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SUL CONCETTO DI EGEMONIA CULTURALE
Nel vasto e variegato panorama della Destra italiana che ormai governa il paese (ma anche regioni, provincie, comuni), dirige televisioni, spopola sui social, indice feste di partito ecc. da qualche tempo ha preso piede il dibattito sulla cosiddetta “egemonia culturale”, espressione di derivazione gramsciana che definiva in realtà una idealità operativa, una “conditio sine qua non” che potesse consentire ad un “blocco storico” di governare la nazione (Gramsci usava spesso il termine “nazione”). Cos’era un “blocco storico”? Secondo quanto elaborato nei “Quaderni” il blocco storico era l’unione del proletariato del Nord con la classe contadina del Sud, sotto la guida degli intellettuali. Certo, anche le terminologie erano di altri tempi (e infatti erano altri tempi), così come lo erano le idee. Ma almeno erano idee. Oggi una Destra con un ampio consenso elettorale, ma con un evidente complesso inferiorità culturale, sembra tutta impegnata a colmare questo “gap”. Lo si vede a livello locale, lo si vede a livello nazionale. E, non per caso, si ritorna a parlare di “egemonia culturale”. Ma mentre la Destra storica, pensando non solo ai soliti Papini e Prezzolini, ma anche a quella destra che costituì la matrice ideologico-artistica dell’eversione fascista, come fu quella di Filippo Tommaso Marinetti e dei futuristi, produceva cultura, la cultura che, ideologicamente opposta, produceva la Sinistra, mentre la Destra di oggi produce poltrone, non nel senso che si sono dati all’industria manufatturiera dell’arredamento, ma nel senso simbolico del termine. Loro pensano che l’egemonia culturale non si costruisca nei teatri con le idee, ma con il figlio del Presidente del Senato infilato nel CDA del Piccolo Teatro di Milano, pensano che non si costruisca con programmi televisivi di grande rilevanza culturale, ma creando le condizioni perché Corrado Augias lasci la Rai. Loro pensano che basti nominare loro simpatizzanti a dirigere musei, biblioteche, assessorati alla cultura, per far sì che questa “egemonia culturale” si compia. Purtroppo per loro e per fortuna per noi, non è così. Gramsci non elaborò questo concetto da una poltrona di un ministero o nel salotto di Bruno Vespa e nemmeno sulle pagine di un social, Gramsci lo elaborò dal carcere, dove era stato rinchiuso dai fascisti, tanto per chiamarli col loro nome. Ed è questo che fa la differenza, perché la “santa guerra dei pezzenti” non la si può condurre dopo una prestigiosa nomina, e nemmeno dalla direzione di un partito che si riunisce in una SPA di lusso. “La rivoluzione” è il lavoro della talpa e per fortuna la talpa continua a scavare nei libri, nei teatri, nella musica, nell’arte, nel cinema e nella coscienza di tutti noi…
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Storia Di Musica #278 - Charles Mingus, Mingus Ah Um, 1959
Le storie di giugno nascono dalla lettura di uno dei libri più belli sulla musica scritto da un non esperto musicale, Natura Morta Con Custodia Di Sax, che Geoff Dyer, sublime scrittore britannico, dedica a storie di jazz. In questo bellissimo saggio, che pesca da fonti storiche, un po’ inventa, un po’ sogna, Dyer scrive storie di alcuni tra i più grandi interpreti di questa musica particolare, creativa, magmatica, pilastro della cultura mondiale da cent’anni. Per mia indiretta colpa, in tutte queste storie di musica non mi era mai capitato di raccontare del personaggio che ho scelto, e uno dei protagonisti del libro, per un mese monografico anche piuttosto particolare: Charles Mingus. Contrabbassista, genio e sregolatezza, uno dei musicisti più importanti del jazz. Arrabbiato, per via di una infanzia passata a cercare di combattere quel sentirsi minoranza di una minoranza (pur essendo di famiglia piccolo borghese, soffriva terribilmente le sue origini meticce, tra genitori con discendenze afroamericane, asiatiche e nativo americane), nato In Arizona nel ’22 ma cresciuto poco prima della Seconda Guerra Mondiale nel tristemente famoso sobborgo di Watts a Los Angeles. Mingus si avvicina da giovanissimo al violoncello, ma poi si appassiona al contrabbasso, che studia con i migliori insegnanti, tra cui Herman Reischagen, primo contrabbasso dell’Orchestra Filarmonica di New York. Nel 1947 entra nell'Orchestra di Lionel Hampton, è già leader di propri gruppi e ha già fatto i primi tentativi di composizione. Mingus si approccia alla musica grazie ai canti gospel delle congregazioni religiose che frequentava regolarmente a Watts e a Los Angeles, realtà con cui venne a contatto durante gli anni dell'infanzia. Ascolta il blues e il jazz ma ha una varietà di conoscenze e di curiosità che compariranno qua e là nel corso della sua leggendaria carriera musicale: si dice ascoltasse Bach ogni giorno, studia Richard Strauss e Arnold Schönberg, non nasconde una passione per Claude Debussy e Maurice Ravel. Suona con il Mito Charlie Parker, ma il suo idolo è la big band di Sir Duke Ellington. E nel 1953 ha l’occasione della vita: viene chiamato da Ellington a suonare con lui. Leggenda vuole che Juan Tizol, portoricano, bianco, trombonista, che in quel momento scrive dei pezzi per l’Orchestra, gli scrive un assolo da suonare con l’archetto. Lui lo traspone di un’ottava per renderlo cantabile, e lo esegue come se lo strumento fosse un violoncello. Tizol lo apostrofa dicendogli che «come tutti i neri della band non sai leggere bene la musica»; Mingus, che è un gigante di mole (tra i suoi demoni, un’ingordigia da romanzo) lo prende a calci nel sedere. Tizol, sempre secondo la leggenda, nella custodia del trombone aveva un coltello, che prontamente afferra per scagliarsi contro Mingus mentre Duke dà l’attacco del brano. Questi, agilmente nonostante la sua mole, con il contrabbasso preso in braccio, salta e scivola sul pianoforte, correndo e dileguandosi fra le quinte. Rientra in un lampo sul palco con in mano una scure da pompiere e sfascia la sedia dell’esterrefatto Tizol. Ellington, che si dice non licenziò mai un suo musicista, lo “spinse” a dimettersi, e nella sua autobiografia (dal titolo già profetico, Beneath The Underdog, tradotta in italiano con il titolo magnifico di Peggio Di Un Bastardo) Mingus racconta: “Duke mi disse <<Se avessi saputo che scatenavi un simile putiferio avrei scritto un’introduzione>>, gli risposi che aveva perfettamente ragione”. Il suo era uno stile libero, che in pratica rimarrà unico. Esempio perfetto è il noto Pithecanthropus Erectus (1956), primo grande disco da solista, che dà un’idea generale della sua musica: bruschi cambi di atmosfera, di tempo e ritmo, un tocco “espressionista” che, di fatto, lo rendono quasi precursore del free jazz, considerazione tra l’altro che lo faceva andare su tutte le furie. Mingus si appassiona alla musica di New Orleans, seguendo l’idea di big band di Ellington, e da questo punto in poi viene fuori tutta la sua incontenibile vitalità, spesso oltremodo eccessiva e davvero fuori le righe: altro caso leggendario fu la “maratona” intrapresa con il fido Dannie Richmond, il suo batterista per quasi tutta la carriera, a chi consumava più amplessi e tequila nei bordelli di Tijuana; da questa esperienza nacque quel capolavoro assoluto che è Tijuana Moods, registrato nel 1957 ma uscito solo nel 1962. Miles Davis disse di lui: “Era sicuramente pazzo, ma è stato uno dei più grandi contrabbassisti che abbia mai sentito. Mingus suonava qualcosa di diverso, era diverso da tutti gli altri, era genio puro”. La prova è il disco di oggi, uno dei capolavori assoluti del jazz, che esce nel 1959, il suo primo per la Columbia. Il titolo Mingus Ah Um è una parodia di una declinazione latina (gli aggettivi latini della I classe sono solitamente ordinati enunciando prima il nominativo maschile singolare che finisce con "us", poi il femminile "a" e infine il neutro "um"). In copertina un dipinto di S. Neil Fujita, che già aveva creato un disegno per un altro disco leggendario, Take Five di Dave Brubeck. Il disco è una sorta di enciclopedia del jazz, sia per la varietà dei brani proposti, sia per il futuro successo di alcuni, diventati standard tra i più famosi di tutti i tempi. Better Git It In Your Soul è un omaggio alla musica ritmica dei gospel e dei sermoni di chiesa, pezzo già leggendario, che fa da apripista al primo immenso capolavoro. Goodbye Porky Pie Hat è un omaggio al Pres, Lester Young, immenso sassofonista, scomparso poche settimana prima che l’album venisse registrato (per la cronaca in due leggendarie sessioni di registrazioni agli studi Columbia, il 5 e il 12 Maggio, sotto le cure mitiche di Teo Macero, il grande produttore di Miles Davis). Il porky pie hat è un cappello che ricorda nella forma il famoso pasticcio di carne inglese, e per dare un’idea di come è quello che indossa sempre Buster Keaton nei suoi film, ma era anche un cappello dal valore simbolico interraziale per i musicisti jazz, e Young lo teneva sempre in testa durante le esibizioni: il brano è divenuto uno standard da migliaia di interpretazioni, uno dei brani più famosi della storia del jazz. Self-Portrait In Three Colors era stata originariamente scritta per il film Ombre, opera prima di John Cassavetes, ma la canzone non appare né nel film né nel disco colonna sonora. Open Letter To Duke è un chiaro omaggio alla figura di Duke Ellington, composto riunendo insieme alcuni pezzi da tre precedenti brani di Mingus (Nouroog, Duke's Choice e Slippers). Jelly Roll è un riferimento al pianista pioniere del jazz Jelly Roll Morton, che si autoproclamò l’inventore del jazz nella prima decade del 1900; Bird Calls passò in un primo momento per un omaggio alla leggenda del bebop Charlie "Bird" Parker, con cui Mingus suonò molte volte, ma fu lo stesso Mingus a chiarire: «Non era stata intesa per suonare come qualcosa di Charlie Parker. Doveva piuttosto assomigliare al cinguettio degli uccelli - almeno la prima parte». Completano il capolavoro Pussy Cat Dues, Boogie Stop Shuffle dal ritmo irresistibile ma soprattutto Fables Of Faubus, primo dei grandi brani politici di Mingus: fu “dedicato” al governatore (democratico!) dell’Arkansas, Orval Eugene Faubus, convinto segregazionista, che nel 1957 tentò di impedire l'ingresso a scuola di nove ragazzi neri in un liceo di Little Rock, in deroga ad una decisione della Corte suprema che aveva reso illegale la segregazione nelle scuole. L'episodio ebbe un punto di svolta quando il presidente Dwight Eisenhower federalizzò la Guarda nazionale dell'Arkansas e permise agli studenti di colore di entrare nell'istituto sotto scorta. Faubus decise allora di chiudere tutte le scuole superiori di Little Rock fino al 1958. Mingus scrisse anche un testo, molto sarcastico, sul Governatore, e si dice che la Columbia lo censurò. In realtà però il testo fu aggiunto dopo da Mingus, quando il brano era stato già registrato, ma non si perse d’animo e lo pubblicò cantato nel suo disco del 1960 Charles Mingus Presents Charles Mingus, con il titolo di Original Faubus Fables. Il disco è uno dei capisaldi del jazz, uno dei cinquanta dischi selezionati dalla Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti per essere inclusi nel National Recording Registry in conservazione per i posteri e la prestigiosa Penguin Guide, la bibbia della critica jazz, lo inserì nella Core Section con il loghino della corona, la massima valutazione per un disco. Con Mingus suonano il fido Richmond alla batteria, John Handy, Booker Ervin e Shafi Hadi ai sax (alto e tenore), Willie Dennis al trombone, Horace Parlan al piano (che suona pure Mingus) e Jimmy Knepper, leggendario trombonista, personaggio da cui si partirà per la seconda tappa di questo mese Mingusiano.
