#invisibili di Roma
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Lupo Mangia Cane di Nora Venturini: Il ritorno della tassista detective Debora Camilli in un caso tra invisibili e misteri. Recensione di Alessandria today
Nora Venturini ci riporta nelle strade di Roma, dove Debora Camilli si imbatte in un nuovo misterioso caso e affronta il lato più oscuro della capitale.
Nora Venturini ci riporta nelle strade di Roma, dove Debora Camilli si imbatte in un nuovo misterioso caso e affronta il lato più oscuro della capitale Lupo Mangia Cane di Nora Venturini è il secondo capitolo della serie che vede protagonista Debora Camilli, la tassista romana che non riesce proprio a restare fuori dai guai, soprattutto quando si tratta di omicidi. Con il suo taxi Siena 23,…
#ambientazione Roma#Colpi di scena#commissario e tassista#crimine e mistero#Debora Camilli#dinamica investigativa#Edoardo Raggio#Giallo Italiano#indagine poliziesca#indagini parallele#intrighi e misteri.#investigazione e crimine#Investigazioni#invisibili di Roma#Letture consigliate#libri italiani#Lupo Mangia Cane#mistero a Roma#Mondadori#narrativa contemporanea#narrativa di suspense#narrativa gialla#narrativa italiana#Nora Venturini#Omicidio a Roma#protagonista femminile#quartiere Esquilino#relazioni complesse#Roma nascosta#romanzi di successo
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IN ITALIA ANCHE I SENZATETTO POTRANNO AVERE DIRITTO ALL’ASSISTENZA SANITARIA
L’Italia ha approvato la legge che rende disponibile l’assistenza sanitaria anche ai senza fissa dimora.
Il provvedimento colma un vuoto di tutela che si pone in contrasto con gli articoli 3 e 32 della Costituzione e con i princìpi ispiratori della legge istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale, in base ai quali l’assistenza sanitaria andrebbe garantita a tutti coloro che risiedono o dimorano “nel territorio della Repubblica, senza distinzione di condizioni individuali o sociali”. I senza dimora attualmente sono nell’impossibilità di essere iscritti al Servizio sanitario nazionale e di scegliersi un medico di medicina generale. La nuova legge e il programma sperimentale mirano ad “assicurare progressivamente il diritto all’assistenza sanitaria” ai senza dimora e per consentirgli di iscriversi nelle liste degli assistiti delle aziende sanitarie locali, di scegliersi un medico, di accedere ai LEA (le prestazioni incluse nei Livelli Essenziali di Assistenza).
“La norma recepisce la richiesta, avanzata anche con la nostra Carta civica della salute globale, di garantire l’assistenza sanitaria di base ai più fragili e agli invisibili, svincolandola dalla residenza anagrafica. Un esempio importante anche di quello che istituzioni, organizzazioni civiche e singoli cittadini possono fare insieme per migliorare le politiche pubbliche del nostro Paese e renderle sempre più vicine ai bisogni delle persone, a partire dai più fragili”, commenta Anna Lisa Mandorino, Segretaria generale di Cittadinanzattiva. Secondo le rilevazioni e gli indirizzi dell’ISTAT, il provvedimento sarà avviato inizialmente in 14 città metropolitane: Bari, Bologna, Cagliari, Catania, Firenze, Genova, Messina, Milano, Napoli, Palermo, Reggio Calabria, Roma, Torino e Venezia.
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Fonte: Presidenza del Consiglio dei Ministri; Cittadinanzattiva; immagine di Mart Production
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(...) Scriviamo quest'articolo perché qualcuno si accorga della differenza fra l'esistere e il non esistere di Rita e degli altri. Ogni tanto, infatti, abbiamo l'impressione che gli invisibili siano così invisibili che nessuno si accorge quando se ne vanno per sempre. Rita D'Amico, 55 anni, di Roma, donna forte e combattiva, una lunga lotta contro il tumore al seno che sembrava vinta e che invece è riesplosa dopo la vaccinazione, esisteva. Eccome se esisteva. E chiedeva di essere ascoltata. Anzi, di essere studiata. Dalla scienza. Lo ripeteva sempre: scientificamente. E allora: dove sono i profeti della scienza? Quelli che si sono . riempiti la bocca di scienza, salvo prostituirla al dio vaccino? Dove sono i Burioni e i Bassetti che definiscono le vittime degli effetti avversi come «nemici della scienza»? Può essere «nemico della scienza» chi arriva a mettere il suo corpo e la sua sofferenza a servizio della medesima? O il vero nemico è chi chiude gli occhi davanti a tale sofferenza, accecato com'è dal pregiudizio 0, peggio, dall'interesse economico? (...)
