#gioia cristiana
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Auguri di Renato Balduzzi
"Per me, la ragione più importante per annunciare il Vangelo è condividere la mia gioia, condividere il motivo della mia gioia
“Per me, la ragione più importante per annunciare il Vangelo è condividere la mia gioia, condividere il motivo della mia gioia. Quando siamo felici, vogliamo potere condividere la nostra gioia, vogliamo stare con le persone, vogliamo che gli altri siano parte della nostra felicità. Per i cristiani, il motivo più importante è l’amore gratuito di Dio che ci viene annunciato nei Vangeli. Se non…
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LA SICILIA SECONDO VINCENT VAN GOGH
Nel febbraio del 1888, Vincent van Gogh lascia Parigi e si trasferisce in un piccolo paesino chiamato Arles nella solare Provenza. Se fino a qualche anno prima aveva dipinto meno di un centinaio di opere, al sole di Arles, Vincent trova la gioia della sua arte, producendo in meno di un anno più di trecento opere. Definisce il suo stile originale e sostituisce i colori oscuri e tenebrosi delle sue prime opere, con una luce accesa e pura. Se il calore mediterraneo di Arles fece questo effetto su Vincent, cosa sarebbe successo alla sua anima tormentata se fosse venuto a contatto con l’abbagliante luminosità siciliana? E ancor di più, come avrebbe reagito la sua ricerca fallita di Dio, il suo difficile cammino nella società del nord Europa alla filosofia siciliana dove “Tutto scorre e nulla resta” per cui non dobbiamo chiederci “Chi siamo e dove andiamo?” ma “Quando si mangia e che cosa c’è da mangiare?”. Forse i suoi tormenti umani ed artistici si sarebbero sciolti di fronte ad una granita al caffè, ad un bicchiere di birra Messina, o ad un tramonto alle Eolie. Seduto su una lunga spiaggia solitaria per dipingere le lunghe onde del mare, sarebbe stato raggiunto dal solito cinico siciliano che senza farsi i cazzi suoi gli avrebbe chiesto se Gauguin se la stesse spassando alla Martinica. Oppure, con la saccenteria degli ignoranti, avrebbe chiesto se nel dipingere avesse copiato i colori densi e pastosi di Monticelli, o se quelle pennellate dense ed intense le facesse così a come venivano, tanto per babbiare (prendere in giro) i critici. Alla fine, in quest’isola dove è l’arte stessa che si intreccia con la natura crea il paesaggio, dove la follia è una ordinaria condizione di uno, nessuno, centomila, alla fine forse la sua anima infelice avrebbe trovato la sua quiete e avrebbe accettato la sua cristiana inquietudine in quanto elogio dell’essere. Infine, invece che piccoli caffè o cieli inquietanti pieni di oscuri uccelli, qui in Sicilia avrebbe incominciato a dipingere le meraviglie luminose dell’isola, affinando quella sua tecnica in cui rinchiudeva le sue angosce e tristezze dentro a dense intense pennellate. Qui, in quest’isola dove la follia è di casa, sulla tela avrebbe raccontato di campi infiniti e dorati, di chiese accese da sole, di piccoli dammusi affacciati sul mare e immacolati sotto un cielo di un azzurro felice e saturo di luce. Avrebbe finalmente toccato e dipinto quella luce che cercava, quella che non aveva trovato né nelle sue infinite letture della bibbia, né tra le cosce delle prostitute che amava o delle donne borghesi che lo avevano rifiutato. Avrebbe capito che solo la natura è reale, ed è il palcoscenico su cui gli uomini, come i pupi dal corpo di legno, recitano passioni ed amori che solo per pochi atti sono eterni e che questa provvisorietà è l’unica certezza che questi pupi hanno, tanto che con essa riempiono la loro arte per viverla all’infinito.