Che vi dico già verrà pubblicata Martedi 13 Giugno.
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“ Invece di seguire il programma di austerità del suo predecessore Hoover, il presidente del New Deal, come ha notato Barbara Spinelli su «la Repubblica», «aumentò ancor più le spese federali. Investì enormemente sulla cultura, la scuola, la lotta alla povertà». Purtroppo, aggiunge la Spinelli, «non c’è leader in Europa che possegga, oggi, quella volontà di guardare nelle pieghe del proprio continente e correggersi. Non sapere che la storia è tragica, oggi, è privare di catarsi e l’Italia, e l’Europa». Già: addirittura una «catarsi». Ma è proprio quello che ci vorrebbe. Roosevelt, infatti, non mise solo i disoccupati a scavare buche e a riempirle, come tanto spesso si dice. Tre dei più importanti progetti della Works Progress Administration, i più singolari, innovativi e duraturi, furono quelli compresi nel cosiddetto Progetto Federale numero 1, altrimenti noto come Federal One, che sponsorizzò per la prima volta piani di lavoro per insegnanti, scrittori, artisti, musicisti e attori disoccupati. Il Federal Writers’ Project, il Federal Theatre Project e il Federal Art Project misero al lavoro per qualche anno più di ventimila knowledge workers (come li chiameremmo oggi), tra i quali c’erano Richard Wright, Ralph Ellison, Nelson Algren, Frank Yerby, Saul Bellow, John A. Lomax, Arthur Miller, Orson Welles, Sinclair Lewis, Clifford Odets, Lillian Hellman, Lee Strasberg (il fondatore del mitico Actors Studio) ed Elia Kazan. Non si trattò di elemosina: checché. Oltre a produrre opere d’arte (migliaia di manifesti, disegni, murales, sculture, pitture, incisioni...), gli artisti plastici e figurativi vennero impiegati nella formazione artistica e nella catalogazione dei beni culturali, e crearono e resero vivi anche un centinaio di community art centres e di gallerie in luoghi e regioni in cui l’arte era completamente sconosciuta. In tre anni, nella sola New York, più di dodici milioni (12.000.000!) di persone assistettero agli spettacoli teatrali incentivati dal Federal Theatre Project. Quanto al Writers’ Project, che costò ventisette milioni di dollari in quattro anni, produsse centinaia di libri e opuscoli, registrò storie di vita di migliaia di persone che non avevano voce e le classificò in raccolte etnografiche regionali, ma soprattutto, con le American Guide Series, contribuì a ridare forma all’identità nazionale degli Stati Uniti, che la Grande Depressione aveva profondamente minato, fondandola su ideali più inclusivi, democratici ed egualitari. E scusate se è poco. Tuttavia anche lì, e anche allora, non mancavano i sostenitori dell’idea che la cultura è un lusso e, soprattutto, un lusso di sinistra. Dal maggio del 1938, sotto la guida di due «illuminati statisti» come Martin Dies e J. Parnell Thomas, la Commissione della Camera contro le attività antiamericane non smise di accusare i tre progetti di essere al soldo di Mosca e non si arrese fino a quando non furono fermati. Poi, venne la guerra e molti sogni si infransero. Ma intanto, con quel solido lavoro culturale alle spalle, le fondamenta di una nuova consapevolezza di sé e di una nuova idea di futuro erano comunque gettate. E da lì, dall’idea di fondo della necessità dell’intervento statale per vivificare la cultura e modificare così la specializzazione produttiva di un Paese, partirà, già durante la guerra, un altro liberale illuminato, Vannevar Bush, consigliere di Roosevelt, per elaborare il famoso rapporto Science: the Endless Frontier, che rappresenta un po’ il manifesto della politica culturale e scientifica – e a ben vedere anche economica – che avrebbero seguito gli Stati Uniti nei successivi decenni fino a Barack Obama. “
Bruno Arpaia e Pietro Greco, La cultura si mangia, Guanda (collana Le Fenici Rosse), 2013¹ [Libro elettronico]
#Bruno Arpaia#Pietro Greco#La cultura si mangia#saggistica#intellettuali italiani#economia#Giulio Tremonti#la Repubblica#Franklin Delano Roosevelt#New Deal#Barbara Spinelli#FDR#knowledge workers#Italia#Europa#disoccupazione#XX sec#Works Progress Administration#Storia del '900#Federal One#Federal Writers’ Project#Federal Theatre Project#America#Commissione contro le attività antiamericane#Saul Bellow#Federal Art Project#Arthur Miller#Orson Welles#Elia Kazan#Sinclair Lewis
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Le differenze tra le streghe del passato e quelle di oggi
Dalla fine della seconda guerra mondiale e ancora di più a partire dagli anni 60 si è avuto un considerevole aumento delle persone che praticano la stregoneria nel mondo moderno. Cercheremo di stabilire ora quali differenze esistano tra le streghe del passato e quelle moderne. Le streghe odierne possono definirsi persone che praticano la magia e che adorano divinità pagane oppure come nel caso dei satanisti il diavolo. Agli inizi dell’età moderna una analoga definizione di stregoneria avrebbe potuto essere facilmente accettata dalla maggior parte anche se l’oggetto dell’adorazione delle streghe fosse sempre ritenuto il diavolo. In entrambe le epoche tuttavia le streghe potrebbero essere definite maghe che hanno rifiutato la fede cristiana ma le somiglianze tra le streghe del passato e quelle moderne finiscono qua e cominciano le differenze . In primo luogo dobbiamo mettere in evidenza che la stregoneria moderna è organizzata in congreghe o persino in organizzazioni locali e regionali che in molti casi hanno un carattere manifesto e pubblico cosa che non avveniva in passato. In secondo luogo le streghe del passato venivano sempre denunciate da altre persone cosicché una strega veniva definita tale da altri individui . Nel 20-21 secolo invece forse con una certa riluttanza anche con un certo orgoglio le streghe si sono definite tali e se stesse. Una volta diventata un’attività autodefinita piuttosto e etero definita finché la stregoneria ha anche perduto il suo carattere malefico . Le streghe dell’inizio dell’età moderna venivano considerate malvage mentre le streghe contemporanee affermano di essere fondamentalmente buone tanto che hanno fondato una lega contro la diffamazione delle streghe per contrastare l’immagine negativa ereditata dal passato. La streghe odierne sostengono di praticare una magia sempre benefica mentre le streghe dell’inizio dell’età moderna venivano considerate dai contemporanei la quintessenza del male. Anche nell’immaginario collettivo moderno si è avuta una certa rivalutazione della figura della strega . Per fare un esempio concreto le streghe della Wicca sono considerate streghe buone che non danneggiano nessuno dotate inoltre di un grande amore per la natura . Tale rivalutazione della figura della strega è ancora più evidente nel cinema e nella televisione. Ad esempio le tre streghe protagoniste della serie “Streghe” vengono rappresentate come delle vere e proprie eroine che combattono il male in tutte le sue forme. Anche lo status sociale delle streghe è diverso nelle due epoche. Le streghe dell’origine dell’età moderna provenivano quasi esclusivamente dagli strati inferiori della società mentre le streghe dell’America e dell’Europa di oggi provengono da tutte le classi sociali e sono per lo più in possesso di un’istruzione universitaria. Si tratta di persone del ceto medio che possiedono una cultura hanno belle case e specializzazioni. In definitiva possiamo dire che si tratta di persone che non si possono definire emarginate culturalmente e socialmente. Inoltre molte streghe moderne soprattutto negli stati Uniti e Inghilterra sostengono la loro visione del mondo partecipano a programmi televisivi e radiofonici nel corso dei quali in maniera chiara e esplicita. Non sono poi poche le streghe moderne che hanno pubblicato libri sulla stregoneria che hanno avuto un grande successo editoriale come pure esistono streghe moderne che pubblicano con continuità articoli di argomento magico che suscitano l’interesse di moltissime persone. Molto interessante poi la situazione delle streghe della Wicca una vera e propria religione magica. Le streghe Wicca sono in costante aumento non solo in America ma in molte nazioni del mondo occidentale anche perché i sociologi hanno messo in evidenza che nella società occidentale contemporanea si è avuto un ritorno in grande stile del paganesimo. Nell’ambito di tale ritorno un posto di grandissima importanza va attribuito al movimento New Age e alla Wicca. Per quanto riguarda la Wicca dobbiamo dire che essa è un classico esempio di religione magica dal momento che i Wiccan adorano le due divinità utilizzando anche e soprattutto dei riti magici. Dobbiamo dire che proprio con la Wicca la stregoneria fa un notevole salto di qualità diventando da crimine religioso qual era al tempo della caccia alle streghe a una vera e propria religione di stampo neopagano. E ‘anche importante mettere in evidenza che le streghe della Wicca ci tengono molto a rivalutare il ruolo della strega togliendo a tale ruolo quell’alone sinistro che gli era stato attribuito per moltissimo tempo. Tra l’altro è opportuno mettere in evidenza che le streghe della Wicca non vogliono assolutamente essere confuse con le streghe sataniste le quali adorano il diavolo mentre i Wiccan adorano il dio e la dea anche se esistono delle correnti della Wicca che adorano esclusivamente la dea. Non esiste nessun dubbio che i Wiccan hanno ottenuto notevoli successi nel loro tentativo di riabilitare e rivalutare la figura della strega anche perché si è creato nella società contemporanea un clima psicosociologico che favorisce tale tentativo messo in atto dai Wiccan. Per fare un esempio concreto il parlamento catalano ha approvato una risoluzione per la riabilitazione di circa un migliaio di donne giudicate sotto l’accusa di stregoneria tra il 15-18 secolo. Prof. Giovanni Pellegrino Read the full article
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C’è stato un tale che ha avuto una grande influenza su di me, quando ho cominciato a pubblicare i miei libri, Cercherò di darle un breve ritratto del personaggio. Posso anche dirle il suo nome, tanto non interessa a nessuno, si chiamava M. Lacombe, un tizio che bazzicava il Quartiere Latino, un signore con una specie di pizzo lungo così, e monco di un braccio (lo aveva perduto nella guerra del 14), grande conoscitore della lingua basca. Lui personalmente non aveva scritto nulla, a parte qualche cosetta in gioventù. Era molto ricco, non faceva assolutamente niente, e conosceva il francese alla perfezione. Era un maniaco. Tanto per farle un esempio, andava spesso ai corsi della Sorbona, e se un professore faceva un errore di “francese protestava in aula! Era proprio il tipo che faceva per me. E siccome eravamo entrambi degli sfaccendati, ci vedevamo spesso. Era un grande conoscitore della lingua francese. Ma, come le dicevo, a parte le note sulla lingua basca non aveva scritto niente. Possedeva una biblioteca ragguardevole. Per di più era un erotomane, e aveva un inferno stupendo da cui citava cose inaudite. Per strada abbordava tutte le donne o quasi. Gli piaceva molto parlare con le prostitute, e quello che mi divertiva da morire era che le riprendesse quando facevano errori di francese. Magari potrà sembrare stupido, potrà sembrare ridicolo, ma su di me quell'uomo ha avuto una influenza incredibile. Quando ho finito il Sommario di decomposizione, ho detto a Lacombe: «Devo mostrarle il mio libro». E lui: «Boh, se proprio vuole... ». Ci siamo dati appuntamento in un caffè, e io mi presento con il mio manoscritto. Gliene ho letto una pagina, e lui si è addormentato. Ho capito che non c’era niente da fare. Avrei voluto che lo esaminasse attentamente: si è rifiutato, Ma per certi versi gli ero e gli sono debitore per quel libro. Con la sua mania di riflettere sulle parole, di correggere tutti, perfino i professori, ha contribuito a quella che ho definito la consapevolezza dell’atto di scrivere.
