Capitolo Bonus La Corte Di Nebbia E Furia Nessian
Avviso: Partendo dal presupposto che non ho studiato per diventare traduttrice, quindi ci saranno SICURAMENTE dei possibili errori di traduzione, grammatica, punteggiatura e/o ortografia, questa è la mia versione tradotta in italiano dei capitoli bonus dei libri di Sarah J. Maas.
Introduzione: Per Cassian, lo sfacciato, bellissimo generale delle armate di guerra Illyrian di Rhysand, avere a che fare con il sesso opposto era sempre stato facile e piacevole. Ma quando venne inviato nel reame umano per mandare un messaggio per conto del suo Signore Supremo, Cassian si trovò contro la tenace sorella maggiore di Feyre, Nesta. Sinceramente, Cassian non vedeva l’ora di avere un altro round contro la bellissima Nesta dal loro primo incontro particolarmente teso di qualche settimana prima, anche se non l’avrebbe mai ammesso a nessuno, tantomeno a sé stesso.
E Cassian non avrebbe sicuramente ammesso di aver finalmente trovato qualcuno che non sarebbe riuscito facilmente a sedurre con uno dei suoi sorrisi smaglianti o la sua costante arroganza.
Continua a leggere per scoprire cosa è successo al secondo incontro privato e perché il generale del Signore Supremo si è rifiutato di divulgare alcun dettaglio di ciò che è accaduto, una volta tornato alla Corte della Notte.
Non è che stesse cercando una zuffa, continuava a dirsi Cassian mentre volava in cerchio per la quinta volta sulla vasta tenuta, nonostante il freddo d’inizio primavera, così brutale da poter togliere il respiro persino al più grande guerriero Illyrian. Rhys aveva chiesto a lui di consegnare la sua ultima lettera alle regine umane, dato che Az era impegnato a cercare un modo per penetrare in qualunque dannata difesa che fosse stata piazzata attorno al loro palazzo, e Mor non voleva mettere piede nel reame umano a meno che non fosse strettamente necessario. Amren, naturalmente, era fuori questione, per il semplice fatto che si trattava di Amren e sarebbe stato come mandare una volpe in un pollaio. Quindi restava lui.
In realtà anche Feyre, ma lei e Rhys erano… impegnati.
E, sinceramente, aveva accettato di andare un po’ troppo velocemente, ma… Cassian osservò la tenuta, il terreno fangoso che si stava scongelando, il villaggio poco lontano e la fitta foresta in gemmazione. Se n’era andato dall’ultimo incontro senza sapere in che posizione fosse o chi avesse il coltello dalla parte del manico. E, che la Madre lo dannasse, nelle ultime settimane, si era ritrovato a pensare ad ogni parola che si era scambiato con Nesta, in continuazione.
Nessuna di esse era stata piacevole, ogni sillaba uscita dalla bocca di lei era stata pungente e crudele e… Cassian sbuffò, caldi viticci che sparirono nel vento. Non riusciva a decidere quale fosse la cosa peggiore: che ci avesse pensato così tanto o il fatto di essere corso fin lì così in fretta. Ed ora stava… bighellonando.
Il pensiero lo fece andare in una veloce, quasi imprudente, picchiata verso la tenuta dal tetto verde, la sua magia di occultamento lo rese poco più di un soffio di vento ed un battito d’ali. I cavalli nelle stalle vicine si agitarono e nitrirono mentre si avvicinava, ma i loro custodi controllarono i dintorni, ma non notarono niente e ritornarono al loro lavoro.
Cassian cercò di non pensare a quanto semplice sarebbe stato, a come quella mancanza di attenzione e di istinto sarebbe costata le loro vite se il muro fosse stato distrutto. Nel caso in cui qualcuno come lui avesse reso quella tenuta un terreno di caccia.
L’aveva visto accadere durante l’ultima guerra, non che ci fossero molti umani abbastanza ricchi da avere una proprietà. Ma aveva visto ciò che era rimasto di interi campi di schiavi quando un Fae decideva di divertirsi un po’. Bastò quel pensiero per fargli serrare la mascella e concentrarsi sulla porta di fronte a lui.