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“ Inciampo sullo schermo di un canale generalista privato che da quando è cominciato il conflitto trasmette molti approfondimenti e reportage. Stanno intervistando una manciata di madri, nate proprio in quel paese ma residenti in Italia, che fanno per lo più le badanti in qualche casa della borghesia dello stivale. Hanno i figli al fronte. Alcuni giovanissimi, freschi dei loro diciotto anni. “Ci hanno aggrediti,” dicono a un presentatore italiano dagli occhi bulbosi e la testa rasata. “I nostri figli stanno combattendo fino al martirio.” Le loro parole convulse grondano paura, coraggio e patriottismo. Le guardo con un misto di curiosità e apprensione. Sono donne semplici. Messa in piega impeccabile, tinta castano chiaro, gonne sobrie, camicette a fiori e qualche orecchino di bigiotteria poco vistoso ai lobi delle orecchie, qualche foulard, qualche cappello. Solo gli occhi bruciano. Come attraversati da invisibili lame di fuoco. Il presentatore italiano è disorientato da quelle donne e dal loro spirito battagliero. Ma nonostante lo smarrimento raccoglie le loro parole di guerra con estrema diligenza. Tra i tanti vocaboli utilizzati spunta anche “vincere”. Una di loro infatti dice: “Stiamo per partire anche noi, torniamo a casa. Vogliamo stare accanto ai nostri figli.” “Ma è pericoloso! Non potete,” commenta il presentatore confuso. “Sì, lo è, ma noi vinceremo.” C’è sicurezza nella sua voce. C’è quasi follia in quel “vinceremo” scandito a favore di telecamera sillaba dopo sillaba. VIN-CE-RE-MO. Davanti allo schermo io tremo per loro. Ma tremo anche per me. Mi sembra tutto un dannato déjà-vu. Ho già vissuto quella conversazione. Recentemente. Con mia madre. Io e lei da sole, sul balconcino di casa nostra. A Roma Est. Una manciata di mesi fa. Eravamo in mezzo alle piante grasse e al girasole appena spuntato, in mezzo al rosmarino e al basilico. Hooyo [mamma] si stava tagliando le unghie. E io le avevo appena chiesto: “Perché la Somalia proprio in quel momento, hooyo? Perché ti sei ficcata in una guerra civile che era nell’aria?” Proprio come quelle donne sconosciute in televisione, anche la mia hooyo ha usato la parola “vincere”. Con lo stesso tono sicuro. Sfrontato. A tratti irragionevole. Scandendo l’orrore sillaba per sillaba. “Ero sicura,” mi ha detto, “che i miei, il mio clan, la mia parte politica, il mio qabil, le ossa dei miei antenati, avrebbero vinto la guerra. Facilmente. Avevamo tante armi stoccate nei magazzini abbandonati da Siad Barre. Armi sovietiche, statunitensi e italiane. Kalashnikov di ultima generazione. Non avevo dubbi, figlia, sulla nostra vittoria. Per questo ho messo due stracci in valigia e sono salita su un Boeing della Somali Airlines senza voltarmi indietro.” La sua è stata una risposta senza tentennamenti, a cui ha poi prontamente aggiunto: “Volevo far parte anch’io della storia. Della gloria. Della nostra vittoria. Della nazione. Prendermi la mia parte di bottino e di futuro.” Gloria? Vittoria? Nazione? Bottino? Futuro? Davvero, mamma? Dici davvero? Facevo fatica a inglobare quelle parole deliranti. “Le guerre non le vince mai nessuno, hooyo!” ho urlato allora. “Le vincono solo le armi, il sangue, la morte, il pus, le lobby, i padroni, gli altri. Quelli come noi invece le perdono sempre. Wallahi! [Giuro su Dio!] Me lo hai insegnato tu, te lo sei dimenticata?” Le mie parole hanno un ritmo retorico e ridondante anche se sono la pura verità. Sono parole giuste, giustissime, quelle che rivolgo a mia madre. Ma non so perché mi sembrano inutili. Vuote. Come vuota è la vittoria. Vuota la guerra. “
Igiaba Scego, Cassandra a Mogadiscio, Bompiani (collana Narratori Italiani), 2023¹; pp. 245-247. (Corsivi dell’autrice)
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A Roma “INVISIBILI”, la mostra fotografica di Giulio D’Ercole
