#il caduceo
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greciaroma · 7 months ago
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Hermes, il dio greco dei ladri
Mercurio, o Hermes, antica divinità dei Greci e dei Romani. Secondo la leggenda greca, era figlio di Giove e Maia, figlia di Atlante. Nacque in una grotta del monte Cillene, in Arcadia, donde il suo epiteto cilleno. Poco dopo la sua nascita, scappando dalla sua culla, si recò a Pieria e rubò alcuni dei buoi di Apollo, che condusse a Pilo, dove ne uccise due per un banchetto e un sacrificio, e nascose il resto. Ritornato a Cillene, trovò una tartaruga all'ingresso della sua caverna, del cui guscio e di alcuni intestini di bue costruì la prima lira. Apollo, sapendo chi aveva rubato il suo bestiame, andò a Cillene per chiedere la restituzione; e quando Mercurio negò il furto lo condusse davanti a Giove, che lo obbligò a confessare. Ma quando Apollo sentì Mercurio esibirsi sulla lira, ne fu così felice che permise al giovane musicista di trattenere il bestiame e gli presentò il suo caduceo d'oro, o bastone pastorale
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menti-senti · 5 months ago
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Pubblicato da: Redazione in Calabria, Luoghi e Storie, Luoghi e Storie del Sud 12 Giugno 2022
UNA “MANO” CONTRO I MALEFICI
Uno degli elementi rinvenuti è appunto la Mano Pantea (I° sec. d.C.), con le misteriose figure accessorie che la completano: si tratta di una mano destra che sulle due dita ripiegate mostra il busto di Hermes (Mercurio), dio della sapienza (nella fusione sincretica del suo culto con quello del dio egizio Thot), accompagnatore dello spirito dei morti, riconoscibile dal caratteristico copricapo (petaso); il corredo di figure comprende inoltre due serpenti crestati (agatodemoni, con funzione magico-religiosa protettiva), una pigna (simbolo di vitale forza generatrice), una lucertola (simbolo di rigenerazione), e una tartaruga (animale legato a Hermes e considerato dagli antichi dotato della virtù di scongiurare i malefici, nonché simbolo di prudenza e costante protezione). Come si può notare, le fattezze di questa mano attingono a complesse simbologie esoteriche che ritroviamo (con alcune aggiunte o varianti, come il caduceo, la testa di ariete e il fallo, attinenti comunque all’evocazione di potenze soprannaturali in grado di allontanare forze malefiche) in oggetti analoghi ritrovati in altri luoghi d’Italia come Roma, Pompei, Ercolano. Detto anche “Mano di Sabazio”, questo oggetto veniva ricollegato alla figura dell’omonimo dio (originario dell’Asia Minore ma noto anche in Grecia dove riuniva caratteristiche di Zeus e di Dioniso) e costituiva un vero e proprio oggetto liturgico fissato su aste per processioni, oppure destinato ai santuari o al culto domestico. Il suo rinvenimento all’interno di un santuario isiaco non deve sorpendere perché la tendenza all’assimilazione o associazione di Sabazio con altre divinità nell’ambito del diffuso sincretismo religioso in età imperiale, fece sì che lo si trovasse correlato a divinità come Cibele, Mithra e appunto Iside (in quest’ultimo caso non è raro trovare tra gli elementi decorativi della mano la testa di Serapide o il sistro, strumento musicale rituale connesso al culto di Iside).
