#lenzuola ricamate
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lacameliacollezioni · 18 days ago
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La nostra Rubrica sul Giornale “La Lomellina” – 02/25 – I corredi dotali nobiliari
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parmenida · 1 year ago
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C’è chi non usa il “servizio bello” dei piatti e lo conserva per le occasioni che non saranno mai abbastanza importanti. Poi c'è chi compra le candele... quelle belle... che rimarranno sempre spente, a prendere polvere. E le lenzuola di seta? Da tenere da parte... si sa mai (e rimangono chiuse nell'armadio). Così per la biancheria figa, il pigiama in seta, le tovaglie ricamate, la bottiglia di vino buono. IO, invece, VIVO OGGI. E consumo le candele. Rompo i piatti. Stappo champagne. Strapazzo le coperte e sgualcisco l’intimo tuttopizzo. Domani? Domani chissà...
(Letizia Cherubino, La MIA Amante)
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el-elux · 2 years ago
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A dirla tutta, ho un cassetto ancora più angosciante, pieno di vestitini per neonati che mia madre compra per la mia futura prole, pur sapendo che non voglio avere figli.
-Non lo faccio per te, - mi dice, - lo faccio per i miei nipoti.
In compenso il corredo che mia nonna mi aveva messo da parte per il giorno in cui mi sarei sposata [...] e a cui mia madre si era fieramente ribellata ("Mia figlia si sceglierà da sola la biancheria che vuole!") è finito nelle sue mani, e così mentre lei dorme nelle lenzuola di lino ricamate con le mie iniziali, io mi crogiolo in un'indipendenza mai rivendicata fatta di cotone Ikea.
Mia madre tratta il proprio amore filiale come una conquista, l'affrancamento da una brutalità cieca e disperata. Mia nonna aveva provato ad abortirla ficcandosi una stampella nell'utero. Nei racconti di famiglia non ci sono altri dettagli sull'evento, a parte la tacita evidenza che qualcosa deve essere andato storto visto che mia madre è nata.
Veronica Raimo, Niente di vero
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canterai · 3 years ago
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Vorrei delle lenzuola bianche ricamate.
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yesvisavisblog-blog · 5 years ago
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Ed è nei panni stesi ad asciugare che si scopre chi vive e come vive la persona che li usa. Questo penso, ogniqualvolta alzo gli occhi e vedo abiti stesi ad asciugare, lenzuola nuove o consumate, ricamate o rammendate, minuscoli calzini o pantaloni da lavoro. Vivo la vita degli altri per un attimo mentre mi soffermo a testa in su. Poi passo oltre e continuo per la mia strada, quella che mi porterà verso casa o lontano da essa. La vita è destino e non è vero che siamo noi a determinarlo,perchè così fosse saremmo tutti ricchi sfondati e felici da far schifo. Raffaella
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daisyofthegalaxy · 7 years ago
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La tenerezza nel tornare a casa di nonna, nell'aprire i suoi cassetti e nel sistemare le sue cose. Io avrei voluto portarmi via tutto. In quella casa di ricordi, sempre più spoglia e vuota, ci sono ancora piccoli tesori provenienti da tutto il mondo e che nonna custodiva gelosamente. Nonno lavorava sulle navi e girava il mondo, quando tornava a casa dopo mesi di assenza portava regali da ogni posto visitato. Così ci sono decine di delicatissimi servizi da tè (dipinti a mano, giapponesi, cinesi..), bicchieri di bambù, statuine africane di legno e avorio, tazze di ogni genere e grandezza, ancora bicchieri e calici e coppe, ceramiche e cristalli, quadri, stampe. Metà dei mobili erano pieni di queste cose, l’altra metà invece erano pieni di una quantità industriale di camicie da notte e asciugamani che neanche 10 famiglie riuscirebbero a consumare e di cui nonna andava fierissima. I cassetti invece erano strabordanti dei lavori di nonna, che ha cucito fino all’ultimo: centrini, merlettini, tovaglie, ancora asciugamani ricamati, federe e lenzuola ricamate. Una vita intera stipata in armadi, credenze e cassetti e non è possibile conservare ogni cosa, neanche tutti i ricordi.