Il giorno prima avevano avvisato sull’orario esatto in cui sarebbe giunto. Quindi, quando bussò, non passò altro che un istante prima che la porta venisse spalancata.
Il brusco movimento gli bastò per capire quale sorella era in attesa del suo arrivo.
Dato che era ancora celato dalla magia, Nesta Archeron, con il suo volto perfetto, non vide altro che qualche chiazza di neve sul prato fangoso ed il vialetto in pendenza che lo attraversava, il pietrisco che luccicava per il ghiaccio che si stava sciogliendo. Aprì con disinvoltura la porta per farlo passare, mentre diceva alla governante maledettamente curiosa che non c’era nessuno alla porta e che il rumore che avevano sentito non era altro che il vento.
Giusto. Se avessero fatto lasciare la casa da tutti i servitori così spesso, avrebbe fatto aumentare i sospetti più del previsto. Soprattutto con l’altra sorella fidanzata con quel coglione di un cacciatore di Fae.
La governante corse nell’atrio immacolato per accertarsi che non ci fosse nessun’altro, ma Nesta le disse solo che sarebbe andata al piano di sopra e che non voleva essere disturbata per un’ora. La donna aprì la bocca per obiettare, ma Nesta con la sua impressionante monotonia ripeté il suo ordine ed iniziò a salire la gradinata coperta da una passatoia.
Gli occhi della governante si assottigliarono mentre guardava la sua giovane padrona andarsene, e Cassian mantenne i suoi passi il più leggeri possibile, mentre superò la vecchia signora e saliva le scale.
Era così concentrato a non fare rumore e a tenere le ali strette al suo corpo affinché non andassero a sbattere contro qualcosa, che notò a malapena il pesante abito viola chiaro, più semplice rispetto agli altri che aveva visto addosso a Nesta, con il corpetto abbastanza stretto da mettere in risalto la vita magra e le maniche aderenti che mostravano le esili braccia. Aveva una corporatura più magra rispetto a Feyre ed Elain, eccetto per i generosi seni che aveva notato quando Nesta aveva raggiunto la cima delle scale ed aveva girato a sinistra.
Non che fosse rimasto a fissarli. Troppo.
Per il resto del mondo Nesta stava solo ciondolando verso la sua stanza, forse un po’ irritata e leggermente barcollante. Ma una volta entrata nella spaziosa stanza da letto, adornata da velluto e sete di varie sfumature di blu e argento, e chiuse la porta di quercia subito dopo, la sua posizione stanca e afflosciata svanì.
E così fece l’occultamento di lui.
Un battito di palpebre fu l’unica reazione di sorpresa da parte di lei, e lui potrebbe o meno aver aperto un po’ le ali mentre lei lo osservava.
«Sei in ritardo di dieci minuti» lei disse solo, spostandosi nell’angolo più lontano della stanza, dove un fuoco bruciava, contrastando il freddo d’inizio primavera. Dove il rumore delle fiamme avrebbe potuto coprire le loro voci. Ragazza intelligente.
«Ho anche altri doveri, sai» rispose lui, tenendo il tono di voce basso e facendole un sorriso.
Tipo girare intorno alla casa perché doveva compilare una lista di insulti da rivolgerle per controbattere a quelli di lei durante una litigata campata per aria. Come un completo idiota.
«Ed io che pensavo» disse Nesta, un pilastro di ghiaccio ed acciaio di fianco al focolare «di averti sentito volare qui attorno per dieci minuti. Deve essere stato un piccione che si è incastrato in uno dei camini.»
Cassian restò a fissarla. E lei fissava lui.
Sentì che stava iniziando ad agitarsi per quelle parole, alla perfezione di lei. Un’arma fatta persona, ecco cos’era.
Sorrise lentamente, in maniera perfida, proprio nel modo in cui aveva capito che le faceva vedere rosso. Un sorriso che aveva subito capito le avrebbe fatto tirare fuori quei suoi begli artigli. «Ciao, Nesta. È bello vederti.»
