#forse sono io troppo vendicativa
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ross-nekochan · 10 months ago
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Situazione: lo vedo cucinare con grande impegno e allora gli chiedo cosa sta cucinando. Lui risponde. Quando finisce gli dico:"Finito?" E lui:"Sì, ho finito... sono un sacco stanco". Mette tutto sul tavolo. Poi vedo un liquore alla fragola e gli dico:"E questo liquore?" Lui:"È mio... ti piave la fragola?" E rispondo di no.
Passa del tempo. Preparo la cena, mi siedo al tavolo, mangio la cena e la finisco pure.
Ad un certo punto, arriva un'altra ragazza con altre bottiglie e dice:"Scusami mi sono dimenticata di comprare il cioccolato!". E si siede davanti ai piatti.
Lui che sta sempre a cantare il mio nome ogni 5 minuti, da quel momento in poi fa come se non fossi seduta al loro stesso tavolo. Chiama in videochiamata addirittura un nostro amico comune che è adesso ad Okinawa (che è tipo il MIO migliore amico in questo posto - tant'è che gli stavo già raccontando quello che stava succedendo) e manco mi inquadra per dire "salutalo".
La ragazza che ha invitato interessa tantissimo a un ragazzo italiano che vive qui. Fortunatamente non è qui perché sennò sarebbe rimasto accoltellato, dato che lui è talmente timido che non riesce nemmeno a parlarle. Ora non so se sia il caso di fargli sapere cosa è successo stasera e sto per chiedere consiglio al suo migliore amico per capire cosa fare. Una parte di me vorrebbe dirglielo così anche lui comincerà ad odiarlo un po' come lo sto odiando io.
Io non lo so come si fa a non rimanere sempre feriti dalle persone come se ti squarciassero il petto.
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klaregrevnday · 3 years ago
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NESSUN TITOLO
Ed eccomi catapultata qui... Non pensavo che avrei più scritto nulla su questa pagina ma penso che sia una cosa ovvia ritornare nella propria comfort zone di tanto in tanto.
Cavolo se ne sono cambiate di cose... Beh insomma, è anche vero che è scoppiata una pandemia mondiale...
Ecco vedi? Mi perdo sempre in chiacchiere evitando di scrivere le cose importanti che vorrei in realtà scrivere ed alla fine mi scoccio e non le inserisco più, quindi senza troppi giri di parole arriviamo dritti al punto:
Non vado bene.
O forse è il mondo che non va bene per me.
Credevo di essermi inserita nella mia città, mi sentivo finalmente di appartenere ad un posto ma a quanto pare era solo questione di tempo.
Mi sento costantemente inadatta, vedo le persone importanti per me che non mi danno le giuste attenzioni dandomi per scontato, i miei coetanei che pian piano iniziano a maturare, a prendere delle direzioni nella loro vita... Anche quelli più 'testardi' stanno facendo qualcosa, ma io?
Sento di non avere più stimoli, di essere senza impulsi. Passo le giornate a dormire, esco, fumo, torno a casa, schimico e poi tutto di nuovo come in un loop infinito, ed il danno è che alla fine mi piace pure stare un questa situazione.
Vorrei tanto iniziare a fottermene di tutto e di tutti ma la verità è che ho paura. Posso anche adattarmi allo stile di vita di qua, ma se poi quando mi trasferirò non riuscirò più ad essere me stessa? Ci sono già abbastanza persone di merda in questo mondo, perché solo per non stare più male dovrei diventarlo anche io? Certo, risolverebbe il 99% dei miei problemi ma... Ne varrebbe davvero la pena?
Io sono una persona agli estremi: o sento tutto e troppo intensamente o non sento assolutamente niente. Non ho vie di mezzo, e sinceramente mi spaventa il tornare a non sentire più niente perché le persone che erano importanti per me in quel periodo le allontanai tutte. Non voglio che risucceda.
Ho solo bisogno di un cambiamento radicale, inizio a sentirmi soffocare in questa vita, in questo corpo...
Per il nuovo anno mi sono imposta di conoscere gente nuova nonostante io mi sia attaccata così tanto alle persone con cui ho passato gli ultimi due anni che mi terrorizza il passare una sola sera senza di loro. Anche se alla fine sono loro le persone che mi fanno più male...
Devo essere più decisa e prendere la mia vita nelle mie mani, adesso basta.
Sono stanca di starmi zitta per non far scoppiare liti inutili, sono stanca della mia gentilezza che viene presa per stupidità, stanca del fatto che metto il prossimo davanti a me e le persone ne approfittano mettendomi i piedi in testa non capendo che sono solo vendicativa, non stupida.
Mi sono altamente rotta di tutto e di tutti, è il momento di smettere di essere buona e gentile con chiunque ed esserlo solo con le persone che lo meritano davvero.
Il casino ora sarà capire chi sono le persone lo meritano davvero.
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benzedrina · 4 years ago
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+7
Oggi si torna in laboratorio. Dopo 6 mesi fuori causa Covid. Mi sembra di essere andato in erasmus. Come sarà il laboratorio dopo 6 mesi? Ci sarà qualche nuovo tirocinante? Qualcuno ha trovato un posto migliore? Mi hanno rimpiazzato alla scrivania?
E invece nulla. Non cambia nulla. Non è cambiato nulla. Facciamo presenza in laboratorio solo per dire "Siamo vivi. Eccoci. Ci siamo stancati di lavorare mentre stiamo in mutande". Oggi e domani. Poi settimana prossima forse 1 giorno. Poi boh.
