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RESTAURO & MANUTENZIONE TENDE – in tulle, primi secolo 900
𝓡𝓮𝓼𝓽𝓪𝓾𝓻𝓸 𝓮 𝓡𝓮𝓬𝓾𝓹𝓮𝓻𝓸 𝓒𝓸𝓷𝓼𝓮𝓻𝓿𝓪𝓽𝓲𝓿𝓸 • manutenzione su tendone in tulle inizi secolo 900
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#alessandra restelli#kartika 980#la camelia collezioni#la camelia collezioni vigevano#lavaggio corredi#lavaggio lenzuola#lavaggio tende#manutenzione tende#restauro tende antiche#restauro tende antiche e d&039;epoca#restauro tende in tulle#restauro tendoni#restauro tulle
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Quando mi leggerai in altre luci e riflessi cangianti su lenzuola antiche, solo allora avrai smarrito la strada e sarà bello perdersi, chiudere gli occhi, ritrovarsi in un presente nuovo. Finalmente a casa, finalmente in pace. Brindo a te, ai nuovi inizi e ai vecchi cuori.
-Guido Mazzolini- scelto da https://patriziacavalleri.tumblr.com/
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Quando mi leggerai in altre luci e riflessi cangianti su lenzuola antiche, solo allora avrai smarrito la strada e sarà bello perdersi, chiudere gli occhi, ritrovarsi in un presente nuovo. Finalmente a casa, finalmente in pace. Brindo a te, ai nuovi inizi e ai vecchi cuori.
-Guido Mazzolini-
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...e sonnecchiava ancora...tra uno sbadiglio e un friccico di sole...che appena filtrava attraverso quelle tende ormai obsolete e antiche..aveva voglia di restare a crogiolarsi tra i primi pensieri e l'aroma del caffè che arrivava dalla cucina...tra i rumori ancora mesti e mattutini...pensò...ma..vide tra le ombre del primo sole...la figura lieve...delicata...e il tintinnio delle tazze...vide...la vide...sorrisero...presero seduti sulle lenzuola quel caffè mattutino...e restarono avvolti e abbracciati...dimenticandosi il mondo ..
Fleur
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Eppure, di quella breve vacanza primaverile, nella quale facevo i primi assaggi della solitudine di una famiglia divisa, una solitudine che scavava il vuoto in ogni paesaggio che potessi ammirare, nell'eleganza, nell'agio di un albergo, in ogni cosa che ormai ero impossibilitata a condividere e che per questo aveva il sapore di un frutto tardivo, dolciastro e stomachevole... _______________ m'accorgo che nel continuo ripiegarsi del tempo il passato potrebbe riassorbire anche quel presente all'apparenza così diverso e ridurlo a nulla - tutto potrebbe via via perdersi nell'indistinzione di ciò che è stato. _______________ quando finalmente c'eravamo coricate, tra lenzuola estranee, odorose di canfora, sul giaciglio irregolare e granuloso di un materasso di lana, per entrambe si era fatto chiaro che l'intimità che ci legava era il relitto di una vita in stato avanzato, e ci stringevamo in quella convivenza estemporanea con lo stordimento di due sopravvissute. […] tanto eravamo preda di fantasmi famigliari, di donne e uomini morti da tempo, dei quali non noi, ma la nostra esistenza s'era dimenticata, tutta presa com'era stata a occuparsi di altre vite e altre morti. In quella casa, com'era inevitabile, storie più antiche chiedevano udienza. _______________
come sempre avviene, non era infatti il ricordo di quegli anni tanto lontani che mia madre rievocava ma quello della narrazione che lei ne aveva intessuto nel tempo e nella quale le esistenze misteriose e profonde degli uomini e delle donne comuni che avevano reso tanto difficile la sua infanzia non vivevano d'altro se non di quei pochi tratti nei quali le avevano fissate per sempre il suo disagio, la sua compassione, la sua ironia. _______________ "vattenne", diceva imbronciata alla venditrice con un gesto deciso del palmo teso dopo averla pagata, finalmente dispotica in un regno in cui era di solito la domestica. _______________ Volevo capire alcuni aspetti della nostra vita e allo stesso tempo avevo bisogno di allontanarmi dalla mia situazione consueta (che rappresentava per me una condizione penosa) senza approdare in un mondo del tutto estraneo e indifferente, nel quale, com'era accaduto ad Amalfi in primavera, l'angoscia avrebbe preso il sopravvento; volevo rifugiarmi, piuttosto, in una sfera per così dire mitica del nostro passato, nella quale i giorni riacquistassero la profondità e in qualche modo il fascino del tempo; non sapevo come spiegarlo, ma cercavo un passato non personale e tuttavia per me riconoscibile e familiare, e nella mia prima breve visita quel paese mi aveva attratta con l'ascendente dei ricordi. _______________ che ne aveva fatto quella donna delle antiche fantasie dei suoi sensi? _______________ gli episodi dell'innamoramento giovanile di mia madre sono deposti in urne di vetro, non è semplice per me restituire loro la vita (in effetti mi è doloroso dover ammettere che proprio le memorie ricorrenti dei miei genitori, i loro ricordi più cari, assumono spesso nel tentativo di restituirli un carattere stilizzato e per molti aspetti inservibile per una ricostruzione che ne renda la verità più intima). _______________