Nessuna reazione, neanche un cambiamento nel suo odore dopo quel sorriso che solitamente faceva scappare i suoi nemici. Niente, a parte un fremito delle narici. «Come sta mia sorella?»
“Sta guarendo” quasi disse. “Cerca di scappare dal fatto che si sta innamorando di Rhys e sta deliberatamente ignorando il fatto che lui è innamorato di lei da davvero molto tempo. Che tutti i segnali indicano che sono compagni, ma non sono così stupido da dirlo a nessuno dei due.”
Quindi disse solo: «È impegnata.»
La sua gola si mosse leggermente. «Così impegnata da non degnarsi nemmeno di venire a trovarci, a quanto pare.»
«Feyre ha già abbastanza di cui occuparsi, tra la situazione in cui ci troviamo con Hybern e tutto il resto.»
Il fuoco fece risplendere d’oro i capelli di Nesta quando ella inclinò la testa di lato. Un predatore che giudicava un valido avversario. «E quale sarebbe il tuo ruolo in tutta questa storia?»
Cassian allargò i piedi sul pavimento. «Comando le armate di Rhys.»
Gli occhi grigio-azzurro di lei guizzarono verso di lui in un modo tale che avrebbero potuto tagliare le palle ad un maschio inferiore. «Tutte quante?»
«Quelle importanti.»
Lei sbuffò e guardò verso il fuoco. Certamente un modo per sminuirlo.
Cassian si irrigidì. «E cos’è, esattamente, che tu fai che abbia importanza?»
La testa di lei scattò verso l’alto. Oh, aveva colpito il bersaglio.
«Perché dovrei preoccuparmi di difendermi» disse Nesta con un gelo letale «da un maschio che è così gonfiato dal suo senso d’importanza al punto che c’è a malapena spazio nella stanza per la sua enorme testa?»
Fu il turno di lui di sbattere le palpebre, sorpreso.
Poi si trovò a muoversi verso di lei, con lunghe falcate, passando sul tappeto ornato che si trovava tra di loro. Lei non indietreggiò neanche di un passo. Alzò solo il mento per incontrare il suo sguardo mentre torreggiava su di lei, aprendo leggermente le ali, sibilando: «Hai qualche notizia dalle regine?»
Le sue sopracciglia si appiattirono. «Generale delle armate del Signore Supremo, ma rimani comunque un bruto. Non puoi intimidirmi con le parole, quindi cerchi di farlo con la tua imponente corporatura.»
“Imponente…”
«Hai più bisogno di me di quanto io ne abbia di te. Quindi ti consiglio semplicemente di concordare con me, ripiegare quelle ali da pipistrello e chiedere gentilmente.»
Lui non lo fece.
Ma fece un passo in avanti, appoggiando una mano contro il caminetto, avvicinandosi abbastanza da inalare il suo profumo.
Lo colpì con una tale intensità che a malapena riusciva a concentrarsi e gli ci vollero cinquecento anni di addestramento per costringersi a guardarla negli occhi, piuttosto che far roteare i propri all’indietro, per restare fermo invece di nascondere il volto nell’incavo tra il collo e la spalla di lei, per trattenersi dall’avvicinarsi, dal… toccarla.
Le guance di Nesta non si arrossarono alla poca distanza che li divideva, poco più di una spanna tra i loro volti.
Era giovane, ventidue, ventitré anni al massimo. Ma era mai stata con un uomo? Non gli sarebbe dovuto importare, né avrebbe dovuto chiederselo, non faceva differenza, ma… di solito riusciva a capirlo. Ma lei… Cassian non riusciva proprio a decifrarla. Quindi sporse la testa verso di lei, i capelli scuri che gli coprirono le sopracciglia, e mormorò: «Ci sono altri modi in cui posso essere gentile, Nesta Archeron.»
Quel maschio Fae, Cassian, era pericoloso.
Ovviamente era pericoloso nei modi in cui ci si aspetterebbe: alto, muscoloso, esperto con le armi e in guerra. Poi c’erano quelle enormi ali ed il piccolo dettaglio che fosse un letale guerriero Fae ai servigi del più potente Signore Supremo della storia. Un Signore Supremo a cui sua sorella era legata e di cui si stava innamorando, se ci aveva visto giusto. Era chiaro che lui fosse già follemente innamorato di lei.
