#io non so il perché di questa cosa (*lo sa*) ma se manca mio fratello è letteralmente impossibile fare Qualcosa per pranzo o cena
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Disperazione livello: pane burro e marmellata per cena
#vabbè#con il programma di quelli che fanno karaoke su nove in sottofondo no less#mytext#io non so il perché di questa cosa (*lo sa*) ma se manca mio fratello è letteralmente impossibile fare Qualcosa per pranzo o cena#letteralmente piuttosto che cucinare o stare al tavolo con mia madre in qualsiasi altra maniera mi incateno al termosifone
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C'è fannullone e fannullone. C'è chi è fannullone per prigrizia o per mollezza di carattere, per la bassezza della sua natura, e tu puoi prendermi per uno di quelli. Poi c'è l'altro tipo di fannullone, il fannullone per forza, che è roso intimamente da un grande desiderio di azione, che non fa nulla perché è nell'impossibilità di fare qualcosa, perché gli manca ciò che gli è necessario per produrre, perché è come in una prigione, chiuso in qualche cosa, perché la fatalità delle cirscostanze lo ha ridotto a tal punto; non sempre uno sa quello che potrebbe fare, ma lo sente d'istinto: eppure sono buono a qualcosa, sento in me una ragione d'essere! So che potrei essere un uomo completamente diverso! A cosa potrei essere utile, a cosa potrei servire? C'è qualcosa in me, che è dunque? Questo è un tipo tutto diverso di fannullone, se vuoi puoi considerarmi tale. Un uccello chiuso in gabbia in primavera sa perfettamente che c'è qualcosa per cui egli è adatto, sa benissimo che c'è qualcosa da fare, ma che non può fare: che cosa è? Non se lo ricorda bene, ha delle idee vaghe e dice a se stesso: "gli altri fanno il nido e i loro piccoli e allevano la covata", e batte la testa contro le sbarre della gabbia. E la gabbia rimane chiusa e lui è pazzo di dolore. "Ecco un fannullone" dice un altro uccello che passa di là, "quello è come uno che vive di rendita". Intanto il prigioniero continua a vivere e non muore, nulla traspare di quello che prova, sta bene e il raggio di sole riesce a rallegrarlo. Ma arriva il tempo della migrazione. Accessi di malinconia – ma i ragazzi che lo curano nella sua gabbia si dicono che ha tutto ciò che può desiderare – ma lui sta a guardare fuori il cielo turgido carico di tempesta, e sente in sé la rivolta contro la propria fatalità. "Io sono in gabbia, sono in prigione, e non mi manca dunque niente imbecilli? Ho tutto ciò che mi serve! Ah, di grazia, la libertà, essere un uccello come tutti gli altri!". Quel tipo di fannullone è come quell'uccello fannullone. E gli uomini si trovano spesso nell'impossibilità di fare qualcosa, prigionieri di non so quale gabbia orribile, orribile, spaventosamente orribile… Non si sa sempre riconoscere che cosa è che ti rinchiude, che ti mura vivo, che sembra sotterrarti, eppure si sentono non so quali sbarre, quali muri. Tutto ciò è fantasia, immaginazione? Non credo, e poi uno si chiede "Mio Dio, durerà molto, durerà sempre, durerà per l'eternità?". Sai tu ciò che fa sparire questa prigione? È un affetto profondo, serio. Essere amici, essere fratelli, amare spalanca la prigione per potere sovrano, per grazia potente. Ma chi non riesce ad avere questo rimane chiuso nella morte. Ma dove rinasce la simpatia, lì rinasce anche la vita.
-Lettera di Vincent Van Gogh al fratello Theo
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Alle persone più importanti della mia vita, io ho associato una canzone. Non sempre gliel’ho detto, non sempre gliel’ho dedicata davvero. Alle volte è solo un ritornello che avevo in testa in un momento condiviso. Il mio migliore amico, ad esempio, per me è Those nights degli Skillet; mio fratello True love di P!nk. Beh ecco, tu non lo sai, ma per te io ho fatto una playlist intera. Ho ritrovato te, noi in troppe canzoni. Non me ne sono neppure accorta, l’ho fatta inconsciamente; senza cercarle, senza sforzarmi. Dapprima erano solamente due (Superclassico e Ferma a guardare), che ho ascoltato a ripetizione per settimane; poi se ne sono aggiunte altre, nuove, che volevo sentire subito dopo quelle. Così, in un battito di ciglia, si è creata una vera e propria raccolta. E sai, non sono canzoni inglesi, nonostante io ami i testi stranieri, ne cerchi il significato quando mi sfugge e poi le impari a memoria per saperle cantare correttamente. Sono tutte canzoni italiane; di nuovo, è stato probabilmente il mio subconscio ad agire per me, pensando che avresti colto la bellezza e i riferimenti di quei testi solo se li avessi compresi. E visto che tanto non avrò mai modo di dedicartele, ascoltarle con te sottolineando una frase particolare o cantarle assieme, ho deciso che raccoglierò qui le strofe più belle. Ma anche quelle che sono un pugno nello stomaco ogni volta.
Superclassico, Ernia “Ora che fai? Mi hai fregato, così non si era mai sentito. Io dentro la mia testa non ti ho mai invitata. Vorrei scappare che sei bella incasinata... Ma poi ti metti sopra me e mi metti giù di forza, Sembra che balli ad occhi chiusi, sì, sotto alla pioggia. Poi stai zitta improvvisamente... Ti chiedo, «Che ti prende?» Tu mi rispondi, «Niente» Dio, che fastidio.”
Ferma a guardare, Ernia ft. Pinguini Tattici Nucleari “Poi lo facevamo forte, in piedi sulle porte Dici: «Non ti fermare» Però io guardo le altre E so che d'altra parte Non lo puoi perdonare. Sotto il tuo portone tu m'hai chiesto se ci sto A salire ed era solo il primo appuntamento. Nello stesso punto dopo mesi io ti do Dispiaceri e tu mi stai mandando via dicendo «Non mi fare mai più del male. Ora non voglio più parlare Perché non so restare Ferma a guardare Te che scendi giù dalle scale e te ne vai»”
Pastello bianco, Pinguini Tattici Nucleari “Ti chiedo come stai e non me lo dirai, Io con la Coca-Cola, tu con la tisana thai Perché un addio suona troppo serio E allora ti dirò bye bye. Seduti dentro un bar poi si litigherà Per ogni cosa, pure per il conto da pagare. Lo sai mi mancherà, na-na-na-na.”
Ridere, Pinguini Tattici Nucleari “E non ho voglia di cambiarmi, Uscire a socializzare... Questa stasera voglio essere una nave in fondo al mare. Sei stata come Tiger: Non mi mancava niente E poi dentro m'hai distrutto Perché mi sono accorto che mi mancava tutto. Però tu fammi una promessa Che un giorno quando sarai persa Ripenserai ogni tanto a cosa siamo stati noi.”
Nonono, Pinguini Tattici Nucleari “E spettinata resti qua Perché la più grande libertà È quella che ti tiene in catene. I pugni in faccia che mi dai Li conservo nell'anima Accanto a tutti i "ti voglio bene". Ieri mi sono svegliato (no, no, no) Erano circa le tre. Quando il telefono non ha squillato, Io l'ho capito che eri te. Hai detto: «Impara a vivere da solo» (No, no, no) Ma solo ci sapevo stare. La mia solitudine era un mondo magico Che io ti volevo mostrare.”
L’odore del sesso, Ligabue “Si fa presto a cantare che il tempo sistema le cose, Si fa un po' meno presto a convincersi che sia così. Io non so se è proprio amore Faccio ancora confusione. So che sei la più brava a non andarsene via. Forse ti ricordi... ero roba tua. Non va più via L'odore del sesso, che hai addosso. Si attacca qui All'amore che posso, che io posso... E ci siamo mischiati la pelle, le anime e le ossa Ed appena finito ognuno ha ripreso le sue. Tu che dentro sei perfetta Mentre io mi vado stretto. Tu che sei la più brava a rimanere, Maria, Forse ti ricordi, sono roba tua.”
Andrà tutto bene, 883 “Io e te chi l'avrebbe mai detto. Io che avevo giurato che non avrei fatto Mai più il mio errore di prendere e via Buttarmi subito a capofitto In un'altra storia impazzire per la gloria, Io no. Mi spiace ho già dato E l'ho pagato. Però sta di fatto che adesso son seduto con te In un'auto a dirti all'orecchio che Andrà tutto bene non può succedere Niente di male mai a due come noi.”
Ad occhi chiusi, Marco Mengoni “Da quando ci sei tu Non sento neanche i piccoli dolori. Ed oggi non penso più A quanto ho camminato per trovarti. Resto solo adesso, mentre sorridi e te ne vai Quanta forza che mi hai dato non lo sai e spiegarlo non è facile. Anche se non puoi tu sorridimi; Sono pochi, sai, i miracoli Riconoscerei le tue mani in un istante. Ti vedo ad occhi chiusi e sai perché Fra miliardi di persone ad occhi chiusi hai scelto me.” Sai che, Marco Mengoni “Eravamo davvero felici con poco, Non aveva importanza né come né il luogo. Senza fare i giganti E giurarsi per sempre... Ma in un modo o in un altro Sperarlo nel mentre.” Sembro matto, Max Pezzali “Il tempo si ferma quando siamo assieme Perché è con te che io mi sento bene. Voglio quei pomeriggi sul divano In cui mi stringevi e respiravi piano. Ho perso te e la mia armatura di vibranio. Sembro strano... Sembro matto, matto. Come un tornado hai scompigliato tutto, Mentre dormivo lì tranquillo a letto Hai fatto il botto, dopo l'impatto.” La paura che, Tiziano Ferro “La lacerante distanza Tra fiducia e illudersi È una porta aperta E una che non sa chiudersi. E sbaglierà le parole Ma ti dirà ciò che vuole. C'è differenza tra amare Ed ogni sua dipendenza. "Ti chiamo se posso" O "Non riesco a stare senza". Soffrendo di un amore raro Che più lo vivo e meno imparo. Ricorderò la paura che Che bagnava i miei occhi Ma dimenticarti non era possibile e Ricorderai la paura che Ho sperato provassi, provandola io Che tutto veloce nasca e veloce finisca.”
Vivendo adesso, Francesco Renga “A te che cerchi di capire E che provi a respirare aria nuova. E non sai bene dove sei. E non ti importa anche se in fondo lo sai che ti manca qualcosa. Amami ora come mai, Tanto non lo dirai. È un segreto tra di noi. Tu ed io in questa stanza d'albergo A dirci che stiamo solo vivendo adesso.”
Duemila volte, Marco Mengoni “Vorrei provare a disegnare la tua faccia Ma è come togliere una spada da una roccia. Vorrei provare ad abitare nei tuoi occhi Per poi sognare finchè siamo stanchi. Vorrei trovare l'alba dentro questo letto, Quando torniamo alle sei, mi guardi e mi dici che Vuoi un'altra sigaretta, una vita perfetta Che vuoi la mia maglietta. Che vuoi la mia maglietta. Ho bisogno di perderti, per venirti a cercare Altre duemila volte, Anche se ora sei distante. Ho bisogno di perdonarti, per poterti toccare Anche una sola notte.”
Ma stasera, Marco Mengoni “Senza di te nei locali la notte io non mi diverto. A casa c'è sempre un sacco di gente ma sembra un deserto. Tu ci hai provato a cercarmi persino negli occhi di un altro, Ma resti qui con me.”
Dove si vola, Marco Mengoni “Cosa mi aspetto da te? Cosa ti aspetti da me? Cosa sarà ora di noi? Cosa faremo domani? Potremmo andarcene via, dimenticarci Oppure giocarci il cuore, rischiare. Fammi respirare ancora, Portami dove si vola, Dove non si cade mai. Lasciami lo spazio e il tempo E cerca di capirmi dentro. Dimmi ogni momento che ci sei. Che ci sei, che ci sei.”
Venere e Marte, Marco Mengoni “Certe storie brilleranno sempre ed altre le dimenticherai. Ci sono cose che una volta che le hai perse poi non tornano mai. E se già ti dico porta le tue cose da me Non dirmi è troppo presto perché Io ti prometto che staremo insieme, senza cadere, E ogni mio giorno ti appartiene. Ti prometto che inganneremo anche gli anni Come polvere di stelle filanti. E sarà scritto in ogni testo Che niente può cambiare tutto questo. Incancellabile... ogni volta che mi guardi. Posso farti mille promesse o ingoiarle come compresse E mandare giù queste parole senza neanche sentirne il sapore. Questo mondo da soli non è un granché; sì ma neanche in due. Però con te è un po' meno buio anche quando il cielo è coperto di nuvole. E aspettavi smettesse di piovere, ma sei rimasta tutto il giorno, Io speravo piovesse più forte perché è bello riaverti qui intorno. Certe storie diventano polvere, non ti resta nemmeno un ricordo. Altre invece nonostante il tempo ti restano addosso.”
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Mi viene da piangere ma faccio finta di no mentre cerco su YouTube dei video dei live degli zen circus che mi mancano come l'aria anche se non li ho nemmeno mai visti. anche se li ascolto tutti i giorni. anche se. sai probabilmente mi sto facendo solo più male con la consapevolezza che più cerco di stare in equilibrio più tutto crolla. cammino in bilico con in braccio una chitarra che emette suoni distorti perché quello non è un DO è un DO4. ma io continuo a camminare anche se becco sempre la corda sbagliata. ho portato a casa dal lavoro la mamma. è sempre stanca, rimane sempre in silenzio, mangia da sola, non ha più voglia di fare niente. mi viene da piangere ma se mi guardi non esce niente. la canzone alterna un DO e un DO4 ma suona bene le corde cazzo. da capo. ci siamo sedute lì fuori in cortile a fare 'ape' con un paninetto, una cochina, un bicchiere di latte. ho la testa altrove, chiedo a mio fratello cosa fa stasera. parliamo di matteo, guarda ci sono i gattini che ci fanno compagnia. guardiamo perché il melograno non fa mai i frutti belli, ci serve una pianta di melograno che sia un' impollinatrice mi sa. fisso il tuo giardino bellissimo mamma e mi ripeto in testa che al lavoro mi danno la mancia perché sono brava. ma non è la verità. me la danno perché sono accondiscendente, perché resto a scambiare due chiacchiere, perché recito bene la mia parte. sorrido, ballo, canto, faccio la stand up comedian per nascondere qualcosa di troppo grande. sorrido ma in testa penso al male che devo ignorare e alle telefonate che mi farai nelle prossime settimane per dirmi come si dovrà procedere. tengo in silenzio le parole. kla guarda che solo la prima parte è arpeggiata, poi è plettrata completa, dai cazzo svegliati. ieri sera papà mi ha detto "ti prego non morire perché altrimenti muoio anche io". no mamma andra tutto bene. perché ti sei fermata? perché è arrivata alla parte dove dice questa malinconia che mi sale dentro al cuore quando entro a casa mia e lo senti? lo senti questo buco nero che si sta aprendo? lo senti che ti porta al collasso? mamma fai a modo che io mi sto impegnando a fare in modo che vada tutto bene. mamma lo facciamo andare bene perché te l'ho promesso. mamma guarda è arrivato anche il cane. oggi si vede che sta meglio perché si è alzato da solo. ma quanto è bella la nuova canzone di Fedez, Orietta Berti e Lauro? quando sei arrivato ti stavo aspettando con due occhi più grandi del mondo. guardiamo il video che è uscito oggi, fa ridere! lei poi che voce ha? sempre pazzesca! kla, riprendi la chitarra. nella parte finale ci sono gli accordi minori, mi raccomando. non ci riesco. ci riesci. no kla, sono da sola con mia mamma malata di cancro, mio papà che ne ha tolto uno due mesi fa e io non so più cosa fare kla. manca il lieto fine e mancherà sempre. metti gli occhiali al cane. che stupido bibbi.
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LA MIA SECONDA PRIMA VOLTA
Sono agitato? Forse.
Sì, credo di sì.
È passato così tanto tempo che non ricordo nemmeno più come ci si agita. Credo di esserlo un po', ma forse non abbastanza.
Non manca tanto allo spettacolo. Non so. Due ore, Forse tre. Credo quattro.
Le prove sono andate così così, nel senso che sono andate bene credo, ma anche quelle non mi ricordo più com'è che andavano una volta. Ricordo che non gli davo nemmeno peso "tanto lo so come si fa, figurati se mi servono le prove". Oggi non mi ricordo nemmeno più come si fanno le prove. Dovrei stare attento ai volumi? Mi sento troppo? Mi sento troppo poco? Ci sono le spie, ma io non canto più con le spie non so da quanto. Usavo gli in-ear. Gli in-ear mi hanno rammollito. Sono un viziatelo da in-ear. Sta a guardare. No, ora dimostro a me stesso che sono ancora quello tosto di una volta, che cantava nei rave sotto cassa, nelle serate d'n'b gonfio di droga o nelle dancehall in spiaggia ubriaco e fumato. Sono sempre io. Ce la facevo una volta, ce la faccio ancora. Spero.
"Pier mi puoi alzare solo un po' la voce in spia?"
"Purtroppo no, perché dalle spie esce quello che esce anche fuori e se alzo la voce a te la alzo anche al pubblico."
"Ah."
Sono fottuto.
Sono fottuto.
Sono in un mare di merda.
Già non so se mi ricordo i testi. Quanto tempo è passato dall'ultima volta? Credo fosse l'estate del 2018. Cristo è dal 2018 che non tengo un microfono in mano?! Ma com'è possibile?! Ma che sono stato criogenizzato per tutto questo tempo?!
E poi io la maggior parte delle canzoni che canterò stasera non le ho mai cantate proprio se non quando le ho registrare, due anni fa. Sono fottuto, lo sento.
Sono due settimane che le canto tutti i giorni e tutti i giorni sbaglio qualcosa. Le ho cantante anche un paio d'ore fa, in camera. Stavolta mi sono anche mosso un po' per vedere se mi reggeva anche il fiato mentre mi muovevo. Risultato? Sono in un mare di merda. Avrei dovuto farmela qualche corsetta. Non sono più il ghepardo di una volta. Fottuto divano. Fottuto lockdown. Fottuto io più che altro.
E poi sono un po' preoccupato per i testi. Perché questo non è il mio pubblico. A proposito:
"Ste ma che tipo di pubblico c'è stasera?"
"Vario."
"Ah."