Sebbene quand'era più giovane fosse riuscita a salvare per me il mondo di memorie che andavo via via ricostruendo, mondo che, per quanto, come ho detto, parziale e stilizzato, aveva tuttavia ancora quel carattere d'incanto che gli conferivano la remota distanza, l'immaginazione infantile e le speranze adolescenziali (pur non avendo di fatto la sua vita mai goduto di quella interezza a cui in genere dobbiamo molti dei ricordi più felici, ossia l'integrità , poi destinata a perdersi, della nostra originaria comunità di affetti), da tempo ormai tirava fuori soprattutto episodi secondari, solitamente di genere comico e aneddotico, dalla riserva di una memoria sempre più distratta. _______________ Quindi, d'un tratto, era diventato taciturno e presto si era alzato, salutando piuttosto frettolosamente, come se quel soprassalto della memoria gli avesse lasciato alla fine il senso della nostra reale estraneità : che cosa significava per lui quella vecchia singolare, lei stessa fuori luogo in quella casa? Che cosa il giardino, o l'ampio soggiorno dai divani sgualciti che riattraversava deciso e in cui un secolo prima l'aveva accolto e istruito una donna che forse non era neanche esistita? D'un tratto, non saprei dire perché, anche per me il passato si era mostrato nella sua insufficienza e incapacità di far presa sul presente che, per quanto mi riguardava, annaspava nella ricerca di una sua autonoma ragionevolezza; avevo avvertito il carattere letterario, ambizioso, di quel nostro ritorno in un paese che il tempo aveva destituito di significato per noi e dal quale non avremmo potuto derivare nessuna consolazione, avevo avuto l'impressione di una generale insignificanza. _______________ riconoscevo come nel precipitare del tempo alcune rare occasioni potrebbero segnare una svolta, conferire alla durata un suo concreto svolgimento, segnare tappe di vitalità . Occasioni che in genere perdiamo, sempre più acconsentendo, persino con gratitudine, a un fluire identico e omogeneo in cui ogni giorno si unisce all'altro e insieme si disperdono in una quieta indistinzione. _______________ Eppure, malgrado l'avvertimento di un limite indicibile, di una mia grave estraneità , il fatto che in quello stesso piazzale in un'alba umida fossero arrivati, quando le mie zie erano ragazze e potevano ben essere tra loro, giovani donne e uomini resi devoti dalla tradizione e avventurosi dall'età , percorrendo l'ultimo tratto sulle ginocchia ed elevando un coro affaticato di voci stridule al suono di organetti e cornamuse di musici avventizi, conferiva a quel luogo una vaga, inafferrabile fatalità che mi coinvolgeva. Dalla distanza del passato quel pellegrinaggio assumeva per me una qualità dolorosa: quelle esistenze trascorse e perdute raccolte nel piazzale in un'alba lontana tra i monti mi commuovevano per le loro immagini remote e sbiadite dal tempo, labili come il loro sogno di un destino modificabile in virtù della devozione. _______________
lei mi ascoltava e, ancora una volta, sebbene fosse appena vigile, legittimava con il suo ascolto la mia esperienza; così come era sempre avvenuto nei periodi in cui ci sentivamo più vicine, per il solo fatto di raccontarlo a lei quanto mi era accaduto veniva salvato dall'indistinto e riposto nella nostra memoria condivisa, di cui lei, la smemorata, era stata un tempo custode al pari e più ancora di me. […] Malgrado le rassicurazioni dell'infermiere, sentivo che non potevo illudermi: lei e io eravamo già entrate nella dimensione in cui accade ciò che si teme per tutta la vita (una grave malattia di chi si ama) e l'amato diventa un essere di cui farsi carico in modo cieco e nient'altro, i rapporti si solidificano e diventano taglienti come una lama, il passato si fa di acciaio. _______________ In ogni caso, quell'assoluta inabilità della memoria, quel tempo vuoto della mia mente, il fatto che quella condizione sia stata possibile e io l'abbia in tal modo sperimentata, ha segnato profondamente la mia percezione dell'esistenza, più ancora della morte stessa di mia madre; ora so che il tempo può, con un'operazione volontaristica, non significare, non essere nulla. _______________ «Non morirò del tutto�� aveva detto, alzandosi, «questo penso ogni volta che ascolto la musica. Lei, signora» aveva aggiunto chinandosi su di me e prendendomi una mano tra le sue, che erano, come le avevo sempre immaginate, aride