#fotografia d'epoca
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figlidiroma · 1 day ago
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Seguono, quasi integrale, il testo in inglese (il libro è bilingue) e le bellissime fotografie del Conte Giuseppe Primoli.
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Fin qui introduzione e nota biografica di Giuseppe Primoli, a cura di Livio Jannattoni e Lucilla Negri de Fabbri.
Segue repost con foto.
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persa-tra-i-miei-pensieri · 4 months ago
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Museo del giocattolo - Sassocorvaro
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C'è ancora domani 1° in classifica al Box Office
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✔️ 𝐒𝐓𝐑𝐄𝐀𝐌𝐈𝐍𝐆 𝐎𝐑𝐀 𝐐𝐔𝐈 ▶ https://t.co/zFZOIdS9Qu
:: Trama C'è ancora domani ::
Delia è "una brava donna di casa" nella Roma del dopoguerra: tiene il suo sottoscala pulito, prepara i pasti al marito Ivano e ai tre figli, accudisce il suocero scorbutico e guadagna qualche soldo rammendando biancheria, riparando ombrelli e facendo iniezioni a domicilio. Secondo il suocero però "ha il difetto che risponde", in un'epoca in cui alle donne toccava tenere la bocca ben chiusa. E Ivano ritiene sacrosanto riempirla di botte e umiliarla per ogni sua "mancanza". La figlia Marcella sta per fidanzarsi con il figlio del proprietario della pasticceria del quartiere, il che le darebbe la possibilità di migliorare il suo status e allontanarsi dalla condizione arretrata in cui vive la sua famiglia, nonché da quella madre sempre in grembiule e sempre soggetta alle angherie del marito. Per fortuna fuori casa Delia ha qualche alleato: un meccanico che le vuole bene, un'amica spiritosa che la incoraggia, un soldato afroamericano che vorrebbe darle una mano. E soprattutto, ha un sogno nel cassetto, sbocciato da una lettera ricevuta a sorpresa.
C'è ancora domani è l'esordio alla regia di Paola Cortellesi, ed è una pura emanazione della sua persona.
Il tono è divulgativo, pensato per raggiungere il più ampio pubblico possibile, ma questo non va a scapito della sua vocazione autoriale, che è manifesta in scelte molto precise di colore (il film è girato nel bianco e nero della cinematografia d'epoca con grande attenzione filologica del direttore della fotografia Davide Leone), di formato (che cambia lungo il corso della narrazione), di commento musicale (che in aggiunta alle composizioni originali di Lele Marchitelli alterna brani retrò di Fiorella Bini e Achille Togliani con titoli italiani molto più recenti - di Dalla, Nada, Silvestri, Concato -- e innesti internazionali di hip hop, elettronica e rock alternativo, in maniera non dissimile da quanto fa nel suo cinema Susanna Nicchiarelli).
La sceneggiatura, della stessa Cortellesi insieme ai sodali Giulia Calenda e Furio Andreotti, è intenzionalmente didascalica nell'obiettivo esplicito di parlare al grande pubblico, soprattutto - ma non solo - femminile, e concentra nei personaggi di Ivano e Delia l'ingiustizia di un sistema patriarcale di cui anche Ivano è in qualche modo vittima (oltre che perpetuatore), e Valerio Mastandrea riesce a inserire nella sua caratterizzazione quel tanto di umano e di fragile da non farcelo liquidare completamente come un orco d'antan (ma non abbastanza da farcelo perdonare).
Tuttavia la sceneggiatura è astuta nel distribuire anche a tutti gli altri personaggi una misura dello stesso veleno culturale, e dunque le donne di ogni condizione (tranne la venditrice al mercato interpretata da Emanuela Fanelli) vengono messe a tacere dai loro mariti, e anche gli uomini più gentili possono (devono?) cadere preda del loro imprinting socialmente approvato.
Le botte di Ivano inferte a tempo di musica in una danza macabra e un paso doble del terrore (intuizione cinematografica straziante ed efficacissima) non hanno nulla a che vedere con quelle testosteroniche importate nel cinema da Martin Scorsese, e molto con quelle inferte da Zampanò a Gelsomina, così come la preparazione della famiglia nelle scene iniziali di C'è ancora domani deve tutto all'incipt di Una giornata particolare.
Un film (in Italiano anche pellicola) è una serie di immagini che, dopo essere state registrate su uno o più supporti cinematografici e una volta proiettate su uno schermo, creano l'illusione di un'immagine in movimento.[1] Questa illusione ottica permette a colui che guarda lo schermo, nonostante siano diverse immagini che scorrono in rapida successione, di percepire un movimento continuo.
Il processo di produzione cinematografica viene considerato ad oggi sia come arte che come un settore industriale. Un film viene materialmente creato in diversi metodi: riprendendo una scena con una macchina da presa, oppure fotografando diversi disegni o modelli in miniatura utilizzando le tecniche tradizionali dell'animazione, oppure ancora utilizzando tecnologie moderne come la CGI e l'animazione al computer, o infine grazie ad una combinazione di queste tecniche.