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L'autospsia sul corpo di Satnam Singh rivela che il bracciante indiano sarebbe morto per emorragia Sarebbe morto, anche, a causa del copioso sanguinamento Satnam Singh, il 31enne indiano deceduto il 19 giugno scorso dopo essere rimasto vittima, nei giorni precedenti, di un incidente sul lavoro a Latina. E' questo l'esito dei primi accertamenti dopo l'autopsia, disposta dalla procura della Repubblica di Latina ed eseguita a Roma, sul corpo del bracciante che si era ferito mentre lavorava a un macchinario, perdendo un braccio e lacerando anche entrambe le gambe. L'emorragia sarebbe dovuta alla recisione delle vene del braccio rimasto incastrato nel macchinario per stendere il velo di plastica nei solchi del terreno e dalle gambe dove il medico legale ha trovato profonde lacerazioni che hanno provocato un importante sanguinamento, rivelatosi fatale per il 31enne. Questo primo esito dell'esame autoptico, qualora sia confermato successivamente, sarebbe determinante per le responsabilità: il 31enne, con un intervento più, tempestivo, avrebbe potuto salvarsi. Gli accertamenti dei carabinieri, coordinati dalla procura di Latina, vanno avanti. Il fascicolo, al momento, ipotizza i reati di omissione di soccorso e omicidio colposo. Indagato il titolare dell'azienda. Le reazioni e lo sdegno Intanto continuano le reazioni di sdegno e di indignazione per l'amara vicenda che ha provocato la morte di Satnam Singh, svelando le condizioni disumane in cui sono costretti a lavorare molti braccianti agricoli. Il responsabile economia di Sinistra italiana Giovanni Paglia ha scritto su Facebook: "Questo è un Paese in cui per avere un permesso di soggiorno devi essere la vedova di un lavoratore assassinato. Questo è un Paese in cui 200mila lavoratori in schiavitù possono essere chiamati invisibili, quando invece è la politica a fingersi cieca". "Questo è un Paese -aggiunge- in cui la pena media reale per chi causa infortuni mortali varia da 3 a 6 mesi, meno di un furto di caramelle. Arrivati a questo punto forse questo è un Paese in cui è necessario ribellarsi". "Tra una lacrima di coccodrillo e l'altra, tra una faccia addolorata di qualche ministro ai tg e l'altra, sarebbe utile se il ministro dell'Interno informasse il Parlamento e l'opinione pubblica del nostro Paese se davvero la Consulta per il contrasto al caporalato presso il Viminale non si riunisce più da anni. E per quale motivo hanno ritenuto di non considerare questa battaglia una priorità nell'impegno delle istituzioni", ha affermato Nicola Fratoianni dell'Alleanza Verdi Sinistra. Il 25 giugno la mobilitazione Fai-Cisl "La morte di Satnam Singh è maturata in un contesto di sfruttamento disumano che nessun paese civile può tollerare, e dopo aver ribadito al Governo le nostre priorità per debellare ghetti e caporalato, pensiamo sia doveroso in questo momento di dolore tenere alta l'attenzione su quanto accaduto a Latina. Per questo abbiamo scelto di partecipare domani con la Uila-Uil alla manifestazione promossa dalla comunità indiana locale, proclamando una giornata di sciopero di 8 ore con cui rilanciare un'azione trutturale e a tutto campo per la legalità e il lavoro agricolo dignitoso". Lo ha scritto sui social della Fai-Cisl il Segretario Generale Onofrio Rota confermando la mobilitazione di Fai e Uila al fianco della comunità indiana di Latina. La manifestazione, informano i due sindacati, si svolgerà domani 25 giugno . La manifestazione dei braccianti "Già in passato, come Comunità Indiana, ci siamo trovati a subire situazioni di particolare gravità, ma mai avremmo pensato di trovarci di fronte ad un atto di questa ferocia, a tal punto da piangere la morte di un fratello, che era venuto in Italia con la sua famiglia per lavorare e certamente non per morire". Sono le parole con cui Gurmukh Sing, presidente dell'associazione Comunità indiana del Lazio, preannuncia la manifestazione in programma domani, martedì 25 giugno, organizzata dai braccianti a Latina e a cui hanno aderito anche sigle sindacali e partiti per ricordare Satnam Singh, abbandonato dal datore di lavoro davanti casa dopo aver perso il braccio destro in un incidente sul lavoro nella sua azienda agricola. “Abbiamo deciso di non rimanere a guardare mentre tutta la nostra comunità continua a piangere i suoi fratelli. Per questo motivo abbiamo deciso di tornare in piazza a manifestare la nostra rabbia verso chi commette questi sfruttamenti e queste barbarie - spiega Gurmukh Sing -. Per tutti questi motivi, ma soprattutto per Satnam, martedì 25 giugno effettueremo una grande manifestazione in cui, alla conclusione, chiederemo di essere accolti dal Prefetto di Latina, a cui lasceremo una lettera aperta per denunciare tutto quello che succede ogni giorno per cercare di arrivare, una volta per tutte, al punto in cui queste cose non accadano più. Invitiamo tutte le comunità indiane del Lazio a partecipare a questa manifestazione”.