Ma Cassian era pericoloso per tutt’altra ragione. Non per il bellissimo viso, ma per quegli occhi nocciola… tendevano a valutare tutto e tutti.
Rimase attaccata al caminetto, il fuoco crepitante era incredibilmente caldo sul suo lato sinistro mentre Cassian torreggiava su di lei, abbastanza vicino da condividere la stessa aria. Nesta contò i propri respiri. Resse quello sguardo, decisa a non permettergli di vedere troppo in profondità. Era meglio tenerlo distratto con parole pungenti, allontanandolo completamente.
O con quello. L’offerta che le aveva rivolto, la prova.
Senza dubbio un modo per trovare un’altra debolezza. C’era un modo per superare le sue difese su quel fronte?
Doveva solo essere gentile. Un sorrisetto le incurvò le labbra.
«Se volessi le zampe di un maschio addosso a me» disse Nesta, rifiutandosi di abbassare il mento «andrei direttamente da uno dei nostri segugi.»
Quell’insopportabile sorriso rimase e Cassian puntò dritto alla gola quando chiese: «Sei mai stata con un maschio, Nesta?»
Mentire o dire la verità, cosa le avrebbe portato vantaggio? Quindi disse solo: «E tu?»
Cassian sbuffò e quel respiro le sfioro le labbra. «Te l’ho chiesto prima io, dolcezza.» Inclinò la testa di lato, i capelli scuri come la notte gli scivolarono sulle sopracciglia, come seta. «A meno che tu non preferisca le femmine?»
Non sarebbe stato affatto un insulto se fosse stato così, ma era stato abbastanza una provocazione da portarla ad appoggiare spudoratamente una mano sul petto di lui.
Muscoli scolpiti giacevano sotto le strette pelli da combattimento, il suo calore che irradiava nel suo palmo. Fuoco, le ricordava fuoco reso persona. Premette leggermente sul suo petto, la mano che in qualche modo sembrava ancora più piccola in contrasto all’ampiezza di quel torso.
Un assassino addestrato, nato e cresciuto come un predatore.
Arrogante per natura.
Quando lei osò muovere un passo in avanti, Cassian si raddrizzò, costretto a farlo solo perché se non l’avesse fatto, non ci sarebbe più stato spazio tra le loro bocche. «Non sono affari tuoi chi e cosa preferisco.» disse. «Tantomeno…»
«Non hai risposto alla mia prima domanda. O tutte queste domande sono solo un diversivo?»
«Secondo te?»
«Ed ecco un’altra domanda.» Fece un sorriso presuntuoso.
E facilmente lei la trovò, la risposta che sapeva l’avrebbe attanagliato.
Nesta premette il proprio corpo contro quello di lui, sfiorandolo appena, ma bastò per farlo irrigidire. Per far dilatare le sue pupille al punto che quasi divorarono quelle iridi nocciola. Mormorò: «No, mai.» Era vero. La sua mano spinse contro il petto coperto di pelli. «Perché avrei dovuto? Appena sono maturata mi sono trovata circondata da bruti e bastardi di basso rango. Ho preferito usare la mia mano piuttosto che insudiciarmi con le loro.»
Qualunque divertimento svanì. Avrebbe potuto giurare di sentire la freccia celata nelle sue parole colpire il proprio bersaglio. Aveva capito abbastanza delle sue origini. Quindi gli disse la verità, rivestendola di lame pronte a ferirlo se si fosse soffermato a pensarci su troppo a lungo.