SICILY ACCORDING VINCENT VAN GOGH
In February 1888, Vincent van Gogh left Paris and moved to a small village called Arles in sunny Provence. If until a few years earlier he had painted less than a hundred works, in the sun of Arles, Vincent found the joy of his art, producing more than three hundred works in less than a year. He defined his original style and replaced the dark and shadowy colors of his early works with a bright and pure light. If the Mediterranean heat of Arles had this effect on Vincent, what would have happened to his tormented soul if he had come into contact with the dazzling Sicilian brightness? And even more, how would his failed search for God, his difficult path in northern European society, react to the Sicilian philosophy where "Everything flows and nothing remains" so we should not ask ourselves "Who are we and where are we going?" but "When do we eat and what is there to eat?". Perhaps his human and artistic torments would have melted away in front of a coffee granita, a glass of Messina beer, or a sunset in the Aeolian Islands. Sitting on a long, solitary beach to paint the long waves of the sea, he would have been joined by the usual Sicilian cynic who, without minding his own business, would have asked him if Gauguin was having fun in Martinique. Or, with the know-it-all attitude of the ignorant, he would have asked if in painting he had copied the dense and mellow colors of Monticelli, or if he did those dense and intense brushstrokes as they came, just to mock (mock) the critics. In the end, on this island where art itself intertwines with nature to create the landscape, where madness is an ordinary condition of one, no one, a hundred thousand, in the end perhaps his unhappy soul would have found its peace and accepted its Christian restlessness as a praise of being. Finally, instead of small cafes or disturbing skies filled with dark birds, here in Sicily he would have begun to paint the luminous wonders of the island, refining his technique in which he enclosed his anguish and sadness within dense intense brush strokes. Here, on this island where madness is at home, on canvas he would have told of infinite and golden fields, of churches lit by themselves, of small dammusi overlooking the sea and immaculate under a sky of a happy blue and saturated with light. He would have finally touched and painted that light he was looking for, the one he had not found in his infinite readings of the Bible, nor between the thighs of the prostitutes he loved or of the bourgeois women who had rejected him. He would have understood that only nature is real, and it is the stage on which men, like puppets with wooden bodies, act out passions and loves that are eternal only for a few acts and that this temporariness is the only certainty that these puppets have, so much so that they fill their art with it to live it infinitely.
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🎅🏻YULE GOAT🎅🏻 – Quando Babbo Natale aveva corna e zoccoli…🐏
Da sempre Natale evoca gioia e buoni sentimenti, incarnati nel volto bonario di Babbo Natale, ma vi sorprenderà sapere che non è stato sempre così.
Prima della Coca Cola, prima ancora di San Nicola, divenuto poi Santa Claus, a Korvatunturi, una regione nel nord della Finlandia, caratterizzata da fitte foreste di pini, montagne e laghi ghiacciati, c’era Joulupukki…
Joulupukki, conosciuto più comunemente come Yule Goat, non è altro che il tradizionale caprone dalle enormi corna ritorte della mitologia scandinava. Per la cultura nordica, quindi, Babbo Natale è in realtà un caprone, o meglio ancora, un uomo-capra.
Nell’iconografia cristiana il capro viene spesso identificato come figura satanica. C’è da dire che, anche nella tradizione nordica, conserva parte delle sue caratteristiche “maligne”. Le origini del mito sono molto più antiche di quello che si crede.
Si pensa che la figura dello Joulupukki discenda dai caproni che trascinavano il carro di Thor; ogni sera il dio norreno li uccideva col suo martello per poi cibarsene, e la mattina successiva li riportava in vita. Lo Joulupukki, in antichità, è quindi considerato uno strumento in grado di regalare gioie terrene.
Da qualche parte nel mito, forse grazie a contaminazioni culturali, avvenne poi il salto evolutivo. I caproni sacrificati dal dio Thor assunsero sembianze antropomorfe: un vecchio barbuto con corna di capro, spesso raffigurato come un gigante che usa un albero come bastone, alle cui corna sono appesi esseri umani.
Nella tradizione lo Joulupukki vaga di notte, bussando alle porte delle case in cui ci sono bambini, dispensando doni per coloro che si sono comportati bene e frustando a sangue e portando via dentro un sacco i bambini disubbidienti.
Con il passare del tempo, Yule Goat ha perso le corna, ha lasciato dietro di sé il suo passato oscuro, prediligendo la forma umana, quella del vecchio barbuto vestito di rosso.
Nelle raffigurazioni più antiche la capra natalizia è però sopravvissuta, tornando a essere un mezzo di trasporto. O relegata nella spaventosa figura del Krampus, bestia dalle lunghe corna, pelosa e simile a una capra.