Venerdì sono andato al concerto di Giancane. Qualche birra. Un po' di tequila. Molte sigarette. Passeggiavo sulla muraglia di Bari vecchia. Non ci andavo da 6 mesi o forse più. Il mare nero. I lampioni che illuminano la strada.
Tu mi stavi facendo tutto un discorso che a tratti ascoltavo e a tratti annaspavo. Hai un modo di parlare che lascia poco all'ascoltatore. Manco un cenno quasi. Parli e vai. Potrei anche estraniarmi e volare con qualche drago. Tu sei lì che parli. Non è che non ti sopporto. È che quando ti parlo mi ricordo perché lo faccio così di rado. C'eri tu e altre 2 persone. Uno è il tuo forse nuovo ragazzo. Non l'ho capito bene. Parli così poco di te che non capisco bene chi tu sia o chi tu voglia essere. Ecco. Quando parli sembra che tu stia mischiando bene gli ingredienti per poter offrire all'altro ciò che vuoi. Hai questa scorza super dura e resistente che ti porta a combattere su ogni discorso. Stai sempre sulla difensiva. Sempre lì con il fucile carico.
- Sai Gi, non sono una tipa vendicativa però se uno che mi ha preso in giro per tutto il periodo delle medie, viene nel mio negozio a lamentarsi di come la vita gli vada male o a complimentarsi con me per i traguardi raggiunti, io poco poco ci godo.
Non so. Non sono capace di vedere la vita come se fosse una sfida tra me e te. Mi riesce difficile.
- Te l'ho mai detto che sei troppo zen per me?
Lo so. Me lo ripeti appena puoi.
- Non capisco come tu faccia però. Non ci godi manco un po' a sentirti qui sopra mentre uno che ti ha preso in giro si ritrova qui sotto?
No.
- Manco un po'? Poco poco?
No. Non riesco a vedere questa differenza di livelli tra me e le altre persone. Posso avere anche tutte le lauree del mondo, tutti i dottorati possibili, fare un lavoro super retribuito ma non mi sento di stare qui sopra. Tanto non si vince nulla alla fine della corsa. Non c'è qualcuno che al momento della tua morte ti dice "Questi sono i punti accumulati. Ora inserisci 3 lettere per metterti in classifica". Sarebbe stimolante ma non è così.
Poi in macchina mentre tutti dormivano e io cantavo a squarciagola.
- Lo sai che ti odio vero?
Si.
- Posso fare la dura con tutti e ci riesco. Mi riesce bene questo ruolo. Ma con te no. Mi sciolgo come burro. Stronzo.
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capretta98 · 5 years ago
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Chi mi conosce lo sa, sa come son fatta, non sono cattiva o vendicativa, mi faccio spesso gli affari miei, cerco sempre di essere neutrale e soprattutto faccio spesso da mediante, in questi ultimi anni son cresciuta parecchio anche in merito a tutto ciò che ho passato, certe cose ti fan maturare alla svelta.
Non sarò perfetta per l amor di Dio chi lo è? Nessuno immagino...
questa quarantena mi ha portata a riflettere su tante questioni in sospeso con me stessa che avevo, su molte persone che ritenevo importanti ma si son rivelate false e che l’ho capito solo grazie a chi si è fatto sentire anche se poco per vari motivi personali e sopratutto a chi nonostante il mio carattere di merda c’è sempre stato, ho riflettuto su chi posso veramente contare e su chi no.
Ho capito i valori affettivi con alcuni parenti quanti siano diventati forti e con altri che si sono persi, ho e sto provando un ansia nei confronti di due cugini che lavorano sulla croce rossa come volontari e a loro devo tutta la mia enorme stima per he non si sono fermati un attimo cercando di portare la gente malata rischiando per primi, ho capito che alcune persone son troppo legate a cose materiali dimenticandosi cosa io sia per loro, ma da una parte sono felice così perché ho capito che a loro questo periodo non ha fatto nessun tipo di cambiamento.
Riguardo a questo ora vorrei dire la mia su alcuni aspetti, è vero in quasi un anno dalla morte dei miei nonni sono andata tre o forse quattro volte al cimitero, posso sembrare una stronza, ma è più forte di me, non ci riesco, mi fa male, si crea un vuoto dentro di me enorme, ho tre nonni e uno zio al cimitero, quattro persone importanti che han contribuito alla mia crescita e per me andare a trovarli al cimitero non ha senso se non posso ridere, piangere o anche solo scherzarci, certo con questo non vuol dire che non mi mancano, anzi mi mancano da morire, magari più avanti riuscirò ad andarci per ora voglio ricordarmeli vicino a me mentre facciamo qualcosa di bello e non parlare attraverso una tomba. Certo che comunque i soldi fanno fare brutte cose alla gente.
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dilebe06 · 6 years ago
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Medici 2: ultime due puntate ( quando la serie riuscì pure a farmi commuovere)
Partita sotto i peggiori auspici ( per me) dopo la prima stagione non convincente e un inizio della seconda quasi fastidiosa, negli ultimi 4 episodi I Medici incassa il mio piacevolissimo e meritato applauso.
Ovviamente ci sono ancora cose che non vanno ( buchi di trama e soap opera per dire le due più gravi) ma ritengo che siano perdonabili in virtù dell’escalation degli ultimi episodi.