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thegianpieromennitipolis · 1 year ago
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Da: SGUARDI SULL’ARTE LIBRO SECONDO - di Gianpiero Menniti 
ANTICHE TECNICHE, ANTICHE SENSIBILITA'
La ceramica antica non è appassionante poichè appare ornamento di un oggetto che riveste ben altre utilità. Eppure possiede una notevole importanza per l'archeologia e la conoscenza del passato: la ceramica è il più delle volte "databile" e grazie a questa caratteristica diviene uno strumento "datante". Eccone un esempio. Sul cratere, datato al 515 a.C., conservato nel museo nazionale etrusco di Villa Giulia a Roma, Euphronios narra l’epilogo della vicenda terrena di Sarpedonte, re licio figlio di Zeus e di Laodamia, caduto durante la guerra di Troia come avversario del fronte acheo, il cui cadavere, riverso e possente, viene trasportato, al cospetto di due guerrieri situati alle due estremità della scena, da Thanatos (la morte) e Hypnos (il sonno, personificazione di un concetto di origine presocratica).  Ermes, riconoscibile dal caduceo che porta in mano, assiste all'atto pietoso: la caratterizzazione dei personaggi è un’altra dote della ceramografia narrativa rivelata attraverso le “figure rosse”.  Ma i limiti dell’espressività delle figure nere sono superati anche attraverso dettagli che acquisiscono consistenza materiale, imprimendo alle rappresentazioni la consistenza di “apparizioni”, luce in rilievo dal fondo acronico di un tempo mitico.  Perché, a ben vedere, la coniugazione tra il nero del fondo e le figure che su di esso si stagliano, produce un effetto visivo di forte impatto, l'emergere dal “nulla” della vita che s'impone allo spettatore come espressione di un monito, di un messaggio filtrato attraverso la sintesi delle immagini, di un atto di comunicazione che diviene testo retorico e convenzionale dei valori ideali della polis. Il tema è originalissimo e quindi di raro uso.  Ed è conciliatorio: il cratere porta impressa la rappresentazione dell’omaggio funebre che supera la consueta distinzione tra alleato e nemico per raccogliersi intorno alla condizione ineluttabile dell’abbandono dell’esistenza terrena di un combattente valoroso.  Con il dio Ermes, invisibile - lo è, nell'espressione simbolica, grazie all’elmo che indossa - che solleva la mano ad indicare l’ascesa del guerriero verso la trascendenza. Il cratere a calice è attribuito ad Euphronios in qualità di ceramografo (agì tra il 520 ed il 500) e ad Euxitheos come vasaio. La produzione di ceramiche a figure rosse rappresenta il punto d’arrivo di un lungo ed intenso processo di raffigurazione narrativa sorto nel c.d. periodo protoattico dell’età orientalizzante allocabile nel VII sec. a.C. (700-625 a.C.) e giunto fino agli anni 530-525 a.C. ai quali si fa risalire convenzionalmente l’invenzione della nuova tecnica che prevede superfici vive risparmiate stagliate su un fondo trattato con vernice nera brillante.  Su questi spazi la raffigurazione interamente pittorica scopre la luce delle immagini prima campite, al contrario, con vernice nera ed incisioni necessarie a fornire i dettagli anatomici dei corpi.  La tecnica a figure nere, più antica e diffusa, risalente alle opere del pittore di Nesso, continuò a convivere a lungo con il nuovo “stile” a figure rosse (così definite poiché le superfici dell’argilla lasciate libere dalla campitura nera del fondo assumono, a seguito della cottura, un caratteristico colore rossastro) che s’impose definitivamente solo nel primo quarto del V sec. a.C.. Fino ad allora, si assiste a produzioni che rivelano la parallela persistenza (specie fuori dall’Attica) del vecchio modo e pensino la creazione di vasi “bilingui”.
- In copertina: Maria Casalanguida, "Bottiglie e cubetto", 1975, collezione privata
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crazy-so-na-sega · 10 months ago
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Il paradosso di Simpson è la certezza di Burns.
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Come nel migliore dei gialli tutto è collegato, alla fine è stato il maggiordomo gay. Trascurando alcune variabili o dimenticandosi antefatti abbiamo sia il paradosso di Simpson ma anche la certezza di Burns.
Il lavoratore pigro analfabeta funzionale cade nel paradosso, l’oligarca finanziere invece vende certezza con la © maiuscola. Il consumatore finale è la domanda stupida mentre il capitale è l’offerta che non puoi rifiutare. La legge di Say o la legge di Lynch sono le opzioni.
Se stai dalla parte giusta puoi usare il termine paradosso avendo tutta la Ragione perché l’offerta crea la sua domanda, se stai dalla parte sbagliata il tuo paradosso diventa inevitabilmente gogna perché il linciaggio deve diventare generalizzazione specista e classista.
Alcune compagnie ferroviarie intuirono alla fine dell’800 che sarebbe stato importantissimo suggestionare ed influenzare la società per creare i presupposti migliori per i loro affari. Nulla di nuovo, il serpente fece propaganda sulla mela ben prima del Far West.
La mela non aveva effetti avversi, del resto il serpente sul bastone d’Esculapio è una garanzia anche in tempi recentissimi. Poi tra bufalo e locomotiva la differenza salta agli occhi, per questo quando il bufalo sei tu puoi benissimo scartare di lato ma devi cadere per forza. Ma decide non solo la sorte del bufalo, ma anche l’avvenire dei tuoi baffi e il tuo mestiere. La propaganda descritta meravigliosamente in una canzone. Decide non solo chi cade, ma anche coloro che devono cambiare e cosa debbano fare della loro esistenza. Aggiungendo un serpente e un paio d’ali il bastone medico deve cambiare in un caduceo dedicato ai commercianti e al tintinnar di moneta. Non dimenticare mai che il progresso tecnico è irreversibile, togliere dunque la vipera e le ali non è contemplato dalla dottrina.
