#magagne
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primepaginequotidiani · 26 days ago
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PRIMA PAGINA Libero di Oggi venerdì, 29 novembre 2024
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mossmx · 11 months ago
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cmq per le faccende codacons è palese che è Amadeus che
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spero che lo sfondino di multe C:
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susieporta · 4 months ago
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AMORI BISTURI
Qualcuno di simile a noi, con gli stessi crepacci interiori, ci è necessario per vedere da vicino l’abisso che ci abita.
Ci sono amori così, che accadono per estrema somiglianza, ma non d‘abitudini, o di gusti, o di scelte o d‘una visione della vita condivisa.
Sono somiglianze interiori, e capita che non s’incastrino con la mondanità e con quel che la vita ci mette sulla tavola ogni giorno, chiedendoci sempre un po’ del nostro sangue.
L’attrazione è ossessiva, pervicace, costante, e così anche la difficoltà, l’attrito, lo sfregamento fastidioso e pungolante, e questo conflitto diviene qualcosa di difficile da sciogliere, come le macchie ostinate sulle camicie, o come certe muffe che continuano a ripresentarsi nonostante i trattamenti.
Sono gli amori di cura, sono quelli che spalancano le finestre dell’invisibile rendendolo ovvio, solo se noi non siamo in grado di smettere d’incolpare l’altro per magagne tutte nostre- e anche sue.
Se permettiamo a noi stessi di accogliere attraverso l’altro la nostra miseria, la tenerezza mai sfiorata, il desiderio inaccessibile, il germoglio mai sbocciato, e tutto l’universo dei non detti, allora possiamo “usare” questi amori come il lettino dello psicanalista.
“Che tu sia il coltello attraverso il quale frugo dentro me stesso”
Sono amori sala operatoria, amori anatomia, amori bisturi, che è difficile maneggiare senza tagliarsi o senza tagliare a fette l’altro.
Sono amori che quando hai visto, hai operato, hai rimesso le cose a posto, devi trovare il coraggio di dare i punti e lasciare andare, a casa, sulle sue gambe, e non puoi trattenere nella sala operatoria in eterno, pensa la sepsi.
Sono amori difficili, pieni di carezze mai ricevute, pieni di madri come grotte disabitate, pieni di tavolini di compensato e panini scartati alle 2 di pomeriggio davanti a un muro bianco.
Sono amori medici di guardia, che arrivano quando devi assolutamente fare qualcosa per non ritrovarti strozzato nelle tue stesse budella.
Ricuciti, rattoppati, avvolti nella garza medicata, ce ne andiamo, oggi, in un qualsiasi pomeriggio di Marzo, in un mondo ostile che non ha rispetto per il nostro intimo dolore, ognuno per la sua strada, zoppicando, tra i ciliegi e una strada sterrata che porta a un convento.
Ce ne andiamo così come ci siamo incontrati, senza un motivo.
Senza un motivo apparente.
ClaudiaCrispolti
Art by Ariel Grey
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lumioluna · 2 months ago
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crescere e superare un momento negativo a volte sembra impossibile perchè ci aspettiamo di arrivare a quel punto in cui saremo sempre felici e non avremo mai problemi. ma in questo falliamo nel capire che non esiste (per nessuno) una vita priva di problemi, perchè allora sarebbe una vita priva di complessità, non esiste una vita priva di dolore, perchè sarebbe una vita priva di intensità, non esiste una vita che non richieda ogni giorno lo sforzo attivo (e quindi la scelta consapevole) di viverla, perchè sarebbe una vita priva di significato e di libertà.
l'obbiettivo non è vivere ogni giorno una felicità cristallizzata e placida. l'obbiettivo è acquisire gli strumenti che ti consentano di navigare le complessità dell'esistenza senza perdere il timone di te stesso, è fare in modo che sia tu a gestire i tuoi problemi e non i tuoi problemi a gestire la tua vita e a definire la tua identità.
maturare oltre un periodo buio della nostra esistenza non significa diventare improvvisamente immuni alla tristezza, allo scoraggiamento, al peso delle emozioni più oscure che risiedono dentro di noi: significa piuttosto imparare a riconoscerle per quello che sono, accoglierle come parte integrante della vita e sapere (finalmente!) come guidare noi stessi al di fuori di quei loop negativi, senza abbandonarci a facili e inefficaci soluzioni temporanee per distrarci dal disagio, senza sentire il bisogno di scappare, ma prendendoci cura di noi stessi, nel senso più profondo dell'espressione (ossia, dandoci quello di cui abbiamo bisogno, concentrandoci su quello che è importante, piuttosto che su quello che è facile).
insomma, il momento in cui si è consapevoli di essere dentro la propria vita, piuttosto che guardarla dall'esterno, è quando si smette di aspettare che le cose si allineino alla perfezione per iniziare a esserci al 100%. quando si ha conosciuto il lato più doloroso e complicato e faticoso della vita, ma la si sceglie giorno dopo giorno, con la leggerezza e la certezza che vale la pena prendersela tutta, tutta quella che c'è, finché c'è, con tutti i suoi tesori e tutte le sue magagne. e con la serenità d'animo di sapere che qualsiasi cosa si presenti sul tuo cammino, la affronterai come nient'altro che una fase della storia che si sta costruendo davanti ai tuoi passi, quella storia che sì, ok, magari non hai il potere di scrivere, ma hai la possibilità di interpretare e scegliere e manovrare e impostare e decidere cosa mettere a focus e cosa no! e restando concentrato su ciò che è importante e prezioso ti prometto, ti prometto, che qualsiasi fase tu stia vivendo ora scivolerà via eventualmente! e ci sarà un'altra fase e sarà diversa e tu sarai diverso! e poi ci sarà un'altra fase ancora e poi un'altra e poi vita vita vita vita vita
però il punto è che non devi solo volerla, devi anche sceglierla.
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omarfor-orchestra · 11 months ago
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Vorrei dire che sono sorpresa delle magagne che stanno venendo fuori ma purtroppo
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vintagebiker43 · 8 months ago
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Il problema non sono i milioni sprecati.
Il problema è chi scopre le loro magagne.
La destra è così.
