#lutto e perdita
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Intermezzo di Sally Rooney: un viaggio nell'intimità della vita. Recensione di Alessandria today
Quando la perdita diventa un'occasione per riscoprirsi
Quando la perdita diventa un’occasione per riscoprirsi Il nuovo romanzo di Sally Rooney, intitolato “Intermezzo”, arriva sugli scaffali delle librerie italiane il 12 novembre 2024. La storia segue i due fratelli Koubek, Peter e Ivan, nel loro difficile percorso di elaborazione del lutto e nella ricerca di un nuovo equilibrio emotivo. Con la sua consueta abilità nel tratteggiare relazioni umane e…
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Tamara,
forse non ci crederai, ma la notizia della morte di papà mi ha colpito come un colpo d’accetta e mi ha messo in ginocchio. [...] Sono uscito da solo per le strade di Milano e non ho potuto fare a meno di pensare a lui, e anche se ti sembrerà impossibile, l’ho ricordato con affetto. È vero che per gran parte della vita c’è stata tensione tra me e papà, ma ho anche provato sentimenti del tutto opposti. Succede di provare emozioni contrastanti: può dirtelo anche il peggior coreografo. Per questo le cose che dici mi feriscono profondamente. È vero che la sera successiva ho danzato, ma per me, come sai, la danza è la cristallizzazione perfetta di ogni possibile emozione, non solo la celebrazione ma anche la morte, l’inutilità e la solitudine. Perfino l’amore è costretto a passare attraverso la solitudine. E così ho danzato per farlo vivere. Quando sono salito sul palco mi sono sentito liberato. Puoi decidere di non crederci, ma è la verità.
Colum McCann, La sua danza
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Cosa ne è della vita...
Funziona così la mente umana: riflette e si interroga sulle grandi domande della vita solo quando gli eventi hanno stravolto la vita stessa. È quello che è successo a me nel periodo più buio della mia vita, mi sono chiesta: cosa ne è della vita dopo la morte? In realtà è una domanda che mi sono fatta molte volte, ma adesso sento una forte esigenza di trovare una risposta quasi come se quella…
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Dicono che quando una persona ha compiuto la sua missione su questa terra, se ne va. Come se non avesse più nulla da fare qui. Siamo noi, che siamo ancora vivi, che dobbiamo trovare un senso al dolore, affinché non ci imprigioni e non ci faccia perdere di vista il nostro compito. Ma per ora dobbiamo avere pazienza. Prima di tutto, con noi stessi. Non esiste un manuale su come attraversare il nostro lutto. È personale e unico. E cercare di incasellarlo per la comodità degli altri non farà altro che prolungare indefinitamente la sofferenza e bloccarci in un pantano dal quale sarà difficile uscire. È necessario appoggiarsi alle persone che ci vogliono bene, come se fossimo bambini di nuovo. Abbiamo bisogno di loro per attraversare con fiducia questo sentiero sconosciuto, questo cammino misterioso che prima o poi tutti dovremo percorrere. Senza dimenticare, come disse C.S. Lewis dopo la perdita di Joy, che il dolore che ora sentiamo è parte della felicità di allora. Attraversare un lutto profondo è come rinascere. Ci sembra di attraversare un canale di parto oscuro, scivoloso, in cui ci sentiamo compressi, spaventati. In cui a volte non possiamo vedere la luce alla fine del tunnel. Ma un giorno sporgiamo la testa, vediamo il sole, altre facce ci sorridono. Ci rendiamo conto che non siamo soli. Che non siamo gli unici nell'universo ad aver sofferto una perdita. E, soprattutto, che i nostri cari che sono morti continuano a vivere nel nostro cuore. Il miglior omaggio che possiamo fare loro è vivere la nostra vita pienamente. Grati per il tempo che li abbiamo avuti accanto a noi e fiduciosi che un giorno saremo di nuovo insieme. Mi sarebbe piaciuto dirti addio.
(dal web)
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Dopo aver postato i miei addii alla chihuahua Minù e al gatto Alvin, scomparsi davvero troppo presto e a distanza di trentasei ore tra di loro, ho potuto constatare quanto la presunzione di superiorità dell'essere umano sia di quanto più lontano dall'essere davvero umani.
