#indro montanelli
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RICORDATEVI!
Non c'è alleato più prezioso di un nemico cretino.
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"separating art from the artist" is a cop-out of privileged people whose entertainment to them is more important than the human rights of those who have been violated by "the artist".
And to that I say F U.
#harry potter#potterhead#jk rowling#fuck jkr#bernardo bertolucci#indro Montanelli#so many aholes#mostly white people
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Viviamo in una Cancel Culture
Un nuovo post è stato pubblicato su https://www.staipa.it/blog/viviamo-in-una-cancel-culture/?fsp_sid=41 Viviamo in una Cancel Culture Negli ultimi anni, il termine cancel culture ha assunto un ruolo centrale nei dibattiti culturali, politici e sociali. La definizione del fenomeno è controversa, polarizzante, spesso influenzata dalle opinioni personali di chi lo descrive. Ma siamo sicuri che questa “cultura della cancellazione” sia un’invenzione moderna? Cos’è la cancel culture La cancel culture può essere definita come un processo collettivo di ostracismo nei confronti di una persona, un’idea o un’istituzione che viene ritenuta moralmente inaccettabile. In pratica, si tratta di una sorta di boicottaggio culturale: un attore, uno scrittore, un politico o persino un'azienda possono essere "cancellati" per comportamenti, dichiarazioni o azioni considerate offensive o dannose. Esempi di cancel culture La cancel culture si manifesta spesso nei social media, dove la viralità accelera i tempi del dibattito e amplifica il numero di persone coinvolte. I modi recenti in cui la cancel culture è stata applicata sono diversi: Celebrità e vecchi post: Molte figure pubbliche sono state “cancellate” per post su social o dichiarazioni fatte anni prima, spesso in un contesto storico e culturale diverso. Anche giornalisti stimati come Indro Montanelli a torto o ragione ne sono stati vittima (https://short.staipa.it/1lus0) e questo ha sollevato domande su quanto sia giusto giudicare il passato con gli standard del presente. Boicottaggi aziendali: Alcune aziende hanno perso clienti a causa di scelte pubblicitarie o dichiarazioni considerate offensive. Un esempio emblematico è il boicottaggio di marchi che hanno adottato campagne di marketing LGBTQ+. Opere artistiche sotto accusa: Film, libri o canzoni sono stati ritirati o criticati per contenuti ritenuti razzisti, sessisti o comunque inappropriati secondo i valori odierni. Alcuni sono stati addirittura modificati a posteriori cambiando dialoghi, o eliminando scene ritenute problematiche ma che un tempo erano considerate normali. Alcune statue sono state abbattute o deturpate. Questi casi hanno scatenato un acceso dibattito: da un lato, chi difende la cancel culture la vede come uno strumento per correggere ingiustizie storiche; dall’altro, c’è chi teme che porti a una censura soffocante, in cui il dissenso è punito ma non credo esista un metro di misura unico e universale. Per noi Cristoforo Colombo è notoriamente un personaggio importante e di cui andiamo fieri e che ha cambiato la storia ma come possono i discendenti dei nativi americani considerarlo un eroe e non un portatore di distruzione? Chi ha ragione? La cancel culture è un fenomeno moderno? Eppure, l’idea di cancellare ciò che non è conforme non è certo una novità, e non serve scomodare il racconto di 1984 George Orwell, il fascismo o grandi complottismi per trovarne esempi. Ne siamo letteralmente tanto immersi da non farci più caso. Talvolta sono proprio le persone che urlano contro la cancel culture i primi ad approvarla in determinati ambiti.La storia è piena di episodi in cui idee, culture o interi popoli sono stati “cancellati” da chi deteneva il potere. L’imposizione culturale nell’antichità Nell’antichità, conquiste territoriali e guerre spesso comportavano non solo la sottomissione politica, ma anche la cancellazione culturale. Gli Assiri, ad esempio, non si limitavano a conquistare territori: distruggevano le città e deportavano le popolazioni, cercando di eliminare le loro identità culturali. I Romani, che noi tanto ammiriamo, sostituivano spesso le religioni locali con il proprio pantheon o le adattavano, integrandole in modo da annullare le identità precedenti. Ma non erano solo i romani a imporre la propria religione. Il Medioevo e la riscrittura del sapere Con l’avvento del cristianesimo in Europa, molte opere della filosofia e della scienza antica furono censurate, distrutte o reinterpretate. Basti pensare alla censura di testi greci e romani considerati eretici (https://short.
