#la capra felice
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sciatu · 6 months ago
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Aveva fame. Non una fame banale, quel languore che prende chi non fa niente e che si risolve in un antipastino o un aperitivo. Lui aveva molta fame, di quella che per soddisfarla bisognava cuocere almeno un “quaddaruni” di pasta, equivalente a circa duecento, duecentocinquanta grammi di pasta, magari con il sugo di maiale o una marea di cozze, di quelle grandi e carnose. Ma in quel momento avrebbe mangiato la qualsiasi: gnocchi, tortellini al burro o con il ragù bolognese, la pasta “cuccuruzzu” con il bollito di castrato, i maccheroni fatti in casa con il sugo di coniglio, i maltagliati con le “poverelle”, le pappardelle con il ragù di cinghiale, una bella carbonara, un cacio e pepe o le lasagne con i funghi porcini appena colti. Apri la dispensa: vuota. Guardò in frigo: vuoto.  Neanche un uovo , una crosta di formaggio, il barattolo semivuoto di pesto alla Genovese o alla Trapanese. La fame aumentò. Cercò delle patate ma nel cesto dove le conservava c’erano solo dell’aglio e due peperoncini rossi, raggrinziti e tristi. “Ci siamo – si disse – una bella : aglio, olio e peperoncino”. Mise su l’acqua e quando bolli verso dentro duecento grammi di pasta perché si disse che aveva fame. In una padella mise un dito d’olio e tutto l’aglio che aveva. (Cosa lo lasciava a fare?). Tagliuzzo il peperoncino e lo versò nell’olio caldo. Per la cucina si propagò un odore intenso, forte, che già da solo avrebbe fatto sturare il naso a chi aveva il raffreddore. Quando la pasta fu pronta la versò direttamente nella padella aggiungendo quella che rimaneva di una vaschetta di pecorino pepato che emanava un odore di ovino intenso e stordente. Mischiò il tutto e versò nel piatto la montagna di spaghetti e lo osservò con devozione e amore. Era consapevole che il pecorino era un di più, ma voleva sapori forti e poi, aveva fame. La prima forchettata spar�� come se non vi fosse mai stata. La seconda gli regolò il gusto del pecorino, alla terza si accorse che stava sudando. Forse il peperoncino era troppo, perché la pasta pizzicava, la fronte si era imperlata di gocce di sudore ed il naso si era sturato ed ora respirava come un bambino. Continuò imperterrito, come che più che un nutrirsi, la sua era una prova di virilità, una ordalia in onore della buona tavola.  Continuò forchettata dopo forchettata, mentre sentiva il calore dentro di se aumentava tanto che si sentiva quasi un forno che emanava calore su calore come quando si doveva mettere la carne di castrato e bisognava fare andare il fuoco nel forno un ora per ogni capra stivata li dentro. Apri una bottiglia di birra e la bevve di un fiato, complimentandosi con se stesso con un enorme rutto. Attaccò di nuovo il piatto, che ormai era quasi mezzo vuoto. Continuò forchettata dopo forchetta, ma visto che il calore era insopportabile, ogni due forchettate si scolava una bottiglia di birra e si incoraggiava con un altro rutto che faceva tintinnare la raccolta di bomboniere posta nella credenza della cucina. Quando fini, con la pancia che fuoriusciva abbondantemente dal pantalone dove la cintura era già stata slacciata verso la quinta o sesta forchettata. Prese una crosta di pane semidura e la fece girare nel piatto per ammorbidirla e raccogliere con l’olio i pezzi di peperoncino rimasti. Si congratulò con se stesso e finì l’ultima bottiglia di birra, ormai rosso come un pomodoro per il calore del peperoncino e con alito all’aglio che faceva appassire anche le tende della camera. Tra una russata e l’altra sgassava la pancia emettendo terrificanti scoregge. Quando sua moglie entro nella camera da letto sentì un odore così terribile che svenne. Ma lui continuò a dormire felice della mangiata..
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libero-de-mente · 1 year ago
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Sopra a un'onda che mi tira su 🎶 Rotolando verso Lourdes 🎶
Come a Lourdes, quanti miracoli su questi social.
Possiamo stare comodi nella nostra comfort zone ed essere chiunque vogliamo, che volte è un peccato incontraci dal vivo.
Qui nel virtuale possiamo sempre essere un "ahahahah" mentre la vita, lì fuori, è un teatro dell'orrore.
Possiamo indignarci con chiunque e per qualsiasi cosa, tanto l'indignazione è un leitmotiv qui, buono anche per mascherare quelli a cui realmente gli rode il culo.
L'amore, ah che spettacolo qui dentro. Un circo di single sposati e single per legittima difesa. Alcuni credono di trovare il sogno nel cassetto, ma qui dentro siamo in un cassonetto.
Meglio ubriacarsi o amarsi? Non lo so, ma molti di voi sono fatti l'uno per l'alcol.
Anche io mi innamorai follemente, ma la psichiatra mi disse che "lei" non esisteva.
Forse la mia vita è una puntata pilota, poi aggiusteranno le cose per la serie vera e propria. Credo.
Esiste gente che di social campa, altri che sopra i social vivono, ma sotto i social molti crepano. Un po' come la capra e la panca.
Se potessimo inserire il tempo e gli sforzi, usati nei social, nei nostri Curriculum saremmo come quelli che dopo la Laurea hanno fatto un Master. Dalla Laurea della strada al Master sui marciapiedi.
Un aspetto utile dei social sono i ricordi, ovvero la possibilità di rileggere ciò che abbiamo postato anni prima. Così da comprendere che con l'avanzare dell'età e dell'esperienza si stava meglio prima, quando non si capiva una mazza.
Beati i rincoglioniti perché sono felici, dicono. A questo punto della vita miro a un'anzianità felice, sperando nella demenza senile.
Che alla fine l'esistenza, di chi ha preso coscienza, si racchiude in una scelta tra vivere con gli ignoranti o vivere da ignorati.
Forse, invece di pubblicare i miei pensieri sui social, dovrei iniziare a bere come fanno in tanti. Tanto domani è un altro porno.
E sono d'accordo con me.