e fredde, «si appassioni al sublime - che è poi una manifestazione del divino - sarà consolante quando dovrà superare il distacco.» Gli avevo detto, in un momento di grande e liberante commozione, che mi sarei aggrappata piuttosto ai ricordi, avrei cercato di ritrovare in me mia madre, mio padre, i miei morti, non era possibile, non era concepibile che tutto finisse così. «Il tempo è un abisso profondo, vertiginoso» mi aveva risposto, «che cosa potrà recuperare? Barlumi, che la illuderanno.» Mi aveva osservata. «E quando li avrà recuperati» aveva aggiunto, «saranno già spenti; sarà lei ad aver soffocato tra le dita il loro ultimo bagliore» aveva detto avvicinando pollice e indice; «lei svilirà il ricordo dei suoi morti; è la legge della sopravvivenza, cara Anna. E poi, può vederlo da lei stessa, ora che sua madre si allontana da noi per quella massa che le comprime il cervello: anche la memoria è materia che si disfa. Guardi oltre, si proietti altrove: quel corpo sofferente è un simbolo.» _______________ Dal momento che gli esseri su cui si era costituita, mio padre e mia madre - niente di più saldo, bastioni illuminati dalla luce mattutina della mia infanzia - erano potuti svanire così, che in nessun luogo, in nessun modo, avrei potuto anche solo scambiare con loro una parola, uno sguardo, avvertivo come una realtà effettiva la labilità dell'essere in cui mi riconoscevo, di quel corpo avvolto nella coperta come un sudario, di quella mia mente così al centro dei miei pensieri, così da sé stessa sovrastimata, e tanto impotente di fronte alla fine, tanto incapace di trattenere uno qualunque dei momenti che il tempo decideva via via, inesorabilmente, di trafugare. _______________
«Perché fino a un certo punto» aveva detto, «la memoria riesce a trasfigurare tutto; la distanza (era stato Leopardi a scriverlo?) sfocando, per così dire, il ricordo, abbellisce quello che è stato, lo fa sembrare migliore; perché dal passato più lontano arriva l'essenza della vita, non arrivano gli accidenti; arrivano le sfumature, i particolari, ma non gli accidenti. Mi capisci? Pensaci: ricorderai più intensamente il profumo di una sera di maggio o la occasionale infelicità di quella sera? Quella giornata non la ricorderai piuttosto, genericamente, come una delle giornate della tua giovinezza? Dove sta l'essenza, quindi? Sai rispondermi?» mi aveva chiesto guardandomi derisorio. «Sai rispondermi?» L'essenza, quando c'erano ancora quelli che lo avevano amato, aveva detto, covava nella monotonia dei giorni tutti uguali, nella pratica illusoria di affidarsi ai riti quotidiani con tutta calma e consegnarsi alla lentezza e sufficienza del tempo come se non si vedesse all'orizzonte una fine. _______________ «Quella cantina scura, che odorava di aspro e di stantio, mi ha illuso riguardo al tempo» aveva concluso con ironia; «se solo lo avessi saputo… No, meglio così» si era corretto stendendo le mani a difesa, «meglio non averlo saputo.» _______________ Non meno che nella ragazzina che inseguiva la nonna all'alba verso il comitero, riconosco in quella bambina l'adulta che mi è stata madre: dispotica e senza regole nel suo dominio naturale (con i capelli in disordine, vestita con noncuranza, cercava negli ultimi anni della sua vita, come una nomade, ogni angolo naturale in ombra in cui lasciarsi avvolgere dall'aria aperta); fino alla fine sola nel suo schivo e inespresso bisogno di affetto; senza dubbio buona. E mi dico che tutti, come la zia suora che in fin dei conti doveva averla amata, abbiamo creduto di assecondare un'indole che un'infanzia tragica aveva alterato (proprio come un fiume io fui deviata). _______________ mi ero chiesta chi, un giorno, avrebbe raccontato anche di lui con riguardo, impegnandosi a riconoscergli il suo valore, senza in nulla sminuirlo. _______________ Apparsa e sparita come un infinitesimale bagliore sulla terra, eppure lei è vissuta, mi dicevo.
Giulia Corsalini, La condizione della memoria
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Ricomincio da noi,
perché io non sono se tu non sei.
Perché siamo facce della stessa medaglia,
rami dello stesso albero,
poche radici e sguardo rivolto al cielo.
Ricomincio dalla voglia di credere,
nonostante le ombre lunghe dei giorni,
dei vuoti, delle parole che di tanto in tanto
vengono meno, tra silenzi che stridono
e le mille incertezze del tempo.
Ricomincio dal vento
che spazza via dubbi e nuvole
dal mio cielo di carta,
con il desiderio di volare
e la voglia di ardere.
Ricomincio da qui,
dal giorno che sta passando
come un postino,
e da quelli a venire,
verso un inverno
in cui ci stringeremo più forte,
per resistere a tutto il gelo che sarà,
come fiamme tremule,
come braci tra lenzuola antiche.