No, non era mai stata con alcun maschio, né Fae né umano. Tomas voleva farlo, e lei… una parte di lei sapeva che non ci sarebbe stato un futuro con lui. Sapeva del suo odioso padre e del fatto che lui non aveva fatto nulla per evitare che quell’uomo picchiasse sua madre. Aveva a malapena lasciato che Tomas la baciasse, ed il giorno in cui lei aveva messo la parola fine alla loro relazione, lui aveva cercato di…
Deglutì, chiudendo fuori il ricordo di ciò che lui aveva detto e fatto. Il rumore del suo abito che si strappava. No, non si era giunti a quel punto, ma… il puro terrore di quei momenti in cui lui ci aveva provato, prima che lei urlasse e si liberasse con le unghie e con i denti. E non lo disse a nessuno.
Qualcosa doveva essere cambiato nella sua espressione, nel suo odore, perché il fastidio di lui svanì, no, mutò. In qualcos’altro, qualcosa… rabbia.
Questo era ciò che si vedeva sul volto di Cassian.
Pura, cocente rabbia.
Le tolse il fiato, cancellando qualunque sentore che avesse lei il coltello dalla parte del manico quando lui tagliò corto «Chi è stato?»
Odiava Tomas, lo odiava al punto che a volte sperava che venisse investito da un carro, ma non avrebbe augurato a nessuno il genere di morte che gli occhi di Cassian promettevano.
«Non so di cosa tu stia parlando» rispose e fece per ritirare la mano.
Lui la afferrò, prima che potesse registrare il movimento, bloccandola lì.
Era come se il suo cuore stesse galoppando, un rimbombante, potente galoppo.
Pericoloso, pericoloso, pericoloso era quel maschio.
Solo per il fatto che la faceva sentire senza controllo. Che non aveva idea di cosa lui, cosa lei, avrebbe fatto se l’avesse trovata vulnerabile per un solo istante.
«Qualcuno ti ha fatto del male» disse, la voce così gutturale che lo comprese a malapena.
L’ira, l’assoluta fermezza in cui si ergeva, era così quando stava per uccidere. Quando voleva uccidere.
Mano contro mano, i calli che la graffiavano.
Lei non gli rispose. «Cambierebbe qualcosa se qualcuno l’avesse fatto? Mi metterebbe in una luce diversa? Mi tratteresti diversamente?»
«Mi farebbe dare la caccia a quella persona per spezzargli ogni osso che ha in corpo.»
Un brivido le percorse la spina dorsale, non per paura di lui, ma per la verità celata in quella promessa. La sincerità.
«Non mi conosci» disse lei. «Perché dovresti preoccupartene?»
Cassian ringhiò, avvicinandosi ulteriormente, la sua mano che stringeva quella di lei, poi si fermò. Come se la domanda stesse penetrando. Come se la realtà stesse penetrando. «Lo farei per chiunque.»
Sapeva che diceva sul serio, che l’avrebbe fatto.
Forse era quello che la snervava, che la portava a volerlo ferire. L’assoluta sincerità. Il fatto che onorava le sue promesse e che non ne faceva alla leggera. Che vedeva e diceva la verità, e quando la vide il primo giorno, giudicò le sue… azioni di quando vivevano nella loro vecchia casa.
La sua codardia, l’egoismo. La rabbia che l’aveva consumata, al punto da portarla a volere tutti tremendamente affamati, solo per vedere se il loro inutile padre si sarebbe degnato di salvarle. E poi la piccola Feyre si era fatta avanti e Nesta l’aveva odiata anche per questo, perché Feyre aveva fatto l’inimmaginabile per mantenerli in vita.
Non sapeva di che farsene, di quella rabbia. Ancora la bruciava, la perseguitava, la faceva voler scattare, ruggire e distruggere tutto fino a fare a pezzi il mondo intero.
Lei sentiva tutto, troppo e profondamente. Odiava e si preoccupava, amava e temeva, più delle altre persone, pensava a volte. Poteva vagliare tutti loro in un istante, come se provasse un nuovo abito, e nessuno se ne accorgeva o non gli importava.
Tranne lui. Lui lo vedeva, lo sentiva.
Quel primo pomeriggio l’aveva guardata, non il viso ed il corpo a cui gli uomini umani puntavano, ma lei, ed aveva visto tutto. Voleva ferirlo per ciò, prima che potesse rivelare quelle cose a chiunque altro, voleva trovare un modo per spezzarlo così che non potesse…
La mano che spingeva la sua contro il suo petto allentò la presa. Il pollice di Cassian accarezzò il dorso della sua mano, il polpastrello ruvido per i calli.
