le getta, tu la conosci Provvidenza, lei si innamora sempre con chi si mette e poi quando la lasciano ci muore o fa qualche stronzata!! Devi dirle di lasciarla stare, quella la farà piangere, è una stronza nata” “Marcello non è cosa che mi deve interessare: tu conosci Enza, sai bene che quando è in amore non sente nessuno” “Ma va a sbattere il muso Alfio, ne soffrirà più delle altre volte, questa le ha promesso che la porta con se a Londra!” Questa notizia mi turbo, il solo pensiero di non saperla a Messina mi fece venire il bruciore allo stomaco come quando quella bottanasucaminchia della prof di latino mi chiamava per una interrogazione a sorpresa. “Marcello sinceramente, se la vedo gliene parlo, ma non voglio chiamarla e parlare io per primo della cosa. Capiscimi: noi stiamo insieme solo perché nessuno dei due entra nella vita dell’altro” “Ma qui non si tratta di vita qui si tratta che questa volta farà un botto che si farà veramente male” “Cosa vuoi che ti dica….se l’incontro gliene parlo” “Io nun ti capisciu, e quannu fai accussì non ti vogghiu capiri!” “Si alzò seccato e si stava allontanando “Marcello – lo chiamai e lui si voltò – grazie” Fece la faccia scura “A to cuscina ci ha dire grazie, a n’amicu nun c’è bisognu si no chi minchia d’amicu è”   e se ne andò mandandomi a quel paese con la mano e profondamente offeso.
Restai nel bar qualche minuto a pensare a quello che aveva detto Marcello. Poi tornai nel negozio e nel magazzino mi cambiai indossando la tuta e le scarpe per correre “Qualche problema?” Chiese mio padre vedendomi scuro in volto “No, vado a correre in po'” ed uscii “Corri, corri tanto i problemi sono più veloci di te e ti raggiungeranno” Mi disse mentre gli passavo davanti e lo vidi seccato perché a metà pomeriggio me ne andavo dal negozio. Incominciai a correre ed imboccai la circonvallazione; quando arrivai al piazzale del Santuario di Cristo Re, mi sedetti sul muretto che circondava il piazzale da cui si vedeva tutta la città nel suo degradare verso il porto e il mare. La testa mi girava a mille pensando a quello che aveva detto Marcello. Io però non gli avevo detto tutto. Quando Provvidenza mi disse di Ellen andai a casa sua a parlarle, non c’era e l’aspettai. Arrivò dopo qualche ora con una grande macchina scendendo con Ellen e abbracciandola. La vecchia le fece una carezza con tanta tenerezza e se la strinse. Dentro il portone , nella penombra dell’ androne, vidi che si baciavano con quell'intensità e passione che solo Provvidenza ha. Era felice. Quando passeggiava con me non l’avevo mai vista così felice. Inoltre cosa potevo fare? Su di lei o sul suo cuore, non potevo reclamare nessun diritto. Se avessi detto qualche volta che l’amavo, avrei potuto raggiungerle e mandare via quella vecchia. Ma Enza era felice, e la vecchia aveva con lei una tenerezza che io non avevo. Non le avevo mai detto se l’amavo o no dicendomi che quanto provavo non era quello che sentivo per Giovanna, ma anche una carezza a volte è la confessione di un amore che non si riesce a dire o non si sa di avere ed io, quella carezza, nella mia superficialità ed attaccamento ad un ricordo sempre più lontano, non l’avevo mai fatta. Mi sentivo stordito; io e lei eravamo due persone sole, chiuse nella nostra diversità, che non era l’essere l’ingordo io e amare le donne lei, ma nel aver bisogno di un amore che non riuscivamo a trovare per come volevamo. Insieme però non eravamo più soli, trovavamo in parte quello che ci mancava ed ora senza lei ero nuovamente e semplicemente, disperatamente solo. Per la prima volta, per il vuoto che sentivo, l’abbandono che provavo, la solitudine che mi mordeva l’anima, capivo che in fondo io amavo Provvidenza, ma di un amore diverso da quello che provavo per Giovanna e non poteva essere cosi perché lei non era Giovanna: non si misura l‘altezza di una montagna con i chili, ma io così facevo. In Provvidenza cercavo la purezza di Giovanna, ma stavo con lei proprio perchè lei non aveva quella purezza, un po datata e stantia. Sentivo una tristezza enorme perché ad essere più onesto con lei e con me stesso, superando quell’amore in cui mi ero sepolto, avrei potuto esserle più vicino, esserle di maggior aiuto, come lei lo sarebbe stata per me. Le navi entravano ed uscivano dal porto, le macchine correvano sulla strada intorno al Sacrario e lentamente diventava buio, facendo aumentare la tristezza che diventò soffocante, trasformandosi in una repulsione per tutto quasi che il tutto che mi circondava e che rifiutavo fosse panna acida, quella che trovi nei bignè vecchi e che se l’assaggi ti resta in bocca per tutta la giornata con il suo senso di prelibatezza andata a male, di possibilità che muore, di una vita diventata inutile. Una Tristezza più che amara: terribilmente acida.