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sciatu · 7 years ago
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Canzone per lei
Ti cercherò nella schiuma del mare, nei sassi sulla spiaggia, nelle conchiglie imbiancate dal sole, nelle stelle marine che si amano nella battigia, nel silenzio dei fondali dove i raggi del sole scrivono luminose parole d’amore nel freddo dell’acqua, ti amerò tra le barche rovesciate sulla spiaggia e nel vento che scuote gli ombrelloni portandoci le grida felici dei bambini le stesse che hanno le nostre anime nel vedersi. Dove la terra diventa schiuma ed il mare rinasce come sabbia, li abbiamo scritto nel nostro sangue i nostri nomi, e per me li siamo sempre rimasti e rinati. Non contano i palazzi dei principi o dei re, i lunghi corridoi che portavano alle sale da ballo colme di specchi e di candele tra cui abbiamo camminato, non valgono le strade con infiniti grattacieli sulla cui punta spuntava azzurro un piccolo fiume di aria che osservavamo stupiti, non contano le lenzuola ricamate, ed i soffici cuscini di alberghi famosi in cui ti ho baciato. Tu per me resti li, dove il tuo sorriso era una reggia immensa di sabbia e di onde e nessun cielo, li in alto, aveva la luce dei tuoi occhi, il calore del tuo corpo la felice serenità che dava la tua anima più morbida di ogni cuscino di piume.
Ti cercherò nel suono dell’ onda, anche se le ombre del nulla mi circonderanno, perché tu sei la mia luce, perché tu inizi dove il nulla finisce e ne segni un confine netto che lui non potrà mai valicare. Ti cercherò nei miei silenzi, perché il tuo sorriso disegna sui muri grigi della vita i rossi fiori del ciliegio e i bianchi fiori dei pruni mentre le tue vesti lasciano intorno a me la scia di mille primavere, il fruscio del grano sotto il sole di maggio, i silenzi di mille estati, i desideri di mille inverni; grazie a te il sogno illumina i nostri domani con le nostre costellazioni di desideri, il corallo rosso dell’amore già dato, l’onda nuova dell’amore da avere.
Ti cercherò ancora, come allora, ti cercherò fino a quando potrò avere un sogno da regalarti, un abbraccio da cercarti, il nostro amore da dividere. Ti cercherò Come ieri, e il giorno prima e quello ancora prima, fino a quel giorno quando hai cacciato tutte le mie ombre e sei diventata per sempre, la mia unica luce.
I will look for you in the foam of the sea, in the pebbles on the beach, in the sun-bleached shells, in the sea stars that love each other in the shoreline, in the silence of the seabed where the sun’s rays write bright words of love in the cold of the water, I will love you among the boats overturned on the beach and in the wind that shakes the umbrellas bringing us the happy cries of the children who have our souls in seeing each other. Where the earth becomes foam and the sea is reborn as sand, we have written our names in our blood, and for me there we have always remained and reborn. Do not count the buildings of princes or kings, the long corridors that led to the ballrooms full of mirrors and candles among which we have walked, are not worth the long streets by the endless skyscrapers on whose tip a little river of air observed amazed, not counting the embroidered sheets, and the soft cushions of famous hotels where I kissed you. You remain there for me, where your smile was a huge palace of sand and waves and no sky above them had the light of your eyes, the warmth of your body the happy serenity that gave your soul softer than any pillow of feathers.
I will look for you in the sound of the wave, even if the shadows of nothingness will surround me, because you are my light, because you start where the nothing ends and you mark a clear boundary that he will never cross. I will look for you in my silences, because your smile draws on the gray walls of life the red cherry blossoms and the white flowers of the bushes while your clothes leave to me the trail of a thousand springs, the rustling of the wheat under the May sun, the silences of a thousand summers the desires of a thousand winters; thanks to you the dream illuminates our tomorrow with our constellations of desires, the red coral of the love already given, the new wave of love to have.