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vividiste · 2 years ago
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C .A.N.C
Centro Animali non Convenzionale di Torino
⚠️ IPER- ATTENZIONE ⚠️
Per quanto lo si ripeta di continuo...per quanto sia scritto ovunque e si trovi facilmente su internet che i PICCOLI DI CAPRIOLO O CERVO NON VANNO PRESI quando trovati, qualcuno ha pensato bene di portarcelo!
Ecco il primo capriolino rapito che arriva quest'anno al CANC!
Se non c'è una madre morta vicino, non sono MAI abbandonati!
Siccome troppo piccoli e tremolanti sulle gambe per seguire la madre o scappare a un predatore (che ricordiamolo ennesimamente, difficilmente assale una preda immobile mentre insegue ciò che scappa...), rimangono immobili nell'erba dove sono partoriti.
Non hanno una tana, ma giacciono nell'erba, mentre la madre è in giro a mangiare o scappa cercando di attirare lontano dal suo piccolo i predatori.
Quando vi avvicinate, i predatori per lei siete voi e scappa sperando di attirarvi lontano dal suo piccolo.
Se rimanete vicino non tornerà MAI ...non ha armi per difendere il suo piccolo.
Il piccolo, più state vicino, più stará immobile e inerme sperando di farvi credere di essere morto...SIETE DEI PREDATORI!
Quindi allontanatevi il prima possibile, inutile nascondersi lì vicino, la madre vi fiuterebbe...lasciate che possano ricongiungersi senza volere a tutti i costi salvare chi non ne ha bisogno.
Se vicino alla strada, spostatelo a qualche centinaia di metri da essa in mezzo al verde: è una leggenda metropolitana che se toccati la madre non li accetta più! "Cuore di mamma" passa sopra tutto...trascorrerà ore a leccarlo per pulirlo, ma se lo riprenderá felice di non averlo perso.
Non portatelo a casa lasciandolo ore digiuno (i vostri figli o nipoti venivano allattati una volta al giorno?) o dandogli il latte del commercio (non va bene e possono morire di diarrea..).
Anche nei centri preparati e specializzati come al CANC non tutti sopravvivono...non digeriscono il latte di capra che diamo loro, non accettano la tettarella così dura e diversa dal capezzole di mamma, si ammalano...e anche se sopravvivono devono poi fare un lungo percorso di reinselvatichimento (oltre un anno..) prima di poter essere pronti alla vita libera...quindi che a nessuno venga in mente di allevarsi il "Bambi" in casa! Crescerebbe un soggetto non liberabile, destinato a un recinto tutta la vita e andrebbe incontro a procedimenti penali essendo vietato dalla legge detenere animali selvatici (legge 157/92).
Quindi: salviamoli se orfani (madre morta accanto) o feriti, altrimenti NON TOCCHIAMOLI!!!
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Fonte Fb
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glispecchidormono · 3 months ago
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SAMHAIN
Le facce di persone appese sui fili dell'elettricità nelle strade sorridono con apparecchi sintetici sui denti. Nubi rosse si addensano sopra le case di un villaggio americano, le spiagge si fanno sottile nebbia e nascondiglio mobile di lupi e chupacabra. La capra che scende al mare verrà sbranata, e il tutto al rintocco della mezzanotte, mentre bambini poco impauriti entrano in una zucca e perdono l'innocenza. Non so di cosa sono fatti i miei sogni, non so neppure se è delirio di vino o di nutella, ma la notte di Halloween, quando scoppiano i travestimenti, tutto quanto si arricchisce di un gusto grottesco, e anche l'armadio di fronte a me diventa macabro. Io ho paura del tradimento e dell'inganno. Io non so vivere felice. Ma sono felice di sapere che, finalmente, posso esserlo, almeno potenzialmente.
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viviween · 4 months ago
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Non spetta a me combattere l'Islam: non spetta a me sostituirmi a chi ha il dovere di combattere l'idea che le donne debbano andare vestite come dei sacchi della spazzatura: l'unica cosa che posso fare è mettermi in bikini, o presentarmi molto spesso in reggiseno e mutande in terrazza, e osservare, felice, l'espressione infastidita del coglione, mio vicino, Imām nella mia zona.
Decenni di lotte civili, da parte di atei e anticlericali, e femministe, hanno fatto in modo che il Cristianesimo limitasse la sua connotazione principale persecutoria nei confronti di chi non è cristiano, anche in Italia (non solo nel resto d'Europa); grazie, però, al PD, e ai suoi sostenitori, ora ci ritroviamo ad affrontare il radicalismo islamico, che vede la donna non come un essere umano, ma come una cazzo di capra.
"I musulmani immigrati sono i futuri elettori" della finta sinistra: ecco la spiegazione: se li tengono buoni, non criticando minimamente i loro usi e costumi di merda e permettendo loro qualsiasi atto di inciviltà; in questo momento, l'interesse della finta sinistra, da falsa femminista e falsa protettrice degli interessi degli omosessuali (i musulmani sono fortemente omofobi), è fare in modo che ottengano la cittadinanza, così che possano essere votati dai musulmani alle elezioni politiche.
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downtobaker · 4 years ago
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La favola fasulla dell'accoglienza di valli e borghi
La favola fasulla dell’accoglienza di valli e borghi
a cura di Rural Hack Agitu Ideo Gudeta, in occasione dell’incontro dal titolo “Donne anche noi. Storie di fuga e riscatto” Riceviamo la notizia che il sorriso bello e impegnato della nostra cara Agitu Ideo Gudeta ha smesso di splendere. Il suo corpo è stato trovato brutalizzato e senza vita nella propria abitazione. Agitu era arrivata a Trento nel 2010 dopo essere scappata dalle violenze e…
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kon-igi · 3 years ago
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EARN YOUR HAPPY ENDING
Sebbene il termine si riferisca ai finali aperti di un videogame in cui il giocatore riesce a fare le scelte giuste affinché il personaggio concluda la sua storia in modo positivo, questo post non tratterà tale argomento (scusa Max Payne... te lo saresti meritato).
Il mio pensiero scaturisce da un’antica diatriba cinematografica tra me e mio padre, dove lui porta avanti intonsa la convinzione personale che meritino di essere visti solo i film che abbiano un finale felice, mentre io (devo dire per contrapposizione) ho sempre sostenuto che qualsiasi rappresentazione su schermo debba rispecchiare la vita reale, quindi anche il fatto che non sempre ci possa essere l’happy ending del titolo.