staipa.it/cgszt). Non si trattava solo di religione: era un modo per imporre una nuova visione del mondo. Il ruolo della religione cattolica nella cancel culture Se guardiamo alla storia europea, è impossibile ignorare il ruolo della religione cattolica nella riscrittura culturale. La Chiesa, nel corso dei secoli, ha esercitato un’influenza tale da cancellare o trasformare molte pratiche e idee che non si conformavano alla sua dottrina. Le feste pagane trasformate in festività cristiane Un esempio classico è quello delle festività. Quando il cristianesimo si diffuse in Europa, si trovò di fronte a un mondo ricco di tradizioni pagane. La soluzione? Non cancellarle direttamente, ma sovrascriverle: Il Natale fu fissato il 25 dicembre, data che coincideva con il Sol Invictus, una festa romana dedicata al dio Sole. Questo permise ai cristiani di sostituire una celebrazione pagana con una cristiana, mantenendo però le stesse dinamiche sociali nonostante nessuna prova della nascita di Gesù in quella data. L'albero di Natale, tra l'altro, trova le sue radici nei riti pagani legati al solstizio d'inverno. In particolareGermanici e Scandinavi: Usavano decorare alberi sempreverdi per celebrare la resistenza della vita durante l'inverno. Gli alberi rappresentavano vitalità e rinnovamento, simboli di speranza durante i mesi più bui dell'anno. Celti e Romani: Durante i Saturnali, i Romani decoravano le loro case con rami di piante sempreverdi, simbolo di protezione dagli spiriti maligni. La Pasqua, festa della resurrezione, coincide con i riti di primavera delle popolazioni pagane, che celebravano la rinascita della natura. Perfino l'uovo è un simbolo antichissimo di rinascita e fertilità. Nelle tradizioni pagane, l'uovo rappresentava la vita che rinasce con l'arrivo della primavera. Ad esempio, le celebrazioni in onore della dea germanica Eostre (da cui deriva il nome inglese della pasqua, Easter) includevano simboli come uova e conigli, legati alla fertilità. Nell'antico Egitto e in Mesopotamia, l'uovo era associato al ciclo della vita e alla creazione. L'Assunzione di Maria(15 agosto), il Ferragosto, ha origini romane e deriva dalle Feriae Augusti, introdotte dall'imperatore Augusto nel 18 a.C. come un periodo di riposo e celebrazione in onore della raccolta agricola e delle divinità della fertilità come Diana e Conso. Era una festività in cui si sospendevano le attività lavorative e si organizzavano giochi e feste. Ognissanti (1 novembre), si sovrappone alla festività celtica di Samhain, celebrata alla fine di ottobre e all’inizio di novembre. Samhain segnava la fine della stagione del raccolto e l'inizio dell'inverno. Era anche una celebrazione legata al mondo degli spiriti e alla connessione tra vivi e morti. Da cui deriva anche la versione d'oltre oceano: Halloween. La Zucca per esempio probabilmente è originaria proprio della festa celtica di Samhain dove rappresentava una lanterna per guidare gli spiriti. Epifania (6 gennaio), potrebbe aver preso ispirazione da celebrazioni precristiane legate ai cicli naturali e all’adorazione di divinità della fertilità. In particolare, in alcune culture pagane, il 6 gennaio segnava un momento di riti propiziatori per il raccolto o la celebrazione del solstizio d'inverno. I Fuochi di San Giovanni (24 Giugno) derivano dalle celebrazioni pagane del solstizio d'estate, in cui i falò erano accesi per purificare e proteggere. Questi riti furono trasformati in celebrazioni cristiane per onorare San Giovanni Battista. Questa strategia, non è forse una forma di cancel culture? Le tradizioni originali furono cancellate, o meglio, inglobate e trasformate al punto da essere dimenticate e quando finiscono per ritornare in forme moderne come appunto Halloween vengono ancora osteggiate come se provenissero da una cultura aliena. La differenza è che in questo caso noi siamo storicamente dalla parte di chi quelle culture le ha cancellate, e siamo arrivati dopo che lo sono state. Le diamo per scontate ma è stata la cancellazione di culture pregresse a creare la cultura che ci circonda.
