#io ci provo ad essere femminile
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Ieri ho comprato delle calze autoreggenti. Mai comprate in vita mia perché avevo paura facessero effetto corallina. Chiedo alla commessa una taglia adeguata. So alta, so tanta, la commessa sei tu, saprai cosa vendermi. Io mi fido ciecamente, anche perché le calze mica si provano. Torno a casa, provo le calze, arrivano precise al ginocchio…
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hey, ho letto qualche tuo post spero che quello che sto per dire non ti dia fastidio: anche io sono a dieta, è un percorso duro e spesso la gente tende a non capire lo sforzo e la sofferenza che c'è dietro a chi lo intraprende minimizzando il tutto dietro a frasi come "vedrai come sarai bella dopo!!" senza rendersi conto di quanto sia deleterio per noi. io da adolescente (15-16 anni) ero davvero molto magra, la gente tende a ricordarsi di me come quella piccola e snella ragazzina trasparente ma adesso ho 25 anni, la crescita, lo sviluppo, il diventare donna ha cambiato molte cose compreso il mio peso. non ho mai visto questo come un problema anzi, proprio perché da ragazzina non mangiavo e mi privavo di tutto avevo iniziato a vedere il mio nuovo rapporto con il cibo come uno sviluppo positivo. questo finché da qualche mese a questa parte la mia famiglia ha iniziato a dirmi quanto fossi ingrassata, grossa, diversa, "fai sport" - "smetti di mangiare" - "dei perdere almeno tre chili" e all'improvviso tutti i miei progressi sono tornati ad essere nulli, vani. il cibo mi faceva schifo, pensare anche solo a mangiare mi faceva venire le lacrime agli occhi e il tremore alle mani, tutti i pensieri intrusivi sono tornati e continuavo ossessivamente a guardare le foto dei miei quindici anni. tutto questo te lo sto raccontando come grossa premessa per dirti che: lo capisco, so bene come ci si sente e quanto questo possa essere pesante ma.. non lasciare che rovini le tue giornate, o la tua vita, si può sempre trovare un equilibrio anche se spesso è minato da qualche pensiero di troppo. io cerco di prendere ogni giorno con ironia e ho iniziato a fare le foto a tutte le brutte, bruttissime, composizioni che creo con gli elementi della dieta giornaliera (anche perché.. Che bel piatto può venire fuori con otto pezzetti di pollo e un fetta di pane?) e cerco di pensare che lo sto facendo per me e non per un canone estetico imposto. comunque il tutto per dire, cerca di non essere troppo dura con te stessa, i cambiamenti vanno bene anche se drastici, l'importante è trovare sempre dentro se stessi la bussola giusta che ci faccia capire cosa sia giusto per noi, ti auguro che questo percorso vada meglio e che prima o poi prenda una svolta positiva che non ti faccia essere troppo severa con te stessa e ricordati che -purtroppo- il copro femminile cambia inevitabilmente e che non è colpa nostra.
spero di non aver parlato a sproposito, buona giornata 🌸
Non hai parlato a sproposito, anzi, ti ringrazio per aver condiviso questi tuoi pensieri con me.
In certi momenti ho chiaro in mente il fatto che non sia totalmente mia la colpa di come sono diventata ma è frutto di un insieme di cose che mi hanno portata ad essere così, però in altri momenti non riesco a non darmi la colpa anche se razionalmente riconosco che più mi incolpo e più faccio passi indietro.
Purtroppo chi non vive questa situazione non ci può capire totalmente e sappiamo noi tutti i sacrifici che facciamo ogni giorno. È bello che qualcuno riesca a comprendere quello che provo anche se dall'altra parte non vorrei mai che qualcuno provasse questa sensazione perché so quanto è brutta.
Facevo anche io le foto alle mie brutte composizioni con il cibo e posso dire che mi è stato utile per tantissimo tempo.. a distanza di anni le riguardo e mi chiedo 'dove trovavo la forza per farlo?' ora banalmente fatico anche ad alzarmi dal letto o a mettere in ordine camera... Però voglio riprendere a farlo perché mi faceva stare bene.
Auguro anche a te di poter andare avanti nel migliore dei modi PER TE e non perché gli altri hanno qualcosa da ridire sul tuo corpo. Il nostro corpo è casa nostra e nessun altro oltre a noi ha il diritto di esprimersi a riguardo. Se ciò che fai lo fai per migliorarti e perché ti fa stare bene continua a farlo, perché è questo ciò che importa veramente.
Grazie ancora per tutto ciò che hai detto 🫶🏻🌸
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Un automa buono
Ho poche energie oggi, come ieri, come l’altro ieri. Tutta la settimana insomma passata senza energie. È la tristezza di un altro abbandono, io che li colleziono ma non ho neanche spazio per una mensola in camera. Sono tutti sotto il letto, i miei pezzi di vita non vissuti; impolverati, mi sussurrano alle orecchie nella notte, entrano nei miei sogni, mi fanno svegliare sudata. Guardo poco sotto il letto, prendo giusto le scarpe dalla prima fila di cianfrusaglie dimenticate li’ sotto per fare spazio nella mia minuscola stanza. Ci provo, a guardare le mie paure, a cercarle, a farle uscire allo scoperto… ma tanto so che lo faranno loro per me, senza che io abbia il potere di controllarle, vigliacche!
Sono di nuovo nel mezzo dell’Oceano, annaspo nell’acqua gelida, ho perso la voce e la speranza dei primi 5 minuti dei dispersi. Un altro compleanno si avvicina, e la mia idea di donna in carriera e in una relazione sana si allontana. Questa città sembra essere sempre più grande e grigia, mai come ora le distanze in metro sono meno sopportabili.
Ho un bel gruppo di amiche: Alessia la romana, Gaia la genovese, Valentina la sarda. Ragazze forti e fragili, che mi stanno dando la possibilità di fidarmi del genere femminile. È dura, considerato il mio passato con mia madre , ma piano piano, con attenzione, provo a parlare di me, provo ad ascoltare loro. È un sollievo poter avere delle amiche intelligenti e sensibili, simpatiche… buone. Buone. Perché tutte le donne che ho incontrato nella mia vita mi hanno sempre dimostrato invidia, instabilità, cattiveria. Sento meno la necessità di dover avere amicizie maschili per dovermi difendere da lingue biforcute - e quindi la possibilità di perderle, considerando che poi ogni uomo con cui creo un vero rapporto di amicizia, mi vuole portare a letto. Da un lato mi sento meno sola. Da un lato. Solo da un lato…
Il lavoro non va più. E per me, che il lavoro è come una relazione d’amore, se non va più è perché mi sono annoiata, ho perso ogni stimolo. I colleghi pensano che io sia un’asociale arrogante - e in effetti lo sono, come quando ero al liceo linguistico -, i ragazzini sono degli ignoranti maleducati, il sistema scolastico che esiste qui è troppo schematico, sterile; per non parlare dell’ora all'andata e l'ora a ritorno nella metro per raggiungere la scuola. Mi sento stanca. Mi sento così stanca… che mi sono trasformata in mia madre. Sono acida e severa con tutti i bambini, e questo atteggiamento me lo porto fuori dalle mura scolastiche. Dura, giudicante, insensibile, nevrotica, e trascurata. La necessità di sentirmi da esempio mi porta ad essere una specie di automa buono, privo di creatività e sensualità. Una maestra. Io non voglio più insegnare nulla a nessuno, non voglio più sacrificarmi per nessuno, voglio essere me stessa, con tutti i miei difetti, ed essere amata per quello che sono. Perchè io lo faccio… voglio bene a tutti anche con i loro difetti…
Vorrei tornare a lavorare nell’ambito turistico, hotel o ufficio. Stavo pensando alla guest relations negli hotel o la travel agent (anche se per quello bisogna studiare non so quale programma), l’accompagnatrice turistica… insomma qualcosa di più dinamico, libero, interessante; che si addica più al mio carattere curioso, in continuo movimento. - Tanto di farsi una famiglia qui, non se ne parla. - Voglio di nuovo stare fra gente simpatica, sorridente, un po’ matta, interessante, umile. Gli inglesi nelle scuole sono falsi, seriosi, inavvicinabili, e mi fanno sentire sempre inadeguata, diversa. Lavorare nell’hospitality era poco stimolante perché non legato molto all’ambito culturale, ma di sicuro ti riempiva la giornata, due risate, due chiacchiere, ed era andata. L’uniforme e i bei ragazzi in uniforme… ma questa è un’altra storia. La spensieratezza. Forse ora che ho più esperienza in altri campi, potrei apprezzare di più un lavoro del genere, senza sentire di aver sprecato i miei studi. Perché sono un’insegnante adesso, posso sempre fare lezioni online a mio piacere. Solo non full time. Posso tradurre per il turismo, se decido di tornare nel campo. Devo solo migliorare nell’organizzazione e nelle competenze informatiche (che per me è un bello scoglio). E forse studiare digital marketing, aprire un sito web sui viaggi… col turismo si possono fare mille cose. Voglio riprovarci. Devo solo capire quando. Devo solo trovare il coraggio di lasciar andare.
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G. lavora nel negozio di fianco al mio, ha quarantasei anni, due gatti, vive in un monolocale vecchio degli anni sessanta da sola, fa burlesque, o così dice in giro, anche se quando l'ho vista ballare al saggio di una mia amica sembrava di veder ballare un appendi abiti rotto. Si ritiene una strega, femminista, bodypositive, partecipa ad un progetto di rivalutazione del corpo maturo femminile, dice che le piace la poesia, si fa solo selfie da altissimo o dal bassissimo, le puzza il fiato talmente tanto che la distanza di sicurezza per non sentirlo sono almeno un bancone di lavoro e tre passi di distanza. Rientrando dalla pausa sigaretta mi saluta, mi domanda come sto, se sto iniziando o finenedo, poi mi chiede dove sia finito il tipello che lavorava con me da poco e io le dico che il ragazzo non ha avuto il rinnovo e non lavora più con noi, lei fa una mezza sceneggiata in cui finge di piangere disperata, ed io stranito chiedo perché e lei ammiccando risponde solo "beh", subito comprendo e continuando a camminare per raggiungere la mia postazione rispondo "aaah ho capito ti esaltava".
Lei risponde -beh, eheheh, beh, eheheh, beh, con quelle braccia tatuate e quegli occhi, e quel culetto- poi rimarca -cioè, tu sei simpatico eh, ma l'hai visto lui?!-
Allora, partendo dal fatto che nessuno le ha chiesto un giudizio su di me, e tantomeno su di lui, continuando col fatto che ha quarantasei anni, e che "quel culetto" 'nse po' sentì, precisiamo due cose, questo ragazzo è veramente bello, italo-argentino addominale non troppo marcato, occhi verdi, capello riccio, labbra carnose, magro, braccia tatuate, buon gusto nel vestirsi, simpatico ed educato, unico difetto: scemo come un pangolino. In sei mesi di lavoro è riuscito a sbagliare tutto lo sbagliabile, a farsi truffare nei modi più idioti mai visti ed ogni istruzione richiedeva, come minimo, cinque spiegazioni per comprendere almeno le basi di ciò che dovesse fare. Dunque il belloccio più inutile che abbia mai visto in questo campo, ma comunque sulla bellezza non gli puoi dire nulla. Ora non lo so perché questa cosa mi abbia toccato tanto, sarà per chi mi ha fatto sentire una merda, sarà perché effettivamente sono invidioso della sua bellezza, sarà per il giudizio non richiesto sul suo sedere, ma alla fine io sono quello simpatico, sempre, begli occhi e simpatico, che è esattamente quello che tanti uomini dicono delle "belledifaccia", ora provo a spiegarvi una cosa semplice quando a qualcuno appioppate un singolo aggettivo carino come se giustificasse il vostro implicito dargli del cesso a pedali non siete dei missionari di medjugorie, siete dei figli della merda. Ho perso tanto tempo a descrivere la donna che ha detto questo perché è la classica persona che ci rimane male male da morire quando succede a lei, ma poi vuole Jason Momoa (che sticazzi, Momoa fa bagnare anche il gesso, ma non è questo il punto), non si fa problemi a fare lo stesso con altri e io sono simpatico. E io vi dirò, mi sta anche bene essere simpatico, perché lo sono davvero,un sacco proprio, ma regà, sulla grassofobia che vi portate tutti appresso dobbiamo farne di strada, e di discussioni pubbliche, perché ben venga la bodypositivity ma in giro ci sono ancora troppe "belledifaccia" e troppi "simpatici". Passo e chiudo e vaffanculo.