Che cazzo vuol dire vario? Sicuro che al primo "troia" che dico mi arriva una shitstorm di proporzioni bibliche. Però con Gio abbiamo rivisto la scaletta. Credo che così qualche speranza di salvarmi ce l'ho. Iniziare con Ballo era decisamente troppo hardcore. La mia idea era entrare a gamba tesa, ma non sapevo che prima di me ci sarebbe stato uno spettacolo di burlesque. Entrare in scena dopo due ore di burlesque con un "Tra te e la tua amica non so chi è più troia. Girate in due tu succhi lei ingoia." a un non so che di terroristico. Io non faccio musica per questo. Meglio entrare con Il mago. Così mi scambiano per un bravo ragazzo.
Quanto manca?
Un'ora.
Diciamo un'ora.
Bello il burlesque, non l'avevo mai visto.
Sono agitato? Non capisco se sono agitato o meno. Sta a guardare che cinque minuti prima di salire sul palco mi viene il cagotto. Sicuro. Matematico.
Però ho voglia di salire sul palco. Sì, mi sa che ho voglia. Vorrei salire ora. Però ora sul palco c'è Gonzalo completamente nudo con palle e pisello in un sacchetto tempestato di paillettes. Forse aspetto a salire.
Ma non manca molto.
Sento che da un momento all'altro inizio ad agitarmi. Che tra l'altro avrei anche ragione a farlo. Mi agitavo prima quando ero in tour da tre anni, provavo in continuazione le mie canzoni, cantavo con gli in-ear, avevo un...microfono radio! Cazzo non hanno il microfono radio! Glielo avevo anche chiesto! È l'unica cosa che avevo chiesto. Non canto con il microfono a filo dal 2013. Sicuro che con quel filo mi lego per le caviglie come un agnellino. Sicuro. Una volta l'ho strappato con i piedi mentre saltavo sul palco. Che giovane. Che energia. Ok devo ricordarmi di muovermi poco per due motivi: il fiato e il cavo. Ok. Ma se non mi muovo che cazzo faccio? Magari canto.
"Mudimbi!"
Che è?! Ah devo salire. Cazzo, mi sono scordato di agitarmi. Merda. Partiamo male.
Ecco il microfono col cavo. Che bello, mi ci posso impiccare. Ora dico qualcosa di simpatico.
Fatto.
Vabbè cantiamo.
Il mago la so abbastanza dai. Sarà che l'ho cantata sul peggiore, nel senso di ansia, dei palchi. Direi che su questa sono a prova di bomba. Dai sto andando bene, anche il fiato regge. Si alla fine ho fatto bene a cambiare la scaletta. Ballo è complicata anche a livello di fiato, oltre al fatto che non l'ho mai cantata prima in pubblico. Il mago è il migliore dei rodaggi. Ah ok, questo è il buco strumentale dopo il secondo ritornello. Faccio il balletto. Mi sento un coglione. Madonna mi sembro un ciocco di legno. Che schifo. Mi dispiace che sta gente abbia pagato per vedere sta roba. Vabbè. Devo cantare lo special adesso. Comunque dai, è quasi finita. Intendo questa canzone. Alla fine la prima ce la siamo quasi tolta.
"...il mago, c'est moi!"
Finita.
Mo che cazzo dico?
Improvviso.
Meglio se improvviso che quando mi preparo le cose sembro ancora più legnoso di quanto già non mi senta.
Comunque gli devo far capire che le cose che dico non vanno prese alla lettera. Per forza, glielo devo far capire, che sennò entro domani finisco a testa in giù su una croce. Simpatia. La butto sulla simpatia e sul non prendermi troppo sul serio che io sto qua a cantare canzoni mica a fare un comizio.
Simpatia...simpatia...
Chissà se gli sto rimanendo simpatico? Secondo me invece gli sto andando più sul cazzo che altro. Fammi cantare va.
"Muoviti muoviti come se nessuno qui guardasse te."
Cazzo questa è tosta. Parte in extra-beat. E io non so manco se mi basta la saliva che c'ho in bocca. Alla fine de Il mago mi si stava attaccando il labbro superiore alla gengiva tanto mi si era seccata la bocca dall'agitazione. Devo ricordarmi di bere.
Oh ce l'ho fatta. Ho fatto l'extra-beat. E non è stato manco na merda dopotutto. Dai che un po' ho capito come regolarmi con queste spie. Però mi sento sempre un ciocco di legno. Ma com'è che facevo prima? Mi ricordo che ero così agile, così sciolto. Bò.
È già finita?
Cazzo.
Quindi adesso Ballo.
Faccio una premessa? Non la faccio? La faccio breve che le premesse mi stanno sempre sul cazzo, sembra che ti stai a giustificà quando nessuno t'ha ancora detto niente. E che c'hai la coda di paglia?
Ok vado. La canto.
"..........................troia..........................."
Nessuna m'ha tirato una scarpa.
Forse non l'hanno sentito.
Effettivamente l'ho detto veloce.
Vabbè mejo così.
"......ma non è colpa mia se sei una vacca quella non è una vulva è una baracca..."
Aridaje.
Ma che c'avevo quando ho scritto sta canzone? Perché io lo so il significato che sta dietro alle parole che uso, ma davanti a un pubblico che non conosco, dopo quasi tre anni, un po' di ansia che all'improvviso parta un plotone della morte per asfaltarmi mi viene.
".......mi avvicino alla vecchia puttana..."
Ho finito!
Basta. Ce la siamo tolta dal cazzo.
Madonna.
Però sono vivo. Senza segni di percosse. E la gente? La gente era presa bene. Non li vedo tutti perché c'ho i fari puntati al centro delle pupille che anche se mi muovo mi seguono, ma ho percepito della presa a bene.
Dai.
Dove sono quei due ragazzi che mi sono venuti a salutare prima? Mi sa che mi avevano detto dove si sarebbero seduti ma forse l'ho dimenticato. Vabbè, meglio quello che i testi delle canzoni. Comunque mi ha fatto troppo piacere vedere che almeno due stronzi si ricordano di me e si sono fatti la sbatta di venirmi a vedere stasera. Chissà se l'hanno capito che ero veramente felice e anche un po' imbarazzato? Magari avranno pensato che recitassi, il finto cordiale. Sono contento che almeno loro due siano venuti per me stasera.
"Supercalifrigida!"
Questa me la canto davvero da Dio. Bé la canto da quando avevo diciott'anni, se non canto bene questa non canto bene niente. Il fiato c'è. Non mi devo nemmeno muovere troppo, perché questa mi piace cantarla stando abbastanza sul posto. Granitico. La canto da paura. Quanto gli voglio bene a questa canzone. È stata la mia croce e la mia fortuna. Al mio funerale suonate questa per favore. Ma poi, posso dirlo? La canto molto meglio adesso che quando l'ho registrata. Senti che voce che ho adesso. Riesco a tenere un timbro molto più basso, senti come vibra. Quando l'ho registrata c'avevo na voce di uno a cui non sono ancora scese le palle. Forse la devo ri-registrare va.
"...ma siccome tutte le cose belle finisco, siamo già arrivati all'ultima canzone."
Ammazza, già è l'ultima.
Qua mi devo impegnare. El Matador è complicata. Devo fa un sacco di voci diverse. Non so se me le ricorde tutte. Vabbè mo qualcosa m'invento. Oh, comunque alla fine sbaglio sbaglio, mica ho sbagliato così tanto. Sì giusto 2 parole mangiate, ma tanto la gente mica sta a sentì a me, figurati.
Ok vado.
"Sono il più amato dai poveri. Apro ricoveri. Regalo vestiti Coveri."
Dinamicità fratello, dinamicità. Qua ti devi muovere. Ma non mi ricordo come si fa cazzo. Quando torno a casa mi guardo due tutorial di danza.
Aspetta, qui mi ero preparato un passo.
Eccolo.
No.
Non lo sto facendo come me l'ero preparato.
Vaffanculo Michel.
Ok, tra un po' c'è un altro momento identico. Ci posso riprovare.
Eccolo.
Vai.
Lo sto a fa uguale a prima porca di una troia puttana.
Vabbè a casa me lo provo.
Tanto loro non lo sanno che volevo fare un'altra cosa, quindi tranquillo.
Finito.
Non ci sto a capì un cazzo.
Ma com'è andata?
Già che non ho sentito un vaffanculo per me è stato un successo.
"Bis!"
Che ha detto?
"Bis!"
Ma sai che ti dico? Ma chi cazzo se ne frega, stasera vale tutto. So arrivato vivo fino a qua. Famo il primo bis della mia vita.
Supercalifrigida.
Che bellezza. Non avevo mai fatto un bis. È una bella sensazione. È bello vedere che la gente non vuole farti scendere dal palco. Forse non ho fatto così schifo come penso. Che poi non penso di aver fatto schifo. Sicuramente sono stato sottotono per i miei standard. Ma è pure passato del tempo. E c'ho pure n'età.
"Grazie!"
E adesso che succede?
Devo scendere dal palco, ok. Ma dopo?
Mi spaventa questa parte.
Scendere dal palco è sempre un momento decisivo. Più che salirci. Parlo per me almeno.
Scendo pieno d'adrenalina. Pieno di entusiasmo. Pieno di speranza.
Speranza in cosa? In qualcuno che mi dica "Cazzo sei stato bravissimo! Hai spaccato!". Perché io sono il primo a dire che dei complimenti non me ne frega niente, ma solo finché me li fanno.
Comunque ora vedremo.
Spero che vado bene.
Spero davvero che vada bene.
Sono agitato? Forse.
Sì, credo di sì.
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The Untamed
Commento secondo rewatch
LO SO, SONO PAZZA.
Mi sono accorta di aver iniziato questo secondo rewatch il quattro maggio, giorno della parziale riapertura dell'Italia. Coincidenza? Sinceramente, non lo so. Ne sentivo la mancanza da un po', e forse il fatto di poter di nuovo uscire liberamente di casa e riprendere a fare passeggiate all'aria aperta, mi ha dato la spinta per cliccare play sul primo episodio. O forse avrei ricominciato la visione in ogni caso, chi lo sa.
Ho impiegato esattamente otto giorni per rivedere la serie, guardando tra i sei e gli otto episodi al giorno, e qui lo dico: MAI PIÙ FARÒ UNA COSA DEL GENERE.
Perché The Untamed ha cinquanta episodi. È vero, non sono episodi lunghi, non sono dei pipponi, ma cinquanta sono cinquanta episodi.
E, cosa più importante, sono cinquanta episodi emotivamente pesanti.
Su cinquanta puntate, ho pianto almeno in venti. Vi pare normale piangere per quasi metà del tempo?
Durante questa terza visione (questo è stato il secondo rewatch + la prima volta che l'ho visto), ho maledetto la serie in tutti i modi. "Stronzi bastardi" è stato il mio commento più frequente. E ho maledetto anche me stessa per la bella idea che ho avuto di fare il rewatch di quella che sapevo benissimo essere una tragedia immane.
Più volte mi sono detta: "Veronica, la prossima volta che ti viene la bella idea di rivedere The Untamed, ricordati bene che è una serie che ti fa soffrire come un cane".
Ho notato per la terza volta che quando io vedo The Untamed, arrivo sempre a un punto in cui sento il bisogno di tornare indietro. Di solito succede verso la fine del flashback. Perché questo flashback è talmente bastardo che io sento di non potercela fare, e ho solo voglia di tornare indietro, alle prime puntate, quando i personaggi erano ancora felici e spensierati, quando si volevano tutti bene ed erano tutti vivi.
Per questo le puntate ambientate ai Meandri delle Nuvole me le godo come una bambina felice, perché so che questa spensieratezza non durerà per sempre, e che quello che arriverà dopo sarà davvero molto tosto.
Stavolta, quando mi è venuta voglia di tornare indietro, ho stretto i denti e sono andata avanti, facendomi coraggio con la certezza che una volta tornati al presente le cose sarebbero piano piano andate meglio.
E così è stato. Quindi al di là di tutto, nonostante tutte le lacrime, una volta arrivata in fondo mi sono sentita sollevata. Contenta per avercela fatta. Triste per tutto quello che ho visto.
The Untamed è così: prima ti spezza il cuore in tanti pezzi, un po' alla volta, e poi ti aiuta a rimetterli insieme. Prima ti ferisce, poi ti cura.
È per questo che quando arrivo alla fine dell'ultimo episodio sento che ne è valsa la pena.
E sinceramente ho anche voglia di ricominciare, ma no, non intendo rivedere la serie per mesi, perché se la rivedessi sempre non ci sarebbe gusto. Ovvio, sarebbe sempre bella, ma io The Untamed me lo voglio godere con calma, nel tempo. È per questo che io non rivedo mai le scene di questa serie, neanche le mie preferite. Quando ho voglia di rivedere la serie la rivedo, e quando l'ho finita, stop, grazie e arrivederci.
Quindi la prossima volta che rivedrò The Untamed non mi guarderò gli episodi uno dietro l'altro, tutti concentrati nel giro di una settimana. Sarà una visione graduale, per godermelo meglio e metabolizzare bene gli avvenimenti.
Per esempio, stavolta, quando finivo un episodio non mi tenevo l'ansia per il successivo, perché tanto lo vedevo subito, e così ho notato che preferisco vedermi uno o due episodi al giorno, in modo da tenere l'adrenalina bella alta.
Detto ciò, voglio buttarmi su una serie di punti per mettere nero su bianco quello che più mi ha colpito in questo secondo rewatch:
Prima di tutto, posso dire che questa volta ho guardato la serie con molta più razionalità e consapevolezza. La prima volta che ho visto The Untamed è stata indimenticabile, ho provato emozioni pazzesche e bellissime, ma che a volte mi portavano a non vedere l'obiettività delle cose, o a non vedere le cose in modo completo.
Mi ricordo bene che al tempo (si parla di otto mesi fa) ero ESTREMAMENTE empatica con Wuxian, quindi mi arrabbiavo davvero tanto quando vedevo Jiang Cheng scontrarsi con lui. Sono sempre molto empatica con Wuxian, ma ho imparato a scindere le emozioni personali, e ad oggi posso dire di avere una buona comprensione del personaggio di Jiang Cheng, e che non sono più minimamente arrabbiata con lui.
Questa terza visione della serie mi ha fatto capire una cosa che già intuivo: ho sempre voluto stilare una classifica dei dieci personaggi preferiti di The Untamed, ma mi sono resa conto che, almeno per me, è praticamente impossibile. Alcuni sono fissi, ma altri variano perché ogni volta che vedo la serie i personaggi mi colpiscono in maniera differente, quindi decidere una classifica che sia sempre valida è davvero difficile.
Io lo dico: Shijie non è un personaggio psicologicamente interessante ai miei occhi, ma è di certo uno di quelli che mi ha fatto piangere di più. È sempre stato così, e questa cosa mi piace molto. Trovo il suo amore verso i suoi fratelli davvero commovente, così come il suo desiderio di tenere la famiglia unita.
Per quanto riguarda la sua morte, lo so, si è un po' suicidata andando sul quel campo di battaglia, ma cavolo, SE FOSSI STATA IN LEI AVREI FATTO LA STESSA COSA.
Si riuniscono tutti contro mio fratello e probabilmente questa è l'ultima possibilità che ho di dirgli che gli voglio ancora bene nonostante tutto? Cazzo, pure io sarei corsa su quel campo.
E comunque nella scena della caccia è stata mitica.
Wuxian. Non c'è niente da fare: lo amo. Non c'è altro da dire.
Lan Zhan: miglior personaggio di The Untamed. E muti.
WangXian. Ancora devo conoscere una storia d'amore che mi piaccia più di questa. Penso che aspetterò per sempre. Non comincio neanche a elencare tutte le scene adorabili tra loro due sennò faccio notte, ma questa la devo citare perché rimane la scena madre della serie:
Colonna sonora: non ci sono parole per dire quanto la trovo bella.
Amo Jin Ling, Sizhui e tutti i discepoli. Sono davvero una ventata di freschezza, e il loro rapporto con Wuxian è adorabile.
Signora Yu: Queen del mio cuore per l'eternità. Tra l'altro, mi ricordo di averla odiata non poco la prima volta. Ora? Pfff. Ora la amo e basta.
L'ho già detto e lo ripeto: il sorriso finale di Wuxian vale tutto.
Jin Guangyao e Xue Yang rimangono due villain con i controcazzi. Li amo un sacco entrambi.
Curiosità: non riesco a vedere la morte di Xue Yang senza piangere.
Voglio un uomo che mi guardi come Lan Zhan guarda Wuxian. È meraviglioso. Mi ha sciolto il cuore. E adoro come Lan Zhan dimostri tutto il suo amore non con le parole, bensì con i fatti. Ha letteralmente salvato Wuxian, dopo che lui ha portato la gioia nella sua vita.
CIOÈ, MA SI PUÒ???
(E comunque una parte di me non ha potuto fare a meno di pensare che Wang Yibo fosse davvero innamorato di Xiao Zhan, perché sennò non si spiega. Qui gatta ci cova XD)
Ho trovato alcuni momenti un po' troppo lunghi. Sono solo alcuni, e in generale il drama scivola via bene. Tra l'altro mi sono stupita perché in soli quaranta minuti di puntata sembravano succedere un sacco di cose, e questo mi è piaciuto molto. Ma ci sono state 2/3 scene che potevano essere tagliate di qualche minuto, come quando in uno degli episodi finali arriva Wen Ning brandendo la sciabola di Nie Mingjue, e Wuxian deve calmare lo spirito della sciabola e metterla nella tomba. Per fare ciò ci si impiega una cosa come 12 minuti: troppo.
Il finale. In generale mi piace come si chiudono tutte le storyline, la mia preferita è quella tra Wuxian e Jiang Cheng. Riguardo Wuxian e Lan Zhan, manca (per ovvie ragioni) un pezzo in cui i due si parlano e chiariscono i propri sentimenti. Ammetto che la cosa non mi secca più di tanto, perché la serie ha fatto un lavoro davvero mostruoso riuscendo a mostrarci l'amore senza mai dirlo con le parole, quindi mi sento molto appagata anche solo con gli sguardi. Ma devo anche ammettere che se ci fosse stata una vera e propria dichiarazione d'amore sarebbe stato perfetto. Il finale di The Untamed, per come ci viene mostrato, non è facile da capire a un primo sguardo (perché i dialoghi tra i due protagonisti sono quasi ZERO), e bisogna interpretarlo, ma considerando i limiti di cui dovevano tener conto credo che abbiano comunque fatto un buon lavoro.
Questo commento dimostra quanto questa serie mi abbia fatto impazzire, visto che già avevo scritto vari commenti nei mesi precedenti.
Devo ammettere un'ultima cosa: ho impiegato più tempo a scegliere le gif da usare che a scrivere il commento stesso.