Pensate a Marshall e al suo piano, leggete poi gli scritti economici dell’autore, solo così potrete toccare le pareti del labirinto. Metodi che si ripetono, anche per il PNRR dovrete pagare il fio, l’avvenire dei baffi e del mestiere è già scritto.
Cosa dovete cambiare lo vedete quotidianamente, la propaganda batte dove il dente è da levare, se non duole lo faranno dolere. È tutto talmente ovvio, la borghesia unilateralmente pensatrice di Clisterflix è ossessionata dal controllo, esattamente come tutte le borghesie. Loro non vedono i paradossi ma solo le certezze. I patriarchi delle scienze economiche, della psicologia, della finanza, della medicina hanno deciso per loro. Il pensiero è infibulato da Burns e soci, ma a pagarne le spese sarà sempre e solo Homer. Patriarchi annoiati da tutto, li divertono solo alcuni giochi di società proiettati su scala globale. Un giorno giocano a Monopoli con le vostre finanze, un altro a Risiko con le vostre vite.
Se non vedi i dadi sei una pedina, questa è la certezza del paradosso.
-Fabio Bulla
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valentina-lauricella · 1 year ago
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Io vi avrei portato questo regalo. È piccola cosa, ma vedete, sta bene qua, sulla sinistra del ripiano del comò, che vi guarda mentre dormite. Perché io lo so che lo pregate prima d'addormentarvi. Come dite, "il sogno è la miglior parte della vita," e gli antichi volevano che i loro sogni fossero più chiari della luce del giorno.
Ha i talari, i sandali alati, perché il sonno migliore è quello che non si fa attendere troppo, dopo una buona giornata di fatica. E voi, anche se non lavorate i campi né sollevate pietre, sudate, lì sulle vostre carte. E sentite pure freddo, quando vi sale la febbre.
Ma comunque, dicevo, il vostro protettore ha il petaso, perché ha da viaggiare molto, da viaggiare sempre, per portare i contenuti dell'intuizione a voi, mentre la vostra ragione abbassa la guardia. Sono luoghi lontani quelli da dove provengono i sogni; e voi credete che siano dentro la vostra testa.
Ha il caduceo, perché gli dei sono dei per questo: perché sono giusti; essi vogliono ciò che è necessario per l'equilibrio universale; di quest'universo fatto di vuoto e d'illusione, e dell'altro, che è così pieno di tutti gli elementi uniti fra loro che non si distinguono e non esistono di per sé; non c'è limite né separazione: tutto è ogni propria possibilità. Ma le cose non accadono per caso, proprio no: accadono perché richiamate l'una dall'altra, in una fitta e vasta rete che continua a tessersi e non si smaglia mai; perché questa è la Natura. Questo siamo noi. Protetti dagli dei e, quando abbiamo finito di pregarli, dei noi stessi.
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personal-reporter · 11 months ago
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Il nocciolo, fiorire nel cuore dell’inverno
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“Mi raccomando, guardate durante l’inverno i fiori del nocciolo che, come mi diceva Pasolini, già fiorisce nel freddo per annunciare la speranza. Perché in questa, nipoti miei, voi dovete credere. Avere speranza sempre, come sempre ci raccontano i noccioli”.  (Giulia Maria Crespi) Il nome scientifico del nocciolo è Corylus Avellana, con la prima parte che deriva dal greco córys che significa elmo, come riferimento a quell’involucro verde che circonda le nocciole, noto come brattea, mentre Avellana proviene da Avella, città nota per la grande presenza di noccioli. Tradizionalmente il nocciolo è l’albero della saggezza e dell’ispirazione, ma ance della fertilità, la ricchezza, la conoscenza e la verità. Il nocciolo è  associato anche al dio greco Ermes, spesso raffigurato con il bastone fabbricato in legno di nocciolo, cioè il caduceo. Un tempo il nocciolo era protagonista di importanti ritualità e tradizioni popolari legate alla sua simbologia, come