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DOPO LA FESTA
Lo svegliò l’odore del caffè e inconsciamente capì subito che doveva essere un caffè fatto in casa. Aprì gli occhi ma vide solo il bianco delle lenzuola e solo il vederlo gli fece venire un gran mal di testa tanto che chiuse gli occhi “Amore ti ho portato il caffè” disse una voce femminile “Che strana voce ha Gessica questa mattina.” Si disse, ascoltando ad occhi chiusi quella voce sottile quasi da bambina. Sentì sulle labbra il bordo della tazzina e presala in mano bevve lentamente “Buonissimo, pensò, proprio come piace a me Gessica questa volta è stata brava” Apri gli occhi sorridendo e si vide davanti il volto di una donna che non aveva mai visto. Era mora con gli occhi scuri, mentre Gessica era bionda con gli occhi chiari, la ragazza indossava un accappatoio chiaro con disegnato degli orsetti e da come era aperto sul davanti, si capiva sia che sotto non indossava nulla sia che aveva una misura di petto tripla di quella di Gessica. Anche il resto del suo corpo era il doppio di quello di Gessica che con i suoi cinquanta chili scarsi sarebbe scomparsa dentro l’indumento. “Che c’è?” Chiese lei vedendo la sua faccia sconcertata. “La luce, mi da fastidio.” Rispose dicendo in parte la verità. “dovevi vedere che mal di testa avevo io quando mi sono svegliata – fece lei sorridendo con aria complice – poi mi sono fatta una doccia ed è passato tutto. Fatti anche tu una doccia, vedrai che starai meglio” Aprì l’anta di un grande armadio tirando fuori un accappatoio con coniglietti Solo allora, alzandosi dal letto, si accorse che era nudo. Guardò le due nudità, che pensò di nascondere tra le mani e poi la ragazza cercando qualche scusa. Lei invece gli passò l’accappatoio e sfiorò con le labbra quelle di lui “Uhmmm – fece lei sotto voce – mi fai venire voglia” e si girò dirigendosi verso la sala su cui, attraverso un disimpegno, si affacciava la stanza da letto. L’ osservò andarsene muovendo il suo di dietro in una maniera tale, che pur di misura XXL aveva un che di aerea civettuoleria con gli orsetti dell’accappatoio che sembrava ballassero il chachacha “Ma che minchia ho fatto? E quanto minchia ho bevuto? Mannaia a mia sembra che non so che non sopporto l’alcool e che poi non mi ricordo nulla!!!” Si chiese preoccupato ed incazzato con se stesso. Andò verso il disimpegno in cui vi era anche la porta del bagno che era un trionfo di rosa e di cornici barocche colmo del profumo di creme rimasto a mezz’aria insieme al vapore. Prima di entrare nella doccia si guardò nello specchio che copriva la porta del bagno. I capelli erano scomposti come se si fosse pettinato con i mortaretti, mentre la faccia sembrava quella di un ‘pizzatu o peggiu, di nu cugghiuni di mulu, tanto era brutta, grinzosa e smorta. Sul petto aveva dei segni come di graffi e li in basso vide delle strisce rosse che pensò preoccupato sangue scoprendo che invece era rossetto Il pensiero andò alla fidanzata. “Che gli dico ora a Gessica?” Entrò nella doccia e aprì l’acqua e solo mentre si insaponava si ricordò un cosa tremenda “Gessica mi ha lasciato!!” restò immobile nella doccia mentre l’acqua calda scendeva in piccoli rivoli sul suo corpo e lavando la schiuma dall’odore di papaya con cui si era coperto. Ora ricordava! Aveva litigato con Gessica. Anzi no, lei era venuta all’appuntamento che gli aveva chiesto e gli aveva restituito l’anello. “Mi dispiace, ma nun è cosa” “Comu nun è cosa? C’è un altro?” “No, ma nun è cosa, ommai si comu n’amicu: non provo più niente. È come se mi fossi svegliata da un sogno capendo che era un incubo. Devo finire questa farsa prima che ci facciamo male” “Ma come un incubo? C’è un altro?” “No – rispose lei incazzata – non c’è un altro, è che non ci sei tu!” Si girò e se ne andò Lui la rincorse e la fermò “C’ è un altro, troia, non me lo vuoi dire! Come può essere che dopo cinque anni che stiamo insieme prendi e mi lasci così, come si lascia un cane per strada” Lei diventò una belva ed incominciò ad urlare “Non c’è nessuno, sei tu che mi hai rotto, con le tue visite ai parenti, con il parlare di un domani con solo impegni e sacrifici, senza mai pensare a quello che io voglio e a come la penso. Io voglio stare con qualcuno che mi riempia la vita non che me la organizzi! Perciò hai rotto, capito? R-O-T-TO” E l’osservò con gli occhi di una belva. La guardò stupito, chiedendosi se fosse proprio lei quella che chiamava “amorino” o “micettina” e che invece era na rannissima buttana! Reagì quindi come reagiscono tutti gli uomini stupidi: le diede uno schiaffo! Ma all’ultimo momento rallentò la forza dello schiaffo, perché era un gesto contro la sua natura e perché non aveva senso. Perché in fondo l’amava e non poteva farle del male. Lei invece gli restituì lo schiaffo con una violenza tale che dopo aver fatto due giri su sé stesso andò a sbattere contro un albero del marciapiede e scivolò sulla strada finendo sdraiato tra due macchine parcheggiate. Probabilmente era svenuto perché si ricordò solo la voce di un bambino che diceva “Guarda mamma due piedi” E la madre rispondere, “non toccare è cacca” Si ricordò vagamente che si alzò e sentendosi le guance gonfie per lo schiaffo e il colpo all’albero decise di andare da Mario, un suo amico che abitava li vicino a cui raccontò quello che era successo. Mario gli diede del coglione perché tutti avevano capito che lei lo voleva lasciare, mentre solo lui insisteva a non capire, a voler continuare “ma se due si vogliono bene, si parlano e le cose si risolvono” Si difendeva lui “Ma lei ti parlava in tutti i modi, con il corpo, le allusioni e le parole. Ma tu eri chiù orbu i na littiridda (pipistrello): non hai mai capito na minchia!” Concluse l’amico. Poi ebbe pietà e gli disse che avevano organizzato una festa clandestina in un Palmento verso Santa Teresa, sarebbero andati a divertirsi e dopo due bicchieri di vodka avrebbe sicuramente dimenticato Gessica. Dopo quasi un ora e mezza di macchina finì in un vecchio baglio dove in un magazzino enorme stavano chiusi per via delle limitazioni del Covid, un centinaio di ragazzi che ballavano storditi dalla musica, dalle canne e dall’alcool. A lui bastarono pochi bicchierini di vodka al melone per imballarsi. Si mise a girare per il magazzino pieno di ragazzi, che ballavano agitandosi nella penombra e nella nebbia formata dal fumo denso delle canne. Ballavano stordendosi, accecati da un mitragliare ritmico di raggi laser e assordati dalla musica ossessiva. Ad un certo punto gli sembrò di vedere la forma filiforme di Gessica con la sua chioma bionda e lunga. Pensò che forse era li con il nuovo ragazzo. Furioso si aprì una strada tra la folla per raggiungerla. Dopo aver sgomitato a destra e sinistra la arrivò alle spalle ed era appoggiata ad una botte piena di bicchieri di plastica con altri ragazzi che gli stavano intorno. Le toccò la spalla gridando “Gessica...” pronto a restituire lo schiaffo che aveva ricevuto. Anzi stava quasi per farlo partire quando la bionda si girò mostrando una barba di tre giorni e un naso aquilino che da solo faceva provincia. “Chi Cessica e Cessica? Cammelu sugnu! cu je sta Cessica” Disse seccato il biondo con proboscide “Nenti, nenti, ho sbagliato persona” fece frenando il braccio che stava partendo. “Levati i cà ricchiuni chi finisci male” disse uno alto e grosso quanto un paracarro seduto vicino a Cammelu “Vatinni , chi nun ti mittemu i mani in coddu picchi nun vulemu prublemi” Sottolineò l’uomo elefante. “Na cosa dissi, puru pi sbagghiu” rispose e si allontanò ostentando una faccia cattiva per tener a bada il gruppo. Si spostò di lato sedendosi su uno sgabello accanto un'altra botte, sempre guardando gli amici di Cammelu in cagnesco. “e tu chi sei?” Disse una voce da bambina. Si girò e la vide. Era la classica curvy: faccia da bambola e corpo da lottatore di sumu “Che è una botte riservata anche questa?” Fece lui seccato e rassegnato a non aver più pace. “in teoria si – fece lei tristemente – lei mie amiche mi hanno portato qui per non farmi pensare al mio ragazzo che mi ha lasciato, poi si sono imboscate col primo che trovavano. Ora sono qui, sola, abbandonata da tutti e con la sensazione di essere per sempre una tagliata fuori” “Davvero il tuo ragazzo ti ha lasciato? Anche la mia ragazza mi ha lasciato…” “Benvenuto nel club degli abbandonati” Fece lei alzando un bicchiere di plastica pieno di un liquore rosso. Lui prese un bicchiere di plastica, vi versò i rimasugli dei bicchieri che erano sulla botte e disse serio “Salute” Bevve l’intruglio d’un fiato, facendo una smorfia quando gli arrivò nello stomaco. “e a te perché ti ha lasciato” Chiese lui. “Perché si vergognava di me. Tutti si vergognano di me! Anch’io mi vergogno di me. E a tè perché ti ha lasciato” “Perché non le stavo più bene” “E cioè…?” “L’amore è come un vestito, deve essere della tua taglia, deve essere per come tu vuoi essere. Quando ci siamo conosciuti ero della taglia giusta, formale ed elegante. Ora è cambiata la moda, va il casual ed il cafone. Non le stavo più bene, allora mi ha mandato a fanculo!” Lei lo guardò tutta seria qualche secondo “Ha fatto bene - come se avesse capito fino in fondo il suo discorso – Se un vestito non ci fa sentire a posto, è inutile tenerlo” “lo so, ma io pensavo che quello era il vestito che voleva. Pensavo che stare insieme voleva dire famiglia, figli, cena la domenica, visita alle zie, vedere i mobili per la casa. Per lei stare insieme voleva dire non dover sentire nessuno e divertirsi. A me rompeva le palle visitare quelle mummie delle zie, ma pensavo che doveva essere fatto, che se eravamo fidanzati eravamo parte delle nostre famiglie mentre lei si era fidanzata proprio per scappare di casa” “e perché non ne avete parlato?” “Perché non ci pensavo, credevo che quello era stare insieme. Perché pensavo di fare la cosa giusta invece non avevo capito na minchia!” “ A volte, ognuno vive il suo amore scrivendosi una parte che poi non sa recitare, o non è adatta a lui. Allora invece di trovare un punto d’incontro, una soluzione, si preferisce scappare. Il mio ex ha fatto così e forse anche la tua ha fatto così. ” “Giusto! Per amore uno non dovrebbe levarsi i vestiti, ma le sue ipocrisie e preconcetti” “Parli bene, bravo! Ma allora perché ti sei fatto lasciare?” “Perché la persona saggia capisce il problema prima che capiti, quella stupida capisce tutto solo dopo che è successo il disastro e spesso neanche allora” “Bravo” Disse lei finendo le ultime gocce del bicchiere Lui la guardò come se la vedesse per la prima volta. “Lo sai una cosa? Non ce ne deve fregare niente se ci hanno lasciato! Noi siamo meglio di loro: noi siamo abituati a soffrire! la vita non ci schiaccerà: noi da sfigati abbiamo fatto della sofferenza la nostra corazza” “giusto: siamo come l’aglio, più ne butti giù più ti torna su” Lui la guardò non capendo forse per l’alcool che incominciava a fare effetto. “L’aglio? Chi minchia ci ntrasi” “io nei paragoni ho sempre fatto schifo – poi abbassando gli occhi e arrossendo aggiunse sottovoce – sono stupida” Lo disse con un’aria triste e facendo sporgere il labbro inferiore come fanno le bambine quando stanno quasi per piangere. A lui la faccia triste che mostrò lo fece ridere “Ma quale stupida e stupida vaja: stupido è il mondo che ci vuole tutti brillanti e spiritosi come cocainomani” Carmelu e i neandertaliani che lo accompagnavano, li guardavano scambiandosi battute e grosse risate Lui sentì che era partita un'altra canzone di J-Ax e per evitate problemi con quei vicini trogloditi decise che era meglio spostarsi da dove erano. “Balliamo! Facciamo vedere a tutti che ci siamo anche noi” Le prese la mano e la portò nell’aia che faceva da pista da discoteca e si misero ad agitarsi come presi dalle convulsioni. Poi, come sempre, arrivò un lento e si abbracciarono dondolandosi a destra e sinistra. Lei aveva la testa sulla sua spalla e lui stava valutando l’ipotesi di far scendere la sua mano sul posteriore di lei perché ormai a Gessica non gliene doveva fregare niente. “ Tu faresti l’amore con me?” “Certo – le rispose – sei una bella ragazza, chi non lo vorrebbe fare?” “mi ricordo che il mio ex diceva che gli facevo schifo, che ero tanto grossa che non riusciva ad abbracciarmi” “I ricordi sono come le banconote fuori corso: possono essere belle o brutte ma in ogni caso non hanno più nessun valore. È inutile che li accumuli, perché non potrai spenderli mai. Lasciali stare i ricordi del tuo ex e pensa che inizi una nuova vita” Lei gli sorrise ed appoggiò la testa sulla sua spalla, ma dopo meno di qualche minuto la risollevò “Scusami, non mi sento bene, voglio…. voglio tornarmene a casa. Grazie della compagnia. Mi ha fatto bene” Lui gli avrebbe anche creduto se dai suoi occhi non fossero partite due lunghe strisce di lacrime. Si staccò da lui e se ne andò quasi barcollando. Vedendola zizzagare tra la folla, lui pensò che dentro di sé lui era come lei, disorientata, amareggiata, offesa, sola, delusa e tutto quello che uno poteva sentire in una simile situazione. Pensò anche che per come barcollava, sicuramente si sarebbe ammazzata da qualche parte. Non che lui non fosse alticcio, ma lei sicuramente stava peggio di lui. La raggiunse e si mise accanto a lei “vuoi che ti accompagno? Non mi sembra che puoi guidare” “no, no sto bene credimi” Rispose prima di lanciare un urlo perché aveva messo un piede in fallo e stava per cadere. La prese al volo e la portò al parcheggio delle macchine. Questo era tutto quello che ricordava. Il resto, compreso il nome di lei, era da qualche parte nella sua testa, tra l’alcool che ancora non aveva smaltito e il ricordo di Gessica che faceva sempre meno male.
Uscì dal bagno rinfrancato e con l’accappatoio con i coniglietti e le pantofole a forma di coniglio attraversò la sala di fronte alla camera da letto. La sala faceva da salotto sala da pranzo e cucina. A lato della piccola cucina a vista c’era una vetrata che dava su un terrazzo dove sotto una tenda lei (come si chiamava? Anna? Carmela? Assunta?) era seduta ad un tavolo pieno di cibo. Dalla terrazza si vedeva il mare di un blu intenso sotto un cielo di un azzurro slavato e con un silenzio irreale rotto dal rumore di qualche camion o macchina che passava per strada. Si avvicinò seguendo il profumo di uova strapazzate e briosce calde. “Ho preparato qualcosa” Si sedette affamato e incominciò a mangiare tutto quello che gli capitava “Non ho mai avuto tanta fame al mattino” “Forse hai fame perché sono le quattro di sera” “Le quattro? Mamma mia ma quanto abbiamo dormito?” “poco visto che ci siamo addormentati per le sette del mattino, quando è passato il camion della spazzatura” “Ma scusa, siamo usciti alle undici, che abbiamo fatto da quell’ora alle sette?” “Abbiamo fatto! e tanto anche…” Rispose con uno sguardo malizioso Elisa? Alberta? Gianna? Lui la guardò incapace di crederle perché con Gessica amarsi più di mezzora era un record mai raggiunto. “Tutto questo tempo a letto? Incredibile” “Bhe non tutto questo tempo, ti ricordi? Abbiamo iniziato nell’ascensore…” Si ricordò! Improvvisamente si ricordò quando, arrivati a casa di Emanuela? Natalia? Marta? dopo che lui le aveva parlato in macchina dell’importanza dell’essere sull’apparire, con esempi importanti da Maradona a San Francesco, Filomena? Renata? Marina? gli chiese se voleva un caffè a casa sua, così poteva aiutarla a cercare le chiavi che non riusciva neanche ad aprire la borsetta. Lui accettò perché nelle ultime curve aveva avuto qualche problema a restare nella sua corsia. Scesero ed entrarono in un piccolo ascensore, tanto piccolo che pur stringendosi riuscivano appena a chiudere le porte. Erano cosi vicini che lui era quasi imbarazzato e per questo disse a Susanna? Concetta? Giulia? “Una volta facevano questi ascensori piccolissimi” Marta? Immacolata? Francesca? Fece la faccia sconsolata “Non è piccolo l’ascensore, sono io che sono grossa, che sono troppo grassa e stupida! A me nessuno mi amerà con la passione e la voglia che danno alle altre, nessuno mi sceglierebbe mai tra tutte le mie amiche o mi farebbe sentire come l’unica donna da amare. Tu parli parli, ma io sarò sempre una delle tante, buona per cinque minuti di sesso e per restare sola con una vita di rimpianti.” Alla luce fioca e tristemente gialla della lampadina, la guardo stupito perché alla fine, tutte le parole dette in macchina e il silenzio con cui le aveva ascoltate, non avevano risolto il nocciolo del suo dolore. Capì che era inutile buttare salvagenti di parole ad un’anima che stava affondando nel mare del suo non amarsi e che doveva tuffarsi in quel mare e andare a riprenderla prima che per sempre scomparisse nei suoi abissi, sfiorendo e inaridendosi. Allora lentamente, si abbassò di poco e delicatamente appoggiò le sue labbra su quelle di lei sfiorandole appena perché lo schiaffo di Gessica gli aveva fatto capire che ad ogni azione corrisponde una reazione contraria e di ugual intensità. “per me non sei una seconda scelta” Le disse con ancora le sue labbra calde delle sue. Alberta? Gaia? Ruth? aveva gli occhi fissi nei suoi come mani tese di un naufrago che spuntano tra le onde. “non so crederci più…” Gli rispose con un filo di voce. Era questo quello che la intristiva quello che aveva ucciso la sua speranza nella vita: aveva perso la sua fede nell’amore. Allora, come un giocatore d’azzardo, decise che doveva puntare tutto quello che poteva, per prendere tutto, o niente. Scese lentamente a toccare quelle di Beatrice? Gaia? Nicole? con le sue labbra semiaperte e a metterci più passione, ma capì subito che quello era un bacio che chiunque poteva dare a chiunque e che non era quello il modo di farle capire che lei, senza essere nessuno, era importantissima, che la vita, non era il dolore che ci poteva dare ma le opportunità che offriva. Allora fece scendere le sue mani sulla sua schiena premendo il suo corpo contro il suo soffice e profumato corpo. Quando le sue mani arrivarono al fondo schiena lo accarezzò lentamente in tutta la sua grande estensione, poi afferrata la sua veste, incominciò a raccoglierla tirandola su lentamente. Intanto la sua lingua era andata a cercare quella di lei invitandola a giocare a seguirla nella sua ricerca del piacere. La veste era ormai tutta nelle sue mani e le sue dita si erano raccolte intorno al filo del suo tanga. Allora incominciò ad abbassarsi lasciando tutta una scia luminosa di baci, sul collo e sul seno di Gloria? Valentina? Marcella? mentre faceva scivolare il suo tanga fino a che non lo lasciò su i suoi piedi. Risali lentamente continuando con i suoi baci sulle ginocchia, sulle tonde cosce, restando nascosto sotto la gonna e da li arrivò fino all’altra bocca di Raimonda? Gioconda? Ilaria? che baciò nello stesso modo e con la stessa intensità di prima. Emerenziana? Angela? Epifania? lo aveva seguito nel suo voglioso scendere, prima sorridendo, poi stupita, quindi persa in quanto le stava facendo, abbandonandosi all’ ondata di sensazioni che provava. L’ascensore era ormai al piano e la piccola lampadina si spense. Il buio era riempito solo dal respiro di Martina? Margherita? Rosa? sempre più affannoso, mentre chiudeva gli occhi e il suo respiro aumentava diventando più profondo e ritmico. Piegò la testa all’indietro e con le mani premette la testa di lui sotto il vestito contro il fuoco del suo corpo aiutandolo, muovendo il bacino avanti e indietro, a darle tutto quello che in quel modo voleva dirle sulla vita e sull’amore, ora che apparivano essere una sola cosa. Poi ci fu il rumore di una serratura che si stava aprendo e di corsa si ricomposero, Monica? Federica? Rachele? aprì la porta del piccolo ascensore, lo prese per mano e corse alla porta di casa sua tirandoselo dietro. Si chiuse la porta alle spalle e lo guardò. Lui si avvicino per sentire ancora il calore del suo corpo e Azzurra? Asia? Annarita? lo prese dalla camicia, lo attirò a se e lo baciò come se la sua anima attraverso le sue labbra dovesse scendere dentro di lui a cercare la sua. Non era un bacio, era come quando il sale si scioglieva nell’acqua, ora Pasqualina? Litteria? Epifania? si stava sciogliendo in lui per essere insieme qualcosa di diverso da quanto erano prima, da quello in cui gli altri li avevano infelicemente trasformati. Lui capì che Assunta? Pina? Maddalena? Era quel tipo di donna che ogni uomo avrebbe voluto accanto, non tanto per il sesso, ma perché sapeva restituire tutte le emozioni, tutta la gioia e piacere che le si dava. Si ricordò che era iniziato tutto così con Teresa? Serena? Angelica?