Ecco perché dovrei fare pulizia in galleria XD.
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Koh Samed, le pasticcerie ambulanti e un anno da dimenticare
Questa mattina ho aperto per sbaglio la cartella delle bozze, una sorta di cassetto dove finiscono tutti i racconti che per un motivo o per l'altro non ho mai condiviso, e ho trovato una serie di pensieri sconclusionati che riletti a oltre 7 mesi di distanza hanno più senso di quando li buttai giù. Non è la prima vota che vi avverto quando sul diario metto un post che non ha né capo né coda.
Questo è uno di quelli, pensieri sparsi, senza ordine logico o cronologico.
Questo post è stato scritto in 3 momenti diversi: a fine dicembre 2019, quando ero comodamente seduto sulla veranda del piccolo bungalow a Koh Samed, in vacanza con i miei all'inizio di febbraio2020, quando si iniziava a parlare di Covid 19 (anzi di Coronavirus) e i miei erano giunti alla fine del loro soggiorno in Thailandia e oggi, a una decina di giorni dal mio XYesimo complenanno. Quello che state leggendo però non segue necessariamente un ordine cronologico preciso.
Fra pochi giorni, salvo imprevisti ovviamente, sarò di nuovo a Koh Samed, per la prima volta in 7 mesi e da lì passerò a Koh Kud (o Koh Kood), per la prima volta dopo 10 anni. Ho voglia di ritrovare quella che ho sempre detestato, la normalità!
E allora la mente vola e mi chiedo se a Samed potrò riassaporare quel senso di spensieratezza pre-pandemia. Non ci saranno i miei ma non ci saranno neppure molti degli amici che lavorano sull'isola da anni, chi bloccato fuori dal paese, chi tornato a casa perché sull'isola manca il lavoro. E mi chiedo se il post sulle "pasticcerie ambulanti che volevo scrivere a dicembre avrebbe ancora senso. Tante volte da Koh Samed avrei voluto parlarvi delle "pasticcerie ambulanti"... le avete mai viste?
Chi non è mai stato in Asia potrebbe far fatica ad immagianrsi una cucina-mobile. I ristoranti di strada, con cucine attrezzate montate su 2 ruote, sono la normalità da queste parti, con trabiccoli che spostano interi ristoranti, cucina, tavoli e sgabelli. In Thailandia ci si imbatte spesso in ristoranti mobili, spesso specializzati in noodles, altre volte in pollo fritto o spiedini alla brace. Ora vanno di moda quelli che preparano piatti tipici Isaan. Ma quanti di voi conoscono le pasticcerie nomadi?
La prima volta che ne ho vista una ero proprio a Koh Samed e per un goloso come me era come fosse un'oasi nel deserto. Il profumo dello zucchero lo sentii da lontano. E non posso non pensare a lui, l'abile pasticcere senza forno e senza frigo, il compagno di tante scorpacciate al chiaro di lune, Lan. Sarà ancora a Ao Tubtim? Quando ci siamo conosciuti era ben più giovane anche se è probabilmente la vita che conduce e il sole a farlo sembrare pi vecchio di quanto non sia. Quando lo incontrai la prima volta era appena sbarcato sull'isola con il fratello più piccolo e un cugino. Cercavano "fortuna" o meglio fuggivano dalla miseria del loro paese. Si vergognavano a dire che non erano tailandesi ma non volevano neppure che venissero scambiati per cambogiani. Essere birmani era (ed è tutt'ora) al tempo stesso motivo di vergogna e orgoglio. Non avendo trovato un lavoro se ne inventarono uno: pasticceri da spiaggia!
A distanza di 9 anni (ora quasi 10) Lan era ancora lì a Samed quando arrivammo in spiaggia, io, mia madre e quello "zucchero-dipendente" di mio padre. Ora è sposato e ha una bellissima bimba. Il fratello è tornato in Birmania dopo essersi sposato con una giapponese - e Dio solo sa come se la sta passando ora che in Birmania a causa del Covid vige ancora il coprifuoco e le frontiere sono bloccate. C'è così tanta disperazione che stanno sacceggiando pure i templi di Bagan! Con il cugino ha (o forse dovrei dire aveva) in mano il monopolio dei ROTI di Koh Samed.
Il roti è una sorta di pane tipico dell'Asia meridionale di cui ne esistono molte varienti sia per il tipo di farina usato, sia per la modalità di cottura sia per l'uso che ne viene fatto. Quello indiano è sbarcato in Malesia (dove accompagna molti piatti tipici a base di curry) nel sud della Thailandia (dove viene servito caldo insieme alle zuppe di curry verde) e in Birmania (dove è spesso servito come dolce).
Lan la sua fortuna la deve proprio all'essere birmano e all'aver portato con sè l'abilità di preparare i roti dolci.
Tutti i giorni prima del tramonto spinge(va) il suo carretto sulla spiaggia. Accende il fornello sotto la piastra di metallo leggermente concava e unge accuratamente il piano sul quale prepara i sui roti. Arriva con le pallette di pasta già pronte, in bella mostra sul carrello, accanto a zucchero, marmellate e gelatine, banane fresche, sciroppi e Nutella.
Un cliente tira l'altro. Le mani abili di Lan si muovono in completa autonomia senza bisogno che gli occhi controllino quello che fanno. La gente lo guarda affascinata dalla maestria con cui con pochi colpi sicuri trasforma le pallette in sottilissime sfoglie pronte da essere cotte sulla piastra rovente. Un po' di burro rende più croccante il roti che una volta cotto viene adagiato su un piattino di carta e guarnito a seconda del gusto personale dei clienti. Con 30-60 Baht, a seconda di quello che si ordina, si va via sorridenti.
A me non chiede più cosa voglio. Sa bene che se vado prima del tramonto è per prendermi il roti con limone e zucchero mentre se vado dopo cena la scelta è sempre banana e Nutella. Sorride e mi parla in tailandese facendo un po' di gossip sui clienti stranieri che ci stanno intorno. Mi racconta del fratello e mi confida che anche lui un giorno tornerà nella cittadina del nord della Birmania dove aveva lasciato la mamma oramai anziana alla quale ogni mese mandava quello che poteva per aiutarla. Sorrideva pensando che la sua vita sull'isola era ben più dignitosa di 9 anni fa ma era triste e si sententiva in colpa visto che la mamma era morta e lui non era riuscito a rivederla e ad andare al funerale.
Quando anche l'ultima palletta di pasta è stata servita spegne il fuoco, pulisce la sua pasticceria ambulante e riporta il carretto a casa dove lo aspettano moglie e figlia. Mi saluta dicendo "See you tomorrow Pi (che in tailandese significa fratello maggiore)" anche quando il "tomorrow" magari è fra 2 o 3 mesi, o 7 come in questo caso, sempre che sia ancora lì e non sia stato deportato come è invece accaduto a tanti suoi connazionali.
Partire, lasciare il paese in cui si è nati, salutare amici e parenti sembra semplice quando sogniamo una vita all'estero, quando il paese dove siamo nati ci sta stretto. Quando poi il sogno si avvera si vedono le cose da altre angolazioni e qualche volta la nostalgia diventa pesante, soprattutto durante le feste.
La pasticceria mobile di Lan ha le ruote e sicuro che lo seguirà ovunque decida di trasferirsi e fintanto che non tornerà a casa sua, nel paese dove è nato. Io non ce l'ho un carretto da spingere ma in questo periodo mi chiedo spesso se e quando tornerò in Italia, se e quando rimetterò le radici nel paese in cui sono nato.
È nella separazione che si sente e si capisce la forza con cui si ama. Fëdor Dostoevskij
Vi lascio con un video MOLTO LUNGO in cui si parla anche di Koh Samed... e dove a distanza anche i miei dicono la loro su questa bellissima isola.
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Cosa mi manca esattamente?
Mi manca qualcosa, non solo felice.
A dire il vero le cose che mi mancano sono tante partendo una una bella nottata di sonno intenso. Ultimamente la notte non dormo, compenso di giorno e di conseguenza poi non ho sonno la sera si, ma quando provo a dormire seriamente mi sveglio tutta sudata e con la tachicardia dopo appena tre ore.
Quando ero al primo superiore, un ragazzo che abitava a 1250km da me mi aveva cervato su Instagram chiedendomi se mi chiamavo davvero come il nickname che avevo, perché in quel caso avevano lo stesso nome (era un nick particolare), da li abbiamo cominciato a parlare ed è sempre rimasto nella mia vita. Tra di noi ci sono stati dei trascorsi ma eravamo troppo lontani per per prendere un impegno, questo è quello che gli avevo detto io. Ora lui è fidanzato e io continuo con la mia banalissima vita, ma nelle sere più brutte lo chiamo, di solito verso le 3 di notte tanto so di trovarlo sveglio e se anche così non fosse, non si tirerebbe mai indietro, non mi direbbe mai di no. La maggior parte delle volte lo chiamo piangendo e lui inizia a dire cose stupidissime per farmi ridere e finiamo con lo staccare nelle mattinate. Ci sentiamo poco, forse 6\7 volte all’anno, è come se fosse il mio bonus di felicità e non voglio sprecarlo. Nessuno dei miei ‘amici’ sa della sua esistenza, lui è una cosa mia, il mio piccolo segreto felice e non voglio che nessuno lo sappia. L’altra sera gli ho mandato un messaggio ma era con la ragazza super gelosa e quindi mi ha detto che mi avrebbe cercato lui il giorno dopo, non lo ha fatto.
Io e mi miei fratellastri non abbiamo mai avuto un buon rapporto. Mio padre prima era sposato con un’altra donna e avevano due figli, la femmina di 15 anni e il maschio di 6, quando mio padre se ne andò da quella casa, passò poco prima che conoscesse mia madre e io arrivati altrettanto presto. Ogni volta i poveretti, quelli capiti, compresi e coccolati sono quelli abbandonati, nessuno pensa mai a quelli nuovi trovatosi in situazioni assurde senza nemmeno volerlo. La grande non mi ha mai sopportata, penso mi vedesse come la causa definitiva della separazione dei suoi, con il piccolo beh, non posso dire di aver avuto certamente la figura del classico fratello maggiore protettivo ecc, non mi odia ma non mi ha mai considerata molto. La grande è sposata, ha due figli, viene ogni settimana con le unghie rifatte alla perfezione e senza un filo di ricrescita, ma poi viene a chiedere i soldi al papino per vestire i suoi figli che ha le tasche vuote, e preciso che arriva andando direttamente dal padre; io vengo considerata solo quando c’è da fare del gossip, solitamente su di me e con tanta, tanta cattiveria. Il ‘piccolo’ è fidanzato da qualche hanno con una figlia di dottore, è padrino dei figli della grande, ed è stato preso come carabiniere. Come ho già detto non mi ha mai considerata tanto, non abbiamo mai avuto una vera conversazione e quando salgo in macchina con lui ,che magari mi da un passaggio per andare da qualche parte, c’è sempre silenzio. L’altro giorno era a casa nostra e stavamo parlando con mio padre e io in casa ho l’abitudine di parlare in dialetto (ovviamente lui non sa che lo faccio solo a casa dal momento che non abbiamo alcun tipo di rapporto), stavo parlando e ad un certo punto si gira verso di me, mi guarda fisso negli occhi e mi dice ‘ma perché parli così, sei villana!’. La prima cosa che ho pensato è stata ‘cavolo forse è la prima volta che mi parla e ha da dirmi solo questo’, ho aspettato qualche secondo poi l’ho guardato e sorridendogli gli ho detto un bel ‘grazie fratellino’, ovviamente mio padre era d’accordo con lui e dopo qualche minuto, appena la conversazione si spostò su altro, sono andata in camera e presa di collera mi sono addormentata per svegliarmi dopo circa due ore alla solita maniera. Il giorno dopo è tornato con la sua perfetta fidanzata ricca e aggraziata e io me ne sono uscita un italiano perfetto, mi ha chiesto che operatore avessi e se mi trovavo bene perchè lui aveva delle schede da regalare. Io da lui non voglio niente. Che si sia accorto della mia reazione e volesse rimediare? dovrebbe rimediare a 18 anni di discriminazioni da entrambi i fratelli prodigio e una scheda telefonica non risolve nulla. A causa del coronavirus non potrò festeggiare i miei 18 anni e non ne sono mai stata così felice, ho litigato tante volte con mio padre per non invitarli e ora in una maniera o nell’altra non li avrò accanto in questo giorno.
Non lo so cosa mi sia preso ieri sera, forse mio fratello e le sue schede telefoniche, forse la mancaza di considerazione del mio ‘amico di penna’ o forse per la quantità infinita di compiti che avrei dovuto fare, ma ho sentito la necessità ancora una volta di scappare e di sentire qualcosa di positivo. Intorno alle 11 di sera ho iniziato un nuovo libro e alle 9 di questa mattina stavo leggendo le ultime righe, altra notte in bianco. Ho provato a dormire subito dopo, ma ho immaginato scenari dove il mio amico di penna annullava le distanze e veniva qui da me, in questo periodo ne sto risentendo davvero parecchio, quando stavo per addormentarmi mia madre ha iniziato ad urlarmi contro per non so bene quale motivo e mi sono dovuta alzare.
Ho un senso di nausea che non mi fa scendere niente giù per lo stomaco e un forte vuoto nel petto, nemmeno i miei libri pieni di gioie e amori hanno saputo alleviare le mie pene, non sono riuscita a mangiare nulla a pranzo. Sento la forte mancanza di qualcosa nella mia vita e non riesco a ignorarlo, vorrei alzarmi e prendere la situazione in mano ma non ne varrebbe la pena, e poi cosa cerchi se non sai esattamente cosa ti manca?
09/05/2020 14:17
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SKAMIT:
3.3. VENERDÌ 29 MARZO 2019, 22:08
(For English translations 👉 @skamitaliasubs)
F: Amo’? Come mi sta? È nuova.
Ele: Bene.
F: Dai, manco mi hai guardato! Levi ‘sto cellulare? Stai sempre con questo.
Ele: Ma stai uscendo tu?
F: Sì, perché?
Ele: Allora, se ti chiamano le mie amiche, mi raccomando, digli che noi stiamo a casa con mamma, ok?
F: Sì, sì, sì.
Ele: No, Filo, è importante.
F: Ho capito, ho capito.
Ele: Ci stai bene. Fica la giacca.
F: Ok. Senti, ma perché non esci con me anche tu?
Ele: Non mi va.
F: E dai, e dai.
Mi vogliono tutti più bene quando esci con noi.
Ele: Addirittura?
F: Sì.
Ele: Non mi va. Sono stanca.
F: Uffa. Ma passi la serata a guardarti i tutorial di giardinaggio pure oggi?
Ele: Stronzo. Vai.
F: Ok. Ciao.
Ele: Stai benissimo. Sei bellissimo.
F: Sì, ciao.
Ele: Ciao.
[Nota vocale di Ev: Ele, non puoi capire, cioè ti prego, qua è successo un casino. Silvia ha parlato con Edo, adesso si è chiusa in bagno. Non fa entrare nessuno, sta piangendo da un’ora. Richiamami quando ascolti, Ele!]
[Risponde la segreteria telefonica]
Ragazzo: Tiralo fuori tutto, tiralo fuori tutto!
Ele: Cosa?
Elia, Elia! Dov’è Silvia? Silvia, Silvia! Silvia.
El: Su una bici in fondo alle scale mobili.
Ele: Eva!
Ev: Oi, Ele!
Ele: Che sta succedendo?
Ev: Questi due stronzi non mi vogliono far andare a salutare Gio.
M: No, no. Io ho detto, non lo salutare mentre si pacca la ragazza.
Ev: Ma se io lo voglio salutare, ma che ti frega a te! Scusami, eh. No?
Ele: Perché non mi hai risposto alle chiamate?
Ev: Perché c’ho il telefono in silenzioso, Ele.
Ele: Ho capito, ma non importa. Silvia? Silvia?
Ev: Silvia se n’è andata. Ma da mo che se n’è andata Silvia, eh. Con le altre.
Ele: Cos’è successo?
Ev: Allora praticamente è andata là a parlare con Giovan- con Edoardo, scusa. Gio! Oi. Ciao!
G: Oh.
Eva, ti ricordi Sofia?
Ev: Certo che me lo ricordo. Indimenticabile.
G: Sì.
Ev: Senti se te lo perdi, comunque, non ti preoccupare, perché lui sta in bagno con qualche amico suo a fumare l’erba.
G: No, no, non fumo più.
Ev: Sì che fumi.
G: No, non fumo più.
Ele: Eva, non fa niente. Mi tieni la giacca, per favore?
Ev: Certo. Abituati perché lui...
Ed: Ei. Sei venuta alla fine.
Ele: Si può sapere che le hai detto?
Ed: A chi?
Ele: A Silvia! Se ne è andata in lacrime.
Ed: Che le ho detto, che ne so.
Ele: Eh.
Ed: È venuta da me, mi ha chiesto se ero tornato con la mia ex di Milano.
Ele: E?
Ed: E niente le ho detto di no, che ci eravamo solo visti. Poi ha provato a baciarmi e le ho detto che non ci stavo.
Ele: E di me?
Ed: Di te?
Ele: Di me che le hai detto?
Ed: E te chi sei, scusa?
Chicco: Oh, c’abbiamo le guardie alla porta.
Ed: Cazzo dici?
Ch: Due guardioni.
Ed: Ma che cazzo dici?
Ch: Non sto scherzando, zi’.
Ed: Vai a dire di spegnere la musica.
Ch: Ok.
Poliziotto: Buonasera.
Ed: Buonasera.
Pol.: Lei è il padrone di casa?
Ed: Sì.
Pol.: Abbiamo ricevuto delle telefonate dai suoi vicini.
Ed: Sì. Sì, scusate. Abbiamo già spento la musica. Quindi...
Pol: Allora non ci siamo spiegati.
Ed: Va bene, ok. Ho capito. Adesso mando via tutti.
Pol: Bene. Noi aspettiamo là.
Ed: Ok. Grazie, scusate.
Rega’. Festa finita, tutti fuori, su!
Tutti: No!
Ed: Eh, lo so. Mi dispiace, dai.
Dai, veloci!
Ele: Eva dove sei?
Ch: Stiamo andando all’EUR, stai a veni’?
Ed: Sì mo vedo.
Ele: Eva? Eva? Eva?
Eva? Eva dove sei?
Ed: Oh, zi’.
F.o: Se beccamo all’EUR, ok?
Ed: Sì, sì. Ciao.
Ele: Oddio, Eva.
Ed: Ei. Sei ancora qua?