nei riti di fertilità legati all’agricoltura ed al raccolto, così come al matrimonio ed al concepimento. Ad esempio nell’antica Roma si donavano noci e nocciole agli ospiti dei banchetti nuziali per portare ai novelli sposi buona sorte e tanti figli. Con i ramoscelli di nocciolo venivano fabbricate bacchette magiche ed altri strumenti similari che avevano il potere di condurre chi lo desiderava nel luogo da lui ricercato per dissotterrare un tesoro nascosto o una fonte d’acqua sotterranea, oltre alla strada per trovare una persona perduta. In tempi passati bastoni e rami di nocciolo furono utilizzati come infallibile arma e protezione contro i serpenti pericolosi, inoltre il legno di nocciolo veniva anticamente adoperato per la costruzione di tavolette divinatorie ed altri strumenti magici come le bacchette. Nella Roma antica regalare ad una persona una pianta di nocciolo significava augurargli abbondanza e pace, mentre i suoi rametti venivano deposte accanto ai defunti durante la sepoltura,  assieme a noci e zucche,  per favorire la rinascita dell’anima e, dunque, una nuova vita per il proprio caro. Il nocciolo era la pianta del nono mese del calendario arboreo lunare celtico, che era nota come Coll in lingua antica e andava dal 5 agosto al 1 settembre, oltre ad essere per i Celti l’albero della saggezza e della conoscenza. Read the full article
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arturobooks · 1 year ago
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Il viaggio continua e come usa dire il mio amico Ermete: “Son custode della porta, della lira l’inventor e col caduceo mio divino t’accompagno al tuo destino, chi di noi è più malandrino?”
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arturo1951stuff · 1 year ago
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Il viaggio continua e come usa dire il mio amico Ermete: “Son custode della porta, della lira l’inventor e col caduceo mio divino t’accompagno al tuo destino, chi di noi è più malandrino?” 
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lestreghedifenix · 2 years ago
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Leggenda mitologica sull'arcobaleno e sull’Iris.
Oggi quando vediamo apparire in cielo, dopo una tempesta, un arcobaleno, sappiamo darci spiegazione di cosa sia e da cosa nasca, invece secondo la mitologia greca esso era un fenomeno strabiliante che univa cielo e terra e rappacificava la razza umana con gli elementi naturali e tale fenomeno era da attribuire ad Iris.
Iris o Iride era figlia del Titano Taumante e della ninfa oceanina Elettra, che era sorella delle arpie Aello e Ocipite. Era considerata la messaggera dalle ali dorate, perché dotata di piedi veloci coperti da calzari con ali appunto dorate e del caduceo,(bastone alato con due serpenti che si attorcigliano intorno ad esso), che le serviva per sgomberare le nubi e veniva inoltre raffigurata mentre suonava due trombe( una per la verità, l’altra per la menzogna), e con migliaia di occhi, bocche e lingue che decoravano le sue ali.
Era dunque una messaggera degli Dei dell’Olimpo e univa cielo e terra lasciando una scia di colori sgargianti, al suo passaggio.
Mentre Hermes veniva venerato perché messaggero che portava buone notizie, Iris era considerata messaggera di cattive notizie, perciò poco venerata dai greci. Ella era l’ancella preferita di Hera, la quale concedeva solamente a lei il privilegio di preparare il giaciglio per Zeus e la sua divina consorte, ma non era solo Hera a servirsi di lei, lo faceva anche il sommo Zeus quando la incaricava di scendere negli inferi dal Dio Ade, per procurarsi le acque gelide dello Stige, utili ai solenni giuramenti a cui erano sottoposti gli Dei.
Alla Dea Iris, inoltre, veniva assegnato il compito di accompagnare le donne decedute ai Campi Elisi, per tale motivo piante di iris viola venivano deposte sulle tombe dei defunti, in tutta la Grecia.