Semmai disumani.
Per molti lo strazio che alcuni esseri umani provano per la scomparsa di un animale domestico è una deriva.
Una preoccupante deriva, dove si pongono sullo stesso piano i nostri amici a quattro zampe con la vita di un altro essere umano.
Non credo che una persona psicologicamente equilibrata voglia mai paragonare la perdita di un cane o di un gatto con quella di un genitore, di un amico o un altro parente.
Ma resta sempre un dolore comunque, che può essere molto profondo se per la persona colpita dal lutto, l'animale, era tutta la sua famiglia. Nessun altro.
Un vuoto resta un vuoto.
A prescindere da tutto questo mio preambolo, per esperienza personale, posso dire che il vedere morire un essere umano e vedere morire un animale che ha condiviso la sua vita con te ha dei punti in comune.
Lo sguardo. Ti cercano come per avere la conferma che non saranno soli, in quel momento, che qualcuno a cui hanno voluto bene sia lì con loro.
Ho visto morire mio padre, mi ha guardato e poi con un sorriso ha guardato in alto ed è spirato.
La mattina che Alvin è morto ero uscito per un appuntamento di lavoro, dovevo portarlo al mio rientro dal veterinario eppure prima di uscire, mentre mi ero chinato su di lui per confortarlo, mi ha guardato e con la zampa mi tratteneva il braccio. Usando gli artigli.
Ho interpretato dopo, quando rientrando di corsa l'ho trovato riverso a terra, che probabilmente mi stava chiedendo di non andarmene. Di restare lì con lui.
Ho letto un post recente dove un veterinario affermava che 9 su 10 i proprietari di cani o gatti non vogliono assistere al trapasso dell'animale.
Che questi prima di essere sedati per il trapasso cercano con lo sguardo colui, o colei, per cui è valsa la pena vivere scodinzolando o facendo le fusa.
Molti credono che gli animali non abbiano un'anima, eppure animale è una parola che viene dal latino "animalis" che vuol dire "animato" o qualcosa che crea la vita. Affine al greco "anemos" (vento, soffio) e al sanscrito "atman", di uguale significato.
Anche mio padre cercò qualcuno e c'ero solo io. Altri erano usciti dalla stanza. Qualcuno addirittura se n'era andato, con una scusa.
Eppure l'essenza della riconoscenza verso un'anima sta proprio nello stargli vicino, quando quell'anima lascerà il suo corpo terreno.
Non si dovrebbe privare nessuno di questo riconoscimento, a meno che la morte non giunga inaspettata e all'improvviso sia chiaro.
Nel corso della propria esistenza le persone hanno svariati interessi e priorità. Ma per gli animali, quello che noi definiamo il loro padrone, è la cosa più importante di tutto. Di tutti.
Lo sguardo degli umani, durante l'esistenza, cambia a seconda dei sentimenti. Che sia amore o rabbia, a volte anche odio.
Ma nel momento in cui una persona capisce che è giunta la sua ora cerca il perdono, oppure di perdonare.
Un cane o un gatto non si devono far perdonare nulla da chi li ha amati. Ti guarderanno con lo stesso sguardo del primo giorno che li avrete visti. Con amore incondizionato.
Perché nell'attimo in cui se ne vanno, inizia il ricordo e l'amore si consolida nel cuore. Per alcuni umani invece rimane anche una parte di rabbia e di cose incompiute.
E nell’attimo in cui tutto finisce, niente finisce
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L'INCOMPRENSIONE RECIPROCA
G. I. Gurdjieff diceva: "Prima di discutere con qualcuno occorre realizzare fino a che punto quella persona può capire le nostre parole. Il parlare nonostante l'impossibilità di essere compresi dall'altro è sempre una perdita di tempo e di energia. Chi è consapevole, parla solo quando è certo che chi ascolta è in grado di comprendere."
La malcomprensione è la regola tra gli esseri umani. Dalla più piccola lite alla guerra in larga scala. Perché? perché ogni parola assume per ognuno di noi un significato diverso a seconda del proprio vissuto e sopratutto dal livello di coscienza soggettivo. Ecco perché non comprendersi, tra le persone, e' la norma.
