#lilybeo
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7 - Il fossato e le mura
Durante il periodo punico Lilibeo era circondata all’esterno dal fossato che non era riempito d’acqua e le mura, merlate, circondavano tutta la città.
Le mura di Lilibeo, in parte costruite direttamente sul banco roccioso, dovevano essere alte tra i 6 e i 10 metri, erano larghe dai sei ai sette metri, erano una solida opera di difesa, realizzata per resistere agli assedi.
I nemici attaccavano la città con armi e macchine micidiali come catapulte, torri mobili, scale, arieti.
All’interno del museo, sono conservati oggetti collegati alla guerra:
le ghiande missili, pallottole ovali di piombo che venivano lanciate con fionde o altri strumenti da lancio;
le grosse sfere di pietra che venivano scagliate dalle catapulte.
Quando i Romani conquistarono Lilibeo le mura cominciarono a perdere la loro funzione difensiva e successivamente furono utilizzate come una grande cava da cui estrarre blocchi e materiale per costruire, chiese, palazzi, case.
L’ingresso alla città era protetto da una grande porta monumentale con bastioni di difesa.
Al di fuori delle mura di cinta era collocata la necropoli di Lilibeo, la “città dei morti.
Dentro il museo, nella sala Lilibeo si può ammirare un modello in scala delle mura della città.
Le voci narranti sono di Di Girolamo Martina e Marino Miriam
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Presentazione a Marsala, Circolo Lilybeo, 25 marzo, ore 17,30
Facitori Italiani di fiori e piante ornamentali, creatività e creazioni.
Ingresso libero nel rispetto della normativa anti-Covid.
Potete ordinarlo a: [email protected] - [email protected]
#books #floriculture #breeding #ornamental #variety #genetic #history
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Presentazione a Marsala, Circolo Lilybeo, 25 marzo, ore 17,30
Facitori Italiani di fiori e piante ornamentali, creatività e creazioni.
Ingresso libero nel rispetto della normativa anti-Covid.
Potete ordinarlo a: [email protected] - [email protected]
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L’antro della Sibilla a Marsala (antica Lilybeo) di Alberto di Girolamo
L’antro della Sibilla a Marsala (antica Lilybeo) di Alberto di Girolamo
Nel XIV secolo i Gesuiti costruirono appena fuori città, su capo Boeo, la chiesa (foto 1) dedicata a San Giovanni Battista, compatrono della città. La costruirono in quel punto per inglobare una grotta, scavata nella roccia sottostante, che i primi cristiani lilybetani avevano utilizzato come battistero. La grotta si trova a m.4,80 sotto il pavimento della chiesa e vi si accede tramite gradini…
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13 - Crispia Salvia: la storia di un amore eterno
Nel 1996, nella necropoli di Lilibeo è stato rinvenuto un ipogeo, un monumento sotterraneo unico nel suo genere, perché le pareti della camera funeraria sono interamente dipinte.
Nella tomba, che fu realizzata alla fine del II sec. d.C., è visibile solo una parte dell’epigrafe, l’altra è esposta al Museo.
La lastra di argilla, appesa ad una delle pareti, ci dice che lì era sepolta Crispia Salvia.
Iulius Demetrio racconta il suo amore per la moglie Crispia Salvia, donna “dulcissima” con la quale visse 15 anni “libenti animo” cioè in serenità e armonia. Scolpito nella pietra un gesto d’amore ha regalato l’eternità a Crispia Salvia.
La voce narrante è di Guarrasi Salvatore
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1 - Il Museo Archeologico del Baglio Anselmi
Il museo archeologico del Baglio Anselmi è stato installato in un baglio, uno stabilimento tradizionale per la produzione del vino Marsala.
Il nome baglio deriva dalla parola latina ballium e indica un insieme di case rurali recintate con mura.
Il Baglio Anselmi è formato da un quadrilatero di costruzioni aperte su un cortile centrale ed è stato pienamente funzionante per la produzione del Marsala fino al secolo scorso.
Il museo è stato creato per la conservazione e l'esposizione della Nave Punica e dal 1986, ospita anche i materiali archeologici provenienti dalle campagne di scavo intraprese nell'area archeologica di Lilibeo.
I grandi depositi per le botti, oggi, sono diventate sale in cui sono ospitate le collezioni archeologiche.
Entrando al museo sulla destra si possono visitare:
- La SALA della NAVE PUNICA
- La SALA della NAVE ROMANA
a sinistra, la SALA LILIBEO con la bellissima Venere Callipigia e i reperti archeologici emersi dagli scavi nelle necropoli e nel Parco di Lilibeo.