Ele: Sì, Eva se ne è andata con la mia giacca, col cellulare, le chiavi, tutto.
Ed: Aia. Vabbè, come ti posso aiutare?
Non risponde?
[Ele scrive: Filo, sono Ele. Mi chiami a questo numero appena leggi?]
Ele: No, gli sto scrivendo un messaggio.
Ed: Quindi?
Ele: Senti, posso chiederti se puoi prestarmi venti euro così prendo un taxi e me ne vado?
Ed: Se non te li do?
Dai, sto scherzando. Certo.
Ele: Grazie.
Ed: Però scusa come fai a entrare a casa se non hai le chiavi?
Ele: Aspetto mio fratello che torna.
Ed: Dove?
Ele: Sotto casa?
Ed: Sì e secondo te ti lascio andare alle due di notte così da sola?
Ele: Non ho bisogno del tuo permesso.
Ed: Però hai bisogno dei miei soldi.
Dai, scherzo.
Senti, facciamo così.
Cosa fai lì in piedi? Siediti.
Facciamo così: aspettiamo che risponda tuo fratello e poi ti accompagno io a casa.
Mh?
Ele: Ok.
Ed: Intanto ti va un po’ di vino?
Ele: No.
Ed: Non ti fidi?
Ele: No.
Ed: Ok.
Ele: Beh, posso aiutarti a sistemare un po’ di cose.
Ed: No, vai tranquilla, sistemo io domani.
Ele: Ma non tornano i tuoi?
Ed: No.
Ele: Abiti da solo?
Ed: Sì, più o meno.
Ele: Cioè?
Ed: Cioè che mio padre lavora fuori, mio fratello vive fuori e tornano ogni tanto.
Ele: Grazie.
Ed: Prego.
Ele: E... Senti, io devo chiederti scusa per una cosa.
Ed: Addirittura?
Ele: Sono seria.
Ed: Ok, dimmi.
Ele: Io non sapevo che... Che tua madre...
Altrimenti non avrei mai detto quelle cose, veramente, scusa.
Ed: Tranquilla.
Però grazie.
Dai, fatti offrire qualcosa. Anche di non alcolico.
Ele: No.
Ed: Dai! Che cosa ti va?
Ele: Grazie.
Ed: Tisanina?
Scusa.
Ele: Ha risposto Filippo?
Ed: No. Non ti fidi? Guarda.
[Video di F.o che dici: Oh, ma ‘ndo cazzo sei? ‘Ndo sei? Chicco Rodi! Chicco Rodi!]
Ele: No, ma se vuoi vai cono loro, veramente. Io mi prendo un taxi.
Ed: Limone o zenzero?
Ele: Non lo so.
Ed: Vai, limone.
Ele: No!
Ed: Ti sta bene.
Ele [imitandolo]: Ciao, sono Edoardo Incanti e mi fate tutti un po’ schifo!
Ed: Sei uguale.
Ele: Lo so. Però mi manca qualcosa.
Ed: Cioè?
Ele: I tuoi meravigliosi riccioli.
Ed: Ti piacciono proprio i miei capelli, eh?
Ele: Di’ la verità. Tu alle medie eri pazzo di “Tre metri sopra il cielo” e hai copiato il look a Scamarcio.
C’ho preso?
Ed: Beccato, sì.
Ele: Questa?
Ed: Sembrerebbe una chitarra.
Ele: No. Questa è l’arma finale.
Ed: Per che cosa, scusa?
Ele: Certo. Tu prima fai lo stronzo con le ragazze, poi te le porti a casa, gli canti una bella canzoncina dolce così loro poi dicono: “Oddio! Edoardo Incanti - che lato sensibile! Ha anche un cuore!”
Sì, sì.
Ed: E tu per chi suoni invece?
Ele: Non so suonare.
Ed: Neanche cantare da quello che mi ricordo.
Ele: E vabbè.
Ed: Posso suonare io per te.
Ele: Sì, ma non sono una ragazza da portarti a letto.
Ed: Tranquilla, ho dei brani per ogni tipo di ragazza.
Ele: Vediamo, vai.
Ed: Ok.
Ele: Così le ragazze le fai addormentare però.
Ed: Vabbè, un attimo.
Ele: Ah. Aspetto.
[Ed canta “Creep” - Radiohead]
[Squilla il telefono]
Ed: Credo che sia per te.
Ele [al telefono]: Filo? Filo?
F: Ei, io sto tornando a casa, tu?
Ele: È successo un casino, poi ti spiego.
F: Ma sei alla festa? Se vuoi ti passo a prendere.
Ele: Tranquillo, ci sentiamo dopo. Ciao.
Ed: Qualche problema?
Ele: Niente, sta a una festa a Viterbo. Non ho capito.
Ed: Ok. Vuoi dormire qua?
Ele: Sì. Ma non con te.
Ed: Ok, forse è meglio che tu non dorma qua.
Ele: Mh. Mi sa.
Camera di tuo padre?
Ed: È chiusa a chiave. Dall’ultima festa.
Però, dai, dormi da me io vado sul divano.
Ok?
Ele: Ok.
Ed: Le lenzuola sono pulite. Io non c’ho dormito, quindi... Non lo so, se vuoi una maglietta, pantaloncini...?
Ele: No, no. Tanto dormo sopra.
Ed: Ok. Allora... Buonanotte.
Ele: Buonanotte.
No, dai.
Ed: Che c’è?
Ele: Niente, mi dispiace che dormi giù.
Ed: Non è che adesso ci stai provando tu con me?
Ele: No, assolutamente. Però non mi va di cacciarti dalla tua camera.
Ma mi fai istituire delle regole.
Ed: Ok. Di che tipo?
Ele: Tipo... Tipo che questa è la tua parte, questa è la mia. Ecco. Suggerisco anche di fare una piccola barriera di cuscini. Giusto per stare più sicuri, ecco. Vedi.
Ed: Ok.
Domani che cosa vuoi per colazione?
Ele: Non faccio colazione qui domani.
Ed: Ok. Cappuccino e cornetto, mi sembra un’ottima idea.
Ele: Quanto sei banale.
Ed: Lo sai, sono molto prevedibile.
Ele: No, sei solo un meraviglioso cliché.
Ed: Che ci vuoi fare, la mia infanzia è stata difficile... Mio papà non veniva mai alle partite di calcio... Lo scotch da pacchi.
[Arriva messaggio]
Ele: Chi è, qualcun altro che devi picchiare?
Ed: No. Veramente è tuo fratello che chiede quando torni perché si è stancato di aspettarti.
Ok, rispondo io.
“Sono talmente innamorata di Edoardo che non riesco a uscire dal suo letto...”
Ele: No. No!
Dammi il telefono.
Ed: No.
Ele: Sì. Rispondo io.
Ed: Cosa stai facendo? Sei nella mia metà del letto. Vai nella tua. Così violi le regole. Vai. Vai.
Ele: Fammi rispondere.
Ed: No.
Ele: È mio fratello.
Ed: No.
Ele: Voglio rispondere io.
Ed: No, torna nella tua metà. Vai.
Ele: No.
Ed: Vai.
Ele: Digli che torno domani.
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Clip 3.3 - Digli che torno domani
F: Amo'. Come mi sta? È nuova.
E: Bene.
F: Dai, neanche mi hai guardato. Levi sto cellulare? Stai sempre con questo.
E: Ma stai uscendo tu?
F: Sì, perché?
E: Allora, se ti chiamano le mie amiche, mi raccomando, digli che noi stiamo a casa con mamma, ok?
F: Sì, sì, sì.
E: No, Filo, è importante.
F: Ho capito, ho capito.
E: Stai bene. Figa la giacca.
F: Ok. Senti, ma perché non esci con me anche tu?
E: Non mi va.
F: E dai, e dai. Mi vogliono tutti più bene quando esci con noi.
E: Addirittura?
F: Sì.
E: Non mi va. Sono stanca.
F: Uffa. Ma passi la serata a guardarti i tutorial di giardinaggio pure oggi?
E: Che stronzo. Vai.
F: Ok. Ciao.
E: Stai benissimo. Sei bellissimo.
F: Sì, ciao.
E: Ciao.
EVA: Ele, non puoi capire, cioè ti prego, qua è successo un casino. Silvia ha parlato con Edo, adesso si è chiusa in bagno. Non fa entrare nessuno, sta piangendo da un'ora. Richiamami quando ascolti, Ele.
[ Segreteria telefonica... ]
[ Informazione gratuita: la chiamata è stata trasferita... ]
RAGAZZO: Tiralo fuori tutto, tiralo fuori tutto!
E: Cosa?
Elia, Elia! Dov'è Silvia? Silvia? Silvia? Silvia?
ELIA: Sulla bici in fondo alle scale mobili.
E: Eva! Eva!
EVA: Oi, Ele?
E: Che sta succedendo?
EVA: Questi due stronzi non mi vogliono fare andare a salutare Gio.
M: No, no. Io ho detto, non lo salutare mentre si pacca la ragazza.
EVA: Ma se io lo voglio salutare, ma che ti frega a te? Scusami, eh. No?
E: Perché non mi hai risposto alle chiamate?
EVA: Eh, perché c'ho il telefono in silenzioso, Ele.
E: Ok, non importa. Silvia? Silvia?
EVA: Silvia se n'è andata. Ma da mo che se n'è andata Silvia, eh. Con le altre.
E: Che è successo?
EVA: Allora praticamente è andata là a parlare con Giovanni...con Edoardo, scusa. Gio! Oi.
G: Ciao.
EVA: Ciao.
G: Eva, ti ricordi Sofia?
EVA: Certo che me la ricordo. Indimenticabile Sofia.
G: Sì.
EVA: Senti, se te lo perdi, comunque, non ti preoccupare, perché lui sta in bagno con qualche amico suo a fumare l'erba.
E: Eva.
G: No, no, non fumo più.
EVA: Sì che fuma.
G: No, non fumo più.
E: Non fa niente. Mi tieni la giacca, per favore?
EVA: Certo. Abituati perché lui...
EDO: Ehi. Sei venuta alla fine.
E: Si può sapere che le hai detto?
EDO: A chi?
E: A Silvia! Se n'è andata in lacrime.
EDO: Che le ho detto? Che ne so.
E: Eh.
EDO: È venuta da me, mi ha chiesto se ero tornato con la mia ex di Milano.
E: E?
EDO: E niente, le ho detto di no, che ci eravo solo visti. Poi ha provato a baciarmi e le ho detto che non ci stavo.
E: E di me.
EDO: Di te?
E: Di me che le hai detto?
EDO: E tu chi sei, scusa?
C: Edo. Zì, c'abbiamo le guardie alla porta.
EDO: Che cazzo dici?
C: Due guardioni.
EDO: Ma che cazzo dici?
C: Non sto scherzando, zí.
EDO: Oh, vai a dire a Fede di spegnere la musica.
C: Ok.
Ci stanno le guardie. Togli la musica.
POLIZIOTTO: Buonasera.
EDO: Buonasera.
P: Lei è il padrone di casa?
EDO: Sì.
P: Abbiamo ricevuto delle telefonate dai suoi vicini.
EDO: Sì, scusate. Abbiamo già spento la musica, quindi...
P: Allora non ci siamo spiegati.
EDO: Va bene, ok. Ho capito. Adesso mando via tutti.
P: Bene. Noi aspettiamo là.
EDO: Ok. Grazie. Scusate, eh.
Regà. Festa finita, tutti fuori, su!
[ No! ]
EDO: Eh, lo so. Mi dispiace, dai. Dai, veloci!
E: Eva! Eva! Eva!
C: A zì, stiamo andando all'EUR, stai a venì?
EDO: Sì, mo vedo.
C: E dai. Daje, daje.
E: Eva! Eva! Eva! Eva! Eva, dove sei?
EDO: Oh, zì. Veloce, dai.
FE: Dai sì, frà. Vado. Se beccamo all'EUR, ok?
EDO: Sì, sì. Ciao.
E: Oddio, Eva
EDO: Ehi. Sei ancora qua?
E: Sì, Eva se n'è andata con la mia giacca, col cellulare, le chiavi, tutto.
EDO: Ahia. Vabbè, come ti posso aiutare?
Non risponde?
E: Filo, sono Ele. Mi chiami a questo numero appena leggi?
E: No, gli sto scrivendo un messaggio.
EDO: Quindi?
E: Senti, posso chiederti se puoi prestarmi venti euro così prendo un taxi e me ne vado?
EDO: E se non te li do?
Dai, sto scherzando. Certo.
E: Ok.
EDO Però scusa come fai a entrare a casa se non hai le chiavi?
E: Aspetto mio fratello che torna.
EDO: Dove?
E: Sotto casa.
EDO: Sì e secondo te ti lascio andare alle due di notte così da sola?
E: Non ho bisogno del tuo permesso.
EDO: Però hai bisogno dei miei soldi.
Dai, scherzo. Senti, facciamo così. Cosa fai lì in piedi? Siediti. Facciamo così: aspettiamo che risponda tuo fratello e poi ti accompagno io a casa. Mh?
E: Ok.
EDO: Intanto ti va un po’ di vino?
E: No.
EDO: Non ti fidi?
E: No.
EDO: Ok.
E: Be', posso aiutarti a sistemare un po’ di cose.
EDO No, ma tranquilla, sistemo io domani.
E: Ma non tornano i tuoi?
EDO: No.
E: Abiti da solo?
EDO: Sì, più o meno.
E: Cioè?
EDO: Cioè che mio padre lavora fuori, mio fratello vive fuori e tornano ogni tanto.
E: Grazie.
EDO: Prego.
E: Ehm… Senti, io devo chiederti scusa per una cosa.
EDO: Addirittura?
E: Sono seria.
EDO: Ok, dimmi.
E: Io non sapevo che…che tua madre…altrimenti non avrei mai detto quelle cose, veramente, scusa.
EDO: Tranquilla. Però grazie. Dai, fatti offrire qualcosa. Anche di non alcolico.
E: No.
EDO: Dai! Che cosa ti va?
E: Grazie.
EDO: Tisanina? Scusa.
E: Ha risposto Filippo?
EDO: No. Non ti fidi? Guarda.
[FE: Edo, ma ‘ndo cazzo sei? ‘Ndo sei? Chicco Rodi!]
E: No, ma se vuoi vai cono loro, veramente. Io mi prendo un taxi.
EDO: Limone o zenzero?
E: Non lo so.
EDO: Vai, limone.
E: No!
EDO: Ti sta bene.
E: Ciao, sono Edoardo Incanti e mi fate tutti un po’ schifo!
EDO: Sei uguale.
E: Lo so. Però mi manca qualcosa.
EDO: Cioè?
E: I tuoi meravigliosi riccioli.
EDO: Ti piacciono proprio i miei capelli, eh?
E: Di’ la verità. Tu alle medie eri pazzo di “Tre metri sopra il cielo” e hai copiato il look a Scamarcio. C’ho preso, eh?
EDO: Beccato, sì.
E: Questa?
EDO: Sembrerebbe una chitarra.
E: No. Questa è l’arma finale.
EDO: Per che cosa, scusa?
E: Certo. Tu prima fai lo stronzo con le ragazze, poi te le porti a casa, gli canti una bella canzoncina dolce così loro dicono: “Oddio, Edoardo Incanti! Che lato sensibile, ha anche un cuore!”
EDO: Dai.
E: Sì, sì.
EDO: E tu per chi suoni invece?
E: Non so suonare.
EDO: Neanche cantare da quello che mi ricordo.
E: E vabbè.
EDO: Posso suonare io per te.
E: Sì, ma non sono una ragazza da portarti a letto.
EDO: Tranquilla, ho dei brani per ogni tipo di ragazza.
E: Vediamo. Vai.
EDO: Ok.
E: Così le ragazze le fai addormentare però.
EDO: Eh, un attimo.
E: Ah. Aspetto.
-
EDO: Credo che sia per te.
E: Filo. Filo.
F: Ehi, io sto tornando a casa, tu?
E: È successo un casino, poi ti spiego.
F: Ma sei alla festa? Se vuoi ti passo a prendere.
E: Tranquillo, ci sentiamo dopo. Ciao.
EDO: Qualche problema?
E: Niente, sta a una festa a Viterbo. Non ho capito.
EDO: Ok. Vuoi dormire qua?
E: Sì. Ma non con te.
EDO: Ok, forse è meglio che tu non dorma qua.
E: Mh. Mi sa. Camera di tuo padre?
EDO: È chiusa a chiave. Dall’ultima festa.
Però, dai, dormi da me io vado sul divano.
Ok?
E: Ok.
EDO: Le lenzuola sono pulite. Io non c’ho dormito, quindi… Non lo so, se vuoi una maglietta, un pantaloncino?
E: No, no. Tanto dormo sopra.
EDO: Ok. Allora… Buonanotte.
E: Buonanotte. No, dai.
EDO: Che c’è?
E: Niente, mi dispiace che dormi giù.
EDO: Non è che adesso ci stai provando tu con me?
E: No, assolutamente. Però non mi va di cacciarti dalla tua camera. Ma mi fai istituire delle regole.
EDO Ok. Di che tipo?
E: Tipo… Tipo che questa è la tua parte, questa è la mia. Ecco. Suggerisco anche di fare una piccola barriera di cuscini. Giusto per stare un po' più sicuri, ecco. Vedi.
EDO: Ok.
Domani che cosa vuoi per colazione?
E: Non faccio colazione qui domani.
EDO: Ok. Cappuccino e cornetto, mi sembra un’ottima idea.
E: Quanto sei banale.
EDO: Lo sai, sono molto prevedibile.
E: No, sei solo un meraviglioso cliché.
EDO: Che ci vuoi fare? La mia infanzia è stata difficile, mio papà non veniva mai alle partite di calcio…lo scotch da pacchi.
E: Chi è? Qualcun altro che devi picchiare?
EDO: No. Veramente è tuo fratello che chiede quando torni perché si è stancato di aspettarti. Ok, rispondo io. “Sono talmente innamorata di Edoardo che non riesco a uscire dal suo letto.”
E: No. No! No, fermo, scusami.
EDO: Aspetta.
E: No, no. Dammi il telefono.
EDO: No.
E: Sì. Rispondo io.
EDO: Cosa stai facendo? Sei nella mia metà del letto. Torna nella tua. Così violi le regole. Vai. Vai.
E: Fammi rispondere.
EDO: No.
E: È mio fratello.
EDO: No.
E: Voglio rispondere io.
EDO: No, torna nella tua metà. Vai.
E: No.
EDO: Vai.
E: Digli che torno domani.