Sorrise soddisfatto. Era la cosa più strana che avesse mai fatto per una donna. Mostrò i graffi sul petto “E questi ?” “È stato quando mi hai fatto mettere su di lui…” Ricordò improvvisamente anche questo. Le aveva detto di salire su di lui e di muoversi per come le dava più piacere. Lei aveva incominciato e poi aveva trovato il modo giusto e quando lui le aveva afferrato i meloni davanti e li aveva spremuti, lei era come svenuta e si era aggrappata con le unghie al suo petto per non cadere dal letto. “però anche tu mi hai fatto male “ Gli disse Alessia? Fiorella? Selvaggia? simulando il broncio E gli fece vedere una spalla dove vi erano stampati i suoi denti “ E questo?” “ Quando mi hai fatto fare la capretta e mi dicevi tutte quelle cose cattive dandomi gli schiaffi sul sedere e tirandomi i capelli.” Lui ebbe un flash back, con il sederone di Tindara? Febronia? Ada? Che andava avanti e indietro e lui che le mordeva la spalla stringendole il seno. Lei si era abbattuta sul letto, accasciandosi tra le lenzuola disfatte con un lungo lamento, tanto che pensò le fosse venuto un infarto. Invece sorrideva e i suoi occhi mostravano solo il bianco del piacere assoluto. “Abbiamo fatto tutto questo?” “Si, poi abbiamo fatto il gioco del “Mi piace”. Tu mi baciavi sul corpo e io ti dovevo dire se mi piaceva o no e poi io l’ho fatto con te. Poi abbiamo parlato ci siamo detti tante cose di noi. Ti ho detto cose che neanche al mio ex ho detto.” “E anch’io ti ho detto tante cose?” “si. Mi hai fatto pensare. Poi hai incominciato a farmi il solletico e siamo finiti a fare l’amore” “Ancora?” “Si ancora. E’ stato dolce, molto bello…” “Insomma ci siamo divertiti! Ed io che non mi ricordo nulla… che figura” “Abbiamo giocato tutta la notte. Mi hai detto che l’amore è un gioco. Se dai una palla a dei bambini questi giocano tanto da non sentire fame e fatica, e noi stavamo facendo lo stesso. Il sesso era il nostro gioco e giocare è il modo più felice di vivere.” Lui sorrise. “Ieri è stata la giornata più triste della mia vita e nello stesso tempo è stata quella più fortunata perché ho incontrato te. In fondo questa è la vita” Si alzò una folata di vento che scosse la tenda che copriva la terrazza. Nuziata? Crocifissa? Immacolata? Si strinse l’accappatoio “Sta incominciando a fare freddo” “Ti aiuto a portare tutto dentro” Prese il latte e la spremuta di arancia e li portò dentro nel frigo. Federica? Stella? Matilde? raccolse tazze e tazzine e li mise nell’acquaio incominciandoli a pulire. Lui andò nella stanza da letto per vestirsi. Lo fece lentamente perché gli piaceva essere in quella stanza che sapeva di Gilda? Arianna? Bianca? Lei arrivò poco dopo e si sdraio a letto. “Mi riposo cinque minuti e poi rifaccio il letto”. Lui l’osservò distendersi nel letto e mettersi sotto le coperte con l’accappatoio. Le si sdraiò accanto e Alberta? Ginevra? Aurora? si avvicinò abbracciandolo ad occhi chiusi e gli chiese “Ora cosa siamo? Fidanzati?” “Tu cosa dici?” “Siamo qualcosa in mezzo tra essere amici ed essere fidanzati - Restò qualche secondo in silenzio - Non voglio fidanzarmi! Non voglio rincominciare tutto da capo con amici e parenti. Non voglio correre dietro a quello che sono gli altri o a quello che pensano” “È meglio restare così più che amici, ma non innamorati” “non seriamente innamorati!” precisò lei “Ti spaventa impegnarti di nuovo?” “Si e forse non ne vale la pena. Meglio essere una tra le tante, amare quando e se serve, ma restare libera senza impegni. Stare insieme è difficile. Io non so più sopportarlo!” “Forse è giusto così! La laurea, il lavoro, il matrimonio, tutti a darti obiettivi che adesso non hanno più senso. Forse hai ragione, forse è meglio restare cosi, fuori da ogni definizione.” “Per ora è quello che voglio. Ho bisogno di fermarmi e capire cosa voglio. Non voglio più decidere per paura di restare sola, o perché mi sento incapace di affrontare la vita. Uno deve scegliere per quello che prova, che desidera, non perché deve scegliere per ora paura della solitudine o di essere diversa dagli altri” Lui restò in silenzio per qualche secondo ”Io penso che la vita cambia sempre e proprio per questo devi cogliere le opportunità che ti arrivano. Per farlo però devi sapere cosa vuoi. Devo pensarci anch’io. Però ora ho sonno.” Si giro chiudendo gli occhi e mettendo i piedi sotto le coperte. Anche lei si girò dandogli le spalle e si accucciò per dormire “Se vuoi puoi andare – disse con la voce impastata di sonno – non ti preoccupare che non mi offendo…. Lasciami il tuo numero di cellulare…. Il mio è scritto sulla lavagnetta in cucina.” Lui rispose con una specie di grugnito.
La svegliò un odore forte che sul momento non capiva cosa fosse. Allungò la mano cercandolo, ma il letto era vuoto e sentì solo le lenzuola fredde. “Se ne è andato! È giusto così – pensò con un po' di tristezza – ha fatto quello che gli avevo detto di fare. Non posso prendermela! È un bravo ragazzo e con lui mi piace parlargli e giocarci. Ma non posso obbligarlo. Non posso imporgli la mia presenza per sempre, per una notte di sesso che abbiamo avuto. Grazie a lui però ho capito. Non esiste gente di seconda o prima scelta! Esiste chi sa dividere il proprio cuore con qualche altro come si divide il pane ed altri che non hanno nulla da dividere perché il loro cuore è come pane secco. Lui è dei primi: tutto quello che ha fatto lo ha fatto per me, perché mi sentiva uguale a lui e in fondo lo siamo. Lui ha aiutato me e io lui, abbiamo già un legame, dobbiamo solo capire quanto è forte. Lo chiamo domani per un caffè e magari stiamo un po' insieme per parlarci. Speriamo che mi abbia lasciato il cellulare e scritto come si chiama. Eravamo tanto brilli che non ci siamo neanche chiesti il nome. Ma non avevamo bisogno di sapere il nome o di chiamarci. Eravamo già nella stessa solitudine e li insieme e non potevamo lasciarci. Mi piace stare con lui, non mi fa sentire stupida e mi piace come mi bacia. Forse però domani non posso incontrarlo. Forse era meglio dirglielo prima. Comunque lo chiamerò per sentirlo. Ho voglia di rivederlo. Forse ne ho bisogno...” L’odore divenne più forte. Ora capì cosa era: frittura di aglio! Sicuramente aveva lasciato la vetrata aperta ed era salito l’odore della cucina del piano di sotto. Doveva alzarsi e chiuderla perché se no l’appartamento avrebbe avuto l’odore di una trattoria. Si alzò stringendosi addosso l’accappatoio. Ciabattò dinoccolandosi verso la porta della sala. Quando l’aprì restò di stucco. La sala era buia perché nella poca luce del crepuscolo, solo la luce della cappa della cucina era accesa. Davanti alla cucina c’era lui che stava muovendo con abilità la padella più grande da cui proveniva il rumore di gusci di vongole che si urtavano. L’osservò versare un bicchiere di vino bianco che sfrigolò liberando verso l’alto una nube di vapore. Incominciò a tritate sul tagliere il prezzemolo fresco e il suo odore riempì la sala unendosi a quello dell’aglio. Il suo pancino incominciò a gorgogliare di gioia nel sentire quei profumi. Si avvicinò lentamente alla cucina e quando fu a pochi metri di distanza lui si girò mentre sorseggiava un bicchiere di vino bianco. Le sorrise. “Ho visto le vongole in frigo. Se non le facevo si piddianu (sarebbero andate a male).” Sorrise ancora e si girò a tritare il prezzemolo. Dopo alcuni colpi si fermò e senza voltarsi le disse. “Ci ho pensato! Ho capito che per me non sei una seconda scelta, non lo puoi essere più” Lei si avvicinò e lo strinse appoggiando la testa sulle sue spalle, chiuse gli occhi e sorrise felice. Lui riprese a tritare il prezzemolo e lei restò attaccata a lui, “Va bene così – gli disse stringendolo e strusciandosi con lui come se fosse una coperta calda in inverno – non ci pensare, va bene così” Fuori il sole era una sottile striscia gialla che divideva il blu scuro del mare da quello del cielo. La striscia luminosa lentamente scomparve e mare e cielo diventarono un unico colore.
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VI
Sveglia alle ore 6.30, colazione, poi dico a mia mamma (visto che era già attiva e reattiva) che vado da Demonietto, ma in realtà vado dalla psichiatra. Sono il suo primo appuntamento della giornata ma invece che alle 8 precise iniziamo verso le 8.10 perché anche lei è abbastanza ritardataria come me, inoltre deve ancora prendere il caffè.
A dividerci c’è ancora il pannello di plexiglas però mi dice che ci possiamo togliere le mascherine perché l’altra sera era a cena con il primario di non so quale reparto di non so quale ospedale di Monza che è una sorta di luminare sul Covid e, non solo le ha fatto i complimenti per come ha organizzato lo studio, ma anzi, le ha detto che le mascherine non sono necessarie nell'ambiente che ha creato.
Nel mentre che lei mi racconta tutto questo io mi tolgo la mascherina e mentre la sto per mettere nello zainetto lei esclama “o Chiara, ma quanto sei bella? Erano mesi che non ti vedevo senza mascherina e non me ne ricordavo, so che non ti piace che ti venga detto e so che non lo pensi, ma non posso farne a meno”. Io sono imbarazzata al massimo, cerco di cambiare argomento ma lei continua e mi dice che le ricordo un’attrice italiana, una certa Silvana di cui non ricordo il cognome.
A questo punto, dopo che io mi sono ammutolita e mi sono guardata intorno piena di imbarazzo, mi chiede come va e io le dico che è il periodo migliore da un sacco di tempo, le dico che sto vivendo a pieno l’estate come non facevo da anni, che vado al mare, che quando vado in piscina a casa della Gin sto in giardino in costume senza nascondermi con l’asciugamano, che ho iniziato ad acquistare abiti estivi (infatti stamani avevo un vestitino bianco per il quale mi ha fatto un sacco di complimenti) e che, sì, a volte ci sono giornate in cui sono triste ma sono pochissime e le accetto per quelle che sono, magari mi metto sul letto a guardare la televisione senza fare niente e aspetto che passino. Le dico che ancora non riesco a credere che queste giornate no, adesso estremamente sporadiche, un anno fa fossero la mia quotidianità.
Mi dice che sto facendo un lavoro eccezionale, che è felice perché il primo anno di terapia serve proprio a questo, a sbloccarmi dai comportamenti patologici riuscendo ad affrontare le paure che per me sono ostacoli insormontabili.
Mi chiede se continuo a fare attività fisica e le dico di sì, le dico inoltre che sto vedendo dei risultati, non tanto nell'aspetto fisico ma quanto nella resistenza e le racconto delle due giornate di trekking e di come fossi io quella più allenata tra i presenti, una delle più resistenti e che ha faticato meno. Mi dice che è contenta. Mi chiede dell’alimentazione\peso, le dico che la prossima settimana ho la visita dal nutrizionista e vedremo.
Mi chiede di raccontarle nello specifico del rapporto che ho con il mio corpo. Le racconto che da piccola mi piacevo, fino ai dieci anni almeno, fino al periodo dello sviluppo, le racconto del giorno del menarca e di cosa significhi per me quella data e di quanto sia dolorosa da ricordare, le racconto dei cambiamenti che in pochissimo tempo ha subito il mio corpo e di come mi venissero fatti notare da tutti, soprattutto dalle mamme delle mie compagne di classe e dei commenti che facevano, le racconto di come per anni io abbia utilizzato unicamente abbigliamento maschile con lo scopo di coprirmi e rendermi invisibile, le racconto della mia repulsione nei confronti dell’intimo femminile fino a quando non è diventato necessario e del ruolo della mia insegnante di ginnastica artistica nel farmelo accettare.
Mi dice che le mie forme attirano l’attenzione, sopratutto per il fatto che mi vesto sempre scollata a causa dell’ansia che mi provoca un perenne senso di soffocamento e che mi impedisce di utilizzare maglie troppo (o solo leggermente) accollate; le dico che ne sono ben consapevole e infatti in passato ci giocavo molto, soprattutto a scuola. Soprattutto con alcuni professori. Professori con il triplo dei miei anni. Mi sento in imbarazzo a dirglielo, ma è così. Lei dice che ci sono uomini del genere, li definisce “maiali” ma ormai, le dico, a me non fanno né caldo né freddo.
Le devo dire altro ma non riesco, glielo faccio capire, le dico “aiutami!” e lei capisce quale domande farmi. Le dico dei vari incontri di Tinder e di come io sia stata incosciente, mi chiede di più, le dico cosa ho fatto e si arrabbia, dice che se non ci fosse stato il plexiglas mi avrebbe tirato un colpo perché è da incoscienti andare a casa di qualcuno che non si è mai visto e sentito senza, soprattutto, dirlo a qualcuno, mi dice che io spesso metto in atto comportamenti incoscienti ma questo è stato il più incosciente di tutti e che devo stare attenta. Mi chiede di A, del tipo che ho già rivisto più di una volta e mi chiede che tipo di rapporto abbiamo. Le dico che è solo un rapporto fisico e mi chiede perché ho questa impressione e io le dico che non è un’impressione ma è una richiesta che io ho fatto ad A perché non sono interessata ad una relazione.
Lei mi chiede perché, perché io abbia già messo le mani avanti ma a questo punto non riesco a parlare perché ho paura che il pianto che sta andando avanti da una decina di minuti, e che comunque sto tenendo sotto controllo, diventi insostenibile e che il dolore che sto provando diventi troppo forte da sopportare.
Mi dice che io non sono anaffettiva, anzi, sono una persona troppo sensibile, io provo tanti, troppi sentimenti e che ho paura delle mie emozioni. Mi chiede cosa ho provato nel momento del bacio, che lei dava per scontato, ma le ho detto che mi sono ritirata perché baciare qualcuno mi mette a disagio come poco altro al mondo. Sono una persona poco fisica con la maggior parte delle persone, odio venire toccata perché non voglio che le persone mi percepiscano.
Mi dice che A deve essere la mia “palestra sociale” devo chiedergli di uscire a prendere un caffè fuori, in un bar, ma io le ho detto di no, lei mi ha detto che è il mio compito per casa, io le dico che non facevo mai i compiti a casa nemmeno quando ero a scuola. Le dico che mi mette a disagio stare in mezzo alle persone e mi mette a disagio che le persone si facciano vedere vicino a me.
Mi dice che non è vero, che sono pensieri sbagliati, le dico che ne sono consapevole ma che la mia mente è convinta di questo, ne è così convinta che per un sacco di tempo ho creduto che anche mio papà fosse in imbarazzo a stare vicino a me in pubblico. Mi chiede delle mie amiche e se mi chiedono di uscire, le dico di sì, certo, sono sempre loro che propongono, le dico che molte di loro ormai vengono da me perché per un sacco di tempo mi rifiutavo di uscire. Lei mi dice che se mi chiedevano di uscire è perché stanno bene con me, ma io le dico che sono io che non sto bene con me stessa.
L’ora finisce, anzi, abbiamo sgarrato di un bel po’, mi dice che continuiamo con il solito medicinale solo che in più mi prescrive un integratore per l’ansia che mi aveva già prescritto in passato (una compressa al dì + una in caso di bisogno), in più mi ha dato anche un farmaco per dormire (visto che le ho detto che dormo pochissime ore per notte).
Non mi chiede se ci vogliamo vedere tra un mese\mese e mezzo come al solito, mi dice la data del 16 settembre e mi dice di scegliere se rivederci quel giorno o prima. Le dico che il 16 va bene e prendo l’appuntamento per le 9.40.
Quando sto per uscire mi dice come al solito “se hai bisogno, chiamami!” però aggiunge “anche se sono sicura che non lo farai”. Io le sorrido, lei mi sorride, esco, vado in macchina, finisco di piangere e vado a fare la spesa.
Oggi è stata dura.