I’ll look for you again, like then, I’ll look for you until I can have a dream to give you, a hug to look for, our love to share. I’ll look for you like yesterday, and the day before and the day before, until that day when you hunted all my shadows and you became forever, my only light.
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temporanea · 7 years ago
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Luce alle ombre 4
Sotto la bambola stavano, ben riposte nella carta velina, le lenzuola del corredo, ricamate con le iniziali, mai toccate. Già allora sentivo la tristezza: tutto quel tempo passato a ricamare con dedizione e cura, e per me era un tempo infinito perché non amavo ricamare e ogni punto era un’avventura e una tragedia insieme. Tutto quel tempo speso e poi non usarle mai? Perché non le aveva mai usate? Il corredo era qualcosa di importante e sacro. Era ciò che una donna possedeva di veramente suo, ciò che portava con sé nella nuova dimora, data dal marito. Era quello che ne segnava l’importanza, l’esistenza stessa, prima di perdere identità cambiando cognome e casa e vita. Era quello che le rimaneva, qualunque cosa fosse successo. E andava preparato con cura, si iniziava a ricamare presto nella vita, ancora ragazzine e chissà quante fantasticherie, quanti sogni, quanti bei visi si intrecciavano con i punti del cotone o del lino e quante rivalse, quante aspettative, quando sarò grande, avrò una casa mia e farò ciò che vorrò. Certo che lo potevamo capire, noi bambine. E chissà quanti amori immaginati soltanto, quante romanticherie da fanciulle andavano a sbattere contro la saggezza delle madri: “lavora veloce, cuci con attenzione, mettiti via qualcosa di tuo perché non sai quello che capiterà”. Ma le lenzuola erano niente, solo una suggestione, qualcosa da non sgualcire, in fondo una cosa da mamme, niente in confronto al pezzo forte: chiusi in una scatola di cartone dall’interno di seta, avvolti nella carta velina, pallida e scricchiolante, c’erano due paia di guanti da sera, uno bianco e uno nero, di pelle morbidissima e fine, lunghi fino al gomito. E che mani piccole aveva! Dalle dita lunghe ed esili e i polsi sottili su cui si allacciavano luccicanti bottoncini di madreperla. Era impossibile, è impossibile, non vedere quei guanti bianchi e non pensare ad abiti da sera di raso e pizzo, luci di candelabri e gas tremolanti, coppe di champagne mentre un’orchestra suona valzer viennesi tra le palme in vaso e le colonne avorio, alte e scanalate, di un salone da ballo. Ed era altrettanto impossibile non vedere i guanti neri e pensare a pesanti drappi funebri, a cavalli bardati d’argento, a fruscianti abiti scuri, parole sussurrate e lacrime sotto un cielo tempestoso, trafitto dai cipressi del cimitero. Cosa poteva esserci di più affascinante e spaventoso? Provarli era una sottile sfida alla sorte, mentre le nostre mani, negli anni, crescevano fino a non riuscire più ad entrarci. Come non sognare i guanti bianchi? Come non temere i guanti neri? E i guanti neri erano un pelo più grandi, un pelo più comodi dei bianchi. Forse più usati? Noi sapevamo che la storia era triste e come poteva non essere triste un corredo mai adoperato, un baule mai aperto, un futuro visto baluginare e poi sfuggito, mai diventato un passato da raccontare, mai diventato una vita? Questo era il baule di Maria Domenica Petronio e questo raccontava, a noi bambine. Che il futuro è fragile come uno dei calici della credenza che tintinnavano ad ogni passo. Che puoi sognare con tutto il cuore del mondo, che puoi respirare la vita a grandi sorsate, che puoi tendere la mano ad afferrare ogni cosa ma che tutto, tutto quello che ami, quello che sogni, quello che speri, può sfuggire come un fazzoletto di mano, una scintilla dal camino acceso e non accadere mai.