La repressione delle pulsioni e della diversità Per secoli, la Chiesa cattolica ha cercato di sopprimere tutto ciò che non era conforme alla sua visione morale. Le pulsioni omosessuali, per esempio, furono bollate come peccaminose, portando intere generazioni a vivere in silenzio, nella paura e nella vergogna, ma prima dell'avvento del cristianesimo l'omosessualità o meglio la bisessualità era considerata piuttosto comune, anche se generalmente tra persone di età molto differenti. Allo stesso modo, la libertà di pensiero fu spesso limitata: il controllo sull’educazione, la censura dei libri e i processi per eresia sono solo alcuni esempi. Il dominio sonoro, simbolico e il potere Anche aspetti quotidiani come il suono delle campane delle chiese, che scandiscono le giornate dei paesi e delle città, sono una forma di imposizione culturale. Il suono delle campane non è neutrale: è un simbolo che ricorda il dominio della religione sul tempo e sulle vite delle persone. Indipendentemente che appartengano o no a quella religione, e in uno stato che è costituzionalmente laico (https://short.staipa.it/3voj7). Esistono migliaia di luoghi dove effettuare funerali cristiani (le chiese), ma non per i funerali civili o di altre religioni (https://short.staipa.it/2tg8f). E nel dubbio si tende a fare funerali in chiesa anche a chi in vita non se ne riconosceva parte. Il desiderio di imporre i crocefissi nei luoghi pubblici, nelle scuole, sulle vette delle montagne come fosse un simbolo che rappresenta tutti e non un simbolo divisivo tra chi appartiene a un gruppo e chi invece non vi si riconosce. Il Papa, sovrano assoluto di uno stato estero, che può permettersi di dire ad un altro stato di approvare o non approvare leggi (https://short.staipa.it/ql3a8). Sono tutti tentativi di imporre una cultura e cancellare tutte le idee che non vi si adeguino. Riflessioni sul presente e sul passato L’analisi storica della cancel culture ci permette di guardare al fenomeno contemporaneo con maggiore consapevolezza. È davvero qualcosa di nuovo? Oppure è semplicemente un nuovo capitolo di un’antica storia? Forse, la differenza sta nel fatto che oggi il potere di “cancellare” è più diffuso, non più riservato solo a chi detiene il controllo politico o religioso. Si è in qualche modo democraticizzata e così fa più paura. Rende più facile trovarcisi vittima. La cancel culture, in tutte le sue forme, pone una domanda fondamentale: chi ha il diritto di decidere cosa meriti di essere ricordato e cosa debba essere dimenticato? Integrare, non cancellare Invece di giudicare il fenomeno moderno, dovremmo chiederci come costruire una società che integri, piuttosto che cancellare. Possiamo riconoscere i torti del passato senza distruggere tutto ciò che rappresentano? Possiamo accettare che Cristoforo Colombo rappresenti sia un grande esploratore che l'iniziatore di una carneficina? Possiamo accettare che i discendenti dei nativi americani non ne vogliano una statua nelle loro città? Ovviamente è solo un'esempio, uno di quelli che probabilmente a nessuno dei miei lettori colpisce molto profondamente.Al contempo però possiamo imparare a convivere con le differenze, senza dover imporre una morale o una verità prescritte? La cancel culture non è nuova, ma la consapevolezza con cui la affrontiamo oggi può fare la differenza. Sta a noi decidere se vogliamo continuare a cancellare o iniziare a integrare. Leggere fatti e affermazioni, opere, comportamenti che oggi ci risultano offensivi considerandoli nel contesto in cui sono create senza interpretarle al di fuori del loro contesto nativo? Siamo sempre stati parti du una cultura che ha cancellato altre culture, proviamo a cambiare il passo, cercando di smettere di additare gli altri senza guardare sé stessi.Se nel passato qualcosa era accettato e oggi no è normale, ma invece di cancellare non sarebbe più utile ricordare il contesto? Ai tempi dei greci la pedofilia era comunemente accettata tra uomini vecchi e potenti e giovani virgulti che dovevano trovare una strada.