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missviolet1847 · 8 months ago
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Il mondo cambiato dai ragazzi | il manifesto
25 aprile 2024
Il mondo cambiato dai ragazzi
Il corteo a Milano - Ansa
DENTRO IL CORTEO. No, non farò la cronaca della manifestazione, di cui peraltro non so neppure chi siano stati gli oratori ufficiali, perché a piazza del Duomo, pur essendo stata presente per sei […]
Pubblicato 14 ore fa
Edizione del 26 aprile 2024
Luciana Castellina, MILANO
No, non farò la cronaca della manifestazione, di cui peraltro non so neppure chi siano stati gli oratori ufficiali, perché a piazza del Duomo, pur essendo stata presente per sei ore nel corteo, non ci sono neppure arrivata, tanta era la folla che aveva riempito mezza città. Della redazione del giornale a Milano ce ne erano tantissimi, tutti dietro lo striscione del manifesto, fieri di aver dato alla consueta celebrazione milanese del 25 aprile, come fu 30 anni fa, uno slancio particolare. Scrivere spetta a loro.
Certo raccontare mi sarebbe piaciuto, perché a un evento così non capita sempre di partecipare. È stata infatti una manifestazione non solo enorme, ma partecipata nella sua stragrande maggioranza da una generazione nuovissima, mai vista prima: dai 15 anni (tanti studenti medi) ai 25, proprio giovanissimi.
È davvero un fatto politico nuovo: in particolare sulla guerra, ma non solo, i ventenni tornano ad affacciarsi sulla scena. Credo sia perché avvertono che siamo ad un mutamento epocale del mondo e sono spinti a mobilitarsi. A modo loro, naturalmente. Sono allegri, lungo il percorso a migliaia hanno ballato al ritmo della formidabile musica installata sull’enorme carro dell’Arci e offerta dal suo famoso circolo La Magnolia.
Chi sono? Per chi votano? O meglio, vanno a votare? Non lo so, i più non erano nemmeno aggregati attorno a bandiere che esibiscono l’appartenenza, sciolti. A guardarli mi viene ancora più da ridere di quanta ormai me ne viene il lunedì sera quando La7 comunica i dati del settimanale sondaggio: Fratelli d’Italia +0,07, PD -0,02, 5S o Calenda cifre di analoga rilevanza. E poi nella settimana successiva tutti i politologi impegnati a spiegare i profondi mutamenti della società italiana a partire da quegli zeri, senza nessuno che ci informi davvero su cosa pensa il 60% di giovani che pure nella politica si impegna.
Scrivo, comunque, perché a questa giovane forza politica emergente, vorrei raccomandare due cose:
1) state attenti oltre che al fascismo ufficiale, anche all’antifascismo sbandierato da chi se ne serve come copertura per proprie assai simili magagne. Non faccio nomi, ma consiglio di fare attenzione.
2) credo sia utile ricordare sempre che la guerra partigiana italiana è stata assai diversa da quella di molti altri paesi occupati dai nazisti.
La più parte di loro, a cominciare dalla Francia e dalle monarchie nordiche, hanno combattuto con le spalle coperte dalla legittimità dei governi che erano stati sconfitti e in nome dei quali la Resistenza del paese combatteva. In Italia i nostri ragazzi sono andati in montagna senza sapere cosa davvero fosse la democrazia e l’antifascismo, e senza nessuno che coprisse loro le spalle. Un azzardo incalcolabile. Ecco, oggi ce ne vuole altrettanto per fare quanto è indispensabile: cambiare il mondo. È difficile, lo so. Ma stasera sono così ottimista che penso ce la potranno fare.
( senza se e senza ma... con gli studenti che hanno manifestato)
# manifestazione 25 aprile 2024 Milano
#Giovani studenti
# Luciana Castellina
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parolerandagie · 1 year ago
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Critici e gregari.
Ultimamente mi sembra che qui nel vecchio occidente che tanto diede i natali alla democrazia quanto oggi pare anticiparne la fine ideologica e morale, l’umanità possa essere divisa sostanzialmente in queste due grandi categorie: critici e gregari.
Queste due categorie, nella mia riflessione da due soldi, si differenziano esclusivamente sulla loro attitudine al pensiero, sul loro atteggiamento verso il dubbio in particolare, e sull’obiettivo finale che, attraverso il pensiero si pongono.
Perché con ‘’critici’’ vado ad intendere coloro che il pensiero lo mantengono diffidente, proprio, che ad ogni avvenimento reagiscono informandosi, cercando la cronaca ed i fatti, senza preconcetti, senza un ego da difendere ed a cui sacrificare l’eventuale verità se dissonante dalla loro opinione; anzi, a riguardo proprio delle opinioni, da formarsene una ben si guardano ed anche una volta fatto, non la considerano assodata o scolpita nella pietra, ma subordinata e soggetta a nuovi sviluppi, pronta ad essere mutata. I critici, alle loro figure di riferimento (siano esse insegnanti, politici, amici, collaboratori) non chiederanno mai soluzioni incontestabili, non chiederanno mai spiegazioni della realtà pronte ad essere consumate, ma chiederanno principi e valori interpretativi, chiederanno confronto e valutazione comune: per i critici, ogni semplificazione corrisponderà ad un sospetto, ogni conclusione dogmatica suonerà stonata. La ‘’fede’’, il tifo, la faziosità, le identità allargate, il patriottismo, l’integralismo sono le antitesi del modo in cui i critici vogliono vivere.
I gregari invece si nutrono di soluzioni semplici, fornite loro da qualcuno che, senza ricordarsi bene come o perché, hanno eletto a loro riferimento: potrebbe essere stato perché si trovavano d’accordo su qualche argomento, qualche scelta da compiere, o perché quello che questo qualcuno dice è vantaggioso per loro, fa loro comodo; l’importante è che sia completamente privo di potenziali dubbi, che magari sia anche accompagnato da un paio di slogan generalisti utilissimi a spegnere sul nascere l’invito a riflettere e pensare rivolto loro da un critico, perché pensare, tanto è un atto irrinunciabile per il critico, quanto per il gregario, è una noia, un fastidio, una perdita di tempo, una distrazione dalle cose importanti davvero, e non potrebbe essere più contento e felice, il gregario, di un pensiero comune che gli viene propinato, pronto ad essere adottato e fatto proprio.
Se la valutazione a priori delle fonti, la verifica fattuale (complicata, lunga, spesso passante attraverso la scienza) è imprescindibile per il critico, il gregario, al limite, ricerca dopo conferme e sostegno al pensiero che ha già modellato, impermeabile a qualsiasi posizione diversa e pronto ad accettare invece qualsiasi prova di ciò che dicono, indipendentemente dalla provenienza.