Capivo anche che per Provvidenza, io ero solo un’eccezione mentre lei cercava il vero amore altrove, con me poteva essere forse temporaneamente felice, ma non secondo la sua natura e interesse. Però, mi dicevo che anche se non avremmo avuto un futuro, se avessi capito di amarla e glielo avessi detto, avremmo avuto un sereno presente che ci avrebbe permesso di non cadere nelle braccia della prima che passava, illudendoci, sognando e sperando. E alla fine, soffrendo. Tornai in negozio ed aiutai mio padre nella contabilità, poi, quando fu l’ora di chiudere prendemmo un po’ di focaccia e andammo a casa a mangiare. Mangiammo in silenzio, da quando mamma è morta io cerco sempre di far parlare mio padre per non farlo intristire, ma quella sera eravamo due vedovi che nelle parole non avrebbero trovato nessuna consolazione. Mi coricai presto con un libro in mano, dopo un po lo misi da parte e mi misi a guardare la foto di quando con Giovanna eravamo con la scuola a visitare il teatro greco di Siracusa. Mi addormentai sul tardi pensando che mi mancavano tutte e due, Giovanna e Provvidenza, di una mi mancava l’amore angelico, dell’altra la passione diabolica ed in assoluto mi mancava tanto l’amore che mi davano quanto quello che a loro donavo.  Ed era il fatto che non avrei più potuto farle felici la parte più disgustosa di quella montagna di panna acida in cui stavo, sempre di più affondando.
Nel sonno senza sogni in cui ero finito, Sentì suonare il cellulare e guardai l’orologio stupendomi che erano le tre di notte “Pronto” “Pronto sei Alfio? “ – chiese una voce femminile con un accento straniero “Si chi parla?” “ buonasera, sono Ellen R. – improvvisamente mi svegliai completamente -  per favore, vada a prendere Provvidenza all'Oasi Rosa a Giardini Naxos. Faccia presto per favore.” “Le è successo qualcosa?” Chiesi preoccupato “No niente di grave, ma faccia presto e…. le dica che mi dispiace!” Chiuse la telefonata. Era successa qualcosa di grave. Sicuro come era sicura la morte! saltai dal letto e mi vestii in fretta. Nell'uscire, mio padre dal letto mi chiese se era successo qualcosa, risposi che il mio amico Pippo era rimasto in autostrada senza benzina e che andavo a prenderlo. Corsi come un dannato in autostrada ed uscii a Giardini con la macchina che quasi fumava. Trovai la discoteca con qualche difficoltà perché era nascosta in una pineta verso Catania. Quando finalmente arrivai al suo ingresso, con la mia solita perspicacia da bradipo capii che era una discoteca per Gay dal fatto che i buttafuori avevano il rimmel. “ Sto cercando una ragazza alta, robusta, mi hanno chiamato per prenderla..” “Ah, finammenti rivasti – disse il buttafuori con una voce baritonale – vai sulla destra, c’è una porticina con un corridoio che da sui Prive, entra nella terza porta e fai presto che se fa ancora incazzare il capo a rivota comi nu guantu”  e mentre mi avviavo lo sentii dire al microfono “Dite al capo che sono venuti a prendere la pazza’ La cosa mi inquietò. Trovai una porticina con una telecamera posta in alto che mi osservava fredda e minacciosa; , dopo qualche secondo che ero li sentii uno scatto e la porta si aprì. Percorsi un corridoio dove le pareti erano coperte di velluto color porpora e pannelli con sottili tubi fluorescenti che disegnavano corpi androgeni e coppie dello stesso sesso in amore. Passai una prima porta coperta da un pesante tendone da cui fuoriuscivano delle risate e il suono di