Si ringrazia "I Misteri Delle Città Fantasma..." su Facebook.
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Per la Pace e la Giustizia nel mondo intero, per tutti i defunti, per tutti i sofferenti e indigenti del mondo, per tutti coloro che chiedono preghiere, per tutti gli ammalati, per i giovani, per Putin affinché abbracci la vera Fede in Dio e con questa metta fine alla guerra di aggressione. Per la mia famiglia, per la guarigione di tutti gli ammalati, per la diffusione della Fede Cristiana messa in difficoltà da certi buonismi e buonisti, perché la gente capisca che alcune ideologie buoniste e falso filantrope che vogliono cancellare i simboli e le tradizioni Cristiane per fare posto a culture, tradizioni e religioni che non ci appartengono, in nome di una falsa integrazione mascherata da sottomissione a dette culture. Per tutti i miei cari vivi e defunti. Per tutte le persone che mi chiedono preghiere. Per tutte le persone che hanno avuto un lutto. Per le mie intenzioni. Per tutti i giovani. Per la pace nel mondo. Per le anime del purgatorio. Per tutte le Suore vive e defunte. Per tutti i Seminaristi. Per tutti i Sacerdoti vivi e defunti e i loro familiari. Per tutto ciò di cui hanno bisogno i poveri palestinesi e i poveri ucraini e tutti i popoli in guerra. Ti affido, Dio Padre onnipotente ed eterno, le mie preghiere. Ti prego ascoltami e benedici le mie tre figlie, il mio piccolo Paolo che è salito alla casa del Padre a gennaio 1994 a soli tre mesi e mezzo di vita e senza essere stato battezzato e mia moglie Maria . Dona loro salute, guarigione, serenità, gioia e lunga vita con me.
Amen amen amen.
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(Un compagno)
Se dovrai scrivere alla mia casa,
Dio salvi mia madre e mio padre,
la tua lettera sarà creduta
mia e sarà benvenuta.
Così la morte entrerà
e il fratellino la festeggerà.
Non dire alla povera mamma
che io sia morto solo.
Dille che il suo figliolo
più grande, è morto con tanta
carne cristiana intorno.
Se dovrai scrivere alla mia casa,
Dio salvi mia madre e mio padre,
non vorranno sapere
se sono morto da forte.
Vorranno sapere se la morte
sia scesa improvvisamente.
Dì loro che la mia fronte
è stata bruciata là dove
mi baciavano, e che fu lieve
il colpo, che mi parve fosse
il bacio di tutte le sere.
Dì loro che avevo goduto
tanto prima di partire,
che non c'era segreto sconosciuto
che mi restasse a scoprire;
che avevo bevuto, bevuto
tanta acqua limpida, tanta,
e che avevo mangiato con letizia,
che andavo incontro al mio fato
quasi a cogliere una primizia
per addolcire il palato.
Dì loro che c'era gran sole
pel campo, e tanto grano
che mi pareva il mio piano;
che c'era tante cicale
che cantavano; e a mezzo giorno
pareva che noi stessimo a falciare,
con gioia, gli uomini intorno.
Dì loro che dopo la morte
è passato un gran carro
tutto quanto per me;
che un uomo, alzando il mio forte
petto, avea detto: Non c'è
uomo più bello preso dalla morte.
Che mi seppellirono con tanta
tanta carne di madri in compagnia
sotto un bosco d'ulivi
che non intristiscono mai;
che c'è vicina una via
ove passano i vivi
cantando con allegria.
Se dovrai scrivere alla mia casa,
Dio salvi mia madre e mio padre,
la tua lettera sarà creduta
mia e sarà benvenuta.
Così la morte entrerà
e il fratellino la festeggerà.