Dopo un imbarazzante ritorno all’ovile per Francesco Pazzi ( imbarazzante per la scusa per cui l’ha fatto, non per l’azione), arriva il momento tanto atteso: 
Congiura e Assassinio dei Medici. Francesco e suo zio si mettono d’impegno per questo omicidio, mettendo di mezzo il Papa, Montesecchi, Milano I puffi .
è stato interessante notare come il piano non solo non sia andato liscio subito, ma come anche le complicazioni morali di un assassinio in Chiesa, abbia reso il tutto molto credibile e realistico. Niente coltello dal nulla e puff tutto finito. Niente assassino sbucato da chissadove e sbam, tutto finito.
Hanno fatto vedere il piano passo per passo, complicazione per complicazione, e questo mi ha fatto enormemente piacere. Lo hanno reso perciò coinvolgente anche per noi spettatori.
NOTA DI DEMERITO: Ora... Lorenzo era rimasto da solo contro 3 tizi armati. Tre. Come è possibile che in TRE non siano riusciti ad ucciderlo? E lo so che la trama lo prevedeva, ma qui la mia sospensione dell’incredulità è andata a bere direttamente per sopportare il colpo.
Bellissima anche la tensione che gravitava in quella scena, dove i personaggi SAPEVANO che qualcosa non andava, qualcosa non tornava...ma non hanno capito cosa, finchè non è successo. Red wedding? Eh si, inconsciamente mi ha fatto pensare alle Nozze Rosse di GoT, quando Piogge di Castamere comincia a suonare e noi vediamo Cat che lentamente capisce che è tutta una trappola. Qui invece siamo Guglielmo Pazzi, Lucrezia Tornabuoni persino Lucrezia Donati che annusano il tranello ma ahimè...è tardi.
Ho letto in giro che la morte di Giuliano è stato per qualcuno uno spoiler. Gente, parliamone. Se non sapete la Storia non date la colpa agli spoiler, ma alla vostra ignoranza. Perchè se è comprensibile che non conosciate la famiglia Medici e tutto ciò che gli gravita attorno, non è comprensibile che chi lo sa passi per essere malvagio spolieratore. Quindi, studiate la storia e rompete meno!
Io in realtà non sono rimasta triste o sconvolta per questa morte: un po perchè già lo sapevo, un pò perchè il personaggio di Giuliano non mi affascinava un granchè. Per i miei gusti ha avuto una caratterizzazione troppo regolare ( libertino, amante del vino, geloso del fratello ecc ecc) rimanendo per tutta la stagione su questo schema.
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Incredibilmente il mio vincitore morale di queste due puntate finali è Lorenzo. Finalmente uscito dall’aura di pio, santo e tanto caro e buono, si può vedere l’anima vendicativa e cattiva di questo personaggio. Non mi piacciono i caratteri prevedibili e fissi ma quelli grigi, complessi e tormentati con cui posso empatizzare di più. Daniel qui, mi mostra un Lorenzo degno di nota ( forse la sua performance migliore dei Medici) che non ascolta la moglie e il suo amico Sandro nel fermare la distruzione dei Pazzi, ma butta la benzina sul fuoco. Bravo Lorenzo! Ed qui è arrivato il momento dove mi sono commossa lol:
Lorenzo al capezzale di sua nonna ( la mai troppo compianta Contessina, vera donna dei Medici) che gli raccomanda di perseguire il bene, la pace. Certo, nella realtà quando la nonna muore, Lorenzo di anni ne ha 24, ma passiamoci sopra. Queste parole sono quello che guida il giovane Medici per tutta una vita ( anche a costo di andarmi a noia) e che spiega il motivo per cui Lorenzo cerca questa benedetta pace con i Pazzi. Ed è qui che la vita e la storia lo frega: Pur avendo ottime intenzioni e quindi dando per scontato che se sei buono, gli altri sono buoni con te, la realtà è ben diversa. Non importa se il messaggio che ne esce è condiviso dal pubblico o no. L’importante per me è che i Medici abbia lanciato un messaggio, abbia buttato in campo una domanda, senza limitarsi a raccontare una storia di Banchieri.
NOTA DI DEMERITO: Ma quanto è bella la ferita al collo di Lorenzo che in un inquadratura gronda sangue e in quella dopo è chiusa? Per poi riaprirsi nell’ inquadratura successiva? POESIA
Le due cose che invece non mi sono piaciute sono state:
1) il discorso telefonatissimo del venditore in piazza pro Lorenzo. ( terribile)
2) l’esercito mandato dal Papa che è misteriosamente scomparso. Durante il caos della vendetta di Lorenzo erano fuori Firenze e poi sono scomparsi e nessuno li ha più nominati. Magia? o-o
Concludendo, devo rivedere il mio giudizio iniziale della serie perchè mi ha piacevolmente preso e fatto ricredere, grazie anche a queste ultime 4 puntate.