una bottiglia di spumante aperta , nella seconda porta c’erano due della sicurezza con basettoni ed occhiali da sole malgrado la luce fosse fioca. Passai  nella parete opposta alla loro dicendo educatamente “buonasera” al che fecero una faccia ancor più truce. Finalmente arrivai alla terza porta e dopo aver lottato con il pesante tendone riuscii ad entrare. Quando mi abituai alla luce rossa della stanza vidi solo un grande casino, tavolini per terra, divani rovesciati, cuscini rotti sparsi da per tutto, bicchieri e bottiglie di spumante buttate ovunque e versato sul velluto di una poltrona e per terra, quello che sembrava una lunga scia di zucchero al velo. Percepii in un angolo un movimento e guardando tra due divani vidi che c’era qualcuno. Avvicinandomi, vidi dei pantaloni di velluto e una camicia di seta e finalmente la riconobbi “Provvidenza.” Dissi stupito. Lei mi guardò e vedendomi si mise a ridere. “ Uh me zitu,”  disse con una risata ebete “Ciao amore i puttasti i pasti?” E continuò a ridere L’aiutai ad alzarsi sentendo una puzza terribile di whisky e vodka provenire dalla sua camicia. Non riusciva a stare in piedi e mi mise un braccio intorno al collo. Pensai che la cosa giusta fosse andarsene cosi imboccai la porta ed uscii ne corridoio. Mi trovai davanti un tipo grosso con la barba, un vestito gessato con una piccola rosa all’occhiello della giacca costosa e lo sguardo da boia. “Giustu attia ciccava: u sai quanti danni  mi fici l’amicuzza toi? Ammenu ammenu trimila euri i dannu fici! E i buci chi ittoi  quannu visti a ‘nglisa ca carusa! Na pazza era in tri nun cia faciumu ma tinemu! A mumenti vinniru puru i sbirri! E non ti dicu chi non rumpiu!  E ora cu mi paga?” “basta che raccogli la cipria bianca che c’è sul pavimento e ci guadagni puru” Risposi per nulla intimorito “si, si facemu u spiritusu, attia e a to zita ca non vi vogghiu vidiri chiù chi a ‘nglisa pagava bonu e ora piddì u sceccu chi tutti i carubbi.,. Capisti ahh? Si ti vidu girari ca attonnu ti scippu i paddi e ti fazzu manciari!! Vatinni, pottati a sa pazza fora i ca chi avi ringrazziari a ‘nglisa si nta facci non ci fici n’occhiellu laggu quantu a so bucca !!! U capisti ahhh? O taiu fari nu disegnu cu liccasapuni? Fora nativvinni!!” Mi tirai dietro Provvidenza raggiungendo l’ingresso e da li la macchina. Partii di corsa con Provvidenza che seduta sul sedile sembrava un sacco vuoto. Neanche avevo fatto qualche centinaio di metri che sul lato della strada vidi una macchina dei carabinieri con un milite davanti che mi chiese di fermarmi facendo segno con la paletta. “Documenti e libretto…” Fece guardandomi negli occhi per vedere se erano fatti di alcool o droga. Feci il sorriso più rassicurante che avevo e passai i documenti. Mentre li guardava osservò ad Enza “Sta bene signorina?” Lei lo guardo e fece un sorriso a trentadue denti e subito dopo la sua bocca si gonfio e voltandosi verso il finestrino vomitò di tutto e di più. “Pruvvidenza a machina….” Gridai mentre la macchina si riempiva di schizzi di vomito. Lei restò qualche secondo affacciata alla macchina e rincominciò “È meglio se la porta casa mi sembra che abbia bevuto troppo” “È che non è abituata – mentii spudoratamente – sono andato a prenderla ad una festa universitaria – e rivolta a lei – ora vedi, la mamma non ti farà più uscire per un mese…” “Vada vada - fece il milite e rivolgendosi al collega – Caccamo spostiamoci che qui non si può più stare”.