L'immagine in movimento può eventualmente essere accompagnata dal suono. In tale caso il suono può essere registrato sul supporto cinematografico, assieme all'immagine, oppure può essere registrato, separatamente dall'immagine, su uno o più supporti fonografici.
Con la parola cinema (abbreviazione del termine inglese cinematography, "cinematografia") ci si è spesso normalmente riferiti all'attività di produzione dei film o all'arte a cui si riferisce. Ad oggi con questo termine si definisce l'arte di stimolare delle esperienze per comunicare idee, storie, percezioni, sensazioni, il bello o l'atmosfera attraverso la registrazione o il movimento programmato di immagini insieme ad altre stimolazioni sensoriali.[2]
In origine i film venivano registrati su pellicole di materiale plastico attraverso un processo fotochimico che poi, grazie ad un proiettore, si rendevano visibili su un grande schermo. Attualmente i film sono spesso concepiti in formato digitale attraverso tutto l'intero processo di produzione, distribuzione e proiezione.
Il film è un artefatto culturale creato da una specifica cultura, riflettendola e, al tempo stesso, influenzandola. È per questo motivo che il film viene considerato come un'importante forma d'arte, una fonte di intrattenimento popolare ed un potente mezzo per educare (o indottrinare) la popolazione. Il fatto che sia fruibile attraverso la vista rende questa forma d'arte una potente forma di comunicazione universale. Alcuni film sono diventati popolari in tutto il mondo grazie all'uso del doppiaggio o dei sottotitoli per tradurre i dialoghi del film stesso in lingue diverse da quella (o quelle) utilizzata nella sua produzione.
Le singole immagini che formano il film sono chiamate "fotogrammi". Durante la proiezione delle tradizionali pellicole di celluloide, un otturatore rotante muove la pellicola per posizionare ogni fotogramma nella posizione giusta per essere proiettato. Durante il processo, fra un frammento e l'altro vengono creati degli intervalli scuri, di cui però lo spettatore non nota la loro presenza per via del cosiddetto effetto della persistenza della visione: per un breve periodo di tempo l'immagine permane a livello della retina. La percezione del movimento è dovuta ad un effetto psicologico definito come "fenomeno Phi".
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There's Still Tomorrow non è ancora presente
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:: Trama C'è ancora domani ::
Delia è "una brava donna di casa" nella Roma del dopoguerra: tiene il suo sottoscala pulito, prepara i pasti al marito Ivano e ai tre figli, accudisce il suocero scorbutico e guadagna qualche soldo rammendando biancheria, riparando ombrelli e facendo iniezioni a domicilio. Secondo il suocero però "ha il difetto che risponde", in un'epoca in cui alle donne toccava tenere la bocca ben chiusa. E Ivano ritiene sacrosanto riempirla di botte e umiliarla per ogni sua "mancanza". La figlia Marcella sta per fidanzarsi con il figlio del proprietario della pasticceria del quartiere, il che le darebbe la possibilità di migliorare il suo status e allontanarsi dalla condizione arretrata in cui vive la sua famiglia, nonché da quella madre sempre in grembiule e sempre soggetta alle angherie del marito. Per fortuna fuori casa Delia ha qualche alleato: un meccanico che le vuole bene, un'amica spiritosa che la incoraggia, un soldato afroamericano che vorrebbe darle una mano. E soprattutto, ha un sogno nel cassetto, sbocciato da una lettera ricevuta a sorpresa.
C'è ancora domani è l'esordio alla regia di Paola Cortellesi, ed è una pura emanazione della sua persona.
Il tono è divulgativo, pensato per raggiungere il più ampio pubblico possibile, ma questo non va a scapito della sua vocazione autoriale, che è manifesta in scelte molto precise di colore (il film è girato nel bianco e nero della cinematografia d'epoca con grande attenzione filologica del direttore della fotografia Davide Leone), di formato (che cambia lungo il corso della narrazione), di commento musicale (che in aggiunta alle composizioni originali di Lele Marchitelli alterna brani retrò di Fiorella Bini e Achille Togliani con titoli italiani molto più recenti - di Dalla, Nada, Silvestri, Concato -- e innesti internazionali di hip hop, elettronica e rock alternativo, in maniera non dissimile da quanto fa nel suo cinema Susanna Nicchiarelli).
La sceneggiatura, della stessa Cortellesi insieme ai sodali Giulia Calenda e Furio Andreotti, è intenzionalmente didascalica nell'obiettivo esplicito di parlare al grande pubblico, soprattutto - ma non solo - femminile, e concentra nei personaggi di Ivano e Delia l'ingiustizia di un sistema patriarcale di cui anche Ivano è in qualche modo vittima (oltre che perpetuatore), e Valerio Mastandrea riesce a inserire nella sua caratterizzazione quel tanto di umano e di fragile da non farcelo liquidare completamente come un orco d'antan (ma non abbastanza da farcelo perdonare).