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claudialunarocciabirra · 4 years ago
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○ Colori che ricordano la mia infanzia, il cielo, la paglia, fiori di campagna... ♡ Si, la coperta che la nonna Adalgisa mi ha regalato fatta con le sue manine. Mi ha insegnato a lavorare ad uncinetto ed a maglia, ma io da ignorante e me ne pento ho lasciato perdere un lavoro che ormai è per pochi. Devo chiedere a mia mamma di rispolverare quello che la mia nonna, la sua mamma, mi ha insegnato. Una piacentina della val Tidone nata tra boschi e campagna donna dalla pelle dura. E mia mamma? uguale a Lei un trattore instancabile! Io imbastardita con papà, oltrepadano, non sono come loro. Sono forte ma la nonna Adalgisa? Mia Mamma? La nonna ha passato un infanzia affatto bella... ha perso i genitori da bambina. Ha cresciuto lei i suoi 4 fratellini. La nonna classe 1904. Lasciamo perdere tutto sono vissuti che non auguro a nessuno. ♡ A 92 anni lavorava ad uncinetto senza occhiali e sempre senza occhiali infilava alla prima "botta" il filo nella cruna dell' ago. Io voglio essere come loro. E questa coperta una delle tante, e la più vissuta per me, le altre troppo belle per essere utilizzate idem con lenzuola ricamate a mano sia dalla nonna che dalla mamma sono ..... SONO INDESCRIVIBILI ♡ ♡ ♡ #coperta #nonna #coloricaldi #ricordiimportanti #mammaefiglia #adalgisa #calore #family #love #instagood #grandmother #mother #related #fun #photooftheday #children #life #happy #familytime #cute #smile #fun #naturephotography #jj #ipkkndrewind #me #claudiapoggi (presso Via Fontana D'ANNIBALE) https://www.instagram.com/p/CMOJbx-A4gn/?igshid=pu30nnz1sabg
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lacameliacollezioni · 2 years ago
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La Camelia Collezioni - presentazione 2023
Le nostre collezioni sono visibili solo in occasione di mostre, allestimenti a tema e virtualmente collegandosi al sito www.lacameliacollezioni.com  Per informazioni, consulenze e restauro : [email protected] – Pagina Facebook: la camelia collezioni – Instagram : la_camelia_collezioni
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malefica67 · 7 years ago
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La lettera
La cassapanca di legno massiccio, la serratura di ferro con la grossa chiave, un oggetto che mi aveva sempre affascinato e che sapevo custodire un tesoro prezioso, il corredo di nonna Clara.
Prima di morire aveva detto al figlio, mio padre, che l’ultimo desiderio era quello che fosse destinato alla sua unica nipote, a me.
Prossima alle nozze, mia madre ed io abbiamo deciso di visionare la biancheria che giace da anni in quello scrigno, senza essere mai stata usata.
Mia nonna, infatti, era rimasta vedova subito dopo le nozze a causa delle guerra, mentre era incinta. Era tornata a vivere nella casa dei genitori, in quella che era stata la sua stanza di fanciulla. Nello stesso letto che l’aveva vista bambina, una notte era nato mio padre, il suo unico figlio, a cui aveva dato lo stesso nome del defunto marito. Nonostante fosse ancora molto giovane non aveva voluto più risposarsi,  continuando a vivere con i propri genitori, fino a quando furono in vita, insieme a suo figlio. Il corredo di giovane sposa rimase così nella cassapanca, inviolato.
Sulle lenzuola di lino sono ricamate le iniziali dei giovani sposi, piccoli boccioli di rosa incorniciano quelle cifre che con mani delicate aveva cucito davanti al fuoco nelle lunghe sere d’inverno. Nonostante il tempo la biancheria è in ottime condizioni, appena ingiallita dai lunghi anni in cui non ha visto luce ed aria. Delicatamente abbiamo iniziato a svuotare il baule con l’intenzione di rinfrescare quei lini e valutare cosa effettivamente avrei potuto usare e cosa era il caso di continuare a custodire in quanto troppo prezioso. Tra le lenzuola, gli asciugamani e le tovaglie ci sono dei piccoli sacchetti contenenti dei fiori di lavanda, il cui vago sentore persiste ancora.
Poi, sotto l’ultimo lenzuolo, una lettera.