Aggiungo per concludere che, la fine ideologica e morale della democrazia qui in occidente che evocavo nelle prime righe, la vedo legata proprio alla quantità enorme di gregari che oramai popolano la vecchia Europa, massa su cui i politici vanno ad operare campagne di marketing, cercando lo slogan più accattivante, cercandone il consenso con la derisione dell’avversario, con il portare alla luce le magagne del nemico, e mai gli eventuali propri pregi.
Concludo esplicitando la certezza che, gran parte di voi, si sarà subito autoassegnata la propria ovvia partecipazione ai critici, senza dubbio alcuno: ma…l’avere dei dubbi, anche (e forse soprattutto) su sé stessi, non è forse il primo requisito per esserlo, un critico?
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taediumvitaewe · 3 months ago
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io ho una collezione di 172 minerali, non credo nella cristalloterapia perché vabbè, ve lo devo anche dire il perché? ma quando in negozio mi chiedono le proprietà dei bracciali con appunto i minerali dentro di me sono tipo....... my brother/sister/person in christ do u really believe that a 40€ bracelet is going to completely erase your anxiety or the anxiety of your loved one? a parte che overpriced, ma dai, pigliati il bracciale in zoisite giusto perché è bello e non farmene tirare fuori 800 solo perché pensi che l'agata rossa possa alleviare le tue magagne più della labradorite
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fallimentiquotidiani · 3 months ago
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+ trombone - sottone
+ lasagne - magagne
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campanauz · 10 months ago
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Ogni tanto mi rendo conto che quando scrivo, di solito è per sfogarmi per qualche brutto pensiero, o qualche brutto momento.
E invece questo mese nell'ordine:
Alice ha sistemato gli attriti con la bimba che la faceva disperare, finalmente è inserita a scuola e serena e riesco a stare con lei un sacco di più (perché faccio turni più umani) .
Ho risolto un nodo importante con la psicologa e sono davvero più serena. Tipo un sacco. Tipo talmente tanto che sono finalmente riuscita a passare l'esame pratico della patente, grandissimo risultato (per me).
Al lavoro riesco a farmi scivolare le cose addosso di più. Ho un po' capito che se le voci nella mia testa mi dicono che ce l'hanno tutti con me perché ho sbagliato qualcosa, di solito ignorarle aiuta.
Nonostante tutto, e lavorando a contatto con il pubblico è davvero un miracolo, le persone continuano a piacermi. Mi piace ascoltare gli altri, le loro storie, fare ridere chi ho vicino, giocare, prendere le cose con leggerezza. Mi piace abbracciare le persone, stargli vicino, capire cosa pensano e cosa non dicono è la mia cosa preferita in assoluto. Ci sono tante sfumature nei gesti delle persone, guardare gli altri non mi stanca mai (non è vero, chi mi conosce da anni sa che tendo ad isolarmi e sparire anche per mesi per ricaricarmi-ma anche che torno sempre).
Questa settimana ho risolto un sacco di magagne, ho visto e vedrò amici, sono contenta. Sono talmente contenta che sono quasi preoccupata. Ma ho fatto bene a lottare e resistere nei momenti bui, alla fine il sereno è arrivato.
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abatelunare · 7 months ago
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Di cose che sogno ardentemente
Mi capita spesso di vedere i programmi sulle ristrutturazioni edilizie. Perchè comprare una casa nuova di pacca quando puoi incazzarti comprandone una da ristrutturare, mandando giù tutte le magagne che spuntano come funghi durante i lavori? Che poi la cosa veramente assurda non è quella. Sono altre due. Intanto, il poco tempo impiegato a rendere decente un rudere che nessuno sembrava voler acquistare. Ma soprattutto, possibile che a ristrutturazione ultimata i committenti siano tutti in lagrime per la soverchia necessità? Io sogno ardentemente una puntata in cui il nuovo proprietario dell'immobile guardi i ristrutturatori nelle palle degli occhi e urli loro in faccia: Dio, ma che è 'sta mmerda??? Preferirei vivere in pianta stabile dentro il peggiore dei cessi, piuttosto che rimanere nella boiata che avete fatto con i miei cazzo di soldi!!! Lo so che non succederà mai. Però sarebbe davvero molto divertente. Per lo meno, io mi divertirei. Come un folle.
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soleberlandieri · 8 months ago
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La pazienza dell'acqua
Cos’è che ti tiene sveglio la notte, Obito? Non è l’incessante ticchettio della pioggia di questo maledetto posto, lo trovi quasi superfluo mentre s’insinua attraverso il sottile velo del sonno per fondersi con l’affanno dei sogni, ne sei talmente assuefatto da non sentirlo neanche più; finisce per essere familiare, combinato con le cellule di chi vive lì. Fa da costante sottofondo agli occhi di Rin, spalancati, sempre uguali. Lei ti guarda, non sono cambiati, ancora così grandi e con l'invitante colore nocciola. Cosa c’è di diverso, allora? Cosa manca nell’attimo che precede l’innaturale dilatarsi delle pupille? Hai sempre creduto nell’anima, un giorno la ritroverai e la riconoscerai tra mille.
Le lacrime di Kakashi che si dispera sulla tua falsa tomba hanno il suono di quelle gocce insistenti, scavano il tuo nome sotto un perenne cielo grigio. La bugia che sta lentamente uccidendo il tuo amico ha scheggiato la lapide, la persistente acqua del dolore la erode.
No, non sono le magagne del passato a farti sobbalzare nel cuore delle tue notti tormentate, vero, Obito? Non puoi neanche scaricare la responsabilità sui tuoni, in questo dannato villaggio finiscono tutti per farci l’abitudine.
È un dito che spinge e gratta dentro il tuo stomaco. Un’immagine che resta indefinita dietro gli occhi di Rin e sotto le lacrime di Kakashi. Non affiora mai in superficie, non la decifri, ma sai che è lì.
Un tuono più forte, neanche troppo eccessivo come intensità sonora, è solo diverso. Non romba, nessuna bassa frequenza fa vibrare le finestre, a far trasalire Obito è una scudisciata simile a una frusta.
Non capisce se era già sveglio, è arduo pescare proprio la risposta che serve nella matassa di incubi e rimorsi. Obito si preme le mani sulla faccia, la metà destra adesso è insensibile, come sempre quando non impegnata a infliggergli fitte a caso e senza motivo. Ansima con il cuore a mille e il petto compresso in una morsa, si arrotola tra le lenzuola intrise di sgradevole sudore freddo. Merita la sferzata appena sentita, ne prenderebbe altre mille dritte nel cervello se servisse a cancellare i suoi sbagli, se potesse restituire vita e sorrisi a tutte le persone che non può più vedere e a quelle a cui sta rovinando l’esistenza.