Poi ho cambiato idea.
Cioè, non sul fatto che la vita reale sia parca di finali felici ma che alla fine noi ci leghiamo a quelle rappresentazioni fittizie (film, romanzi, canzoni etc) che risuonano con ciò che abbiamo e con ciò che ci manca nel cuore.
Il suo film di battaglia, per esempio, è It's a Wonderful Life (La vita è meravigliosa) di Frank Capra e se molti di voi in modo assoluto lo potrebbero definire 10 chili di zucchero filato compresso in un mattone cosparso di sciroppo di glucosio e poi sbriciolato per 131 minuti in vena, io so quanto quel film lo abbia consolato e gli abbia restituito quella speranza che allora era sul punto di perdere, come il protagonista del film.
Il fatto è che, personalmente, non ho più tempo da perdere nel ripetermi quanto la vita possa essere una merda.
Ho avuto cinquant’anni per acquisite tale informazione e adesso è arrivato il momento di accantonare quello che io considero l’equivalente delle lamentele sul tempo... ci sarà sempre qualcuno che si frattura una caviglia a un metro dalla linea di arrivo ma non è più mia intenzione ridurre tutta la corsa a quello.
Quindi sono d’accordo con mio padre: d’ora in poi solo film dal finale felice affinché non mi sia erosa la forza di credere... anzi, no, di sapere che ‘c’è del buono in questo mondo e che è giusto combattere per esso’.
Ognuno, poi, cerchi nello specchio quello che crede sia meritevole di essere riflesso e riflettuto.
P.S.
Qualche tempo fa stavo aspettando mia figlia alla stazione ferroviaria di un paesello di campagna e c’era questa ragazzina tutta vestita di nero, giacca di cuoio borchiata, mille piercing e trucco pesante, che con sguardo accigliato aspettava il treno seduta a terra. Insomma, una tipa per la quale un cartello ‘VI ODIO TUTTI!’ sarebbe stato ridondante.
A un certo punto le si avvicina una signora di mezza età e io mi immagino già la lamentela stizzita sulla musica che le rimbombava fuori dagli auricolari, quando questa signora sorride e fa ‘Ciao! Ti ricordi di me? Sono la maestra Maria... come sei diventata grande! E come sei bella!’.
E lei si tira su da terra e in un solo attimo la maschera di mascara e risentimento si dissolve in un sorriso enorme, facendola tornare quella bambina amata e accudita che ancora non conosceva la rabbia degli inascoltati e degli incompresi.
Quando si sono abbracciate, io mi sono voltato e mi sono allontanato perché avevo ricevuto quello di cui sentivo il bisogno.
Siate come la maestra Maria.
Cercate il vostro finale felice per condividerlo con gli altri.
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mynameis-gloria · 3 years ago
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A letto con i piedi stanchi dopo i 19 km di oggi, la pancia piena e gli occhi ma soprattutto la mente felice. Ho trascorso la giornata a perdermi per le vie di Bolzano, e penso di averla percorsa quasi tutta, il centro storico sicuramente. Quelle case mi attirano ed ammaliano, anche oggi non ho potuto resistere agli scatti. In piazza delle erbe, mercato tipico e tradizionale con prodotti locali, mille sapori e colori, ho provato un succo di mela dalla polpa rosa, gustato delle chips sempre di mela, assaggiato del formaggio di capra con della marmellata, una chips con della crema di porro spalmabile e fiori essiccati, un pretzel ed un fiorentino (dolce tipico con cioccolato e mandorle tostate e glassate), ovviamente in diverse ore ma quella via stamattina ha fatto da protagonista, poi sono andata al museo della birra, attraversato ponticelli, entrata in negozietti particolari. A pranzo ho raggiunto il pittore ed insieme a suo padre ho mangiato i famosi e sostanziosi canederli e nel pomeriggio ci siam messi all'opera per il progetto e motivo del viaggio (Qui post a parte) . Conoscere persone è una delle cose che preferisco di un viaggio, sentirne le storie e i racconti, la vita vissuta, mi sento fortunata quando faccio incontri di questo genere ed è davvero un grande regalo. Un' aggiunta al mio bagaglio
La giornata poi oggi era spettacolare, limpida, di un blu intenso ed un sole caldo che non avrei mai immaginato, non scherzo quando dico che si stava bene in canottiera, vedere le montagne con le distese di verde fa venir voglia di raggiungerle subito e non vedo l'ora di percorrere qualche sentiero un pò più ad alta quota. Il tutto si è concluso con una botta di carica ed energia quando stasera ho fatto la conoscenza di R, grande amico del pittore, che ci ha raggiunti a cena in uno dei locali più antichi di Bolzano, dallo stile in legno ai decori ricercati. Un uomo simpatico, senza peli sulla lingua, schietto, amante del vino e non solo, aggiungerei anche stravagante ma dall'animo gentile. Non ho mai riso così tanto in un primo approccio e sentirmi parte un pò del loro mondo sopra le righe mi fa sentire lusingata ed onorata. Sono giorni che non scorderò
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corallorosso · 4 years ago
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Agitu Gudeta, colpita con un martello e violentata mentre era agonizzante L’azienda agricola “La capra felice” era il sogno della sua speranza di libertà e di integrazione culturale, ma è diventato il luogo dove Agitu Gudeta Idea, etiope, ha trovato una fine orribile. L’1 gennaio avrebbe compiuto 43 anni. È stata trovata in camera da letto, con la testa fracassata a colpi di martello nell’ex canonica di Plankerhoff, a Frassilongo, nella vallata trentina dei Mocheni, una laterale della Valsugana. Per l’omicidio è stato interrogato a lungo, e poi fermato, Adams Suleimani, un pastore ghanese di 32 anni a cui lei aveva dato lavoro e che era diventato il custode dell’azienda. (...) l’uomo ha quindi impugnato un martello che la vittima teneva dietro a un termosifone di casa, forse per proteggersi, colpendola con quello alla testa più volte fino a lasciarla a terra, senza vita, (...) Quindi ha aggiunto un particolare agghiacciante: mentre Agitu era agonizzante a terra l’ha