Parlarne, leggerne i racconti dei grandi filosofi e storici non significa accettare o sponsorizzare la pedofilia oggi, significa capire un contesto, accettarne la realtà e trarne le informazioni utili. Senza cori da stadio, senza tifoserie.
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"Con Buzzati se ne va la voce del silenzio, se ne vanno le fate, le streghe, gli gnomi, i presagi, i fantasmi. Se ne va, dalla vita, il Mistero. E che ci resta?"
— Indro Montanelli sul Corriere all'indomani della morte di Dino Buzzati
#indro montanelli#dino buzzati#corriere della sera#morte#frasi#citazioni#frase#articolo#giornalismo#letteratura
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Indro Montanelli's statue in Milan's Public Gardens has been splashed with violet paint in an overnight attack by unknown persons.
Twenty years after his death, Italy isn't came to terms with Indro Montanelli yet
Yesterday were twenty years from the death of Indro Montanelli. Montanelli died on July 22, 2001 at the age of 92.
It's a shame how President Sergio Mattarella on Thursday remembered Indro Montanelli on the 20th anniversary of the death of the dean of Italian journalism.
This is what Sergio Mattarella declared publicly, from the highness of his official position as head of Italian State:
“Remembering Indro Montanelli, 20 years on from his death, still arouses intense emotion, not only in those who knew him best but also in the many who appreciated his qualities as journalist, narrator, history populariser and polemicist who did not forgo strong tones even at the risk of disorienting his admirers.
Indro Montanelli's journalism traversed much of the 20th century. Having started his activity during the Fascist regime, he was war correspondent and distinguished himself in those years for the way in which he rounded out his work, ducking as far as possible the tight restrictions of propaganda.
Having become critical towards Fascism, he was impriosned in Milan in the last period of the Second World War. Having escaped from prison he reached Switzerland, where he awaited the end of the conflict.
The Italian Republic saw his commitment as journalist and writer intensify. He was one of the most prestigious names of Corriere della Sera. He founded Il Giornale and then La Voce. He chose new roads every time he saw, or feared, invasions of the field or limitations to his autonomy.
The Red Brigades identified him as a target, and the attack that wounded him was a crime against the freedom of information.
He refused with stubbornness any pigeon-holing, claiming it due to his Tuscan character.
An intellectual of inexhaustible energy, a master of writing, an intransigent journalist in defence of professional autonomy, he was for decades a high-profile personality in Italian culture and public debate.”
Here the official statement of Italian Republic President Sergio Mattarella about Indro Montanelli (source: official goverment site):
What's the problem here? Well, the President of the Republic is the official “Head of State” and is said to “represent the national unity” (art. 87 Italian Constitution). In the language of Italian constitutionalists, the President of the Republic is the “guarantor” or “guardian” of the Constitution, which he swears to uphold upon commencement of his office (art. 91). As such, he is expected to display utter impartiality and cautiousness in all public activities, including statements to the media. In addition the President of the Republic also has external representation: he is the subject entitled to ratify international treaties after being authorized by the Chambers, to declare and the state of war deliberated by the Chambers receive the officials diplomats.
The notion of national unity is extremely significant in a country like Italy, which unified later than most other European nations and which has had a long significant history of independent princedoms, dominions and republics. According to a different doctrinal orientation, the representation of national unity can be understood as the foundation of a direct relationship between the President and the citizens: this would allow the Head of State to "speak also out about new needs that arise from civil society".
The President of the Republic rapresents the whole Italian nation, both for internal and external point of view, and with his public statements he declare the official position of Italian nation in various matters.
That's why is a shame, for Italy, what President Mattarella said about Montanelli.
Mattarella portrayed Montanelli as a good journalist and exemple for Italian journalistic culture and also a sort of heroic martyr of the right of freedom. That's not true.