Senza togliersi le mani dal viso, si rigira a pancia sotto, affonda la testa che scoppia nel cuscino nel vano tentativo di placare quel tarlo che adesso lo tormenta anche di giorno. Quel baco che gli succhia il rispetto verso se stesso senza neanche avere la decenza di farsi vedere in faccia. Da quando ha iniziato a farsi scrupoli nei confronti della feccia che ha deciso di sfruttare?
Il dubbio lo rode, gli irrompe in testa senza permesso togliendo valore a Rin, mina i piani per cui è sempre vissuto, fa impallidire il vuoto a cui è stato condannato. Tenta di riempirlo, di farglielo accettare per andare avanti in una vita differente. Scava come quella dannata acqua, gli sfila il terreno da sotto i piedi un granello per volta in un sadico stillicidio. Gli si introduce subdolo nella mente bisbigliando che per camminare a testa alta è sempre necessario calpestare e perdere qualcuno. Ma è un inganno. Obito non ha più nessuno, è solo al mondo, ogni affetto in cui credeva è stato tradito e strappato.
Un genjutsu lanciatogli da Itachi? Probabile. Deve stare allerta, il suo sharingan menomato potrebbe non riuscire a competere con quello di Itachi.
La sua sofferenza non può essere invalidata da una stupida remora senza fondamento. Mantenere inamovibile l’astio verso chi lo ha reso un vegetale emotivo, e l’ostinato egoismo nel perseguire i suoi obiettivi sono le uniche vie per continuare ad avere riguardo del dolore patito.
Obito sa di non essere nato così, che quel bambino sorridente e fiducioso è rimasto sepolto da una valanga di tormento e ripudio. Ecco, i responsabili dovranno pagare. Senza sconti.
Impedendosi di cadere in ulteriori indugi, Obito si alza, iniziare la giornata è un dovere verso se stesso. Un altro passo verso la meta.
Si avvicina alla finestra, nonostante sia sveglio da circa un quarto d’ora, il tetro bagliore al di là del vetro non è cambiato. Grigio, stessa intensità, non si scorge niente attraverso i fiacchi rivoli di pioggia che tracciano contorti ghirigori sulla superficie. Impossibile intuire che ore sono dall’inclinazione della luce, ad Amegakure non sale mai oltre quel livello di fiochezza. Obito è nudo, il calore emanato del suo corpo appanna gli angoli. Sospira lasciando perdere la finestra, non ci sarebbe comunque niente da vedere a parte strade deserte e quei maledetti tubi, le curve a cui sono costretti per assecondare qualunque struttura li rendono ancora più brutti.
I tubi sono un materiale.
Tutto è costituito di tubi. Le pareti, i tetti, le strade, le scalinate, persino quelle che pretendono di essere statue o decorazioni.
Non si sfugge dalle gocce che sussurrano: ti vedo, so dove sei.
Il gocciolare del lavandino è discorde da quello proveniente dal tetto. La pioggia rotola nei tubi con un vago suono di pietruzze, attraversa le profondità dei muri per andare a dissolversi sottoterra.
Obito ignora entrambi mentre si occupa dell'orbita vuota. È essenziale una scrupolosa pulizia due volte al giorno: la sera per rimuovere i detriti della giornata inaspriti dall’uso perenne della maschera, la mattina per eliminare le lacrime rapprese. Le mani tremano, il sudore gli stilla dal mento seguendo i binari delle cicatrici ormai indurite.
Inutile procedere. Obito sbuffa, scaraventa con rabbia spugna e sapone nel lavandino, desidera solo ficcarsi sotto una doccia fredda.
L’acqua gelida gli mozza il respiro, le ombre di Rin e Kakashi gli scivolano lungo la pelle, la ragnatela di incubi allenta un poco le maglie. Ma qualcosa rimane lì, ostinato come una macchia di sangue. Non va via, è senza forma, non ha nome.
Obito soffoca, sbatte più volte la fronte sulle piastrelle, poi la lascia lì. Vorrebbe gridare di essere lasciato in pace. Prega, chiunque sia, di smetterla di guastargli gli obiettivi, di comprendere la sua sete di giustizia per il troppo male ingiustamente subito. Però, non riesce a spiccicare niente di assennato a parte un informe verso gutturale.
Sta a Obito non lasciarsi abbindolare dal venefico serpente che vorrebbe nutrirsi della sua anima, che andasse a pasteggiare con uno qualsiasi dei pusillanime che infestano il mondo.
Risoluto, balza fuori dalla doccia e si asciuga.
Non serve guardasi allo specchio per infagottarsi nella condanna quotidiana, ormai Obito conosce ogni pezzo a memoria e ha anche imparato a indossare tutto velocemente. Esala il primo respiro ovattato dalla maschera. Che lo spettacolo abbia inizio.
Tu conosci il motivo per cui oggi eviti accuratamente il corridoio su cui si affacciano le stanze dei sottoposti? Sì che lo sai, Obito.
Il covo di Amegakure può accogliere una sola squadra per volta, e cioè due componenti. È di stanza qui il gruppo che ha bisogno di nuovi equipaggiamenti, di sostituire quelli danneggiati o per l’urgente cura di ferite o problemi di salute. Si fermano, di solito, solo una notte. Non si sono ancora svegliati o si stanno preparando per iniziare le mansioni del giorno.
Scivoli di soppiatto, arranchi furtivo nella penombra. Lo conosci, sai che soffre d’insonnia almeno quanto te. Schivare quel tratto di corridoio abusando del Kamui sarebbe inutile, finiresti intercettato, ormai individua il tuo chakra a menadito, quasi sprigionasse un cattivo odore. Lo sharingan con cui vorrebbe friggerti il cervello è opera tua, aveva solo otto anni quando lo hai costretto a guardare il corpo dilaniato del suo amico che pendeva dalla tua mano.
Ti vergogni, vero? Far sbloccare un tale potere a un bambino così piccolo equivale a rovinargli la vita e tu lo sapevi. Eppure lo hai fatto, mostro. In nome del tuo egoismo. Volevi solo che quella dannata rivolta avesse luogo e hai calpestato cadaveri senza neanche guardarli in faccia.
Che fai, sei pentito? Si sta per caso affacciando il dubbio che tu abbia sbagliato?
Vai dritto convinto che solo il tuo dolore valga, pretendi la comprensione altrui e trucidi chi non ti soddisfa o si azzarda a difendere le proprie ragioni.