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Philippe Daverio, 69 anni, alsaziano di nascita e milanese di adozione, ha vissuto tante vite in una. Gli manca solo di andare nello spazio. Critico d'arte, saggista, autore-conduttore tv, animatore culturale, politico e instancabile viaggiatore. «Quello che mi piace di più? - fa eco alla domanda il professore seduto nel suo affascinante studio tra quadri, oggetti carichi di memoria, computer - quello che sto facendo ora, scrivere un libro a favore dell'Europa».
Roba da niente, insomma. Sempre avventure di un certo peso; chissà che cosa si immaginava della sua vita quand'era giovane. «Inizialmente, quando ero francese, volevo fare il funzionario pubblico. Diventato italiano ho pensato che era corretto campare. Credo alla Provvidenza e che se uno dà retta al piano di sopra la strada gli viene indicata».
Nato in Francia, si considera un immigrato?
«No, eravamo degli europei di base. In casa si parlavano tre lingue e due dialetti; mio nonno fece il servizio militare a Berlino e il mio prozio a Parigi, mio nonno era italiano, insomma una famiglia Ue. Siamo venuti qui per una grossa operazione immobiliare a Varese fatta da mio padre».
Che ricordi ha della sua educazione giovanile?
«Ho avuto una educazione ottocentesca in un collegio episcopale (mostra la foto, ndr). Ricordo ancora una severità assoluta. Alzarsi alle 5 del mattino, ritmo di vita durissimo, ogni giorno l'obbligo di giocare per mezz'ora a football. Penso ancora a quel pallone scuro e gelido, di cuoio, che quando ti colpiva portava via un pezzo di pelle. Ma quella scuola mi ha lasciato una formazione di base con la quale ho vissuto di rendita a lungo, una bella formazione per la crapa (testa in milanese, ndr). Nella provincia francese la borghesia veniva tutta formata lì, in quel luogo».
Può dipingere un ritratto di famiglia?
«Mio padre era piccolo e napoleonico come il suo nome, Napoleone appunto, molto grintoso e totalmente lumbard; parlava in alsaziano. Un suo prozio fece le Cinque Giornate di Milano. Come carattere ho preso da papà, ma forse di più dalla mamma, Aurelia, un colonnello molto umano e con una inclinazione a difendere il gusto».
Uno come lei non può non avere un po' di sangue nobile, o no?
«C'è l'elenco dei milanesi doc del XII secolo e il nome Daverio è già lì. Perciò non ho fatto altro che andare alla radice, come un salmone che ritorna alla fonte. Sento di appartenere a Milano, e me lo dice la memoria dei cromosomi. Che mi suggerisce pure che appartengo al posto di mio nonno, Berlino».
Sembrerebbe che alle origini ci tiene proprio...
«Per evitare che questo discorso sull'appartenenza fosse una pazzia letteraria, ho chiesto a mio fratello, il meno letterato, Paul, che è uno dei più noti chirurghi plastici svizzeri. Gli ho domandato ma quando sei a Berlino come ti senti? e lui mi ha risposto: A casa. Insomma lo sa pure mio fratello che non ha letto la letteratura guglielmina».
Non solo la provenienza, nella vita contano pure scelte e bivi, ne vuole rivelare almeno uno?
«Beh, quando ho deciso di mollare gli studi. Non mi sono laureato all'università Bocconi. Mi ero rotto, non avevo più voglia di stare lì. Ero sessantottino, come me diversi miei amici anche loro sessantottini non si sono laureati. Ho dato l'ultimo esame, non la tesi. Ho deciso di fare altro nella vita».
Qual è stato il suo primo lavoro?
«Lasciata l'università mi sono messo subito a fare il mercante d'arte. Prima l'ho fatto stando a casa, subito dopo ho aperto una bottega vera e propria nel centro di Milano. Allora fare questo era una cosa facilissima».
Milano è stata almeno un po' buona con Daverio?
«Una mattina sono uscito di casa e mi sono detto voglio trovare una bottega. Avevo 27 anni, ne ho parlato con mia moglie. Quel negozio l'abbiamo cercato in Montenapo, l'ho trovato subito, ce n'era uno in affitto. La città a quei tempi offriva tante opportunità ai ragazzi, occasioni che nessuno ora si può immaginare. Adesso Milano offre decisamente meno».
Ci fa un bilancio delle sue avventure lavorative?
«Per quanto riguarda l'editoria, decine di libri scritti nel campo dell'arte. Scrivere è il modo più personale e libero per guadagnare denaro. Una persona sta in casa, apre il computer, digita i tasti e via. La sopravvivenza si fa con le dita. È un lavoro artigianale fantastico».
E quali sono gli argomenti che l'appassionano di più?
«Sostanzialmente quelli di cui mi occupo. La storia dell'arte, un po' la politica. E la musica, naturalmente. Dove lavoro e abito ci sono più pianoforti. Ho studiato e mi piace moltissimo suonare Mozart. La musica serve per calmare i nervi ed è inoltre propedeutica all'estetica, tutti i concetti di armonia sono legati alla musica».
In tutto questo che spazio hanno gli affetti?
«Sono fondamentali, senza questi una persona non carbura. Credo che la famiglia non sia una roba del tutto sbagliata. Il pregio numero uno è che rappresenta la prima struttura di solidità alla quale uno appartiene. Vengo da una famiglia enorme ma vivo in una piccolina: io, mia moglie, il figlio, la sua ragazza e poi abbiamo allargato con cinque cani».
Vissi d'arte e di famiglia, e le amicizie dove le mettiamo?
«Importantissime, quelle vere, quelle che legano al destino. Io devo gran parte della mia fortuna milanese al fatto di avere avuto tre o quattro persone, di una generazione anteriore alla mia, che mi hanno dato una mano a fare quello che ho fatto».
E se (ri)pensa alla politica...
«Come assessore leghista mi sono trovato benissimo, perché c'era un sindaco come Marco Formentini. Lui parlava francese e inglese come l'italiano. Era di ottima famiglia, suo zio aveva seguito gli scavi archeologici della Lunigiana, c'è un museo. Io sono arrivato a lui perché era molto amico dell'editore Mario Spagnol e io pure. Ai tempi amavo la forza di rottura rivoluzionaria che aveva la Lega, che ora però è diventata rurale».
I suoi amici quella scelta non l'hanno presa benissimo...
«C'è una persona alla quale ero molto legato, amico pure di mia moglie, il giornalista Giorgio Bocca. Lui mi sostenne contro tutta la buona borghesia. Perché quando feci la scelta di Formentini, la mia buona borghesia di Montenapo mi guardò male. Ma io forse per genesi francese, sono un po' giacobino».
Di cosa va fiero di quell'esperienza?
«Quando ero assessore ho lavorato anche all'idea della cosiddetta Città metropolitana, la sua genesi; un'idea che ancora oggi credo sia importante. Ho spinto tanto in questa direzione ma la cosa non è ancora sbocciata, sono convinto che nei prossimi anni succederà, ce lo chiederà l'Europa».
Cambiamo canale: dalla pubblica amministrazione alla tv...
«Ho fatto Passepartout sui canali Rai, trasmissione nata per caso e nata con uno spirito anti-televisivo che si occupava di storia dell'arte. Abbiamo dimostrato che esiste una fascia di italiani interessati all'argomento, avevamo un 5% di audience, circa tre milioni di persone. Poi, purtroppo, la televisione non si interessa a noi, le nicchie in Italia sono proibite».
Televisione o no, come speaker si trova a suo agio?
«Io faccio molte conferenze pubbliche ed lì che trovo il rapporto fisico con il lettore. In questo senso devo la mia fortuna ai quattro anni di politica che ho fatto. Prima avevo paura a parlare in pubblico. È stato come imparare a nuotare cadendo in un canale».
E nei panni del critico (o giudice)?
«Una faticaccia davvero anche se molto bella. Sono presente sia nello Strega sia nel Campiello e devo occupami di centinaia di libri ogni anno. Lo faccio ricorrendo pure a un meccanismo di annusatura dell'opera. È come negli esami all'università, si capisce subito se uno studente c'è oppure proprio non c'è».
A questo punto della sua vita, ha altri progetti?
«Assolutamente sì. Da pochi giorni sono entrato nel settantesimo anno di vita, è stato uno choc psichico ma il primo progetto che ho è quello di non rimbambire. Adesso ci sono tempi e progetti molto più brevi. Ho degli amici novantenni che sono molto svegli, per me sono un modello da seguire».
Come vede il futuro, c'è qualcosa che le fa paura o terrorizza?
«Una cosa che mi fa paura, vivendo in Italia, è la povertà. Sono molto riconoscente alla nostra sanità per le cure che ho ricevuto in passato, ma qui se si diventa poveri è una catastrofe, non ti risollevi più. So che fino a quando posso lavorare vado bene, nel caso contrario diciamo che mi potrei sentire un po' imbarazzato».
C'è qualcosa a cui non vorrebbe mai rinunciare?
«Vorrei ancora avere una possibilità di partecipare alla politica. Penso che questo sia molto importante per ogni persona. Potrei accettare una proposta in questo senso in un'unica direzione, in una sorta di europeismo riformato. Io sono fautore non dell'Europa di oggi, ma assolutamente dell'Europa sì, e la vorrei composta di cinquanta regioni, che è l'unica soluzione vera che possiamo avere».
Ma di tempo libero per sé ne ha?
«In generale no, poi c'è da dire che il tempo applicato alle cose è più bello. Se c'è da cucinare un piatto mi piace molto farlo, mia moglie mi frena perché sporco troppo le pentole. Ero legato alla cucina delle mie origini, amo gli arrosti, amo il puree, amo certe zuppe francesi. Però amo molto anche l'italianità. Senza spaghetti non si può vivere, il risotto è fondamentale».
Qualche giorno per le vacanze lo scova da qualche parte?
«I viaggi hanno un senso quando non sono solo turistici, quando dietro c'è un progetto. Una volta con sei amici abbiamo preso in affitto un rompighiaccio alle Isole Svalbard per andare al Polo Nord. Oppure apprezzo gli spostamenti che nascono per motivi di lavoro. Per esempio in Cina a fare un video, all'Avana per un trasmissione. Ancora ricordo la trasferta per la Biennale di Dakar».
Per i viaggi intellettuali e artistici lo spazio lo trova...
«Beh noi siamo sempre stati legati alla musica. Quindi in questo senso viaggi tanto. Mi piace l'opera lirica, perché è una delle identità dell'italianità. L'Italia non è un Paese fondato sul lavoro ma sul melodramma; la Germania sulla tragedia e la Gran Bretagna sull'arrivo dall'estero di forze musicali. Senza Haendel non ci sarebbero stati i Beatles. La Francia, infine, ama la musica pomposa».
Con l'opera ha mai avuto «incontri ravvicinati» di qualche tipo?
«Nel 2008 sono stato chiamato dal regista Pier Luigi Pizzi a interpretare il narratore Njegus nell'operetta La vedova allegra di Franz Lehár, in scena al Teatro alla Scala. È stata un'emozione formidabile perché sono rimasto in scena per tutta la durata dello spettacolo».
Che rapporti ha con il Teatro alla Scala?
«Attualmente sono nel consiglio di amministrazione. In verità i miei ruoli gestionali si sono svolti tutti qui, a Milano: prima a Palazzo Marino, poi mi sono occupato del Duomo e del suo museo, e ora il Piermarini, tutti luoghi che raggiungo a piedi».
Con tutte queste esperienze che cosa ha capito dell'Italia?
«A proposito ho scritto un libro. L'Italia è un Paese diverso da tutti gli altri Paesi europei, con parametri aggregativi differenti. Tutta l'Europa è monarchica, noi siamo comunali, una sommatoria di comuni. L'Italia è unita con la forchetta e con il bicchiere».
Gioco della torre: un quadro, un brano, un libro, un film che non butterebbe giù, che salverebbe...
«Per l'arte La colazione sull'erba di Monet perché riassume il passato e anticipa il futuro. Per la musica L'arte della fuga di Bach, è una costruzione colossale. Riguardo ai libri la Crocifissione rosea di Henry Miller, c'è tutta la complessità del nostro mondo moderno. Infine il film, penso a Senso di Luchino Visconti, è il più bel riassunto epico del nostro Paese».
Ultima domanda su Dio.
«Sono religioso ma non baciapile. Il rapporto col piano di sopra è fondamentale e faccio di tutto per mantenere un dialogo costante».
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Mi manca scrivere di notte ma se lo faccio mi si riattiva tutto il cervello e chi cazzo riesce più a dormire. Dormire è importante vorrei essere in grado di dormire le ore in cui non lavoro. Svegliarmi, andare in ufficio, lavorare otto ore, tornare a casa, dormire e poi svegliarmi. Ma sono ancora scarsissimo a dormire. Mio fratello dice che con l’intolleranza gli va sempre peggio, sta sempre male con lo stomaco, non sa che succede. Gli dico cazzo sei vegetariano e vegano da dieci anni, togli tutto, stai sempre a dieta, prova per una volta a mangiare qualcosa di diverso, fatti una mozzarella, fatti una frittura di pesce. Credo che se ti disabitui così tanto a qualcosa poi fa bene al corpo se un poco gliela ridai. Dall’estate scorsa sono tornato a mangiare carne, ma lo faccio solo nelle occasioni speciali. Solo quando merita. Così ogni volta valuto con attenzione “è questa un’occasione speciale per mangiare carne?” se lo è faccio uno strappo e la mangio ed è come se mi prendessi cura di me. Se mi facessi un piccolo dono, provare qualcosa di diverso dopo averlo tolto. Il primo kebab dopo 7 anni è stato sublime. Ancora ci penso. Il primo sushi pure. Penso la stessa cosa della prossima volta in cui mi innamorerò, sarà una bomba, sarà come mio fratello che mangia una mozzarella, avrò messo da parte così tanto amore che sarà come innamorarsi a sedici anni. Un’esplosione. Ma cazzo eslpodo che la sera sono sempre più stanco e cerco di tenermi sveglio pensando ai problemi di mio fratello. È che quello che mi manca davvero è tornare a credere in qualcosa come ho creduto in passato. Non credere in qualcosa di realizzabile, ma qualcosa di possibile, che diventa vero solo se ci hai creduto abbastanza. La pena massima per un sognatore. Come babbo natale. Come mio fratello che smette di essere intollerante al lattosio. Come me che riesco a dormire senza svegliarmi per gli incubi. Se non avessi mai creduto in niente non sarei diventato il triste adulto che sono adesso ma mi piace questo adulto pieno di tristezza riesce a far ridere un sacco di persone. Al mio ultimo concerto ho chiesto ad un amico di rappresentare le mie insicurezze, lui è enorme e ha indossato una maglietta con sopra scritto INSECURITY e ho detto al pubblico “io ho paura di un sacco di cose, delle farfalle, di invecchiare, di innamorarmi ancora, del buio la notte quando non riesco a dormire, lui rappresenta tutte le mie paure ed è enorme guardatelo, però è anche amico mio e infatti adesso l’abbraccio, perché le paure vale la pena farsele amiche, non andranno via tanto facilmente”. Così abbraccio Andi e torno a cantare e il pubblico non ha capito quasi nulla perché l’ho detto in inglese e io quando sono sul palco a cantare tendo a non essere proprio perfetto con le lingue. La mia collega si è innamorata di brutto. Succedeva più o meno ogni due o tre settimane ma questa volta pare la volta buona. Ascolta canzoni spagnole. Quando ascolti canzoni spagnole sei fottuto. Dopo due settimane sono andati in vacanza assieme, lei ha portato il figlio. Dopo un mese parlano di convivenza, ma prendere una casa nuova affittando le reciproche a terzi. Ha visto i miei nuovi tatuaggi e tutta interessata mi ha chiesto dove li avevo fatti e quanto costa fare un tatuaggio, perché lei è il suo nuovo fidanzato volevano farsene uno per rendere eterno il loro amore. Io le ho detto che non lo so, dipende, che a me li fa un mio amico e quindi pago poco. Lei insiste e mi chiede quanto chiederebbe il mio amico alché le rispondo guarda, io gli direi di chiedervi 1700€ a testa così ci pensate due volte prima di correre ancora. Non è che sono invidioso. No ok sì sono invidioso. Mi sta sul cazzo chi riesce a lanciarsi come un pazzo in ogni storia nuova e viverla nel pieno totale senza avere rimpianti totalmente votato alla persona scelta. Che palle. Io non ci riesco e va bene ok riesco a scrivere canzoni al suo posto però che cazzo di palle, sto ancora dietro a pensare a quante parole ho sprecato, quante storie ho scritto coinvolgendo chi in realtà non esisteva davvero. Quanto poi ho provato ad aprirmi e tutto è culminato con la solita fine. Vorrei non essere invidioso così come mio fratello penso desideri non essere intollerante al lattosio. Chissà se lui vive nel passato pensando alle mozzarelle, come io vivo pensando al tuo sapore cercando di ricordare perché poi tutto si è concluso. Mi hanno detto che il mio problema è che non do mai la giusta importanza alle cose. Scappo. Mi comporto in maniera infantile. Tutto verissimo è il mio sistema di difesa standard, succede qualcosa faccio una battuta, si avvicinano e scappo, si allontanano e piango come un bimbo offeso. Molto utile adesso sapere tutte queste cose e doverle presentare sempre quando conosco qualcuno di nuovo “si ecco ho 34 anni, a breve 35, ricordo ogni fallimento compiuto nella mia vita, ricordo ogni promessa che ho fatto ad ogni persona, ricordo ogni particolare degli ultimi baci dati persino la temperatura della giornata, ricordo e questo ricordare tende a rendermi schivo e mi fa scappare dalle situazioni nuove perché metti che poi ricordando qualcosa di nuovo dimentico qualcosa di vecchio? non me lo posso permettere non posso dimenticare” eppure vorrei tanto farlo. Così come mio fratello vorrebbe non stare male quando mangia. Però che palle lui non può decidere di smettere di mangiare, io posso decidere di non innamorarmi. È facilissimo. Ogni volta che sta per accadere basta che poi dimostri quanto infantile sono e ciao, solitudine bis. Oddio sembra proprio io mi stia piangendo addosso in realtà non è male questa situazione parliamoci chiaro, la consapevolezza raggiunta negli ultimi anni mi ha reso molto profondo. Disilluso, cinico ma al tempo stesso pronto al romanticismo se usato come atto di protesta. Ho fatto la voce narrante in un film che parla di Pasolini e sarà presentato alla Viennale del cinema a Vienna. Sono felice. Ho scritto i dialoghi di un film per un altro concorso e a breve scopro se abbiamo vinto. Ho finito il mio album e a breve lo butto fuori. Se mi fossi innamorato dopo di te, tutto questo non sarebbe stato possibile. Lo farò di nuovo, con calma, un boccone alla volta. Come il primo kebab dopo 7 anni. Sarà un’esperienza intensa, sublime, unica, che durerà una notte. Poi basta, si torna alla regolarità. Le mie tristezze e solitudini. Mio fratello e i suoi mal di pancia. La mia collega e i suoi infiniti amanti. Quest’anno credo che l’inverno sarà più leggero rispetto al passato, però vorrei davvero imparare a dormire lo stesso e andare in letargo e smettere di ricordare tutto, senza sognare.