Se credete che ogni essere umano debba comprendere le vostre parole o quelle dei Maestri, come arrivano a voi, vi illudete. L'illusione è un fenomeno mentale che ci allontana dalla realtà e dalla sua complessità. La vita segue una sua "logica" che va oltre il nostro concetto di "giusto" e "sbagliato". La vita non è morale e nemmeno immorale ma amorale.
Le nostre credenze sulla realtà non sono la realta' "oggettiva" ma una sua rappresentazione interna delle nostre credenze. Una credenza è un costrutto mentale inserito nella nostra mente dall'esterno. Noi entriamo in conflitto per le credenze che sono spesso più idee che esperienze.
Una persona che, per esempio, non ha mai vissuto l'esperienza dell'amore incondizionato o del perdono potrà parlarne sul piano analitico ma non può sapere di cosa parla se non è passato per quella esperienza. Lo stesso vale per la sessualità, la malattia e il lutto. Come può un prete parlare di sesso senza averlo provato? Come può un terapeuta curare un depresso senza aver mai esperito una depressione?
Esperire vuol dire morire a se stessi… passare attraverso l'esperienza… per andare oltre la logica razionale. Per crescere bisogna morire alle proprie credenze.
Non credete a nessuno, neanche alle parole dei cosiddetti "Maestri" o a quelle che, secondo voi, sono le autorità o si proclamano tali. Non credere neanche a te stesso ma credi solo all'esperienza… nessuno può dirti cosa è giusto o sbagliato e tu non puoi dire a nessuno cosa è giusto o sbagliato.
Decidi cosa è "giusto" o "sbagliato" per te attraverso l'esperienza e prenditi la responsabilità della tua vita ma ricorda che nessuno potrà comprenderti veramente perché siamo sempre soli nella nostra esperienza.
Le parole sono il mezzo con cui comunichiamo anche se ci scontriamo perché utilizziamo termini diversi, secondo noi oggettivi, per dire a volte la stessa cosa. Quello umano è un mondo intersoggettivo e la relazione si basa proprio sulla negoziazione del significato delle parole. E' nella relazione che si costruiscono i significati. Ma la relazione non è fatta solo di parole, anzi le parole spesso ci allontanano.
Le parole dette senza coscienza feriscono, uccidono.
Funzioniamo così: "io ho ragione, secondo i miei schemi mentali, mentre l'altro ha torto perché ha schemi mentali diversi dai miei". Questo fenomeno è amplificato sui social dove ci si irrita, si giudica, si offende l'altro per imporre la propria visione del mondo.
L'Arte, per esempio, nasce all'anima perché usa il linguaggio simbolico che è universale e arriva direttamente al cuore… quella che viene definito "Centro Emotivo Superiore" da Gurdjieff. Senza una comunicazione da cuore a cuore gli esseri umani sono impossibilitati a comunicare.
Dovremmo imparare il valore del silenzio, non per presunzione, ma perché è necessario capire se quello che voglio dire l'altro possa capirlo veramente oppure no.
Ho speso tanto tempo e fiato con persone che pensavo potessero e dovessero capirmi e ho compreso che a sbagliare ero io. Non puoi parlare a chi è sordo e non puoi mostrare il tuo mondo interiore a chi è cieco. Non puoi pretendere che l'altro ti capisca… perché l'altro non è te. L'altro è diverso da te. L'altro non è dentro di te.
Le donne vorrebbero che gli uomini le capissero… gli uomini che le donne li capissero… gli islamici che i cristiani li capissero… i cristiani che gli islamici li capissero… i buddhisti che gli islamici li capissero… è sempre stato così ma niente è mai cambiato.
Chi ha deciso di "svegliarsi" e compiere un lavoro su di sé è pronto per cogliere la verità a seconda dell'impegno che mette nel conoscersi. La Verità non si ottiene volendo avere ragione a tutti i costi e urlandola agi altri ma ascoltando più i silenzi che le parole. Nel silenzio in cui Dio stesso si esprime.