Carla Casolari
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Qui nel fondo del Brasile profondo, una magnolia. Si alzavano come boa neri le radici, i tronchi degli alberi erano inspiegabili colonne con spine. Intorno le coppe dei manghi erano città ampie, con balconi, abitati da uccelli e stelle. Cadevano Tra le foglie cenerine, antiche chiome, fiori terribili con bocche voraci. Intorno cresceva il silenzioso terrore di animali, di denti che mordevano: patria disperata di sangue e ombra verde! Una magnolia pura, rotonda come un circolo di neve, crebbe verso la mia finestra e mi riconcilio con la bellezza. Tra le sue lisce foglie - ocra e verde – chiusa, era perfetta come un uovo celeste, aperta era la pietra della luna, afrodita fragrante, pianeta di platino. I suoi grandi petali mi ricordarono le lenzuola della prima luna innamorata, e il suo pistillo eretto era torre nuziale delle api. Oh bianchezza fra tutte le bianchezze, magnolia immacolata, amore splendente, odore di neve bianca con limoni, segreta segretaria dell’aurora, cupola dei cigni, apparizione raggiante! Come cantarti senza toccare la tua pelle purissima, amarti solamente al piede della tua bellezza, e portarti addormentata nell’albero della mia anima, splendente, aperta, abbagliante. sopra la selva oscura dei sogni! Pablo Neruda, Ode alla magnolia
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Ora, forse
Ora, forse, saprei come fare.
Saprei dirti di quel tempo e di quel dolore.
Cogliere attimi e baci,
senza ripensamenti.
Per poi lasciare ai sentieri del giorno
briciole di pane per ritrovarci
dentro le notti intatti,
tra la consistenza ruvida
di lenzuola antiche e braci.
Chiudere nelle stanze della mente
la lista della spesa, la noia, quattro caffè.
Le chiacchere delle piazze, il sentito dire,
le ruggini stese ad asciugare al sole,
tra gli ulivi avvelenati di una terra amara,
che non dimentica e non perdona.
Ed io così diversa e così uguale a te, Amore,
non trovo pace.
Resto in bilico, chiusa in un silenzio tra la paura di perderti
E quella di amarti senza riserve, come piace a me.
Dove io non sono e tu non sei.
Dove siamo la medaglia, il cuore, la mela, il sasso e la terra.
Dove siamo mare e cielo, stessa sostanza delle nuvole.
Prigionieri, liberi.
Voli di gabbiani.
Carla Casolari
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Nuda, oltre i vetri chiusi, l’ abito bianco alla finestra, ad asciugare. Le segrete stanze piene di sospiri. Ma non è il vento che le accarezza i seni o il sesso velato di nero. Col viso in ombra, le mani scostano i veli. Si inarca altissima verso un duro sogno, ancheggiando a un misterioso visitatore poi supina, affonda le dita nel mistero del mondo. Il visitatore è steso, accanto a lei, la guarda godere ha lo stesso sesso, e le dita nello stesso mistero. Nello specchio, sul muro, solo lei, e una gioia antica. Ma ha un abito bianco da indossare che steso al sole attende e bianche lenzuola vuote. Sulle mammelle spavalde antiche e solitarie battaglie. E Lui è solo uno scrittore che ne inventa i contorni, steso accanto a un mistero. Di là dell’ angolo, il lago brilla. Lui guarda il lago. E l’ aria odora di calda meraviglia. Franco Bonvini
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NOTTI DA FAVOLA
ZONA NOTTE NELLA RICETTIVITA’ COME ALLESTIRLE:
Alcune regole fondamentali che ho imparato e trovato molto utili per allestire una accogliente zona notte per noi o i nostri ospiti nel caso vogliate adibire una parte della vostra casa all’ospitalità.
Occupandomi sia di Home staging abitativo sia di restyling nel settore ricettivo alberghiero e collaborando con un Architetto che se ne occupa da anni per marchi quali holiday inn, Sheraton, Sofitel ecc... ho imparato qualche piccolo trucchetto.
L’obiettivo finale è quello di eliminare tutto ciò che può essere elemento di fastidio dall’ambiente ed esaltare tutto ciò che renderà l’esperienza di ospitalità molto gradevole.
Quindi no a: spigoli, luci dirette, luci grigiastre, sistemazioni improvvisate e precarie del mobilio che può creare ostacoli alla fruibilità degli spazi, odori sgradevoli, inserimento di orpelli di difficile pulizia e manutenzione.
Il letto:
Deve essere il più possibile comodo, rivestito con coprimaterasso e coprirete e lenzuola possibilmente di colore chiaro. La rete ovviamente ortopedica.
Cuscini:
Mettere a disposizione dei propri ospiti almeno due cuscini di altezza media e piuttosto densi di consistenza e due più morbidi che possono servire anche a livello estetico per rendere visivamente più morbida e confortevole l’immagine del letto.
Testata letto:
La testata può essere di vari tipi, da quella attrezzata con comodino incorporato e luci innestate, a quella più fantasiosa realizzata con semplici pannelli imbottiti in tessuto da tapezzeria quindi abbastanza consistente, alla testata in legno realizzata con materiale di recupero quali porte antiche, persiane, quadri ecc...
L’importante è che sia molto comoda e ben fissata al muro, eviterei una pediera che può essere sostituita da una panchetta per appoggiare gli abiti, in ogni caso una cosa bassa a filo del materasso.
Comodini:
I comodini devono essere possibilmente di piccole dimensioni, anche molto semplici e sospesi, con vani aperti in modo che tutto ciò che l’ospite andrà a riporre possa essere facilmente identificato, è sconsigliato infatti l’uso di troppi vani chiusi e cassetti perchè potrebbe essere causa di dimenticanze nel momento della partenza e non essere ricordato in modo piacevole.