Indro Montanelli only merit was surviving a terrorist attack from Red Brigades as a result of his being a right-wing journalist with a fascist past never fully denied. Unfortunately when they shot in the legs, they turn him into a freedom martyr, who Montanelli was not.
Montanelli was a racist, colonialist, fascist, he spreaded fake news even before this term was commonly used, plotted against his own nation with American ambassadors, he was anti-liberal, anti-comminist and favorable to a dictatorship “democracy” like the one created by Pinochet and also had the courage to defend a nazi war criminal that committed a massacre against Italian civil population. That's why is disturbing and disgusting that Italian Head of State isn't even ready to talk about a near past made of violence perpetrated by Italian militaries.
This statement by President of the Republic Mattarella hides, again, the historical reality of Italian colonialism: white men of power, today and yesterday, continue to oppress african people and hide their suffering, under the myth of "a benevolent" Colonialism.
Even after the discussions about vadalizations of Montanelli's statue in Milan, Mattarella continues to spread the edulcorated narration about Montanelli's figure.
Even after the scandal born some months ago when La Molisana, popular pasta brand, decided to celebrate the season of colonialism, like Italy did in the '30, with some new pastas that recalls the “benevolent” Italian colonial history: tripoline, bengasine, assabesi, and abissine.
How could someone celebrate an history of invasion and colonization in Ethiopia, Eritrea, Somalia and Libya? How could we celebrate the use of nerve gas on civilian populations, bombings, mass rape, massacres, enslavement of girls and boys, child brides purchased by families, theft of artistic and monumental goods, resources and lands?
Unfortunately, Mattarella's speach proved again that we are not ready for a honest discussion about this details of our history.
I hope that someone must start an honest discussion about italian colonialism, because we lost this opportunity when Mattarella pronounced this shameful, false, edulcorated, celebrative statement about Montanelli: he could spread a positive message against racism, colonialism and fascism not only against terrorism.
Even if citizens opposed to a racist, misogynist society and against that kind of people who continue to hide italian war crimes with courageous artistic actions, goverment authorities still defend the war criminals, hiding under glamorous words the truth of a systematical scheme of violence perpetrated in the colonies.
Here a summary of my posts about Indro Montanelli and the perpetual denying of Italian War Crimes:
Part 1 - Introduction - LINK
Part 2 - Italian and Colonial Law, Institutions of Marriage in the Erithrean Traditional Constumary Law - LINK
Part 3 - The truth behind the myth of Montanelli - LINK
Part 4 - Italian War Crimes in African Colonies - LINK
#vavuskapakage#montanelli#indro montanelli#italian politics#italian history#storia italiana#colonialism is racism#colonial period#politica italiana#italian colonialism#colonial history#colonialism#racism#war crimes#sergio mattarella#mattarella#political compass#politics#world politics
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l'unico errore dei partigiani è stato non appendere a testa in giù ogni singolo tesserato al partito fascista una volta finita la guerra non sto scherzando
#“🥺🥺 m-ma mio nonno-” FREGACAZZI#ci serviva norimberga alla decima potenza e abbiamo ottenuto la statua a indro montanelli#porco dio
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“ PILLOLE DI STORIA”
Indro Montanelli (1909-2001), un pilastro del giornalismo italiano
Passano gli anni ….. nulla è cambiato
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POV: confessing your love with a letter
"My beloved Russia, I've lost count of how many times I've started writing this letter. I don't know how to tell you this, so I'll be direct: I love you. Everything about you attracts me, as if we were similar but also opposites. I offer you my heart, my friendship, my love…"
The rest is a mystery between them 💕 Pose reference: sculpture depicting Indro Montanelli, public gardens of Milan, created by Vito Tongiani.
#hetalia#hetalia fanart#hetalia italy#aph italy#hetalia rusita#feliciano vargas#aph russia#hetalia russia#digital art#pose redraw#pose reference#i can't believe i'm back#guess whos back#i'm free to draw my babies again#i missed this#so so much#fancy scarf btw
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IL SORPASSO.