Ma tu comprendi lui? Ci hai mai provato, almeno?
Vedi quanta sofferenza sta sopportando?
Quando aveva tredici anni ti ha fatto infradiciare l'interno della maschera di lacrime un paio di volte, su, ammettilo. Non lo credevi capace di spingersi così a fondo nelle tenebre. Lo hai costretto tu, lurido verme.
Tredici anni e già il dolore lo aveva slabbrato, masticato, risputato e lasciato lì come spazzatura. Già possedeva quel mangekyou sharingan da cui ami svignartela, eppure lo hai visto ammazzarsi per contrastare la follia da te fomentata.
Tu metti il tuo dolore davanti a tutto il mondo.
Lui mette tutto il mondo davanti a se stesso.
Vorresti essere come lui, confessalo. Ammiri e invidi la sua capacità di non perdere di vista il bene malgrado le offese subite. Sei geloso e adori la bontà della sua anima che sopravvive a dispetto di odio e ingiurie vomitategli addosso dal mondo intero.
E, riconoscilo, la tua viltà ti impedirà sempre di buttare nel cesso la tua vita per ideali più grandi di te come, invece, ha fatto lui.
Siete simili, ma uguali no. Non succederà mai.
Sei tu a non essere alla sua altezza.
Per fortuna la maschera cela il sospiro di sollievo una volta giunto sano e salvo nella sala delle riunioni di Pain.
Le ombre si allungano dagli angoli bui per smangiarsi tutta la stanza, l’illuminazione è affidata all’unica finestra stretta e incupita dal meteo all’esterno. Obito apprezza solo la sagoma di Pain, occupa già il suo posto, tiene le mani intrecciate sul tavolo. Non servono parole o gesti per diffondere la spessa tensione, la cappa impenetrabile fa arrestare un istante i passi di Obito. Lo sharingan attivo è solo una proforma, non ci sarà nessun combattimento o reciproco furto di informazioni carpite dritte dalla mente.
Obito oltrepassa silenzioso la soglia per posizionarsi di fronte a Pain. Appena si siede, una porta mimetizzata dalla penombra si apre sulla parete di fondo. Come se avesse percepito il lieve scricchiolio della massiccia sedia di legno, Konan fa il suo ingresso trasportando una risma di fogli. Uno sprazzo di luce, sgusciato tra una nuvola e l’altra, guizza sui capelli blu della donna. Ma è un colore freddo, perciò non smorza l’atmosfera fosca. Quando perdono tempo in questi muti giochi di chiaroscuri e smorte tonalità è in ballo qualcosa di grosso, Obito ne avverte il peso nell’aria.
Konan si accosta alle spalle di Pain scampando ancora alle tenebre che avvolgono tutto il resto, cerca rapida tra i documenti e ne estrae quello che serve con sapienti gesti delle dita. Prima di tornarsene da dove è venuta senza proferire parola, non risparmia a Obito un'occhiata torva.
Tra loro non corre buon sangue dal giorno in cui Obito ha portato Itachi ad Amegakure. Attualmente il membro più giovane di Akatsuki, allora era poco più di un bambino. Konan conosce le innumerevoli colpe di Obito, questo l’ha spinta ad adottare un atteggiamento materno nei confronti di Itachi. In fin dei conti è una donna costretta a ritrovarsi davanti il cadavere del suo amato ogni giorno, non ha potuto realizzare il desiderio di maternità, sa di essere la causa della rovina di se stessa e dei propri cari. Obito non si ritiene così disumano da non riconoscere una persona non più intera psicologicamente. È tollerante e le concede pietà. Per ora.
Pain finge di maneggiare i fogli che ha davanti, però non ne pesca nemmeno uno e lo sguardo rimane fermo su Obito.
Lo sharingan lampeggia sotto la maschera per fotografare gli sprazzi di carta casualmente emersi, per qualche attimo, dalla pila. Obito raddrizza, con la mente, i pochi scampoli di immagini registrate, applica una specie di zoom per poter leggere le parole memorizzare qua e là.
Grave scompenso cardiaco. Da usare come palliativo. Dato riservato.
Qualcuno è molto malato.
“Naruto è solo con Jiraiya lontano da Konoha” Pain esordisce senza preamboli “Non possiamo farci scappare il momento di vulnerabilità.”
“Nessuno dei due è da sottovalutare” Obito frena a stento la proposta di occuparsene personalmente, indovina l’intenzione di Pain di affidare la cattura dell’Enneacoda alla squadra migliore, ovvero Itachi e Kisame. I due sono lì, ci hanno trascorso la notte. E, poco fa, Konan ha elargito quei documenti colmi di condanne a morte. Però, la certezza che siano rientrati a causa della salute di uno dei due non c’è, i fogli potrebbero riguardare chiunque, Obito non ha letto nomi. Al rinnegan non sfugge niente, Pain si è accorto dello sbirciare di Obito nell’attimo esatto in cui lo ha fatto “Cosa li ha spinti ad allontanarsi?”
“Il Terzo Hokage è morto” Pain continua monocorde, la voce sembra uscire per magia dal suo fantoccio prediletto “È stato Orochimaru, è riuscito a infiltrarsi grazie al corpo sottratto al Quarto Kazekage. Naruto e Jiraiya sono sulle tracce di Tsunade, è lei la candidata a Quinto Hokage.”
L’acqua rotola senza sosta nei tubi di cui sono infarcite le pareti. Scava e scava.
“Orochimaru potrebbe trasformarsi in un’atroce spina nel fianco, Pain. Non scordarti cosa è successo il poco che è stato con noi, punta sempre a Itachi o a chiunque possegga lo sharingan. Potrebbe attaccare alche altri se può far fruttare il loro corpo” sebbene Obito giri intorno all’argomento, è palese dove voglia arrivare. Spedire un malato terminale contro Naruto, Jiraiya e, eventualmente, Orochimaru equivale a inviarlo al mattatoio. Forse Pain non vede l’ora di liberarsi del sottoposto difettoso per avere l'opportunità di sostituirlo. Con Sasuke, magari. Esca perfetta, Naruto lo verrebbe a cercare cadendo dritto nella trappola.
Sì, le intenzioni di Pain sono chiare. Obito ha un groppo in gola che gli mozza il respiro, il cuore gli martella fino in testa.
Tuttavia, non sa chi è nominato nei documenti, si appiglia disperato all’evanescente scappatoia per non soccombere al panico.