(Corrado Alvaro)
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EVENTI - di Gianpiero Menniti
L'ORIGINE DEL TEATRO GRECO E L'IRRAZIONALE
A Squillace, borgo di antichissime origini, ai primi di settembre. Racconto le "Origini del teatro greco" e la connessione con l'irrazionale, il caos primordiale che ne avrebbe ispirato la fondazione. Ecco uno stralcio della conferenza:
«Il mondo greco al quale con crescente approssimazione si fa appello frequentemente, per indicare l’origine della civiltà occidentale e dunque del nostro modello culturale, era ben lontano dalla rappresentazione che se ne fa ai nostri giorni. La nostra civiltà, intrinsecamente cristiana, ha certamente attinto, in molte forme (linguistiche, mitico-letterarie e rituali, politiche e sociali, scientifiche e filosofiche) a quella non consueta civiltà. Tuttavia, il “noi” contemporaneo è immemore delle limpide e coraggiose acquisizioni dell’uomo greco, del suo attestarsi su una linea di separazione tra l’evidenza caotica dell’esistenza e i tentativi di fornirla di un modello razionalmente adeguato. Di più: il caos non è l’effetto ma l’origine, la condizione primigenia, l’informe infinito della materia che preesiste e che preclude ogni conoscenza: questa è figlia del determinato e non ha alcuna possibilità di designazione dell’indeterminato. Non ha linguaggio, non ha parola, non possiede alcun segno. Se non un sussulto. Il sussulto che la lunghissima, ancestrale tradizione dei miti e dei riti eleusini ha tramandato oralmente fino a VII – VI secolo a.C. ma a partire da almeno 1500 anni prima nel contesto inattingibile della tradizione orale. Tradizione orale coperta dal segreto dell’origine che solo il racconto dei miti poteva parzialmente rivelare come in una lenta e attenta marcia di avvicinamento alla verità terrificante dell’informe. La consapevolezza di un disordine originario non è rassegnazione ma, paradossalmente, razionale costruzione di un ordine che contempla il suo contrario. E con esso convive. In questa condizione originaria e incontrovertibile, nasce il “sacro”, il separato che, tuttavia, abita gli abissi della natura fenomenica e della natura umana. Così, nasce anche il teatro - dal gr. ϑέατρον, der. del tema di ϑεάομαι «guardare, essere spettatore» - come rivelazione di questo stato di coesistenza, il celebre modello di relazione tra dionisiaco e apollineo di Nietzsche. Ma l’origine della tragedia greca – la prima forma di teatro – non è come si potrebbe immaginare, nella scena, nella skenè (σκηνή) che racconta le vicende del dramma: la tragedia nasce dal coro, dal coro dei satiri che irrompono dai parodoi con urli e canti, al ritmo di danza. Metà uomini e metà bestie, i satiri incarnano la mimesi di ciò che è ormai memoria, del passaggio dell’uomo dalla selva alla condizione dell’essere consapevole. Consapevole di cosa? Soprattutto della sua finitezza, della morte, del cadavere che inerte può essere vinto solo dal suo contrario, dall’arte che è vita, che per questo è gioia, è danza, è canto, è parola, è unità “corale” del flusso e dell’energia che anima gli esseri umani distanti dalla loro insormontabile caducità. Il coro è dunque il protagonista della tragedia, il coro che evoca il dio, Dioniso, che non a caso è il dio della vita e della morte, del maschile e del femminile, del divino e del bestiale: la sua è una natura incessantemente polimorfica. Incarna, dunque, il caos dell’inizio, il caos che non possiede storia, che non possiede Chronos ma che si attesta in una sorta di Kairos infinito, nell’istante senza tempo. Il canto ditirambico dei satiri è l’effetto di quel sussulto ancestrale e dell’ingresso nella vita che da quel momento “conta” il tempo, che accoglie l’esistenza come atto collettivo, corale, che a questa dimensione pre-consapevole vuole tornare sapendo che non c’è possibile ritorno se non nella mimesi della danza, della parola, della rappresentazione che colma la scena lasciando ai satiri l’altare posto in basso nello spazio dell’orchestra, in un “mondo altro” che tutto ha preceduto e che solo il ricordo, il riportare al cuore, può rendere vivida espressione nella malinconia della mimesi, stratagemma del sopportabile fino alla sua trasformazione nell’estasi dell’evocazione del Dio.»
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Non é un buon periodo...non perché sto male. Ho avuto momenti peggiori ma mai come nel periodo natalizio la gioia e il dolore sono così vicini. Come luce e buio. Muiono spesso le persone, gli anziani...per la paura di dover festeggiare le feste da soli si lasciano andare...
E il vero senso del natale? Il compleanno di Gesù scivola piano piano nel dimenticatoio.