violentata. Agitu aveva trovato in Trentino la sua seconda patria dopo essere fuggita dall’Etiopia dove era stata minacciata e inquisita per l’impegno contro il “land grabbing”, ovvero la razzia di terre dei pastori da parte delle multinazionali. Ma anche in Italia aveva dovuto confrontarsi con violenze, diffidenze e problemi di integrazione. “Mi insultano, mi chiamano brutta negra, dicono che me ne devo andare e che questo non è il mio posto” aveva denunciato. Un pastore della zona è stato condannato un anno fa a 9 mesi di reclusione per lesioni nei suoi confronti, ma assolto dall’accusa di stalking aggravato dall’odio razziale. (...) L’omicidio della donna etiope ha suscitato una forte emozione in Trentino, dove era diventata un simbolo, non solo per la sua fuga dall’Africa, ma anche per il progetto di recupero ambientale e produttivo che aveva sviluppato, a partire dalla capra mochena, che la Provincia di Trento aveva deciso di salvare alcuni anni fa. Agitu aveva realizzato un’attività molto apprezzata e aveva recentemente aperto a Trento un punto vendita dei prodotti derivati dalle capre e dall’agricoltura biologica. Inoltre aveva coltivato una attività culturale di conoscenza e promozione delle proprie tradizioni. Era nata e cresciuta ad Addis Abeba l’1 gennaio 1978, sotto il regime di Menghistu. Terminati gli studi, era arrivata in Italia dove si era iscritta alla facoltà di Sociologia di Trento, laureandosi con una tesi sull’economia rurale dei Paesi in via di sviluppo. Era poi tornata in Etiopia per seguire un progetto di cooperazione con la tribù dei Boran, pastori nomadi che vivono con capre e cammelli. Nel 2010 era tornata a Trento come rifugiata e si era impegnata nel salvataggio della capra mochena in via di estinzione. Sul proprio profilo Facebook aveva recentemente scritto: “Buon Natale a te che vieni dal sud, buon Natale a te che vieni dal nord, buon Natale a te che vieni dal mare, buon Natale per una nuova visione e consapevolezza nei nostri cuori”. (...) Giuseppe Pietrobelli
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fatalquiete · 4 years ago
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Una bellissima storia da leggere e condividere!
Cinque anni fa decisi di lasciare il mio lavoro a Milano. Ero promoter in una banca importante, ma non ero felice. Avere un buon stipendio e parecchi benefits non riusciva a cancellare dalla mia mente la mia vera passione. Me ne andai. Salutai i miei genitori, i miei amici e mi trasferii a Senarega, in Alta Valbrevenna. Usai i miei risparmi per comprare un rudere abbandonato. I primi tempi sono stati molto difficili. Non c’era l’acqua, il riscaldamento e la scelta di spostarmi in autunno non fu la più felice, l’inverno si avvicinava. Inoltre avevo bisogno di un lavoro, ma la ristrutturazione del casolare occupava tutto il mio tempo. Solo lo svegliarmi ogni mattina, nella natura, lontano dal traffico, il rumore e le luci di Milano mi spingeva a andare avanti. Arrivò l’acqua e con essa anche l’elettricità. Decisi di aprire un blog e mostrare al mondo le foto che scattavo, i video che documentavano le mie giornate. La mia passione cominciava a realizzarsi. Ora sono passati cinque anni. Cinque lunghi anni. Ho una barba che manco gli hipster di New York. Le mie foto fanno schifo. Il blog lo legge solo mia madre, lo so perché nelle chiavi di ricerca di Google c’è: “Quel deficiente di mio figlio” – “Ho partorito un coglione” – “Cazzo l’ho fatto studiare a fare” – “Altro che Bocconi, a lavorare dovevo mandarti!”. La casa puzza di capra, ci sono i bacarozzi e non ho i soldi per l’insetticida, vado di ciabatta e le ciabatte me le sono fatte io con la corteccia delle betulle! Bella soddisfazione del cazzo. Ieri ha piovuto e mi sono accorto che il tetto perde. 30 mila euro gli ho dato per ‘sto mucchio di pietre. Piazzavo bond argentini a vecchi rimbambiti e mi facevo problemi di etica, ok, ma cazzo, vestivo Armani, avevo il dopobarba di Dolce e Gabbana, la scarpe erano di Paciotti, non corteccia di betulla. Mangiavo sushi, cazzo, sushi, fanculo al veganesimo biologico. Bastardi tutti voi e le vostre mode. VI ODIO! VI ODIO TUTTI MALEDETTI BASTARDI!
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leggerezza-dell-essere · 5 years ago
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Piangi, ridi, impazzisci, voglio cadere sopra il tuo corpo
come un martire sul campo di battaglia
fedele al suo condottiero
ucciso con la propria freccia.
Non mi spaventa la tua fame di donna
entrerò nella tua arena senza armi e senza corazza
solo con il mio cavallo imbizzarrito,
senza sella, né briglie, né cintura.
Domerò l’incendio della tua selva,
mi bagnerò del piacere della tua dorata conchiglia,
ascolterò i tuoi suoni, il tuo buio, le tue ombre,
sentirò la tua caverna priva di tempo vibrare di passione.
Sono io il tuo toro errante che ti lega all’albero dell’olmo
come faceva con la sua capra
nel villaggio natale;
tutti quelli che ti hanno amato prima di me non sono stati altro che eunuchi,
tutti quelli che ti hanno attraversato prima di me ti hanno mentito.
Voglio toccarti il fondo,
spegnere le tue fiamme con la mia carne,
invadimi con le tue mani come un nemico arreso,
fammi sdraiare su un letto di pietra cannibale,
divorarmi, la mia brama d’amore è infinita.
Desidero scavarti ogni giorno, come un tempo la terra oscura di Darsìa;
mia colomba, sono duro e casto
ti possiedo come una robinjë di guerra
e sul mio destriero trionfatore ti porto dal mio re,
divoratore di prede.
Mia confessione, respiro il tuo corpo lieve, i tuoi brividi,
i tuoi sospiri, i tuoi fremiti,
respiro il nettare della tua rosa canina
mentre ti afferro come il cavallo la puledra in calore
nel campo di biada.
Godo il frutto del tuo corpo
il mio membro ti sazierà fino a farti scoppiare in lacrime tiepide,
come fossero tiepide pioggerelle d’estate;
appoggia la tua luna nelle mie mani di contadino
affida alle mie labbra assetate il sapore delle tue labbra tenere e carnose.