Frequenza dell'uso dei termini "complottismo" e "dietrologia" - il nome che gli si dava nel secolo scorso - secondo Google Ngram Viewer, il servizio di Google che misura le occorrenze delle parole nei libri pubblicati in una data lingua sui libri digitalizzati fino al 2019.
Via https://www.ilpost.it/2024/02/08/sgobba-quando-il-complottismo-si-chiamava-dietrologia/
Della parola “complottismo”, prima degli anni Ottanta non ci sono occorrenze. “Complotto” è un francesismo che all’inizio era semplicemente sinonimo di “folla”, poi venne usato al posto di “congiura” o “cospirazione”, si diffuse negli anni Venti attraverso l’espressione “complotto giudaico”.
«(Dietrologia é) parola sconosciuta in altre lingue. (E') la convinzione che quel che si vede, si legge e si sente dire non è la verità, ma che essa sta dietro, sotto, sopra, accanto, al di là – comunque non esposta agli occhi dell’uomo della strada», scriveva nel 2001 lo storico della letteratura italiana Joseph Farrell. A quel tempo "dietrologia" era termine dismissivo usato da decenni dai conservatori - Indro Montanelli il principale - per descrivere la mentalità "vi stanno fregando di nascosto, non ci cascate" tipica della sinistra ruspante d'allora.
Complottismo supera e rimpiazza dietrologia per via internazionale. Siamo nel 2015, l’anno delle campagne elettorali Brexit e dell’elezione di Donald Trump. Dopo la "first reaction, choc" (cit. Renzi) del mainstream media a quei due accadimenti nefasti (per loro), parte la delegittimazione.
Ironia del destino cinico e baro: prima la "dietrologia" distingueva la sinistra, ora essa subisce il complottismo, senza rendersi conto che sono loro, elite e affluent, ad essersi spostati (dal popolazzo alla turris eburnea). Alcuni reagiscono: pur essendo ora elite non è il caso di togliersi un'arma così potente. I chierici dell'ortodossia del Wu Ming 1 propongono di distinguere tra ipotesi di complotto (specifiche, confutabili, limitate nel tempo) e fantasie di complotto (universali, inconfutabili, eterne). Molto logico sul piano teorico, solo che sul piano pratico si esercita mediante presidi "fact checking": carubbaneri al posto di blocco lungo la circolazione delle idee, patente e libretto.
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solo i fanatici e le mummie non ondeggiano mai
-Montanelli
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"L'Islam ebbe una grande cultura solo quando, nella loro cavalcata conquistatrice, i suoi Califfi incontrarono la cultura greca, quella egiziana e quella ebraica. Ma questo risale a Averroè e Avicenna, cioè a mille anni fa pressappoco. Da allora l'atteggiamento dell'Islam verso la cultura è sempre rimasto quello del famoso Califfo che, quando gli chiesero cosa dovevano fare della grande biblioteca di Alessandria da lui conquistata, rispose: "Se tutti quei libri dicono ciò che dice il Corano, sono inutili. Se dicono cose diverse, sono dannosi. Nell'un caso e nell'altro, meglio bruciarli". [...]. L'Islam è una religione di analfabeti, in cui la cultura è monopolio degli Ulema, che sanno solo di Corano e passano la vita a indagarne i misteri (che non ci sono). Mi citi un'opera d'arte e di pensiero islamica degli ultimi due o trecent'anni"
Indro Montanelli
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Molta agricoltura poca industria Indro Montanelli e Sergio Toppi Tratto dal Giornalino nº 3 del 21 gennaio 1987. Oggi sul blog.
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Dedicato alle capre antisemite.