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Ogni anno miliardi di Euro trasferiti all'estero
Gli immigrati in Italia inviano 8,2 miliardi ai Paesi d’origine. Bangladesh, Pakistan e Filippine sono i primi beneficiari nel 2023. Ammontano a 8,178 miliardi i risparmi inviati dai 5,1 milioni di cittadini stranieri residenti in Italia ai loro Paesi d’origine nel 2023. Le elaborazioni fornite al Sole 24 Ore del Lunedì dalla Fondazione Leone Moressa rivelano un calo del 5,5% dei trasferimenti monetari rispetto al 2022, ma il volume resta sopra gli otto miliardi, come accade dal 2021. Il 2021 e il 2022 (con 8,8 e 8,7 miliardi di rimesse, rispettivamente), sono stati anni influenzati dalle limitazioni della mobilità internazionale a causa della pandemia, che hanno ridotto con ogni probabilità le rimesse “invisibili” e fatto aumentare quelle tramite canali ufficiali. La fotografia delle rimesse rilevate trimestralmente dalla Banca d’Italia è riferita infatti ai trasferimenti di denaro che avvengono tramite istituti di pagamento o altri intermediari autorizzati. Tuttavia, questi flussi non rappresentano il totale dei fondi inviati all’estero dagli immigrati, che arrivano a destinazione anche come denaro contante a seguito di viaggiatori o di persone fidate, o tramite altre modalità non registrabili dalle rilevazioni ufficiali. Se si considerano anche le rimesse “informali”, secondo la Fondazione Leone Moressa il flusso complessivo del denaro inviato ai Paesi esteri dall’Italia nel 2023 potrebbe arrivare a valere fra 9,4 e 11,9 miliardi di euro. Dove vanno le rimesse I Paesi che hanno ricevuto un valore più consistente di rimesse sono il Bangladesh (1,16 miliardi, il 14,3% del totale), il Pakistan (681 milioni), le Filippine (600 milioni). L’aumento delle rimesse verso questi tre Paesi negli ultimi anni (con un solo calo compreso fra il 7% e il 9% nel 2023 rispetto al 2022) potrebbe risentire dell’estensione degli obblighi di segnalazione dei trasferimenti di denaro, dal 2018, a nuove categorie di money transfer, alcuni dei quali specializzati nel trasferimento verso questi Paesi, che solo in parte, prima, aderivano alle segnalazioni su base volontaria. La Cina invece, che nel 2013 beneficiava di quasi un quinto del totale delle rimesse dall’Italia (il 19,8%), ha visto diminuire progressivamente i flussi negli ultimi anni e oggi è fuori dai primi 20 Paesi di destinazione. I trasferimenti pro capite Rapportando l’ammontare delle rimesse alla popolazione straniera di ciascuna comunità presente in Italia si ottiene l’ammontare dei trasferimenti pro capite (si considerano tutti i residenti in Italia, indipendentemente dall’età e dalla condizione occupazionale, perché si stima che le rimesse inviate in patria sottraggano disponibilità di reddito a tutti i componenti delle famiglie, incidendo sulle spese scolastiche, sanitarie e così via). I valori massimi, su base mensile, si registrano sempre per i cittadini del Bangladesh (558 euro pro capite), del Pakistan (393 euro), delle Filippine (315 euro). Il valore medio delle rimesse mensili pro capite è di 133 euro. La Lombardia è la prima Regione di partenza delle rimesse con 1,8 miliardi (il 22,6% del totale), seguita dal Lazio (1,2 miliardi) e dall’Emilia -Romagna (849 milioni). Quasi un quarto dei trasferimenti di denaro dall’Italia parte da Roma (un miliardo) e Milano (928 milioni). Seguono Napoli e Torino (con 365 e 272 milioni di euro). Read the full article
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Il progetto Roma5G è partito da Piazza del Campidoglio
Il progetto Roma5G è partito da Piazza del Campidoglio. Partiti i lavori per la realizzazione del progetto #Roma5G, grazie all'attivazione della prima area Wi-Fi pubblica in Piazza del Campidoglio. All'inaugurazione erano presenti il Sindaco Roberto Gualtieri e il Ceo di Boldyn Networks, Antonino Ruggiero. Nella storica piazza sono stati installati 4 Access Point, 2 su Palazzo Nuovo e 2 su Palazzo dei Conservatori, capaci di garantire la copertura su tutta l'area. Gli Access Point sono serviti da nuova fibra stesa in entrambi i palazzi per consentire prestazioni elevate a servizio di tutto il Campidoglio; di ultima generazione e di dimensioni ridotte, assicurano il minor impatto visivo e risultano quasi invisibili. Prevista l'installazione di nuove videocamere connesse in 5G che consentiranno una "ri-modernizzazione" anche in termini di impatto visivo, sostituendo le installazioni precedenti. Il progetto #Roma5G contempla lo sviluppo di un'infrastruttura abilitante tecnologicamente avanzata che porterà il wi-fi gratuito in 100 piazze della città, le prime 65 entro il Giubileo a partire nei prossimi giorni da piazzale della Stazione Tiburtina, e in 83 stazioni della metropolitana. Saranno progressivamente installati 1000 hot-spot wi-fi, 2mila Small Cell 5G a disposizione degli operatori mobili e oltre 2500 sensori e moduli IoT per lo sviluppo di soluzioni Smart City. Infine, 2mila