Apri la tua veste candida,
voglio respirare il profumo del tuo sesso maturo,
felice di essere fecondato dal mio membro desideroso;
coprimi con il tuo corpo come un albero,
sfiorami con i tuoi seni eccitati che fremono,
oh, i tuoi fianchi ricolmi!
Sei pura e il tuo pube è in fiore
ogni sentiero mi porta alla tua ferita,
inebriami della tua fragranza
come la pioggia d’estate penetra nelle fessure della terra spaccata,
così ti penetro anch’io, perché sono il tempo della pioggia.
Sono custode del tuo buio, guardiano del tuo fuoco, contadino della tua vigna,
per me diventi una patria per la prima volta senza tiranni,
un nuovo esilio;
ed io ti nomino regina degli esuli in fuga
verso la linea sottile dell’orizzonte impazzito.
Gezim Hajdari
_______ Ali Michael, ph Chadwick Tyler.
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paolopiazza64 · 5 years ago
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CIÒ CHE GLI ALTRI PENSANO...
Quello che pensano gli altri di voi, lasciate che questo sia un loro problema, vi interessa solo se volete qualcosa da loro, allora sarete stati presi all’amo, siete ricattabili.
Ciò che pensano gli altri di voi, questo non vi riguarda minimamente, perché non vi innalza e non vi abbassa neanche di un millimetro, perché preoccuparsene?
Nessuno può vivere la vostra vita, voi siete gli unici responsabili, solo voi dovete render conto a voi stessi sul come volete vivere la vostra vita... e non potete avere sia la capra che i cavoli, dovete scegliere fra essere voi stessi o essere ciò che si aspettano gli altri da voi, e questo vi obbligherà un giorno a scegliere se vivere una vita dettata dal coraggio e dalla libertà di essere ciò che realmente siete o se vivere una vita basata su compromessi, finzioni e paura.
Datevi il permesso di vivere, datevi il permesso di scegliere, datevi il permesso anche di sbagliare e di correggervi, questo vi darà la possibilità di affinare la vostra intelligenza, sensibilità ed intuizione.
Non potete pensare di riuscire ad amare veramente qualcuno se vi costringe... o se scegliete di vivere una vita fasulla che non vi appartiene solo perché avete paura della solitudine, questo significa sprecare un’occasione di crescita secondo le vostre reali tendenze, qualità e potenzialità.
Una vita basata su dei compromessi, per farvi accettare dagli altri, non è vita.
La felicità è proporzionale a quanto riuscite a vivere in maniera autentica.
Osserva gli alberi, essi crescono liberi e felici, non hanno bisogno di un’ideologia su come crescere, vivere e fiorire.
Solamente l’uomo sembra aver perso la sua strada, sembra che non sappia essere semplicemente se stesso, libero e felice... tanto è stato corrotto e deviato nell’animo da altri uomini che, non essendo felici, si preoccupano eccessivamente di voler dirigere le vite degli altri.
Roberto Potocniak
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swingtoscano · 5 years ago
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Piangi, ridi, impazzisci, voglio cadere sopra il tuo corpo
come un martire sul campo di battaglia
fedele al suo condottiero
ucciso con la propria freccia.
Non mi spaventa la tua fame di donna
entrerò nella tua arena senza armi e senza corazza
solo con il mio cavallo imbizzarrito,
senza sella, né briglie, né cintura.
Domerò l’incendio della tua selva,
mi bagnerò del piacere della tua dorata conchiglia,
ascolterò i tuoi suoni, il tuo buio, le tue ombre,
sentirò la tua caverna priva di tempo vibrare di passione.
Sono io il tuo toro errante che ti lega all’albero dell’olmo
come faceva con la sua capra
nel villaggio natale;
tutti quelli che ti hanno amato prima di me non sono stati altro che eunuchi,
tutti quelli che ti hanno attraversato prima di me ti hanno mentito.
Voglio toccarti il fondo,
spegnere le tue fiamme con la mia carne,
invadimi con le tue mani come un nemico arreso,
fammi sdraiare su un letto di pietra cannibale,
divorarmi, la mia brama d’amore è infinita.
Desidero scavarti ogni giorno, come un tempo la terra oscura di Darsìa;
mia colomba, sono duro e casto
ti possiedo come una robinjë di guerra
e sul mio destriero trionfatore ti porto dal mio re,
divoratore di prede.
Mia confessione, respiro il tuo corpo lieve, i tuoi brividi,
i tuoi sospiri, i tuoi fremiti,
respiro il nettare della tua rosa canina
mentre ti afferro come il cavallo la puledra in calore
nel campo di biada.
Godo il frutto del tuo corpo
il mio membro ti sazierà fino a farti scoppiare in lacrime tiepide,
come fossero tiepide pioggerelle d’estate;
appoggia la tua luna nelle mie mani di contadino
affida alle mie labbra assetate il sapore delle tue labbra tenere e carnose.
Apri la tua veste candida,
voglio respirare il profumo del tuo sesso maturo,
felice di essere fecondato dal mio membro desideroso;
coprimi con il tuo corpo come un albero,
sfiorami con i tuoi seni eccitati che fremono,
oh, i tuoi fianchi ricolmi!
Sei pura e il tuo pube è in fiore
ogni sentiero mi porta alla tua ferita,
inebriami della tua fragranza
come la pioggia d’estate penetra nelle fessure della terra spaccata,
così ti penetro anch’io, perché sono il tempo della pioggia.
Sono custode del tuo buio, guardiano del tuo fuoco, contadino della tua vigna,
per me diventi una patria per la prima volta senza tiranni,
un nuovo esilio;
ed io ti nomino regina degli esuli in fuga
verso la linea sottile dell’orizzonte impazzito.
Gezim Hajdari
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myfaithbiersack · 5 years ago
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20 dic 2018
Questo l’ho scritto piangendo; mi ero resa conto davvero di averti perso, e pensavo fosse per sempre:
Te ne sei andato davvero. Questa volta è per sempre e io faccio fatica ad accettarlo.
Faccio fatica, sai perché? Posso raccontarti un po' com'è stato per me viverti?