Vietati gli spigoli appuntiti per non ferire inavvertitamente il nostro ospite e renderlo poco propenso a ritornare.
Armadio:
Per riporre gli abiti possiamo anche inserire in camera un carrello free standing con appendiabiti in modo che possa essere tutto a vista e facilmente spostabile.
Se optiamo per un armadio, controllare che abbia spigoli arrotondati e un rialzo su piedini o battiscopa che consenta di aprire gli sportelli senza urtare gli arti del nostro ospite. Molto belli anche i vecchi armadi inizio secolo purchè trattati con antitarlo o colorati per donargli un effetto più soft.
Tappeti:
Se non abbiamo la fortuna di avere una camera con rivestimento in legno, può essere opportuno mettere ai lati del letto degli scendiletto di medie dimensioni di facile pulizia e manutenzione, oppure se optiamo per uno scenografico tappeto, ovviamente l’ideale è che sia sempre perfettamente ripulito dalla polvere.
Luci:
Luci calde, soft e diffuse sia dall’alto che sui muri, solo un eccezione per la zona letto che può avere delle applique orientabili oppure abat jour sempre schermate, mai luce diretta che può urtare la vista.
Specchio:
E’ opportuno fornire ai nostri ospiti uno specchio a tutta figura, in modo da potersi specchiare con luce a sfioro applicata sopra.
Scrittoio e poltroncina:
Uno scrittoio anche di piccole dimensioni con una sedia che può essere utilizzata anche per poter appoggiare gli abiti.
Panchetta:
E’ indispensabile una panchetta, cassapanca o vecchio baule per potervi appoggiare sopra le valige, in genere ubicata all’entrata della stanza o ai piedi del letto.
Profumo:
Indispensabile che la stanza sia ben profumata con profumazioni leggere per ambiente ben arieggiata prima dell’arrivo del nostro ospite.
Le essenze che preferisco sono: lavanda, bergamotto, vaniglia, tea verde, arancia.
Tendaggi:
Il tendaggio deve essere adeguato alla finestra e dare modo di modulare la luce, cioè se non abbiamo delle persiane, possiamo mettere due tende: una più chiara e trasparente per il giorno e una schermante e oscurante per la notte.
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RESTAIURO E MANUTENZIONE TESSILE - su lenzuolo nuziale metà secolo 800
Restauro conservativo su lenzuolo nuziale in lino d'Olanda / forestiero, metà sec. 800 ricamo Richelieu - intaglio - punto pisano - punto inglese : riaggancio barrette e bloccaggio lisatura, lavaggio e apprettatura con amido vegetale
Restauro conservativo su lenzuolo nuziale in lino d’Olanda / forestiero, metà sec. 800 ricamo Richelieu – intaglio – punto pisano – punto inglese : riaggancio barrette e bloccaggio lisatura, lavaggio e apprettatura con amido vegetale
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Appartamento in Val di Non - #Cunevo 2 notti 🏡Ponte di Halloween🎃 #trentino date disponibili 31-10-2020 - 02-11-2020 - €200✅ ✅Max per 6 Ospiti 🟢
👀 DESCRIZIONE👀 Se siete amanti della natura e appassionati di sport, questo grazioso appartamento per vacanze nel piccolo paesino di Cunevo in Val di Non, la famosa valle di produzione delle mele, è la base ideale per voi! La zona appartiene al Parco naturale del Adamello Brenta ed è ricca di boschi, laghi, corsi d'acqua e monti che raggiungono i 3000 metri di altezza. Dagli sport da praticare in estate a quelli invernali, qu avrete l'imbarazzo della scelta! In estate potrete dedicarvi alla mountain bike, trekking, canyoning oppure trascorrere il tempo libero all'aria aperta organizzando picnic sulle sponde dei laghi o nella pace dei boschi. Durante il periodo invernale potrete raggiungere in 20 minuti i comprensori sciistici di Andalo, Molveno o Fai della Paganella e praticare sport sulla neve come sci da discesa e sci di fondo, slittino, snowboard, pattinaggio sul ghiaccio, scalate di cascate ghiacciate o passeggiate sulla neve con le ciaspole. E dopo tanto sport avrete anche la possibilità di visitare antiche case signorili, palazzi storici, santuari e castelli da fiaba, alcuni interamente visitabili come Castel Valer (12 km), Castel Thun (10 km), e il bellissimo Castel Malgolo (22 km). Per le vostre gite giornaliere si consigliano le città di Bolzano (60 km) con il suo bellissimo duomo in stile gotico, la Piazza Walther, il museo archeologico con la famosa mummia di Oetzi, e i portici con i negozi per lo shopping e i ristoranti con le specialità del posto; Trento (35 km) con l'imponente Cattedrale di San Vigilio che si affaccia sulla piazza principale.