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i have to protect the one thing that i can't live without, you [part two]
Si svegliò con un mal di testa lancinante, le gambe completamente addormentate e gli addominali indolenziti, mosse di poco la testa e cercò di riprendere sonno ma qualcosa le fece aprire gli occhi di scatto. Di fronte a lei c'era una finestra completamente gigante che era bagnata dalla pioggia, una luce era accesa nell'angolo ma riuscì a vederne solo metà, non aveva le forze per alzarsi, sentiva il calore delle coperte addosso ma per quanto potessero farla stare bene, non era così sicura di fidarsi, qualunque cosa fosse. Provò ad alzarsi e ci riuscì, si girò verso destra e vide che sulla poltrona c'era tutta la sua roba, ma come ci è finita lì?
"Ti trovi in casa mia"disse una voce alle sue spalle che la fece spaventare.
La figura che si presentò di fronte ai suoi occhi era messa contro luce, che proveniva dalla lampada messa di fronte a lui. Lo vedeva solo di spalle, con una maglia a mezze maniche blu, un pantalone nero ed un braccio sull'altro, con il mento poggiato sulle nocche mentre guardava il restante della sua roba, dovevano essere documenti, i suoi. Riusciva a vedere la sua carta d'identità, il suo codice fiscale ed altri fogli che forse non erano suoi ma per quanto potesse focalizzare la sua attenzione su ciò che quello lì stava guardando, in realtà era solo curiosa di sapere chi era colui che le aveva rivolto la parola. Era rassicurante da un lato non essere nello stesso luogo freddo dove era rimasta per una settimana, ma allo stesso tempo non riusciva a fidarsi ed era una delle cose che gli erano state portate via da tempo, anche se a differenza di alcuni lei preferiva non mostrare questo suo lato fragile, quello che più la definiva era il suo sorriso caloroso.
"Sono James Barnes... giusto per rispondere alla domanda che mi ha fatto due giorni fa"disse lui e finalmente si girò verso di lei
Alto, quasi un metro e novanta, non aveva le spalle larghe ma si vedeva ad occhio nudo che il suo era un fisico lavorato. Si girò verso di lei con nonchalance e mettendo le mani nelle tasche dei suoi pantaloni neri sedendosi sulla poltrona messa di fianco a lui, mettendo poi i gomiti sulle ginocchia. Solo in quel momento potè vedere come era fatto il suo viso, aveva un po' di mascella quadrata o forse erano solo le ombre che la luce provocava, le mani ora erano giunte e lei riuscì a vedere le vene su di esse, gli avambracci perfettamente delineati e quando le rivolse l'ennesimo sguardo riuscì a vedere il colore degli occhi. Ma se non l'avrebbe fatto si sarebbe risparmiata, sicuramente, un salto del suo cuore, perché? Perché bastò solo quell'attimo a farle rendere conto che oramai non avrebbe avuto nessuna speranza, il suo cuore forse no ma di salvarsi si.
"Wanda, giusto?"chiese lui e lei annuì deglutendo
"Allora... voglio che ti senta a tuo agio prima di tutto, sei in casa mia ed io non sono chi tu pensi, sono un agente della CIA... sono un paio di mesi che indago sul caso di Zemo e proprio due giorni fa, in un magazzino ad Eastview c'erano i suoi scagnozzi e insieme a loro anche tu, è stato difficile rintracciarli, persino te... credo abbiano usato uno di questi aggeggi dove il segnale non è recepibile, o almeno sarebbe stato lieve, in ogni caso tu non eri l'unica cosa che avevano sequestrato. Con loro c'erano delle armi, armi pesanti a quanto ho capito, nucleari e cercavano questa..."disse lui mostrando ciò che aveva tra le mani
"Plutonio, non è vero? Numero atomico 94, densità di 19 816 chilogrammi al metro quadrato, raggio atomico di 159 metri e stato solido... a meno che tu non abbia una buona motivazione per tenerlo con te non vedo perché tu debba rimanere ancora qui. Non aspetterò che tu non mi risponda per farti del male, non è da me, ma se provo a farti scappare da quella porta blindata, tutti e due saremo fottuti... io avrò un'altro incarico quindi da un lato non c'è problema ma tu non avrai la stessa protezione che ti offrirà la CIA se dirai la verità, e fidati che ti serve, a te la scelta... "
Wanda, così era il suo nome, non aveva scelta. Non perché non sapesse farlo, era solo che da un momento all'altro si era ritrovata in qualcosa che neanche lei sapeva che potesse esistere. Vivendo nell'Upper East Side era sempre stata circondata da grazie e felicità, la sua vita era circondata dalla bellezza e soprattutto dalla ricchezza, ma da quando aveva perso suo fratello gemello Pietro nulla era più sembrato tale. La bella famiglia che aveva costruito la sua vita in uno dei palazzi più importanti di New York, si era spezzata a metà proprio per quell'evento, suo padre si era trasformato in un mostro che riversava su di lei tutti i suoi fallimenti a lavoro e sua madre, disperata, aveva trovato la soluzione solo in antidepressivi e alcool, soluzioni per niente valide secondo una ventitreenne come lei.
Dopo la morte del padre, di cui si portava ancora dietro i traumi e di cui sentiva ancora le sue urla nelle orecchie, decise di mandare sua madre in una casa di cura dove se ne sarebbero occupati terzi e lei avrebbe potuto continuare con la sua carriera universitaria e con il suo lavoro. Ma quando aveva preso, di nuovo, in mano la sua vita ecco che un enorme problema le si era presentato davanti, e come ogni problema che si rispetti bisognava affrontarlo, però una come lei preferiva scappare, non prendersi responsabilità. Lei non era preparata, non quando dei criminali conosciuti in tutti il mondo, la stavano cercando per ucciderla. È stato davvero un colpo di scena, vedere la ragazza ben vestita e sempre preparata, correre di fretta, con la paura addosso senza neanche un paio di Jimmy Choo, via da casa sua, ma se gli altri verrebbero a sapere della verità non sarebbero così felici neanche loro.
"Non so chi sia Zemo... so solo che uno dei suoi scagnozzi era un mio ex, collaborava con altri per lui"disse lei con voce flebile
Sentì quasi i brividi quando ascoltò la sua voce dolce. Non sentiva una voce femminile da tempo, aveva nella sua testa solo quella di sua madre che gli infestava ancora il sonno e che ricordava solo in quelle memorie che custodiva di quando era piccolo. Era quasi come la sua, non uguale alla sua ma quasi però non voleva lasciarsi influenzare dal suo animo, aveva una missione da portare avanti e l'avrebbe fatto fin quando non si sarebbe trovato faccia a faccia con lui
"Qual è il suo nome?"chiese lui
Lo guardò in maniera indagatoria, timorosa. Da quando in qua chiedeva così tante informazioni che lei sapeva sarebbero andate nel personale, se pochi minuti prima l'avrebbe fatta fuori? Capire cosa gli passava per la testa era impossibile e chiedergli qualcosa per lei era quasi una condanna, non sapeva come avrebbe reagito, se poteva fidarsi, se lui era davvero buono così come pensava.
"Ora fai il poliziotto buono?"chiese lei prima guardando in basso e poi lui
"Sto cercando solo di aiutarti"
"E prima non volevi farmi fuori?"
"Quello era solo per emergenza"
"Emergenza? Questa la chiami emergenza? Quindi portarmi a casa tua, con tu che mi fissi mentre dormo è considerata emergenza? Non so sicurezza? Molto probabilmente sarai così bravo a fare il tuo lavoro, ad uccidere persone che neanche provi minimamente a conoscerle"
"Tu non sei nessuno per giudicare il mio lavoro"disse lui fermo mentre le prendeva un polso ma Wanda lo guardò con uno sguardo di fuoco
"Perché sono qui allora?"
"Sei qui perché ti ho trovata io, quasi morta, in un capannone con cinque criminali che lavorano per qualcuno di più grande, di più pericoloso... Zemo, che non sai chi sia ma lascia che te lo spieghi..."disse lui ora guardandola con severità
"È un terrorista, i suoi attacchi sono sempre stati organizzati in maniera dettagliata... Parigi, Roma e Bruxelles ma ora il suo obbiettivo non è quello. Zemo conosceva tuo fratello gemello Pietro, non te ne ha parlato?"chiese lui alla fine e lei rimase scioccata
Non sentiva il nome di suo fratello da tanto tempo, non cercava di nominarlo per nessuna ragione al mondo, anche perché se lo faceva sentiva dentro il suo cuore solo un peso formarsi che si faceva via via sempre più pesante, come un macigno da portarsi sulle spalle mentre si scala a una montagna. La stessa montagna che Wanda pensava di aver scalato, dove pensava di aver raggiunto la cima, ma non è stato così. Era come se quella montagna fosse un vulcano e tutta la sua lava rossa l'avesse bruciata e l'avesse fatta cadere giù, senza nessuna speranza di potersi salvare. I problemi a cui cercava di non pensare, che aveva accantonato per un sacco di tempo erano ritornati e la stavano travolgendo.
"No... mio fratello Pietro è morto da quasi quattro anni"
"Zemo cercava il plutonio da tuo fratello per costruire armi nucleari, una sola particella gli basterà per innescare tre di queste... tuo fratello in principio accettò il contratto, non sapendo che cosa avrebbe dovuto fare. Lui studiava geologia, non è vero?"
"Si... come fai a sapere tutte queste cose? Sei una spia?"
"Sono solo un agente della CIA, seguo il caso di Zemo da poco, la morte di tuo fratello era una delle cose che non mi erano chiare... mi mancava un tassello, ed ora eccoti qui"
"Se pensi che ti darò una mano nel tuo caso ti sbagli, ho promesso a mio fratello che nessuno avrebbe avuto ciò che lui mi ha dato"
"Se il plutonio è l'unica cosa che il tuo gemello ti dà in eredità sono davvero sorpreso, visto il vostro rapporto così forte pensavo ti avrebbe dato almeno qualcosa di più valido non un'arma senza sapere che questa, se nelle mani sbagliate, potrebbe uccidere chiunque"
"L'hai detto tu stesso che Pietro è morto per mano sua, per mano di Zemo... e ti ringrazio guarda, per un'attimo avevo rimosso questo trauma"
"L'ho detto, è vero... ma io mi riferivo alla tua morte, visto che, se quello che tu consideri eredità, non sarà nelle sue mani, ucciderà chiunque... a partire da te"
Il sangue nel corpo di Wanda smise per un'attimo di circolare, era come se i suoi muscoli non rispondessero e la sua mente si fosse fermata, insieme al suo cuore. Era davvero la soluzione giusta quella di scappare, di continuare a fare finta di niente? Di trovare il rimedio solo in sotterfugi, in scorciatoie? Oppure qualcuno gli aveva fatto il miracolo dall'alto in modo che si rendesse conto che tutto questo non sarebbe riuscita a portarlo avanti? Quindi quella occasione che si era presentata davanti a suoi occhi, e che ora la guardava, era davvero l'occasione per salvarsi?
"Ti aiuterò..."
"Io non ti ho chiesto nessuno aiuto"
"Beh... senza di me, molte informazioni non le avresti e sai meglio di me che non ho protezione lì fuori"
"Ti devo proteggere? Pensavo lo sapessi fare bene da sola"
"Non troppo..."
"Bene, se proprio vuoi aiutarmi e aiutarti... metti la sveglia alle sette domattina"
"Cosa?"
"Per caso nel tuo appartamento nell' Upper East Side ti alzavi dal letto a mezzogiorno?"chiese lui con sarcasmo mentre si alzava dalla sua sedia per dirigersi alla porta
"Non sai niente di me"
"So più di quanto immagini"disse lui avvicinandosi a lei
Non aveva visto, fino a quel momento, di che sfumatura fossero i suoi occhi ed ora che erano vicinissimi potè tranquillamente notare come erano perfetti. Era quasi scontato dire che ci si poteva vedere il mare ma non era quello solito che a lei mancava, per via delle vacanze passate in Grecia oppure in Spagna, era un mare di emozioni che Wanda avrebbe scoperto e vissuto presto.
#marvel#writing#alternative universe#pairing#wanda maximoff#scarletwitch#james barnes#bucky barnes#the winter soldier#scarlet soldier#winterwitch#bucky+barnes+x+wanda+maximoff
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Eccomi qua, anche io con una relazione difettosa, o forse quella difettosa sono io.
Sono una ragazza di 30 anni, indipendente, ambiziosa e che sa il fatto suo e il suo valore nella vita e nel lavoro che sto intraprendendo. Sto cercando di costruirmi una carriera. Viaggio tanto, ho un giro di amicizie fantastiche, tanti interessi e una famiglia che mi ama e mi supporta in tutto quello che faccio. Le relazioni amorose però, per un certo verso, non sono il mio forte.
Ti faccio una premessa, ho perso mia madre quando avevo 10 anni e mio padre a 19. Genitori che ho amato/amo alla follia. In particolare mio padre. Un uomo che ad oggi, con un po’ di complesso di Elettra, vedo perfetto e inarrivabile. Un padre che però mi ha insegnato che non avrei mai dovuto dipendere da uomo, ma quest’ultimo doveva essere un compagno di vita che sceglievo per amore indipendentemente dal resto. Dovevo insomma essere felice.
Ti tralascio i dettagli di storie passate andate male, una miriade di amori non corrisposti in cui mi sono persa inutilmente, non sono riuscita a stare con uomini che non amavo, ma loro mi avrebbero portato la luna. Relazioni brevi e fugaci, mai nulla di veramente serio, ma sono sempre loro che mi lasciano e poi trovano una nuova che sembra “l’amore della vita”. Mi chiedo come mai, dove sbaglio, perché sono l’eterna seconda e che cosa mi manca per non essere scelta. Troppo super donna? Troppo indipendente? Troppo incasinata? Troppo ingestibile? O forse no, forse sono solo io che mi vedo così e in realtà non c’è grande valore in tutto quello che ti racconto di me.
Eppure io cerco qualcuno con cui costruire una vita e chissà magari una famiglia e più cresco più ho voglia di questo.
Arriviamo alla mia ultima relazione difettosa.
L’anno scorso ho incontrato P., poco più grande di me, affascinante e intrigante. Già ci conoscevamo, io sapevo che lui non era in cerca di cose serie, ma io, uscita da un’altra storia difettosa, decido di accettare un suo invito. Parte così una relazione friends with benefits, cercata da entrambi ma principalmente imposta da lui (ma dai). Lui mi inizia a piacere sempre di più, quindi arriva un punto in cui questa relazione non è abbastanza per me.
Chiudo la relazione facendomi piano piano di nebbia, con dispiacere ma senza rancore. Incontro un altro ragazzo E., sulla carta il principe azzurro. Fa tutte quelle cose che P. non faceva. “Ti vengo a prendere in stazione”, “Mi manchi”, “Passiamo una giornata insieme”. Insomma tutte quelle cose belle da relazione normale. P. appena scopre che mi sono fidanzata mi cerca e mi ricerca, convinto che mi avrebbe portata tra le sue braccia di nuovo. Ma io non ci casco, non posso farlo a me stessa e al rispetto che ricevo in questa relazione. Lo respingo più e più volte per 8 mesi. Come un fulmine a ciel sereno E. mi lascia con un “non provo sentimenti”. La vera realtà dei fatti è che aveva incontrato un’altra. A quel punto, dopo una delusione iniziale, capisco che questa relazione, che sembrava perfetta e un trampolino verso una vita insieme, in realtà non mi aveva lasciato niente.
Ovviamente cosa faccio, ovviamente torno da P. – Cerco di impormi più leggerezza, “quel che viene viene”.
Non ho aspettative e sono più sicura di me. Per tre mesi ci vediamo, di base sembra solo sesso, ma è tutto diverso rispetto all’anno prima. Parliamo, ceniamo insieme. Io vedo solo lui e lui vede solo me, ma rimaniamo nel limbo. Viviamo e stiamo bene. Accade la quarantena e non ci possiamo più vedere. Il tempo si ferma e siamo alienati. Veniamo sottratti del sesso, ma abbiamo entrambi voglia di sentirci accanto. Parliamo tanto e ci preoccupiamo l’uno dell’altra “mi man
chi” “non vedo l’ora di vederti” “quando finisce tutto stiamo un giorno insieme”. Io ovviamente non sono immune a tutto questo, ma mi ripeto che è il disagio della quarantena che spinge lui a fare questo, per proteggermi
La quarantena volge al termine, torniamo a una vita pseudo normale. Ci vediamo, lui è freddo e distante. Io quindi mi comporto di conseguenza. Di lì a qualche settimana mi dice che ha iniziato a frequentare seriamente un’altra, ma che a me ci tiene, magari “rimaniamo amici”. Di nuovo, l’eterna seconda, quella che non è abbastanza.
Senza rancore, scenate o spiegazioni, gli auguro il meglio e gli dico che possiamo mantenere un rapporto civile. Sono ferita, ma intraprendo la graceful exit, da signora. Lui continua a scrivermi continuamente (ammetto che mi fa pure piacere), io rispondo per educazione ma ovviamente distante e senza provocarlo. Lui rigira la frittata, dicendo che sono fredda, arrabbiata e che non ne ho motivo. Quindi adesso sbaglio pure le reazioni? Troppo dura? Cosa si aspettava l’amicona o la gatta morta che continua a provarci? Niente Ester, vorrei avere la forza di uscire definitivamente da questa storia e abbandonare questa persona, ma una voce dentro di me mi dice di provare il tutto per tutto perché non hai niente da perdere.