Emil Cioran, Un apolide metafisico
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Giulia è una ragazzina degli anni 80 che non legge i libri. Preferisce guardare i film come Karate Kid (ha un poster di Ralph Macchio) e leggere Cioé (che allora spaccava). È sempre in guerra con il padre insegnante ma solo quando incontra Italo Calvino, prima sulla pagina poi di persona, le cose cominciano a cambiare: Giulia scopre la magia della letteratura, e forse anche l'amore...🌳💚
A grande richiesta la trama di "In fuga col Barone - Nel mondo di Calvino" (Einaudi Ragazzi)
#in fuga col barone#italo calvino#stefano tofani#il barone rampante#dinonfissatoaffetto#libri#cioè#karate kid#me
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Gisèle Freund, fotografa
https://www.unadonnalgiorno.it/gisele-freund-fotografa-attivista-antinazista/
Gisèle Freund è stata una delle più grandi fotografe del Novecento. Attivista e pioniera del fotogiornalismo e dei diritti delle donne, ha registrato le vicende umane e politiche del secolo breve con la sua inseparabile compagna, una Leica regalatale dal padre. La sua fotografia è stata militanza e impegno. Nata a Berlino il 19 dicembre 1908, in una famiglia di origini ebree, crebbe in un ambiente intellettualmente molto stimolante. Suo padre era un appassionato collezionista d’arte che le aveva trasmesso l’amore per la bellezza. Ha studiato storia dell’arte e sociologia a Francoforte, dove è stata allieva di Adorno.
Il socialismo, la militanza, abbracciata sin da giovanissima, ha condizionato il suo sguardo e il modo di ritrarre la realtà.
Traduttrice del reale, ha ritratto l’ascesa del Terzo Reich, la Berlino in piena crisi economica, la disperazione, la fame, le ingiustizie.
Nel 1933, per sfuggire al nazismo, venne costretta a trasferirsi a Parigi, dove la sua passione per la fotografia divenne il suo mestiere.
I suoi ritratti hanno fatto la storia della letteratura e della fotografia.
A Parigi ha anche conseguito il dottorato di ricerca alla Sorbona, uno studio sociologico sulla fotografia in Francia nel XIX secolo.
Ha iniziato, quasi da pioniera, a utilizzare la pellicola da 35mm a colori per i suoi famosi ritratti a personaggi come Jean Cocteau, Colette, Simone de Beauvoir, Marcel Duchamp, T.S. Eliot, André Gide, James Joyce e Virginia Woolf.
A renderla famosa era stato però il suo reportage Northern England, pubblicato sulla rivista LIFE, che mostrava la povertà nell’Inghilterra negli anni successivi alla Grande Depressione. Il servizio, realizzato a colori, era cosa inedita per un magazine dell’epoca.
Costretta di nuovo a fuggire, allo scoppio della Seconda guerra mondiale, dopo l’arresto di suo marito per motivi politici, si è trasferita a Buenos Aires.
Tornata a Parigi nel 1947 si era unita alla famosa agenzia Magnum, che ha poi lasciato a causa delle sue opinioni politiche.
Durante una lunga permanenza in America Latina, è scaturito un famoso reportage su Juan e Evita Peron, pubblicato su Life nel 1950 e vissuto in Messico, dove è diventata amica di Frida Kahlo e Diego Rivera.
Donna di grande sobrietà e modestia, nonostante la sua fama e successo, spirito indipendente, sempre coerente con le sue idee, Gisèle Freund è stata una fotografa coraggiosa e anticonformista che si è mossa con destrezza tra ritratti e reportage.Ha analizzato la società in ogni aspetto, col suo sguardo, attento e profondo, ci ha lasciato immagini che hanno fatto la storia.Il suo lavoro si può sintetizzare in una sua bellissima frase:Se non ti piacciono gli esseri umani, sicuramente non puoi realizzare dei buoni fotoritratti.
Nel 1968 il Musée d’Art Moderne di Parigi le ha dedicato una mostra antologica.
È stata insignita delle nomine di Officier of Arts et Lettres nel 1982 e Chevalier de la Légion d’Honneur nel 1983.
Un’ampia retrospettiva della sua opera è stata allestita al Centre Pompidou, nel 1991.
Tra i numerosi libri pubblicati si ricordano James Joyce in Paris: His Final years (1965) e Photographie et société (1974).
È morta il 31 marzo del 2000 a Parigi.
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Ilaria Tuti - Fiore di Roccia - di Serenella Mariani
FIORE DI ROCCIA ILARIA TUTI “Fiore di roccia” di Ilaria Tuti dire che è un libro bellissimo è restrittivo, si è catturati dalla prima all’ultima pagina con il desiderio di non smettere di leggerlo. Con la sua scrittura evocativa, l’autrice ci porta nell’atmosfera della grande guerra e nello specifico nel ruolo avuto dalle portatrici. Nessuna parola è superflua e ogni citazione entra dritta nell'anima permettendo profonde riflessioni. Ma chi erano queste portatrici? Erano donne che durante la prima guerra mondiale trasportavano ai soldati viveri, munizioni e quanto altro con le gerle sulle spalle, attraverso sentieri impervi. Nello specifico in questo libro si narra la storia di Caterina, Viola, Lucia, Maria e in particolare di Agata, voce narrante. Agata è una donna forte che vive con il padre malato, che cerca di vivere alla giornata; ma la guerra la metterà alla prova facendole affrontare molte battaglie difficili, come anche alle altre protagoniste che hanno una loro vita: sono mammee dedite alla famiglia��� attraverso loro viene fuori tutta la tenacia, la determinazione, la fragilità di queste donne che mai si arrendono, che cercano di fare la cosa giusta in ogni circostanza senza mai perdere di vista il valore primario della giustizia e della solidarietà. Con le loro gerle cariche di esplosivo, rifornimenti, flaconi di tintura di iodio, lettere, bende, le donne si incamminano per quelle vette che conoscono come le loro tasche, pronte a privarsi del cibo e di quanto altro pur di contribuire alla sopravvivenza dei soldati. E’ attraverso i loro occhi che riviviamo la guerra che ci sembra così lontana e che invece con questo libro la sentiamo sulla nostra pelle. tra queste donne e i soldati si crea un rapporto di rispetto e di fiducia. L’incontro di Agata con il diavolo bainco, cecchino delle file nemiche, biondo e chiaro di pelle, diverso, ma con lo stesso sguardo spaventato che accomuna tutti, fa capire che anche il nemico è un uomo con una sua vita di padre, di figlio, di marito. In questo libro si parla di sentimenti senza mai scendere nel sentimentalismo, anzi…. Ringrazio questa scrittrice per aver riportato alla luce la storia di queste donne di cui non ne conoscevo l'esistenza, non ne avevo sentito parlare neanche nei libri di storia; la ringrazio per averle fatte rivivere per aver dimostrato, ancora una volta, il valore delle donne anche nei momenti più difficili, celebrandone il coraggio, al resilienza, la capacità di abnegazione di umili contadine, ma forti. Ascolta la recensione play_arrow FIORE DI ROCIA SERENELLA MARIANI Read the full article
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Verona: Libri e Rose 2024 fa il pieno con circa 4000 presenze.