Ricordi la nostra prima volta? Non parlo di quella però, non parlo del sesso. Parlo dei primi sguardi, i primi litigi. Parlo di quando, prima ancora che tutto iniziasse, stavi fuori scuola mia ad aspettarmi. E io ero realmente lusingata di vederti li con me, ad aspettare la mamma, che come al solito arrivava in ritardo. Poi ti parlo di mani intrecciate ogni sera, ti parlo di sesso fatto tutti i giorni, senza mai fermarci. Parlo del mio scappare di casa e del tuo venirmi a cercare ovunque. Parlo di battiti del cuore, e di respiri incontrollati. Parlo di sorrisi e di lacrime. Parlo del tuo messaggio "come hai un cuore tu lo ho io". Parlo di dipendenza. Da te. Sto parlando dei tuoi cazzo di abbracci; del tuo profumo, dei tuoi occhi a volte vuoti o furiosi, ma bellissimi. E insulti, e il 'capra di merda', oppure "bitcha". Parlo di macchine rotte, di polizia ovunque. A ripensarci rido. E parlo di musica tekno; di scarpe, di bong, di kamasutra, di disegni e di maglie rubate e mai restituite integre. Specialmente di cucina; di torte e stupide patate cotte sopra una stufa. E di Capo Plaza con 'uno squillo', o di 'Tesla'. Parlo della fabbrica di cioccolato e del nostro primo bacio. Parlo di quando ti sono venuta a prendere alle quattro di mattina e siamo stati in giro fino alle nove. E delle dormite fredde, che talmente vicini e stretti manco lo sentivamo. Parlo della mia testa sul tuo petto. Parlo del tuo svegliarmi per mandarmi a scuola, anche a costo di ritirarmi il cellulare per settimane. Ti Parlo della Sicilia e del mio cercare di dimenticarti. Parlo del mio ritorno e di come tutto tornò come prima. Ti Parlo di "Non lo so" di Gemitaiz e di "Centro" di Madman. Ti parlo di come eravamo prima, e di quanto io ti abbia amato. Sei stato tutto ciò che non ho mai avuto; una persona responsabile al mio fianco, colui che si è preso cura di me nonostante i miei comportamenti da bambina stupida e viziata. Ti dico grazie, nonostante tutto. E una parte di me, quella più...felice, resterà con te a vita.
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a--piedi--nudi · 6 years ago
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Da quant’era
che non vedevi il mondo alle 09:00 del mattino, quando i tuoi vicini si aggirano per casa andando a gettare l'umido o raccogliere la verdura nell'orto? Da quant'era che non passeggiavi per la città alle tre del pomeriggio, quando in giro c'è poca gente e i negozi ancora non sono aperti? Da quanto tempo non invitavi un'amica per il caffè, per parlare e basta, per perdere del tempo? Prima, se alle 09:00 non eri in fabbrica, era perché stavi andando dal medico, a fare qualche visita, controlli alla pelle, è un tumore maligno, dobbiamo toglierlo al più presto. Se nel primo pomeriggio eri a casa avevi la tonsillite, o la varicella fatta da grande, che prurito. Da quanto tempo era che, alla sera, invece di fuggire in un cinema senza cena, non ti adattavi al lento scendere del sole e, ascoltando il canto dei grilli, non preparavi una cena con calma e amore, per il gusto di mangiare, di vivere, non fuggire? Da quant'era che alla sera non immaginavi il mattino successivo senza sforzo, senza fastidio o paura, sapendo che ti avrebbe aspettato una colazione tranquilla, una persona da accudire, oppure la libertà di sedersi su un divano e leggere fino all'ora di pranzo? Da quant'era che non infilavi le mani nella terra per piantare dei fiorellini? Da quant'era che non stendevi i panni con calma, nel sole di giugno, vedendo il giardino dei vicini, fatto d'alberi, prato e penombra dove i cani si montano sereni? Da quant'era? Da quant'era che non andavi in panificio tutti i giorni, che non instauravi un rapporto umano quotidinano con la giornalaia, il panettiere, il macellaio? Sapevi che la giornalaia ama fare fotografie? Che la panettiera non è poi così antipatica e il macellaio ti venderebbe sempre il doppio di quello che ti serve? Lo sapevi? E che all'angolo della farmacia stanno sempre sedute due donne, su una panchina fuori casa, un'anziana madre e una figlia, a guardare la gente passare, lo sapevi? L'anziana saluta tutti, con la mano e un sorriso grande, saluta la vita che le passa davanti mentre lei sta seduta. Sembra felice, affamata ancora. Vuoi anche tu restare a guardare, affamata, la vita che ti scorre di fronte? Silvano Agosti dice che dovremmo lavorare al massimo, al massimo 4 ore al giorno; Krishnamurti dice che non esiste la libertà da qualcosa e da qualcos'altro ma esiste una libertà assoluta, quella che non ti fa scegliere, perché anche nella scelta c'è conflitto; io dico solo che prima mi sentivo morire. Morire nello svegliarmi, sempre con meno voglia, entrare in ufficio con sempre meno entusiasmo, salutare i miei colleghi compagni di cella per le nove ore quotidiane. Morire nel guardare le stagioni che si alternano fuori dalla finestra senza lasciare segni sul mio viso. Ci si scotta a ferragosto perché la fabbrica chiude. Ci si congela a natale perché la fabbrica chiude. Nulla più. Il tuo cuore è chiuso già da un po'. Non è più fertile l'anima, non è più curioso il cervello. Hai quarantatré annni, un'età bella in cui puoi essere ancora bambino, senza la rabbia dell'adolescente. Hai la forza per tornare a viere? Hai coraggio di non scegliere ma ascoltare i polmoni che si aprono quando cammini nell'erba e accarezzi una capra? Hai voglia di aprirti all'inconsueto, all'incognito come quel giorno in cui, non potendo scegliere, per la prima volta hai pianto al mondo? Hai voglia, ora, di piangere al mondo d'emozione? Ancora un mese e tornerai in ufficio, che succederà, Elia, come reagirai, saprai ascoltarti serenamente? Ti aspetto lì, alla scrivania, ti osserverò. Da quant'era che non scrivevi? A presto, piccola mia.
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livingwomen · 7 years ago
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Testo Masha Mottes, foto Lucia Semprebon
Incontriamo per la prima volta Agitu Ideo Gudeta in una domenica piovosa di febbraio.