Alle scuole qui dove vivo la storia di Natale non ci si racconta più per non urtare gente di altre religioni. Ci si affida a babbo natale piuttosto che a Gesù Bambino. Le famiglie non festeggiano insieme e i mercatini di Natale adesso si chiamano mercatini di inverno sempre per non urtare chi non crede a Natale. Tutto questo mi rende perplesso e mi intristisce. E le canzoni di natale?
Vorrei tornare in quel periodo della mia vita dove Natale era una festa, dove la famiglia si riuniva e i regali erano pensierini piccoli e non lo iPhone all ultimo grido.
Io sono cristiana e mi dichiaro tale e per me Natale dovrebbe essere la gioia e la amore per la nascita del Salvatore del mondo.
Può esserci posto anche per un po' di magia e un babbo natale che porta i doni...ma senza dimenticare il vero senso del natale.
Mi manca quella cosa.
I tempi stanno cambiando e quel cambiamento non mi piace per niente...

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Preghiera per il Consiglio Nazionale

Da domani a domenica 2 marzo si svolgerà in Sicilia il primo Consiglio Nazionale del 2025.
Di seguito la lettera dei Responsabili Nazionali e la preghiera con cui siamo invitati ad accompagnare spiritualmente tutti i partecipanti compreso il team piemontese composto da Cristiana e Paolo Burchio con don Marco Cena.
"Cari amici, siamo tornati dal Consiglio Europeo pieni di entusiasmo e gratitudine per l'accoglienza, il rispetto, l'amore che abbiamo ricevuto da tutti i responsabili presenti. Ora siamo pronti per "passare" a voi la nostra gioia! Vi abbiamo portati tutti con noi.
Ci avviciniamo a grandi passi al Consiglio Nazionale che sarà dal 28 febbraio al 2 marzo in Sicilia Tirrenica.
Desideriamo sentirci accompagnati spiritualmente e che tutta la comunità si senta coinvolta e fiduciosa che le scelte e la formazione che faremo, come Consiglio, sarà per il bene di tutti.
Sarà una bella occasione per sentirci uniti e in appartenenza fra di noi.
Grazie infinite del vostro servizio e dell'amore che dimostrate per IM!
Un forte abbraccio con tanto affetto. Silvana, Alessandro e don Paolo"
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Preghiera in preparazione al Consiglio Nazionale
Signore Gesù, aiutaci ad essere Chiesa che incarna il Tuo stesso stile per annunciare a tutti la Buona Notizia.
Ascolta la nostra preghiera e insegnaci ad accoglierci reciprocamente nelle nostre diversità con la sapienza del cuore attenti ai percorsi di ciascuno, ad essere ospitali e capaci di condivisione.
Signore Gesù, fa’ che possiamo sperimentare la bellezza di sentirci membra di un solo corpo ognuno con il proprio senso e il proprio ruolo nella nostra comunità.
Aiutaci a sostenere, attraverso le nostre vite, dei modelli di comunità e di servizio per la ricerca di un bene superiore a ogni forma di individualismo e divisione.
Signore Gesù, ti preghiamo, perché possiamo sentire su di noi la Tua presenza nel nostro seminare amore per generare quei frutti di pace da gustare e condividere in comunione.
Donaci in questo Consiglio Nazionale di saper costruire un dialogo vero e sincero, paziente e coraggioso, che aiuti la vicinanza, l’ascolto, la relazione e la comprensione.
Signore Gesù, donaci di affinare e praticare “l’arte dell’incontro”, di saper guardare con attenzione ogni persona per accogliere e comprendere il suo mondo.
Illumina le nostre menti ed aiutaci a trovare tramite il dialogo, nelle differenze delle idee e delle convinzioni, quelle verità e quei valori universali che sono riconoscibili da tutti e che sono al di sopra delle mode e delle convenienze.
Signore Gesù, solo imitando Te, saremo Chiesa che testimonia il volto di Dio.
Amen.