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Non per farmi giudicare, non per farti pena, non per farmi perdonare ma per farmi conoscere. Un giorno ti dirò delle giornate passate a letto pensando che non potevo farcela e che da un momento all'altro avrei guardato le mie mani e le avrei viste scomparire come quando si spegne una candela coperta da un bicchiere. Ti dirò del suono che aveva la mia solitudine da bambina, del sapore che aveva la mia tristezza. Ti chiederò se anche tu te lo ricordi.
Forse a un certo punto ti racconterò anche di quella volta che litigai con le mie cugine e una di loro mi disse "tanto io lo dirò alla mia mamma. E tu non ce l'hai. Tu non hai nessuno a cui dirlo"; aveva ragione, i bambini hanno questa capacità che poi molti una volta cresciuti dimenticano: ti dicono la verità anche se fa male. Non avevo una mamma, non avevo un papà, non li ho mai avuti. Ho conosciuto mia madre ma è una donna come tante, una sconosciuta che per puro caso mi ha partorito una sera del 1999. A inizio dicembre, tra il 2 e il 5, neanche lei lo sa con certezza. Il mio compleanno ufficialmente è il 3 dicembre. Non poteva essere il 5, apparteneva già a mio fratello. Il 2 diceva "non me lo hanno concesso i medici" e il 4 era troppo vicino al 5. Così ha fatto scrivere sul certificato di nascita 3 dicembre 1999, niente orario. Meraviglioso il sud America.
Quando avevo 14 anni mi arrivò una richiesta di amicizia su Facebook: era mio padre. Accettai e con la spavalderia di una giovane incazzata col mondo gli scrissi qualcosa come "pezzo di merda non mi hai mai cercata o proclamata tua figlia e adesso con che faccia mi chiedi l'amicizia su Facebook?" Sono quasi sicura di avergli augurato la morte. Sono sicurissima di essermi messa a piangere. Non che mi mancasse in fondo non avevo mai conosciuto mio padre. Ma era lì adesso, l'altro genitore, lo sperma che aveva generato la ragazzina problematica che sono sempre stata era lì e mi chiamava "Mabellita". Con quale coraggio, con quale diritto si permetteva di ricordarmi che non avevo mai avuto una famiglia. Te lo racconterò così capirai perché non so mai come comportarmi con i genitori degli altri.
Quando mi chiederai perché non voglio bene a mio fratello ti racconterò delle mattine fredde in cui andavo ad aprirgli la porta di casa così da farlo entrare senza che gli zii o la nonna notasse che aveva passato la notte fuori a bere con i suoi amici. Avevo 6 anni e passavo le notti sveglia, in attesa che tornasse per mettermi una giacchetta, aprire la porta senza fare rumore, fare le scale, aprire la porta di metallo che faceva un rumore assordante se spinta in un certo modo. Poi dovevo prenderlo quasi in braccio e rifare tutto fino a metterlo a letto. Avevo 6 anni e sulle mie spalle gravava il peso di un fratello adolescente.
Lui non ha mai aperto una porta per me. Non ha mai coperto le mie cazzate adolescenziali. Non ha mai preso calci e pugni per difendermi. Io sì, sempre.
Ti dirò che l'unico ricordo felice che ho con lui sono le partite a calcio in mezzo alla strada quando avevamo 3 e 9anni. La terra che entrava nelle ferite delle ginocchia sbucciate e un pallone più spellato di noi. Ma avevamo degli amichetti con noi, quando stavamo con loro era tutto bello. Non c'entrava niente il sangue, era un amico anche lui.
Ma se ricorderò quei momenti inevitabilmente dovrò raccontarti la parte brutta di quelle partite. La parte brutta ha un nome: Marta, madre di mio padre. Ogni volta che tornavamo a casa sporchi sapevamo cosa ci aspettava. La parte brutta mi ha lasciato mille cicatrici nel corpo e nell'anima. Le mie posso anche fingere di non vederle, di averle dimenticate. Ma quando guardo mio fratello senza la maglietta e girato di schiena mi torna tutto in mente. Ricordo le cinghie della cintura e il rumore che fa la pelle che si apre e sanguina. Ricordo l'odore del sangue e il sapore di un pugno in faccia. Se non piango molto davanti alle persone è perché dai 2 ai 6 anni ho imparato che quando ti fanno del male è meglio starsene zitti, se ti sentono piangere tornano indietro e te ne fanno il triplo. La schiena di mio fratello mi urla "quella volta non mi hai difeso, stronza" e per quanto io mi dica che avevo solo 5 anni e non potevo sopraffare una donna che pareva un armadio a 3 ante la sua schiena continuerà a dirmi che sono colpevole, che dovevo difenderlo, che dovevo mettermi in mezzo prima e non dopo 6 colpi. Anche se avevo paura, anche se volevo morire per sfuggire a quei momenti: 6 colpi, 6 colpi, 6 colpi. Ho aspettato 6 colpi e la schiena di mio fratello me lo urlerà sempre. Ricordo di essere corsa a nascondermi sotto al lettone, poi c'è solo dolore. Poche lacrime. Marta che va in cucina e io che prendo il disinfettante per curare mio fratello. Lui mi tira un pugno. Col labbro rotto gli medico le ferite. Avevo 5 anni. Lui piange, Marta torna, mi urla addosso, io sto calma. Ingoio sangue per tutta la sera. Di notte vado in bagno e in silenzio prendo il rasoio, faccio brutti pensieri.
Alle elementari avevo questa amica di nome Rosa che diceva "non vado mai nei negozietti da sola" ed io non capivo perché, in fondo da noi in ogni strada ci sono tanti negozi sparsi tra le case. Nella via di mia nonna Maya ne contavo almeno 10. Avevo 6 anni e andavo da sola dove volevo quando volevo, senza paura.
Non avevo paura di niente. E in Ecuador c'era di che aver paura ad ogni angolo di strada. Eppure io con tutta la calma del mondo ero amica di un noto rapinatore che viveva dall'altra parte della città e lo andavo a trovare prendendo bus o taxi solo per giocare col suo cane. A 7 anni non avevo più paura di niente, mi dicevo che tanto ormai mi avevano fatto tanto male e di sicuro non potevano fare di peggio. Una volta nei bagni della scuola provai a tirare un pugno a un compagno che rideva di Rosa e passai le lezioni a stringere la mano che faceva male. Volevo sentire quel dolore, non avevo mai picchiato nessuno. Il giorno dopo tirai un pugno allo specchio del bagno e quando Rosa mi chiese perché rimasi in silenzio, lei andò a cercare la maestra ed io rimasta sola pensai "perché così mi esce sangue e sento qualcosa", prima che arrivasse la maestra presi un pezzo di vetro e mi tagliai il braccio per la prima volta.
Ti racconterò perché non credo nella scuola ricordando quella volta che mi aspettava il titolo di caposcuola con diploma per i voti perfetti e invece l'hanno dato a Rosa perché i suoi venivano sempre a prenderla a scuola e parlavano con le maestre mentre io mi picchiavo con tutti tranne che con lei e quando chiamavano a casa per parlare con i miei le zie dicevano che forse la settimana dopo sarebbero passate dal preside ma non passavano mai. Io le dissi che ero contenta per lei ed era vero, sapevo quanto studiava e sapevo che faceva sempre i compiti. Lo sapevo perché io non li facevo mai, chiamavo sua mamma per farmeli dire e la mattina a scuola li iniziavo di fretta. Non studiavo mai per le verifiche ma prendevo comunque ottimi voti. Lei aveva anche il padre a farle ripetizioni, già alle elementari conosceva il programma delle medie/superiori. Era intelligente e bellissima, una delle mie prime cotte era Rosa: capelli neri, occhi verdi, piena di parole gentili e timida. Le dissi che era meglio se quel titolo lo aveva lei perché io non ne sarei stata all'altezza. Era l'anno del mio ottavo compleanno.
A 9 anni mi fecero fare un'accademia militare. Odiavo mettere la divisa. Odiavo i professori. Odiavo studiare. Odiavo tutto perché non c'era più Rosa. Facevo a botte ogni giorno e tornavo a casa dallo zio che mi tirava uno schiaffo per aver fatto a botte. Ridendo andavo in camera e dormivo finché la nonna non mi diceva di mangiare qualcosa.
Mia nonna Maya cucinava per tutta la famiglia ovvero per la zia e lo zio e le due figlie, per lo zio scapolo, per me e mio fratello, per gli zii che a volte venivano a pranzo con i 3 figli, per mia cugina, per gli zii che passavano con le cugine e Alex. Quando sono andata a vivere da lei mi ha praticamente obbligato a fare colazione, quindi dai 6 ai 10 anni mi svegliavo, mi lavavo la faccia con acqua bollente perché lei la preparava così in una bacinella e poi andavo in cucina dove dovevo mangiare pane con formaggio, uovo sodo, latte o caffè nero a scelta: io prendevo sempre un caffè, ma lei ogni mattina mi diceva che ero troppo piccola, i bambini bevono latte Mabelle, non vedi le cugine? Io rispondevo caffè, per favore. Rigorosamente bollenti anche loro, tanto che metteva un'altra bacinella con acqua ghiacciata e poi ci immergeva la tazza di caffè. Mi piaceva bere il suo caffè caldo e riscaldarmi il pancino.
Ora non mangio mai al mattino perché mi da la nausea. E sono diventata allergica al caffè, almeno a quello italiano mi dico, sicuramente se torno in Ecuador mi passa. È sciocco ma ci credo veramente. Mi manca il caffè della nonna appena sveglia. Mi mancano i suoi capelli bianchi intrecciati e le sue mani rugose e il suo sorriso caldo. Mi manca tantissimo. Se c'è qualcuno che avrà sempre il mio affetto incondizionato è lei. Mi si spezza il cuore quando penso che non la vedo da 8 anni ormai e forse non la vedrò per molti altri anni dato che non ho i soldi per tornare da lei.
Adesso una paura c'è l'ho: ho paura di non fare in tempo. È una donna anziana e ha troppe preoccupazioni.
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Ravenna, 21 Dicembre 2021 h. 23.54
Penso a me, a quello che non sono e chissà se un giorno sarò mai, se mai troverò le palle e se effettivamente è quello che voglio. Avevo scritto anche ad un'associazione, poi, ho lasciato perdere.
Penso a Milano, dove non sono, ma che mi manca terribilmente tanto, non so spiegare il motivo, ma li, mi sento a casa.
Penso al mio lavoro, che mi faccio un culo tanto, ma non mi pare sia apprezzato, anzi, ogni volta sempre di più sempre di più, senza neanche quasi rispettarmi in quanto persona.
Penso a mia madre, che è un po'di giorni che mi teneva il muso, ma che questa sera si è calmata. Ma penso anche che non ne possa più di avermi in mezzo ai coglioni. Un ragazzo di 26 anni ancora a casa con sua madre, penso sia davvero stanca, penso meriti un po'di tranquillità.
Penso a mia nonna, che è in ospedale, e non si sa quando la dimetteranno, se tornerà a casa per Natale, c'è di buono che sembra star meglio e che si stia pure sgonfiando.
Penso a mio nonno, che è a casa da solo e sente la mancanza della nonna, e non è facile, e con l'età, si sta accorgendo che si sta perdendo con la testa.
Penso all'altra mia nonna, che ormai chiusa nella sua ampolla dopo la morte di papà, penso che sia al gelo su in montagna, da sola, e che anche l'altra sera è caduta, e non mi ha detto niente, lo so grazie ai vicini. E non so come poterla far star meglio, perché una donna non la vuole, e tanto meno andare in una casa di cura.
Penso a mio padre, che sebbene prima non lo vedessi spesso, non sentivo la mancanza, perché sapevo dove trovarlo, mentre ora, più nulla, più nessuno, più niente. E mi manca, mi manca terribilmente parlare con lui, sentire la sua voce, stringerlo, fare le nostre passeggiate a Milano, con Golia...
Penso a mio fratello, che si sposa. Wow. Ma davvero?! Sono tanto contento per lui, ma ha davvero senso sposarsi?! Esiste davvero l'amore?!
E penso ad A*, alla nostra che doveva essere una vita assieme, felici, col matrimonio fra 4mesi e invece guarda com'è andata a finire, come ci siamo ridotti, come mi sono ridotto.
Penso a M*, quel povero cristo che ho fatto dannare, e mi sono dannato io per primo. Penso a quanto amore mi dava, ma che allo stesso non mi dava, e viceversa. Penso che anche con lui potevo avere un futuro, e invece no, anche questa volta ho mandato tutto a puttane.
Penso a T*, che è una mia vecchissima amica, tale da considerare una sorellina che non ho mai avuto, e l'altro giorno, la pugnalata al petto "colpa mia se non te li ha fatti". Questo vuol dire che sia lei, che lui, non mi conoscono affatto, e non hanno capito niente di me, ma come biasimarli, quando sono il primo a non capirmi.
Penso a S*, a quanto io non sia in grado di curarmi di qualcuno, che al mio fianco, o tutti scappano, o tutti muiono. Vivo ogni santo giorno pensando che magari mio padre l'avrei potuto salvare, rispondendo al telefono, chiamandolo, scrivendogli. Mi aveva chiamato poco prima di morire, e mi aveva mandato una foto la mattina stessa. Bastava rispondergli, o richiamarlo una volta finito di lavorare, e non sarebbe andato a fare quel cazzo di bagno dove l'ho perso per sempre.
Penso, penso e penso... A tante cose, troppe cose... E non sono cosa fare.
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PHOTOS: http://girlfromtube.tumblr.com/post/178241943698 EPISODIO 2 Percy Hamleigh: Non sapevo della sconfitta di Matilde e Gloucester. Regan Hamleigh: Il sovrano dice al popolo ciò che esso chiede di sentire. Aliena: In qualità di Cavaliere, Maestà, vogliate almeno riconoscergli il titolo che gli spetta di diritto. Re Stefano: Sei molto coraggiosa. Forse preferisci unirti tu, al mio esercito. Richard: Non combatterò per Stefano! Ha assassinato nostro padre! Aliena: E' l'unico che puo' restituirti il titolo. Richard: Mi rifiuto di andare in battaglia con William e i suoi tirapiedi. Piuttosto li ucciderò! Aliena: E' più facile uccidere qualcuno se combatti al suo fianco, che contro di lui. Guardami Richard! I nemici, ci hanno reso forti. Aliena: Basta piangere, abbiamo una promessa da mantenere. Padre Remigius: Lui vuole sperimentare, mentre a noi serve solo una modesta Chiesa. Come quella che già avevamo. Priore Philip: Abbi fede in lui Remigius e in Dio. Padre Remigius: Anche Dio si lamenterà. Qui dovremmo usare mani esperte, non monaci rubati alla preghiera. Priore Philip: Il lavoro è preghiera, fratello. Ellen: Il Priore che direbbe?! Tom: Niente, se siamo sposati. Ellen: Perché permettere alla Chiesa di controllarci la vita? Tom: Non è questo è che il Priore, si preoccupa della tua anima. Ellen: Allora tu digli di non preoccuparsi. Anche con il matrimonio non c'è garanzia che non brucerò all'Inferno. Sono una fuorilegge, Tom. Martha: E' bellissima! Jack Jackson: Non ancora. Martha: Si invece. Tu hai le mani d'oro. Jack Jackson: L'amore non è una sfida. Martha: Allora, perché c'è sempre uno che vince e uno che perde? Tom: Dio vuole una cattedrale a Kingsbridge. William Hamleigh: Eppure l'altra l'ha bruciata. Priore Philip: Chi ci dice che il Re non sia dalla parte di Percy? Percy ha i soldati e il Re ha più bisogno di uomini che di una Cattedrale. Priore Philip: Il nemico è più debole nell'oscurità. Aliena: Grazie di cuore, Priore Philip. Ci serviva un protettore! Piore Philip: Ora ne avete due. Me e Dio Onnipotente. Jack Jackson: Anche me. Per sempre. Priore Philip: La nostra Cattedrale, quella Cattedrale, è molto di più che pietra, legno e malta! E' un mezzo per trasformare la materia di cui è fatto il creato in una possibilità di redenzione! Raggiungendo la luce troveremo la speranza, troveremo Dio! Matilde: Come pretendete che mangi, quando tutti gli altri muoiono di fame per la mia salvezza? Aliena: Tu ami due donne Jack, ma loro ti maltrattano. Martha: Due donne? Aliena: Padrona Arte e Madre Chiesa! Vescovo Waleran Bigod: E' il mio compito ostacolare Satana e il Male. Priore Philip: Io non sono Satana! Vescovo Waleran Bigod: Siete un avversario del regno di Dio sulla Terra, ovvero della Chiesa, che è avversaria di Satana. Priore Philip: Io faccio parte della Chiesa, Eminenza! Vescovo Waleran Bigod: Allora perché mi contraddite, obbeditemi! Priore Philip: Io devo obbedienza a Dio, prima che a voi. Vescovo Waleran Bigod: Chiesa significa anche regole e gerarchia. Piore Philip: Obbedisco al mio cuore! Vescovo Waleran Bigod: Il tuo affetto per un padre mai conosciuto è toccante, ma mal riposto. Fai male a fidarti ciecamente dei racconti di una donna, che a quanto ho sentito dire da gente che l'ha frequentata, sa sempre come essere molto persuasiva. Lui rubò un Sacro Calice, che un tempo contenne il Sangue di Cristo. Blasfemia. Ingravidò una novizia, anche questa è blasfemia. E affrontò la morte senza pentirsi. Blasfemia. Jack Jackson: Parole. Vescovo Waleran Bigod: E' vero, io sono molto bravo con le parole. Ognuno ha un suo talento. Aliena: Il mio nuovo palazzo! Jack Jackson: Quello vero vi manca? Aliena: No, per carità affatto! Mi manca mio padre e mi mancano le persone con cui vivevo. Ma non mi mancheranno mai le regole e le costrizioni. E certamente non mi manca la mia ingenuità o la mia ignoranza, comunque la si voglia chiamare. Sono felice. Jack Jackson: L'avete meritato. Aliena: E tu? Sei felice? Jack Jackson: Si, penso. A volte ho l'impressione di esserlo, soprattutto mentre lavoro. E mentre lavoro sento quelle voci. Aliena: Quali voci? Magari di qualche angelo? Sei una specie di Santo? Jack Jackson: No, è dalla pietra che vengono fuori. Mentre lavoro, loro mi dicono come scolpire. Aliena: Così tu parli con la pietra? Jack Jackson: Non con la pietra. Con quello che la pietra vuole diventare. Jack Jackson: Una linea. O anche il tratto della curva di un arco. Non è una voce, quella che sento. E' un'immagine, ma allo stesso tempo è il suono di quell'immagine. E quindi... Non riesco a descriverlo, mi spiace. E' difficile! Ma quando il mio scalpello colpisce la pietra, capisco subito se la pietra vuole suonare. Perché è una musica melodiosa. E' il suono di quello che verrà. Aliena: Sei fortunato a provare questo. Priore Philip: Se Dio vuole che muoia per salvare il Re, allora così sia. Re Stefano: Non ho mai capito bene, che cosa vuole Dio. Credete che voglia questo? Priore Philip: Non lo so, Maestà. Re Stefano: Non avete già la mia licenza? Priore Philip: E' andata persa. Re Stefano: Paghereste per averne un'altra? Priore Philip: Si. Sempre che non vogliate farne dono al Signore. Re Stefano: Siete fiero eppure umile. Priore Philip: E vorrei il diritto di usare la pietra della cava degli Hamleigh. Re Stefano: Anche quello mi pare di avervelo già dato. Priore Philip: Poi lo avete revocato. Re Stefano: Si è vero. Priore Philip: Tu preghi mai, Jack? Jack Jackson: Io penso, che il mio lavoro equivalga alla preghiera. Priore Philip: Molti dei più grandi artisti, musici, pittori, poeti erano assai religiosi. Prega insieme a me. Vescovo Waleran Bigod: Rammentate che ogni cosa scritta oggi, potrà essere cancellata domani. Le posso portare il vostro assenzo? Re Stefano: Preferirei la morte. Ellen: Capisci che non ha senso??? Tom: Non deve per forza avere un senso, fa parte del disegno di Dio. Ellen: Il disegno di Dio? Se Dio permette tale atrocità, che disegno è il Suo?