LA VERITA' SUGLI EBREI IN ERETZ ISRAEL, O PALESTINA
Di Indro Montanelli
Nel 1876, assai prima dunque della nascita del sionismo, vivevano a Gerusalemme 25.000 persone, delle quali 12.000, quasi la metà, erano ebrei, 7500 musulmani e 5500 cristiani. Nel 1905 gli abitanti erano saliti a 60.000. Di questi 40.000 erano ebrei, 7000 musulmani e 13.000 cristiani. Nel 1931 su 90.000 abitanti, gli ebrei erano 51.000, i musulmani 20.000 e i cristiani 19.000. Nel 1948, alla vigilia della nascita dello Stato ebraico, la popolazione di Gerusalemme era quasi raddoppiata: 165.000 persone, di cui 100.000 ebrei, 40.000 musulmani e 25.000 cristiani. La presenza ebraica a Gerusalemme ha sempre costituito il nucleo etnico numericamente più forte. Di nessun altro popolo Gerusalemme è mai stata capitale. E’ quindi una leggenda l’affermazione che gli ebrei siano stati assenti da Gerusalemme per quasi venti secoli o che costituissero una insignificante percentuale della popolazione.
Prima che scoppiasse la seconda guerra mondiale, il nazismo in Germania già perseguitava i suoi 500.000 cittadini ebrei. Le disperate richieste di quegli ebrei di essere accolti nei paesi democratici al fine di evitare quello che già si profilava chiaramente come il loro tragico destino, vennero respinte.
Nel luglio 1938, i rappresentanti di trentuno paesi democratici s’incontrarono a Evian, in Francia, per decidere la risposta da dare agli ebrei tedeschi. Ebbene, nel corso di quella Conferenza, la risposta fu che nessuno poteva e voleva farsi carico di tanti profughi. Dal canto suo la Gran Bretagna, potenza mandataria della Palestina, venendo meno al solenne impegno assunto verso gli ebrei nel 1917 di creare una National Home ebraica in Palestina, nel 1939 chiudeva la porta proprio agli ebrei con il suo Libro Bianco, nel vano tentativo d’ingraziarsi gli arabi.
E’ stata questa doppia chiusura a condannare a morte prima gli ebrei tedeschi e poi, via via che la Germania nazista occupava l’Europa, gli ebrei austriaci, cechi, polacchi, francesi, russi, italiani, e così via. Il costo per gli ebrei d’Europa, che contavano allora una popolazione di dieci milioni, fu di sei milioni di assassinati, inclusi un milione e mezzo di bambini. Appena finita la seconda guerra mondiale i 5/600.000 ebrei superstiti, in massima parte originari dell’Europa orientale, si trovarono senza più famiglia, senza amici, senza casa, senza poter rientrare nei loro paesi, dove l’antisemitismo divampava (in Polonia ci furono sanguinosi pogrom persino dopo la guerra, e nell’Unione Sovietica Stalin dava l’avvio a una feroce campagna antiebraica).
Tra il 1945 e il 1948 nessun paese occidentale, Gran Bretagna e Stati Uniti in testa, volle accogliere neanche uno di quel mezzo milione di ebrei “displaced persons”, come venivano definiti dalla burocrazia alleata. La Palestina, malgrado la Gran Bretagna e il suo Libro Bianco, sempre in vigore anche dopo la fine della seconda guerra mondiale, non fu quindi una scelta, ma l’unica speranza, cioè quella del “ritorno” a una patria, all’antica patria, una patria dove da tempo si era già formata una infrastruttura ebraica.
Nel passato la vita degli ebrei nei paesi islamici e negli stessi paesi arabi è stata nell’insieme sopportabile. Di serie B, ma sopportabile. Gli arabi hanno incominciato a sviluppare in Palestina un odio “politico” nei confronti degli ebrei pochi anni dopo l’inizio, nel 1920, del Mandato britannico. L’odio, sapientemente fomentato dai capi arabi, primo tra i quali il Gran Muftì di Gerusalemme (che durante la seconda guerra mondiale avrebbe raccolto volontari per formare una divisione SS araba andata poi a combattere a fianco dei tedeschi contro l’Unione Sovietica), doveva culminare, dopo molti altri gravi fatti di sangue antiebraici, nella strage perpetrata a Hebron nel 1928 contro l’inerme, antica comunità religiosa ebraica.