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LA STRAGE DELLE INNOCENTI Kit di sopravvivenza per le vittime di violenza di genereDi Gian Ettore Gassani
Un’indagine, tra storie drammatiche e strazianti, sulla guerra silenziosa contro le donneCon i contributi di:Simona e Vittoriana Abate,Cristiana e Michele Arditi di Castelvetere,Marina Baldi,Maria Grazia Bortolussi,Roberta Bruzzone,Cataldo Calabretta,Stefano Callipo,Anna Maria Casale,Daniela Cavallini,Maddalena Cialdella,Marcella Ciapetti,Sonia D’Agostino,Valerio de Gioia,Giovanna De Maio,Maria…
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Festa di Tutti i Santi, a Ceccano l'esposizione delle antiche reliquie in S. Giovanni
Sono esposte sull’altare dedicato a Sant’Antonio da Padova, lì dove fino al 1700 sorgeva l’altare maggiore della Collegiata di S. Giovanni Battista a Ceccano. Ci sono reliquie della Croce, di oggetti appartenuti a Maria, dei Santi Patroni, di Santi molto conosciuti e di altri meno: sono così mostrate per simboleggiare il gran numero di persone, che secondo la fede cristiana, viva la gioia della…
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Anche Dio ride di James Martin: Il potere del riso nella vita spirituale. Recensione di Alessandria today
James Martin ci guida alla scoperta della gioia, dell’umorismo e del riso come elementi centrali per una vita spirituale autentica e profonda.
James Martin ci guida alla scoperta della gioia, dell’umorismo e del riso come elementi centrali per una vita spirituale autentica e profonda. Recensione: Anche Dio ride è un libro sorprendente che esplora un aspetto spesso trascurato della spiritualità: il riso, la gioia e l’umorismo. James Martin, gesuita e scrittore, ci conduce in un viaggio attraverso le Scritture, la tradizione cristiana e…
#Anche Dio ride#Aneddoti#Autore#Benessere#Chiesa#crescita spirituale#Cristianesimo#dialogo#Equilibrio#Fede#felicità#Gesù#gesuita#Gesuiti#Gioia#guarigione#James Martin#Leggerezza#Libro#Meditazione#percorso di fede#Preghiera#Psicologia#Recensione#Religione#riflessioni spirituali#riflessioni sulla fede.#Riso#sacerdoti#Santi
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La fede di Sammy Basso e la sua lezione sulla vita
Morto a 28 anni Sammy Basso, affetto da sindrome da invecchiamento precoce (progeria). Una malattia che non gli ha tolto la gioia, grazie all’amore di familiari e amici e alla sua fede cristiana. Continue reading La fede di Sammy Basso e la sua lezione sulla vita
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"In principio era il Verbo" Il Vangelo secondo Giovanni introdotto, letto e commentato da Lapo Lani
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Museo Casa Rurale di Carcente
Comune di San Siro (CO)
Sabato 17 agosto, ore 17:00
(In caso di maltempo la lettura verrà rinviata a sabato 24 agosto, ore 17:00)
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«La storia della "Passione" è per me la più grande che sia mai accaduta, e i testi che la raccontano i più sublimi che siano mai stati scritti» [1].
Dalla storia narrata nei Vangeli nasce un uomo nuovo, capace di saper ascoltare e aprirsi a tutte le religioni e culture, in grado di condividere la passione e la sofferenza degli altri, indipendentemente dalla loro etnia.
Gesù chiede agli uomini di credere con tutta la loro vitale forza a una cosa sopra le altre: «Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri» [2].
Dopo i Vangeli le storie saranno raccontate in maniera diversa. Non ci saranno né re né eroi guerrieri. L'uomo riuscirà a toccare i cuori e a guardare negli occhi degli altri uomini, anche se poveri, diseredati, umiliati, ammalati, sofferenti, soli, maltrattati, moribondi. La compassione, la pietà, la carità, la fratellanza, la comunanza, l'amore riusciranno a oltrepassare la sofferenza, il dolore, la paura, l'angoscia, la morte, donando speranza e vita a tutti. Questo è il Regno dei Cieli sulla Terra; qui e adesso è la salvezza.
Potremo vivere nella gioia [3] quando tutti gli uomini, ma proprio tutti, possidenti e nullatenenti, padroni e servi, sapienti e ignoranti, sfruttatori e sfruttati, oppressori e oppressi, lieti e sofferenti, potenti e deboli, persecutori e vittime, riusciranno a oltrepassare le contraddizioni e la caducità del divenire.
«Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e l'amore; ma di tutte più grande è l'amore!» [4].