Tuttavia la sceneggiatura è astuta nel distribuire anche a tutti gli altri personaggi una misura dello stesso veleno culturale, e dunque le donne di ogni condizione (tranne la venditrice al mercato interpretata da Emanuela Fanelli) vengono messe a tacere dai loro mariti, e anche gli uomini più gentili possono (devono?) cadere preda del loro imprinting socialmente approvato.
Le botte di Ivano inferte a tempo di musica in una danza macabra e un paso doble del terrore (intuizione cinematografica straziante ed efficacissima) non hanno nulla a che vedere con quelle testosteroniche importate nel cinema da Martin Scorsese, e molto con quelle inferte da Zampanò a Gelsomina, così come la preparazione della famiglia nelle scene iniziali di C'è ancora domani deve tutto all'incipt di Una giornata particolare.
Un film (in Italiano anche pellicola) è una serie di immagini che, dopo essere state registrate su uno o più supporti cinematografici e una volta proiettate su uno schermo, creano l'illusione di un'immagine in movimento.[1] Questa illusione ottica permette a colui che guarda lo schermo, nonostante siano diverse immagini che scorrono in rapida successione, di percepire un movimento continuo.
Il processo di produzione cinematografica viene considerato ad oggi sia come arte che come un settore industriale. Un film viene materialmente creato in diversi metodi: riprendendo una scena con una macchina da presa, oppure fotografando diversi disegni o modelli in miniatura utilizzando le tecniche tradizionali dell'animazione, oppure ancora utilizzando tecnologie moderne come la CGI e l'animazione al computer, o infine grazie ad una combinazione di queste tecniche.
L'immagine in movimento può eventualmente essere accompagnata dal suono. In tale caso il suono può essere registrato sul supporto cinematografico, assieme all'immagine, oppure può essere registrato, separatamente dall'immagine, su uno o più supporti fonografici.
Con la parola cinema (abbreviazione del termine inglese cinematography, "cinematografia") ci si è spesso normalmente riferiti all'attività di produzione dei film o all'arte a cui si riferisce. Ad oggi con questo termine si definisce l'arte di stimolare delle esperienze per comunicare idee, storie, percezioni, sensazioni, il bello o l'atmosfera attraverso la registrazione o il movimento programmato di immagini insieme ad altre stimolazioni sensoriali.[2]
In origine i film venivano registrati su pellicole di materiale plastico attraverso un processo fotochimico che poi, grazie ad un proiettore, si rendevano visibili su un grande schermo. Attualmente i film sono spesso concepiti in formato digitale attraverso tutto l'intero processo di produzione, distribuzione e proiezione.
Il film è un artefatto culturale creato da una specifica cultura, riflettendola e, al tempo stesso, influenzandola. È per questo motivo che il film viene considerato come un'importante forma d'arte, una fonte di intrattenimento popolare ed un potente mezzo per educare (o indottrinare) la popolazione. Il fatto che sia fruibile attraverso la vista rende questa forma d'arte una potente forma di comunicazione universale. Alcuni film sono diventati popolari in tutto il mondo grazie all'uso del doppiaggio o dei sottotitoli per tradurre i dialoghi del film stesso in lingue diverse da quella (o quelle) utilizzata nella sua produzione.
Le singole immagini che formano il film sono chiamate "fotogrammi". Durante la proiezione delle tradizionali pellicole di celluloide, un otturatore rotante muove la pellicola per posizionare ogni fotogramma nella posizione giusta per essere proiettato. Durante il processo, fra un frammento e l'altro vengono creati degli intervalli scuri, di cui però lo spettatore non nota la loro presenza per via del cosiddetto effetto della persistenza della visione: per un breve periodo di tempo l'immagine permane a livello della retina. La percezione del movimento è dovuta ad un effetto psicologico definito come "fenomeno Phi".