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The Untamed, La Promessa (episodi 12-14)
La "vacanza" dagli Wen è un piccolo arco narrativo memorabile di questa serie, soprattutto grazie alla frequenza della grotta, che vedremo tra poco. Tutti i discepoli ed eredi dei Clan sono chiamati a Mordor per un periodo di indottrinamento, ma più che indottrinamento mi pare una prigione da cui non si può uscire, ergo si è ostaggi. Ancora oggi mi chiedo cosa è passato per la testa ai vari Capi Clan quando hanno lasciato che i loro figli andassero da questi pazzi bramosi di potere, senza sapere se sarebbero mai tornati a casa. Lascio quindi i vari padri e zii alle loro meditazioni e tazzine da thè, e parto con questa bellissimo soggiorno: la scena si apre facendo sfoggio di tutta la superiorità che i Wen vogliono mostrare al mondo. Una grande e lunga scalinata che troneggia su tutti, bandiere sventolanti che urlano la loro potenza, fiamme che scoppiettano minacciose. Di solito lascio il commento dei villain alla fine, ma siccome a Wen Chao piace fare lo spaccone, cito subito la frase che usa per dare il benvenuto ai discepoli appena arrivati:
"Guardatevi. Sembrate un branco di cani randagi."
TU VUOI MORIRE MALE.
È ovvio che un villain del genere non potrà mai avere vita lunga. È stupido, arrogante, presuntuoso. Non è un villain calcolatore o manipolatore come poteva essere Baelish di GoT. Non gli importa di presentarsi crudele agli occhi degli altri, tratta tutti come dei cani, solo perché alle spalle ha il potere di suo padre. Facile così, vero? E da quello che ho visto, Wen Chao non possiede nemmeno particolari abilità o talenti di cui potrebbe vantarsi, e come potremo vedere tra poco, è anche un gran vigliacco. Dopo aver accolto con soavi parole l'arrivo dei giovani, ordina di far portare lui:
WUXIAN E LAN ZHAN.
Se da una parte il mio cuore è felice perché i due sono di nuovo insieme, dall'altra non posso certo rallegrarmi nel vederli tra le grinfie di quel pseudo villain pomposo che è Wen Chao. Avevo lasciato il povero Lan Zhan costretto a lasciarsi catturare e a cedere il Metallo Yin per fermare il massacro ai Meandri delle Nuvole. Con una gamba spezzata, eccolo che torna in scena (con dignità, stile e splendore oserei dire). Proprio qualche attimo prima Wuxian si stava chiedendo con preoccupazione dove potesse essere, non avendo più avuto sue notizie dopo che si erano separati. Quando lo vede, credo non sappia nemmeno lui come reagire, vorrebbe essere contento di rivederlo ma non può essere felice in una situazione del genere. Sa che è successo qualcosa di grave ai Meandri delle Nuvole, e comincia subito a bisbigliare con Lan Zhan per provare a parlargli. Viene interrotto da Wen Chao, che continua coi suoi modi tanto gentili a spiegare che d'ora in avanti dovranno seguire le regole del Clan Wen, dovranno imparare parola per parola un libro sui nobili e uomini illustri Wen, ma prima di tutto devono consegnare le spade. La sorpresa e l'indignazione si palesano sui volti di tutti. I Cultori non dovrebbero mai separarsi dalle proprie spade, è una cosa indecente. Dopo qualche momento esitante, le armi vengono consegnate, con grande disapprovazione generale. In seguito, Wuxian tenta di nuovo di andare a parlare con Lan Zhan, ma ai discepoli non è permesso uscire dalle loro stanze e avere contatti esterni.
Tutto ciò mi fa sorridere se penso che i genitori di questi ragazzi se ne stanno comodamente seduti a casa a meditare e bere thè, mentre i loro figli sono trattati come delle bestie.
Mi ricordo che @dilebe06 mi fece notare che gli Wen devono aver risparmiato sull'apparecchiatura scolastica, visto che le lezioni sono tenute all'aria aperta, con i discepoli che se ne stanno in piedi tutto il tempo. Almeno ai Meandri delle Nuvole c'era una classe, dei banchi, dei libri, qui nulla. L'unico che se ne sta seduto è Wen Chao, che dall'alto della scalinata troneggia su tutti con fare altezzoso, aspettando che qualcuno cominci a recitare il libro che ha richiesto venisse studiato. Lan Zhan e Jin Zixuan si rifiutano di aprire bocca, la qual cosa fa innervosire Wen Chao, così Wuxian interviene al posto degli altri affermando che lui può eseguire bene la lezione, cominciando così:
Beh, un po' di stretching mattutino non fa mai male. Non se lo fai per prendere palesemente per il c..o il cattivo della situazione. Sento le imprecazioni interne di Jiang Cheng. Vedo il fumo uscire dalle tempie di Wen Chao. Se lo osservo attentamente posso chiaramente sentire Lan Zhan che pensa dentro di sé: "ma cosa stai facendo?" Un pensiero che condivido io stessa. Anche se ammetto che quando Wuxian continua il suo spettacolino cominciando a recitare le regole del Clan Lan, quella che esce fuori è una scenetta divertente. Ora, mentre guardo la cosa (anche la prima volta) so che posso godermela perché per quanto possa essere cattivo Wen Chao, non può far fuori il protagonista della serie all'episodio 12, quindi so che a Wuxian non capiterà niente e posso ridere della sua provocazione. Ma devo anche essere onesta, e come ho detto che Wen Chao non è un villain molto strategico o lungimirante, la stessa cosa devo ammettere di Wuxian. So che non lo sta facendo per puro divertimento, vuole parlare con Lan Zhan e farsi mettere in punizione con lui sarebbe perfetto, ma 1) così fa preoccupare suo fratello, e 2) credo non si sia ancora reso davvero conto con chi ha a che fare. Wuxian è così: impulsivo, provocatorio, noncurante delle conseguenze.
Per il momento ottiene di essere messo in punizione con Lan Zhan e Jin Zixuan, a spalare letame. Wuxian tenta di approcciarsi a Lan Zhan, gli chiede cosa sia successo a casa sua, ma l'altro non lo degna di risposta. Siccome Lan Zhan non esprime parola, capire il suo punto di vista può essere sempre un po' difficile. Credo che semplicemente in questo momento non si sente pronto a parlare di cosa sia successo. Prima che Wuxian possa insistere con le domande, Wen Chao torna sulla scena, e Wuxian mi dà la conferma che quello che ho detto poco fa su di lui, è totalmente vero. Si prende gioco di Wen Chao... DI NUOVO. A quanto pare Wuxian ha la testa un po' dura per non imparare dalle lezioni passate. Se prima l'hai provocato e lui ti ha messo in punizione, cosa pensi che farà adesso?
Il cattivo non se ne sta di certo zitto a farsi prendere per i fondelli, lo fa legare e prende fuori la frusta, ma Lan Zhan si mette in mezzo per proteggere Wuxian, venendo quindi colpito. Wuxian sfida Wen Chao a prendersela solo con lui visto che è stato lui a provocarlo, e quando la frusta viene di nuovo alzata, Lan Zhan si rimette in mezzo e gliela strappa di mano. Wen Chao è convinto che Wuxian abbia in possesso un pezzo di Metallo Yin e vuole scoprire dove si trova, così lo fa slegare e ordina di portarlo nei sotterranei, nella speranza di aprirgli la bocca. Lan Zhan alza un braccio protettivamente, per non permettere alle guardie di toccarlo (È LA TERZA VOLTA IN POCHI MINUTI CHE DIFENDE WUXIAN), ma Wuxian si lascia portare via per non causargli altri problemi.
La notte che Wuxian passa in quei sotterranei credo che se la ricorderà per sempre. Viene rinchiuso in una cella con dentro un rabbioso cane formato gigante, che modestamente ho soprannominato Fuffi (chi vuol capire capisca), e per la prima volta dall'inizio della storia lo vedo completamente terrorizzato. Non è semplicemente spaventato o un po' impressionato. Gli tremano le mani, implora di lasciarlo uscire, il suo viso è stravolto dal terrore. Non l'avevo mai visto così. Fortunatamente, riesce a sopravvivere alla notte (tra poco dirò come), e quando torna a fare lezione insieme agli altri ha ancora il coraggio di vantarsi. Tutto rattrappito per l'aggressione del cane, non racconta nulla di quello che è successo e si limita a dire: "Queste sono le mie gloriose ferite di guerra." Penso che lo faccia per un misto di arroganza, perché quella non manca mai, e per non far preoccupare Jiang Cheng e Lan Zhan. Quest'ultimo indossa una maschera totalmente impassibile di fronte a Wuxian, ma scommetto che deve essere molto preoccupato per lui, anche se non lo fa vedere.
Wen Chao decide poi di andare a fare una bella scampagnata in una grotta sotterranea dove si dice ci siano degli spiriti maligni. Wen Chao è tranquillo, perché se anche le cose dovessero mettersi male, userà i suoi "cani" come scudi umani. A questo villain non posso neanche attribuire un briciolo di coraggio... Se non fosse per il nome della sua famiglia non sarebbe nessuno. Comunque, si mettono tutti in marcia per trovare questa fantomatica grotta, ed è durante il cammino che quello a diventare preoccupato è Wuxian. Nel vedere Lan Zhan quasi trascinarsi in avanti a causa della gamba ferita, non può far finta di nulla. Gli si avvicina e gli chiede come va la gamba, e nonostante Lan Zhan afferma che va tutto bene, Wuxian sa che non è così, e non può lasciare che l'amico continui a camminarci sopra, perché rischierebbe di perderla. Dopo un attimo di esitazione, si offre di portarlo in spalla, regalandogli un caldo, sincero e quasi timido sorriso.
Lan Zhan, anche se non vuoi accettare il suo aiuto, potresti almeno variare un po' il tuo vocabolario? Battute a parte, non credo che non accetti perché lo disdegni, ma perché non vuole rischiare di cacciarlo di nuovo nei guai, e poi forse sarebbe strano farsi portare in spalla da lui. Lo stesso Wuxian si è un po' imbarazzato nel chiederglielo. La marcia dunque riprende, fino a quando Wuxian tira fuori un talismano e riesce a scoprire l'entrata della grotta nascosta tra la vegetazione.
Io e @dilebe06 ANCORA CI CHIEDIAMO COME DIAMINE ABBIA FATTO. Grazie per la spiegazione eh.
Entrano dunque in questa caverna, con Wen Chao che manda avanti tutti i discepoli per trovare questa sorta di mostro, e addirittura arriva a spingere Wuxian giù dal pendio per costringerlo a esplorare (Lan Zhan subito si precipita per vedere se sta bene). Non contento, vuole offrire qualcuno come esca per attirare la bestia. Ora, li ha fatti camminare per ore, li ha portati in questa grotta, li ha costretti a esplorare, nell'oscurità, senza sapere esattamente cosa devono affrontare, ha sottratto loro le spade quindi non possono nemmeno difendersi, e ora vuole sacrificare qualcuno. Quando si rifiutano di obbedire ai suoi comandi, ordina alle guardie di attaccarli (stiamo parlando dei vari figli dei grandi capi clan!!) e scoppia una ribellione. QUESTO È IL VILLAIN PIÙ STUPIDO DEL MONDO.
Quando digrigna tra i denti che dovrebbero essere tutti giustiziati per il loro comportamento, Wuxian gli fa notare che le regole del Clan Wen dicono di giustiziare coloro che compiono azioni malvagie, quindi dovrebbe essere lui a essere condannato. Wen Chao va su tutte le furie e sfodera la spada, ma Wuxian prende presto il sopravvento, riesce a prenderlo in ostaggio e gli punta la lama alla gola, costringendo le guardie a fermarsi e gettare le armi. Non so quale sarebbe stato esattamente il piano di Wuxian a questo punto (non so nemmeno se lo sapesse lui stesso), perché il tutto è interrotto dal risveglio della bestia marina, una sorta di tartaruga gigante che sembra quasi una sorta di dinosauro. Invece di fare silenzio per evitare di farla arrabbiare, Wen Chao si mette a gridare come un idiota (vi prego qualcuno lo uccida), scatenando l'ira dell'animale. I discepoli fanno del loro meglio per cercare di combattere la bestia, mentre il Wen se la batte a gambe levate, e per togliersi il pensiero fa chiudere l'uscita della grotta con dei massi. Quando i Clan chiederanno dove sono finiti i loro figli, dirà che sono tutti morti in un incidente durante una caccia notturna. Perché è perfettamente plausibile che i discepoli siano TUTTI morti mentre lui e le sue guardie sono vivi e vegeti.
La cosa positiva è che finalmente Wen Chao si e tolto di mezzo (di lui non dirò più nulla) e posso tornare a parlare di Wuxian e Lan Zhan. Quando i discepoli scoprono che non possono più uscire dalla grotta, sono costretti a usare un tunnel sott'acqua per uscire da lì. Peccato che nell'acqua ci sia anche la bestia, arrabbiata e affamata. Nella fuga generale, Wuxian e Lan Zhan rimangono indietro per coprire gli altri, e si ritrovano intrappolati nella grotta.
Scusate, mi dispiace per loro, ma sono felice che possano finalmente passare del tempo insieme, da soli, con calma (calma è un termine relativo visto la situazione in cui si trovano). Non si può negare che l'atmosfera abbia in sé dello spirito romantico: sono da soli, stanchi, bagnati e affamati, in questa caverna buia e fredda, un fuoco a scaldarli, con delle ferite da curare. Per sopravvivere, e per uscire vivi da questa situazione, possono, anzi devono, contare l'uno sull'altro.
Innanzitutto, Wuxian deve trovare il modo di far sputare a Lan Zhan il grumo di sangue che tiene in bocca e che lo opprime. Quale modo migliore di scioccare l'algido Lan Wangji se non questo?
Con tutta la naturalezza di questo mondo, Wuxian si alza in piedi e comincia a spogliarsi, con la scusa di liberarsi dei vestiti bagnati, sapendo benissimo che la qual cosa andrà a sconvolgere Lan Zhan. Il poveretto effettivamente reagisce guardandolo in maniera sconvolta, e arriva a liberarsi del sangue che ha in bocca quando Wuxian intende denudarsi ulteriormente. Una volta capito l'intento dell'amico, Lan Zhan lo ringrazia.
Vedendo la grave ferita alla gamba di Lan Zhan, Wuxian gliela fascia con quello che trova (tra cui la fascetta che Lan Zhan porta sempre sulla testa, che in teoria dovrebbe essere toccata solo da parenti e persone importanti, quindi....), poi lo disinfetta con una delle medicine che gli sono rimaste, gesto che Lan Zhan ricambia subito su Wuxian.
La conversazione cade poi su Mian Mian, una ragazza che Wuxian ha salvato poco prima e per la quale si ritrova una bruciatura al petto. Lan Zhan gli fa notare che il marchio di quella ferita non se ne andrà mai via, ma Wuxian non ne è seccato, anzi è contento di avere una cicatrice che simboleggia l'aver salvato una ragazza, una ragazza che per quello lo ricorderà per sempre. Per lui è qualcosa di molto bello.
"Quindi sai che quella ragazza ti ricorderà per il resto della sua vita?"
Qualcosa mi dice che Lan Zhan comincia a mostrare una certa gelosia. Wuxian ti prego cogli il messaggio. Lan Zhan continua:
"Se non hai intenzioni serie, non dovresti provocare qualcuno."
La gelosia sale. WUXIAN TI PREGO COGLI IL MESSAGGIO:
"Ora capisco. Ti piace Mian Mian."
Io così: ..........................
E IO SCEMA CHE AVEVO QUASI SPERATO IN UN LORO BACIO.
E Lan Zhan che giustamente prima fa una faccia perplessa, poi si chiede perché se ne sta lì a parlare di quelle cose con lui. Ma come gli fa logicamente notare Wuxian, deve stare lì per forza a parlare con lui. Wuxian poi comincia a pensare che Jiang Cheng sta sicuramente cercando aiuti e che presto tornerà a salvarli, ma che probabilmente la famiglia Lan arriverà prima visto che Gusu è più vicina. Con sguardo serio Lan Zhan afferma che non arriverà nessuno per lui, perché i Meandri delle Nuvole sono stati bruciati, suo zio è gravemente ferito, e suo fratello scomparso. È difficile interpretare le emozioni di Lan Zhan, visto che indossa costantemente una maschera rigida e impassibile, ma parlando della sua famiglia colpita duramente, sono sicura che prova tristezza, rabbia, e un profondo dolore.