✅Animali domestici ammessi✅ 🌐Internet🌐
ℹ Informazioni sull´alloggio Appartamento - 3. Piano75 m2 Vani/camere da letto3 (2) Persone 6🟢 Bambini 1 Bambini ammessi gratuitamente (sotto 4 anni) 1 Anno di costruzione 1700 Anno di restauro 2010 Terreno in comune 100 m2 Materiale di costruzione Costruito con: Cemento armato ------------- 🌊Distanza/vista ? Negozi 100 m Ristorante 00 m Sci Andalo 25,0 km Skilift 25,0 km Sci di fondo 25,0 km Vista montagna ------------ 🏙Energia/riscaldamento idonea anche per l'inverno Riscaldamento a gas Riscaldamento escl. Energia elettrica incl -------------- 🏙Città più vicina🌆 Cunevo 5 m --------- ℹDotazioni➡ Cucina Cucina: acqua calda e fredda Forno elett. e fornelli a gas Frigorifero e cappa aspirante Congelatore Microonde Macchina da caffè 1 Seggiolone Soggiorno 2 TV Dintorni Parcheggio in loco/gratuito (1 Posto auto) Mob. giardino+barbecue in com. Varie Biliardo e freccette Lavatrice 1 Animali ammessi Gruppi giovani non ammessi Internet (senza fili) Cucina esterna 5 m2 Tennis da tavolo esterno Badminton rachetta 2 pz. Biciclette 4 pz. Rete da pallavolo VRN 126,0 km
DETTAGLI PREZZOℹ Lenzuola+asciugamani Gratis
RICHIEDI PRENOTAZIONE 📞🟢 Tang Lang Viaggi🟢✔☎
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"Quando mi leggerai in altre luci e riflessi cangianti su lenzuola antiche, solo allora avrai smarrito la strada e sarà bello perdersi, chiudere gli occhi, ritrovarsi in un presente nuovo. Finalmente a casa, finalmente in pace. Brindo a te, ai nuovi inizi e ai vecchi cuori."
-Guido Mazzolini-
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In una via interna di Cervia, dove nemmeno sembra che a poche centinaia di metri possa esserci il mare, si cela una piccola “fabbrica di capolavori”, che custodisce e rinnova ogni giorno l’arte della tradizione culinaria romagnola. Si tratta del Pastificio Battistini, realtà nata nel 2013 per volontà dei fratelli Battistini, già attivi nell’ambito della ristorazione, con l’agriturismo Casa delle Aie e il ristorante Il Moro. Qui si possono acquistare ogni giorno paste fresche, piadine artigianali, dolci e altri prodotti tipici.
L’arte riscoperta delle “sfogline”
Una realtà nata di recente per un’arte antica, che affonda le sue radici nella tradizione contadina dell’Emilia-Romagna. Sembra una contraddizione e invece non lo è affatto. Anzi, sempre più spesso oggigiorno si stanno riscoprendo e valorizzando mestieri e arti antiche, che solo fino a qualche anno fa rischiavano di perdersi. Come quello delle cosiddette “sfogline”, le donne di casa che tirano e stendono metri su metri di pasta fresca, da cui si ricavano tipicamente cappelletti, tagliatelle, pappardelle e strozzapreti. È proprio quello che succede tutti i giorni nel laboratorio del Pastificio Battistini: entri, vedi quelle lenzuola di pasta fresca, ammiri il lavoro impagabile e l’abilità manuale delle sfogline e degli “sfoglini” (se una volta era solo mestiere da donna, oggi non è più così) e ti senti subito avvolgere dalla promessa di qualcosa di buono.
La pasta fresca: trionfo dorato
Promessa che non va delusa, quando poi ti affacci sulla vetrina dei prodotti acquistabili nel punto vendita. Un lungo bancone con vista su cappelletti e tortelli appena fatti e disponibili sia nelle farciture tradizionali, con carne o formaggio, sia in versioni innovative, come nel caso delle mezzelune caprino e noci. Non solo tortelli, qui fanno bella mostra di sé generosi nidi di tagliatelle e pappardelle fresche, strozzapreti, gnocchi, tagliolini e gli immancabili passatelli. Un trionfo dorato, color di grano, dove ogni formato di pasta è acquistabile anche in piccole porzioni. Il laboratorio del pastificio, tuttavia, produce anche condimenti freschi, come il ragù di salsiccia o il sugo al formaggio di Fossa (una delle tante eccellenze enogastronomiche romagnole) e piatti pronti, come le lasagne. Tutti prodotti contraddistinti dalla qualità degli ingredienti utilizzati: pochi, ma buoni. Qualità che si ritrova puntualmente nel piatto, quando senti la consistenza di una pasta lavorata ad arte. Piacevolmente morbida in pochi istanti di cottura, non si sfalda, ma sa anzi assorbire ed esaltare al meglio il condimento scelto, che si tratti di un sugo corposo come il ragù o di un delicato burro e salvia. Quando l’impasto base è così buono, un semplice piatto di pasta diventa un’esperienza impagabile.