Aveva ragione c’era una puzza terribile che era rimasta anche in macchina. Tornammo a casa con i finestrini abbassati e lei che ripeteva “Sto male, sto male…” a casa le lavai la faccia e spogliandola, la misi a letto. Misi a lavare i vestiti che avevano l’odore di quella panna acida che era stata la mia solitudine, come se con Enza così vicino eppure così lontana, quel senso di vuoto ed abbandono fosse ancora più grande e tangibile. La casa non era meglio del prive della discoteca, al suo solito Provvidenza doveva aver distrutto Ellen. Mandai un messaggio a mio padre dicendo che dormivo a casa di Pippo. Mi rispose lapidariamente che sperava che prima di morire gli dicessi almeno una volta una mezza verità. Era impossibile dire bugie a mio padre, lui faceva sempre la radiografia della mia anima e la leggeva in trasparenza capendo sempre tutto. Lei si lamentava per il mal di testa e regolarmente quasi ogni ora doveva vomitare. Solo nelle mattinate si addormentò. Mi sedetti sulla poltrona che avevo portato vicino al suo letto; non mi andava di sdraiarmi accanto a lei su, quel letto dove c’era ancora il profumo da ‘nglisa.  Caddi in un sonno profondo da cui mi svegliai solo perché sentii qualcuno singhiozzare. Aprendo gli occhi vidi che era lei che piangeva, sdraiata di lato e con gli occhi chiusi. Mi alzai ed andai ad abbracciarla sul letto, dicendole di non pensarci più e di lasciar stare. “Non ho fortuna - disse tra le lacrime – tutte quelle che incontro prima o poi scappano… sono tutta sbagliata” Io l’abbracciai più forte. “Lo sai che l’altro giorno vi ho viste?” “Dove?” Chiese sorpresa “scendevate dalla macchina ed io vi ho visto. Lei era bellissima e tu con lei ancora più bella; bastava guardarvi per capire che vi amavate” “Si è visto il grande amore, appena ho girato gli occhi  lei aveva già la mano tra le cosce di una ragazza” “Si, ma in quel momento, a vedervi eravate felici, sia tu che lei che abbracciandoti, guardandoti, accarezzandoti ti riempiva di tenerezza che è l’evidenza più semplice dell’amore. La tenerezza è bellissima, è come la crema di cioccolato dei cannoli: soffice, delicata, una seta in bocca – sentii lo stomaco di lei gorgogliare – e mi sono detto che io non te l’avevo mai data e che solo quella tenerezza, quella complicità che avevate, quella felicità nascosta che bruciava dentro di voi era qualcosa di bellissimo e valeva l’eternità di in amore” Restai qualche secondo in silenzio rivedendole insieme “io sono stato geloso di Ellen…” “davvero” “si perché ti aveva reso cosi felice con così poco. Io non ti ho mai detto che, per come posso e per come so, ti voglio almeno un pochino di bene. Non è molto rispetto a quello che tu cerchi e meriti, ma ora ho capito che può essere un inizio. E se hai tanti che ti vogliono bene per quello che sei, non puoi essere sbagliata, non puoi essere sfortunata: l’amore è un seme piccolo e prezioso, testardo e determinato, ha dentro il fuoco della vita e sicuramente prima o poi germoglierà e tu troverai quello che cerchi” “anche se non sarà con te?” “perché fai delle domande serie ad un bugiardo?” Le dissi sorridendo e le diedi un bacio sulla fronte stringendola. Lei mi abbraccio appoggiando la sua fronte contro la mia tempia. Resto con gli occhi chiusi per un minuto poi senza aprirli disse sottovoce “Io ho bisogno di te. Sempre” Restammo li ascoltando il tempo passare, e lei mi raccontò tutto il casino che aveva fatto in discoteca, ed io gli raccontai la mia corsa fino al piazzale di Cristo Re, ed il mio sentirmi solo e il capire che ogni donna deve essere amata per quello che è, non per quello che qualcheduna altra era stata.  Ci venne fame, erano quasi le tre, così uscii per prendere qualcosa. Quando rientrai lei si era appena fatta una doccia ed era con l’accappatoio in bagno. “Ti ho preso un regalo” le gridai dalla cucina appoggiando i vassoi della rosticceria sul tavolo “davvero? Cos’è?” e corse raggiungendomi in cucina Le mostrai una scatola rossa a forma di cuore “Ti ricordi? È il dolce che secondo me è più adatto a te” “Ma cos’è?” Chiese aprendola Dentro c’era una sacca da pasticciere circondata da ghiaccio secco per tenerla al freddo “È la crema al cioccolato dei cannoli” dissi prendendola in mano pronto a riempire i cannoli “E le bucce? – chiede guardandosi intorno. – le hai lasciate in macchina” “No – risposi con un tono naturale – di bucce ne basta una sola” E la guardai “Sei tu – e fissandola negli occhi sorridendo aggiunsi – perché non ti spogli?” Lei mi guardò un secondo ed i suoi occhi si illuminarono come quelli di una bambina che sta per fare una monelleria, con la stessa velocità del suo battito di ciglia il suo accappatoio finì per terra. La crema al cioccolato è l’apoteosi della tenerezza e su Provvidenza aveva un sapore ancora più buono e tenero, mi penti di non aver preso due sacche di crema, in fondo la tenerezza, non basta mai.