telecamere 5G ad alta definizione garantiranno una migliore sicurezza ai cittadini. Il progetto prosegue spedito: il Piano Operativo di Dettaglio e il cronoprogramma di progetto sono stati definiti e approvati dal Tavolo Tecnico appositamente costituito a gennaio; il progetto esecutivo è a buon punto: completo nella per quanto riguarda il Wi-Fi nelle piazze e in fase di finalizzazione per la Metro e le altre componenti. "Inauguriamo la prima delle 100 piazze che avranno la copertura wi-fi gratuita, un passaggio iniziale che fa parte del progetto che doterà la Capitale di una infrastruttura digitale di ultima generazione. Grazie ad una grande collaborazione tra pubblico e privato stiamo costruendo una città veloce, digitale, sicura e sostenibile, all'avanguardia tra le maggiori capitali europee e al livello di poche altre metropoli nel mondo. Roma svilupperà una "copertura" integrale 5G conquistando più velocità nella trasmissione dei dati, "campo" in tutte le condizioni e molteplici opportunità di applicazione in termini di servizi al cittadino" ha commentato il Sindaco Roberto Gualtieri. "Siamo particolarmente orgogliosi di mettere a disposizione le nostre risorse e competenze contribuendo alla realizzazione di questo importante progetto, che permette di realizzare la visione dell'Amministrazione di Roma Capitale di dotare la città di una delle infrastrutture digitali tecnologicamente più avanzate del mondo. Oggi abbiamo messo la prima pietra di un progetto ambizioso, fra i più importanti che stiamo realizzando in altre città nel mondo come, ad esempio, Londra e New York. Grazie alla collaborazione con l'Amministrazione di Roma Capitale, con gli operatori di telefonia mobile, e con tutti gli stakeholder il progetto #Roma5G apre molte possibilità a beneficio di tutti i cittadini e i visitatori di Roma per gli anni a venire " ha commentato il CEO di Boldyn Networks, Antonino Ruggiero.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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"Oltre i luoghi comuni"
di Riccardo Rescio
Banalità frequenti, luoghi comuni ricorrenti, ovvietà sconcertanti, imboniture disorientanti, condizioni che distorcono il pensiero, che lo deformano, che lo rendono incapace di sviluppare la capacità critica individuale.
Queste tendenze hanno l'effetto di rallentare i processi di comprensione e solidarietà, innescando una reazione a catena in cui le percezioni errate e superficiali dominano il discorso collettivo e ostacolano la formazione di un giudizio indipendente e ben informato.
La semplificazione eccessiva e la categorizzazione di persone o gruppi basata su cliché indeboliscono la costruzione di una comunità coesa e la capacità di apprezzare la complessità e la diversità dell'esperienza umana.
Le stereotipie regionali in Italia, ad esempio, non solo perpetuano una visione superficiale, riduttiva e menzognera delle diverse culture, delle specifiche peculiarità territoriali e delle capacità delle persone nelle varie parti del paese, ma alimentano anche una artificiale divisione.
La convinzione che "a Milano si lavora, a Napoli si traccheggia, a Roma si intrallazza" è una dimostrazione di come i luoghi comuni possano facilmente tradursi in barriere invisibili che dividono invece di unire.
Questo approccio riduttivo non solo svilisce il ricco tessuto sociale e culturale dell’Italia, ma ignora le innumerevoli storie di impegno, creatività e determinazione presenti in ogni angolo del
Paese.
La comunicazione dei media, i discorsi pubblici pieni di retorica, la banalizzazione dei luoghi comuni nei rapporti interpersonali, contribuiscono perpetuare una forma mentis diffusa che non può essere sottovalutata.
L’ampia diffusione di contenuti che si appoggiano su tali stereotipi rafforzano visioni del mondo limitate e polarizzanti.
Questo ciclo perpetuo di reiterate banalità, di scontate ripetizioni piene di retorica, contribuiscono a mantenere lo status quo, distraendo l’individuo dal cercare una comprensione più profonda, mettendo in dubbio le preconcezioni.
Superare queste barriere richiede un impegno consapevole verso l'apprezzamento e l'integrazione delle molteplici identità e tradizioni che arricchiscono il panorama nazionale.
Imparare a valorizzare le differenze come un arricchimento anziché come una minaccia è fondamentale per costruire una comunità più inclusiva e solidale.
Una società che riconosce e celebra la diversità promuove una cultura di dialogo e apertura, componenti essenziali per lo sviluppo di una cittadinanza attiva e di una democrazia vivace.
L'educazione gioca un ruolo chiave in questo processo di trasformazione.
Fornire agli individui gli strumenti per analizzare criticamente i media, per riconoscere e sfidare i luoghi comuni, e per apprezzare la complessità delle questioni sociali, contribuisce alla nascita di una società in cui i cittadini sono in grado di connettersi oltre le superficiali divisioni imposte da stereotipi e pregiudizi.