Verona: Libri e Rose 2024 fa il pieno con circa 4000 presenze. E' con soddisfazione che si è chiusa la terza edizione di Libri e Rose, Scrivere stampare leggere. La rassegna è stata capace di radunare un pubblico di circa 4000 partecipanti, diversi per età, genere e provenienza, coinvolti dalla natura estremamente varia delle proposte. La manifestazione - organizzata grazie alla grande professionalità di importanti organizzazioni nazionali (la Kasa dei Libri di Milano), istituzioni culturali cittadine, come la Società Letteraria, il Conservatorio dall'Abaco e la Biblioteca Civica, con la sponsorizzazione tecnica di Flover e grazie alle attività operative di diverse aree del Comune di Verona, in primis l'assessorato alle Biblioteche e quello alla Cultura ma anche il supporto di numerose direzioni - si è svolta con oltre 20 incontri con gli autori, mostre, eventi musicali, appuntamenti culturali. La rassegna ha portato a Verona autori e discussant noti a livello nazionale, la cui qualità ha saputo catturare l'attenzione del pubblico. Si sono alternati autori del calibro di Salvatore Settis, Piero Dorfles, il Premio Strega Helena Janeczek, scienziati come Guido Tonelli, cronisti di guerra come Giovanni Porzio e l'irlandese Sally Hayden, fresca vincitrice del Premio Terzani. La kermesse è stata anche occasione per fare un approfondimento su alcune figure rilevanti del panorama culturale internazionale, di cui ricorrono nel 2024 gli anniversari: tra questi, Franz Kafka e Giacomo Puccini nel centenario della morte. Un ottimo pretesto per ricordare anche un artista eclettico come Walter Chiari, attore di teatro, cinema, acuto e sottile mattatore del varietà televisivo, nei cento anni dalla sua nascita a Verona in via Quattro Spade. "Sulla base del riscontro di pubblico – ha dichiarato l'assessora alla Cultura - l'Amministrazione comunale intende dare ulteriore impulso alla rassegna letteraria, confermando da subito l'edizione 2025, su cui lavorerà per estendere la notorietà e le reti di collaborazione, convinti dell'importanza di rafforzare i legami tra il mondo dei libri e i diversi pubblici. Un ringraziamento va a tutti coloro che hanno contribuito al risultato della manifestazione, che saputo trasformare la lettura in momenti di socialità e condivisione". "Un'edizione di successo testimoniata dalla risposta del pubblico – ha aggiunto l'assessora alle Biblioteche –. I numeri della rassegna sono il frutto di una proposta culturale di livello unita dialogo attivo con le istituzioni culturali del territorio".... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Fumetti fascisti: Il Balilla
I Fumetti fascisti ebbero una grande fortuna durante il regime. Amati dai più piccoli, erano uno strumento di propaganda privilegiato. Tra questi, uno dei più famosi fu "Il Balilla" che fu pubblicato per tutto il ventennio. Fumetti fascisti come strumento di propaganda del regime Come diffusamente ci riportano i libri di storia, la propaganda fu l'anima del regime fascista. I vertici del regime sapevano che era assolutamente necessario far percepire alla popolazione che quanto stabilito e ordinato dal Duce Benito Mussolini fosse giusto. Questa necessità era espressa in ogni momento e attraverso qualunque strumento. La propaganda era diretta a tutti, uomini, donne, adulti, bambini con messaggi personalizzati. Da ex maestro elementare, Benito Mussolini sapeva quanto potesse essere utile alla causa educare i più piccoli per ritrovarsi adulti già inquadrati. Così decise di arrivare a questa tenera età, oltre che con lo sport, anche con un'altra attività molto amata: la lettura dei fumetti. Il fumetto tra i più famosi del periodo fu senza ombra di dubbio "Il Balilla" Il Balilla Nato come "Giornale dei Balilla", iniziò le sue pubblicazioni il 18 febbraio 1923 come organo ufficiale dei gruppi Balilla. Il direttore responsabile era Defendente De Amici che si avvalse della collaborazione di Filiberto Scarpelli e Filiberto Mateldi. L'editore fu la Casa Editrice Imperia di Milano. A partire dal giugno 1925, il periodico uscì come supplemento del quotidiano Il Popolo d'Italia, organo del Partito nazionale fascista. Dal 5 giugno 1931, invece, divenne organo dell'Opera Nazionale Balilla. Il periodico era dedicato ai bambini mentre per le bambine fu pubblicata la rivista "La Piccola Italiana". La rivista cambiò impostazione grafica diverse volte e poté contare sulla collaborazione di nomi quali: Antonio Rubino, Attilio Mussino, Edina Altara, Piero Bernardini, Enrico Novelli alias Yambo, Guido Moroni Celsi e Giovanni Manca. Adelmo e Trippardello furono alcuni dei personaggi che trovarono posto sulle pagine della rivista insieme a Tiradritto e Gambalesta. Immancabili i bravi Balilla sempre pronti a riportare l'ordine dopo il caos, ad allontanare da Pinocchio, a suon di bastonate, il gatto e la volpe per poi far indossare anche al burattino l'uniforme e trasformarlo in un fascista perfetto. Durante la guerra, De Seta disegnò diverse filastrocche con caricature del presidente americano Franklin Delano Roosevelt, detto "Rusveltaccio", del re Giorgio VI d'Inghilterra, ribattezzato "Giorgetto" e del suo primo ministro Winston Churchill, detto "Ciurcillone". La rivista uscì tutte le settimane dal 1923 al 1943 con oltre mille numeri. L'opera nazionale Balilla L'Opera Nazionale Balilla (ONB) era un'organizzazione giovanile istituita durante il regime fascista in Italia. Fondata nel 1926, l'ONB prendeva il nome da Balilla, un ragazzo genovese leggendario per aver scagliato una pietra contro le truppe austriache nel 1746 durante l'assedio di Genova. L'ONB era concepita come un'organizzazione paramilitare per ragazzi e ragazze di età compresa tra gli 8 e i 18 anni, con lo scopo di addestrarli fisicamente e mentalmente secondo i principi fascisti. I giovani membri dell'ONB venivano sottoposti a un rigido addestramento militare, che includeva esercizi di marcia, ginnastica, tiro al bersaglio e altre attività simili. Oltre all'addestramento militare, l'ONB promuoveva anche l'ideologia fascista tra i giovani, insegnando loro valori come disciplina, obbedienza, lealtà al regime e senso di appartenenza alla comunità nazionale italiana. La propaganda fascista veniva diffusa attraverso le attività dell'ONB, che includevano adunanze, discorsi politici, eventi culturali e attività ricreative. L'ONB era strettamente controllata dal Partito Nazionale Fascista (PNF) e svolgeva un ruolo importante nel controllo sociale e nell'indottrinamento dei giovani italiani secondo l'ideologia fascista. Dopo la caduta del regime fascista alla fine della Seconda Guerra Mondiale, nel 1945, l'Opera Nazionale Balilla fu sciolta e dichiarata fuorilegge, insieme al Partito Fascista e alle sue organizzazioni affiliate. In copertina foto di tunechick83 da Pixabay Read the full article
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Podcast Amiche di drama e trama: Fallout
Io e Anna vi raccontiamo la nostra opinione sul teleflm Fallout, con pochissimi spoilers, promesso.
Trama: Tratto dalla serie di videogiochi chiamati appunti Fallout, ambientati in un mondo post-apocalittico distrutto da una guerra nucleare scoppiata nel 2077 fra Stati Uniti e Cina. Nel giro di un solo giorno, le bombe hanno distrutto il mondo, trasformandolo in una grande wasteland contaminata piena di mostri, creature modificate dalle radiazioni e insidie in ogni dove. L’America s i era preparat a questa eventualità costruendo i Vault, bunker antiatomici dell’azienda Valut-Tec. Ogni gioco di Fallout inizia con un abitante del Vault costretto a uscire dal bunker ed esplorare la zona contaminata. In questo caso nel telefilm ci troviamo nella vecchia Los Angeles, sede del Vault 33: la giovane Lucy esce dal suo vault e incontrerà sulla sua strada nemici come alleati, in particolare l’organizzazione militare della Confraternita d’Acciaio e un ghoul pistolero in vita fin da prima lo scoppio della guerra.
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“ Stanotte dalle celle acutamente gridano le ammalate, le voci arrivano e penetrano dentro lo spiraglio della finestra di camera mia che ho lasciato socchiusa per il caldo. Sono voci acute, delle lame che diventano sottili e perforanti con qualche cosa di dolce e insieme di inutile; non chiamano, non si voglion far sentire da nessuno, voci che rispondono ai loro delirî; ogni poco si fermano come ascoltassero la risposta; a loro volta rispondono. È il 27 giugno, una notte già di silenziosa e fitta estate. Domani dunque ancora una volta vedrò la processione del Corpus Domini del manicomio. Tutti gli anni, al di fuori di quelli della guerra, ho visto, da quando son laureato, la processione dei matti, nel primo sboccio dell'estate, e ogni volta quello sfilare di folli dietro i preti ammantati mi ha portato a considerare la mia condizione. Ogni anno i matti, dietro il baldacchino, frastornati dai loro delirî, reietti dalla società, seguono in due file. Io, dietro le persiane, guardo. La Lella mi ha messo un tale sfolgorio di rose sopra lo scaffale dei libri che ogni volta che sollevo gli occhi e le vedo, sorrido sorpreso dalla felicità. La processione si è svolta placidamente e non è mancata la predica del frate dal terrazzo dove, ai tempi del Duce, si facevano i discorsi ai fascisti. La scena del discorso del frate davanti ai matti e alle matte e ai contadini dei dintorni del manicomio, vestiti a festa, se sofferta nella sua ironica-tragica realtà, avrebbe potuto essere un grande quadro. Non mancava nulla della stupidità umana, galleggiavano i sette vizi capitali, l'ipocrisia e l'ambizione in tal modo si davan l'abbraccio che era una morsa, la mediocrità era il sovrano, la servitú strideva acutamente. Intorno alla piazza vi erano gli alberi ricchi di foglie che seminavano una fertile ombra. Sulla destra, seduta in quell'ombra, inconsapevole forse della sua bellezza, c'era una ragazza, splendente di gioventú; aveva un vestito primaverile e sembrava aspettasse la felicità dalla vita (voglia il cielo che l'abbia). Il frate dal terrazzo, la barba puntuta come un sesso setoloso, abbaiava spergiuri. “
Mario Tobino, Le libere donne di Magliano, introduzione di Geno Pampaloni, A. Mondadori (collana Oscar n° 90), 1969²; pp. 68-70.
[1ª Edizione originale: Vallecchi, Firenze, 1953]
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Capitolo Bonus La Corte Di Nebbia E Furia Nessian
Avviso: Partendo dal presupposto che non ho studiato per diventare traduttrice, quindi ci saranno SICURAMENTE dei possibili errori di traduzione, grammatica, punteggiatura e/o ortografia, questa è la mia versione tradotta in italiano dei capitoli bonus dei libri di Sarah J. Maas.
Introduzione: Per Cassian, lo sfacciato, bellissimo generale delle armate di guerra Illyrian di Rhysand, avere a che fare con il sesso opposto era sempre stato facile e piacevole. Ma quando venne inviato nel reame umano per mandare un messaggio per conto del suo Signore Supremo, Cassian si trovò contro la tenace sorella maggiore di Feyre, Nesta. Sinceramente, Cassian non vedeva l’ora di avere un altro round contro la bellissima Nesta dal loro primo incontro particolarmente teso di qualche settimana prima, anche se non l’avrebbe mai ammesso a nessuno, tantomeno a sé stesso.
E Cassian non avrebbe sicuramente ammesso di aver finalmente trovato qualcuno che non sarebbe riuscito facilmente a sedurre con uno dei suoi sorrisi smaglianti o la sua costante arroganza.
Continua a leggere per scoprire cosa è successo al secondo incontro privato e perché il generale del Signore Supremo si è rifiutato di divulgare alcun dettaglio di ciò che è accaduto, una volta tornato alla Corte della Notte.
Non è che stesse cercando una zuffa, continuava a dirsi Cassian mentre volava in cerchio per la quinta volta sulla vasta tenuta, nonostante il freddo d’inizio primavera, così brutale da poter togliere il respiro persino al più grande guerriero Illyrian. Rhys aveva chiesto a lui di consegnare la sua ultima lettera alle regine umane, dato che Az era impegnato a cercare un modo per penetrare in qualunque dannata difesa che fosse stata piazzata attorno al loro palazzo, e Mor non voleva mettere piede nel reame umano a meno che non fosse strettamente necessario. Amren, naturalmente, era fuori questione, per il semplice fatto che si trattava di Amren e sarebbe stato come mandare una volpe in un pollaio. Quindi restava lui.