Scusami per il papiro.
Grazie mille.
G.
Cara G.,
insomma siamo sempre qui. Che mi squaderni a fare il curriculum della prima della classe se poi non usciamo dal desiderio somaro di relazione complessa? A che serve aver letto i libri giusti, viaggiare, l’iscrizione al circolo arci?
Devo provare tutto perché non ho niente da perdere. Che invidiabile disprezzo per il tempo, G., hai trovato il negozio che vende vite di riserva a poco prezzo senza intercessione del demonio?
Dannarsi piace e tutte le scuse sono buone. C’è poco da fare a parte ammetterlo.
La prendo con leggerezza, quello che viene, viene – la balla suprema. Chi sa pendere le cose con leggerezza inconsistente è la gattamorta, padrona e gran Ciambellana dei sentimenti. E le gattamorte certo non scrivono, sono offline a comandare il mondo. È una questione di carattere. Per le cose prese con leggerezza ci vuole la mano, il talento, lo spirito, serve fregarsene in fondo dell’amore e serve nascerci. Quelle streghe sono inarrivabili, disinvolte bellissime. Pure io volevo essere una di loro.
Tuo padre aveva totalmente ragione. Serve un uomo perbene, rispettoso, di rette abitudini e sani pensieri, non prepotente, forte, generoso, lucido, intelligente, cresciuto, risolto. Ce ne sono, questa è la buona notizia, non con tutte le qualità in equo bilanciamento, ma ce ne sono. Codesti masculi santi non sono neanche avvolti nelle tenebre, occultati, tenuti a chiavistello. A differenza del marcio, il buono non è qualità che resta nascosta a lungo. Insomma il bravo figliolo di solito lo riconosci, non serve scavare alla ricerca di qualità inabissate.
Gli inutili, quelli che scrivono ma non ti vogliono, pure loro ci tengono a farsi riconoscere, a dirla tutta. Certi (come il tuo) propongono senza tema il contratto di assunzione alla poveracrista: non voglio niente di serio da te. Sei al nero, baby. E il pesce abbocca lo stesso! Senza esca! Alcune automunite si recano anche a casa sua! We deliver!
La verità è che la femmina non vede l’ora: si sente sfidata a riuscirci, tu non mi vuoi ma io ti plagerò – l’eroina, la cretina. Alzi la mano chi l’ha fatto e si scagli la prima pietra da sola.
Parità di genere sarebbe accettare davvero l’accordo “va bene così”. Poi però non va mai bene così e precipitiamo negli eterni anni novanta del “perché non chiama?”.
A complicare le cose ci si mette la fortuna di incontrare per la via gente che invece a te ci tiene. Ogni relazione decente che il padreterno ti manda sarà sempre sfregiata da una domanda: epperò come mai non provo niente? Perché sono invece attratta da eccetera?
Succede perché il buono non garba tanto spesso, G., figurarsi a vent’anni, trenta. Bisogna essere persone con tutti i bulloni a posto per innamorarsi solo degli adatti, servono troppe circostanze fauste: eccellenti genitori, belle amicizie, vita in città con alternative facili – dove basta cambiare quartiere per cambiare gente. E soldi, non parliamo di quanto aiutino i soldi a non innamorarsi male.
Non mi prendo la responsabilità del freddo che sta per scendere su questa pagina, lascio a Flaiano. Che spiega perché molte di noi sono sceme, o sono state sceme per qualche decennio, e in generale perché il mondo va alla rovescia.
Indulgenza per la gente che si comporta male. Chi non suscita né simpatia né compassione è l’uomo medio, onesto e senza grandi inclinazioni al male. L’uomo che lavora per tirare avanti, che mette su famiglia e la mantiene. L’uomo medio è antipatico. (Io sono antipatico. Mi si sopporta). Per diventare simpatico bisogna comportarsi da canaglia, per farsi amare bisogna farsi mantenere. È l’equivoco erotico che continua. Il malvagio dà quelle garanzie sessuali che la persona per bene non dà. Chi si comporta rettamente ammette la sua «ordinaria» attività sessuale e non interessa.
Il seguito, quello che osservo sugli esiti degli amori stracciati, ovvero la convalescenza, come guarisce la testa di femmina che picchia sul muro alla ricerca dell’amore fatto apposta per me, è una lenta convergenza verso uno stato d’animo non troppo definibile, fatto della stessa sostanza della vittoria e della rassegnazione, che s’addensa in luoghi comuni. Sono il patrimonio dell’umanità femminile che viene tenuto nelle stanze segrete, questi luoghi comuni.
Li avrai sentiti pure tu. Più ti allontani dai vent’anni meno sanno di rancido. Eccone alcuni, ho preso i più banali: “Poi subentrano altre cose” “L’amore non è quello dei vent’anni” “se mi mettevo a cercare quello perfetto lo trovavo all’ospizio” “le favole lasciamole alle ragazzine” “leviamole pure alle ragazzine”.
L’amore è fatto di una mezza misura perfetta, G.. E’ una lenta aggiustata delle aspettative, una sudata discesa nelle valli del compromesso. Vedi tu per che via arrivare alla relazione finale. Guerra o pace. Se sei più a tuo agio dentro le dolenti poesie o in un messaggio whatsapp che dice “manca il detersivo per la lavastoviglie”.
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"«Non riesco a trovare un fidanzato»
“Un bel problema”
«E sono stanca di questa situazione. Ho quasi 35 anni e penso che sto perdendo il treno. Sono molto scoraggiata, ma tutti quelli che trovo sono dei c******i, scusa il termine»
(Le sorrido) “Qua puoi dire quello che vuoi”
«Mi chiedo davvero se sono io il problema o se il problema sono gli uomini»
“Probabilmente entrambi. Hai avuto relazioni lunghe o brevi?”
«Una più lunga di 5 anni, le altri più brevi. Dall’ultima ne sono uscita devastata. Eppure era davvero un c******e, e non mi spiego perché sono ancora qua che ci penso» (Fa un lungo sospiro) «Sono stanca di sentirmi che ‘Questa volta è quella giusta’ e che invece non lo è mai»
“Vivi intensamente le relazioni - anche quelle brevi intendo - oppure fai fatica a farlo?”
«In che senso?»
“Ti lasci andare fin da subito quando inizi una storia o fai fatica ad affidarti?”
«Ti racconto l’ultima storia?»
“Vai”
«Questo ragazzo all’inizio non mi piaceva. Aveva un bel fisico, ma di faccia non era un granché, e poi aveva un modo di fare che sembrava un po’ uno sfi***o»
(Rido) “Beh non sono delle ottime premesse”
(Resta seria) «Però è stato carinissimo con me. Di più, è stato un vero uomo. Mi corteggiava, mi portava a cena fuori, mi stava vicino perché in quel momento ero abbastanza a terra per la storia precedente» (Fa una pausa) «Pensa che mi faceva pure sistemare le cose in casa, a mio gusto. Mi diceva: ‘Se ti va di cambiare l’ordine delle cose in cucina, negli armadi, in casa, fai pure. Mi fido’. Un uomo speciale, davvero. Di solito nessun uomo vuole che gli tocchi le sue cose. Incredibile. Poi, quando finalmente gli ho dato la mia fiducia si è rotto qualcosa»
“Si è tirato indietro”
(Mi guarda strabuzzando gli occhi) «Già! Ma dico: ‘Com’è possibile?!’. Fai di tutto per ottenere la mia fiducia e poi mi lasci? Sono davvero senza parole»
“Ne avete discusso di questa scelta o ha tagliato di netto?”
«Ne abbiamo parlato, riparlato e straparlato. Gli ho chiesto spiegazioni su spiegazioni, ma la sua risposta era solo: ‘Non so che dirti, non sto frequentando nessun’altra, non è successo niente di particolare. E’ solo che non provo più niente per te’. Fine della storia. Il bello è che parlavamo di tutto. Stavamo bene» (Fa ancora un lungo sospiro)
“E, da quello che ho capito, non è la prima volta che ti accade di vivere questa dinamica: vagli i nuovi partner, e attendi di dare loro la tua fiducia, e poi, quando sei pronta per affidarti, loro si stancano di te”
«Esatto»
“In questo momento la tua priorità è superare emotivamente la chiusura dell’ultima relazione, oppure capire come mai cadi sempre nello stesso copione?”
«Adesso sto un po’ meglio. Sono passati mesi da quando abbiamo rotto e sto un po’ meglio» (Mi racconta altri dettagli dell’ultima storia d’amore) «Adesso però voglio capire come mai mi succede così. Voglio trovare un modo perché non ricapiti»
“Ok, allora, permettimi di fare il punto della situazione. In stile lacaniano, se cercassimo la parola chiave, la parola vibrante del nostro incontro di oggi, quella che più riassume ciò di cui mi hai parlato direi che è la parola “fiducia”: l’alto valore che ha per te il “dare fiducia”; come la elargisci; e soprattutto come ne resti incastrata. C’è una circolarità, un copione circolare che si ripete nelle tue relazioni: aspetti a dare fiducia - chiamiamolo “sospetto” - aspetti, aspetti, aspetti, poi quando dici a te stessa: ‘Benissimo, l’ho messo alla prova mediante il sospetto ed è andata bene; adesso ha conquistato pienamente la mia fiducia e mi posso lasciare andare’, quando arriva quel momento arriva la fregatura”
«Esatto»
“Sai come la chiamo questa dinamica? Dare fiducia “alla piemontese”” (Mi guarda con interesse) “Pensa, sono nato e cresciuto a Firenze e mi sono trasferito per studi a Torino, e amo questa città. Mi piace tutto di Torino e mi piace la mentalità delle persone che ci vivono e ci lavorano. C’è però un grande limite nella mentalità piemontese. Chi si trasferisce qua sente tutto il peso del sospetto come forma culturale. Cammini per strada e le signore che ti sentono arrivare da dietro stringono la borsa a sé perché potresti essere un ladro. Oppure se cerchi nuovi amici devono passare mesi e mesi prima di trovarne qualcuno e, anche dopo che ne hai trovato qualcuno, la risposta tipica che ti senti dare è: ‘Mi spiace, stasera non posso uscire con te perché esco con i miei amici; vediamoci la prossima settimana’. ‘Ah perché io non sono un amico’, verrebbe da domandarsi, no? Pensa che prima che un collega mi invitasse a casa sua per una cena con i suoi amici sono passati 4 anni dal momento in cui mi sono trasferito qua. Un comportamento davvero anomalo per uno che viene dalla Toscana. Questo è il limite della “fiducia alla piemontese”, e ti spiego perché. Se metti al vaglio le persone mediante il sospetto, crei il presupposto per la delusione” (Aggrotta le sopracciglia) “Questo perché siamo parte di un sistema” (Dico le parole lentamente) “Se dai sospetto, anziché fiducia, e se mediante il sospetto ottieni che le persone si mostrano buone e affidabili con te, quando togli il sospetto le persone che hai messo al vaglio inevitabilmente cambiano. Siamo dentro a un sistema retroattivo - lo si chiama così - come un termostato: se girando la manopola a destra ottieni maggior calore, quando la giri a sinistra la temperatura inevitabilmente diminuisce. Così, se mediante il tuo sospetto ottieni la fiducia degli altri, quando togli il tuo sospetto anche gli altri cambiano”
«Non l’avevo mai vista in questi termini»
“Certo, sennò non saresti qui. Pensa che nei trattati dell’antica Cina si dice che non c’è niente di peggio. Loro suggeriscono invece lo ‘stratagemma della bellezza femminile’. Dicono così: se vuoi mettere al vaglio una persona, e capire se è un nemico, mostrati come se tu fossi una bella donna; sorridigli, mettilo a suo agio, dagli la tua piena fiducia, perché solo quando una persona si sente davvero a suo agio si mostra per quello che è”
(Resta sorpresa) «Ah. In casa mia non funziona così»
“Me lo posso immaginare. Adesso il punto è che dare la fiducia in questo modo non solo è molto gradevole, ma è anche il miglior strumento di valutazione. E, dopo aver messo al vaglio le persone mediante la tua fiducia incondizionata, deciderai se le vuoi oppure no nella tua vita. Se dando la tua fiducia si mostrano delle ottime persone da frequentare, perfetto, le continuerai a frequentare. Se si mostrano persone non degne della tua fiducia, le farai uscire dalla tua vita e - questo è il bello - senza provare acredine nei loro confronti”
«Interessante»
“Non è un dare ciecamente fiducia, ok? E’ dare fiducia strategicamente”
«Ok»
“Quindi, nei prossimi giorni fino al prossimo appuntamento, vorrei che sperimentassi la fiducia strategica: dare fiducia in prima battuta per poter, in seconda battuta, valutare”
«Ok»
“Mi piacerebbe non aggiungere altro oggi e vedere gli effetti di questo nuovo strumento di valutazione: anziché sospetto, fiducia”
«Va bene»
“Ci vediamo tra quindici giorni”
[Tutti i brani pubblicati nella pagina sono ispirati a colloqui reali che hanno avuto esiti positivi ma, come accade anche per i colloqui psicologici pubblicati sui libri, i suggerimenti contenuti nei post si riferiscono esclusivamente a situazioni specifiche, non generalizzabili (la stessa indicazione utile per una persona può danneggiare un’altra), e non possono in alcun modo sostituire né integrare una diagnosi psicologica, né un colloquio con uno psicologo, né un trattamento psicologico in corso. Ogni riferimento a luoghi, situazioni e persone è stato rimosso o modificato]"
Bernardo Paoli
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A Riccio
Da un po' di anni a questa parte ho accumulato molta esperienza nel campo delle visite specialistiche di vario genere. Non starò qui a spiegare la motivazione scientifica, ma penso di essere nella posizione di comunicare la mia solidarietà alle persone che come me soffrono quotidianamente con una buffa testimonianza. La vicenda nasce nella mia prima giovinezza ed è associata al detto siciliano "Lu figghiu di lu scarparu ha iutu sempi scausu", secondo il quale "Il figlio del calzolaio è sempre andato in giro scalzo, perché il calzolaio non si curava di fargli avere un paio di scarpe”. A me è successa la stessa cosa con mio padre, che di professione faceva il pediatra e nel suo lavoro, con pazienti non appartenenti alla famiglia, era un vero drago.
Non fraintendetemi, è stato un ottimo padre e suoi difetti sono gli stessi che mi porto dietro anch’io in quanto sua fotocopia al femminile ma, da quando ho memoria, ha quasi sempre risposto a qualsiasi mio malessere fisico con un "PIGLIATI UN OKI". A tredici anni soffrivo di una fortissima emicrania legata al ciclo mestruale che mi faceva piangere per ore al buio nella mia stanza. Un giorno, all'ennesimo "PIGLIATI UN OKI" e in preda ad un dolore atroce, che mi spingeva a desiderare di cavarmi via il male bucandomi il cranio a mani nude come in Pi Greco - Il teorema del delirio, risposi al suo "GIULIETTA CALMATI" con un sonoro "GIULIETTA UN CAZZO!", sentendomi incredibilmente in colpa per aver parlato in quel tono al Pater Familias e decidendo che da quel momento avrei sempre risolto da sola, per quanto possibile, i miei problemi di salute.
Negli anni ho sviluppato un incredibile senso di resistenza al dolore fisico di cui vado molto fiera. Una fierezza simile a quella che provo quando sollevo grossi pesi solo grazie alla mia forza di volontà e non sento assolutamente niente perché sono in preda all'adrenalina per aver compiuto un gesto di generale attribuzione maschile.
Bene, parte della mia tecnica nella risoluzione del problema dolore risiede nell'oculata scelta della posizione che assumo ogni qualvolta mi è possibile.
La posizione è quella che vedete in foto. Mi arrotolo su me stessa come un gatto e mantengo la posizione per tutto il tempo necessario. Lo faccio nel letto, sul divano, sul treno, sulla sedia dell'ufficio, sullo sgabello al corso di improvvisazione teatrale. Lo faccio sempre e da anni e così spesso che il mio corpo ha cambiato forma nel tempo e la mia anca da allora non è più la stessa.
Mi dà conforto.
Papà mi ha sempre criticata molto per la mia postura storta e rilassata, ma durante la mia adolescenza non mi ha mai portata a fare un controllo posturale o un ciclo di fisioterapia e solo quando una vergognosa sciatalgia mi costrinse a letto per una settimana alle tenera età di diciassette anni, decise che "PIGLIATI UN OKI" in quel caso doveva essere sostituito da "PIGLIATI UN TORADOL".
Il mio corpo è stato quindi bersagliato su due fronti: la negligenza paterna nella cura fisica dell'adolescente donna e la personale acquisizione di una posizione talmente sbagliata d'aver compromesso il mio fisico per lungo tempo. Il secondo punto è chiaramente collegato al primo.