®️ Vietato riprodurre o esportare i contenuti senza citarne la fonte.©️ Lestreghedifenix
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in-the-uncertain-hour · 5 years ago
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Cammino come questo personaggio di Perec, forse addormentato forse sveglio, come un uomo che porti valigie invisibili, l’anonimo padrone del mondo, vado al parco, immagino ci siano le anatre, offro le punte delle dita con un gesto che non contempla movimento. Dicono i miei grimori che la privazione del sonno è una condizione conduttiva alla pratica magica: di sicuro c’è che la cortina di lentezza sugli occhi lascia intravedere un mondo dove forse bruciare rosmarino e incenso davvero svela la verità a persone lontane, che rifiutano altrimenti di vederla. In questi giorni la mia unica attività è studiare l’ayahuasca. In ragione di C. e del mio amore per lei, che d’ora in poi le devo con o senza risposta, ho deciso che preferirei non restarci secco, dunque procederò in presenza di un medico. Il medico è G., si trasferisce qui a novembre per specializzarsi. Se beve con me non sarà poi così utile, ma la sua funzione è apotropaica, porta il caduceo e la benedizione di Asclepio. Io e G. siamo andati a letto una volta, a diciassette anni, e di tutta la faccenda ricordo proprio il letto matrimoniale dei suoi genitori, la coperta coi ricami dorati che continua a sembrarmi fuori luogo dopo tutto questo tempo, un’ostentazione da harem ottomano. Non ci amavamo ma eravamo tristi, che alla bisogna è un surrogato accettabile. E la scena è come dovrebbero essere le scene di sesso nei film tratti dai romanzi vittoriani: il letto, la specchiera, dissolvenza. Poi il senso di colpa: il suo nei confronti di un fidanzato di merda, il mio mediato da una composita cosmologia che cominciavo a costruire, lo sguardo della fravashi, la mia esistenza eterna in forma di fanciulla immobile dagli occhi di fuoco. G. era molto carina, aveva questa coda di capelli biondi. L’ha sciolta col tempo, e comunque sia il tempo scioglie tutto. Il fidanzato di merda a un certo punto, dopo dieci anni forse, le ha detto tu non sei abbastanza, è andato in Grecia, gestisce una ONG o qualcosa del genere. G., io lo so che starà male per sempre, come quei bambini di Michele Mari che fanno la faccia seria e poi non riescono più a ridere. Ormai leggo questi tagli interiori come scrittura cuneiforme sulle tavolette: non serve a molto, ma raramente sbaglio. Ma lei funziona, funziona bene, cura gli altri bambini malati. Io mi rifiuto di funzionare, che è meno meritevole ma più onesto, e qui sta molta parte della differenza fra gli esseri umani: chi ha visto e spinge ancora il macigno, chi ha visto e si è lasciato precipitare, e chi non ha visto un cazzo di niente, cioè tutti gli altri.
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estarologiaevolutiva · 5 years ago
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Il Mago al Ritorno fa da corona a quello che abbiamo detto nei giorni passati. Lui è l'immagine della guarigione di sé stessi. Dietro di lui puoi vedere i due serpenti, raffigurati anche nel caduceo, che salgono fin oltre il settimo chakra. Il processo che è stato sostenuto nei giorni scorsi è arrivato a compimento. Questo non significa che da oggi sei illuminato ma che hai fatto un passo avanti, che qualcosa hai lasciato andare, che un pezzo di te si è sciolto lasciando più puliti i tuoi canali energetici e questo ti permette di stare bene su tutti i livelli. Goditi la giornata! Buon lunedì #ilmago #magoalritorno #guarigione #caduceo #nadiepingala #cundalini #energiaascendente #serpenti #messaggiodelgiorno #consigliodelgiorno #cartadelgiorno #taroccodelgiorno #tarocchievolutivi #tarocchi #tarocchiaurasoma #tarologiaevolutiva #estarologiaevolutiva https://www.instagram.com/p/B5R4TcNIJ1O/?igshid=n5q7ufcboens
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11 - Edicola Salinas
All’interno del museo è custodita un’edicola dedicata a “Maria eroina buona” come si legge dall’epigrafe scritta in greco in cui convivono simboli della religione fenicia e greca.
E’ realizzata in tufo e rivestita di stucco colorato ha la forma di un tempietto sorretto da due colonnine. Nel frontone ci sono la luna e il sole simboli fenici di rinascita .
Nella colonnina di sinistra è dipinta la Dea fenicia della vita TANIT con il corpo a forma di triangolo e le braccia alzate.
In quella di destra è dipinto il caduceo con 2 serpenti attorcigliati simbolo fenicio e anche greco.
In basso al centro sono raffigurate 2 mele cotogne e 2 melograni simboli di immortalità.
All’interno è dipinto un banchetto: un uomo offre un calice di vino a una donna e hanno vicino un tavolino con del cibo.
Attorno sono dipinti alcuni strumenti musicali quali un tamburello con sonaglini, i cembali, le nacchere ed inoltre si possono notare oggetti amati dalle donne: ventaglio, specchio, il cestino per il cucito e una scatolina. 
La voce narrante è di Licari Chiara
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angel-butiinanotherlife · 6 years ago
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La Primavera è un dipinto a tempera su tavola (203 x 314 cm) di Sandro Botticelli, databile tra il 1478 e il 1482 circa. Realizzata per la villa medicea di Castello, l'opera d'arte è conservata nella Galleria degli Uffizi a Firenze.