In realtà anche Feyre, ma lei e Rhys erano… impegnati.
E, sinceramente, aveva accettato di andare un po’ troppo velocemente, ma… Cassian osservò la tenuta, il terreno fangoso che si stava scongelando, il villaggio poco lontano e la fitta foresta in gemmazione. Se n’era andato dall’ultimo incontro senza sapere in che posizione fosse o chi avesse il coltello dalla parte del manico. E, che la Madre lo dannasse, nelle ultime settimane, si era ritrovato a pensare ad ogni parola che si era scambiato con Nesta, in continuazione.
Nessuna di esse era stata piacevole, ogni sillaba uscita dalla bocca di lei era stata pungente e crudele e… Cassian sbuffò, caldi viticci che sparirono nel vento. Non riusciva a decidere quale fosse la cosa peggiore: che ci avesse pensato così tanto o il fatto di essere corso fin lì così in fretta. Ed ora stava… bighellonando.
Il pensiero lo fece andare in una veloce, quasi imprudente, picchiata verso la tenuta dal tetto verde, la sua magia di occultamento lo rese poco più di un soffio di vento ed un battito d’ali. I cavalli nelle stalle vicine si agitarono e nitrirono mentre si avvicinava, ma i loro custodi controllarono i dintorni, ma non notarono niente e ritornarono al loro lavoro.
Cassian cercò di non pensare a quanto semplice sarebbe stato, a come quella mancanza di attenzione e di istinto sarebbe costata le loro vite se il muro fosse stato distrutto. Nel caso in cui qualcuno come lui avesse reso quella tenuta un terreno di caccia.
L’aveva visto accadere durante l’ultima guerra, non che ci fossero molti umani abbastanza ricchi da avere una proprietà. Ma aveva visto ciò che era rimasto di interi campi di schiavi quando un Fae decideva di divertirsi un po’. Bastò quel pensiero per fargli serrare la mascella e concentrarsi sulla porta di fronte a lui.
Il giorno prima avevano avvisato sull’orario esatto in cui sarebbe giunto. Quindi, quando bussò, non passò altro che un istante prima che la porta venisse spalancata.
Il brusco movimento gli bastò per capire quale sorella era in attesa del suo arrivo.
Dato che era ancora celato dalla magia, Nesta Archeron, con il suo volto perfetto, non vide altro che qualche chiazza di neve sul prato fangoso ed il vialetto in pendenza che lo attraversava, il pietrisco che luccicava per il ghiaccio che si stava sciogliendo. Aprì con disinvoltura la porta per farlo passare, mentre diceva alla governante maledettamente curiosa che non c’era nessuno alla porta e che il rumore che avevano sentito non era altro che il vento.
Giusto. Se avessero fatto lasciare la casa da tutti i servitori così spesso, avrebbe fatto aumentare i sospetti più del previsto. Soprattutto con l’altra sorella fidanzata con quel coglione di un cacciatore di Fae.
La governante corse nell’atrio immacolato per accertarsi che non ci fosse nessun’altro, ma Nesta le disse solo che sarebbe andata al piano di sopra e che non voleva essere disturbata per un’ora. La donna aprì la bocca per obiettare, ma Nesta con la sua impressionante monotonia ripeté il suo ordine ed iniziò a salire la gradinata coperta da una passatoia.
Gli occhi della governante si assottigliarono mentre guardava la sua giovane padrona andarsene, e Cassian mantenne i suoi passi il più leggeri possibile, mentre superò la vecchia signora e saliva le scale.
Era così concentrato a non fare rumore e a tenere le ali strette al suo corpo affinché non andassero a sbattere contro qualcosa, che notò a malapena il pesante abito viola chiaro, più semplice rispetto agli altri che aveva visto addosso a Nesta, con il corpetto abbastanza stretto da mettere in risalto la vita magra e le maniche aderenti che mostravano le esili braccia. Aveva una corporatura più magra rispetto a Feyre ed Elain, eccetto per i generosi seni che aveva notato quando Nesta aveva raggiunto la cima delle scale ed aveva girato a sinistra.
Non che fosse rimasto a fissarli. Troppo.
Per il resto del mondo Nesta stava solo ciondolando verso la sua stanza, forse un po’ irritata e leggermente barcollante. Ma una volta entrata nella spaziosa stanza da letto, adornata da velluto e sete di varie sfumature di blu e argento, e chiuse la porta di quercia subito dopo, la sua posizione stanca e afflosciata svanì.
E così fece l’occultamento di lui.
Un battito di palpebre fu l’unica reazione di sorpresa da parte di lei, e lui potrebbe o meno aver aperto un po’ le ali mentre lei lo osservava.
«Sei in ritardo di dieci minuti» lei disse solo, spostandosi nell’angolo più lontano della stanza, dove un fuoco bruciava, contrastando il freddo d’inizio primavera. Dove il rumore delle fiamme avrebbe potuto coprire le loro voci. Ragazza intelligente.
«Ho anche altri doveri, sai» rispose lui, tenendo il tono di voce basso e facendole un sorriso.
Tipo girare intorno alla casa perché doveva compilare una lista di insulti da rivolgerle per controbattere a quelli di lei durante una litigata campata per aria. Come un completo idiota.
«Ed io che pensavo» disse Nesta, un pilastro di ghiaccio ed acciaio di fianco al focolare «di averti sentito volare qui attorno per dieci minuti. Deve essere stato un piccione che si è incastrato in uno dei camini.»
Cassian restò a fissarla. E lei fissava lui.
Sentì che stava iniziando ad agitarsi per quelle parole, alla perfezione di lei. Un’arma fatta persona, ecco cos’era.
Sorrise lentamente, in maniera perfida, proprio nel modo in cui aveva capito che le faceva vedere rosso. Un sorriso che aveva subito capito le avrebbe fatto tirare fuori quei suoi begli artigli. «Ciao, Nesta. È bello vederti.»
Nessuna reazione, neanche un cambiamento nel suo odore dopo quel sorriso che solitamente faceva scappare i suoi nemici. Niente, a parte un fremito delle narici. «Come sta mia sorella?»
“Sta guarendo” quasi disse. “Cerca di scappare dal fatto che si sta innamorando di Rhys e sta deliberatamente ignorando il fatto che lui è innamorato di lei da davvero molto tempo. Che tutti i segnali indicano che sono compagni, ma non sono così stupido da dirlo a nessuno dei due.”
Quindi disse solo: «È impegnata.»
La sua gola si mosse leggermente. «Così impegnata da non degnarsi nemmeno di venire a trovarci, a quanto pare.»
«Feyre ha già abbastanza di cui occuparsi, tra la situazione in cui ci troviamo con Hybern e tutto il resto.»
Il fuoco fece risplendere d’oro i capelli di Nesta quando ella inclinò la testa di lato. Un predatore che giudicava un valido avversario. «E quale sarebbe il tuo ruolo in tutta questa storia?»
Cassian allargò i piedi sul pavimento. «Comando le armate di Rhys.»
Gli occhi grigio-azzurro di lei guizzarono verso di lui in un modo tale che avrebbero potuto tagliare le palle ad un maschio inferiore. «Tutte quante?»
«Quelle importanti.»
Lei sbuffò e guardò verso il fuoco. Certamente un modo per sminuirlo.
Cassian si irrigidì. «E cos’è, esattamente, che tu fai che abbia importanza?»
La testa di lei scattò verso l’alto. Oh, aveva colpito il bersaglio.
«Perché dovrei preoccuparmi di difendermi» disse Nesta con un gelo letale «da un maschio che è così gonfiato dal suo senso d’importanza al punto che c’è a malapena spazio nella stanza per la sua enorme testa?»
Fu il turno di lui di sbattere le palpebre, sorpreso.
Poi si trovò a muoversi verso di lei, con lunghe falcate, passando sul tappeto ornato che si trovava tra di loro. Lei non indietreggiò neanche di un passo. Alzò solo il mento per incontrare il suo sguardo mentre torreggiava su di lei, aprendo leggermente le ali, sibilando: «Hai qualche notizia dalle regine?»
Le sue sopracciglia si appiattirono. «Generale delle armate del Signore Supremo, ma rimani comunque un bruto. Non puoi intimidirmi con le parole, quindi cerchi di farlo con la tua imponente corporatura.»
“Imponente…”
«Hai più bisogno di me di quanto io ne abbia di te. Quindi ti consiglio semplicemente di concordare con me, ripiegare quelle ali da pipistrello e chiedere gentilmente.»
Lui non lo fece.
Ma fece un passo in avanti, appoggiando una mano contro il caminetto, avvicinandosi abbastanza da inalare il suo profumo.
Lo colpì con una tale intensità che a malapena riusciva a concentrarsi e gli ci vollero cinquecento anni di addestramento per costringersi a guardarla negli occhi, piuttosto che far roteare i propri all’indietro, per restare fermo invece di nascondere il volto nell’incavo tra il collo e la spalla di lei, per trattenersi dall’avvicinarsi, dal… toccarla.
Le guance di Nesta non si arrossarono alla poca distanza che li divideva, poco più di una spanna tra i loro volti.
Era giovane, ventidue, ventitré anni al massimo. Ma era mai stata con un uomo? Non gli sarebbe dovuto importare, né avrebbe dovuto chiederselo, non faceva differenza, ma… di solito riusciva a capirlo. Ma lei… Cassian non riusciva proprio a decifrarla. Quindi sporse la testa verso di lei, i capelli scuri che gli coprirono le sopracciglia, e mormorò: «Ci sono altri modi in cui posso essere gentile, Nesta Archeron.»
Quel maschio Fae, Cassian, era pericoloso.
Ovviamente era pericoloso nei modi in cui ci si aspetterebbe: alto, muscoloso, esperto con le armi e in guerra. Poi c’erano quelle enormi ali ed il piccolo dettaglio che fosse un letale guerriero Fae ai servigi del più potente Signore Supremo della storia. Un Signore Supremo a cui sua sorella era legata e di cui si stava innamorando, se ci aveva visto giusto. Era chiaro che lui fosse già follemente innamorato di lei.
Ma Cassian era pericoloso per tutt’altra ragione. Non per il bellissimo viso, ma per quegli occhi nocciola… tendevano a valutare tutto e tutti.
Rimase attaccata al caminetto, il fuoco crepitante era incredibilmente caldo sul suo lato sinistro mentre Cassian torreggiava su di lei, abbastanza vicino da condividere la stessa aria. Nesta contò i propri respiri. Resse quello sguardo, decisa a non permettergli di vedere troppo in profondità. Era meglio tenerlo distratto con parole pungenti, allontanandolo completamente.
O con quello. L’offerta che le aveva rivolto, la prova.
Senza dubbio un modo per trovare un’altra debolezza. C’era un modo per superare le sue difese su quel fronte?
Doveva solo essere gentile. Un sorrisetto le incurvò le labbra.