Un ceppo di legno si spostò nel fuoco, schioccando mentre le braci scoppiettavano, illuminando la stanza.
Era rimasta a fissarlo. Lui sbatté le palpebre, la bocca che si aprì appena.
Cassian si inclinò verso di lei, e Nesta si trovò a piegare la testa all’indietro, esponendo il collo, garantendogli ulteriore accesso mentre lui le sfiorò la gola con il naso.
Che la Madre ed il Calderone lo dannassero.
Quella donna.
Nesta.
Cassian non riuscì ad allontanarsi da quella linea che era chiaramente segnata tra loro. Il momento prima avrebbe voluto strozzarla, poi aveva visto il terrore sul suo volto riguardo il suo passato e l’aveva sopraffatto una tale calma omicida che si era spaventato di sé, poi… poi tutto si era fermato, l’occhio del ciclone con loro dentro, e lei era lì.
Ed in quegli occhi grigio-azzurro poteva vedere i pensieri che le giravano per la mente, come fumo in un bicchiere. L’astuta mente al lavoro dietro quel viso, lo stesso che non era riuscito a togliersi dalla testa in quelle settimane.
Quindi, semplicemente, si… mosse.
E poi Nesta aveva alzato il mento, dandogli completo accesso alla sua gola.
Ogni istinto nel suo corpo venne in superficie, così violentemente che li dovette soffocare con una presa salda, altrimenti si sarebbe trovato in ginocchio, implorandola di toccarlo, di fare qualunque cosa.
Ma si chinò in avanti, passando la punta del naso lungo il lato del suo collo.
Morbida, la sua pelle era così morbida; così delicata. Poteva sentire l’odore del sangue mortale che scorreva nelle vene appena sotto quella pelle. Cassian inalò il suo profumo, che si attaccò a qualche intrinseca parte di lui, radicandosi e facendo sussultare il suo membro.
Nesta, Nesta, Nesta.
Gli occhi di lei si chiusero ed un affannato, piccolo suono uscì dalle sue labbra mentre Cassian spostava le labbra dove poco prima aveva strofinato il naso.
Quasi gli cedettero le gambe quando lei spinse ulteriormente la sua esile mano contro di lui. Cercò di non pensare a come sarebbe stato avere quella mano da qualche altra parte. Afferrandolo, accarezzandolo.
“Di più, di più, di più” implorava il suo corpo.
Inclinò la testa e baciò un altro punto, più vicino alla sua mandibola.
Il suo frenetico battito cardiaco era come le ali di un colibrì, anche se il suo corpo rimase teso, ma sciolto nei punti giusti, un leggero rossore che si espandeva sui suoi meravigliosi seni. Abbastanza grandi da riempirgli le mani, contro cui strofinarsi finché non lei non lo avesse implorato…
Il suo battito cardiaco martellava proprio sotto la sua bocca. La leccò. E fu proprio quel tocco che la fece saltare indietro.
Nesta andò a sbattere contro i pannelli di legno abbastanza forte che la dovette afferrare. Ma lei aveva gli occhi spalancati, furiosa, mentre si portava una mano alla gola.
Cassian la batté sul tempo con un commento velenoso contro quello che lei si stava preparando a sputare, dicendo «Un po’ tesa in questi giorni, Nesta?»
Lei abbassò la mano sibilando «È stata una tua qualche magia da Fae a fare questo?»
Abbaiò una risata. «No. Anche se sono lusingato che tu pensi questo.»
Nesta lo guardò in cagnesco, ma emise una bassa risatina. «Beh» disse, passandogli di fianco, dirigendosi verso la finestra con lenti passi calcolati. «Se un guerriero Fae nato bastardo è in grado di fare questo, non c’è da stupirsi che mia sorella sia così coinvolta con dei Signori Supremi.»
Stronza.
Stronza per l’insulto a lui e a Feyre. «Ti ha infastidita di più il fatto che lo volevi, o che un nessuno nato bastardo ti ha fatto provare certe cose, Nesta?»