Non c’è Romagna senza piada
Se la pasta è protagonista assoluta nella produzione e nell’offerta del Pastificio Battistini, una menzione a parte la merita la piadina. Quella realizzata qui, e solitamente venduta in confezioni precotte da 5 pezzi, è una delle migliori in assoluto che mi sia capitato di provare in anni di esperienze romagnole. Va subito chiarito che la piadina versione Battistini è quella tipica della parte nord della Romagna, quindi più spessa e consistente. La lista degli ingredienti è chiara e semplice: farina, acqua, strutto, sale e lievito. Niente agenti lievitanti, nomi di sostanze più da laboratorio chimico che da pastificio, o altri artifici, per un risultato sorprendente. Anche scaldata e consumata a casa, questa piadina presenta una fragranza che poco ha da invidiare a quella mangiata appena fatta. Sin dal primo morso, introdotto da un sentore di strutto appena percepibile, si riconosce un equilibrio tra morbidezza e consistenza che sa davvero appagare, indipendentemente dalla farcitura. Del resto, la piadina nasce come sostituto povero del pane e, quando è di qualità, si fa apprezzare anche da sola.
Un po’ di Romagna direttamente a casa tua
L’esigenza che ha portato i fratelli Battistini ad aprire il pastificio era quella di avere un laboratorio esterno dove produrre la pasta fresca per i loro ristoranti di proprietà. Poi è stato inaugurato l’annesso punto vendita, per far fronte alla crescente richiesta, sia di grossisti che di privati. L’attività del pastificio, tuttavia, è in continua crescita, al punto che nel 2018 è stata avviata la vendita on line, attraverso il sito: https://www.battistinipastificio.shop/. Le paste fresche, le piadine, insieme ad altri prodotti tipici (come il sale di Cervia), sono dunque acquistabili anche a distanza, con consegna in tutta Italia garantita nell’arco di 24/72 ore. Come dire: se non ci vai già tu in Romagna, è la Romagna a venire da te… con tutta la genuinità e la qualità dei suoi prodotti!
Pastificio Battistini, dove la tradizione romagnola è di casa (Cervia – RA) In una via interna di Cervia, dove nemmeno sembra che a poche centinaia di metri possa esserci il mare, si cela una piccola “fabbrica di capolavori”, che custodisce e rinnova ogni giorno l’arte della tradizione culinaria romagnola.
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Le città e il nome. 4. Clarice, città gloriosa, ha una storia travagliata. Piú volte decadde e rifiorí, sempre tenendo la prima Clarice come modello ineguagliabile d’ogni splendore, al cui confronto lo stato presente della città non manca di suscitare nuovi sospiri a ogni volgere di stelle. Nei secoli di degradazione, la città, svuotata dalle pestilenze, abbassata di statura dai crolli di travature e cornicioni e dagli smottamenti di terriccio, arrugginita e intasata per incuria o vacanza degli addetti alla manutenzione, si ripopolava lentamente al riemergere da scantinati e tane d’orde di sopravvissuti che come topi brulicavano mossi dalla smania di rovistare e rodere, e pure di racimolare e raffazzonare, come uccelli che nidificano. S’attaccavano a tutto quel che poteva essere tolto di dov’era e messo in un altro posto per servire a un altro uso: i tendaggi di broccato finivano a fare da lenzuola; nelle urne cinerarie di marmo piantavano il basilico; le griglie in ferro battuto sradicate dalle finestre dei ginecei servivano ad arrostire carne di gatto su fuochi di legna intarsiata. Messa su coi pezzi scompagnati della Clarice inservibile, prendeva forma una Clarice della sopravvivenza, tutta tuguri e catapecchie, rigagnoli infetti, gabbie di conigli. Eppure, dell’antico splendore di Clarice non s’era perso quasi nulla, era tutto lí, disposto solamente in un ordine diverso ma appropriato alle esigenze degli abitanti non meno di prima. Ai tempi d’indigenza succedevano epoche piú giulive: una Clarice farfalla suntuosa sgusciava dalla Clarice crisalide pezzente; la nuova abbondanza faceva traboccare la città di materiali edifici oggetti nuovi; affluiva nuova gente di fuori; niente e nessuno aveva piú a che vedere con la Clarice o le Clarici di prima; e piú la nuova città s’insediava trionfalmente nel luogo e nel nome della prima Clarice, piú s’accorgeva d’allontanarsi da quella, di distruggerla non meno rapidamente dei topi e della muffa: nonostante l’orgoglio del nuovo fasto, in fondo al cuore si sentiva estranea, incongrua, usurpatrice. Ecco allora i frantumi del primo splendore che si erano salvati adattandosi a bisogne piú oscure venivano nuovamente spostati, eccoli custoditi sotto campane di vetro, chiusi in bacheche, posati su cuscini di velluto, e non piú perché potevano servire ancora a qualcosa ma perché attraverso di loro si sarebbe voluto ricomporre una città di cui nessuno sapeva piú nulla. Altri deterioramenti, altri rigogli si susseguirono a Clarice. Le popolazioni e le costumanze cambiarono piú volte; restano il nome, l’ubicazione, e gli oggetti piú difficili da rompere. Ogni nuova Clarice, compatta come un corpo vivente coi suoi odori e il suo respiro, sfoggia come un monile quel che resta delle antiche Clarici frammentarie e morte. Non si sa quando i capitelli corinzi siano stati in cima alle loro colonne: solo si ricorda d’uno d’essi che per molti anni in un pollaio sostenne la cesta dove le galline facevano le uova, e di lí passò al Museo dei Capitelli, in fila con gli altri esemplari della collezione. L’ordine di successione delle ere s’è perso; che ci sia stata una prima Clarice è credenza diffusa, ma non ci sono prove che lo dimostrino; i capitelli potrebbero essere stati prima nei pollai che nei templi, le urne di marmo essere state seminate prima a basilico che a ossa di defunti. Di sicuro si sa solo questo: un certo numero d’oggetti si sposta in un certo spazio, ora sommerso da una quantità d’oggetti nuovi, ora consumandosi senza ricambio; la regola è mescolarli ogni volta e riprovare a metterli insieme. Forse Clarice è sempre stata solo un tramestio di carabattole sbrecciate, male assortite, fuori uso.