Le voci narranti sono di Figuccia Carlotta e Angileri Melissa
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2 - Nascita di Lilybeo e i Punici
La città di Lilibeo fu costruita sul promontorio nella punta più occidentale della Sicilia.
Lo storico Diodoro Siculo, vissuto nell’età di Cesare, ha raccontato che Lilibeo fu fondata dai superstiti dell’isola di Mozia dopo la distruzione dell’isola ad opera di Dionisio re di Siracusa, nel 397 a.C.
Il nome Lilybeum deriva dalla sorgente chiamata come il promontorio LILYBAION, nome che indica la sua posizione “di fronte alla Libia”, come veniva allora chiamata l’Africa del nord.
La posizione geografica adatta a sopportare gli assedi, e i pericolosi banchi di alghe che rendevano la zona quasi inaccessibile dal mare, permisero al piccolo insediamento di diventare una potente fortezza cartaginese. Il clima mite e la fertilità del terreno favorirono la crescita e lo sviluppo di un florido centro commerciale ed artigianale. Lilibeo era famosa anche per i suoi porti, che erano certamente due.
Era protetta dal mare su due lati e difesa da solide mura provviste di torri merlate, era circondata da un profondo fossato dalla parte della terraferma. Le gallerie sotterranee consentivano agli abitanti di uscire fuori dalla città e salvarsi dagli assedi.
Lilybeo seppe resistere agli assalti dei tiranni di Siracusa e del loro alleato Pirro, re dell’Epiro.
Le voci narranti sono di Barraco Vincenzo e Pizzo Vincenzo
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3 - Lilibeo dai Punici ai Romani
Dopo la conquista dell’Italia, Roma si trova a fronteggiare la città di Cartagine, importante centro commerciale del Mediterraneo. Entrambe le città mirano al dominio della Sicilia.
Scoppiano le tre guerre puniche, che durano (con momenti di sospensione) dal 264 al 146 a.C.
Queste guerre furono dette puniche perché i Cartaginesi venivano chiamati “Punici” dai Romani.
Lilibeo si difese per 10 anni dagli assedi dei Romani, che attaccavano la città lanciando pietre con le catapulte e con gli arieti cercavano di sfondare le porte e le mura.
Per impedire i rifornimenti alla città per via di mare, i Romani tentarono di bloccare il porto affondandovi alcune navi riempite di pietre.
Le prime battaglie si svolgono in Sicilia. Roma pare più debole, perché non sa combattere in mare, mentre Cartagine è abilissima. I Romani imparano però a costruire navi dalle colonie della Magna Grecia, inventano il rostro ed il corvo. Fu soltanto nel 241 a.C. in seguito della Battaglia delle Egadi, che si concluse la 1° guerra punica e Cartagine fu costretta a cedere Lilybeo ai Romani.
I Cartaginesi, comandati da Annibale, tentano la riconquista, ma inutilmente.
In epoca romana, la città mantenne la sua importanza come grande e ricco centro commerciale e tra la fine del 3° e l'inizio del 1° secolo a.C., Lilibeo servì quale base navale e come punto di partenza della spedizione con la quale Scipione sconfisse definitivamente Cartagine e la rase al suolo.
In seguito tra il 76 e 75 a.C., quando Cicerone giunse in Sicilia come questore, Lilibeo era una delle più floride città. Durante l'epoca augustea, la città divenne un municipio.
Alcune iscrizioni attestano che Lilibeo divenne colonia con il nome di Colonia Helvia Augusta Lilybitanorum.
Nel 440 la città fu devastata dai vandali di Genserico. È documentata inoltre la presenza di una comunità cristiana, essendo stata al tempo del papa Zosimo la diocesi di Lilibeo.
Le voci narranti sono di Morsello Gabriele e Patti Giusy
Battaglia delle Egadi (foto al Museo di Marsala)
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4 - La nave punica
Il relitto della nave punica è posto nella grande sala a destra dell’ingresso del Museo.
La nave è stata rinvenuta da una missione inglese guidata da Honor Frost nel 1971 nella Laguna dello Stagnone di Marsala.
I lavori di recupero furono lunghi ed i legni furono messi in vasche di acqua dolce e, successivamente in vasche di cera sciolta in acqua. Una volta asciugati sono stati integrati con pezzi di legni moderni.
Del relitto è stata recuperata solo la parte posteriore, la poppa, e parte della fiancata di babordo per una lunghezza di circa 10 metri e una larghezza di 3 metri.