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mostrogobbo · 7 years ago
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Analisi del capitolo 104 di Attack on Titan
Quante cose possono succedere in un capitolo senza riuscire a dare la benchè minima risposta ai dubbi del mese scorso? Può un'assenza pesare molto più di una presenza? Credevo che in questo capitolo la storia avrebbe preso una china ripida, magari con una serie di decisioni avventate in un paio di situazioni critiche.
Ma a questo punto andiamo di SPOILER e chi li teme, si fermi QUI perchè stavolta ne dirò di tutti i colori *Q*
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Dunque. Credevo che le prime pagine mi avrebbero mostrato l'impasse fra Falco e Jean: da una parte il piccolo mini-warrior che vuol solo fermare questa inutile carneficina, vuole salvare Pieck. Dall'altra Jean che aveva giurato, proprio dopo aver esitato davanti a Pieck, che non si sarebbe fatto più fermare da niente e nessuno. Mi sono detta: se Jean non spara, sparerà Flocke, il piccolo Falco morirà, probabilmente morirà anche Pieck e qui le cose precipiteranno, Gabi sparerà in fronte a Jean, insomma, un finale Shakespeariano.
Invece Isayama, come sempre, ci sorprende. Perchè Jean spara davvero. Certo, come fa fuoco e viene investito dal getto di vapore ad alta pressione che Pieck riesce a sparargli addosso, si domanda se sia stato quello a disturbare la sua mira o se non abbia fallito volontariamente. Jean che uccide un bambino? Mai nella vita. Ma facciamo un passo indietro. L'inizio del numero è per Armin che, è proprio il caso di dirlo, giganteggia nella baia di Marley. Finalmente vediamo il suo Colossal, mastodontico ma lievemente più skinny di quello di Bertholdt. Notiamo infatti come mantenga alcune caratteristiche del Mindless di Armin come l'assenza del naso e la gabbia toracica particolarmente sporgente e pronunciata. 
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Il Colossal di Armin ha un volto molto malinconico e, a mio parere, bellissimo: è un bellissimo gigante, Isayama non ci ha dato un banale scheletrone ciondolante dallo sguardo infelice ma un meraviglioso colossal e ha dato ad Armin come PRIMA battuta per il suo ritorno in scena, un pensiero per Bertholdt. E' triste vederlo in piedi nella baia proprio come è stato solo quattro anni prima, ma dall'altra parte del mare, sperando con la sua promessa mantenuta, di aver portato un po' di sollievo nel cuore tormentato del suo amico che a quel punto è unicamente velato dalla furia. Contempla dall'alto dei suoi (saranno sessanta metri anche in questo caso? Sembra davvero altissimo!) la distruzione della flotta, le navi accartocciate, le persone maciullate e si domanda retoricamente rivolgendosi in prima persona a Bertholdt "E' questo a cui devi aver assistito, Bertholdt?". Non per niente lo chiamano "God of Destruction".
Passiamo la palla agli Scout vs Pieck. La mia warrior preferita è messa MALISSIMO ma nonostante questo è riuscita con un ultimo colpo di genio a distrarre Jean e a permettere a Falco e Gabi (che ha già il fucile in spalla, giusto per capire che soldatina d'acciaio sia la piccola Braun) di trarla in salvo, coperti dal fuoco amico di Magath (premio Best Daddy dell'anno) e dei suoi pochi soldati superstiti.