Tiziano Cerulli
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non pensavo di stare così male dopo la perdita di mia nonna, non sapevo quanto doloroso fosse un lutto, ma ora ogni cosa mi ricorda lei; persino una stupida bottiglia di cedrata mi fa venire in mente tutte le volte che la imploravo di bere acqua e non solo quella maledetta bibita. mi fa male pensare che ora non potrò più entrare in quella casa sorridendo e correndo a darle un bacio. mi fa male sapere che non potrò più andare da lei con luca e sentirle dire che lui è stata la mia fortuna e di sposarci presto, perché voleva regalarmi l'abito da sposa, ma soprattutto di non litigare e di amarci tanto, come lei ha amato il nonno. mi fa male realizzare che non mi dirà più di avvicinarmi al suo letto per dirmi: "sei la mia bambolina. tutte le mie amiche ti vedevano e mi dicevano: «hai una nipote stupenda». sei il mio orgoglio.", mi fa male sapere che non potremo più ridere assieme per degli episodi divertenti accaduti mentre eravamo in vacanza assieme o nella semplice quotidianità.
come si supera un tale dolore? perché mi sento estremamente vuota e confusa.
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Sono sempre più consapevole del fatto che la morte di mio padre mi abbia prosciugato da ogni sentimento di lutto. Che sia un cantante o attore che seguivo o mi piaceva, un semplice conoscente o addirittura un parente, non riesco più a soffrire per la perdita. Mi dispiace, sì, ma niente a che vedere con il dolore che ho provato quando è stato lui ad andarsene.
Ho paura che dentro di me si sia rotto qualcosa, e che non si riparerà mai più.
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La guerra scaturisce da una difficoltà del politico a trovare un patto, un accordo capace di comporre i conflitti e le differenze. C'è guerra quando c'è fallimento del politico. Ma il politico agisce sempre sullo sfondo di un lutto. Quale? Non esiste un solo pensiero, una sola visione del mondo, una sola etnia, una sola cultura, ecc. Il politico deve affrontare l'assenza di un fondamento che contrassegna la vita collettiva. La guerra, invece, procede lungo una strada alternativa a quella del lutto. Anziché simbolizzare il lutto per la perdita di fondamento (perdita dell'Impero, perdita dei vecchi confini, perdita dell'essere l'unica nazione, perdita di prestigio, perdita di controllo) si individua un nemico esterno e si dichiara guerra... In questo caso, un meccanismo paranoico prende il posto di un lutto mancato. Se analizza la guerra russo-ucraina o quella scatenata da Hitler trova, alla base, lo stesso fenomeno paranoico: rigetto del lutto interno e proiezione all'esterno di un nemico mortale.
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Non chiedere ad una persona in lutto di essere forte quando non può esserlo.
Non consigliarle di non piangere, perché le lacrime fanno parte del dolore.
Non comparare la sua perdita con un'altra, perché ogni lutto è unico e personale.
Non la spingere a contenere le proprie emozioni, perché sarebbe come aggiungere più peso.
Accompagnare nel dolore non significa incoraggiare per mandare via il suo dolore.
Il silenzio molte volte può toccare con rispetto l'anima di chi sta soffrendo.
Anonimo
@unmeinoakaito
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"Per Amore di Margot" di Iana Pannizzo. Un viaggio intimo nell'elaborazione del lutto e nella ricerca di pace interiore. Recensione di Alessandria today
"Per Amore di Margot" di Iana Pannizzo è un romanzo psicologico intenso e struggente che esplora i complessi meandri del dolore e della perdita.
“Per Amore di Margot” di Iana Pannizzo è un romanzo psicologico intenso e struggente che esplora i complessi meandri del dolore e della perdita. Ambientato nella suggestiva cornice del Lago delle Brume, tra le Alpi occidentali, il romanzo segue la storia di Ugo Barbieri, uno scrittore che ritorna nell’Hotel Animaro dopo la tragica morte della moglie Margot, annegata in quelle stesse acque un anno…
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Tratto dalla pagina FB di Patrizia Coffaro PERDERE LA STIMA: UN DOLORE DA ELABORARE
La perdita di stima nei confronti di una persona a cui teniamo è un'esperienza emotiva estremamente complessa e dolorosa. Spesso, la stima verso qualcuno è costruita su una base di fiducia, rispetto e ammirazione, elementi che richiedono tempo e interazioni significative per formarsi. Tuttavia, quando questa fiducia viene tradita o disillusa, la sensazione che ne deriva può essere devastante.