Gli studiosi pensano che a prua ci potesse essere un rostro, come quello trovato nella "Nave Sorella" seppellita in fondo al mare a soli 40 metri di distanza .
Il rostro era una punta di bronzo o di legno che si trovava sulla prua sotto il livello del mare e serviva a speronare le navi nemiche; dopo lo scontro si staccava facendo affondare la nave speronata.
E' stato calcolato che la nave, della stazza di circa 120 tonnellate, avesse una lunghezza complessiva di 35 metri e una larghezza massima di 4 metri e mezzo.
L'equipaggio era formato da 68 rematori, 34 per lato, che muovevano 17 remi.
Gli archeologici affermano che la nave è affondata nelle acque dello Stagnone nel 241 a.C. durante la 1a guerra punica .
E' l'unico documento, oggi noto, che ci permette di conoscere l'intelligente tecnica di costruzione navale seguita dai punici.
Ogni asse della nave punica di Marsala reca inciso infatti un simbolo dell'alfabeto fenicio-punico utile ai costruttori per il rapido assemblaggio dello scafo, proprio come per una moderna scatola di montaggio. La linea è particolarmente slanciata e l’assenza di un carico, fanno pensare che la nave sia un esemplare a remi da combattimento.
Al momento della scoperta furono trovati, tra i resti dello scafo, anche altri oggetti che facevano comunque parte della nave o che appartenevano ai membri dell'equipaggio: il vasellame (ciotole, macine per granaglia, poche anfore per l'acqua potabile, per il vino e per la salsa di pesci), i rifiuti degli alimenti (come resti ossei di animali da cacciagione o come resti vegetali quali noccioli di frutta secca, di olive in salamoia), numerosi oggetti (come legna da ardere, tappi di anfore, cordami, per spaghi e stoppa, pece, punteruoli per funi, attrezzi da pesca).
La voce narrante è di Guarrasi Salvatore
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5 - La nave romana
Si tratta di una nave da carico romana del III secolo d.C., lunga circa 27 metri e larga 9 metri, ed è affondata nei bassi fondali durante la manovra di ingresso nel fiume Birgi, che allora era una via navigabile.
La nave è stata recuperata nel 2011 e si è ben conservata perché era sommersa sotto una fitta coperta di alghe che ha impedito che il legno si rovinasse.
Smontata pezzo per pezzo è stata sottoposta a un complesso lavoro di restauro e ricostruzione, adesso, finalmente è ben conservata nel Museo ed è esposta in una sala accanto alla nave punica.
E’ un reperto di eccezionale valore per lo scafo conservato completo e per il carico di anfore africane che trasportava. Le anfore ben conservate sono di varie dimensioni e forme, chiuse da tappi di sughero, servivano per trasportare frutta secca (pinoli, nocciole, mandorle, pesche, fichi), olive e olio, vino e salsa di pesce o “garum” sono stati inoltre rinvenuti recipienti ceramici (coppe, coppette, coppe con base carenata, ampolline, piatti) e vetro.
Prima ancora di allestire una flotta da guerra, i Romani avevano un grande numero di navi onerarie (dal latino onus, carico), cioè navi da carico con le quali svolgevano i loro commerci soprattutto nei vari porti del Mar Tirreno: trasportavano olio, vino, grano, frutta e bestiame. In caso di guerra le navi onerarie servirono per il trasporto dei viveri, delle truppe, dei cavalli e delle macchine da guerra: catapulte e arieti.
Erano spinte da vele quadrate: non vi erano rematori, per dare più spazio alle cose da trasportare.
Nella costruzione di questo tipo di navi, i Romani curavano particolarmente la chiglia che fosse solida e impermeabile, su cui veniva stesa una lastra di piombo.
Con questo sistema di protezione, l'acqua non filtrava assolutamente nella stiva e la merce trasportata poteva considerarsi al sicuro. Le voci narranti sono di Angileri Desirè e Lazzara Martina
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6 - Venere Callipigia
All’ingresso della sala Lilibeo ci accoglie una statua, a misura naturale, senza testa e senza braccia che rappresenta Venere, la dea romana della bellezza e dell’amore. E’ in parte vestita da stoffa che lascia scoperte le natiche.
Si pensa che sia una copia del II secolo d.C.
E’ stata trovata durante uno scavo nel 2005 nei pressi della chiesa di San Giovanni.
Nelle vetrine vicine sono esposti vasi verniciati di nero in cui sono dipinti un cigno e dei fiori sacri a Venere e altri oggetti dedicati al culto della Dea.