Il periodo coincide con quello dei parti delle “sue capre” che per lei non rappresentano solamente una fonte di sostentamento, ma il fulcro della sua vita e della sua storia, da sempre.
L’incontro quindi è necessariamente breve, ma intenso quanto basta per capire quanto amore, entusiasmo e passione animano questa donna, che ci accoglie con il calore e un sorriso che illumina lei e tutto ciò che la circonda.
Già dalle prime parole che ci scambiamo percepiamo positività, determinazione e tanto, tanto coraggio.
Di lì a poco Agitu ci deve lasciare perché è arrivato il momento del parto e letteralmente lei corre dalle sue capre.
Entusiasta come una madre (e un padre) la sera ci manda una foto di due gemelline.
*** *** ***
L’Azienda di Agitu, “La capra felice” (e direi che nome non fu più indovinato vista la vita che conducono questi animali), realizza prodotti biologici, vende a chilometro zero e non effettua dunque spedizioni per quanto riguarda gli alimenti. Agi ci spiega che questo non sempre viene capito dalle persone a causa anche della mala abitudine, che ormai ci ha inculcato il sistema, di trovare qualsiasi prodotto ad ogni distanza ed a ogni stagione; ma per lei questi valori fanno parte della sua filosofia di vita e di conseguenza di quella della sua azienda.
Ha dato un nome a tutte le sue 130 caprette, le quali rispettano un ciclo di produzione naturale, ovvero ad ottobre smettono di lattare e vanno in asciutta. Quando poi non sono più in grado di farlo a causa dell’età, vengono regalate come animali da compagnia anziché venire mandate al macello.
“Il consumatore è abituato a reperire le merci tutto l’anno sui banconi degli ipermercati e questo non rispetta i ritmi della natura. Per avere sempre i prodotti occorre intervenire sugli animali con gli ormoni e in questo modo una capra a 3 anni può essere già arrivata alla fine della sua vita produttiva.”
Le capre sono animali poliesteri: al cambio della luce scattano gli ormoni e, quindi, Agi introduce il maschio per la riproduzione. Naturalmente questo vuole dire sospendere la produzione di latte, yogurt e formaggi che riprende in primavera.
Per chi vuole vendere tutto l’anno è possibile “imbrogliare” il corso della natura, mettendo gli animali al buio e intervenire sul ciclo usando una spugna con degli ormoni.
“Le capre sono animali intelligenti, si riesce ad interagire con loro, le distinguo per nome e conosco il loro carattere. Quando andiamo al pascolo cerco di lasciarle libere, si muovono perpendicolari evitando la salita e sembra incredibile ma quando sono le 17.00 una di loro si gira, trova la strada e andiamo a casa. Le tiene a bada il mio cane: …. non uso le campanelle, sono troppo sensibili al suono, pensate voi di dovervi muovere con un campanello nelle orecchie tutto il giorno …“
Agitu inizia il suo progetto in Trentino in Val di Gresta, lavorando in un bar mezza giornata e passando l’altra mezza a gestire, da sola, 15 capre: giornate piene che prevedono la mungitura alle 4 del mattino e alla sera.
Ci dice:
“Il Trentino mi piace, sono una montanara. Adis Abeba e’ a 2338 mt dal mare, qui ho trovato la mia seconda casa, quando vedo queste montagne mi si apre il cuore”
(e a sentirla parlare così il cuore si apre anche a noi).
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Ad inizio giugno torniamo da lei e nel frattempo nella sua vita e nella sua azienda sono successe molte cose.
E’ stata raggiunta dalla stampa (interviste su La Stampa e Internazionale) e tv. Pif la riprende mentre svolge la sua attività e finisce su Raitre nella trasmissione “Caro Marziano”.
Agitu nel suo sito ha tutta la rassegna stampa di questi anni, dedicati a far crescere il suo sogno. Ci spiega che la puntata della trasmissione “Mela Verde” del 2015 che si è occupata della sua azienda viene riproposta tutte le estati e ogni volta registra il massimo degli ascolti.
Prosegue a raccontare che è stata ospite di Emma Bonino. A Roma è intervenuta nell’ambito dell’incontro dal titolo “Donne anche noi. Storie di fuga e riscatto” per celebrare l’8 marzo dando spazio alle storie di chi ha lottato per affermarsi nel nostro Paese e chi ancora lotta.
Cominciamo da qui: Agitu ci racconta di questa esperienza, del treno preso in giornata per Roma. Al suo arrivo la attendono una marea di giornalisti, il ministro degli Esteri, insomma, non proprio ciò che aveva immaginato.
Tant’è che ci confessa: “per un attimo ho pensato: oh oh qualcosa mi sfugge adesso scappo” e ci travolge con la sua risata. Prosegue:
“Preso coraggio mi sono resa conto dell’opportunità: la conferenza era in diretta ed io ho approfittato per portare fuori la mia Africa, il tema del land grabbing (letteralmente: «accaparramento della terra» – accaparramento delle terre da parte delle multinazionali a scapito dei contadini locali) che mi ha portato lontano dalla mia casa, l’Etiopia, a causa della mia presa di posizione contro questa situazione. In Africa ho lavorato a diversi progetti con i pastori nomadi nell’ottica di creare un’agricoltura sostenibile di auto sostentamento.”
“Sono stata un’attivista nel mio Paese, cominciando le prime manifestazioni nel 2005; in 5 anni di lotta, all’interno di un gruppo formato da 27 persone, abbiamo creato una bella rete. Ma negli anni portare avanti una politica che contrasta il Governo si è fatto sempre più duro. Nel 2010 mi sono dovuta allontanare dal mio Paese; delle persone che formavano il nostro gruppo siamo sopravvissuti in 3: io e due giornalisti australiani.”
Ci racconta come l’uso scriteriato di pesticidi e insetticidi da parte delle multinazionali abbia moltiplicato i casi tumorali, di malformazioni e aborti in un Paese come l’Etiopia, dove non esiste nessun genere di assistenza sanitaria.
Il governo dell’Etiopia nasconde situazioni assurde da anni: i profughi tenuti prigionieri in Somalia e Sud Sudan, le proteste a fuoco contro manifestazioni disarmate di civili universitari e agricoltori, le torture, l’oscurazione della rete internet.