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lamilanomagazine · 8 months ago
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Cagliari: al Palazzo di Città accoglierà i capolavori fotografici di Robert Capa
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Cagliari, al Palazzo di Città  accoglierà i capolavori fotografici di Robert Capa Dal 31 maggio al 6 ottobre 2024, Palazzo di Città a Cagliari ospita una retrospettiva dedicata al celebre fotografo Robert Capa (1913 – 1954). L'evento cade in concomitanza dell'anniversario degli ottant'anni dello sbarco alleato nelle spiagge della Normandia avvenuto il 6 giugno del 1944 e immortalato dagli scatti di quello che è considerato il padre del fotogiornalismo moderno. La mostra, voluta dall'Amministrazione comunale di Cagliari e organizzata da Silvana Editoriale, con il supporto della Fondazione di Sardegna, è curata da Marco Minuz. Grazie alla collaborazione dell'Agenzia Magnum Photos di Parigi, riunisce 110 fotografie, garantendo così un percorso antologico completo. Saranno presenti in mostra tutte le principali esperienze che caratterizzano il lavoro del fotografo ungherese, naturalizzato statunitense: gli anni parigini, la Guerra civile spagnola, l'esperienza bellica fra Cina e Giappone, la Seconda guerra mondiale con la liberazione dell'Italia fino a Montecassino, lo sbarco in Normandia, l'avanzata alleato fino a Berlino, la Russia del secondo dopoguerra, la nascita dello stato di Israele e, infine, il conflitto in Indocina, dove Capa morirà prematuramente nel 1954. Un panorama completo che fornirà al visitatore l'opportunità di conoscere tutte le fasi più importanti della carriera di questo fotografo. Guadagnata sul campo fama, Capa pubblicò nelle più importanti riviste internazionali, fra le quali "Life" e "Picture Post", con quello stile di fotografare potente e toccante allo stesso tempo, senza alcuna retorica e con un'urgenza tale da spingersi a scattare a pochi metri dai campi di battaglia, fin dentro il cuore dei conflitti. In tal senso celebre la sua dichiarazione: "Se non hai fatto una buona fotografia, vuol dire che non ti sei avvicinato a sufficienza alla realtà". Ma il lavoro di Robert Capa non si limitò solo esclusivamente a testimoniare eventi drammatici, ma spaziò anche in altre dimensioni non riconducibili alla sofferenza della guerra. La mostra infatti esplora il rapporto del fotografo con il mondo della cultura dell'epoca con ritratti di celebri personaggi come Pablo Picasso, Ernest Hemingway, Truman Capote e Henry Matisse, mostrando così la sua capacità di penetrare in fondo nella vita delle persone immortalate. Un richiamo sarà dedicato ai suoi reportage dedicati a film d'epoca. Dopo la fine del secondo conflitto mondiale è l'attrice Ingrid Bergman a introdurre Capa sul set del film "Arco di Trionfo" del 1948 di Lewis Milestone dove si cimenta in veste di fotografo di scena. Quella ospitata a Palazzo a Palazzo di Città nel cuore del centro storico di Cagliari dal 31 maggio al 6 ottobre 2024 sarà dunque una mostra tutta da scoprire nel segno di quello che per Capa era un mantra: "Ama la gente e faglielo capire". L'esposizione è accompagnata da un volume monografico Silvana Editoriale.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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enkeynetwork · 9 months ago
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claudiotrezzani · 10 months ago
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Febbraio 1963.
Le Vie d'Italia pubblica un articolo - lo firma il musicologo Giulio Confalonieri - titolato "la musica ed il popolo".
Le fotografie le fa Ferruccio de Poli.
Anche a Milano, in un locale.
"Studenti", recita la didascalia.
Aurelio Ponzoni e Renato Pozzetto, sono.
L'anno seguente avrebbero debuttato al Cab.
Nel '63 erano ancora "studenti", Cochi & Renato.
Me la ricordo da anni, questa immagine qui.
Mi colpì l'anonimato della didascalia, il fatto che si ritrassero persone definite sconosciute perché allora effettivamente lo erano.
Eddunque, una fotografia - divenuta d'epoca - può essere caratterizzata da Postuma Disvelazione.
La celebrità non è un valore in sé, tutt'altro.
Qui epperò si regista il potente fenomeno:
la cronaca congela momenti, la Storia li reintepreta.
No, non ridisegna il momento istesso.
Piuttosto, getta retrospettiva luce.
Il giornale crede accendere riflettori su condivisa ordinarietà, il tempo consegnerà il momento quale prodromo d'inaspettata eclatante progressione.
E ciò, grazie alla Fotografia.
Grazie a come lavora il tempo, su questa fotografia.
Sottrae ignarità, qui, il tempo.
E' un rendersi ragione, qui, anni dopo.
Date premesse, uno - solo uno - degli sbocchi possibili.
Quello sognato, non lo sapevano neanche Cochi e Renato.
Reca cose in nuce, quello scatto lì.
Ma che erano in nuce, lo sappiamo solo ora, noi.
Sorta di virtuosa bomba ad orologeria, la Fotografia, qui.
Inconsapevole divinazione, qui.
Curioso fenomeno, eccomunque.
Come se mutasse, il tempo, la fotografia.
La liberasse da contingenza, ed insomma.
Di certo l'inscrive in un flusso.
Abitualmente non cito canzonette.
Ma Luca Annoni compone "Mille mondi possibili".
E canta:
"Ah, se il tempo fosse qualcosa con cui giocare".
L'ispirazione di Luca probabilmente viene da un volume edito da Urania e contenente una silloge d'autori di fantascienza.
Eddunque, mondi paralleli, oltre che possibili.
Paralleli in potenza.
E sì, qui il tempo è qualcosa con cui giocare.
Tratti i dadi, la premessa si rivelerà gravida di risultati.