La busta riporta il nome della nonna e il suo indirizzo, il nome del mittente è quello del nonno.
È  chiusa.
L’abbiamo osservata a lungo prima di decidere se aprirla e leggerla. Se era nascosta sul fondo della cassapanca vuol dire che la nonna non l’aveva mai vista. Forse era giunta dopo la notizia della scomparsa del marito in guerra, e per paura che l’emozione avrebbe potuto procurarle un malore visto il suo stato, le era stata nascosta dalla madre. La busta è ingiallita, la calligrafia delicata ed elegante appena sbiadita.
La colla, ormai secca, non ha fatto alcuna resistenza, la busta si è aperta lasciando la carta intatta. La lettera era stata inviata dal fronte, il luogo nel quale il nonno aveva perso la vita neanche una settimana dopo averla scritta.
Sedute sul divano, una accanto all’altra, io e mia madre abbiamo letto quelle parole che erano rimaste mute per tutto questo tempo, in silenzio.
Alla fine, il nostro sguardo ha siglato un tacito accordo.
Abbiamo riposto la lettera nella busta e poi sul fondo della cassapanca, nello stesso punto nel quale l’avevamo rinvenuta. Mio padre non avrebbe saputo della sua esistenza e del suo contenuto, come del resto sua madre, prima di lui …
 … Ho atteso che mia madre dormisse profondamente prima di alzarmi e accendere la candela del moccolo. Ho visto dove ha nascosto la lettera che stamattina il postino le ha consegnato, quella lettera che le ha fatto sbiancare il volto. Sollevo piano il coperchio della madia, facendo attenzione che il legno non scricchioli.
È una lettera di Mario, mio marito, giunta dopo la sua morte. Il figlio che porto dentro di me si muove, forse anche lui ha sentito il mio cuore battere più forte. Non voglio strapparla, voglio conservarla intatta come una reliquia. Scaldo un po’ d’acqua sulla fiamma che languisce nel camino, mi basta solo del vapore per aprirla.
Devo rileggere quelle parole molte volte perché non riesco a capire o forse perché non voglio credere.
Mi dice che se riuscirà a sopravvivere, se riuscirà a tornare a casa, mi lascerà. Sentire, vedere la morte intorno a sé ogni istante gli ha fatto capire che la vita è troppo importante e non va sprecata. Si è reso conto di non amarmi e che non potrà mai farlo, nonostante il figlio che porto in grembo. Provvederà a lui certamente, ma vuole essere libero. Dice che anche io, col tempo, capirò e che addirittura gliene sarò riconoscente. Non c’è niente che valga più della libertà.
Ripongo la lettera nella busta che richiudo usando un po’ di melassa,  rimettendola nella madia dove era stata nascosta.
Il sangue nelle mie vene scorre ancora ma è gelato, come se fossi morta. Come te, in quella trincea. Sono calma e so cosa farò.
Sarò la tua vedova, crescerò nostro figlio nel tuo ricordo, lo educherò con i valori che ci sono stati tramandati dalle nostre famiglie, il coraggio, l’onestà. Sarò fedele alla tua memoria.
Non ti concederò neanche da morto, quella libertà che tanto agognavi, quella libertà che ti saresti preso incurante della mia dignità, del mio onore. Sarai mio marito per sempre.
Finché morte non ci separi.
 Laura T.
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lhosgabello · 4 years ago
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NUOVO ancora non mi era capitato tra le mani. Addirittura l’etichetta legata ad una gamba che dice: “Questo pendente vi garantisce un prodotto in legno pregiato, trattato con vernici o smalto resistenti, che non si screpolano e non macchiano, e con parti metalliche assolutamente antiruggine.” Ritrovato in un baule, coccolato tra coperte di lana e lenzuola ricamate, sicuramente faceva parte della dote. Un gioiello della produzione FRATELLI REGUITTI. Marchio FR. Il primo Oscar del legno 1961. Garanzia aprile 1971. Dimensioni: 39x60cm h22cm Prezzo: 97euro #vassoio #letto #colazione #breakfast #sundaytime #tray #formica #vecchiaia #fratellireguitti #madeinitaly #fr #oscardellegno #brevettato #verde #green #anni60 #60s #vintageforniture #vintage #modernariato #interiordesign #midcenturyfurniture #homedecor #lhosgabello (presso L'ho Sgabello) https://www.instagram.com/p/CEBmZ5QMAt3/?igshid=6ud52snej0sv
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passeggero95 · 6 years ago
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The History of Space #01
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Non si sapeva molto del pianeta Gliese 581 c.