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veronicaartemisia · 4 years ago
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.             ❙ 𝐒𝐚𝐟𝐢𝐲𝐚 & 𝐕𝐞𝐫𝐨𝐧𝐢𝐜𝐚.             ❙ 𝟏𝟏𝐭𝐡 𝐀𝐩𝐫𝐢𝐥, 𝐑𝐚𝐯𝐞𝐧𝐟𝐢𝐫𝐞 𝐕𝐢𝐫𝐠𝐢𝐧𝐢𝐚.             ❙ #𝐫𝐚𝐯𝐞𝐧𝐟𝐢𝐫𝐞𝐫𝐩𝐠 « Porti il nome di un velo della religione cristiana, mentre il secondo nome appartiene a una sovrana molto famosa eppure il tuo giudizio si basa sulla mera fortuna. La dea bendata. » Safiya inclina il capo e sorride sorniona, non sta giudicando nessuno, questo deve essere chiaro. « L'otto è il ba, in cinese. E questo numero essendo molto simile al simbolo dell'infinito viene avvicinato ai significati di prosperità e ricchezza. Se lo accosti al colore rosso, poi, sarai super fortunata. Le spose in Cina si vestono di rosso, in effetti. » Safiya è sempre stata presa in giro per ciò che le piace: conoscere miti, leggende e fiabe. Forse può sembrare strano, ma è sempre stata sicura che da queste derivasse parte della realtà che li avvolge ora. E poi, proprio lei che è una dood perché non dovrebbe crederci? « Comunque, sicura che sia un otto? A me sembra... Non so, forse un fiore. »
Veronica Artemisia L. Maffei
Appassionarsi di miti e leggende era un qualcosa che era diventato straordinariamente naturale per la giovane milanese che, da quando s'era trasferita a Ravenfire, aveva ben presto compreso che non tutto era come si pensava. Tante erano le cose che aveva dovuto comprendere, infinite erano poi quelle che credeva fossero solamente supposizioni di una mente fantasiosa, eppure era tutto vero. Le storie che aveva letto toccavano diverse culture, come quella orientale. Intenta a discutere con quella ragazza di ciò che entrambe vedevano, Veronica era pressoché certa che quello disegnato fosse un otto. « Perché non dovrebbe esserlo? » Chiese prima di ricordarsi che poco prima la giovane avesse rimembrato le origini del suo nome. Si ritrovò così ad aggrottare appena la fronte, un'espressione quasi pensierosa aleggiò sul bel volto della Maffei che si rivolse nuovamente alla ragazza. « Sembra che tu sappia molto di più di quello che dai a vedere. I nomi li ha scelti mia madre, nonostante ormai qui a Ravenfire mi chiamino semplicemente Veronica... Come fai però a sapere tutte queste cose? »
Safiya Aada N. Santana
« Perché è sbavato. Vedi? I tratti non sembrano essere così... ben delineati, ecco. Voglio dire, se lo guardi da una prospettiva diversa, pare un fiore, non un otto. Questo mi fa pensare che potrebbe avere un altro significato. » Certo, se fosse un fiore bisognerebbe comprendere quale fiore potrebbe essere e quale significato avrebbe. Insomma, sarebbe un lavoro immenso persino per lei che conosce più o meno tutto di queste cose. Inclina il capo cercando di comprendere meglio, ma le sembra davvero troppo sbavato per essere certa al cento per cento. « Oh. » Deve essere sincera, non si aspettava certamente che l'altra fosse attenta alle sue parole. Insomma, molte volte la gente pensa che lei blateri e ormai pare averci fatto l'abitudine. « Mi piace informarmi delle persone che vivono a Ravenfire. Si scoprono tante cose interessanti. Se, invece, ti riferisci alla mia passione per le leggende e via dicendo, diciamo che ho trovato molto conforto nella lettura e nello studio, da adolescente e non solo. » Scrolla le spalle, la giovane, ma non è certa ( per nulla! ) che questo sia un argomento facile da definire e da continuare.
Veronica Artemisia L. Maffei
Era incuriosita da quella figura che sembrava saperne così tanto di miti e leggende. Sapeva che Ravenfire portava con sé una storia di misteri e ombre, ma sapeva anche che in mezzo a tale oscurità vi erano anche spiragli di luce. Vi erano bellezze che potevano essere osservate per un tempo che appariva quasi infinito, e una delle caratteristiche di Veronica era il saper riuscire a scovarle, come in quel caso. Continuò ad osservare il disegno sotto le indicazioni della sconosciuta, ma più le osservava più credeva di conoscere ciò che stava guardando.
« E quale potrebbe essere questo nuovo altro significato? »
Domandò alzando un sopracciglio in un'espressione decisamente più perplessa. Era così concentrata in quel semplice dibattito che la giovane italiana non si rese nemmeno conto di conoscere la giovane.