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Claudio Trezzani
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adrianomaini · 1 year ago
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Calvino prima della guerra coltiva quello che più tardi definirà un tranquillo antifascismo
Calvino prima della guerra coltiva quello che più tardi definirà un «tranquillo antifascismo» https://ift.tt/dHEgOAZ Villa Meridiana a Sanremo (IM), abitazione già di proprietà della famiglia Calvino, in una fotografia d'epoca. Fonte: https://ift.tt/qxFytRl. Qui ripresa da Elisa Longinotti, Op. cit. infra [...] Sanremo tra le due guerre era, nelle parole di Calvino, «una cittadina […] piuttosto diversa dal resto dell’Italia, […] popolata di vecchi inglesi, granduchi russi, gente eccentrica e cosmopolita. […] A San Remo i quotidiani più letti erano quelli di Nizza, non quelli di Genova e di Milano. “L’Eclaireur” durante la guerra di Spagna teneva per Franco; “Le Petit Niçois” teneva per i repubblicani»
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catsstarsandkinks · 7 years ago
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Virginia Oldoini, Contessa di Castiglione fotografata da Pierre-Louise Pierson, 1863-66 ca. (Firenze, 22 marzo 1837 – Parigi, 28 novembre 1899), è stata una nobildonna italiana. Figlia del marchese spezzinoFilippo Oldoini e dalla marchesa Isabella Lamporecchi, cugina di Camillo Benso, conte di Cavour, fu considerata tra le donne più belle e affascinanti del suo tempo.
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fashionbooksmilano · 5 years ago
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Mina
a cura di Mauro Balletti
contributi di Natalia Aspesi, Sennuccio Benelli e Luchino Visconti, Giorgio Bocca, Gianni Clerici, Antonio Dipollina, Guido Gerosa, Luca Josi, Oriana Fallaci, Rosario Fiorello, Ivano Fossati, Simone Marchetti, Walter Siti
Rizzoli, Milano 2020, 256 pagine, ISBN  978-8891826411
euro 60,00
email if you want to buy: [email protected]
La più grande voce italiana in un volume che ne celebra la figura artistica, l'anticonformismo e i mille volti. La voce e la musica, la moda, gli incontri, la televisione: molti punti di vista per "provare" a descrivere in un libro di parole e di immagini le sfaccettature di una donna e un'artista unica, che da sempre è stata protagonista e fonte di ispirazione per musicisti, fotografi, disegnatori, creatori di moda. Foto d'autore e foto rubate, disegni, interviste d'epoca di grandi firme del giornalismo italiano (fra cui Aspesi, Bocca, Clerici, Fallaci) vanno a comporre un libro curato nei dettagli e nella grafica, un racconto a più voci che restituisce la figura caleidoscopica, il mondo, le passioni di Mina.
13/06/20   
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patti-campani · 5 years ago
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MIEI CARI AMICI VICINI E LONTANI ... #13_ Nico Mingozzi 23->25 maggio Fiorile+ a cura di Patti Campani
Ciao, ti invio in allegato una serie di immagini (...) Ho scelto l’uso della fotografia come supporto perchè sono un appassionato osservatore della realtà umana, mi definisco un maniaco dell’osservazione delle persone delle quali colgo alcuni dettagli per altri irrilevanti. La fotografia, è l’unico mezzo che riesce a soddisfare, anche se solo parzialmente, quest’ossessione. Le fotografie d’epoca inoltre hanno un senso di mistero e di malinconia che mi si addice particolarmente: i ritratti vintage, ai miei occhi, racchiudono il passato, il presente e forse anche il futuro. Mi piace pensare che siano loro a lavorare su di me e non il contrario! Le mie ispirazioni sono molto varie e spaziano da artisti come Bosch, ai Simbolisti di fine ’800, fino ad artisti contemporanei come Joel Peter Witkin. (...) L'idea della morte è sempre presente, la vanitas di ogni cosa e dunque il passato che, catturato da un'immagine, ne è testimone sono temi fondamentali.
Nico Mingozzi
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persa-tra-i-miei-pensieri · 5 months ago
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mr-karlheinzstockhatso · 6 years ago
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Sant’azzurro.
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dune2021streamingita · 3 years ago
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Dune online film streaming ita gratis completo
Dune Guardare - https://dune-ita.blogspot.com/
L'erede della famosa casa di Atreides, Paul, va con la sua famiglia su uno dei pianeti più pericolosi dell'Universo: Arrakis. Qui non c'è nient'altro che sabbia, un sole cocente, mostri giganti e la causa principale dei conflitti intergalattici: una risorsa incredibilmente preziosa chiamata melange. A causa della presa del potere, Paul è costretto a correre e nascondersi, e questo diventa l'inizio del suo viaggio epico. Il mondo ostile di Arrakis gli ha preparato molte prove difficili, ma solo chi è pronto ad affrontare la propria paura è degno di diventare il prescelto.
Se non hai letto i libri di Dune di Frank Herbert e non pensi di essere il pubblico di riferimento per Dune di Denis Villeneuve, questa è la recensione che fa per te. Non mi piacciono le storie epiche, non vado matto per la fantascienza/roba medievale/fantasy, e sono anni che ho evitato i continui appelli dei miei amici a leggere i libri. Ma ecco il punto... mi è davvero piaciuto questo dannato film. Non so se fosse la presentazione IMAX, la furba semplificazione del complesso mondo di Herbert, o il mezzo commestibile che avevo prima di entrare, ma mi sono divertito alla follia con questo spettacolo di fantascienza da $ 165 milioni.