Quando ci accorgiamo che una persona non è all'altezza delle nostre aspettative o, peggio ancora, ci delude profondamente, possiamo provare una vasta gamma di emozioni: tristezza, rabbia, delusione, e persino un senso di tradimento. Questo processo può essere paragonato al lutto, dove ci troviamo a dover elaborare la "perdita" di quell'immagine idealizzata della persona, che non corrisponde più alla realtà.
Queste dinamiche emotive non restano confinate solo nella sfera psicologica, ma possono avere ripercussioni significative anche sulla salute fisica. Quando viviamo una delusione così intensa, il nostro corpo può reagire a questi sentimenti con un aumento dello stress, che può manifestarsi in una varietà di modi, tra cui insonnia, mal di testa, tensioni muscolari, peggioramento di malattie pre-esistenti e problemi digestivi.
Lo stress cronico, in particolare, è noto per essere un fattore di rischio per numerose condizioni di salute, come malattie cardiovascolari, depressione, ansia, e disturbi del sistema immunitario. La delusione e la perdita di stima possono inoltre portare a una riduzione dell'autostima, rendendoci più vulnerabili a ulteriori problematiche emotive e di salute.
È importante, quindi, prendersi del tempo per elaborare queste emozioni, confrontarsi con esse e, se necessario, cercare supporto attraverso amici, familiari o professionisti della salute mentale. Elaborare il dolore della delusione non solo ci permette di guarire emotivamente, ma può anche prevenire conseguenze negative sulla nostra salute fisica a lungo termine.
In sintesi, perdere la stima in una persona è un processo doloroso che, se non affrontato adeguatamente, può avere un impatto significativo non solo sulla nostra psiche, ma anche sul nostro benessere fisico. Prendersi cura di sé durante questo periodo è fondamentale per ritrovare equilibrio e serenità.
Non abbiate aspettative e non sarete mai delusi.
XO - Patrizia Coffaro
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Caro Babbo Natale...
Oggi che è Pasqua, trovo la forza di parlare del Natale. Il tempo scorre inesorabile e la vita continua. Ed è arrivato Natale, così come Pasqua. E cosa sono le festività se non le grandi amplificatrici di tutte le emozioni? “Quest’anno a Natale non scendo giù in Sicilia!”. Mio padre da un letto del Policlinico di Milano, aveva maturato questo pensiero. “Papà ma che dici? Perché non dovresti…
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Sharon, bimba di 18 mesi muore in ospedale dopo il ricovero: «Un angelo è volato in cielo» Dramma assurdo in provincia di Caserta. La comunità di Santa Maria a Vico è sotto choc per la morte della piccola Sharon L., bambina di diciotto mesi di Santa Maria a Vico deceduta nel reparto di Pediatria dell’ospedale Civile di Caserta. La bimba era arrivata venerdì mattina al pronto soccorso pediatrico casertano, accompagnata dai genitori, disidratata e con vomiti. I medici di turno avevano disposto il ricovero nel reparto di Pediatra. Sharon aveva i parametri normali come si evince dalla cartella clinica; ma la mattina di domenica sono sopraggiunti nuove difficoltà respiratorie. Il medico rianimatore e il cardiologo di turno sono intervenuti cercando di capire cosa stesse realmente accadendo. Ma, nel giro di qualche minuto, nonostante le manovre rianimatorie, il cuoricino della bambina ha smesso di battere. Poco prima, i medici di Caserta avevano chiesto il trasferimento all’ospedale Monaldi di Napoli essendo la situazione apparsa molto critica. Il lutto ha colpito due comunità: Santa Maria a Vico e Arienzo «Una notizia triste per due comunità, unite dal dolore per la scomparsa improvvisa di un piccolo angelo volato in cielo - commenta il sindaco di Arienzo Giuseppe Guida - A nome mio e di tutta l'Amministrazione Comunale, le più sentite condoglianze ai genitori e alla famiglia». Anche la protezione civile arienzana "si associa al dolore che ha colpito la famiglia Lettieri", si legge in un post sui social. Anche l'istituto Galilei di Arienzo, dove il nonno lavora come collaboratore scolastico, "partecipa al lutto che ha colpito la famiglia per la prematura perdita".