Se mio padre fosse ancora qui, probabilmente starei al telefono a urlargli contro tutta la mia rabbia per aver sottovalutato la mia postura dando per scontato il senso di responsabilità di una ragazzina, ma visto che è andato a fare una passeggiatina permanente in bicicletta, mi limiterò prendere atto del fatto che, purtroppo o per fortuna, ogni figlio di medico di mia conoscenza è caduto nel sopracitato “Paradosso di lu scarparu”. Quando penso a tutti i difetti di mio padre, per qualche strano motivo, mi manca ancora di più. Litigare con lui e poi farci pace era uno dei nostri pochi momenti di intimità. È passato troppo tempo dall’ultima volta e io avrei davvero una voglia matta di fargli una grossa scenata e poi abbracciarlo forte e affondare la testa nel suo petto e piangere finché non respiro più.
Mi ritengo una persona decisamente più introversa di quanto io dia a vedere. Nella realtà, spolvero con una bella grattugiata di ironia qualsiasi sofferenza che mi riguarda nel profondo e risolvo tutto arrotolandomi. Sto cercando di cambiare. Sono andata in (fisio)terapia - ahahah che simpatica - . Non so quanto mi ci vorrà per rimettere la mia anca nella posizione che il Signor Gesù o chi per lui ha scelto per me, ma una cosa è certa: se mi vedete accovacciata in posizione fetale su qualsiasi supporto e in qualsiasi luogo, fate un atto d'amore e rimettermi al mio posto perché oggi, chiudermi a riccio, è diventata l'ultima delle mie opzioni.
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Presa diretta
Alcuni uomini bisogna parodiarli, altri sono già la parodia di se stessi. Io sono la puttana di Dio e contemporaneamente la parodia di me stesso. Ma la cosa non mi sorprende: gli schizofrenici hanno uno sdoppiamento di personalità? Noi siamo in dieci qui dentro, da un gruppo così numeroso che qualcuno faccia qualche cazzata c'è da aspettarselo. Io sono il caprone, l'agnello senza Dio da sacrificare ancora vivo, sono l'Untore, eterno foriero di disgrazie. È giunto il momento, mio caro amico, di condividere il viaggio, affinché i fatti non muoiano, ma restino sulla carta. Io sarò per te l'acqua dimenticata in un sottovaso, i paesaggi che visitasti nell' infanzia. Io sono come il mare per i marinai, placido e calmo, conduco i loro affari e le loro vite senza che loro abbiano timore di sorta, obbedisco alla legge di mutare due volte al giorno, e mi gonfio e mi placo, ma quando decido di stravolgere la mia vita chi conduce la sua nave sulle mie acque viene inghiottito dalla tempesta, e molti sono i morti di mille naufragi. Quei corpi che cadono sul fondo del mare sono i miei amici, che si decompongono e perdono i pezzi nel corso del tempo, e io li guardo mutare, come una madre che giochi ancora col suo bambino morto. Nessuno conosce tutta la mia storia, e me ne vanto perché sono uno stronzo raro, io. Alla gente provoco pietà, ma io non ho pietà per la gente che non sa cosa si prova a vivere una vita di emozioni autentiche. Ma molto tempo l'ho perso, altro me l'ha rubato gente come lui: questo ragazzo che sta studiando come me in biblioteca, è psicologicamente inconsapevole del fatto che è proprio deficiente, ma dal punto di vista di scrivente è apprezzabile. Ha in mano un volume di poesie seicentesche suo, perché non ci sono fascette da biblioteca, avrà circa trentacinque anni e oggi è venerdì, forse è giorno di pausa. Sta lì e studia, con impegno, traduce e copia i versi. Lo fa in mezzo a gente che studia quello che vuole, leggermente pressata dal peso dei parziali a cadenza settimanale. Un odio di classe di concentra come una cappa su di lui. Gli altri non sanno che scrivo, almeno per ora non lo sanno. Non ho paura di scrivere versi, di prendere in prestito per far parlare la mia anima. Non mi spaventa la giovane età, voglio scrivere da uomo libero.Quando sei così povero da avere solo un'idea, farai di tutto per non perderla. Poi l'ho persa per colpa della figa. Con il foglio di prima mi ci sono pulito le ascelle, puzzavano dopo che mi sono lavato con il detersivo per i piatti mixato a detersivo per i panni delicati. Non mi bastano i soldi per tornare a casa e nemmeno per comprare un bagnoschiuma. Sono rassegnato ad una vita di stenti. In un modo di forma, la mia è pura realtà, un animo scarno. Un piatto di patate bollite e bucce di patata fritte nell'olio. Buonissime. Mi sono lavato con lo sgrassatore, dopo i capelli erano come bruciati, (non puzzavo più ma la pelle si era privata di qualsiasi grasso, guarda un po' direte voi, se si chiama sgrassatore un motivo ci sarà, no?). Era strano vedere i miei capelli come se avessero la messa in piega. Quella sera ho venduto due libri su cui avevo dato due esami l'anno prima, così ho avuto i soldi per tornare a casa. Quando sono tornato a casa mi sono chiuso in camera, ho aperto il contenitore del bagnoschiuma, ho infilato la lingua dentro e ho iniziato a limonarci per la felicità. Poi l'ho richiuso e sono andato a lavarmi.
-7 dicembre 2014 – da 22 ore in piedi.9 Dicembre 2014 – da 24 ore in piedi.
Non dormo da un mese baby, come sta il tuo uccellino? ( tratto da un film ispirato alla vita di Bob Dylan)
Facebook non mi obbliga a mostrare la pipa rotta, i mozziconi di sigaro, il computer sporco d' olio che schizza dalla pasta, il portafoglio di pelle vuoto, quello di plastica con la muffa, i vestiti strappati. Su facebook sono una lucina verde come tutte le altre lucine di merda e posso dire la mia e farmi valere senza che qualcuno mi giudichi dal mio aspetto. Facebook è il punto da cui voglio ripartire da quando lei non c'è più nella mia vita ed ha lasciato un vuoto enorme, fatto di due anni in cui ho ammesso e fatto cose che mai e poi mai avrei voluto fare. Quando sei così povero da avere solo un'idea, farai di tutto per non perderla. Poi l'ho persa per colpa della figa. Una ragazza è la mia follia! Aveva detto di aver scritto con me, durante una cena liquida, ossia ad esclusiva base di alcool, dei versi che poi sono finiti su Proemio, l'unica cosa buona che credo di aver scritto. L'altra sera l'ho invitata ad uscire dicendo “ Vieni a cena. Portandola”. Era uno scherzo, perché questo un verso di Proemio che reinterpreta Catullo. Si è presentata con un pacchetto di sigarette vuoto e l'ho riempito, aveva fame e si è sfamata e finita la cena e gli argomenti di conversazione, ha allontanato la sedia dal tavolo, ha preso su il cappotto, mi ha fatto un cenno con la mano ed è andata via. E io non son da meno. Lucille, io odio il mercante che m'invita alla sua tavola, ancora agitato per gli scambi della mattina, che pasteggia camminando avanti e indietro, citando Orazio, e pensa sempre e solo al foro e agli scambi del pomeriggio. Se vive per quelli, può anche andare nel foro ora e crepare nella piazza assolata aspettando le ore più fresche del pomeriggio sotto il portico di Traiano, lasciandomi mangiare alla sua mensa, servito dai suoi servi, in pace. E da questa continua mancanza di virtù che faccio e vedo fa nascere in me, a volte, la necessità di un amore per far sopravvivere l'anima. Quando i polmoni sono gonfi di dolore e respiri tra i muscoli tesi della tensione, l'unico modo per sopravvivere è amare. Ma in quei momenti non ho bisogno di un corpo, di una persona, di uno spirito, un'immagine, qualcosa di alto che possa elevarmi con lei. Da piccolo mi ero innamorato della protagonista elfa di Eragon, di Cristopher Paolini, l'amavo di un amore puro e semplice, inventando storie ogni giorno per compensare la mancanza di quelle reali. A volte quel bisogno ritorna, quel bisogno di un'amore perfetto, senza sbavature, senza corpi ormoni o altro, è l'invocazione di uno spirito così alto e potente da tirarti fuori da qualsiasi situazione, nel corpo e nello spirito. Scriverlo? E chi capirebbe. Già qui mi si potrebbe additare di amore platonico, che implica un amore basato sulla distanza. E chi la vuole la distanza? Io voglio provare l'amore dentro di me, verso qualcosa che percepisco di spirituale che è me quando io mi elevo, per cui di distanza ce n'è poca. Questo per me è una specie di rito che sento il bisogno di fare dalla nascita.
Ok ecco la storia....ero sveglio da 22 ore e vagavo sul web in cerca di una consolazione esistenziale al mio essere insonne. Becco un post su Facebook e rispondo, controbattono e io rispondo. Solo dopo qualche minuto mi rendo conto che la cosa contro la quale sto parlando è una lei ed è anche molto graziosa. Lei è anche coordinatrice del dipartimento di Forlì, una specie di rappresentante d'istituto, per cui se ci provo ho chiuso con qualunque essere umano di sesso maschile o femminile, perché ovviamente la rappresentante d' Istituto è un essere inarrivabile per tutti, per cui se, come diciamo noi “cappello” , mi ritrovo che nessuno mi passa più una pagina d'appunto fino alla laurea. Le scrivo in privato per comunicarle che data l'ora non ero in pieno possesso delle mie facoltà. Lei inizia a fare meravigliosi discorsi fraseologici, di quelli che non t'invia riga per riga, ma scrive in blocco, in maniera compatta. Finisco la conversazione scusandomi per il mio comportamento. Guardo il profilo, lei è molto graziosa, ha la carnagione chiara, un leggero trucco, si vede che la Francia e gli ambienti intellettuali di sinistra le piacciono molto.
Scrivo qualche riga per lei, il pallido chiarore della sua pelle mi fa pensare ad una stella lontana :
“La radiazione cosmica di fondo (CMBR) è la radiazione residua prodotta dal Big Bang. Questa è la prova non solo che dietro agli abissi siderali pur qualcosa resta, ma che lo spazio, il mondo come fenomeno, rifiuta in se stesso l'annullamento, tant'è che nulla si distrugge, tutto si trasforma. Di fronte a tutto questo chi sono io per decidere di morire, di non assumermi fatica e problemi, gioie e felicità, chi sono io per cancellare i ricordi, ignorare la memoria. Tutto ciò che accade lascia traccia di se, se non la si trova più, vuol dire che abbiamo ignorato troppe cose, troppo a lungo.”
Ecco si, forse durante il rito questa è la parte più maschile che tra uomo ed anima, infatti poi è venuta fuori l'altra. “Perché continui a vagare, in questo spazio vuoto, candida luce della notte? Perché ti ostini a perseverare un rigore, una linea che possa condurti ad isole felici o lontano dai guai? Che fai, non capisci? In questa eterna ricerca morirai e nascerai di nuovo mille volte come l'araba fenice, e ad ogni vita sarai una luce meno viva e più lontana come quella di una stella. grande immensa, rossa, fino alla morte, poi una nana bianca. Infine di te non resterà nulla e il sole prenderà il vuoto che hai lasciato cadere nella notte.”Immaginavo che quel piccolo puntino verde dell'online sbiadisse negli occhi velati di sonno, diventasse di color bianco, come la luce di una stella alta nel cielo, che poi in realtà la stella è rosso fuoco, è come il sole, poi bruciare idrogeno, diventare più grande, ed infine una nana bianca, una nana nera, un punto nero che si confonde con l'universo. Era svanita, non ne era rimasto più niente, ma per tre, quattro giorni mi ero sentito bene, di nuovo amato, o almeno non dovevo pensare che ero un tipo ridotto a lavarsi con lo sgrassatore.
@lovehopedreambyeffe questo, quello che ti dicevo ieri...
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Template: lettera d’amore
Ciao, <inserirenomequi>.
È da un po’ che volevo dirti le cose che ti sto per dire in questa lettera e, forse un po’ per vigliaccheria, forse perché non riuscirei ad esprimere bene il concetto a parole, te le sto scrivendo qui, su questo foglio.
Lo sai tu e lo so io che stai partendo da una posizione di svantaggio: sei tu che ami e devi dimostrare al tuo futuro partner (invitami al matrimonio eh) che sei tu quello/a giusto/a per lei/lui; magari non dovresti farlo via lettera ma tant’è. Quindi ammettiamo subito i nostri limiti, almeno sembriamo sinceri e facciamo vedere che sappiamo ammettere i nostri errori. Però dai, se potete non scrivete lettere d’amore, soprattutto su Whatsapp.
Sviscerare tutto quello che sento e provo per te è praticamente impossibile e vorrei avere più tempo e più spazio per descrivere al meglio il tutto ma il foglio è piccolo e devo essere breve: ti amo.
Di solito questa parte viene messa alla fine, dopo aver detto il perché e il percome di questo sentimento però noi siamo alternativi e il colpo di scena lo usiamo prima, così almeno sembriamo originali e cambiamo un po’ la solita struttura della lettera d’amore, che consiste in descrizione, sentimento e speranza.
È difficile per me scriverti tutto questo, soprattutto perché è da un po’ che provo questa cosa per te ma avevo paura, paura di un sacco di cose; tra tutte, però, quella più grande è quella di perderti per sempre; da quando sei entrata nella mia vita è tutto completamente diverso, anche se non è cambiato niente: la mia routine è sempre quella, vado al lavoro/università/scuola, faccio il minimo indispensabile per sopravvivere e così via, giorno dopo giorno, tutto sempre uguale e fine a sé stesso. L’unica cosa che è cambiata, però, è la tua (uso il femminile) presenza: da quando ci sei tu sono distratto, da tante cose e da tanti pensieri che riguardano te e tutto quello che gira attorno a te.
Mai essere precisi con i tempi, quindi “un po’” è la scelta giusta da fare, che magari se ami da 2 anni sembri sfigato e se ami da 5 secondi magari hai solo una piccola carenza affettiva e magari non ti serve un partner ma YouPorn, in base ai tuoi gusti. La seconda parte credo sia molto d’impatto, non ho detto niente ma ho detto tutto e questo gioco del nulla/tutto è sempre molto carino da utilizzare, anche perché ok, ti cambia la vita la presenza di una persona che ami ma non è che ti annulli completamente, ecco.
Mi capita spesso di pensarti e quando lo faccio spesso m’incanto, guardando l’orizzonte e restando imbambolato per ore, soprattutto quando sono in autobus e c’è il traffico e fa caldo e c’è la signora di 50 anni che urla all’autista “ueeee ma c vuimm?”. Ma non solo.
Un tocco di umorismo ci sta sempre, altrimenti diventa troppo pesante.
In tutta la mia vita non credo di essere mai stato innamorato perché non ho mai ben compreso il concetto di amore ma ora credo di averlo capito e se è dimenticarsi la pasta sul fuoco e farla diventare pappetta perché mi stai raccontando del tuo ultimo progetto beh, allora è quello. O forse faccio schifo io a cucinare, sicuramente: è un mio difetto ma ti porterò al McDonald’s tutte le settimane, giuro.
Questo è un cliché delle lettere d’amore ma spesso è così e perché non sfruttarlo per far ridere e allungare il brodo?
Non voglio stare lì a descriverti per filo e per segno tutte le tue qualità e i tuoi interessi; vorrei solo dirti che non posso andare avanti così, sapendo che potrei renderti felice e potremmo fare tante cose: andare insieme in quel posto in cui sei sempre voluta andare ma in cui non sei mai andata, ad esempio.
Di solito fare promesse è controproducente ma andare a colpire nei punti deboli delle persone è importante per lasciare un segno, negativo o positivo sta a voi deciderlo. Inoltre descrivere le qualità, gli interessi ecc. ecc. è inutile, penso che chiunque a questo mondo conosca le proprie peculiarità e i propri interessi e starli a ripetere meh.
Spero che tu non veda tutto ciò come una cosa negativa e che ci sia modo di vederci, anche solo per permetterti di darmi uno schiaffo e mandarmi a quel paese e per permettermi di offrirti uno Spritz, che l’altra volta hai offerto tu e mi sentirei in colpa a non offrirtelo.
Ci si vede Giovedì, stesso bar, stessa ora.
Gianluigi.
Di solito nelle lettere d’amore si tende a “sottomettersi” al partner, elencando tutte le varie qualità e le speranze e i sentimenti ecc. ecc. ma basta un po’, cazzo. Perché si prova un sentimento del genere non vuol dire accontentare il partner solo per farsi amare e elencare i propri pregi è inutile se conosci l’altra persona. Forse dovevo essere un po’ più romantico ma bisogna esserlo dal vivo, tramite una lettera non potete baciarvi sotto la pioggia. Ah sì, mi chiamo Gianluigi.
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Pale September, I wore the time like a dress that year.