Agitu ha lo status di rifugiata nel nostro Paese dovuto alla persecuzione del Governo nei suoi confronti.
“La mia, come quella di molte altre persone nella mia posizione, non è una storia di fuga desiderata e nel mio intervento durante la premiazione, approfittando della diretta, ho sollevato il punto per cui la collaborazione del governo italiano (ma non solo) con quello Etiope siano causa alla base della migrazione.
Ho parlato a ruota libera cercando di rendere il quadro il più ampio possibile, perché è guardando in questo modo le cose che possiamo interpretare la realtà di questi flussi migratori, non certo attenendoci al populismo che spesso ritroviamo nei canali che dovrebbero occuparsi di informazione“.
Il cosiddetto land grabbing è in sostanza un modo economico e remunerativo di accedere a nuove risorse naturali e di produrre cibo per alcuni Stati poveri di terre coltivabili, quali l’Arabia Saudita, o quelli densamente popolati come il Giappone o la Cina, che da tempo hanno cominciato a comprare ed affittare terreni all’estero per soddisfare il fabbisogno nazionale di cibo.
Tutto questo ha conseguenze pesantissime, soprattutto in Paesi come l’Africa, dove i governi consentono che gli abitanti delle terre cedute o spesso espropriate vengano costretti ad andarsene, se necessario con la forza. Lasciano abitazioni, campi e pascoli oppure vengono reinsediati in zone periferiche, prive di servizi e con infrastrutture inadatte alla vita civile. Possono considerarsi fortunati quindi gli africani che vengono assunti come braccianti e operai dalle imprese straniere, quando queste non favoriscono manodopera proveniente dal loro paese piuttosto che quella locale.
Si crea un circolo vizioso per cui non solo i Governi Africani non investono nel proprio Paese creando infrastrutture e indotto, ma collaborano alla distruzione dell’ autosostentamento di gran parte ei lori cittadini e della società stessa.
L’organizzazione non governativa internazionale Human Rights Watch e il Movimento di solidarietà per una nuova Etiopia sostengono, ad esempio, che tra il 2008 e il 2011 il governo di Addis Abeba ha affittato per periodi di 20, 30 o 99 anni già 3,5 milioni di ettari di foreste.
Un tema molto complesso, che non riguarda soltanto il fatto di destinare vaste estensioni di terra coltivabile a raccolti per l’esportazione, invece che a generi alimentari necessari e al mercato interno, ma implica anche che non ci siano ricavi convenienti utilizzati sul territorio.
Inoltre questa politica in Africa, un Paese colpito da scarsità stagionale e in certi casi permanente di generi alimentari di base, contribuisce a far lievitare i prezzi dei prodotti, avendo ripercussioni pesantissime sulle carestie che colpiscono gli abitanti.
*** *** ***
Questo è il contesto che ha portato Agitu nuovamente qui in Italia. “Nuovamente” perché lei aveva già frequentato l’Università qui: prima a Roma, a 18 anni con una borsa di Studio, e poi in Trentino, dove ha deciso di tornare quando ha dovuto lasciare il suo Paese.
Il lavoro che Agi sta svolgendo qui in Trentino ha a che vedere con competenze sue e dei suoi avi (famiglia di pastori nomadi). Il suo lavoro di recupero e utilizzo di terreni abbandonati è in sostanza l’esatto contrario rispetto a ciò che combatteva in Africa, ovvero la privazione del diritto di lavorare la terra da parte dello Stato nei confronti dei cittadini.
Come percepisci la diffidenza nei confronti del diverso e come e’ stato il tuo impatto di donna nel mondo agricolo locale?
“Devi tirare fuori unghie denti per guadagnare il rispetto. Una volta che hai dimostrato di essere una persona veramente tosta, insieme al rispetto arriva anche il riconoscimento del tuo lavoro.”
Come hai costruito le tue competenze rispetto alla produzione dei formaggi?
“Le ho potute ampliare e rafforzare anche attraverso la rete dei Woofer (solitamente produttori certificati biologici). Avevo interesse verso la produzione di formaggi francesi e sono stata in Francia. Attraverso questo canale la collaborazione si attua in forma di scambio di lavoro, ma anche di insegnamento e di competenze. oltre a divulgare e condividere la quotidianità del lavoro in fattoria.”
Anche Agitu appartiene a questa rete e nel suo sito si trovano le informazioni in proposito.
L’apertura della sua azienda si concretizza anche attraverso alcuni progetti di stage con l’Istituto Agrario di San Michele che le permettono di accogliere in azienda gli studenti. Parliamo della dispersione scolastica e a questo proposito ci dice che ragazzi in apparenza poco dotati secondo gli standard della didattica, dopo due settimane non solo conoscono i nomi delle capre, ma anche le parentele.
Ci sono giornate aperte al pubblico in cui e’ possibile andare al pascolo con le sue capre e con Buba Car, un ragazzo del Gambia rifugiato in Trentino, che una volta terminato il suo percorso è stato scelto e introdotto in azienda da Agitu e da qualche mese lavora con lei.
Vengono anche organizzate giornate in cui i bambini arrivano in visita per fare il formaggio.
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Agi è un vulcano di idee e mette a disposizione le sue competenze e la sua esperienza in altri progetti dedicati ai rifugiati: è stata invitata a Riace, dove ha potuto avere uno scambio con il Sindaco su quella che potrebbe essere un’idea aziendale da sviluppare lì.
Potete trovare i prodotti di Agitu ai mercati agricoli di Trento, Rovereto, Pergine, Bolzano, alla Biocesta del Gusto e nei Gruppi di acquisto solidale.
Chiudiamo l’intervista ad ottobre e ci sono ancora novità: Agitu ha appena realizzato una linea di creme a base di latte di capra non pastorizzato un procedimento in cui sta facendo da pioniera e che sviluppa una sorta di acido ialuronico naturale.
Sarà presente ai mercatini di Natale di Levico Terme con questa linea e lo street food, una novità introdotta recentemente, un’occasione per assaggiare la sua tosella e lo yogurt di capra.
Ci congediamo con un ultimo incontro, in un pomeriggio di ottobre passato al pascolo con le capre felici: un’esperienza di affetto e tenerezza con questi animali, e incredibilmente rilassante. Grazie Agitu!
Alcuni diritti riservati
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