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Le forze di Marley stanno ancora cercando di riprendersi da questo assalto e Galliard, che nel numero scorso avevamo lasciato nel suo slancio eroico contro Mikasa, nell'atto di vendicare la morte di Bertholdt, se ne sta rendendo conto. Pieck è caduta e lì, alle spalle di Eren, c'è il corpo SENZA VITA del Beast Titan (sicuro Zeke, vincitore del Razzie Awards per il Peggior Attore Protagonista!). Ma Galliard non è sveglio come noi e ci crede, si ricorda dei suoi due amici in questa singola immagine di flashback e io ho immaginato questo deluso giovane Galliard che è rimasto a casa mentre suo fratello è partito per il fronte assieme a quella pappamoscia di Braun. Lui è rimasto a casa a far la calza con la nerd e il Warchief che parla solo per enigmi, per altro senza avere nemmeno un gigante. Insomma, che gli restava se non reggere il thermos e portare i panini? Ma voleva bene ai suoi amici e vederli a terra lo fa andare letteralmente in berserk. Ora a parer mio, senza l'aiuto di due Ackerman, Eren le avrebbe prese e pure solide. Galliard è veloce, motivato, ha zanne e artigli così potenti da poter scalfire la crisalide di Lady Teiber, cosa che Eren nota immediatamente, usando la poverina come scudo. Mentre Lady Teiber realizza che forse il vento del cambiamento stia iniziando a girare da una parte drammaticamente sbagliata, i piccoli Warrior stanno assistendo Pieck che non sembra riuscir a tener testa con i suoi poteri rigenerativi all'entità delle ferite che ha subito. Sembra stia morendo anche se ci auguriamo davvero possa guarire (la mia Pieck!). Gabi vuole evidentemente sapere che fine abbia fatto Reiner e perchè, in nome di tutti i santi, non sia uscito per piantare Jaeger a terra come un cipollotto. Falco però che sa tanto, troppo, pensa solo che Reiner debba essere lasciato in pace in questo momento. Ma Gabi non può accettare questa non-spiegazione e senza rendersene conto sputa in faccia a Falco che i loro due amici, Udo e Zophia, sono morti. Uccisi proprio da Eren Jaeger. E Falco si prende questa secchiata gelida e non reagisce, la incassa, la butta giù come una medicina tanto, troppo amara.
Finalmente però l'operazione di estrazione del gruppo della 104esima ha inizio e vediamo comparire un fantastico dirigibile che sembra un filino troppo moderno per le forze di Paradis. Stai a vedere che... E infatti a guidarlo c'è l'alter ego di John Boyega (che non vedeva l'ora di entrare in questo manga, lui è un grande fan di Attack on Titan, chissà quant'è contento!), Olangobo che per aspetto, incarnato e sonorità del nome ricorda molto l'Ambasciatore Ogweno: la mia teoria è che Paradis si sia appoggiata ad una potenza straniera per un ottimo supporto sul campo. La domanda però sarebbe: chi mai si alleerebbe con i diavoli eldian senza un intermediare davvero efficace? Non ne ho idea, ma credo che quell'intermediario possa essere Kyomi Azumabito che si è defilata prima dell'inizio della carneficina. Con lui c'è Armin, maturo e saggio ma con un modo di riflettere su quel recupero abbastanza fumoso, tanto da dire ad Hanji (versione Capitan Harlock, meravigliosa): "Se non riusciamo ad avere tutti a bordo su questa nave, non avremo comunque un futuro". Cosa significa? Evidentemente c'è ancora qualcosa che non sappiamo o forse Armin si sta concedendo un pensiero molto più elevato e distante (cosa di cui dubito).
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Il povero Galliard che non è riuscito ancora a fare a pezzi Eren, si accorge del dirigibile e decide di tirare giù tutta la baracca, peccando forse ancora una volta di grande ingenuità. Mikasa lo fa a pezzi ed il resto lo fa Eren che lo trasforma da Gigante Ganascia in Gigante Apriscatole, regalandoci forse una delle morti più brutali dell'intera serie: Lady Teiber viene stritolata dentro la sua crisalide dalle solide mascelle del Jaw, spinte con forza dalle mani di Galliard. Galliard che non aveva fatto altro che lagnarsi dei Teiber di sicuro non avrebbe mai voluto essere costretto a compiere un'esecuzione del genere visto che, soprattutto, quel che resta di Lady Teiber viene inghiottito da Eren che così ci mostrerà se i poteri dei giganti si sommano, si possono usare uno dopo l'altro o se, semplicemente, stanno lì di background. Sembrava che Eren volesse mangiarsi il War Hammer Titan dall'inizio: forse QUALCUNO (Zeke *cof cof*) gli ha detto di farlo per poter prendere le preziose memorie dell'antica famiglia? Forse con i poteri del War Hammer potrà fracassare anche la crisalide di Annie (ma, Eren, per l'amor del cielo, più piano la prossima volta :v)?