« A quanto pare sei una continua scoperta, sai anche come mi chiamo ma io non conosco il tuo nome... Beh, abbiamo una passione comune allora. »
Safiya Aada N. Santana
« Mi piacerebbe dire che si tratti di un fiore di loto, ma credo sia più un girasole, comunque un fiore di buon auspicio, se può consolarti. » Sa anche essere delicata Safiya, non solo la doodd che in molti dovrebbero temere. La vendetta fa parte del suo piano, certamente, ma non è solo questo. La giovane è in grado di dividere. Sa quando è il momento di essere sé stessa nella natura cattiva. E sa quando essere sé stessa nella natura buona. E per il momento è giusto che sia tranquilla. L'altra non rappresenta una minaccia per lei, non ancora. « Mi chiamo Safiya. Safiya Santana. » Diciannove anni di puro chaos vorrebbe aggiungere, ma non le sembra il caso spaventare qualcuno di appena conosciuto. Poco importa che conosca per filo e per segno i nomi di molti ( se non tutti ) gli abitanti della città. « Sono contenta. Voglio dire, molto spesso la gente pensa che avere determinate passioni sia da sfigati. » Scrolla le spalle e si mordicchia le labbra scarlatte. « Credo sia una cosa piuttosto stupida, ma tant'è! »
Veronica Artemisia L. Maffei
Era interessante poter parlare con la giovane che in quel momento sembrava delineare i tratti di una persona eclettica, e decisamente fuori dall'ordinario. Tante erano le persone a Ravenfire che si potevano dire essere fuori dal comune, Veronica lo sapeva, ma sapeva anche che stare sulle proprie le avrebbe senz'altro giovato. Sorrise la milanese nell'apprendere quella risposta così pronta e sicura di sé. « Probabilmente è più da sfigati non avere passioni rispetto ad altri, e scommetto che sono gli stessi che criticano il più delle volte... » Si ritrovò così a scrollare le spalle la Maffei mentre ripensava anche alle critiche che spesso le rivolgevano in merito al suo utilizzo dei social network. Umettò poi le labbra prima di voltare lo sguardo nuovamente sul loro argomento di discussione ma con la mente decisamente altrove. Spesso e volentieri pensava a come sarebbe stata la sua vita se non si fosse trasferita dall'altra parte del mondo, ma tutto in lei le gridava che Ravenfire era la miglior scelta che potesse avere. « Speriamo sia davvero allora di buon auspicio... Ma com'è che sai tutte queste cose? »
Safiya Aada N. Santana
« Mi piace studiare. E ho una passione per miti, leggende, fiabe... Parole e significati. Sono una sorta di nerd delle parole e della storia. Anche se ho scelto un percorso lavorativo differente. » Queste passioni per cui è stata presa in giro tanto spesso non sono mai scemate e, anzi, al massimo hanno finito solo per spingerla ancora di più verso ciò che tanto ama. E l'hanno anche resa vendicativa certo! Questa però è tutta un'altra parentesi. « Al tuo servizio, quando vuoi. La gente mi sottovaluta per via del mio aspetto. Lo ha sempre fatto. Prima perché ero grassa e brutta. Ora perché sono bella. Eppure la conoscenza mi permette sempre di ribaltare i risultati. » Alza le spalle. Quando era in carne, indossava l'apparecchio, i suoi capelli erano super secchi e l'acne non le dava tregua, gli altri erano stati terribili. Inoltre era stata timida ( un tempo che ora non riconosce nemmeno ). Cose per nulla vincenti. Con la crescita era diventata bellissima e... Pronta a rimettere tuttibin riga.
Veronica Artemisia L. Maffei
Era realmente incuriosita la giovane italiana da quella conoscenza così approfondita riguardo ai miti e alle leggende, soprattutto perché sapeva che in qualche modo era qualcosa che anche lei avrebbe dovuto sapere. S'era trasferita alcuni anni prima a Ravenfire, e benché conoscesse molte cose, e la vera realtà della città, vi erano ancora alcune cose che le erano all'oscuro. Si limitò poi così ad accennare un sorriso Veronica prima di fare un semplice cenno del capo in segno di comprensione. « La gente spesso si ferma all'apparenza senza realmente scavare ciò che c'è in superficie. » Affermò con convinzione la Maffei. Quante volte era caduta lei stessa nei luoghi comuni, quante volte l'avevano considerata solamente un bel faccino ma privo di contenuti? Scosse poi il capo la giovane prima di rendersi conto di aver parlato con Safiya più tempo di quanto non le fosse concesso. « Dovresti chiamarmi qualche volta, potremmo perfino uscire se ti andasse... Ti lascio il mio numero di telefono, okay? E' meglio che vada adesso... Ci vediamo! » Lasciò il suo numero di telefono rendendosi conto che la giovane non era poi così strana, non più di quelle persone che ormai avevano fatto di Ravenfire la propria casa.
❪ 𝑭𝒊𝒏𝒆 𝑹𝒐𝒍𝒆. ❫
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im-a-sunflowers-garden · 7 years ago
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Ho un carattere di merda.
Che poi non è del tutto vero. Diciamo che ho una personalità forte, che mi rende strana a volte, forse è meglio. Sono una persona strana, quindi unica, diversa.
Per molti ho un carattere di merda, e sono strana.
MI piace leggere, un sacco, ho iniziato a leggere sul serio a dieci anni e a sedici mi sono creata una libreria mia in camera, ricopre quasi tre mensole ora, ma mi piace leggere e mi piace davvero; davanti al camino, al mare, sul treno; mi piace vivere in un mondo parallelo e mi piace togliere gli occhi dalle pagine e ritrovarmi nella realtà.
Mi piace vedere film, serie tv, mi piace il cinema, sarei tutti i giorni lì a magiare pop corn e piangere per una scena sentimentale o solo se il mio istinto mi porta a farlo perché ah si, sono sentimentale, troppo, romantica molto, esageratamente dolce. Mi emoziono per qualsiasi cosa...
Mi piacciono i gatti, i felini in generale; i loro movimenti graziosi e felpati, gli occhi grandi che ti penetrano l'anima ed anche la loro dolcezza...
Mi piacciono le cose semplici, un gelato in riva al mare, una passeggiata al chiaro di luna, un morso di una pizza offerto; ma nel lato opposto del mio carattere di merda mi piace il lusso, lo sfarzo, le cene servite in ristoranti galanti, un fiore donato, un vestito lungo abbinato ad un tacco alto.