In definitiva, lavorare per superare i luoghi comuni non solo facilita la solidarietà tra le persone ma arricchisce il tessuto stesso del dialogo sociale, consentendo una comprensione più matrice e profonda della realtà in cui viviamo.
Mercoledì 10 aprile 2024
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Verrà inaugurata mercoledì 21 febbraio alle ore 17.00 presso il Museo d’Arte Contemporanea del Piccolo Formato di Guarcino (FR) -Via San Michele Arcangelo - l’esposizione “Continenti dell’altrove, Le Città di Calvino tra invenzione rappresentazione”, a cura di Francesca Tuscano. Organizzata in occasione del centenario dalla nascita del grande scrittore, la mostra “Continenti dell’altrove” è dedicata al celebre romanzo Le Città invisibili, tra i testi letterari del secolo scorso maggiormente rappresentati e che in questa collettiva prende forma attraverso il linguaggio delle arti visive. Motivi ispiratori delle opere sono difatti le 55 città descritte da Calvino, ognuna delle quali è al centro di un’interpretazione al tempo stesso personale, perché data dalla specificità della ricerca dei singoli artisti, e contestuale, in quanto va ad estendersi e a comprendere i concetti stessi dell’abitare e del vivere collettivo. Già esposta a ottobre presso la Biblioteca Raffaello di Roma e a novembre nella sede del Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di “Tor Vergata”, la mostra è stata promossa in collaborazione col Museo Civico d’Arte di Olevano Romano e con diverse gallerie, associazioni e spazi d’arte. In concomitanza con l’apertura dell’esposizione presso il MAC di Guarcino - visitabile fino a venerdì 22 marzo 2024 - sarà nuovamente allestita presso l’Aula Consiliare “Helga Rensing” del Comune di Olevano Romano - Via del Municipio, 1 - la sezione della mostra dedicata alle “città inventate” e più in generale a una rilettura del contesto urbano presso l’Aula Consiliare “Helga Rensing” di Olevano Romano, visibile da lunedì 26 febbraio fino a domenica 17 marzo 2024. La realizzazione del progetto ha visto la collaborazione di diverse istituzioni museali, di associazioni e spazi indipendenti attivi nella sperimentazione e nella promozione delle arti visive e del loro rapporto con la letteratura. Tra i musei e le altre realtà partecipanti, oltre al Museo Civico d’Arte di Olevano Romano, capofila del progetto, e al Museo d’Arte Contemporanea del Piccolo Formato di Guarcino, l’Associazione AMO, la galleria Il Torcoliere, I Diagonali, Aliud Edizioni, le gallerie Alea Contemporary Art e Storie Contemporanee, la Stamperia del Tevere, lo spazio indipendente Off1c1na, la stamperia d’arte La Linea e l’associazione Ars&Tèchne. Partecipano all’esposizione delle “città inventate” (Aula Consiliare “Helga Rensing” del Comune di Olevano Romano): Bruno Aller, Paolo Assenza, Eclario Barone, Gianluigi Bellucci, Aldo Bertolini, Marina Bindella, Ettore Consolazione, A.Pio Del Brocco, Adriano Di Giacomo, Mimmo Di Laora, Franco Durelli, Marisa Facchinetti, Giancarla Frare, Leonardo Galliano, Carlo Lorenzetti, Loredana Manciati, Giovanna Martinelli, Gianluca Murasecchi, Giulia Napoleone, Enzo Lionello Natilli, Franco Nuti, Giovanni Reffo, Mario Ricci, Pasquale Santoro, Guido Strazza, Mara Van Wees. Partecipano all’esposizione delle “Città invisibili di Calvino” (Museo d’Arte Contemporanea del Piccolo Formato di Guarcino): Bruno Aller, Rita Allescia, Arianna Angelini, Giulia Apice, Paolo Assenza, Laura Barberini, Maryam Bakhtiari, Eclario Barone, Claudia Bellocchi, Gianluigi Bellucci, Aldo Bertolini, Paolo Bielli, Francesco Calia, Virginia Carbonelli, Claudia Catalano, Malgorzata Chomicz, Valerio Coccia, Michele De Luca, A.Pio Del Brocco, Felice Del Brocco, Mimmo Di Laora, Franco Durelli, Marisa Facchinetti, Alessandro Fornaci, Francesca Gabrielli, Leonardo Galliano, Salvatore Giunta, Lucia Graser, Federica Luzzi, Loredana Manciati, Frank Martinangeli, Giovanna Martinelli, Donato Marrocco, Fausto Maxia, Elena Molena, Gianluca Murasecchi, Giulia Napoleone, Massimo Napoli, Veronica Neri, Anastasia Norenko, Isabella Nurigiani, Franco Nuti, Andrea Pacini, Vincenzo Paonessa, Lucia Sapienza, Giovanni Reffo, Marta Renzi, Rosella Restante, Anna Romanello, Azadeh Shirmast, Alessandra Silenzi, Virginia Sobrino, Massimo Spadari, Nicola Spezzano, Lello Torchia, Rosana Tuscenca, Raha Vismeh.