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E se invece, diversamente da quello che pensa Freud, il lavoro del lutto non potesse mai compiersi definitivamente?
Se, in altre parole, ogni lavoro del lutto portasse con sè qualcosa di incompiuto, un resto, uno scarto, qualcosa che non si lascia affatto dimenticare?
Se, insomma, non esistesse alcuna possibilitá di cancellare la cicatrice melanconica che il trauma della perdita ha inciso in noi?
Esiste in noi la possibilità di una disposizione esistenziale capace di elaborare e integrare il negativo.
È il lavoro di un’opera di trasformazione, di generazione di valore, di riconfigurazione della forma del mondo.
Se il lutto resta senza lavoro, non c’è possibilità che esso giunga al suo termine.
La nostalgia cosí può aprirci sull'avvenire, a partire da una visitazione che viene dal passato.
È una nostalgia che esprime gratitudine.
È la nostalgia provocata dalla luce delle stelle morte.
Il ritorno del passato non genera in questo caso un ritorno conservativo a ciò che è stato, non genera nemmeno il desiderio del ritorno - perchè non c'è alcun luogo a cui ritornare - perchè il corpo celeste della stella è definitivamente morto - ma infonde una luce nuova, riattiva la promessa di un incontro che insiste, che non si spegne, che ci sprona a vivere con ancora piú vita.
Massimo Recalcati
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Mi rendo conto di quanto sia complicato l'elaborazione di un "lutto" e di quanto tempo realmente ci voglia per metabolizzarlo. Lutto virgolettato perché non mi è morto nessuno di recente, ma di nuovo la mia ex mi ha comunicato che ci sta riprovando con un'altra persona. Al di là della necessità di comunicarlo, che trovo iniqua e alquanto stronza (anche se da parte sua è un modo per stare a posto con la sua - non mia - coscienza), tale notizia dimostra di quanto la sua presenza mentale ed affettiva sia radicata dentro di me, nonostante tutto il male che ci siamo fatti, tutto il male che ho subito, prima, durante e dopo. E' come se avessi maturato una dipendenza affettiva che ha dell'inspiegabile (o forse semplicemente no) tale da definirla, a mente fredda e lucida, un rapporto ad alta tossicità. E come un vero tossico, ogni qual volta che sembra delinearsi un distacco definitivo tra noi io mi sento vacillare. Questa volta meno perché sto molto combattendo con le mie "debolezze" ma ogni volta è come se se ne andasse via un altro pezzo di me. Una vera e propria perdita, a tutti gli effetti un lutto. In questi anni di pseudo distanziamento, abbiamo cercato di costruire un rapporto quanto più simile a quello di un'amicizia: ci siamo fatti compagnia nei momenti di solitudine, abbia condiviso eventi e qualche uscita, ci siamo cercati nel momento del bisogno, per confidarci o chiedere lumi sui problemi che ci tormentavano in quell'istante (e noi siamo persone dai tormenti facili). Insomma il nostro legame non si è mai veramente interrotto. In qualche maniera lo abbiamo consciamente ed incosciamente alimentato, sempre dicendoci (lei molto meno di me, anzi) che tornare insieme non era il caso, che eravamo stati troppo autodistruttivi, che avremmo dovuto vivere le nostre vite. Vite che in qualche modo abbiamo cercato di riafferrare, di vivere indipendentemente l'uno dall'altro, sperando che prima o poi si riuscisse a vivere qualcosa di diverso e con qualcun altro. Ma gira e volta, si tornava alla fine sempre al punto di partenza, e quindi si ricominciava dall'uscita settimanale, dal teatro, dall'andare al mare... abitudini apparentemente innocue e che invece ci ha tenuto insieme per altri 7 anni. Ed ora? ora... e non lo so ora. So solo che è qualche giorno che mi risento strano, monco per qualcosa che mi auguravo da tempo accaddesse davvero, perché non me la sento di vivere affetti e situazione come se avessi sempre un convitato di pietra accato a me. Ed invece lei è lì, fissa nel cuore e nella mente. Mi dico "passerà", me lo auguro sinceramente e cerco di fare altro per non pensarci, ma il senso di perdita stenta a passare. Il senso di vuoto pure.
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