Mi piace ballare, la musica in generale ecco, mi piace quando il mio cervello è talmente stordito da quei suoni troppo alti da non pensare a nulla e quindi muovo i fianchi e mi rendo provocante, mi diverto anche a fare quello, ma si sa alla donna piace essere sexy.
Odio correre e peggio ancora rincorrere, chi non vuole starmi accanto o che non riesce a tenere il passo con il mio mondo che scorre veloce può fermarsi, mi giro indietro, oh se mi giro indietro, a volte mi fermo pure ad aspettare le persone... ma poi mi rendo conto che davanti a me ci sono troppe cose da perdere e continuo a correre... e io odio correre.
Semplicemente amo il mare. Ho vissuto sempre in luoghi di mare e sento il sale che scorre nelle vene, mi piace sentire il rumore delle onde, mi piace vederlo "incazzato" che sbatte contro gli scogli con forza e vigore... e adoro in un modo smisurato i tramonti, l'alba forse meno perché arriva piano e con colori tenui e leggeri... il tramonto invece arriva inaspettatamente e ti colpisce; ti giri e bam! lo trovi li spettacolare accecante e poi svanisce in un batter d'occhio.
Sono una stronza di quelle vere, e sono vendicativa. Orgogliosa e testarda, mamma mia. Faccio parlare tutti e mi faccio influenzare e poi? Non seguo i consigli di nessuno o se li seguo li interpreto alla mia maniera, quindi sono furba.
Mi piace cucinare, passione e amore condensati insieme mi hanno reso una malata della cucina e ne ho fatto il mio lavoro.
E' difficile offendermi ma se ci riesci vuol dire che sei riuscito a trovare il mio punto debole e saprai di avermi fatto male; faccio soffrire le persone che amo di più e le faccio scappare, prima non chiedevo mai scusa anche se facevo cadere la merenda ad un bambino, ora ho capito che a volte è necessario... ma si sa io ho sempre ragione. Metto il cuore in tutto quello che faccio e amo, amo in una maniera incontrollabile. Amo in un modo pazzo e distruttivo, e per amore mi metto in secondo piano, mi eclisso e faccio risplendere l'altro, sbaglio? Forse, beh sicuramente, ma sono fatta così, amo troppo.
Sono solare e sorrido sempre anche se il mondo mi crolla addosso io sorrido, e sono forte, cavolo sono dannatamente forte, e non lo dico per modestia, o perché sono sicura di me, perché io non ho autostima, ma perché me lo dicono tutti e l'ho capito dopo tanto che sono una persona forte. Ma ci sono momenti che tratto male la gente, sono acida e scontrosa e devo essere lasciata stare, non voglio essere capita nè consolata, voglio solo il silenzio.
Parlo, decisamente troppo. Dico le cose quando mi vengono in mente e non ci penso non conto mai fino a dieci prima di parlare e poi ne subisco le conseguenze, ma almeno sono sincera, è difficile che menta se non per far del bene... o cosi credo.
Do una seconda possibilità a tutti ma se la bruci, non posso perdonarti.
Ho un carattere di merda, lo so. Ma sono unica, egocentrica e gioiosa. Bipolare a volte e lunatica, ma devo pur avere dei difetti.
Sono strana, ma sono io, e non fingo mai. Sono un casino di cose racchiuso dietro ad una massa di capelli lunghi e spettinati e due occhi profondi e scuri, ma sono io e sono vera, fino alla fine.
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christytemperance · 4 years ago
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♕ ℕ𝕖𝕨 𝕣𝕠𝕝𝕖 𝕨𝕚𝕥𝕙: Christy ♕ 𝔻𝕒𝕥𝕖: 20.06.2034, afternoon ♕ ℙ𝕝𝕒𝕔𝕖: Fonterossa ♕ #winxrpg
Lo spigoloso volto del principe di Zenith era decorato da un'incolta barba e dalla sua consueta espressione concentrata. Non amava fare i bagagli, ma la sua precisione non gli consentiva di delegare altri. Aveva la necessità di sistemare le sue cose personalmente, di catalogarle per colore e stagionalità. Riordinare i propri effetti personali — che fossero armi, vestiti o altro — era un vero e proprio culto per Damian, tanto che egli era arrivato a chiedere ai coinquilini di lasciarlo solo. Una richiesta folle, secondo alcuni, ma necessaria per il corretto svolgimento di quell'attività. Meticoloso, efficiente e veloce ai limiti dell'ossessività, allora, il principe dai crini biondi trascorse la mattinata in quel modo, fermandosi solo quando tutto fu nell'ordine che egli stesso aveva stabilito, ovvero quello /perfetto/. Soddisfatto, quindi, egli si soffermò qualche secondo ad osservare la sua opera, prima di aprire la porta ed avviarsi verso la mensa. Erano circa le due di pomeriggio e, vista la fine delle lezione e degli esami, il corridoio era gremito di persone. Damian poteva notare specialisti, fate e persino qualche strega venuta a sistemare le valigie dei propri incapaci fratelli. Un sorriso spontaneo increspò le sue labbra, mentre si immergeva nel flusso di persone. Riuscì, tuttavia, a fare pochi passi, prima che di esser letteralmente bloccato dal movimento della sua frustra. Ciò che accadde fu repentino, fuori controllo, come l'ustione che macchiò la candida pelle di colei che più aveva amato.
"Christy..."