Si trova nella costellazione della Bilancia a 20,5 anni luce dalla Terra.
Uno sconfinato deserto roccioso con un verde cielo tossico. Assolutamente inadatto alla colonizzazione Gliese 581 c possiede giacimenti minerari rarissimi ed essenziali per i viaggi interstellari.
A noi umani importa solo di quello, per sciagura non ci siamo estinti prima di spostare tutta l'industria terrestre nello spazio.
La Terra, la nostra casa, è oggi un paradiso, non più inquinamento nell'aria, nella terra e negli oceani. Purtroppo non abbiamo risolto i nostri problemi, abbiamo solo portato i problemi lontano da noi.
Abbiamo portato i nostri problemi da altri.
Troppo tardi ci rendiamo conto dei nostri errori. Eppure i minatori si sentivamo sicuri nella struttura fortificata su Gliese 581 c.
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GJ581c non era la Terra... era 5,6 volte la massa terrestre, un mondo arido, velenoso, popolato da una rarissima flora e da una ancora più rara fauna.
La creatura più complessa conosciuta era piccola, sembrava un camaleonte fuso orribilmente ad un pipistrello dalla testa allungata e con le ali formate dalla propria membrana polmonare.
Ma questa non è la storia di GJ581c.
La storia parla di Eugene Aveeno capitano della nave ammiraglia Nukekubi.  Durante l'osservazione di un fenomeno astronomico si verifica una perdita nel reattore, non potendo più viaggiare a velocità superluminale dovettero fermarsi nell'orbita del pianeta colonizzato più vicino, per le riparazioni. Sfortunatamente questo pianeta era proprio GJ581c.
Eugene, la moglie Teresa e gli ufficiali soggiornano sul pianeta, nella struttura abitativa sopra la miniera. Alloggi semplici, costruzioni prefabbricate calate a terra dall'orbita.
Durante una delle ultime notti di soggiorno avvenne l'intrusione.
Teresa si svegliò di soprassalto e si accorse terrorizzata di un'enorme gatto nero che la sormontava.
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Non riuscì a gridare, la bestia premeva con forza le grosse zampe sulla gola della donna, la soffocava, poi con un suono impercettibile le spezzò il collo.
Eugene non si accorse di nulla.
Il gatto prese il corpo di Teresa con la bocca e silenziosamente uscì. Il meccanismo della camera di decompressione consisteva in un pulsante ed una leva, la bestia intelligente non ebbe problemi ad utilizzarlo, come se avesse passato mesi ad osservare, a studiare come fare. Quindi superò i cancelli e le mura a grandi balzi. Allontanandosi fino a raggiungere un luogo tranquillo dove seppellire il corpo di Teresa nella sabbia aliena. Gli occhi della povera donna, vitrei e spalancati, riflettevano le stelle di uno sconosciuto firmamento.
Il gatto nero si alzò su due zampe, sotto la folta pelliccia i muscoli iniziarono a fremere tutti, poi a muoversi come grossi vermi sotto la pelle. I lunghi peli scuri rientrarono nella carne, l'epidermide cambiò colore e forma.
Dopo pochi istanti l'essere aveva assunto le sembianze di Teresa.
Tornò verso la miniera, camminando scalza e completamente nuda, si stese nel letto, con Eugene, come niente fosse successo.
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La mattina dopo la Nukekubi lasciò l'orbita di Gliese 581 c, diretta nello spazio profondo. Nessuno si accorse del cambiamento. Però da quel giorno la salute di Eugene cominciò a peggiorare drasticamente.