Italo Calvino, Le città invisibili, Einaudi, 1972
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Se dal presepe spariscono il bue e l’asinello, il Natale si fa surreale di Carlo Fruttero e Franco Lucentini Ben volentieri ci siamo lasciati sedurre dai lucidi dépliant annuncianti pace, serenità, una dolce pausa, una specie di coffee break in melodioso raccoglimento, anche se già di lontano sentivamo rombi e tuoni inquietanti, e poi via via grida confuse, strepiti di motori e sirene, perentorie effusioni d’altoparlanti. E una volta qui, davanti al famoso Presepio italiano, ci fermiamo interdetti. «Ma dove sono le antiche mura a secco?». Tutto è piatto, livellato, con qualche gru gialla che spunta altissima dall’orizzonte. «Bé, ecco» spiega la nostra guida, «un po’ stavano crollando da sole, un po’ erano diventate una pubblica indecenza, ratti, rifiuti, drogati, baracche, campi nomadi...». Al loro posto c’è ora un’ellittica arteria a scorrimento veloce, quattro ampie corsie che però s’interrompono sull’orlo di una cascata di carta d’argento. «Non c’è un ponte?». «Ci lavorano da dodici anni, ma tre costruttori sono falliti, il quarto è in galera, e perciò...». Facciamo i primi passi sul muschio, rado e rinseccolito. «Purtroppo l’impresa ha sbagliato l’impianto d’irrigazione» dice la guida. «Tecnicamente era un progetto molto avanzato, molto sofisticato, ma non ha dato i risultati sperati». «Comunque non c’è una sola pecora. Dove sono finite?». «Tutte abbattute in conformità alle direttive Cee. Ma di galli, galline e tacchini ce n’è sempre una quantità». «Non li vediamo». «Sono quei capannoni d’allevamento, laggiù, oltre il laghetto di specchio». «Ma i pastori?». «Metà latitanti, metà pentiti, al sicuro nelle caserme dei carabinieri». Il mulino è in piena attività, per fortuna; la ruota gira incessantemente sotto gli occhi di una dozzina di telecamere. «Stanno intervistando il mugnaio e sua moglie, per così dire...». «In che senso?». «I veri mugnai sono stati soffocati nella farina dalla figlia, pochi mesi fa. Era una sedicenne sensibile, introversa, e d’altra parte i genitori, gente semplice, all’antica, si opponevano caparbiamente a una sua triplice relazione col caldarrostaio, il legionario romano e il cavallo di quest’ultimo. Quei due che vedete sono in realtà un noto comico e una cantante travestiti da mugnai». «Su cosa li intervistano?». «L’eros, il campionato di calcio, l’Aids, l’etica, la metafisica; le solite cose». «E l’arrotino?». «Assunto nel pubblico impiego». «La venditrice di fichi d’India?» «Falciata da una raffica durante un regolamento di conti tra cosche rivali». «Il seminatore?». «Ora fa il posteggiatore abusivo attorno alla Sacra Capanna». Ma anche lui, constatiamo, nulla può contro la pressione della folla urlante e invocante, che ha travolto vigili e transenne. «Però» osserviamo compiaciuti «l’Evento attira sempre!». «Sì, ma c’è stato un piccolo equivoco» confessa imbarazzata la guida. «S’era sparsa la voce che sarebbe arrivata Madonna, la rockstar». «E... l’altra Madonna?». «La... Gospel Star?... Be’, si è pensato di farla ricoverare presso la Usl 22. Il personale scarseggia, ma Giuseppe dà una mano in corsia, le procura il latte, le cambia le lenzuola portate da casa...». «E il Bambino?». «Rapito. Pare che sia arrivata a Roma una busta con dentro un Suo orecchio mozzato. O un Suo lobo». «Ma anche l’asino e il bue sono assenti». «Macellati clandestinamente. Erano perfetti per la mortadella». «E la stella?». «Visto l’aria che tirava, segue un’altra orbita. È partita per la tangente, diciamo». «Dietro quei palmizi si intravedevano sempre i Re Magi in cammino, una volta. Si sono spaventati anche loro? Sono rimasti a casa?». «In un certo senso... Il fatto è che sono più o meno agli arresti domiciliari. Hanno ricevuto un avviso di garanzia per sospetto traffico di droga. Cosa volete, su quei loro cammelli, su quella via dall’Oriente...».
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