Probabilmente avrai già sentito che Dune è, in effetti, Dune: Part One. È stato un vero peccato per me, personalmente, ma è abbastanza evidente anche nei primi dieci minuti del film che cercare di inserire l'intera saga in un film sarebbe stato un incubo (vedi: Dune di David Lynch). Tra i lati positivi, Dune è anche un candidato perfetto per l'approccio mini-serie / multi-stagione, quindi dovremmo ringraziare tutti le nostre fortunate stelle che non stiamo per essere sellati con l'ennesimo adattamento eccessivamente allungato. Allora, di cosa parla Dune? Potrebbe essere più facile pensarlo come un incrocio tra Star Wars e Game of Thrones. È molto politico e si costruisce come una partita a scacchi, ma ha anche vermi della sabbia giganti che mangiano persone, Stellan Skarsgård (The Girl With The Dragon Tattoo) che levita in un vestito grasso e Jason Momoa (The Bad Batch) come un vero tosto. TLDR; C'è un pianeta inospitale dove le civiltà future raccolgono una spezia costosa utilizzata per i viaggi spaziali interstellari. Tutti sono disposti a uccidere per il controllo di questo pianeta, ma è anche abitato da un gruppo di nomadi del deserto che usano la spezia per le sue proprietà allucinogene (come il peyote o i funghi magici). Questi nativi credono anche in un "prescelto" che un giorno li libererà dai loro oppressori e (sorpresa, sorpresa) il figlio del loro nuovo leader potrebbe essere il salvatore che stavano aspettando.
Sono sicuro che molto di ciò suona familiare. Si potrebbe anche sostenere che è una storia copia+passata del "viaggio dell'eroe" come qualsiasi altro blockbuster multimilionario. È più probabile che i romanzi di Frank Herbert abbiano influenzato la narrazione su larga scala negli ultimi decenni, ma a chi importa cosa è venuto prima. Questa è una struttura della storia che conosci già. Scambia le parole "Consiglio Jedi" con "Bene Gesserit" e "Casa Lannister" con "Casa Harkennon" e ci sei quasi. Allora perché dovresti vedere Dune? Più specificamente, perché dovresti vedere Dune se sei il tipo di persona che non pensa che sarà la sua tazza di tè? Bene, per prima cosa, è sorprendentemente facile da seguire. Ascoltare i miei amici perdersi nelle minuzie delle filosofie di Dune è sempre stata una sfida per me (e se c'è una cosa che odio della fantascienza e del fantasy è dover imparare un sacco di nuove parole) ma ti prometto che lo vincerai" t perdersi nella spazzatura inventata per il bene della spazzatura inventata. Chiamami scemo quanto vuoi, ma non credo che ti debba dare un glossario da studiare prima di vedere un film. Penso che dovresti essere in grado di sederti senza alcuna conoscenza preliminare e divertirti tanto quanto qualcuno che si è immerso nei libri originali.
IMAX è davvero il formato in cui vuoi vedere questo film se non sei un irriducibile Dune. Ci sono alcune modifiche alle proporzioni che sono un po' stridenti, ma aiutano davvero a vendere il fascino di questo mondo. È vasto, espansivo e ha un panorama sonoro infernale, per non parlare della colonna sonora in forte espansione dello stesso Mr. Boom Score, Hans Zimmer. Vuoi davvero il miglior sistema audio a cui puoi mettere le orecchie davanti per ascoltare davvero tutto. È come ascoltare un'orchestra sinfonica. Suonano benissimo con i diffusori Bose, ma suonano irreali dal vivo e di persona. La fotografia di Greg Fraiser è stupenda ma, visivamente, la sua qualità più impressionante potrebbe essere la sua perfetta miscela di elementi pratici e digitali. Non puoi davvero dire dove finisce il carrello di atterraggio artigianale e inizia l'astronave delle dimensioni di Manhattan. È il tipo di film che probabilmente vincerà i premi più tecnici agli Oscar, compresi i costumi perché è un pezzo d'epoca in tutto e per tutto. Il periodo sembra essere il 10, 191 d.C.
Stai certo che Dune (il film) non è la fortezza impenetrabile che hai sempre pensato che Dune (il libro) fosse. Personaggi complessi con una vita di retroscena e motivazioni sono ridotti ai loro scambi più essenziali da un cast di stelle tra cui Rebecca Ferguson (Doctor Sleep) Timothée Chalamet (Chiamami col tuo nome) e Oscar Isacc (Ex Machina) che sfoggia una barba che potrebbe fermare il traffico. Come nel caso di Game of Thrones, stiamo solo grattando la superficie con questa manciata di nomi. C'è tutta una serie di personaggi secondari che sfoggiano tecnologia fantastica, tazze cattive e occhi azzurri funky tra cui Javier Bardem (madre!), Josh Brolin (Grindhouse: Death Proof), Zendaya (Spider-Man: Far From Home) e Dave Bautista ( esercito dei morti).