Lapo Lani Milano, giugno 2024
Note:
[1] Pier Paolo Pasolini, “La ricotta", 1963.
[2] Vangelo di Giovanni, 13,34. Bibbia CEI (Conferenza Episcopale Italiana).
[3] Il concetto di gioia cristiana identifica l’oltrepassamento del mondo del divenire, e quindi l’ingresso nel Regno di Dio. L’oltrepassamento avviene in questa vita, adesso, grazie al sentimento di condivisione del dolore altrui; grazie all’amore disinteressato donato gli altri. (A differenza della gioia, la felicità è quel sentimento che ha origine nel momento in cui si raggiunge lo scopo materiale prefissato.)
[4] Paolo di Tarso, Prima lettera ai Corinzi, 13,13. La traduzione della Bibbia CEI è la seguente: «Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità!». Carità, dal latino “carĭtas -atis” (greco "chàris"), cioè “amore”, “benevolenza”, “affetto”.
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Copertina: “Tre Croci”.
Disegno di Lapo Lani, realizzato con inchiostri giapponesi su carta, e successivamente elaborato con processi digitali. Dimensioni: cm 22x26. Anno: giugno 2024.
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#gesù#gesù cristo#vangelo#vangelo di giovanni#passione#crocifissione#cristianesimo#civiltà dell’occidente#lago di como#carcente
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Nella vita ci sono a volte molte fatiche, molte “morti”, grandi o piccole, ma non sono mai la fine. Sono trasformazioni, magari passando per il dolore – come la madre durante il parto -, che portano a una gioia che nessuno può toglierci. Questa è il cuore della speranza cristiana.
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I simboli pasquali: un viaggio tra tradizione e significato
La Pasqua, oltre ad essere una festività religiosa di grande importanza per i cristiani, è ricca di simboli che affondano le loro radici in antiche tradizioni e racchiudono significati profondi. Esploriamo insieme alcuni di questi simboli pasquali, scoprendone la storia e il messaggio che trasmettono. L'uovo, tra i più importanti simboli pasquali Simbolo di vita per eccellenza, rappresenta la rinascita e la nuova vita che scaturisce dalla Resurrezione di Cristo. La sua forma ovale, priva di spigoli, rimanda all'eternità e all'infinito. Anticamente, le uova venivano dipinte di rosso, colore del sangue e della vita, e scambiate come dono di buon auspicio. L'agnello Associato all'innocenza e al sacrificio, l'agnello è un simbolo pasquale presente fin dai tempi biblici. Nell'Antico Testamento, l'agnello era sacrificato durante la Pasqua ebraica come simbolo di liberazione dalla schiavitù. Gesù Cristo è spesso definito l'Agnello di Dio, che si è sacrificato per la salvezza dell'umanità. La colomba Simbolo di pace e di speranza, la colomba è associata allo Spirito Santo. La sua presenza nella tradizione pasquale deriva dal racconto biblico del diluvio universale, in cui una colomba portò a Noè un ramo d'ulivo come segno di pace e di rinascita. Il coniglio Sebbene non sia presente nella tradizione cristiana primitiva, il coniglio è diventato un simbolo pasquale molto popolare, soprattutto tra i bambini. La sua associazione con la Pasqua deriva dalla sua fertilità e dalla sua abitudine di scavare tane sotterranee, che simboleggiano la tomba di Cristo dalla quale è risorto. L'ulivo Simbolo di pace e di vittoria, il ramo d'ulivo è spesso raffigurato nelle mani della colomba pasquale. Nell'Antico Testamento, l'ulivo era considerato un albero sacro e il suo ramo era un segno di tregua e di riconciliazione. Le campane Il loro suono festoso annuncia la Resurrezione di Cristo e la gioia della Pasqua. Le campane, che in passato erano legate a riti propiziatori pagani, assumono nella tradizione cristiana un significato religioso, chiamando i fedeli alla celebrazione. La croce Simbolo centrale della fede cristiana, la croce rappresenta la vittoria di Cristo sulla morte e il suo sacrificio per la salvezza dell'umanità. La croce è presente in molte decorazioni pasquali e rimane un simbolo di speranza e di amore per i cristiani. Foto di 🌸♡💙♡🌸 Julita 🌸♡💙♡🌸 da Pixabay Read the full article
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