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Il borgo di Ceri
il panorama dal basso verso l’alto, delle mura orlate, della roccia che termina nelle case, che appaiono quasi incastonate nel tufo, delle piante che spuntano tra i mattoni e della porta di ingresso al borgo.
De Ficchy Giovanni Alcune volte le cose più piccole, quasi invisibili, si svelano meravigliosamente a chi riesce ad osservare con attenzione i dettagli che ne compongono l’insieme. Così è il Lazio. Lo stupore della scoperta di una terra le cui bellezze sono offuscate dalla magnificenza di Roma. Oggi è il turno di Ceri, un borgo medievale che definire piccolissimo non rende bene l’idea di…
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Quelle come me - Le artiste di Plinio il Vecchio
Le testimonianze della pittura greca sono andate in gran parte perdute: resta qualche traccia di quella murale ma della pittura da cavalletto non è giunto a noi nulla poiché era uso dipingere su legno, un materiale molto deperibile. Questa perdita ha portato con sé la scomparsa dei capolavori di cinque pittrici greche classiche ed ellenistiche. È Plinio il Vecchio (23 - 79 d.C.) nel suo Naturalis Historia a parlarci di loro e a descrivere le loro opere. Si tratta di figlie d'arte, cresciute nelle botteghe del padre. Esse si dedicarono alla pittura di temi sacri ma anche a ritratti, nature morte e scene di genere. Timarete, figlia di Mikon il Minore, pittore siracusano vissuto nel III sec. a.C., dipinse un quadro dedicato ad Artemide, dea della caccia, degli animali selvatici e della foresta.Miniatura di Timarete tratta dalle illustrazioni del De mulieribus claris di Giovanni BoccaccioMiniatura di Irene tratta dalle illustrazioni del De mulieribus claris di Giovanni BoccaccioAristarete, figlia di Nearkos, dipinse Esculapio, dio della Medicina: Plinio non riporta alcun dato biografico su di lei. Irene, figlia di Cratino, visse tra il III e il II sec. a.C. e dipinse il ritratto di una fanciulla, forse Proserpina. Kalypso si specializzò nel ritratto di anziani, maghi e ballerini che seppe connotare rappresentando le emozioni e quindi il loro lato più umano. Iaia di Cizico, forse una sacerdotessa, attiva a Roma nel I sec. a.C., divenne famosa per la velocità con cui sapeva fare i ritratti. Olympias è ricordata perché divenne insegnante di pittura ed ebbe allievi maschi, cosa talmente straordinaria che Plinio ritenne importante segnalarlo sul suo testo. Di Timarete e di Irene parla anche Giovanni Boccaccio nel suo De mulieribus claris (italiano: Le donne famose), opera composta in latino tra il 1361 e il 1362, che raccoglie le biografie di 106 donne famose dell'Antichità e del Medioevo. Chissà di quante altre artiste avrebbero potuto parlarci Plinio e Boccaccio. Chissà quante delle opere che ammiriamo nei musei furono realizzate da donne. Il dubbio diventa certezza se ci soffermiamo ad osservare il vaso a figure rosse su fondo nero attribuito al cosiddetto Pittore di Leningrado e datato al V sec. a.C.. Egli raffigurò una bottega d’artista e incluse tra gli artigiani intenti a decorare i vasi anche una donna: impegnata a dipingere, capelli raccolti sulla nuca, comodamente seduta nella stanza di una vasaio (e infatti sulla sua testa sono appesi diversi vasi), questa figura femminile ci conferma e documenta la presenza delle donne al fianco degli uomini protagoniste della produzione artistica.Pittore di Leningrado, Hydria attica a figure rosse, 470-460 a.C., Vicenza, Collezione privata Banca Intesa San Paolo
Laboratorio
Qui sotto trovate la sesta scheda del colouring book "Quelle come me", stampabile su un foglio A4. Nell'immagine a sinistra potete vedere un particolare della miniatura dedicata a Timarete, tratta dal De mulieribus claris di Giovanni Boccaccio (1361-1362). Nell'immagine a destra, tratta dal medesimo testo, l'immagine di Irene. Ora che conoscete la storia delle artiste di Plinio il Vecchio, potete divertirvi a colorare questi due disegni e fare una piccola galleria d'arte in classe dedicata a "Quelle come me", o una doppia pagina nel vostro Diario Visivo. In questo modo le artiste invisibili che scegliamo di conservare staranno con noi e dentro di noi e favoriremo la diffusione di una storia dell'arte fondata su una vera parità di genere. Buon lavoro!