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fotopadova · 4 years ago
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Stephen Berkman, Prediciting the Past
di Gustavo Millozzi
 -- Predicting the Past, Zohar Studios: The Lost Years (Predire il passato, Zohar Studios. Gli anni perduti) di Stephen Berkman, uno dei più sorprendenti libri di fotografia che siano recentemente usciti, ci porta in un viaggio immaginario attraverso il XIX secolo, nel mondo di Shimmel Zohar, un mitico immigrato ebreo dell'Europa orientale che arrivò in America negli anni Cinquanta dell'Ottocento: il nome Zohar si riferisce anche a una raccolta di scritti che costituiscono la base di uno studio cabalistico. Il contenuto storico è pieno di sottintesi, ombre e collegamenti e rispecchia appieno la complessità e la densità di contenuti degli antichi testi mistici.
Shimmel Zohar, già abile artista di silhouette, è diventato in seguito il proprietario degli omonimi Zohar Studios, uno stabilimento fotografico storico situato in Pearl Street, nel Lower East Side di New York, un quartiere a predominanza ebraica. Entrando dalla porta di questo enigmatico studio del passato, incontriamo una cavalcata di personaggi alla Balzac, accattivanti, stravaganti ed anche, talvolta, ironici. 
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Questo panorama immersivo di personaggi - dove troviamo frenologi, ventriloqui, pittori, poeti, spiritualisti, artisti, bon vivants, mercanti e molti altre strane figure - è composto da tableau dove ogni immagine è costruita come un singolo fotogramma cinematografico di un antico film in celluloide da tempo dimenticato.
Stephen Berkman, fotografo ebreo, è cresciuto a San Francisco Bay Area e ora risiede a Los Angeles. Ossessionato dalla cultura e dalla tecnologia vittoriana, Berkman ha perfezionato il raro e estremamente difficile processo fotografico pre-chimico noto come “collodio umido”. Realizzate con una grande macchina fotografica da studio che utilizza lastre negative in vetro, le sue stampe all’albumina, dalle stesse ricavate, hanno un’inconfondibile qualità arcaica: belle, riccamente dettagliate e inquietanti.
Questo corpus di opere rientra nella tradizione della galleria creata dagli artisti, come il famoso Museum of Jurassic Technology dell'artista David Wilson a Los Angeles. Come in Wilson infatti, anche l'arte di Berkman va oltre la dialettica binaria tra realtà e finzione.
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                    Frenologo                                   © Stephen Berkman                               Fratelli siamesi
 Berkman, lavorando con il primitivo processo delle lastre di vetro e fotografando attraverso lenti d'epoca ancora ricoperte dalla polvere del XIX secolo, resuscita un mondo scomparso in un tributo agli Zohar Studios, tributo che precedentemente alla pubblicazione in questo volume, è stato presentato con diverse esposizioni in importanti gallerie e musei, tra cui l'Hammer Museum e il Contemporary Jewish Museum, ed è apparso in articoli su Aperture, Artillery Magazine e ArtScene. Nato a Syracuse, New York, e con abitazione a Pasadena, in California, Berkman attualmente insegna presso l'Art Center College of Design.
Predicting the Past può sembrare a volte ambiguo, ma non risulta mai inespressivo: panoramico nella sua costruzione, il libro soddisfa il modello di assemblaggi di storia di Guy Davenport combinato con le necessarie finzioni. 
Un libro di questo genere conferma un approccio importante all'arte fotografica, tanto realistica quanto irrintracciabile, che per vie traverse può riconoscersi nella stessa arte contemporanea. Creatori come Gerhard Richter e Stéphane Zaech potrebbero infatti trovare in questo la loro strada.
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                   Un’ebrea errante                         © Stephen Berkman                                    Shtetl Shtick
Non contento di essere un intruso nel XIX secolo, Berkman è inoltre un esploratore temporale che scava enigmi come fossero incisi su blocchi di ghiaccio. Cerca di richiamare il mondo perduto della metà del XIX secolo come se il nostro mondo scomparisse tutt'intorno a noi.
Un artista è una persona che inventa un artista: così è stato detto, né da Marcel Duchamp, né da Jorge Luis Borges, ma da Harold Rosenberg, il critico che ha "creato" una scuola di pittura coniando il termine Action art, una definizione che si potrebbe ben riferire al fotografo americano Stephen Berkman che pare proprio abbia preso Rosenberg alla lettera.