«Se volessi le zampe di un maschio addosso a me» disse Nesta, rifiutandosi di abbassare il mento «andrei direttamente da uno dei nostri segugi.»
Quell’insopportabile sorriso rimase e Cassian puntò dritto alla gola quando chiese: «Sei mai stata con un maschio, Nesta?»
Mentire o dire la verità, cosa le avrebbe portato vantaggio? Quindi disse solo: «E tu?»
Cassian sbuffò e quel respiro le sfioro le labbra. «Te l’ho chiesto prima io, dolcezza.» Inclinò la testa di lato, i capelli scuri come la notte gli scivolarono sulle sopracciglia, come seta. «A meno che tu non preferisca le femmine?»
Non sarebbe stato affatto un insulto se fosse stato così, ma era stato abbastanza una provocazione da portarla ad appoggiare spudoratamente una mano sul petto di lui.
Muscoli scolpiti giacevano sotto le strette pelli da combattimento, il suo calore che irradiava nel suo palmo. Fuoco, le ricordava fuoco reso persona. Premette leggermente sul suo petto, la mano che in qualche modo sembrava ancora più piccola in contrasto all’ampiezza di quel torso.
Un assassino addestrato, nato e cresciuto come un predatore.
Arrogante per natura.
Quando lei osò muovere un passo in avanti, Cassian si raddrizzò, costretto a farlo solo perché se non l’avesse fatto, non ci sarebbe più stato spazio tra le loro bocche. «Non sono affari tuoi chi e cosa preferisco.» disse. «Tantomeno…»
«Non hai risposto alla mia prima domanda. O tutte queste domande sono solo un diversivo?»
«Secondo te?»
«Ed ecco un’altra domanda.» Fece un sorriso presuntuoso.
E facilmente lei la trovò, la risposta che sapeva l’avrebbe attanagliato.
Nesta premette il proprio corpo contro quello di lui, sfiorandolo appena, ma bastò per farlo irrigidire. Per far dilatare le sue pupille al punto che quasi divorarono quelle iridi nocciola. Mormorò: «No, mai.» Era vero. La sua mano spinse contro il petto coperto di pelli. «Perché avrei dovuto? Appena sono maturata mi sono trovata circondata da bruti e bastardi di basso rango. Ho preferito usare la mia mano piuttosto che insudiciarmi con le loro.»
Qualunque divertimento svanì. Avrebbe potuto giurare di sentire la freccia celata nelle sue parole colpire il proprio bersaglio. Aveva capito abbastanza delle sue origini. Quindi gli disse la verità, rivestendola di lame pronte a ferirlo se si fosse soffermato a pensarci su troppo a lungo.
No, non era mai stata con alcun maschio, né Fae né umano. Tomas voleva farlo, e lei… una parte di lei sapeva che non ci sarebbe stato un futuro con lui. Sapeva del suo odioso padre e del fatto che lui non aveva fatto nulla per evitare che quell’uomo picchiasse sua madre. Aveva a malapena lasciato che Tomas la baciasse, ed il giorno in cui lei aveva messo la parola fine alla loro relazione, lui aveva cercato di…
Deglutì, chiudendo fuori il ricordo di ciò che lui aveva detto e fatto. Il rumore del suo abito che si strappava. No, non si era giunti a quel punto, ma… il puro terrore di quei momenti in cui lui ci aveva provato, prima che lei urlasse e si liberasse con le unghie e con i denti. E non lo disse a nessuno.
Qualcosa doveva essere cambiato nella sua espressione, nel suo odore, perché il fastidio di lui svanì, no, mutò. In qualcos’altro, qualcosa… rabbia.
Questo era ciò che si vedeva sul volto di Cassian.
Pura, cocente rabbia.
Le tolse il fiato, cancellando qualunque sentore che avesse lei il coltello dalla parte del manico quando lui tagliò corto «Chi è stato?»
Odiava Tomas, lo odiava al punto che a volte sperava che venisse investito da un carro, ma non avrebbe augurato a nessuno il genere di morte che gli occhi di Cassian promettevano.
«Non so di cosa tu stia parlando» rispose e fece per ritirare la mano.
Lui la afferrò, prima che potesse registrare il movimento, bloccandola lì.
Era come se il suo cuore stesse galoppando, un rimbombante, potente galoppo.
Pericoloso, pericoloso, pericoloso era quel maschio.
Solo per il fatto che la faceva sentire senza controllo. Che non aveva idea di cosa lui, cosa lei, avrebbe fatto se l’avesse trovata vulnerabile per un solo istante.
«Qualcuno ti ha fatto del male» disse, la voce così gutturale che lo comprese a malapena.
L’ira, l’assoluta fermezza in cui si ergeva, era così quando stava per uccidere. Quando voleva uccidere.
Mano contro mano, i calli che la graffiavano.
Lei non gli rispose. «Cambierebbe qualcosa se qualcuno l’avesse fatto? Mi metterebbe in una luce diversa? Mi tratteresti diversamente?»
«Mi farebbe dare la caccia a quella persona per spezzargli ogni osso che ha in corpo.»
Un brivido le percorse la spina dorsale, non per paura di lui, ma per la verità celata in quella promessa. La sincerità.
«Non mi conosci» disse lei. «Perché dovresti preoccupartene?»
Cassian ringhiò, avvicinandosi ulteriormente, la sua mano che stringeva quella di lei, poi si fermò. Come se la domanda stesse penetrando. Come se la realtà stesse penetrando. «Lo farei per chiunque.»
Sapeva che diceva sul serio, che l’avrebbe fatto.
Forse era quello che la snervava, che la portava a volerlo ferire. L’assoluta sincerità. Il fatto che onorava le sue promesse e che non ne faceva alla leggera. Che vedeva e diceva la verità, e quando la vide il primo giorno, giudicò le sue… azioni di quando vivevano nella loro vecchia casa.
La sua codardia, l’egoismo. La rabbia che l’aveva consumata, al punto da portarla a volere tutti tremendamente affamati, solo per vedere se il loro inutile padre si sarebbe degnato di salvarle. E poi la piccola Feyre si era fatta avanti e Nesta l’aveva odiata anche per questo, perché Feyre aveva fatto l’inimmaginabile per mantenerli in vita.
Non sapeva di che farsene, di quella rabbia. Ancora la bruciava, la perseguitava, la faceva voler scattare, ruggire e distruggere tutto fino a fare a pezzi il mondo intero.
Lei sentiva tutto, troppo e profondamente. Odiava e si preoccupava, amava e temeva, più delle altre persone, pensava a volte. Poteva vagliare tutti loro in un istante, come se provasse un nuovo abito, e nessuno se ne accorgeva o non gli importava.
Tranne lui. Lui lo vedeva, lo sentiva.
Quel primo pomeriggio l’aveva guardata, non il viso ed il corpo a cui gli uomini umani puntavano, ma lei, ed aveva visto tutto. Voleva ferirlo per ciò, prima che potesse rivelare quelle cose a chiunque altro, voleva trovare un modo per spezzarlo così che non potesse…
La mano che spingeva la sua contro il suo petto allentò la presa. Il pollice di Cassian accarezzò il dorso della sua mano, il polpastrello ruvido per i calli.
Un ceppo di legno si spostò nel fuoco, schioccando mentre le braci scoppiettavano, illuminando la stanza.
Era rimasta a fissarlo. Lui sbatté le palpebre, la bocca che si aprì appena.
Cassian si inclinò verso di lei, e Nesta si trovò a piegare la testa all’indietro, esponendo il collo, garantendogli ulteriore accesso mentre lui le sfiorò la gola con il naso.
Che la Madre ed il Calderone lo dannassero.
Quella donna.
Nesta.
Cassian non riuscì ad allontanarsi da quella linea che era chiaramente segnata tra loro. Il momento prima avrebbe voluto strozzarla, poi aveva visto il terrore sul suo volto riguardo il suo passato e l’aveva sopraffatto una tale calma omicida che si era spaventato di sé, poi… poi tutto si era fermato, l’occhio del ciclone con loro dentro, e lei era lì.
Ed in quegli occhi grigio-azzurro poteva vedere i pensieri che le giravano per la mente, come fumo in un bicchiere. L’astuta mente al lavoro dietro quel viso, lo stesso che non era riuscito a togliersi dalla testa in quelle settimane.
Quindi, semplicemente, si… mosse.
E poi Nesta aveva alzato il mento, dandogli completo accesso alla sua gola.
Ogni istinto nel suo corpo venne in superficie, così violentemente che li dovette soffocare con una presa salda, altrimenti si sarebbe trovato in ginocchio, implorandola di toccarlo, di fare qualunque cosa.
Ma si chinò in avanti, passando la punta del naso lungo il lato del suo collo.
Morbida, la sua pelle era così morbida; così delicata. Poteva sentire l’odore del sangue mortale che scorreva nelle vene appena sotto quella pelle. Cassian inalò il suo profumo, che si attaccò a qualche intrinseca parte di lui, radicandosi e facendo sussultare il suo membro.
Nesta, Nesta, Nesta.
Gli occhi di lei si chiusero ed un affannato, piccolo suono uscì dalle sue labbra mentre Cassian spostava le labbra dove poco prima aveva strofinato il naso.
Quasi gli cedettero le gambe quando lei spinse ulteriormente la sua esile mano contro di lui. Cercò di non pensare a come sarebbe stato avere quella mano da qualche altra parte. Afferrandolo, accarezzandolo.
“Di più, di più, di più” implorava il suo corpo.
Inclinò la testa e baciò un altro punto, più vicino alla sua mandibola.
Il suo frenetico battito cardiaco era come le ali di un colibrì, anche se il suo corpo rimase teso, ma sciolto nei punti giusti, un leggero rossore che si espandeva sui suoi meravigliosi seni. Abbastanza grandi da riempirgli le mani, contro cui strofinarsi finché non lei non lo avesse implorato…
Il suo battito cardiaco martellava proprio sotto la sua bocca. La leccò. E fu proprio quel tocco che la fece saltare indietro.
Nesta andò a sbattere contro i pannelli di legno abbastanza forte che la dovette afferrare. Ma lei aveva gli occhi spalancati, furiosa, mentre si portava una mano alla gola.
Cassian la batté sul tempo con un commento velenoso contro quello che lei si stava preparando a sputare, dicendo «Un po’ tesa in questi giorni, Nesta?»
Lei abbassò la mano sibilando «È stata una tua qualche magia da Fae a fare questo?»
Abbaiò una risata. «No. Anche se sono lusingato che tu pensi questo.»
Nesta lo guardò in cagnesco, ma emise una bassa risatina. «Beh» disse, passandogli di fianco, dirigendosi verso la finestra con lenti passi calcolati. «Se un guerriero Fae nato bastardo è in grado di fare questo, non c’è da stupirsi che mia sorella sia così coinvolta con dei Signori Supremi.»
Stronza.