Si tratta del capolavoro dell'artista, nonché di una delle opere più famose del Rinascimento italiano. Vanto della Galleria, si accostava anticamente con l'altrettanto celebre Nascita di Venere, con cui condivide la provenienza storica, il formato e alcuni riferimenti filosofici. Lo straordinario fascino che tuttora esercita sul pubblico è legato anche all'aura di mistero che circonda l'opera, il cui significato più profondo non è ancora stato completamente svelato.
In un ombroso boschetto, che forma una sorta di semi-cupola di aranci colmi di frutti e arbusti sullo sfondo di un cielo azzurrino, sono disposti nove personaggi, in una composizione bilanciata ritmicamente e fondamentalmente simmetrica attorno al perno centrale della donna col drappo rosso e verde sulla veste setosa. Il suolo è composto da un verde prato, disseminato da un'infinita varietà di specie vegetali e un ricchissimo campionario di fiori: nontiscordardimé, iris, fiordaliso, ranuncolo, papavero, margherita, viola, gelsomino, ecc.
I personaggi e l'iconografia generale vennero identificati nel 1888 da Adolph Gaspary, basandosi sulle indicazioni di Vasari, e, fondamentalmente, non sono più stati messi in discussione. Cinque anni dopo Aby Warburg articolò infatti la descrizione che venne sostanzialmente accettata da tutta la critica, sebbene sfugga tuttora il senso complessivo della scena.
L'opera è, secondo una teoria ampiamente condivisa, ambientata in un boschetto di aranci (il giardino delle Esperidi) e va letta da destra verso sinistra, forse perché la collocazione dell'opera imponeva una visione preferenziale da destra. Zefiro, vento di sud ovest e di primavera che piega gli alberi, rapisce per amore la ninfa Clori (in greco Clorìs) e la mette incinta; da questo atto ella rinasce trasformata in Flora, la personificazione della stessa primavera rappresentata come una donna dallo splendido abito fiorito che sparge a terra le infiorescenze che tiene in grembo. A questa trasformazione allude anche il filo di fiori che già inizia a uscire dalla bocca di Clori durante il suo rapimento. Al centro campeggia Venere, inquadrata da una cornice simmetrica di arbusti, che sorveglia e dirige gli eventi, quale simbolo neoplatonico dell'amore più elevato. Sopra di lei vola il figlio Cupido, mentre a sinistra si trovano le sue tre tradizionali compagne vestite di veli leggerissimi, le Grazie, occupate in un'armoniosa danza in cui muovono ritmicamente le braccia e intrecciano le dita. Chiude il gruppo a sinistra un disinteressato Mercurio, coi tipici calzari alati, che col caduceo scaccia le nubi per preservare un'eterna primavera.
INTERPRETAZIONE FILOSOFICA
Ernst Gombrich, nel 1945, e, dopo di lui, negli anni cinquanta Wind e negli anni sessanta Panofsky, lessero la Primavera addirittura come il manifesto del sodalizio filosofico ed artistico dell'Accademia di Careggi. Vi si narrerebbe come l'amore, nei suoi diversi gradi, arrivi a staccare l'uomo dal mondo terreno per volgerlo a quello spirituale.
La scena si svolgerebbe nel giardino sacro di Venere, che la mitologia colloca nell'isola di Cipro, come rivelano gli attributi tipici della dea sullo sfondo (per es. il cespuglio di mirto alle sue spalle) e la presenza di Cupido e Mercurio a sinistra in funzione di guardiano del bosco, che infatti tiene in mano un caduceo per scacciare le nubi della pioggia (anche se egli viene insolitamente raffigurato in una posizione che lo rende estraneo al resto della scena). Le Tre Grazie rappresentavano tradizionalmente le liberalità, ma la parte più interessante del dipinto è quella costituita dal gruppo di personaggi sulla destra, con Zefiro, la ninfa Cloris e la dea Flora, divinità della fioritura e della giovinezza, protettrice della fertilità. Zefiro e Clori rappresenterebbero la forza dell'amore sensuale e irrazionale, che però è fonte di vita (Flora) e, tramite la mediazione di Venere ed Eros, si trasforma in qualcosa di più perfetto (le Grazie), per poi spiccare il volo verso le sfere celesti guidato da Mercurio.