Pronunciò quella sola parola, prima di ritirare la sua arma con un gesto. Che cos'era accaduto? Perché l'elettro aveva reagito alla di lei presenza? Non c'era una spiegazione razionale, né aveva il tempo di cercarla in quel momento. Con una rapida falcata azzerò la distanza che la separava dalla Deepwater, stringendo la mano destra sul suo braccio sano e trascinandola nella sua camera da letto. Sì, in quella che aveva appena riordinato. Non fu delicato, né accorto, ma animato da una strana frenesia.
"Secondo molti sei la studentessa più promettente della tua età. Quindi, dimmi, perché sei così stupida da attaccare una persona che gira con una frusta di elettro attorcigliata sul braccio?"
Pose quella domanda con fare rabbioso, mentre lasciava il braccio in modo quasi violento. L'aveva marchiata: a destra con la preferita fra le sue armi e a sinistra con le sue ruvide mani.
"Siediti, nella valigia numero tre ho qualcosa che può aiutarti, ma sappi che la disfo solo perché non voglio che venga coinvolto mio padre in questo incidente."
Che incidente non era, visto che Christy probabilmente voleva ucciderlo.
Christy Temperance A. Deepwater
Istinto e ragione, quante volte s'erano contrapposti l'uno all'altro durante la sua vita? Ogni momento che viveva era combattuto dalle due forze, senza nemmeno rendersene conto, e il più delle volte, doveva ammettere che aveva fatto sì che solo uno vincesse quella diatriba interiore, l'istinto. Vendicativa, istintiva e decisamente poco incline al pensare prima di agire Christy s'era recata a Fonterossa per un unico obiettivo, quello di incontrare colui che era l'inizio e la fine del suo stato d'animo. Il di lui tradimento bruciava ancora come lava, e le informazioni che voleva scoprire con la sua assenza non erano altro che semplici buchi nell'acqua. Che cosa avrebbe dovuto fare, poi? Ucciderlo era impensabile, soprattutto perché, nonostante tutto quello che era successo tra di loro, Damian era ancora troppo importante per la strega. Si sentiva combattuta, dilaniata da un costante dilemma se fosse il caso di perdonarlo, eppure ogni suo dubbio fu spazzato via quando si trovarono in quel corridoio pregno di studenti che non avevano altro che essere un di più. Fu questione di un attimo, una frazione di secondo in cui ogni sua terminazione nervosa si concentrò in un unico punto, dove la sua frusta aveva accidentalmente urtato il di lei braccio. Fece un balzo indietro portandosi immediatamente il braccio piegato al petto pronta a scaraventare tutti i suoi poteri su di lui, su colui che ancora una volta le aveva fatto del male. Davvero pensava che potesse perdonarlo?    « Mi hai bruciato, cazzo. » Esclamò la giovane strega prima di ritrovarsi al riparo da tutti quegli occhi che sembravano essere più che rapiti da ciò che stava succedendo tra loro. Lo osservò andare avanti e indietro per un momento prima di sedersi su quel quello che li aveva visti quante volte avvinghiati, riempirsi di carezze e baci. Dovette strizzare gli occhi per abbandonare quei ricordi, quei pensieri che non avrebbero fatto altro che ferirla di più.    « Io volerti attaccare? Forse lo stupido sei tu... Sono venuta a cercarti per parlare, ma è chiaro che a te non interessa. Non hai mai fatto altro, hai sempre visto ciò che volevi vedere. »
Damian Jace Pereden
Chino su quella valigia che aveva preparato con tanta perizia, Damian dovette strizzare gli occhi per soffocare un minimo l'ira che si era impossessata del suo corpo. Sentiva il sangue ribollire nelle vene e il cuore pulsare tanto da provocargli dolore fisico. Molte erano state le discussioni che, negli anni, avevano fatto vacillare le di lui sicurezza, ma mai una volta i due ex amanti avevano usato i propri poteri l'uno sull'altra. Ma a che punto erano arrivati? E, soprattutto, perché Christy aveva perso il controllo sino a quel punto? Perché non aveva ascoltato le sue parole? Eppure, a Damian era sembrato di esser chiaro, quando le aveva detto che odiarlo avrebbe potuto distruggerla. "Stai facendo tutto da sola." Esordì con quella frase, pronunciata forse con troppo distacco, mentre le sue mani raggiungevano un unguento fabbricato da una delle streghe della corte di Zenith. Si alzò, dunque, voltandosi e finalmente guardando l'espressione della biondina. Era indecifrabile, persino per lui, e ciò lo infastidiva. Dopotutto, per molto tempo egli era stato capace di carpire ogni di lei sensazione, no? "Non mi sono spiegato, Christy. La frusta ustiona automaticamente coloro che provano a ferirmi. E' un'arma di elettro, appartenente ai regnanti di Zenith da generazioni. Non ti avevo neppure vista, sei stata tu ad azionarla." Replicò con estrema calma, accomodandosi accanto alla ragazza. Quello stesso letto era stato spesso teatro della passione che aveva arso fra loro e del grande amore che, in un modo o nell'altro, li aveva uniti, ma tutto ciò sembrava essere solo un ricordo. "Mi dispiace per il livido, ma — se non ti avessi trascinato via — sarebbe stato molto peggio. Se avessi usato i tuoi poteri su di me, l'elettro avrebbe reagito ancora." Spiegò, posando lo sguardo sul braccio sinistro. Era stato davvero un animale nel trascinarla viva e, ora che la vedeva in quello stato, si sentiva piuttosto in colpa. "Fammi vedere la mano."
