#spingere macigni
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in-the-uncertain-hour · 5 years ago
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Cammino come questo personaggio di Perec, forse addormentato forse sveglio, come un uomo che porti valigie invisibili, l’anonimo padrone del mondo, vado al parco, immagino ci siano le anatre, offro le punte delle dita con un gesto che non contempla movimento. Dicono i miei grimori che la privazione del sonno è una condizione conduttiva alla pratica magica: di sicuro c’è che la cortina di lentezza sugli occhi lascia intravedere un mondo dove forse bruciare rosmarino e incenso davvero svela la verità a persone lontane, che rifiutano altrimenti di vederla. In questi giorni la mia unica attività è studiare l’ayahuasca. In ragione di C. e del mio amore per lei, che d’ora in poi le devo con o senza risposta, ho deciso che preferirei non restarci secco, dunque procederò in presenza di un medico. Il medico è G., si trasferisce qui a novembre per specializzarsi. Se beve con me non sarà poi così utile, ma la sua funzione è apotropaica, porta il caduceo e la benedizione di Asclepio. Io e G. siamo andati a letto una volta, a diciassette anni, e di tutta la faccenda ricordo proprio il letto matrimoniale dei suoi genitori, la coperta coi ricami dorati che continua a sembrarmi fuori luogo dopo tutto questo tempo, un’ostentazione da harem ottomano. Non ci amavamo ma eravamo tristi, che alla bisogna è un surrogato accettabile. E la scena è come dovrebbero essere le scene di sesso nei film tratti dai romanzi vittoriani: il letto, la specchiera, dissolvenza. Poi il senso di colpa: il suo nei confronti di un fidanzato di merda, il mio mediato da una composita cosmologia che cominciavo a costruire, lo sguardo della fravashi, la mia esistenza eterna in forma di fanciulla immobile dagli occhi di fuoco. G. era molto carina, aveva questa coda di capelli biondi. L’ha sciolta col tempo, e comunque sia il tempo scioglie tutto. Il fidanzato di merda a un certo punto, dopo dieci anni forse, le ha detto tu non sei abbastanza, è andato in Grecia, gestisce una ONG o qualcosa del genere. G., io lo so che starà male per sempre, come quei bambini di Michele Mari che fanno la faccia seria e poi non riescono più a ridere. Ormai leggo questi tagli interiori come scrittura cuneiforme sulle tavolette: non serve a molto, ma raramente sbaglio. Ma lei funziona, funziona bene, cura gli altri bambini malati. Io mi rifiuto di funzionare, che è meno meritevole ma più onesto, e qui sta molta parte della differenza fra gli esseri umani: chi ha visto e spinge ancora il macigno, chi ha visto e si è lasciato precipitare, e chi non ha visto un cazzo di niente, cioè tutti gli altri.
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ellmick · 3 years ago
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Mi sento come schiacciata a volte.
Le gambe pesanti, le braccia doloranti per lo sforzo di spingere, la testa che rimbomba, le forze esigue.
Aspetto che si abbatta su di me un peso senza forma, senza nome.
È come camminare con un macigni sulle spalle e nello stomaco, giorno e notte.
Lavoro, lavoro e non serve mai a nulla.
Fa male, e mi manca il respiro. Ma devo continuare e non perché lo voglia, solo perché non mi è consentito fermarmi.
E cammino, ripiegata su me stessa. Un piede davanti all'altro e le orme che pesanti vengono risucchiate dal terreno instabile. Sabbie mobili che inghiottiscono i miei sacrifici e le mie azioni e ne cancellano le tracce.
E cammino, col cuore pesante e la testa in subbuglio.
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akakorsy · 5 years ago
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Be brave
You can't hide from who you are The light peels back the dark You can run but you won't make it far You can't hide from who you are
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Be brave. Be brave. Be brave.
Osservo le sue labbra muoversi e spingere fuori quel messaggio, prima di venire risucchiata nel mistero che è la morte. Non ti conosco, “effie”, eppure qualche parola l’abbiamo scambiata. Non ti conosco, eppure ho parlato di te nel presentarmi al S.O.S., questione di giorni, ore. E la realtà assume sfumature diverse, i luoghi... assumono sfumature diverse.