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                Uomo con banana pestata            © Stephen Berkman                           Indovino distratto
Berkman ha una propria reputazione come artista: fa infatti parte della "avanguardia antiquaria", un movimento così chiamato dal critico Lyle Rexer per descrivere quei fotografi che, nel periodo in cui le fotocamere meccaniche e le camere oscure chimiche furono sostituite dalla creazione di immagini digitali negli anni Ottanta e Novanta, rianimò le tecnologie fotografiche del XIX secolo a lungo scartate. Alcuni facevano uso di fotocamere stenopeiche, altri lavoravano con immagini stereoscopiche. Parecchi hanno prodotto dagherrotipi o ferrotipi (il più noto tra i fotografi che attuano questo "processo alternativo" è Joel i Peter-Witkin, conosciuto specificatamente per aver realizzato stampe d'argento di tableaux messi in scena, spesso con scene trasgressive).
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                Pappagallo di Humboldt               © Stephen Berkman                              Viaggio di Zohar
Non c'è dubbio che questo racconto fotografico, come reso da Stephen Berkman, rivela l'intera potenziale eredità artistica di Shimmel Zohar. Si dice che Zohar "abbia esplorato significati nascosti, simboli misteriosi che hanno portato a intuizioni illuminanti". Una lettura brillante, spiritosa, visivamente deliziosa e divertente, anche quando i fatti non possono più essere distinti dalla finzione.
Shimmel Zohar aggiunge spesso un'immagine nell'immagine e questo non è sinonimo di scomparsa degli affetti, ma diventa il modo per sollecitarli diversamente, è quanto Schopenhauer pretendeva dall'arte: "la soppressione e l'annientamento del mondo".
Queste inquietanti fotografie prendono come punto di partenza i codici visivi della ritrattistica del XIX secolo, le immagini e gli oggetti che riguardano sia la vita ebraica sia la dimenzione scientifica di oltre cento anni fa. Insieme creano una visione peculiare della vita vittoriana negli Stati Uniti, rivitalizzando tecnologie e temi passati in un contesto però del XXI.
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                Ingranditore solare                       © Stephen Berkman                           Oggetto di Obscura
In virtù del suo approccio narrativo e formale, il progetto stravagante e sorprendente di Berkman è una manifestazione di un'alta forma di ricerca empatica. Ha sostituito il proprio ego a favore di Zohar. Ha reso immagini che richiedono attenzione e pazienza, sia da parte del fotografo sia quella dello spettatore, e nonostante l'atmosfera fittizia e la sua bizzarria, ha presentato una collezione di immagini che ci mostra qualcosa di innegabilmente umano. Forse, allora, la grande ironia della finzione è che è tutto vero.    
Come un sonnambulo del XIX secolo, Stephen Berkman vaga per l'era ormai scomparsa della fotografia prechimica. Evocando un'epoca in cui il mezzo era considerato simile alla magia naturale, le sue installazioni di camera oscura comprendono esplorazioni sia letterali che filosofiche di quel misterioso gioco di luci e ottiche. 
Gli esperimenti pre-analogici di Berkman, oltre alle sue fotografie su lastra di vetro, sono presentati in questa sua pubblicazione che già era stata preceduta da una mostra presentata a Mosca. Evocando l'acutezza di un romanzo francese del XIX secolo, questo corpus di opere è pervaso dal donchisciottesco, dal surreale e dall’onirico. 
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                                                            L’occhio vagante © Stephen Berkman
Ampiamente annotato e abbondantemente illustrato, questo volume immersivo, per il quale ci son voluti da parte dell’autore ben venti anni di lavoro, contiene quasi 200 immagini comprendenti fotografie originali ed effimeri. Sono meticolosamente riprodotte in quadricromia e tricromia.
Predicting the Past culmina con una postfazione del pluripremiato autore Lawrence Weschler. Scritto in prosa rapsodica, il suo saggio riempie gli spazi del puzzle creandone di nuovi. Con uno spirito acuto e un fiuto per l'apocrifo, il saggio di Weschler (del quale potete leggere qui un ampio adattamento) segue la ricerca di Berkman, ripercorrendo deviazioni e divagazioni per scoprire la storia dietro la storia di Shimmel Zohar, elevando il libro nel pantheon della fotografia.
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                                                         Obscura usa e getta © Stephen Berkman
Un’ultima considerazione: per coloro che si dedicano ora al digitale avendo ripudiato l'analogico. Berkman nel suo libro scrive: "Alla fine, le fotografie di lastre di vetro fragili e persino arcaiche possono sopravvivere alla fotografia digitale contemporanea, come quest'ultima è dipende in modo univoco da un'infrastruttura di computer e dall’archiviazione di soli dati". Sarete forse scettici, ma chiedetevi questo: quanto vi è oggi facile leggere i floppy disk creati sui computer solo 20 anni fa? E chi, all'epoca, aveva la premeditazione di trasferire il proprio materiale informatico su supporti aggiornati alla prossima generazione di archiviazione digitale?
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daniela--anna · 5 years ago
Text
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Lei disse:
-La mia fotografia tienila sempre con te, fino alla fine.
-Lui rispose:
La terrò fino a per sempre,
in questo mondo e in tutti i mondi.
© Daniela Codenotti
#AmoreSenzaTempo
(Foto d'epoca Cleo de Merode)
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