Wuxian rimane colpito nell'apprendere la notizia, e volendo cercare di confortare Lan Zhan gli chiede se ha freddo e se vuole che lo copra con i suoi vestiti asciutti, ma quando si volta verso di lui lo trova addormentato, perché Lan Zhan funziona come un orologio svizzero: se la regola della scuola Lan dice di dormire alle nove, alle nove Lan Zhan si addormenta. Wuxian sorride tra sé e poi lo copre con cura, in un gesto affettuoso.
Il giorno dopo i due eroi si preparano ad affrontare la bestia, raccolgono le armi rimaste e si fanno coraggio. A quanto vedo la strategia è attaccare sia dall'interno (Wuxian) che dall'esterno (Lan Zhan). Wuxian, NON SO COME, si infiltra nel corpo della Tartaruga, che a quanto pare è grande come un appartamento. Comincia a girare, girare, girare... Vede persone morte appese qua e là (ogni appartamento è arredato secondo lo stile del proprietario, eh), e poi trova una spada, che usa per combattere la tartaruga che in qualche modo infila la testa dentro il proprio corpo (???). Lan Zhan intanto usa una corda che dovrebbe strangolare la bestia ma che in realtà non serve assolutamente a niente. Wuxian poi sfida (e vince!) la forza di gravità, rimanendo sospeso a mezz'aria per dieci minuti buoni, mentre la spada inizia a dare segni di squilibrio facendogli sentire nella testa delle grida di persone, cosa che fa improvvisamente mutare l'espressione di Wuxian. Nel sentire tutta quell'energia risentita dentro di sé, la sua faccia diventa come "cattiva", con un sorriso inquietante sulla labbra. È solo un secondo. Poi l'energia della spada (o è Wuxian che la padroneggia?) rianima le altre spade infilzandole a morte nel collo della Tartaruga.
Lan Zhan si precipita a recuperare un mezzo svenuto Wuxian, che gli confessa non credeva sarebbe uscito vivo da là dentro e che lo avrebbe rivisto di nuovo. Come si accorge che ha la febbre, Lan Zhan lo cura con l'energia spirituale, e appena si riprende un po' Wuxian comincia a lamentarsi della troppa noia, del troppo silenzio, e chiede a Lan Zhan di cantargli una canzone. Ogni suo desiderio è un ordine. Lan Zhan intona una melodia e la fa sentire a Wuxian tramite il contatto fisico. Mi sono scritta i versi della canzone:
Se ascolto la melodia del flauto, sono il solo preso da malinconia
Nel cuore della notte le nuvole si estendono all'infinito
Torto o ragione rimangono nel passato
Al mio risveglio, come posso considerarlo solo un sogno?
Come si può valutare la perdita dell'onore, le conquiste e le sconfitte di questo mondo mortale
Al sibilo del sangue rovente e della lama di ghiaccio
Sulle cime dei monti o in fiumi lontani
Posso sentire di nuovo il suono del guqin
Le antiche fiamme non si sono spente: sotto il letto, gli steli dei fiori d'astro sono come brina
Preparo una ciotola di tristezza e di gioia di vivere e morire per brindare a quel ragazzo
Come mai lo splendore della luna languisce ancora?
Perché non affrontare a cuor leggero ogni tempesta
E, all'orizzonte, godere insieme di una bella melodia
Ok, ammetto che rivedendo la scena mi sono di nuovo commossa, questo perché in fondo sono un'inguaribile romantica, e li shippo tantissimo. La canzone è molto poetica, e non è solo una dichiarazione d'amore, ma è anche un inno alla vita, un brindisi ad accogliere e sfruttare tutto quello che la vita ci può portare, la tristezza e la gioia, le perdite e le vittorie, il dolore e la bellezza, una bellezza che può essere suonare insieme al tramonto dopo aver affrontato una sfida fianco a fianco. Wuxian ha risvegliato in Lan Zhan la passione per la vita, e la canzone è un modo per abbracciare questa vita a volte triste, a volte dolce, a volte lieta, e Lan Zhan vuole abbracciare tutto questo con Wuxian al suo fianco, perché senza di lui tutto è più sbiadito.
Purtroppo i due si separano ancora: quando Wuxian riprende conoscenza, si ritrova fuori dalla grotta, Jiang Cheng è venuto a prenderlo, mentre Lan Zhan è partito per pensare alla sua famiglia. Con un arrivederci cosi intenso, bello ed emozionante, credo che passerà un po' di tempo prima che possano vedersi di nuovo.
PERSONAGGI SECONDARI E VILLAIN.
Wen Qing e Wen Ning.
Li amo. Hanno un cuore d'oro e possiedono un coraggio da giganti. Dopo che Wen Qing è stata duramente rimproverata per aver aiutato Wuxian e Lan Zhan durante la caccia al tesoro, per proteggere il fratello la ragazza gli intima di starsene lontano dai due d'ora in avanti, non sono suoi amici ed è meglio che pensi ai fatti suoi. Ma non passa molto che entrambi tradiscono la loro bontà di cuore e il non riuscire a voltare la testa dall'altra parte quando vedono qualcuno in difficoltà. Wen Ning sottrae alcune medicine dalla scorta della sorella e le porta al povero Wuxian relegato nella cella col cane gigante. Wen Ning si sente debitore verso di lui perché tempo prima lo ha salvato durante la caccia al lago, e ora vuole ripagare la gentilezza. In più addormenta anche il cane. Quanto è coraggioso nel fare ciò? Sa che finirebbe nei guai se qualcuno dovesse scoprirlo, ma nonostante questo non si tira indietro. È molto dolce e gentile, ma quando si tratta di difendere i suoi amici nulla può fermarlo.
Lo stesso posso dire di Wen Qing. Prima si arrabbia col fratello per aver aiutato Wuxian di nascosto da lei, vorrebbe quasi impedirgli di uscire dalla sua stanza d'ora in poi, ma poi lei è la prima a preoccuparsi dei nostri eroi. Si preoccupa quando si rende conto che Wuxian non è ancora tornato nella sua stanza ed è ancora in punizione, fa in modo che il gruppo faccia una pausa durante la marcia così che Lan Zhan possa riposare la gamba, cerca in tutti i modi di evitare che Wen Chao rinchiuda i poveretti nella caverna. Wen Chao intuisce il suo doppiogioco e le intima di stare attenta.
Continua la "storia romantica" tra la ragazza e Jiang Cheng. Il più preso tra i due mi sembra quest'ultimo, che si dimostra preoccupato per lei sapendo che è stata rimproverata dal Capo Clan. Lei lo rassicura e gli promette che farà del suo meglio per aiutarli. Jiang Cheng è imbranato e impacciato e ANCORA NON HA IL CORAGGIO DI DARLE QUEL PETTINE CHE HA COMPRATO SEI EPISODI FA. Jiang Cheng buttati!!!
Jin Zixuan, Mian Mian e la smorfiosa.
Torna in scena il fidanzato di Shijie (anzi, ormai ex fidanzato), e se dapprima lo avevo considerato un maleducato e quasi un bifolco per il suo comportamento nei confronti della fidanzata, ora comincio a scoprire che il ragazzo nasconde un certo coraggio e un notevole senso di giustizia. Si dimostra da subito seccato di fronte all'atteggiamento di Wen Chao, e all'inizio si rifiuta di consegnare la sua spada, ritenendolo ingiusto. Per evitare che il suo maestro finisca nei guai, Mian Mian interviene e gentilmente cerca di mettere pace con Wen Chao, che effettivamente si calma. A quel punto Jin Zixuan consegna la spada, se pur con riluttanza.
La sua rabbia cresce quando vengono portati nella grotta per affrontare una bestia sconosciuta. Indignato, si ribella a Wen Chao dicendogli che tutto ciò non è ammissibile, non solo non hanno idea del pericolo che devono fronteggiare, ma non hanno nemmeno le armi per difendersi. È come condannarli a morte. Quando Wen Chao vuole offrire qualcuno come esca, la smorfiosa al suo fianco vuole sacrificare Mian Mian, ma Jin Zixuan la difende e non permette a nessuno di toccarla.
Non ricordo assolutamente il nome della smorfiosa, ormai nella mia testa la chiamo così, perché tutte le volte che la vedo questa è la parola che mi viene in mente. Antipatica come una banana marcia calpestata per terra, questa donna non è nessuno, non è una nobile e la sua famiglia non è prestigiosa. Solo perché va a letto con Wen Chao crede di essere in una posizione superiore rispetto agli altri, ha le spalle parate, e si sente in diritto di fare la prepotente con tutti. Basta guardarla in faccia per odiarla. Indispettita perché non è riuscita a mettere le mani su Mian Mian (di cui è gelosa perché è più carina di lei, ci scommetto), non vuole cedere, e mentre tutti stanno combattendo la fa tenere ferma da due guardie per poterla marchiare e rovinarle quel bel visino che ha. Wuxian interviene rimanendo lui stesso ferito, e guadagnandosi l'eterna antipatia della smorfiosa.
LA FAMIGLIA JIANG.
Pensando a questa famiglia problematica, mi viene da sorridere se la paragono alle famiglie Mulino Bianco che vedo nelle pubblicità. Delle famiglie assolutamente assurde e irreali, con tutti che si svegliano presto la mattina freschi e sorridenti, che si siedono a tavola a fare colazione con entusiasmo e allegria, imboccandosi a vicenda più felici che mai. Quanto è irreale tutto ciò? La famiglia Jiang è molto più credibile e realistica. I rapporti umani sono il punto forte di questa serie tv, e il rapporto tra Wuxian e Jiang Cheng è una vera perla di questa storia. Non riesco nemmeno a descrivere a parole quanto ami questi due fratelli.
Il loro rapporto di amore/odio continua, con Jiang Cheng che è sempre più tsundere. Sempre a borbottare dietro a Wuxian e a temere che possa fare qualcosa di stupido, ma in realtà è sempre molto preoccupato per lui. Prima Wuxian gli assicura che nonostante Wen Chao lo disgusti, non causerà problemi alla loro famiglia, e all'inizio è così, consegna la spada senza lamentarsi, ma successivamente si fa mettere in punizione per salvare Lan Zhan e Jin Zixuan. Jiang Cheng continua a ripetergli di imparare la lezione, ma la storia si ripete quando hanno davanti un Lan Zhan che rischia di diventare zoppo perché li costringono a camminare. Wuxian vuole aiutarlo, ma Jiang Cheng gli dice di lasciar perdere:
"È già abbastanza difficile badare a se stessi, non possiamo occuparci anche dei problemi degli altri."
Wuxian: "Primo, non è una cosa da poco. E secondo, qualcuno deve occuparsi di questa faccenda."
Io capisco le motivazioni di entrambi. Sono in una situazione di pericolo, sono ostaggi nelle mani di questi pazzi, meno si fanno notare meglio è. Capisco l'istinto di sopravvivenza di Jiang Cheng e la sua preoccupazione verso il fratello, e allo stesso tempo capisco Wuxian che davanti a una persona zoppicante non riesce a voltarsi dall'altra parte. Le loro mentalità e le loro posizioni differenti li portano a scontrarsi. Jiang Cheng è il futuro erede, è legato a certe aspettative, deve preoccuparsi della sicurezza del Clan e del suo buon nome. È normale che giochi "in difesa". Wuxian invece parte all'attacco, lui è più libero e non deve pensare a certe cose. Sono destinati a cozzare, ma nonostante questo è bello vedere come continuano a volersi bene e a preoccuparsi l'uno per l'altro. Mi fa sorridere quando Jiang Cheng tenta SEMPRE di mascherare la sua preoccupazione dietro un atteggiamento da duro, per esempio: "Sono accorso per vedere se ti fossi fatto mangiare dal mostro ricoprendo di vergogna il Clan Jiang."
Miglior personaggio tsundere di sempre.
Ma il bello arriva quando tornano a casa (Signora Yu is coming!!!). Prima ci mostrano tutto l'affetto che unisce questa famiglia, quando si riuniscono intorno a Wuxian nel momento in cui riprende conoscenza. Molto dolce e affettuoso il legame che unisce Wuxian alla sua Shijie, seduta accanto a lui pronta a sorridergli quando lo vede aprire gli occhi. Quando li vedo insieme mi sembra quasi di vedere una mamma e un bambino a volte. Yan Li ha un atteggiamento a tratti materno con i suoi fratelli, come quando porta la zuppa in tavola o li fa smettere di litigare. Wuxian diventa un bambino in sua presenza, e si vede lontano un chilometro che le vuole un bene indescrivibile.
Peccato che la sorella esca di scena proprio sul più bello. MA FATELA RESTARE!!! Non capisco perché questa deve stare in scena solo per portare la zuppa e fare le coccole a Wuxian, e poi essere esclusa dalle dinamiche famigliari importanti.
Lo Zio Jiang si siede sul letto preoccupato per la salute di Wuxian, ma questi lo rassicura dicendogli che ormai sta bene, e che anche Jiang Cheng ha sofferto molto nei giorni precedenti, correndo come un matto senza fermarsi mai per cercare aiuti per salvarlo. Toh, il padre sembra ricordarsi di avere un figlio e si congratula per il buon lavoro di entrambi. C'è un'inquadratura che mostra Jiang Cheng guardare il padre nella speranza che si complimenti con lui, che gli chieda come sta, o che magari gli sorrida in modo affettuoso, ma nell'inquadratura successiva il padre è voltato e sta sorridendo a Wuxian (......................). Non commento CHE È MEGLIO.
Wuxian rimpiange di non aver avuto qualcuno come Jiang Cheng con cui parlare nella grotta, invece ha dovuto sopportare la noia con Lan Zhan. Jiang Cheng torna alla carica con il suo tsunderismo, rinfacciando a Wuxian che se sarebbe morto di noia almeno avrebbe imparato la lezione di aver fatto l'eroe. Wuxian non se la prende, sa che è la rabbia a farlo parlare, ma il padre lo rimprovera e afferma che ancora non deve aver capito il significato del motto del Clan.
Ok. Fermi. Fermi. Fermi. Quanto è sbagliato e triste tutto ciò? Riversando la sua attenzione e la sua preferenza su Wuxian, il signor Jiang mette in una posizione difficile entrambi i ragazzi: Wuxian vede il fratello messo da parte e si vede costretto a far notare le sue imprese al padre, mentre Jiang Cheng soffre di un chiaro senso di inadeguatezza e gelosia. Il tutto è peggiorato con l'arrivo della madre, e subito Wuxian che si mette sull'attenti (la Signora Yu è l'unica persona al mondo a riuscire a metterlo in soggezione, lol).
Ora, la signora ha tutte le ragioni del mondo per essere arrabbiata, oltretutto la situazione è gravata dal fatto che un tempo suo marito era innamorato della madre di Wuxian, e i pettegolezzi su questo si sprecano, c'è anche chi dice che Wuxian sia figlio del signor Jiang. Ma anche il modo di fare della Signora Yu è totalmente sbagliato. Capisco la sua rabbia nel vedersi portare in casa un ragazzo che viene preferito al figlio, capisco che si senta umiliata e tutto quanto, ma come è sbagliato preferire Wuxian a Jiang Cheng, così è sbagliato odiarlo perché il marito lo preferisce. I due ragazzi non hanno colpa di nulla, eppure sono quelli che ne pagano maggiormente le conseguenze. Wuxian è in imbarazzo in presenza della Signora Yu e non si sente bene accetto, mentre Jiang Cheng non si sente ben voluto dal padre e soffre nel vedere i genitori litigare.
La Signora Yu ci va giù pesante. Rimprovera Wuxian per aver fatto l'eroe, e afferma che prima o poi quel ragazzo porterà qualche disgrazia in quella famiglia. Chiede poi al marito se si ricorda quale tra i due ragazzi sia suo figlio, i toni si scaldano, le voci vengono alzate, e il marito se ne va soffocando la rabbia seguito prontamente dalla moglie fumante, lasciando Wuxian con le lacrime agli occhi e Jiang Cheng sconvolto.
GENITORI DELL'ANNO.
In tutto ciò, mi sarebbe piaciuto sapere l'opinione della sorella. Avrei gradito vedere come avrebbe reagito nel vedere la madre trattare così Wuxian, o davanti al padre che si ricorda dell'esistenza del figlio solo quando Wuxian gliela fa notare. Invece no, hanno deciso di escluderla. Lei viene in scena solo per portare la zuppa. Vabbè...
Dopo questa sfuriata (immagino sia l'ennesima in casa Jiang), tocca a Wuxian cercare di tirare su il morale al fratello, che se ne va tutto sconsolato e frustrato. Wuxian gli corre dietro, dicendogli di non dare peso a tutte quelle sciocchezze che ha sentito. Gli dice che è normale per lo Zio Jiang trattarlo in un certo modo, perché lui è il suo erede e quindi deve essere più severo, ma Jiang Cheng ribatte che il padre non lo tratta così perché vuole solo essere severo, ma perché siccome non gli piace sua madre, allora non gli piace nemmeno lui. Lui non possiede la personalità giusta, non capisce il motto del Clan, non è l'erede ideale che il padre vorrebbe. Wuxian fa di tutto per cercare di consolarlo e rincuorarlo: è impossibile che al padre non piaccia, lui è il suo stesso figlio; e poi chi l'ha detto che per essere il capo del Clan Jiang devi avere per forza una certa personalità? Ogni Capo Clan è diverso a modo suo, e se qualcuno oserà dire di Jiang Cheng che non è adatto, lui lo picchierà.
"Quindi non pensarci. In futuro, quando sarai Capo Clan, io sarò il tuo braccio destro, come mio padre fu col tuo. Che importa se il Clan Lan di Gusu ha le Giade Gemelle? Vorrà dire che i Jiang di Yunmeng avranno le due Glorie Gemelle!".
Nel mentre mi si inumidiscono gli occhi nel rivedere la scena, devo fare i complimenti a questi due fratelli. Quanti altri ragazzi al posto loro sarebbero riusciti a costruire un legame del genere? Avrebbero potuto odiarsi, Jiang Cheng avrebbe potuto odiare questo estraneo che un giorno è arrivato in casa sua portandogli via la preferenza del padre, e Wuxian avrebbe potuto bellamente fregarsene di Jiang Cheng e ignorare i suoi sentimenti, beandosi dell'affetto dello zio. Invece tutti e due sono cresciuti volendosi bene nonostante tutto, si preoccupano l'uno per l'altro, e anche se non hanno un legame di sangue sono dei veri fratelli.
Vi adoro ❤
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