James dice “perduta” mentre ironizza sul mio vagare a caso in quella zona che ospita il centro di Effie. Io penso “ritrovata” gettando uno sguardo (ed un po’ di cuore) a quello che facevano i miei, ed ho... un peso sul petto per una persona che non conosco, ma che non dimenticherò mai. Mai i suoi occhi. Mai le sue labbra ed il messaggio di cui si sono fatte veicolo. La testa si reclina avanti, è questione di un attimo, una linea di demarcazione tanto sottile quanto spietata. Mi si ferma il cuore. La bocca è secca. Lacrime agli occhi mentre mi dico “non ti conosco” come se servisse ad asciugarli. Penso ai messaggi. Sei carina. Penso a Rob. Santo cielo, è suo fratello. Il sangue mi si gela nelle vene al pensiero che un familiare possa aver assistito. Rob è l’unico familiare che conosco di Effie. Pochi giorni, conoscenze che hanno il valore di una foglia al vento e che ora diventano macigni sotto l’ombra di una tragedia. E’ così plateale la sua morte che non riguarda più solo lei, o il fratello o qualunque altro parente o amico stretto. E’ così plateale che deve toccare per forza “altri”. O sarebbe inutile. Infinitamente più triste di quanto già non sia.
A tutti i vigilanti che hanno voluto seguire i Night Soldier: Questa donna vi ha trascinato in una guerra razziale e in nessuna crociata per la giustizia. Desistete, altrimenti ... 
Altrimenti cosa? La uccidete? Too late, man.
Boia. Senza giustizia. Ma anche la giustizia pare avere lo sguardo limitato. Rabbia. Cos’era quello se non un omicidio efferato? Una condanna di fronte ad un pubblico inerme e reso conseziente per mancanza di scelta, ed un giudice senza volto. Well, non si apprende nulla dalla storia e non esiste insegnamento più eclatante di questo. Odio, come quello che sento io ora per la crudeltà a cui ho assistito.
walk tall or not walk at all 
Non è orgoglio per la razza “umana” ciò che sento. Vergogna, sì tanta. Effie.
Mi dispiace, che tu ti senta così. Veramente tanto. Quel non lo so, probabile che sia anche semplice frustrazione, per non poter far nulla, per non riuscire a comprendere come sia successo. Poi seguirà il momento in cui deciderai a chi dare la colpa. A loro o alle autorità chiedendosi dov'erano loro. E' un processo normale, di quando succedono cose del genere.
Hai ragione Jane. Quel “non lo so” è vuoto e pieno allo stesso tempo. Me ne rendo conto. E’ che ho qui, proprio qui, dietro gli occhi quel cazzo di momento. La testa cade avanti. Il senso di ineluttabilità. Hai detto che bisogna essere coraggiosi. Hai lottato in quegli ultimi minuti, hai aperto quel centro che, cielo, spero di aiutare il più possibile; non so chi sei e non so se lo saprò mai... se non attraverso il lascito che rimane alle persone intorno a te. Quali erano i tuoi sogni? Quali erano le tue paure? Il momento più bello, il ricordo più brutto. Io so, in virtù di quello che faccio dietro ad uno schermo, che il senso di irrealtà che ci isola in modo protetto gli uni dagli altri, viene sconfitto ed annullato in un solo momento di vera empatia. Voglio provarla, voglio tenermi stretta questa ipotesi di sofferenza nel pensare che tu sei stata una persona come me, con momenti belli, brutti, desideri ed incubi, perché è questo che fa di noi persone. Non umani, non mutanti, non supercop, ma persone. Come Jane ed il suo abbraccio, questi sentimenti sono la cosa più vera che conosco.
Non c’è guerra più sincera di quella scatenata dal sangue versato di una persona resa vulnerabile. Non c’è un passo indietro, solo dolorosi e lunghi passi avanti verso un senso irrangiungibile di completezza. Un riscatto inesistente. La fame di una giustizia insignificante.
There's no hiding place Not a secret safe What is lost will be found When the truth hunts you down
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