“Non più. Sarutobi ha usato il Sigillo del Diavolo impedendo a Orochimaru l’uso delle braccia” Pain si china leggermente in avanti, un movimento impercettibile, studiato, quanto basta per fare emergere il viso impassibile e traforato di piercing dal buio “Orochimaru ha tentato di estorcere cure alla stessa Tsunade dietro la minaccia di un nuovo attacco a Konoha, ma lei ha desistito appena saputo che diventerà Hokage.”
L’acqua erode con infinita pazienza, non importa la durezza della roccia e quanto dovrà aspettare, alla fine la spunta.
Lo stesso fa il tarlo nel cuore di Obito.
“Non preoccuparti, Itachi e Kisame se la caveranno egregiamente” dopo aver letto il pensiero di Obito come attraverso un involucro di vetro, Pain si riadagia sullo schienale rituffandosi nelle ombre. Resta lì, immobile, Obito intuisce che si muoverà solo dopo averlo visto uscire.
“Riferirò le direttive alla squadra personalmente, subito” Obito si affretta ad alzarsi, teme di sentire altro o che Pain, vedendolo indugiare, cambi idea. Potrebbe aggrapparsi al pretesto di dover proteggere l'identità farlocca, meglio scongiurare che gli salti il grillo di appellarsi alla massima priorità“Mi conoscono entrambi. Kisame ha chiara la mia faccia dal giorno del reclutamento. Mentre Itachi…”
Si sa.
Di cosa hai urgenza di sincerarti, Obito? Perché hai iniziato praticamente a correre appena uscito da quel cubo di tenebre? Eppure, tu lo hai visto il suo viso segnato dalla sofferenza. Hai toccato con mano i sogni infranti di un tredicenne che ha perso l’unico amico mai avuto; lo hai costretto, senza pensarci due volte, a cancellare il futuro del fratello minore che tanto amava. Nonostante tu ti sia straziato le dita con le schegge del suo cuore, hai voltato la testa dall’altra parte pur di non ammettere che non sei l’unico a esserti forgiato nel dolore.
Non hai l’esclusiva di niente, Obito. Molto più di quello che pensi vi accomuna.
Una volta qualcuno non ha detto che a governare la vita non sono gli eventi, ma piuttosto la reazione di chi li subisce?
“Dannazione, mai un momento di pace” Kisame borbotta agganciandosi Samehada all’enorme fascia di cuoio. La sua mole intimorirebbe chiunque persino da seduto, Obito non può esimersi dal sobbalzare ogni qualvolta lo guardi in piedi.
Ma non è l’aspetto minaccioso di Kisame a trasformargli il sangue in un fiume di ghiaccio. Un proiettile lo raggiunge al cuore appena si avvede che i due non hanno chiesto nuove forniture o sostituito quelle vecchie.
Il cinturone di Kisame è leggermente logoro, così come le scarpe di entrambi. Le divise sono intatte e pulite, però il lieve scolorimento dei materiali ne tradisce l’età.
Non hanno armi aggiuntive.
Nessuno ha ferite fasciate.
Obito cerca spasmodico i segni dei suoi timori sul corpo di Itachi. È più pallido, i segni sugli occhi più marcati. Obito ne è stregato ancora, senza rimedio.
Però non ha letto il suo nome da nessuna parte, si chiede se questa supposizione sia sufficiente nella sua disperata arrampicata di specchi.
Itachi non spiccica parola, Obito sa che tra qualche ora partirà per la missione senza fargli sentire la sua voce. I due Uchiha sono entrambi taciturni e questo non può essere che positivo. La maschera mimetizza il deglutire difficoltoso, il serrarsi dei denti, l’impaccio che Itachi genera in Obito con la sua sola presenza.
Itachi non è cambiato di una virgola. Inespressivo, diligentemente infagottato nel mantello con la faccia nascosta da colletto e capelli. Si premura che solo lo sguardo non sia dissimulato da niente. Saldo, deciso. Nonostante l’eterno grido di dolore, mette in soggezione Obito persino adesso che non è acceso dallo sharingan.
Itachi intimidisce chi sa di aver sbagliato; resta dignitoso senza mai superare il labile confine con la strafottenza.
Obito non potrebbe mai restare impassibile come il ragazzo che ha davanti. Il dualismo dei sentimenti prorompe imperioso: odio, disprezzo, invidia per quello che Obito non riesce a gestire pur essendo più anziano di lui. Ammirazione che lascia il posto a prepotente complesso di inferiorità. Rimorsi che traboccano costringendolo a ponderare il senso di responsabilità verso quel bambino che ha deliberatamente sepolto lì.
Obito grida il suo dolore.
Itachi ingolla la sofferenza mettendo al primo posto il suo dovere di shinobi senza mai concedersi il minimo cedimento.
A Obito manca il respiro quando realizza che deve essersi ammalato per questo. Il corpo magro di Itachi è squassato da emozioni annichilite, schiacciato da quell'indicibile dolore che ha deciso di trasportare da solo. Come è possibile sopravvivere senza mai condividere sofferenza e lacrime? In che modo si può andare avanti privi di abbracci, carezze e amore? Quanto si può durare non potendo cedere qualche fetta della grossa torta dei rincrescimenti?
È inammissibile. E infatti Itachi sta morendo, basta mentire.
Il mento della maschera sta per tracimare, non è la stessa acqua che scroscia dal cielo, questa è amara, salata e impaziente. Obito è fortunato, Itachi e Kisame gli fanno la grazia di andarsene prima che l’acqua traditrice faccia capolino prendendosi, impellente, il suo posto nel mondo.
Certo che ricordi quando lo hai portato qui, Obito. Non camminava neanche con le sue gambe. Quel giorno il rammarico per averlo costretto a morire troppo presto ti ustionava ogni cellula, ma la tua sciocca paura di mancare di rispetto a te stesso ti ha messo i paraocchi per farti procedere come un toro furioso e senza cervello.
Ora ti nascondi dietro il senso di responsabilità che senti nei suoi confronti, giusto? Lo stai usando come pretesto per mascherare altro? Qualcosa che, temi, possa farti apparire debole?
In fondo sei un campione di maschere, identità rubate, pseudonimi e mero apparire.
Cosa ne pensa il vero Obito, invece?
Fissi il suo corpo agile e perfetto protetto vigliaccamente dalla maschera, le sue gambe slanciate i fianchi stretti ti irretiscono, non è mai stato robusto e dotato di una forza fisica prorompente. Allontani dalla tua coscienza, con ogni mezzo possibile, gli sforzi che fai per non sfiorargli i lucidi capelli di seta. Lo immagini elegante persino nella danza letale dei suoi innumerevoli delitti.