Ciao Settembre, ben arrivato. Prima di scrivere, come ogni anno, sono andata a rileggere cosa scrivevo un anno prima e mi sono stupita del fatto che un anno fa non avessi niente da dire, niente da augurarmi, niente da voler cambiare, niente da volermi ricordare. Sinceramente, provo a ripensarci e non riesco a ricordare molto di un anno fa. Sì, ricordo qualcosa - alcune cose meno carine altre più carine -, ma niente di chi, niente di memorabile, tutte cose tra qualche anno penserò "ma che anno era?". Non era un bel periodo, proprio per niente. E quest'anno? Quest'anno non lo so. Va ad alti e bassi, come va un po' a tutti del resto. Cos'è cambiato nell'ultimo anno? Tutto e niente. Cos'è successo? E' successo che un anno fa mi sono iscritta a un corso di danza aerea per principianti. Dovevano essere due lezioni di prova, si è trasformato in un appuntamento fisso due volte a settimana. Non sono brava, sono quella che ci mette più tempo a imparare le figure, quella che per andare in pallina ci ha messo una vita - "eri totalmente non allenata e ti scoraggiavi, non ti poteva venire no!" - e che ancora si domanda perché continua, ma sono anche quella che ci ha preso gusto a tornare a casa con un segno rosso o un livido. Mi piace, mi fa sentire leggera, mi fa spegnere la testa per un'ora. Perché ho iniziato a parlare di questo? Perché più i muscoli delle mie braccia di rinforzavano, più imparavo a staccare i piedi da terra, più capivo come andare a testa in giù senza essere convinta che sarei caduta, più imparavo a stare been con me stessa, più mi liberavo di tutte quelle sicurezze che mi facevano evitare tante cose. Le prime lezioni erano per me odi et amo: odiavo socializzare, odiavo dover andare in tshirt e leggins - e sappiamo che a dire la verità sono gli ubriachi, i bambini e i leggins -, odiavo tentare di fare qualcosa e non riuscirci, odiavo quello che per altri era normale. Amavo, però, quella sensazione bellissima quando ti riusciva qualcosa - e poco importa se è il primo o il decimo tentativo -, amavo la sensazione di libertà che cresceva giorno dopo giorno. Imparare a stare sui tessuti era una rivoluzione. Una rivoluzione che non so quando sia iniziata, non ha una data precisa, non c'è stato un giorno o un'ora, è stato un lento inesorabile percorso di cambiato. Ho smesso di preoccuparmi del giudizio degli altri, di entrare in un negozio e di negarmi anche il solo provare qualcosa perché "sarei ridicola", ho smesso di guardarmi allo specchio e vedermi come un insieme di difetti. E' successo che così imparassi ad alternare i jeans a delle gonne, a stare a scegliere con cura cosa mettermi prima di uscire con un'amica anziché optare subito per i jeans e felpa - o, se ero in buona, per la camicia - come ho smesso di dovermi preparare psicologicamente con giorni di anticipo prima di mettermi una gonna. E non so neanche quando è successo che gli altri hanno iniziato ad accorgersene, a dirmi che mi vedevano cambiata, che mi vedevano bene. E' successo addirittura che un'amica mi confessasse di essersi quasi emozionata quando mi ha vista uscire da Tezenis con un costume dopo anni che per convincermi a fare una mezza giornata di mare dovevano piangere in turco: io che odiavo mettermi in costume ne avevo comprato uno (quando questo discorso è uscito davanti al suo ragazzo si è stupito, non gli sembravo il tipo da farsi problemi). La cosa più bella di questo cambiamento non è che ogni tanto esco vestita "da femmina" - come ha detto qualcuno -, ma è che esco come mi piace, esco essendo me stessa: un giorno sembro una piccola wannabe punk girl, il giorno dopo sembro quasi femminile fino a che non apro la bocca, il giorno dopo sono coi miei jeans preferiti e una tshirt enorme. Non penso più a cosa diranno gli altri, faccio quello che voglio anche mettermi un bellissimo costume intero di Wonder Woman regalatomi dalle amiche. Certo, non va sempre bene. Ci sono giorni in cui sto male, in cui mi faccio schifo, in cui la sola idea di provarmi un vestito che un'amica non mette più e che so essere aperto sulla schiena mi fa stare malissimo, ma poi passa. Passa perché guardo le foto del saggio, la foto di fine luglio seduta su un cerchio a quella che solo un anno prima mi sembrava un'altezza impossibile - ed è ancora basso - e mi dico che "se ho fatto questo, posso farcela". In tutto questo, ho anche imparato a socializzare, a relazionarmi con gli altri anche in situazioni dove conosco poco persone - se non proprio nessuno, come in vacanza - anziché mettermi in un angolo, ricordo ancora la sera che un'amica lontana mi ha raccontato che erano fieri del fatto che fossi a socializzare ad una grigliata. Rido, scherzo, parlo con gente mai vista seduta a tavolate piene, a volte mi sento ancora fuori posto, incapace di relazionarmi, ma poi passa. E non è sempre tutto rosa e fiore, tutto facile. Ci sono ancora periodi in cui faccio fatica ad uscire di casa, in cui vorrei solo chiudere la porta di camera e fare finta che non esista niente se non il peso sul petto che non mi fa respirare; ci sono momenti in cui mi tremano le mani così forte che per non farlo notare devo stringerle a pugno così forte che poi mi fanno male, ci sono notti che le passo in preda agli incubi. Ci sono giornate come ieri, come oggi, che guardo i libri da studiare e non metto a fuoco niente o che mando un report per il blog della Radio dell'università dicendo a me stessa che fa schifo - e nessuno è d'accordo, non capisco chi sbaglia - e mi si capovolge lo stomaco a comunicare che "l'ho mandato in revisione". Ci sono giorni, settimane, periodi più o meno lunghi che va tutto male e fingo che vada benissimo, che reggo tutti senza far vedere come sto, ma alla fine me la cavo, non sempre bene, ma me la cavo. E, Settembre, se dobbiamo parlare di cose leggere e farci anche una risata, sembra che tutto quello scritto sopra abbia effetti positivi: c'è chi c'ha provato, finendo generalmente in un nulla di fatto, ma è successo. Certo, poi c'è chi ti resta nelle canzoni costringendoti a sentire ridendo, ma questo è un discorso a sé. Sai Settembre, stasera avrei voluto uscire, è sabato sera, ma invece a breve tornerò a studiare. Gli altri non gli ho sentiti, forse BFF è ancora impegnata a sistemare la casa in cui è ufficialmente andata a convivere, forse sono rimasti su o chi lo sa - se lasciassi parlare la vocina nella testa, direbbe che sono usciti senza di me perché non mi volevano -, ma vocina a parte è okay anche così e non lo dico come tempo fa perché dovevo autoconvincermene, va bene davvero. Sai, nonostante i mesi, mi fa ancora strano come io abbia imparato a non odiarmi, ma a convivere con me stessa e soprattutto come io passi periodi con me stessa perché mi va, non perché socializzare a forza mi ha messo ko - sì, certo, ci sono ancora sere in cui torno e mi fa male la testa per essere stata a contatto con gli altri, non perché io beva o altro, solo stare in mezzo alle persone. Sai Settembre, ho passato così tanto tempo senza scrivere per non parlare con me stessa che ora faccio fatica a smettere, ci sono così tante cose che vorrei scrivere a te che non esiste per dirle a me che potrei scrivere in eterno, ma ci sarà tempo. Cerca solo di essere più buono di altri anni, cerca solo di non darmi sfide troppo grandi, di non darmi troppo da affrontare.
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Mi cambio e rimango completamente nuda di fronte lo specchio per qualche istante. Mi osservo alla totale luce del giorno.
Guardo il mio seno e ricordo di quando ero in prima media: tutte si imbottivano i reggiseni tranne me che ero già sviluppatissima. Però no, ricordo che non andava bene. Ricordo che per averlo bello dovevi imbottirtelo, non avercelo di tuo. Forse ha influito al non accettarlo così com'è?
Ricordo quella volta in prima superiore che, mentre salivo le scale, la ragazza super piatta della classe mi disse: "Emy hai un culo enorme.". Non indosso un paio di jeans da circa due anni, forse ha influito?
Ricordo che a dodici anni una ragazza si stupì e mi chiese: "Come non ti depili tutta?".
Ricordo di quando mi dissero che non ero per niente femminile perché non mi piaceva truccarmi.
Ricordo di quando mi dissero che dovevo fare qualcosa ai miei capelli, semmai qualche colpo di luce, perché sennò non avrei mai trovato nessuno.
Ricordo di quando la ragazza per cui avevo tanta stima, abbracciandomi, mi disse: "Sei proprio ingrassata!".
Ricordo anche che il padre del mio ex dopo un po' che non mi vedeva una volta esordì con: "Hai messo su qualche chilo, eh?" e guardando lui: "Attento che ci vuole poco a non riconoscerla più.".
Inizio solo ora, a 21 anni, ad accettarmi. Inizio. Cerco di guardarmi oggettivamente e darmi una possibilità di pensare di essere bella anche io. Provo a dire a me stessa i discorsi che faccio alle altre: che dovrebbero accettarsi, perché ognuna di noi ha un corpo bellissimo. Ma a quanto pare predico bene e razzolo male.
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EDS4
17) Lo sconosciuto
Ci siamo conosciuti in una di quelle chat che promettono amici e felicità senza fatica e fanno apparire l’essere soli quasi come un vantaggio. Io non sono sola, sono solo molto annoiata. La routine domestica non fa per me e cerco qualche svago in questo mondo fittizio.
Scelgo sempre foto che attirino gli uomini col chiaro intento di incuriosirli, di far sì che vogliano sapere qualcosa di più, che si sentano provocati. Non è difficile, sono una bella donna, molto curata, attenta al fisico e, cosa che spesso colpisce,sono anche intelligente.
Come se essere belle avesse la conseguenza di essere stupide…. ma gli uomini spesso sono davvero basici.
Scrivete in tantissimi, alcuni in modo simpatico, altri in modo provocatorio, altri come maiali ingrifati. Forse pensano che un messaggio sconcio sia più interessante di uno con almeno un briciolo di senso.
E’ qualche settimana che scambio battute con perfetti sconosciuti, a volte li provoco, altre mi ritraggo.
Sto cominciando ad annoiarmi di nuovo.
Una sera mi arriva un tuo messaggio.
Lo leggo svogliatamente, ma mi colpisce subito il tuo modo elegante di scrivere, senza errori, con una sintassi curata. Sei molto educato, il tuo post è un perfetto mix di buone maniere e seduzione. Decido di non rispondere subito, voglio vedere se è un caso o se ci riproverai.
Passano un paio di giorni ed ecco un nuovo messaggio. Come il primo, corretto ed elegante.
Ti rispondo. Con educazione ed ironia, lasciando in sospeso la conversazione per poter proseguire in un nuovo messaggio.
Che puntuale arriva. Sempre più interessanti, sempre più intriganti: scriviamo di tutto quello che ci succede e di quello che vorremmo ci succedesse, siamo in sintonia e gli argomenti iniziano a farsi più personali, a volte perfino piccanti.
Se tu fossi qui… se io fossi lì… cosa vorresti che ti facessi… vorrei sentire le tue dita su di me….Dai messaggi arriviamo presto al cellulare.
La prima telefonata è tua.
Hai una voce calda, quasi avvolgente, e ironizzi sulla mia che è decisamente poco femminile perché piuttosto bassa.
Adesso non mi annoio più. Riempi le mie giornate con messaggi e telefonate anche mentre sei al lavoro. Ma è la sera che diamo il meglio di noi.
Tu sei separato, io sono bravissima a inventare scuse per ritirarmi in camera e voler stare in pace.
Ben presto le nostre conversazioni assumono i toni delle 50 sfumature. Ma tutto, purtroppo, è pura immaginazione. Ci siamo scambiati qualche foto, nulla più. Ci diciamo cose altamente erotiche ma forse, se ci trovassimo in un aeroporto non ci riconosceremmo….
Una sera ti sbilanci: “ Voglio conoscerti, voglio vederti, voglio toccare ogni centimetro della tua pelle… voglio accarezzarti i capelli dopo aver fatto l’amore…”
Ci separano quasi 1800 km, ma in quel momento le distanze si annullano, sento di volerti, voglio farti dal vero tutto quello che ti ho descritto a voce. Chiudo la telefonata con una certezza in testa: organizzare un incontro.
Te ne parlo. Sei entusiasta. Decidiamo per Roma. Tutti e due conosciamo abbastanza bene la città e per tutti e due resta circa a metà strada da dove viviamo.
Per giustificare la mia assenza invento una trasferta per lavoro, e al lavoro chiedo ferie.
Prenoto il volo per me e l’albergo per tutti e due. Camera singola. Nel dubbio tu dal vero non mi piaccia o scopra essere diverso da quanto racconti.
Il tuo volo arriva 30 minuti prima del mio.
Quando esco dal gate ho lo stomaco in subbuglio, come una quindicenne che sente le farfalle per la prima volta. Cerco un volto simile a quello delle foto, questione di momenti e i nostri occhi si incontrano. Ci sorridiamo avvicinandoci. Ci studiamo nel breve tragitto che ci separa, fino a quando, uno di fronte all’altro,ci salutiamo quasi imbarazzati scambiandoci un rapido bacio.
Decidiamo per un giro del centro, una cena in qualche trattoria tipica e poi il rientro in albergo. Per tutto il giorno sei splendido: intelligente, simpatico, galante, provocante… in una parola sei perfetto.
Forse anche troppo. Ma non me ne rendo conto. I tuoi baci improvvisi, il tuo prendermi la mano mentre passeggiamo, i tuoi sorrisi, mi hanno stregato. Non vedo l’ora di rientrare in albergo per concludere la giornata nel migliore dei modi.
Abbiamo due camere separate ma è scontato che una delle due resterà vuota. Mi inviti in camera tua a brindare al nostro incontro,e io ovviamente accetto.
Sappiamo perfettamente tutti e due perché siamo qui, ma l’essere uno davanti all’altro non è la stessa cosa che essere dietro a una tastiera: l’aria è carica di aspettative, quasi tesa, nell’aspettare chi dei due farà la prima mossa.
Tante volte mi hai detto che ti sarebbe piaciuta una donna che prendesse l’iniziativa così poso il calice e con studiata lentezza mi avvicino a te, sento il tuo respiro e i tuoi occhi che mi guardano, ti passo una mano tra i capelli dietro la nuca e ti attiro a me per baciarti. Abbiamo tanto fantasticato di come sarebbe stato… tu volevi un bacio passionale di quelli che quasi ti tolgono il fiato, io un bacio dolce quasi da primo appuntamento.
Non è niente di tutto ciò. È un bacio impersonale tra due persone che hanno solo voglia in fondo di farsi una bella scopata. Però stiamo al gioco, ti lasci stuzzicare con la punta della mia lingua, mi lascio accarezzare dalle tue dita, mi metto sopra di te lasciandoti giocare con la mia pelle.. è un continuo prendersi e perdersi uno nell’altro, di gemiti spezzati, di mani che toccano, stringono…. di bocche che esplorano….
La notte è quasi finita, mi alzo per farmi una doccia. Mi trattieni a letto con un perentorio “stai qui”… mi divicolo e ridendo ti dico che non sono abituata a sentirmi dire cosa devo o non devo fare. È un secondo, ti sollevi dal letto e mi tiri un ceffone che quasi mi butta a terra.
“Ah no? Non sei abituata a sentirti dire cosa devi o non devi fare? Si tratta bene la signora…. ma io non sono tuo marito… a me devi obbedire senza fiatare.”
E’ un incubo non c’è altra spiegazione, sto sognando, ho sognato anche il ceffone… chi è quest’uomo che mi parla come se fossi un oggetto? Che si permette di alzare le mani? Cerco di ricompormi e inizio a parlarti con calma, quasi con dolcezza… “ tra non molto devo tornare in aeroporto,è meglio se torno in camera mi..”
“non hai capito un cazzo!!! Tu stai qui e fai quello che ti dico io! Non mi interessa il tuo volo, inventerai un’ altra palla… sei così brava… ma guardati…. sai cosa sei? Lo sai?”
Stai quasi urlando e io sono terrorizzata. Non riesco a muovermi, ti fisso stranita col terrore tu possa farmi del male. Ti sei trasformato in una belva per una semplice battuta…
Mi do della deficiente da sola, anche nelle nostre telefonate era successo ma ti eri immediatamente ricomposto dicendo che era solo per il gran desiderio che avevi di me… e io ho voluto crederti, non ho voluto vedere… e adesso sono qui con te, che farnetichi sull’essere tua… “ allora!!!! Hai capito cosa ti ho detto???” Non faccio in tempo a rispondere, mi arriva un altro ceffone.
Esci sul balcone a fumare, provo a uscire dalla camera ma hai chiuso e mi mostri la chiave dai vetri… Sono in trappola…
Poi ho un flash. Compongo il numero delle emergenze e riappoggio il telefono dove lo avevi messo tu… non ti sei accorto di nulla… torni in camera e ricominci a insultarmi…. riesco a schivare un altro ceffone ma non sono abbastanza veloce da non farmi prendere da te e buttare sul letto mentre mi dici che se non faccio bene il mio lavoro di ceffoni ce ne saranno molti altri….
Fuori dalla porta si sentono delle voci concitate, intimano di aprire, poi dopo pochi secondi la porta viene aperta col passpartout del concierge…. la chiamata è stata geolocalizzata. È tutto finito. Ti portano via dalla stanza e anche dalla mia vita….