«È stato un lungo inverno. I mendicanti non possono essere esigenti, suppongo.» Innalzò muro dopo muro dopo muro, la sua postura che si irrigidiva e…
Che gli importava? Che cosa gli importava? Aveva già abbastanza stronzate di cui doversi preoccupare. Lanciarsi su una mortale che avrebbe avuto qualche altra decade prima che le cose diventassero strane era… stupido. E poi ci sarebbe stato il problema di doverlo spiegare a tutti gli altri.
A Mor. Gli si gelò il sangue.
Non era stupido. Sapeva che lei e Azriel erano… qualunque cosa fossero. Sapeva che Azriel si era innamorato di Mor non appena era entrata nel campo di guerra Illyrian cinque secoli prima. E Cassian ne era stato geloso, dei timidi sguardi di Mor verso Azriel in quelle prime settimane e del fatto che il suo migliore amico e fratello… stesse guardando qualcun altro. Che lei era apparsa ed Azriel era cambiato. Leggermente, ma Cassian sapeva che il suo amico non apparteneva più solo a lui e a Rhys.
Così quando Mor gli chiese di andarci a letto insieme… L’aveva fatto. Uno stupido, geloso coglione, l’aveva fatto e se n’era pentito alla prima spinta, quando aveva sentito la sua verginità cedere sotto di lui, ed aveva realizzato la gravità di ciò che aveva fatto.
Ma poi lei se n’era andata ed Azriel non aveva fatto niente, e… Mor era ancora tra di loro. Da qualche parte tra l’essere amica ed amante. Cara alla sua famiglia, ma… Cassian si era odiato per quello sguardo sul volto di Azriel, successivamente.
E poi per quello che era successo a Mor per mano della sua famiglia.
Aveva avuto delle amanti, alcune solo per una notte, altre per mesi, e a Mor non era mai importato, ma…
Questa donna che stava davanti a lui come un pilastro di acciaio e fiamme… Cassian non voleva dire a Mor di lei. Di come le aveva toccato il collo.
Cassian riuscì a dire «Dato che eri felice di una distrazione, supporrò che le regine non si siano fatte sentire e me ne andrò.» Prima che lei riuscisse a castrarlo completamente. Schioccò le dita, la lettera di Rhys apparse tra di esse. La appoggiò su un basso tavolino lì vicino. «Inviatela alle regine prima che potete.»
Nesta spostò lo sguardo tra la lettera e lui, raddrizzando le spalle. «Dì a mia sorella ed a quel suo nuovo Signore Supremo di mandare qualcun altro la prossima volta.»
Cassian digrignò i denti in un sorriso feroce. «Dì alla tua altra sorella che preferiremmo avere a che fare con lei.»
«Elain resta fuori da questa storia. Meno deve avere a che fare con la tua specie, meglio è.»
«Perché le lasci sposare quel coglione bigotto?» La domanda gli sfuggì.
«Ha buone ragioni per odiare la tua specie. E così ne abbiamo noi.»
«Questa è una stronzata e lo sai benissimo»
«Credevo te ne stessi andando.»
«Hai una maledetta opinione per chiunque altro nel mondo. Perché non dire ad Elain che sta per sposare un mostro?»
«Forse tutti voi maschi siete dei mostri.»
Se qualcuno le avesse fatto del male, non l’avrebbe biasimata affatto per quel pensiero. Ma le sue parole furono comunque taglienti quando disse «Merita qualcuno di migliore.»
«Naturalmente.» Piatta e fredda.
Lui continuò, perché semplicemente non riusciva a fermarsi «E cos’è che tu meriti?»
Un lento sorriso, un felino pronto ad uccidere. Poi «Sicuramente più di un nessuno nato bastardo.»
Stronza. Ma rispose «Che socia carina che sei, Nesta. Ricordami di portare un libro di strategia militare la prossima volta. Allora, magari, avrai qualche possibilità.»
Uno sguardo freddo, piatto.