Ma non sei attratto solo da questo, vero?
È il marciume che divora le vostre anime. Lo schifo che avete in comune, l'orrore e il sangue innocente che insudicia le vostre mani. Proprio questo ti lascia di stucco, Obito. Potreste comprendevi a vicenda se non foste separati da un muro di orgoglio.
Tu lo innalzi, Obito.
Tu ti barrichi dietro il pretesto dell'incompatibilità. Non siete differenti, Obito. Dillo che ti senti da meno e basta.
Lui, con il disprezzo verso la vita, ci è nato. Però, al contrario di te, sa metterlo a frutto per non perdere il controllo, trasforma il dolore in determinazione per realizzare i suoi obiettivi.
E ci riesce, Obito.
L’autentico te già bussava frenetico per farsi ascoltare quando lo hai recuperato a pezzi da quel tetto, una massa informe arrotolata su se stessa, si era annidato lassù a piangere ancora imbrattato del sangue dei suoi cari.
Così si piange, Obito, quando nessuno sente o vede. Non gridandolo ai quattro venti sotto la luna.
Hai pensato di essere sull’orlo dell’infarto mentre sbrogliavi le sue membra, sembrava un pezzo di carta appena pescato dalla spazzatura, talmente anestetizzato dal dolore che non gliene fregava niente d’essere stato scoperto.
Hai notato il cambiamento, da quella notte Itachi ha imparato a non emettere suoni, a vivere senza esistere. Lo hai tenuto d’occhio mentre gli scaldavi il sakè nel lurido covo muffoso in cui ti rimpiattavi dopo i tuoi loschi incontri con Danzo. Verificavi, ogni pochi secondi, che fosse sempre accasciato al tavolo corroso dai tarli e che respirasse ancora.
Ti sei premurato di lenirgli la sofferenza come potevi. Neghi ancora l’evidenza, Obito?
Hai scelto di non parlare e non guardarlo imboccando la strada verso Amegakure, sarebbe stato letale per te il viso di uno zombie condannato a respirare, mangiare, avere il cuore che batte nonostante fosse già morto. Hai trattenuto il fiato pur di continuare a captare i suoi lievi passi dietro di te, intanto la faccia ti marciva sotto la maschera fradicia di lacrime.
Quando quella lunga notte è terminata, lui ha avuto un cedimento, l’unico che abbia mai esternato. Un nuovo giorno era sorto ma voi sareste rimasti per sempre a dibattervi nella vostra ragnatela di oscurità. È stata dura per lui rendersi conto che nuovi giorni e futuro non gli appartenevano più.
Gli hai sostenuto busto e testa mentre vomitava il poco che aveva nello stomaco, l’ultimo pasto consumato insieme a i genitori, gli hai impedito di stramazzare per terra. Hai ripulito il suo viso svenuto dal sangue rappreso usando un brandello strappato alla tua veste, in quel momento ti sei sentito libero.
Libero di non mettere una maschera anche sui sentimenti dal momento che lui era gelido e privo di sensi. Niente idee sconvenienti, la sua bellezza non ti ha incantato subito in modo inopportuno. Non avresti permesso che un tredicenne affogasse nel suo vomito senza intervenire, tutto lì. E, sì, una morsa ha stritolato il tuo cuore perché hai contribuito a spezzargli la vita.
La fredda acqua della borraccia sul viso non è bastata a farlo riprendere, è rimasto immobile e bianco come uno straccio. Una bambola fatta a pezzi, lo specchio del deserto che aveva dentro. Un mondo morto, incenerito senza rimedio.
Ti sei alzato in piedi, issandoti in braccio il suo corpo inerme. Hai percorso il paio di chilometri che restavano più velocemente possibile; capendo il suo bisogno di cure, non ti sei mai concesso il lusso di rallentare il passo nonostante il suo corpo pesasse tra le tue braccia.
Non puoi aver dimenticato il freddo che ti ha morso le ossa, non è arrivato dal cielo fumoso e dalla pioggia incessante, bensì dal corpo che stringevi tra le braccia. Gli ultimi metri sono stati i più ardui, hai intuito che stavi seppellendo un ragazzo all'inferno.
Bugiardo con te stesso fino in fondo, non hai mai confessato la pugnalata che ti ha trafitto scorgendo la fumata della fornace in cui Pain forgia gli anelli. Per fare quello di Itachi, ha bruciato tutti i suoi effetti personali, compresa l’uniforme con cui è arrivato lì indossata con tante speranze.
E, diamine, riconosci lo strazio che hai provato vendendo gli ultimi brandelli dei suoi sogni andare in fumo.
Chissà per quale astruso motivo l’ingresso di quel maledetto covo è modellato a forma di faccia, forse perché finisce per inghiottire le anime di chiunque si inabissi nella sua bocca. Obito lo nota dal giorno in cui ha portato lì Itachi. Ricalca proprio la loro realtà.
Preferisce infradiciarsi fino al midollo seduto sulla punta della lingua con una gamba penzoloni, piuttosto che stare dentro e rischiare di incrociare Konan e Pain. Gli occhi gialli di quella donna lo squadrano con disprezzo a ogni casuale incontro, Obito è urtato dal suo affettato atteggiamento materno, non è necessario ricordargli la sua disumanità ogni istante. È stufo di essere paziente e mandare giù rospi.
Lui non è uguale a Itachi.
Kisame va a nozze con l’acqua, ci scivola fluido attraverso quasi fuso con essa. È a suo agio nell’umido, può muoversi rapido, le sue possenti ossa da mezzo squalo non scricchiolano e non rischia malanni. Itachi, accanto a lui, è l’immagine di un misero fagotto.
Transitano ora sotto Obito sospeso nell’aria grigia, sa che non guarderanno su e neanche si volteranno indietro.
Nonostante Itachi sia ermetico nello stringere legami e, dopo Sasuke e Shisui non abbia più aperto il cuore a nessuno, a Obito non sfugge l’affinità che ha con Kisame. È l’unica squadra affiatata, Kisame è disposto a smussare il suo rude carattere solo per Itachi. Indulge sull’atteggiamento da automa di Itachi indispensabile per poter sopravvivere al dolore. Kisame capisce la macchina in cui Itachi si è trasformato per portare a termine gli obiettivi. D’altronde, a Itachi non resta altro. Ha solo diciannove anni e già aspetta la morte considerandola una liberazione, Kisame lo rispetta senza bisogno che Itachi chieda niente.