Oltre alle teorie di Marsilio Ficino e la poetica del Poliziano, Botticelli s'ispirò anche alla letteratura classica (Ovidio e Lucrezio), soprattutto per quanto riguarda la metamorfosi di Cloris in Flora; tuttavia, il centro focale della composizione è Venere, che secondo l'ideologia neoplatonica sarebbe la rappresentazione figurata del suo mondo secondo il seguente schema:
Venere = Humanitas, ovvero le attività spirituali dell'uomo
Tre Grazie = fase operativa dell'Humanitas'
Mercurio = la Ragione, che guida le azioni dell'uomo allontanando le nubi della passione e dell'intemperanza
Zefiro-Cloris-Flora = la Primavera, simbolo della natura non tanto intesa come stagione dell'anno quanto forza universale ciclica e dal potere rigenerativo.
Per Erwin Panofsky ed altri storici dell'arte, e non solo, la Venere della Primavera sarebbe la Venere celeste, vestita, simbolo dell'amore spirituale che spinge l'uomo verso l'ascesi mistica, mentre la Nascita raffigurerebbe la Venere terrena, nuda, simbolo dell'istintualità e della passione che ricacciano gli individui verso il basso.
Numerose sono le proposte di lettura per le Grazie. Il loro movimento di alzare e abbassare le braccia ricorda filosoficamente il principio base dell'amore (da Seneca), la Liberalità, in cui ciò che si dà viene restituito. Esse possono rappresentare anche tre aspetti dell'amore, descritti da Marsilio Ficino: da sinistra, la Voluttà (Voluptas), dalla capigliatura ribelle, la Castità (Castitas), dallo sguardo malinconico e dall'atteggiamento introverso, e la Bellezza (Pulchritudo), con al collo una collana che sostiene un'elegante prezioso pendente e dal velo sottile che le copre i capelli, verso la quale sembra stare per scoccare la freccia Cupido. Secondo Esiodo le tre fanciulle divine sono invece Aglaia, lo Splendore, Eufrosine, la Gioia e Talia, la Prosperità. Latinizzate divennero Viriditas, Splendor e Laetitia Uberrima ovvero l'Adolescenza, lo Splendore e la Gioia Piena, o Letizia Fecondissima (Marsilio Ficino nel "de amore").
Claudia Villa (italianista contemporanea) è portata a considerare che i fiori, secondo una tradizione che ha origine in Duns Scoto, costituiscono l'ornamento del discorso e identifica il personaggio centrale nella Filologia, per cui riferisce la scena alle Nozze di Mercurio e Filologia rovesciando anche le identità dei personaggi che stanno alla nostra destra. Così la figura dalla veste fiorita è da vedersi come la Retorica, la figura che sembra entrare impetuosamente nella scena come Flora generatrice di poesia e di bel dire, mentre il personaggio alato, che sembra sospingere più che attrarre a sé la fanciulla, sarebbe un genio ispiratore.
In tale contesto interpretativo diventa difficile giustificare i colori freddi con cui è rappresentato il personaggio, a meno che l'autore non volesse affidare a questa scelta la smaterializzazione e il carattere spirituale dell'ispirazione poetica. Può risultare invece più comprensibile il disinteresse alla scena che sembra mostrare Mercurio, dio dei Mercanti.
STILE
Nell'opera sono leggibili alcune caratteristiche stilistiche tipiche dell'arte di Botticelli: innanzitutto l'innegabile ricerca di bellezza ideale e armonia, emblematiche dell'umanesimo, che si attua nel ricorso in via preferenziale al disegno e alla linea di contorno (derivato dall'esempio di Filippo Lippi). Ciò genera pose sinuose e sciolte, gesti calibrati, profili idealmente perfetti. La scena idilliaca viene così ad essere dominata da ritmi ed equilibri formali sapientemente calibrati, che iniziano dal ratto e si esauriscono nel gesto di Mercurio. L'ondeggiamento armonico delle figure, che garantisce l'unità della rappresentazione, è stato definito "musicale".
In ogni caso l'attenzione al disegno non si risolve mai in effetti puramente decorativi, ma mantiene un riguardo verso la volumetria e la resa veritiera dei vari materiali, soprattutto nelle leggerissime vesti.
L'attenzione dell'artista è tutta focalizzata sulla descrizione dei personaggi, e in secondo luogo delle specie vegetali, che appaiono accuratamente studiate, forse dal vero, sull'esempio di Leonardo da Vinci che in quell'epoca era già artista affermato. Minore cura è riservata, come al solito in Botticelli, allo sfondo, con gli alberi e gli arbusti che creano una quinta scura e compatta. Il verde usato, come accade in altre opere dell'epoca, doveva originariamente essere più brillante, ma col tempo si è ossidato arrivando a tonalità più scure.