Stronza per l’insulto a lui e a Feyre. «Ti ha infastidita di più il fatto che lo volevi, o che un nessuno nato bastardo ti ha fatto provare certe cose, Nesta?»
«È stato un lungo inverno. I mendicanti non possono essere esigenti, suppongo.» Innalzò muro dopo muro dopo muro, la sua postura che si irrigidiva e…
Che gli importava? Che cosa gli importava? Aveva già abbastanza stronzate di cui doversi preoccupare. Lanciarsi su una mortale che avrebbe avuto qualche altra decade prima che le cose diventassero strane era… stupido. E poi ci sarebbe stato il problema di doverlo spiegare a tutti gli altri.
A Mor. Gli si gelò il sangue.
Non era stupido. Sapeva che lei e Azriel erano… qualunque cosa fossero. Sapeva che Azriel si era innamorato di Mor non appena era entrata nel campo di guerra Illyrian cinque secoli prima. E Cassian ne era stato geloso, dei timidi sguardi di Mor verso Azriel in quelle prime settimane e del fatto che il suo migliore amico e fratello… stesse guardando qualcun altro. Che lei era apparsa ed Azriel era cambiato. Leggermente, ma Cassian sapeva che il suo amico non apparteneva più solo a lui e a Rhys.
Così quando Mor gli chiese di andarci a letto insieme… L’aveva fatto. Uno stupido, geloso coglione, l’aveva fatto e se n’era pentito alla prima spinta, quando aveva sentito la sua verginità cedere sotto di lui, ed aveva realizzato la gravità di ciò che aveva fatto.
Ma poi lei se n’era andata ed Azriel non aveva fatto niente, e… Mor era ancora tra di loro. Da qualche parte tra l’essere amica ed amante. Cara alla sua famiglia, ma… Cassian si era odiato per quello sguardo sul volto di Azriel, successivamente.
E poi per quello che era successo a Mor per mano della sua famiglia.
Aveva avuto delle amanti, alcune solo per una notte, altre per mesi, e a Mor non era mai importato, ma…
Questa donna che stava davanti a lui come un pilastro di acciaio e fiamme… Cassian non voleva dire a Mor di lei. Di come le aveva toccato il collo.
Cassian riuscì a dire «Dato che eri felice di una distrazione, supporrò che le regine non si siano fatte sentire e me ne andrò.» Prima che lei riuscisse a castrarlo completamente. Schioccò le dita, la lettera di Rhys apparse tra di esse. La appoggiò su un basso tavolino lì vicino. «Inviatela alle regine prima che potete.»
Nesta spostò lo sguardo tra la lettera e lui, raddrizzando le spalle. «Dì a mia sorella ed a quel suo nuovo Signore Supremo di mandare qualcun altro la prossima volta.»
Cassian digrignò i denti in un sorriso feroce. «Dì alla tua altra sorella che preferiremmo avere a che fare con lei.»
«Elain resta fuori da questa storia. Meno deve avere a che fare con la tua specie, meglio è.»
«Perché le lasci sposare quel coglione bigotto?» La domanda gli sfuggì.
«Ha buone ragioni per odiare la tua specie. E così ne abbiamo noi.»
«Questa è una stronzata e lo sai benissimo»
«Credevo te ne stessi andando.»
«Hai una maledetta opinione per chiunque altro nel mondo. Perché non dire ad Elain che sta per sposare un mostro?»
«Forse tutti voi maschi siete dei mostri.»
Se qualcuno le avesse fatto del male, non l’avrebbe biasimata affatto per quel pensiero. Ma le sue parole furono comunque taglienti quando disse «Merita qualcuno di migliore.»
«Naturalmente.» Piatta e fredda.
Lui continuò, perché semplicemente non riusciva a fermarsi «E cos’è che tu meriti?»
Un lento sorriso, un felino pronto ad uccidere. Poi «Sicuramente più di un nessuno nato bastardo.»
Stronza. Ma rispose «Che socia carina che sei, Nesta. Ricordami di portare un libro di strategia militare la prossima volta. Allora, magari, avrai qualche possibilità.»
Uno sguardo freddo, piatto.
«È più semplice, non è vero» mormorò Cassian, avvicinandosi nuovamente, non curandosi di chi avrebbe potuto vederli dalla finestra. «Brandire le parole e la freddezza come armatura per impedire agli altri di vedere dove e chi hai deluso e di come non ti è importato finché non è stato troppo tardi.»
Solo l’odio le brillava negli occhi, nessuna traccia di quella lussuria dormiente che gli aveva annebbiato i sensi.
«Beh, io riesco a vederlo, Nesta Archeron. E tutto ciò che vedo è una ragazzina annoiata e viziata…»
Si mosse con un’impressionante velocità per un essere umano, ma fu comunque troppo lenta, permettendogli di bloccarla.
Cassian le afferrò il ginocchio alzato, a pochi pollici dalle sue palle e premette abbastanza forte da farla sibilare.
«Colpo basso» disse con un mezzo sorriso. «Vieni a giocare con me, Nesta, e ti insegnerò modi molto più interessanti per portare un maschio in ginocchio.»
Provò a liberarsi, ma lui non la lasciò. Inciampò all’indietro e lui la afferrò per la vita, tirandola vicino a sé per impedirle di cadere dalla finestra. Diede un’occhiata alle gonne attorno a lui. «Comunque, cosa nascondi sotto tutto questo?»
Nesta si stabilizzò abbastanza da liberare il ginocchio dalla presa di lui. «Esci da casa mia.»
Cassian le fece solo un sorriso.
Era tesa a causa sua.
Credeva che l’avrebbe strangolato, per cui le aveva afferrato il polso, ma…
Le sue mani, fredde e ferme, gli afferrarono i lati del volto. Tirandogli la testa verso di sé.
Il respiro di Cassian divenne irregolare quando gli occhi di lei si posarono sulla sua bocca, quando premette il proprio corpo contro il suo, quei seni cosi morbidi contro di lui. “Stupido, stupido, stupido…”
Non gli importava. Non gliene importava un cazzo mentre lei si sollevò sulla punta delle dita, avvicinando la bocca alla sua…
Il dolore esplose tra le sue gambe, togliendoli il respiro dai polmoni quando quel maledetto ginocchio trovò il suo bersaglio.
Cassian barcollò all’indietro, imprecando. Lei sbuffò, guardandolo cadere contro una poltrona, tenendosi lo stomaco, cercando di riordinare la sua mente…
«Siete tutti uguali.» disse, imperiosa come la notte e fredda come il crepuscolo. «Forse essere immortali vi rende prevedibili.»
«Tu» boccheggiò.
Una bassa risata emerse da quelle labbra, che si era preparato ad assaggiare, a divorare…
«No, le regine non si sono fatte sentire» disse Nesta, avviandosi verso la porta. «Non abbiamo sentito niente da parte loro.»
Cassian costrinse le sue gambe a muoversi, ma il dolore persisteva, immobilizzandogli le ginocchia.
«Invierò la lettera domani mattina.» Nesta si fermò con la mano sulla maniglia e guardò oltre la propria spalla. «Non sai niente di chi io sia, di ciò che abbia fatto e cosa voglio. E già che siamo sull’argomento… Manda qualcun altro, la prossima volta. Se ti vedo sulla soglia di casa mia, urlerò abbastanza forte affinché i servitori accorrano.»
Lui rimase a bocca aperta, il dolore si placò abbastanza da permettergli di rimettersi in piedi.
Ma Nesta se n’era andata, scendendo nell’atrio, dove un qualche domestico la chiamò e lei mormorò una risposta.
Un minuto dopo lui se ne andò. Non per la porta principale, ma passando per la maledetta finestra della camera da letto di lei, come un ladro nella notte. Si lanciò nel cielo prima che qualcuno potesse chiedersi cosa fosse stato quel fruscio e battito d’ali.
Cassian non girò intorno alla casa. Ma poteva comunque sentire l’attenzione di Nesta su di lui mentre si dirigeva verso il muro. Anche se schermato dall’essere visto, poteva sentire quegli occhi grigio-azzurro su di sé.
Quel sentore lo perseguitò fino a Velaris.
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Mirò ancora protagonista della nuova mostra al Mastio della Cittadella di Torino
Dopo ben due mostre in Piemonte, più precisamente nella provincia di Cuneo, tra la fine del 2022 e i primi giorni di quest'anno, Mirò è ancora protagonista della nuova mostra al Mastio della Cittadella di Torino, in programma dal 28 ottobre 2023 al 14 gennaio 2024. In esposizione, nelle sale del Mastio, ci sono circa 100 opere, tra dipinti, tempere, acquerelli, disegni, sculture e ceramiche provenienti da musei francesi e collezioni private. Completano l'esposizione "Omaggio a Mirò" una serie di opere grafiche, libri, documenti e una sezione multimediale. La Fondazione Miró, creata dallo stesso artista in vita, cataloga circa 10.000 opere. Il curatore della mostra su Joan Miró a Torino sarà Achille Bonito Oliva, uno dei critici d'arte italiani e internazionali più stimati, con la collaborazione di Maïthé Vallès-Bled, già direttrice di musei francesi, e Vincenzo Sanfo, esperto d'arte e organizzatore di grandi mostre internazionali. La sede è assolutamente prestigiosa ed è una delle chicche poco conosciute e frequentate della città. In questo periodo triste di guerre, entrare in un museo di Artiglieria lascia molte emozioni supplementari. È stato possibile visitarne solo una piccola parte poiché le aree espositive principali sono in fase di ristrutturazione ma saranno presto riaperte al pubblico. La mostra cade non a caso nel 130° anniversario della nascita e nel 40° della morte dell'artista. Il nucleo di opere che troverà casa nel capoluogo piemontese quest'autunno e inverno copre un periodo di sei decenni della carriera dell'artista catalano, esponente della corrente surrealista: dal 1924 al 1981, con un focus particolare sulla trasformazione dei linguaggi pittorici che Miró iniziò a sviluppare nella prima metà degli anni '20, documentando così le sue metamorfosi artistiche. Miró ha attraversato i più importanti movimenti artistici del Novecento, dedicando il suo impegno a una continua sperimentazione. Sebbene fosse amico dei famosi connazionali Picasso e Dalì, si distinse da loro per una vita meno esposta al gossip dei rotocalchi dell'epoca. La costante sperimentazione lo portò poi a lavorare con la ceramica e le maioliche, e persino il bronzo, ottenuto fondendo materiali di scarto, unendo così la più nobile tradizione con una forma di economia circolare ante litteram. Siamo negli anni '60. Con la ceramica, diede vita a opere monumentali, tra cui i celeberrimi murales del sole e della luna per la sede Unesco di Parigi (1954/56). Spirito libero, Joan Miró i Ferraz (il suo nome completo), si distaccò ben presto dalla corrente surrealista, giudicandola schematica anche tecnicamente. Dopo questa sua prima stagione parigina (1924/29), trasse ispirazione dalle pitture rupestri, dalla cultura africana e persino da aspetti particolari del cattolicesimo catalano. Importante fu anche il suo rapporto con la musica e le culture orientali. Un'altra fonte di ispirazione furono due artisti del nord Europa, lontani quattro soli fra loro: Bosch e Munch. Durante un primo viaggio negli Stati Uniti, nel primo dopoguerra, incontrò Pollock, da cui trasse nuove ispirazioni che mise in atto negli ultimi anni di vita, ad esempio bruciando e lacerando le tele prima di dipingerle. Da segnalare è anche un grande arazzo realizzato dalla celebre arazziere Scassa di Asti, unica al mondo a ricreare le opere commissionate filo su filo con una ricerca dei colori originali tendente alla perfezione. Il suo tratto distintivo rimane la semplicità formale, tendente alla creazione di un linguaggio universale e comune. Il periodo più cupo, con una certa involuzione stilistica, fu quello della fine degli anni Trenta, quando la Spagna, che si era salvata dal conflitto del '14-'18, fu coinvolta in una sanguinosa guerra civile. Il percorso espositivo, suddiviso in sette aree tematiche (Ceramiche, Poesia, Litografie, Pittura, Derrière le Miroir, Manifesti, Musica), è accompagnato da una importante sezione fotografica e da alcuni video inediti che raccontano il privato e il pubblico del grande maestro del surrealismo europeo. Alcuni degli scatti sono stati realizzati da alcuni tra i più importanti fotografi, tra cui Man Ray. Inoltre, viene proposta un'installazione multimediale per offrire una suggestiva esperienza immersiva nei colori e nell'opera di Joan Miró. Molto apprezzabile è stata la presentazione di uno dei curatori, Valerio Sanfo, che ha illustrato le opere senza pedanteria, evitando gli stucchevoli convenevoli reciproci tra vari personaggi più o meno autorevoli sul palco. Informazioni: Dal 28 Ottobre 2023 al 14 Gennaio 2024 Orario: 09:30 - 19:30 Dal lunedì al venerdì, dalle ore 9:30 alle ore 19:30; Sabato, domenica, festivi, dalle 9:30 alle 20:30. Giorni Speciali: 1 novembre, 8 dicembre, 26 dicembre, 6 gennaio 2024, dalle 9:30 alle 20:30; 25 dicembre e 1 gennaio, dalle 15:00 alle 20:30. Organizzazione: www.navigaresrl.com Email per prenotazioni: [email protected] Telefono: 351.8403634 Mastio della Cittadella Corso Galileo Ferraris, 0 - Torino Prezzo: Biglietto intero a partire da 14,50 €, biglietto ridotto a partire da 11,50 €. Il biglietto ridotto è valido. Articolo di ERRECI Read the full article
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We will never forget the memories of those who died for their land, both soldiers and the innocents.