Eren non si accontenta e con l'espressione da passivo-aggressivo a cui oramai ci ha abituato, decide di mangiarsi anche Galliard. Questo sotto gli occhi di Gabi e Falco che vedono i loro eroi cadere uno dopo l'altro, fatti a pezzi, divorati.
Qui ha inizio una delle scene secondo me più importanti del capitolo. I bambini iniziano ad invocare Reiner che è lì sotto, da qualche parte. A loro non resta nessun altro in cui riporre la loro fiducia, hanno bisogno di un eroe che salvi Galliard, l'ultimo Warrior rimasto, l'ultimo difensore oramai abbattuto. E Reiner, anche se praticamente incosciente, li ascolta. Ed emerge FINALMENTE dalla terra e quando ho visto il design del suo gigante mi sono detta "Oh BEH, magnifico!" (no, sono stata più sguaiata, credo di aver emesso solo dei versi a caso).
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Qualcuno si è detto stranito dall'aspetto dell'Armored senza armatura perchè sotto la corazza dovrebbe avere solo fasce muscolari. Secondo me però, da quel che si vede del suo corpo, l'Armored è in grado di far crescere la sua stessa pelle in questi strati chitinosi, trasformandola in un'armatura. Quando non lo fa, in sostanza è un Reiner ma alto quindici metri. Quando l'Armored emerge dalla piazza lo fa unicamente guidato dal suo unico scopo: proteggere. E' l'unico momento in cui l'espressione di Eren cambia, sembra sorpreso e subito lo attacca per liberarsi di lui: il tempo per gli scout è finito, Eren è senza forze, bisogna andarsene e in fretta. Così Eren si ritrova privato del corpo esanime del Jaw che Reiner gli ha strappato dalle mani prima di essere abbattuto ed enigmaticamente riferisce a Mikasa che "anche stavolta non potremo ucciderlo". Non sembra però essere troppo rammaricato dalla cosa, non sembra smaniare di sete di vendetta come ha sempre fatto. L'ultimo sguardo di Eren sul campo di battaglia è molto, molto triste. E non credo lo sia per non aver ucciso Reiner, tant'è che gli promette "ci incontreremo ancora".
Gli Scout sono in ritirata ma se questo può decisamente bastare per Falco, non è sufficiente per Gabi che armata del suo fido fucile, decide di uscire per uccidere Eren. Anzi, per ucciderli tutti. Ricordandoci giusto qualcuno, un centinaio di numeri fa.
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Le ultime pagine ci mostrano gli Scout pronti a risalire sul dirigibile e Jean, come già Hanji prima di lui sembra voler ricordare la fragilità del mezzo che stanno usando. Qualcuno si ricorda la tragedia dell'Hindenburg che segnò praticamente la fine dell'epoca dei dirigibili? Ecco.
Curioso per altro che l'unico pericolo mortale per questo mezzo sarebbe stato Zeke con i suoi micidiali proiettili ma, guarda caso, Zeke è caduto come un sacco di patate. E Levi dov'è finito?
Torniamo però un passo indietro alla bellissima scena in cui Reiner viene "richiamato" da Gabi. Il parallelo a cui ho pensato subito è stato quello con Eren in una scena che non riuscivo a collocare bene. Mi ricordavo di lui, piccolo, nella cucina di casa Jaeger, assieme a mamma, papà e Mikasa. Qualcuno lo disturbava dal suo sonno, lui voleva solo dormire eppure c'era una voce che lo chiamava, quella di Armin. Questa scena non è un vero ricordo ma una sorta di "sogno lucido" in cui Eren era sprofondato dopo essersi trasformato la prima volta (capitoli 13 e 14). Nel suo sogno la mamma e il papà erano vivi, lui viveva con loro e con Mikasa e tutto andava bene. Non fosse per Armin che, da fuori, gli urlava che aveva promesso di sterminare i giganti, di vendicare la morte di sua madre, di combattere, di svegliarsi. Eren si era rifugiato in questo mondo fittizio perchè era esausto e Reiner... non è anche lui allo stremo delle forze mentali, più che fisiche?
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L'interrogativo finale è se gli Scout riusciranno a lasciare il campo di battaglia o se dovranno affrontare la rappresaglia Marlean: personalmente credo che la scena si sposterà nuovamente a Paradis e che, su quel dirigibile, ci troveremo anche Levi e Zeke.
Il prossimo numero, grazie alla Golden Week giapponese, uscirà prima, alla fine di Aprile. Quindi il panico, questo mese, sarà DOPPIO!
Ma come vivo, io? :v
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