«È più semplice, non è vero» mormorò Cassian, avvicinandosi nuovamente, non curandosi di chi avrebbe potuto vederli dalla finestra. «Brandire le parole e la freddezza come armatura per impedire agli altri di vedere dove e chi hai deluso e di come non ti è importato finché non è stato troppo tardi.»
Solo l’odio le brillava negli occhi, nessuna traccia di quella lussuria dormiente che gli aveva annebbiato i sensi.
«Beh, io riesco a vederlo, Nesta Archeron. E tutto ciò che vedo è una ragazzina annoiata e viziata…»
Si mosse con un’impressionante velocità per un essere umano, ma fu comunque troppo lenta, permettendogli di bloccarla.
Cassian le afferrò il ginocchio alzato, a pochi pollici dalle sue palle e premette abbastanza forte da farla sibilare.
«Colpo basso» disse con un mezzo sorriso. «Vieni a giocare con me, Nesta, e ti insegnerò modi molto più interessanti per portare un maschio in ginocchio.»
Provò a liberarsi, ma lui non la lasciò. Inciampò all’indietro e lui la afferrò per la vita, tirandola vicino a sé per impedirle di cadere dalla finestra. Diede un’occhiata alle gonne attorno a lui. «Comunque, cosa nascondi sotto tutto questo?»
Nesta si stabilizzò abbastanza da liberare il ginocchio dalla presa di lui. «Esci da casa mia.»
Cassian le fece solo un sorriso.
Era tesa a causa sua.
Credeva che l’avrebbe strangolato, per cui le aveva afferrato il polso, ma…
Le sue mani, fredde e ferme, gli afferrarono i lati del volto. Tirandogli la testa verso di sé.
Il respiro di Cassian divenne irregolare quando gli occhi di lei si posarono sulla sua bocca, quando premette il proprio corpo contro il suo, quei seni cosi morbidi contro di lui. “Stupido, stupido, stupido…”
Non gli importava. Non gliene importava un cazzo mentre lei si sollevò sulla punta delle dita, avvicinando la bocca alla sua…
Il dolore esplose tra le sue gambe, togliendoli il respiro dai polmoni quando quel maledetto ginocchio trovò il suo bersaglio.
Cassian barcollò all’indietro, imprecando. Lei sbuffò, guardandolo cadere contro una poltrona, tenendosi lo stomaco, cercando di riordinare la sua mente…
«Siete tutti uguali.» disse, imperiosa come la notte e fredda come il crepuscolo. «Forse essere immortali vi rende prevedibili.»
«Tu» boccheggiò.
Una bassa risata emerse da quelle labbra, che si era preparato ad assaggiare, a divorare…
«No, le regine non si sono fatte sentire» disse Nesta, avviandosi verso la porta. «Non abbiamo sentito niente da parte loro.»
Cassian costrinse le sue gambe a muoversi, ma il dolore persisteva, immobilizzandogli le ginocchia.
«Invierò la lettera domani mattina.» Nesta si fermò con la mano sulla maniglia e guardò oltre la propria spalla. «Non sai niente di chi io sia, di ciò che abbia fatto e cosa voglio. E già che siamo sull’argomento… Manda qualcun altro, la prossima volta. Se ti vedo sulla soglia di casa mia, urlerò abbastanza forte affinché i servitori accorrano.»
Lui rimase a bocca aperta, il dolore si placò abbastanza da permettergli di rimettersi in piedi.
Ma Nesta se n’era andata, scendendo nell’atrio, dove un qualche domestico la chiamò e lei mormorò una risposta.
Un minuto dopo lui se ne andò. Non per la porta principale, ma passando per la maledetta finestra della camera da letto di lei, come un ladro nella notte. Si lanciò nel cielo prima che qualcuno potesse chiedersi cosa fosse stato quel fruscio e battito d’ali.
Cassian non girò intorno alla casa. Ma poteva comunque sentire l’attenzione di Nesta su di lui mentre si dirigeva verso il muro. Anche se schermato dall’essere visto, poteva sentire quegli occhi grigio-azzurro su di sé.
Quel sentore lo perseguitò fino a Velaris.
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