Posso tornare a casa.
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Memories of Autumn
‘DIVENIAMO IMITATORI DI DIO’ NELL’ USO DEL POTERE
HO VISTO TUTTO QUESTO,E HO RIVOLTO IL MIO CUORE A OGNI OPERA CHE E’ STATA FATTA SOTTO IL SOLE,DURANTE IL TEMPO IN CUI L’UOMO HA DOMINATO L’UOMO A SUO DANNO. ( ECCLESIASTE 8:9)
PERCIO’ IMITATE L’ESEMPIO DI DIO, QUALI FIGLI AMATI, ( EFESINI 5:1)
POI DIO DISSE: ‘’FACCIAMO L’UOMO A NOSTRA IMMAGINE, A NOSTRA SOMIGLIANZA. ABBIA AUTORITÀ’ SUI PESCI DEI MARI, SULLE CREATURE ALATE DEI CIELI,SUGLI ANIMAlI DOMESTICI,SU TUTTA LA TERRA E SU OGNI ANIMALE STRISCIANTE CHE SI MUOVE SULLA TERRA’’. E DIO CREO’ L’UOMO A SUA IMMAGINE,LO CREO’ A IMMAGINE DI DIO; CREO’ IL MACHIO E LA FEMMINA. ( GENESI 1:26,27)
TU SEI LA FONTE DELLA VITA; MEDIANTE LA TUA LUCE POSSIAMO VEDERE LA LUCE. ( SALMO 36:9)
IL SEGRETO E’ L’AMORE
CHI NON AMA NON HA CONOSCIUTO DIO, PERCHE’ DIO E’ AMORE. ( 1GIOVANNI 4:8)
L’ AMORE E’PAZIENTE E PREMUROSO.L’ AMORE NON E’ GELOSO,NON SI VANTA,NON SI GONFIA D’ORGOGLIO, NON SI COMPORTA IN MODO INDECENTE, NON CERCA IL PROPRIO INTERESSE, NON CEDE ALL’ IRA, NON TIENE COPNTO DEL MALE. ( 1CORINTI 13:4,5)
NON FATE NULLA PER RIVALITÀ’ O VANAGLORIA,MA , CON UMILTA’,.CONSIDERATE GLI ALTRI SUPERIORI A VOI; NON CERCATE SOLAMENTE IL VOSTRO INTERESSE,MA ANCHE QUELLO DEGLI ALTRI. (FILIPPESI 2:3,4)
MEDIANTE L’ AMORE LEALE E LA FEDELTA’ VIENE ESPIRATO L’ ERRORE. E MEDIANTE IL TIMORE FDI GEOVA CI SI ALLONTANA DAL MALE. (PROVERBI 16:6)
COMUNQUE, SI LEVO’ UN GRANDE LAMENTO DAL POPOLO E DELLE LORO MIGLI CONTRO I LORO FRATELLI GIUDEI, ALCUNI DICEVANO: ‘’NOI ,I NOSTRI FIGLI E LE NOSTRE FIGLIE SIAMO TANTI .ABBIAMO BISOGNO DI GRANO PER MANGIARE E RIMANERE IN VITA’’. ALTRI DICEVANO: ‘’PER AVERE GRANO DURANTE QUESTA CARESTIA,STIAMO DANDO A GARANZIA I NOSTRI CAMPI ,LE NOSTRE VIGNE E LEN OSTRE CASE’’. ALTRI ANCORA DICEVANO:’’ABBIAMO IMPEGNATO I NOSTRI CAMPI E LE NOSTRE VIGNE PER PRENDERE A PRESTITO IL DENARO CON CUI PAGARE IL TRIBUTO DEL RE. NOI E I NOSTRI FRATELLI SIAMO DELLO STESSO SANGUE,E I NOSTRI FIGLI SONO COME I LORO FIGLI; EPPURE DOBBIAMO DARE COME SCHIAVI I NOSTRI FIGLI E LE NOSTRE FIGLIE,E ALCUNE DELLE NOSTRE FIGLIE SONO GIA’ IN SCHIAVITÙ’ .MA NON POSSIAMO FARCI NULLA ,PERCHE’ I NOSTRI CAMPI E LE NOSTRE VIGNE APPARTENGONO AD ALTRI’’. MI ARRABBIAI MOLTO QUANDO SENTII IL LORO LAMENTO E LE LORO PAROLE.COSI’,DOPO AVER RIFLETTUTO ATTENTAMENTE SULLA COSA, ACCUSAI I NOBILI E I GOVERNATORI DELEGATI, DICENDO LORO: ‘’CIO’ CHE CIASCUNO DI VOI ESIGE DAL PROPRIO FRATELLO E’ UN IUSURA’’. INOLTRE ,A MOTIVO LORO DISPOSTI DI TENERE UN GRANDE ASSEMBLEA. ( NEEMIA 5:1-7)
‘’ORA ,O ISRAELE,CHE COSA TI CHIEDE GEOVA TUO DIO? SOLTANTO QUESTO: DI TEMERE GEOVA TUO DIO, CAMMINARE IN TUTTE LE SUE VIE, AMARLO, SERVIRE GEOVA TUO DIO CON TUTTO IL TUO CUORE E CON TUTTA LA TUA ANIMA. E OSSERVARE I COMANDAMENTI E I DECRETI DI GEOVA CHE OGGI TI DO PER IL TUO BENE. ( DEUTERONOMIO 10:12,13)
GEOVA SI RAMMARICO’ DI AVERE FATTO GLI UOMINI SULLA TERRA, E SE NE RATTRISTO’ NEL SUO CUORE. (GENESI 6:6)
SII’ SAGGIO,FIGLIO MIO, E RALLEGRA IL MIO CUORE, PERCHE’ IO POSSA RISPONDERE A CHIMI ACCUSA. (PROVERBI 27:11)
NELLA FAMIGLIA
PERCHE’ IL MARITO E’ CAPO DELLA MOGLIE PROPRIO COME IL CRISTO E’ CAPO DELLA CONGREGAZIONE, ESSENDO IL SALVATORE DI QUESTO CORPO. ( EFESINI 5:23)
ALLO STESSO MODO VOI, MARITI,CONTINUATE A VIVERE CON LE VOSTRE STESSO MODO VOI, MARITI,CONTINUATE A VIVERE CON LE VOSTRE MOGLI MOSTRANDO LORO CONSIDERAZIONE. DATE LORO ONORE COME A UN VASO PIU’ FRAGILE, QUELLO FEMMINILE, DAL MOMENTO CHE SONO EREDI INSIEME A VOI DELL’ IMMERITATO DONO DELLA VITA,COSI’ CHE LE VOSTRE PREGHIERE NON SIANO IMPEDITE. ( 1PIETRO 3:7)
CI ONORARONO CON MOLTI DONI E, QUANDO STAVAMO PER SALPARE ,CI RIFORNIRONO DI TUTTO IL NECESSARIO. ( ATTI 28:10)
QUINDI PER VOI CHE CREDETE LUI E’ PREZIOSO;PER QUELLI CHE NON CREDONO ,INVECE,’’LA PIETRA CHE I COSTRUTTORI HANNO SCARTATO E’ DIVENTATA LA TESTA DELL ANGELO’’, ( 1PIETRO 2:7)
I SUOI FIGLI SI ALZARANO E LA LODANO; ANCHE SUO MARITO SI ALZA E LA LODA. ( PROVERBI 31:28)
COMUNQUE,CIASCUNO DI VOI DEVE AMARE SUA MOGLUE COME SE STESSA; D’ ALTRA PARTE ,LA MOGLIE DEVE AVERE PROFONDO RISPETTO PER IL MARITO. ( EFESINI 5:33)
LA DONNA VERAMENTE SAGGIA EDIFICA LA SUA CASA, MA LA STOLTA LA DEMOLISCE CON LE SUE STESSE MANI. ( PROVERBI 14:1)
PADRI,NON IRRITATE I VOSTRI FIGLI,MA CONTINUATE A CRESCERLI NELLADISCIPLINA E NELL’ ISTRIZIO0NE DI GEOVA. (EFESINI 6:4)
CHI TRATTIENE LA VERGA ODIA SUO FIGLIO. MA CHI LO AMA NON MANCA DI DISCIPLINARLO . ( PROVERBI 13:24)
LA STOLTEZZA E’ LEGATA AL CUORE DEL RAGAZZO. MA LA VERGA DELLA DISCIPLINA LA RIMUOVERÀ’ DA LUI. ( PROVERBI 22:15)
LA VERGA E IL RIMPROVERO DANNO SAPIENZA, MA IL FIGLIO LASCIATO SENZA FRENO SARA<’ IUN DISONORE PER SUA MADRE. ( PROVERBI 29:15)
PADRI,NON ESASPERATE I VOSTRI FIGLI , AFFINCHÉ NON SI SCORAGGINO. (COLESSESI 3:21)
LA GLORIA DEI GIOVANI STA NELLA LORO FORZA, E LO SPLENDORE DEI VECCHI STA NEI LORO CAPELLI BIANCHI. PROVERBI 20:29)
RICORDA ,QUINDI ,IL TUO GRNDE CREATORE NEI GIORNI DELLA TUA GIOVINEZZA, PRIMA CHE VENGANO I GIORNI DIFFICILI E CHE ARRIVANO GLI ANNI IN CUI DIRAI:’’NON PROVO ALCUN PIACERE IN ESSI’’. (ECCLESISTE 12:1)
IL PADRE DEL GIUSTO DI SICURO GIOIRA’. E CHI GENERA UN FIGLIO SAGGIO SI RALLEGRA DI LUI. TUO PADRE E TUA MADRE SI RALLEGRERANNO, E COLEI CHE TI HA DATO ALLA LUCE SARA’ GIOIOSA (PROVERBI 23:24,25)
FIGLI ,SIATE UBBIDIENTI AI VOSTRI GENITORI SECONDO LA VOLONTÀ’ DEL SIGNORE, PERCHE’ QUESTO E’ GIUSTO. ( EFESINI 6:1)
FIGLI, SIATE UBBIDIENTI AI VOSTRI GENITO9RI IN OGNI COSA, PERCHE’ QUESTO E’GRADITO AL SIGNORE. ( COLESSESI 3:20)
NELLA CONGREGAZIONE
UBBIDITE A QUELLI CHE VI GUIDANO E SIATE LORO SOTTOMESSI, PERCHE’ VEGLIANO SU DI VOI E DOVRANNO RENDERNE CONTO; AFFINCHÉ’ LO FACCIANO CON GIOIA E NON SOSPIRANDO,COSA CHE ANDREBBE A VOSTRO DISCAPITO ( EBREI 13:17)
PASCETE IL GREGGE DI DIO AFFIDATO ALLE VOSTE CURE, PRESTANDO SERVIZIO COME SORVEGLIANTI, NON PER FORZA ,MA VOLENTIERI DAVANTI A DIO,NE’ PER AMORE DI GUADAGNI DISONESTI, MA CON ENTUSIASMO, NE’ SPADRONEGGIANDO SU QUELLI CHE SONO L’EREDITA’ DI DIO,MA DIVENTANDO ESEMPI POER NIL GREGGE. ( 1PIETRO 5:2,3)
PRESTATE ATTENZIONE A VOIU STESSI E A TUTTO IL GREGGE, IN MEZZO AL QUALE LO SPIRITO SANTO VI HA NOMINATO SORVEGLIANTI,PER PASCERE LA CONGREGAZIONE DI DIO,CHE EGLI ACQUISTO’ CON IL SANGUE DEL PROPRIO FIGLIO. ( ATTI 20:28)
POI’ GLOI CHIESE UNA SECONDA VOLKTA: ‘’SIMONE,FIGLIO DI GIOVANNI,MI AMI?’’ QUESTI REPLICO’:’’SI,SIGNORE,LO SAI CHE TI VOGLIO BENE’’.E GESU’ GLI DISSE: ‘’PRENDITI CURA DELLE MIE PECORELLE’’ E PER LA TEZA VOLTA GLI DOMANDO’: ‘’SIMONE FIGLIO DI GIOVANNI ,MI VUOI BENE?’’ SENTENDO GESU’ CHIEDERGLI PER LA TERZA VOLTA: ‘’MI VUOI BENE?’’,PIETRO SI ADDOLORO’ EGLI RISPOSE : ‘’SIGNORE,TU SAI OGNI COSA; LO SAI CHE TI VOGLIO BENE’’. GESU’ GLI DISSE:’’NUTRI LE MIE PECORELLE. ( GIOVANNI 21:16,17)
IL ‘’POTERE DELLA LINGUA
MORTE E VITA SONO IN POTERE DELLA LINGUA ; CHI AMA USARLA NE MANGERÀ’ I FRUTTI. ( PROVERBI 18:21)
LE PAROLE SCONSIDERATE SONO COME I COLPI DI UNA SPADA, MA LA LINGUA DEI SAGGI PROCURA GUARIGIONE. ( PROVERBI 12:18)
D’ ALTRA PARTE,FRATELLI,VI ESORTIAMO AD AMMONIRE I DISORDINATI, A CONFORTARE CHI E’DEPRESSO,A SOSTENERE I DEBOLI,A ESSERE PAZIENTI CON TUTTI. ( 1TESSALONICESI 5:14)
GEOVA E’VICINO A QUELLI CHE HANNO IL CUORE AFFRANTO; SALVA QUELLI DALO SPIRITO ABBATTUTO. ( SALMO 34:18)
MA DIO,CHE CONFORTA VHI E’ ABBATTUTO, CI HA CONFORTATO VCON LA PRESENZA DI TIRO. ( 2CORINTI 7:6)
NON ESCA DALLA VOSTRA BOCCA NESSUNA PAROLA CORROTTA, MA SOLO PAROLE BUONE CHE EDIFICHINO SECONDO LA NECESSITA’ E FACCIANO BENE A CHI LE ASCOLTA. ( EFESINI 4:29)
NON TRATTENERTI DAL FARE IL BENE A CHI DOVRESTI SE E’NELLE TUE POSSIBILITÀ’ AIUTARLO. ( PROVERBI 3:27)
SE ANNUNCIO LA BUONA NOTIZIA,PER ME NON E’ UN VANTO, PERCHE’ E’ UNA NECESSITA’ CHEMI SI IMPONE.GUAI A ME SE NON ANNUNCIASSI LA BUONA NOTIZIA! ( 1 CORINTI 9:16)
PER DEBOLI SONO DIVENTATO DEBOLE,PER GUADAGNARSI I DEBOLI.SONO DIVENTATO OGNI COSA PER PERSONE DI OGNI TIPO, PER SALVARE ALCUNE A QUALSIASI COSTO. ( 1CORINTI 9:22)
SERVIAMO GEOVA ‘CON TUTTA LA NOSTRA FORZA’
QUALUNQUE COSA FACCIATE, FATELA CON TUTTA L’ ANIMA, COME PER GEOVA E NON PER GI UOMINI. ( COLOSSESI 3:23)
E TU DEVI AMARE GEOVA TUO DIOCON TUTTO IL TUO CUORE, CON TUTTA LA TUA ANIMA,CON TUTTA LA TUA LA TUA MENTE E CON TUTTA LA TUA FORZA’. ( MARCO 12:30)
SCHIAVI,SIATE UBBIDIENTI AI VOSTRI PADRONI TERRENI IN OGNI COSA,NON SOLO QUANDI VI VEDANO ,COME PER PIACERE AGLI UOMINI,MA CON CUORE SINCERO E NEL TIMORE DI GEOVA. ( COLOSSESI 3:22)
MA TU, PERCHE’ GIUDICHI TUO FRATELLO?ETU, PERCHE’ DISPREZZI TUO FRATELLO? TUTTI INFATTI COMPARIREMO DAVANTI AL TRIBUNALE DI DIO, PERCGE’0 E’ SCRITTO:’’COM’E’ VRERO CHE IO VIVO’, DICE GEOVA,DAVANTI A ME SI PIEGHERÀ OGNI GINOCCHIO,E OGNI LINGUA RICONOSCERÀ’ PUBBLICAMENTE DIO’’. QUINDI CIASCUNO DI NOI RENDERÀ’ CONTO DI SE’ STESSO A DIO. ( ROMANI 14:10-12)
INFATTI, CHIUNQUE INVOCHERÀ’ IL NOME DI GEOVA SARA’ SALVATO’’. MA COME LO INVOCHERANNO SE NON HANNO RISPOSTO FEDE IN LUI? E COME RIPORRANNO FEDE IN COLUI DEL QUALE NON HANNO SENTITO PARLARE? E COME NE SENTIRANNO PARLARE SENZA QUALCUNO CHE PREDICHI?( ROMANI 10:13,14)
BENCHE’ IO CAMMINI NELLA VALLE DELLA PROFONDA OMBRA, NON TEMO ALCUN MALE PERCHE’ TU SEI CON ME; LA TUA VERGA E IL TUO BASTONE MI RASSICURANO. ( SALMO 23:4)
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