Chiunque abbia viaggiato e vissuto nei paesi arabi durante le guerre del 1947-1973, sa che l’intera coalizione araba (Egitto, Siria, Iraq e Giordania) con il sostegno dei paesi arabi moderati, avevano un solo scopo che non veniva tenuto celato: il compito non era dare una patria ai palestinesi. Era cancellare ed annientare lo Stato di Israele. Le tragiche vicende che hanno successivamente tormentato il popolo palestinese sono state sempre per mano araba. Due i fatti impossibili da dimenticare: lo sterminio dei palestinesi in Giordania per mano di re Hussein e delle sue artiglierie, dove, solo il primo giorno del terribile “Settembre Nero” si contarono 5.000 morti; le stragi nel Libano, dove i palestinesi sono stati assediati ed attaccati, distrutti e costretti alla fuga dai miliziani sciiti di “Amal” e dai siriani.
Così scriveva Montanelli: “Che i profughi palestinesi siano delle povere vittime, non c’è dubbio. Ma lo sono degli Stati Arabi, non d’Israele. Quanto ai loro diritti sulla casa dei padri, non ne hanno nessuno perché i loro padri erano dei senzatetto. Il tetto apparteneva solo a una piccola categoria di sceicchi, che se lo vendettero allegramente e di loro propria scelta. Oggi, ubriacato da una propaganda di stampo razzista e nazionalsocialista, lo sciagurato fedain scarica su Israele l’odio che dovrebbe rivolgere contro coloro che lo mandarono allo sbaraglio. E il suo pietoso caso, in un modo o nell’altro, bisognerà pure risolverlo. Ma non ci si venga a dire che i responsabili di questa sua miseranda condizione sono gli «usurpatori» ebrei. Questo è storicamente, politicamente e giuridicamente falso.”
(Dal «Corriere della Sera», Indro Montanelli, 16 settembre 1972).
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non chiedere mai a una donna la sua età a un uomo il suo stipendio a gio se la mattina del 2 giugno 1977 era ai giardini pubblici di milano con una pistola puntata alle gambe di indro montanelli
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CHE BELLA L'ITALIA PRIMA DEL 68
L'Italia era nell'occidente l'enfant prodige. Era un paese ottimista, dove si lavorava e col lavoro era arrivato il miracolo economico. Si esportava e le aziende andavano a gonfie vele. Non c'era terrorismo e pochissima criminalita'. La lira poneva le basi dell'oscar delle monete. La posta veniva recapitata tre volte al giorno, gli ospedali funzionavano, nelle scuole si studiava non tanto quanto in passato ma ancora abbastanza. Il cinema distraeva e produceva tantissimi film l'anno, i teatri erano pieni, si costruivano case e strade...il futuro non era un problema.
Poi e' venuto il trionfo di chi giudicava Einaudi un vieto reazionario, Scelba un aguzzino, il profitto un crimine, il lavoro una schiavitu', il terrorismo una sacrosanta protesta, il terrorismo palestinese a cui si apri' la porta e di li all'islam, l'assenteismo un diritto: ed e' venuta l'Italia della paura, degli ospedali indecenti, delle universita' con il 27 politico, della cassa integrazione, della produzione calante, dell'inflazione, cattivo cinema, dei sequestri, degli attentati. La scomparsa del merito, dell'autorita', dell'educazione e del decoro. Il 68 e' stato l'inizio di un incubo mai finito che ha imprigionato la cultura nell'ideologia, ha eliminato il dissenso, Al momento esso e' rappresentato dal birignao buonista, multiculturalista. Perche' questo e' il bello, anzi il brutto, il pensiero reducista non si evolve. Cambia, si trasforma. Come i figli di papa' annoiati che fecero il 68 con gli eskimo e oggi sono in giacca e cravatta. Perche' i reazionari di allora non erano gli operai a cui e' stata tolta la scena ma erano di estrazione borghese, attratti dal culto della violenza per la violenza. Volevano cancellare l'eccellenza ovunque la trovassero. Ecco i risultati della chirurgia intellettuale della sinistra: un popolo di analfabeti, e di analfabeti di ritorno dove le pagelle sono state sostituite dalla tessera di partito. Generazioni di ignoranti, eterni bambini, incapaci di farsi educare e di educare. Un'infanzia eterna. Ma quando finisce il 68?
( articoli di Indro Montanelli, Mario Cervi e Roberto Gervaso)
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