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*Come i giornali raccontano gli scontri stradali* Roma, compilation di auto e moto animate, con automobilisti e motociclisti invisibili [Roma Today]
Immagine da Roma Today al 30 settembre 2023. In molti articoli di cronaca gli scontri stradali avvengono per intervento miracoloso: auto e moto animate, senza la presenza di nessun automobilista o motociclista. Qui il caso di una ‘studentessa di 16 anni investita da una Smart’ forse a guida autonoma, perché di automobilisti non se ne parla. Per approfondire il tema, il cronista a cita diversi…
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12 ott 2023 16:02
GLI "INVISIBILI" DELLA SANITÀ ITALIANA - IL POLICININCO DI TOR VERGATA, A ROMA, È PIENO DI PAZIENTI, MOLTI DEI QUALI ANZIANI, FRAGILI, O IN CONDIZIONI DI SVANTAGGIO SOCIO-ECONOMICO, IN ATTESA DI RICOVERO E DI CURE - CI SONO PERSONE CHE SONO FERME IN BARELLA DA OLTRE 40 GIORNI, SENZA SAPERE DOVE ANDARE E A CHI RIVOLGERSI - IL PERSONALE SANITARIO: "VIVONO IN CONDIZIONI DEGRADANTI. NON SI PUÒ ACCETTARE CHE CHI NON HA MEZZI O FAMILIARI CHE LO SOSTENGONO FINISCA COSÌ" -
Estratto dell'articolo di Clemente Pistilli per “la Repubblica”
Da 43 giorni un 77enne è su una barella del pronto soccorso del policlinico di Tor Vergata. […] E non è il solo. Un uomo di 81 anni è lì da 25 giorni, una 51enne da 22 e un 90enne da 16. Ieri c’erano inoltre altri 8 pazienti in attesa di un posto letto anche da otto giorni. Il presidente Francesco Rocca, appena insediatosi a marzo alla guida della Regione Lazio, sostenuto da un’ampia maggioranza di centrodestra, aveva assicurato che avrebbe cancellato subito quelle lunghissime e degradanti attese nei pronto soccorso da parte di pazienti che hanno bisogno di ricovero.
Di recente ha annunciato che quel fenomeno, definito boarding, nel Lazio si è ridotto del 25%. Il caso di Tor Vergata sembra dimostrare il contrario, con anziani impossibilitati in quelle condizioni anche a fare una doccia e a poter togliere i panni dal borsone per sistemarli in un armadietto.
[…] è anche un problema sociale, con persone in difficoltà, che vengono accompagnate dal 118 in un pronto soccorso e restano lì, non sapendo dove andare e non venendo sostenute dai servizi sociali. «Chi resta giorni e giorni al pronto soccorso è esposto al rischio di infezioni, occupa una barella e costa tanto al servizio sanitario. Soprattutto vive in condizioni degradanti e non si può accettare che chi non ha familiari che lo sostengono e mezzi particolari finisca così», sostengono, chiedendo l’anonimato, alcuni sanitari dello stesso ospedale.
«Qui lavoriamo in un quadrante povero, arriva di tutto, ma l’organizzazione non funziona», aggiungono. Una situazione destinata a peggiorare con l’arrivo della stagione fredda. «A Roma oggi ci sono 600-700 persone in attesa di un posto letto — afferma un infermiere — e come sempre diventeranno 900 con l’arrivo dell’influenza. Non si combatte il boarding acquistando più barelle o smistando i pazienti […]».
[…] Dalla Regione Lazio si giustificano sostenendo che il caso non è sanitario ma sociale. «Quelle persone non hanno bisogno di un ricovero, ma di un altro tipo di aiuto. I servizi sociali rispondono che non hanno un posto dove ospitarle e restano in ospedale perché altrimenti finirebbero in mezzo alla strada», specificano fonti vicine a Rocca, che ha mantenuto per sé anche la delega alla sanità. […]
Soggetti fragili che lo Stato riesce ad aiutare a fatica. «Proprio oggi abbiamo soccorso un senzatetto che da giorni viveva in piazza Mazzini, un medico tedesco con un’infezione gravissima a una gamba. Lo dico perché una delle grandi problematiche di Roma è che spesso come pronto soccorso entriamo in situazioni incredibilmente incresciose e complesse. Quando sbagliamo sono il primo a riconoscerlo, ma stiamo parlando di situazioni difficili, a cui non ci sottraiamo, ma che richiedono tempo», afferma il direttore generale del policlinico Tor Vergata, Giuseppe Quintavalle.
«Il pronto soccorso — aggiunge — è uno dei pochi, forse l’unico baluardo che fa di tutto. Occorre un raccordo tra i vari servizi per un’azione comune», aggiunge. Quella necessaria a evitare di alloggiare un mese e mezzo in una struttura d’emergenza dove un’attesa di 24 ore è già considerata eccessiva.
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