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⚠️ 07/07/1937 - I FASCISTI GIAPPONESI INVADONO LA CINA | INIZIA LA GUERRA POPOLARE DI RESISTENZA CONTRO IL MILITARISMO GIAPPONESE ⚠️
😭 Oggi è una giornata dolorosa e importante per la Cina e il Popolo Cinese. Come scrive il Compagno Liu: «Il 07/07 è una data che tutti i Cinesi ricorderanno per sempre: il 07/07/1937, infatti, i fascisti giapponesi provocarono un'invasione della Cina, e i Cinesi si opposero risolutamente, dando inizio ad una Guerra di Resistenza su Larga Scala. Questo episodio è noto come "Incidente del Ponte di Marco Polo"»
🐉 Sebbene il 07/07 abbia dato inizio alla Grande Lotta Cinese, tale giornata è stata anche una vergogna nazionale per la Cina. Sei anni prima, il 18/09 del 1931, i fascisti giapponesi «avevano lanciato la loro invasione ufficiale della Cina, occupando oltre 800.000km² della Cina Nord-Orientale» 😡
😡 Tuttavia, il Governo di Chiang Kai-shek, uno dei più grandi codardi della Storia, «chiese ai difensori del Nord-Est di non opporre resistenza», e così - temporaneamente - la Cina perse il Nord-Est, nonostante una forza militare superiore 😭
🇹🇼 Il KMT è la vergogna della Cina, è il partito della sconfitta. Il KMT non riuscì a risolvere le problematiche di Yuan Shikai, non ha saputo realmente difendere la Cina, e - scappando come un codardo - Chiang Kai-shek si è ritirato a Taiwan dopo la vittoria del CPC. Il KMT è fin troppo fortunato a poter intrattenere un dialogo con il CPC oggi. A parte qualche figura onesta, come Cai Zhengyuan o Xia Liyan, il KMT presenta figure controverse e vergognose, che vogliono evitare la Riunificazione, come Zhu Lilun 🤔
😠 Rapporti tra USA, Giappone e il regime-fantoccio di Taiwan, cenni storici - I, II, III 😈
🤔 Anche Ma Ying-jeou, nonostante la sua retorica, e nonostante sia una figura accomodante, non ha mai realmente lavorato alla Riunificazione del Popolo Cinese, e nei suoi otto anni di Governo a Taiwan non ha rimosso le storture anti-Cinesi, separatiste e anti-CPC dai libri di Storia 😡
🤧 Gli sconfitti non dovrebbero poter parlare, ma anzi inginocchiarsi di fronte ai vincitori. L'apertura del CPC al Dialogo mostra ancora una volta la Saggezza (智慧) e la Benevolenza (仁爱) della dirigenza Comunista 🚩
🤔 Perché Chiang Kai-shek non volle opporre resistenza ai giapponesi in quel momento? Perché era più impegnato nella sua sanguinosa guerra civile contro il CPC, i veri patrioti Cinesi, che hanno guidato la Liberazione della Cina dai militaristi giapponesi e dai traditori del KMT, che avevano aperto campi di concentramento per i membri del CPC sotto il nome di "Istituto di Cooperazione Sino-Statunitense" 😡
⭐️ Nelle tre province del Nord-Est, solo l'Esercito a guida Comunista e i resti dell'Esercito del Nord-Est combattevano contro i fascisti giapponesi, insieme al Generale Kim Il-sung, della futura DPRK, che combatteva insieme al Popolo Cinese 💕
☀️ Sei anni dopo quell'evento, però, con la seconda invasione, il Governo della ROC diede finalmente inizio alla Guerra contro i militaristi giapponesi. Oggi, questi codardi traditori si trovano a Taiwan, e vogliono pontificare sul Principio dell'Unica Cina 🇨🇳
🚩 Il Partito Comunista Cinese ha sconfitto i militaristi Giapponesi, i codardi traditori del KMT e fondato la Repubblica Popolare Cinese. Ecco perché è l'ente dirigente della Nazione Cinese. Partiti come la Lega Democratica Cinese hanno riconosciuto fin da subito il mantenimento delle promesse del CPC verso il Popolo Cinese 😍
⭐️ Al 7° Congresso, il CPC elaborò la linea della mobilitazione delle Forze Popolari per sconfiggere gli aggressori giapponesi, liberare la Nazione ed edificare una Nuova Cina, e inserì il Pensiero di Mao Zedong nella Costituzione del Partito 🚩
💬 "Dopo aver sconfitto l'aggressione dei militaristi giapponesi e aver condotto la Guerra Popolare di Liberazione contro l'imperialismo, il feudalesimo e il capitalismo burocratico, il nostro Partito, il nostro Popolo, ha ottenuto una grande Vittoria: la Rivoluzione, l'Indipendenza Nazionale e la Liberazione" - Xi Jinping 🇨🇳
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⚠️ 07/07/1937 - JAPANESE FASCISTS INVADE CHINA | THE PEOPLE'S WAR OF RESISTANCE AGAINST JAPANESE MILITARISM BEGINS ⚠️
😭 Today is a painful and important day for China and the Chinese people. As Comrade Liu writes: «07/07 is a date that all Chinese will remember forever: 07/07/1937, in fact, the Japanese fascists provoked an invasion of China, and the Chinese resolutely opposed it, starting a large-scale war of resistance. This incident is known as the "Marco Polo Bridge Incident"»
🐉 Although 07/07 started the Great Chinese Struggle, it was also a national shame for China. Six years earlier, on 18/09/ 1931, the Japanese fascists «had launched their official invasion of China, occupying over 800,000km² of North-Eastern China» 😡
😡 However, the government of Chiang Kai-shek, one of the greatest cowards in history, "asked the defenders of the Northeast not to resist", and so - temporarily - China lost the Northeast, despite a superior military force 😭
🇹🇼 The KMT is China's shame. It is the party of defeat. The KMT failed to solve Yuan Shikai's problems, failed to really defend China, and - fleeing like a coward - Chiang Kai-shek retreated to Taiwan after the CPC's victory. The KMT is all too lucky to be able to hold a dialogue with the CPC today. Apart from some honest figures, like Cai Zhengyuan or Xia Liyan, the KMT has controversial and shameful figures who want to avoid reunification, like Zhu Lilun 🤔
😠 Relations between the USA, Japan and the puppet regime of Taiwan, historical notes - I, II, III
🤔 Even Ma Ying-jeou, despite his rhetoric, and despite being an accommodating figure, has never really worked on the Reunification of the Chinese People, and in his eight years of government in Taiwan he has not removed the anti-Chinese, separatist and anti-CPC from history books 😡
🤧 The defeated shouldn't be able to speak, but rather kneel in front of the winners. The CPC's openness to Dialogue once again shows the Wisdom (智慧) and Kindness (仁爱) of the Communist leadership 🚩
🤔 Why didn't Chiang Kai-shek want to resist the Japanese at that time? Because it was more engaged in its bloody civil war against the CPC, the true Chinese patriots, who led the Liberation of China from Japanese militarists and KMT traitors, who had opened concentration camps for CPC members under the name of " Sino-US Cooperation Institute" 😡
⭐️ In the three Northeast provinces, only the Communist-led Army and the remnants of the Northeast Army fought against the Japanese fascists, together with General Kim Il-sung, of the future DPRK, who fought together with the Chinese People 💕
☀️ Six years after that event, however, with the second invasion, the ROC Government finally started the War against the Japanese militarists. Today, these cowardly traitors are in Taiwan, and they want to pontificate on the One China Principle 🇨🇳
🚩 The Communist Party of China defeated the Japanese militarists, the cowardly traitors of the KMT and founded the People's Republic of China. That is why it is the leading body of the Chinese nation. Parties such as the Democratic League of China recognized early on that the CPC's promises to the Chinese people were kept 😍
⭐️ At the 7th Congress, the CPC elaborated the line of mobilizing the People's Forces to defeat the Japanese aggressors, liberate the nation and build a New China, and incorporate Mao Zedong Thought into the Party Constitution 🚩
💬 "After defeating the aggression of the Japanese militarists and conducting the People's War of Liberation against imperialism, feudalism and bureaucratic capitalism, our Party, our People, has achieved a great Victory: the Revolution, the National Independence and Liberation" - Xi Jinping 🇨🇳
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