Una stilettata di acredine lacera, improvvisa, la pelle di Obito.
Perché Itachi non vede? Per quale motivo non gli è chiaro il prodigarsi di Obito in seguito alla responsabilità nata dopo quella notte?
Obito non ha mai avuto intenzione di abbandonarlo, è sempre lì, disponibile ad ascoltare eventuali suoi sfoghi. Pronto ad alleviargli, come può, sofferenza e malanni.
Ma Obito riceve in cambio solo disprezzo.
Sotto la freddezza, Itachi è ancora vivo, il rapporto con Kisame ne è la prova.
Lo sharingan si attiva senza volerlo, spesso basta una forte emozione per metterlo in allerta. L’acqua ha scavato la sua roccia fino in fondo, ora Obito è pronto a guardare in faccia il putrido tarlo che disseppellisce le sue zone più oscure.
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tettine · 1 year ago
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Comunque ho un livello di PFAS molto alto nel sangue perché ho vissuto la mia vita in un territorio con le falde acquifere inquinate. Ho un sacco di magagne ora, ovviamente non sono correlabili solo a quello ma credo abbiano inciso sulle fantomatiche palline dell'epigenetica. Mi dà molto fastidio il fatto che la mia aspettativa di vita sia più bassa, che me la viva peggio, che sia costretta a fare più visite all'anno per questo e nessuno mi ha mai detto nulla, mi sento proprio presa in giro
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gcorvetti · 1 year ago
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Due pesi due misure.
Ultimamente mi sono tenuto lontano dal commentare quel che sta accadendo in medio oriente, però leggendo oramai giornalmente post, e non giornaletti del cazzo che raccontano la storiella a loro piacimento sotto pagamento di questo e di quello viva la libertà di stampa, dicevo, post sul genocidio che israele sta oramai da un mese buono applicando alla popolazione palestinese mi viene il voltastomaco, ma non per le immagini o i video di persone morte o mutilate di cui la maggior parte bambini, per quello twitter ci aveva ben addestrati, ma per lo schifo che vedo attorno a tutto quello che succede. Lasciando perdere i politici europei che oramai sono dei galoppini al servizio degli yankee, i giornali sopra citati idem, ma l'opinione pubblica è oramai inutile. Si ripete il copione ma all'inverso della guerra in ucraina, se per 8 anni i nazisti ucraini hanno massacrato i bonbassesi ed è stato tutto messo a tacere in modo che una volta che la russia invadeva era colpa sua, infatti se non avesse invaso sai che risate, però ci sono caduti con tutti i colbacchi. Quindi i cattivoni di turno erano loro, bombardamenti sui civili, ospedali, convogli di aiuti, centrali elettriche e pericolo per la centrale nucleare, e tante altre magagne che ci hanno ben raccontato per dipingerci il nemico numero uno russo come il peggiore, adesso quella guerra come sta andando? Boh, adesso il fulcro mediatico è israele, non sto qua a raccontarvi la storiella di sti qua che venivano trattati male da tutti, un motivo ci sarà stato, e che non avevano dove andare non avendo una terra tutta loro, allora con aiuti e finanziamenti sono andati a derubare la terra altrui, leggetevi la storia e quante volte l'ONU ha cercato di farli raggionare, sempre sfanculizzati. Nell'ultimo mese di questo genocidio gli israelini hanno fatto peggio dei russi in meno di 2 anni di guerra, ma nessuno ha il coraggio di dirlo, se lo dico io non ha molto peso, se lo dicesse qualche nome grosso forse e ripeto forse qualcuno aprirebbe gli occhi. Ma poi siamo sempre al giochetto che si ripete in occasioni come queste, cerchi di spiegare cosa è successo e vieni additato, etichettato, lapidato come putiniano/antisemita/talebano ecc ecc, questo perché? Non tanto per me o per te che se apriamo bocca e ci sentono in 10 non cambia nulla, ma è una pratica per quelli che possono realmente dare una vera spiegazione ed esporre i fatti per quelli che sono e non per quelli che vogliono farvi credere. Ieri ho visto un video di Pubble che forse ha beccato il punto della situazione, praticamente sia israele che gaza hanno in mare due giacimenti di gas molto grossi, ma mentre israele li sta già dando in mano ad aziende straniere, tra cui la nostra ENI, per quello palestinese è un attimo più complicato perché da quando sono stati scoperti gli israeliani hanno iniziato il blocco su gaza, rinchiudendoli in quello che è a tutti gli effetti un lager, qua ci vuole la frase dello zio Giulio "Se non avessi scelta e fossi cresciuto in un lager, diventerei terrorista anche io". Anche i partigiani per i nazi-fascisti erano terroristi. Mi fermo qua, però ricordatevi che i cattivi sono i russi.
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omarfor-orchestra · 8 months ago
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ciao, hai qualche opinione particolare sull'intervista a presta? quanto pensi che ama abbia fatto il merda, o sui meriti che lui vuole prendersi per sanremo?
Ciao! Allora diciamo che considerato il fatto che di punto in bianco sia voluto andare in un'altra azienda nonostante la Rai fosse ben disposta (quantomeno considerando l'introito che quest'uomo le faceva) a tenerselo stretto, io due domande me le faccio. La prima è se davvero le pressioni siano state eccessive, la seconda è se invece non fosse lui troppo esigente. Dopo l'intervista a Presta sono abbastanza propensa per la seconda, più che altro perché avrebbe senso, seppur non mi spiego l'avidità di potere (perché questo è ciò che esce dall'intervista) di Ama che addirittura chiedeva l'esclusiva dei programmi di daytime a quello di Civitillo. Ora, a me queste sono sempre sembrate un po' scuse, tipo le prime che ti vengono in mente per accusare qualcuno, però lui ribadiva di avere in mano tutte le documentazioni e le prove necessarie e penso sappia benissimo quali siano le ripercussioni di accuse del genere, specie se infondate.
Detto ciò, bellissimo il drama, ma sto vizio di fare diventare una cosa privata una questione di Stato mi rattrista abbastanza, perché poi l'obiettivo è mettere in cattiva luce qualcuno a prescindere dal resto. Io penso che quando Ama finirà definitivamente i programmi in Rai usciranno un bel po' di magagne, parecchi si toglieranno i sassolini dalle scarpe. Ovviamente questo significa che non si avrà mai una narrazione oggettiva dei fatti, purtroppo
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