Le figure spiccano con nitidezza sullo sfondo scuro, con una spazialità semplificata, sostanzialmente piatta o comunque poco accennata, come negli arazzi. Non si tratta di un richiamo verso l'ormai lontana fantasia del mondo gotico, come una certa critica artistica ha sostenuto, ma piuttosto dimostra l'allora nascente crisi degli ideali prospettici e razionali del primo Quattrocento, che ebbe il suo culmine in epoca savonaroliana (1492-1498) ed ebbe radicali sviluppi nell'arte del XVI secolo, verso un più libero inserimento delle figure nello spazio.
TECNICA
La tecnica usata nel dipinto è estremamente accurata, a partire dalla sistemazione delle assi di notevoli dimensioni che, unite tra loro, formano il supporto. Su di esse Botticelli stese una preparazione diversificata a seconda delle zone: beige chiaro dove vennero dipinte le figure e nera per la vegetazione. Su di essa il pittore stese poi la colorazione a tempera in strati successivi, arrivando a effetti di grande leggerezza.
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personal-reporter · 2 years ago
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Mercurio, in alto nel cielo
Il re del cielo notturno del mese di aprile è indubbiamente Mercurio, questo è infatti il momento  migliore dell’anno per osservare il pianeta. Mercurio è il pianeta del Sistema Solare più vicino al Sole e il più piccolo,  di dimensione inferiore alla metà di quella terrestre, e ha una forza di gravità insufficiente a trattenere i gas e, quindi, a creare una propria atmosfera. Il suo aspetto risulta caratterizzato da una moltitudine di crateri e le fotografie della sua superficie ricordano quelle della Luna. Se il nome di Mercurio deriva da quello dell'omonima divinità romana e il suo simbolo astronomico consiste di una rappresentazione stilizzata del caduceo, nelle culture dell'Estremo Oriente il pianeta è rappresentato come l'astro dell'acqua. La prima sonda a sorvolare il pianeta fu la Mariner 10, nel 1974-1975 e, con tre sorvoli, riuscì a mappare circa il 40% di Mercurio, rivelando la presenza di un campo magnetico e di una debole atmosfera, originata da particelle portate dall'attività solare che  da gas esalati dalla superficie. Nel 2004 è stata lanciata da Cape Canaveral la missione Messenger, che aveva come scopo  lo studio della composizione chimica e della storia geologica di Mercurio ed è stata la prima sonda ad orbitare attorno ad un pianeta interno del Sistema Solare. La migliore visibilità di Mercurio verrà  raggiunta in particolare l’11 e 12 aprile, come indica l’Unione Astrofili Italiani quando il pianeta più interno del Sistema Solare tramonterà 1 ora e 46 minuti dopo il Sole. Ma a dare spettacolo nel corso del mese sara anche la Luna, con tre congiunzioni molto scenografiche dal 21 al 23 aprile e la sera del 21, al crepuscolo, un falce di Luna crescente si troverà accanto a Mercurio, mentre nei due giorni seguenti il satellite si affiancherà sia al pianeta Venere che alla costellazione del Toro, con la stella Aldebaran e gli ammassi stellari delle Pleiadi e delle Iadi. Un buon soggetto per gli astrofotografi sarà l’ingresso di Venere nell’ammasso delle Pleiadi, che si verificherà il 10 aprile, mentre Giove sarà inosservabile, a causa della congiunzione dell’11 aprile con il Sole, e Saturno tornerà visibile al mattino presto, prima dell’alba. Nelle prime ore dopo il tramonto si potranno ammirare le costellazioni che hanno dominato il cielo nei mesi precedenti, come Orione, il Toro, i Gemelli e l'Auriga, ma, nel cielo orientale, si cominciano a scorgere gli astri che saranno protagonisti della stagione estiva, come Vega, che è l’astro più luminoso insieme ad Arturo e alla costellazione del Bootes, con la sua forma ad aquilone. Read the full article
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arturobooks · 1 year ago
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Il viaggio continua e come usa dire il mio amico Ermete: “Son custode della porta, della lira l’inventor e col caduceo mio divino t’accompagno al tuo destino, chi di noi è più malandrino?”
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arturo1951stuff · 1 year ago
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Il viaggio continua e come usa dire il mio amico Ermete: “Son custode della porta, della lira l’inventor e col caduceo mio divino t’accompagno al tuo destino, chi di noi è più malandrino?” 
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