La voce narrante è di Ciaramita Alessia
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8 - I corredi funerari
Le notizie più importanti sulle abitudini di vita dei Lilibetani si trovano nei corredi funerari delle necropoli.
Il corredo funerario era composto dalle cose più care del morto. In base agli oggetti del corredo si può capire se la tomba è di una donna, di un uomo o di bambini.
Le donne ricche mettevano molti gioielli e usavano il trucco: mettevano la polvere di gesso sul viso e sulle braccia, il nero sugli occhi, la terra rossa che tenevano in conchiglie e in cofanetti di osso. Amavano profumarsi e mettere le creme che conservavano dentro dei vasi preziosi di vetro, di alabastro. Si sono trovati specchi di bronzo e spilloni per capelli.
Nei corredi maschili troviamo armi, coltelli e strumenti per l'attività fisica. Gli uomini facevano attività fisica nelle palestre: i loro corpi dovevano essere forti e muscolosi. Dopo lo sport pulivano la pelle con lo strigile, una spatola ricurva. Erano così pronti per il bagno alle terme. Le voci narranti sono di Indelicato Lorena e Curatolo Marika
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9 - Sonaglini e Biberon
In una vetrina del museo erano esposti dei sonaglini divertenti a forma di cagnolino. I sonaglini erano di terracotta, dentro si mettevano dei semini che facevano rumore e divertivano i bambini piccoli.
Venivano agganciati a catenelle o bracciali, a quel tempo si chiamavano crepundia ( cose che fanno rumore), oggi in siciliano si chiamano scusci scusci e sono di plastica.
Nella stessa vetrina si ammirano i poppatoi a forma di maialino, colombina, cinghialino.
I poppatoi sono di terracotta, hanno in alto un buco dal quale si metteva il latte, di lato si osserva un beccuccio dal quale il bambino beveva. Le voci narranti sono di Rizzo Isabel e Gentile Veronica
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11 - Edicola Salinas
All’interno del museo è custodita un’edicola dedicata a “Maria eroina buona” come si legge dall’epigrafe scritta in greco in cui convivono simboli della religione fenicia e greca.
E’ realizzata in tufo e rivestita di stucco colorato ha la forma di un tempietto sorretto da due colonnine. Nel frontone ci sono la luna e il sole simboli fenici di rinascita .
Nella colonnina di sinistra è dipinta la Dea fenicia della vita TANIT con il corpo a forma di triangolo e le braccia alzate.
In quella di destra è dipinto il caduceo con 2 serpenti attorcigliati simbolo fenicio e anche greco.
In basso al centro sono raffigurate 2 mele cotogne e 2 melograni simboli di immortalità.
All’interno è dipinto un banchetto: un uomo offre un calice di vino a una donna e hanno vicino un tavolino con del cibo.
Attorno sono dipinti alcuni strumenti musicali quali un tamburello con sonaglini, i cembali, le nacchere ed inoltre si possono notare oggetti amati dalle donne: ventaglio, specchio, il cestino per il cucito e una scatolina.
La voce narrante è di Licari Chiara
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12 - Tessera hospitalis
Nel museo è conservata una rara e bellissima tessera hospitalis del II secolo a.C.
Su una lastra di avorio, a forma di due mani che stringono un patto di amicizia
c’è inciso:
Il punico Imulch Inibalos Chloros è amico del greco Lyson
La tessera hospitalis era un documento usato per riconoscimento e garanzia, sul quale si incidevano i nomi dell'ospite e dell'ospitato.
Il suo possessore quando si trovava nella città dell’altro aveva assicurati il pasto, l'alloggio, l'assistenza sanitaria e legale.
La voce narrante è di Figuccia Carlotta
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Benvenuti al Museo Archeologico del Baglio Anselmi di Marsala!
In questo progetto di audioschede gli studenti del 5° Circolo Didattico Strasatti di Marsala vi descriveranno alcuni dei principali reperti rinvenuti nell’antica Lilibeo, fondata dai Punici dopo la distruzione di Mozia ad opera di Dionisio I di Siracusa! Questo progetto, dal titolo “Visita al Museo di Marsala”, fa parte del PON "A piccoli passi da Lilibeo a Marsala" (Codice progetto 10.2.SA-FSEPON-SI-2018-275) ed è stato realizzato dall’esperto esterno Alessandro Montalto, insieme alla prof.ssa Elisa Pipitone, in collaborazione con gli studenti delle classi 3a e 3b del 5° Circolo Didattico Strasatti di Marsala
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