Nausea, vertigini, sudore freddo, affaticamento, mal di testa. Venne sottoposto ad un controllo medico, ne risultò che soffriva di tutti i sintomi del dissanguamento, stava perdendo grandi quantità di sangue nonostante fosse privo di ferite.  Gli fecero delle trasfusioni, ma la salute continuava a peggiorare.
La pelle gli divenne pallida ed umida, confusione e frequenti perdite di conoscenza si aggiunsero ai sintomi.
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Eugene stava morendo, ma non volle lasciare il suo posto e le sue mansioni. Così venne affiancato da un Androide Medico che doveva seguirlo e monitorarlo in ogni momento.
Ma di notte, inspiegabilmente, il robot si spegneva.
Fu del primo ufficiale l'idea di utilizzare un Bāsēra.
I Bāsēra sono droni da guerra, proteggono le colonie e le navi stellari più importanti.
Un Bāsēra non può essere spento, è progettato per difendere gli esseri umani a costo di essere distrutto.
Il drone venne messo negli alloggi del capitano. Ciò che i suoi sensori registrarono fu che ogni notte la moglie si alzava dal letto, ma notando il robot, tornava a dormire.
Per settimane. Lentamente la salute del capitano cominciò a migliorare, mentre quella di Teresa peggiorava, divenne nervosa e aggressiva.
Diceva che il robot non la faceva dormire,.
Pregava, anche troppo insistentemente, che il Bāsēra venisse portato via dalla sua stanza.
Una notte Teresa rimase a fissare il drone per ore, con un respiro sempre più affannoso.
Alla fine non riuscì più a trattenersi, in uno scatto di disperazione saltò addosso al Bāsēra, rompendosi le unghie sul rivestimento in titanio del drone.
Il robot ubbidì alla sua programmazione, con un velocissimo movimento prese Teresa per il collo.
Eugene si svegliò di soprassalto, in tempo per vedere il Bāsēra afferrare, con l'altro braccio, la testa di Teresa e strapparla via dal corpo svitandola come il tappo di una bottiglia.
Una pioggia di sangue si riversò sull'impassibile e metallico corpo del robot, su tutto il pavimento, sulle lenzuola ricamate, schizzando fino sulle pareti e sul soffitto.
Ma a terra, invece di Teresa, cadde il corpo senza vita di un grosso gatto nero.
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retegenova · 7 years ago
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Tutto questo amore
Tutto questo amore E c’era tutto questo amore e fluiva davvero in ogni respiro. Ed è rimasto negli sguardi e nelle parole che non possiamo sentire, nel batticuore che ha accompagnato i momenti importanti. Quei passi nel cammino della vita compiuti insieme: una nuova casa ed un corredo candido per la sposa, le iniziali ricamate sulle lenzuola e […] Fonte: Dear Miss Fletcher
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reginapinellaworld · 8 years ago
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BENVENUTA LA NOTTE
Benvenuta la notte e i canti dei grilli. Bentornati ricordi di noi bambini mandati a dormire nella camera in solaio, coi letti in ferro battuto e le lenzuola ricamate a piccoli fiori. Dalla piccola finestra si vedevano le luci dell'intera valle, che come per magia, la illuminavano solo in estate. Benvenuta la notte che porta sempre qualcosa di buono, fosse anche solo una piccola stella luminosa nell'oscurità del cielo. ©reginapinellaworld
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dontresal · 8 years ago
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Caro don Giulio Scuvera, ti scrivo | ViviEnna.it
Caro don Giulio Scuvera, ti scrivo | ViviEnna.it
Lug 29th, 2011 – Maurizio Prestifilippo Caro Giulio, sono stato al tuo funerale, a Butera. Salendo dalla piazza, per la stretta via che porta alla Chiesa Madre, sui balconi hanno steso delle lenzuola bianche ricamate. E’ il saluto di Butera al suo parroco. Capisco che tra poco passerai da quella strada. C’è tanta gente. Arriva a riempire la piazzetta dell’ingresso laterale, non riesco a vedere…
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