Christy Temperance A. Deepwater
Dolore impregnava ogni parola della strega che, seduta su quel dannato letto, non riusciva a essere obiettiva. Qual era il reale motivo che l'aveva spinta fino a Fonterossa? Davvero pensava di poter aver un dialogo normale con Damian? Stupida illusa, ecco come si considerava in quel momento. Aveva lasciato che le emozioni la guidassero ancora una volta, aveva lasciato che fossero i sentimenti ad orchestrare quell'incontro, e ancora una volta tutto le si era ritorto contro. Ma davvero aveva usato la frusta di Electro su di lei? Si ritrovò a socchiudere gli occhi per un momento, abbandonando il dolore non solo fisico che irradiava dall'ustione subita, ma anche per quel tradimento che ormai doveva appartenere al passato. Osservò come i lividi sull'altro braccio ricordassero altri tipi di lividi, quelli della passione, dove i due ragazzi trovavano sfogo nelle più erotiche manifestazioni, ma quel livido era quanto più lontano dalla lussuria che spesso li aveva guidati.    « Stronzata... Non avevo in alcun modo intenzione di aggredirti. Volevo solamente parlare con te. Sei tu ad averla attivata, smettila di girarci attorno... » Era più che convinta delle sue parole, soprattutto perché per quanto odiasse il principe di Zenith, era troppo legata a lui anche solo per fargli del male. Aveva avuto ragione Oberon nel dirle che probabilmente non sarebbe stata in grado di avere la sua vendetta, ma la verità era che era ancora innamorata di lui e l'amore non faceva altro di distruggere ciò che rimaneva dell'anima oscura della Deepwater. Osservò il giovane venirle accanto, e per una volta rimase ferma, quasi immobile osservando come le sue cure cozzassero contro l'azione di poco prima. Che diavolo era successo?    « Non sarei mai stata in grado di usare i miei poteri su di te... » Sussurrò quasi tra sé e sé prima di tendere controvoglia la mano e conseguentemente il braccio. Sentiva il bruciore invadere ogni suo senso, ma era il cuore ad avere la meglio in quella situazione, martellando incessantemente come se fosse un martello pneumatico. Non sarebbe andata bene, assolutamente no.
Damian Jace Pereden
Le di lui labbra si schiusero di qualche millimetro, cosicché la lingua potesse umettarle e lenire la disidratazione che le aveva colte. Gli sembrava di vivere la vita di qualcun altro, di guardare dall'esterno una scena di cui non voleva essere protagonista. Non aveva senso ciò che era accaduto, come non avevano fondamento le accuse che Christy gli stava rivolgendo. Perché mai avrebbe dovuto usare i suoi poteri su di lei? Quale movente avrebbe avuto? Ferirla fisicamente, per ricordare il dolore che le aveva procurato tempo addietro? Sarebbe vile, sadico e Damian non era nulla di tutto ciò. Era solo troppo razionale, troppo schematico e troppo abituato ad avere i riflettori puntati su di sé. Si lasciò sfuggire un sospiro, assumendo un'espressione fra l'afflitto e l'annoiato. Non aveva voglia di portare avanti quella conversazione, ma era obbligato. "Se non sapessi che è l'ira che muove le tue parole, mi sentirei offeso per una frase del genere. Sono il principe di Zenith, Christy, se avessi voluto ferirti non avrei usato un'arma che le autorità sanno appartenere a me." Non era di certo quello che la biondina voleva sentirsi dire, ma era la cosa più ovvia. Diversamente da molti specialisti — fra cui persino i principi di Solaria! —, Damian aveva una buona conoscenza dei poteri magici. Era uno stregone piuttosto capace, oltre che una persona scaltra e maledettamente ricca. Ergo, aveva tutte le possibilità per organizzare la perfetta imboscata ed era bene che Christy lo capisse. "E perché io dovrei esserlo? Ho sbagliato Christy, mi dispiace. Sono pentito. E' questo che vuoi sentirti dire? Va bene. Christy, sono pentito per ciò che ho fatto, ma devi smetterla di trattarmi come se fossi un mostro." Perse del tutto la calma che sempre lo governava, mostrandosi nervoso, quasi ai limiti del nevrotico. Non era abituato ad esplicitare i suoi sentimenti — nemmeno dinanzi a lei —, ma sentirsi accusato di aggressione era troppo, persino per uno strafottente come lui. "Te l'avevo detto che odiarmi ti avrebbe fatto del male, ma tu non sei disposta ad ascoltare nessuno." Continuò, prendendo la di lei mano e sfiorando appena la ferita. Non era bella, ma l'elettro aveva fatto di peggio in passato.
Christy Temperance A. Deepwater
Era stata una semplice confessione la sua, parole che avrebbero potuto fare più male che bene ma che per una volta erano vere. Non vi erano giochi in quel momento, nessun sotterfugio che avrebbe mai potuto travisare lo stato d'animo della strega che, nonostante cercasse di odiarlo con tutte le sue forze, sentiva ancora qualcosa per lui. Era debole, odiava perfino se stessa quegli stessi pensieri che continuavano ad arrovellarsi nella di lei mente, ma ascoltava le parole del principe di Zenith senza aver il coraggio di guardarlo in viso. Socchiuse gli occhi per un momento, i lunghi capelli biondi che quasi coprono quel viso angelico e gli occhi cerulei che potevano osservare qualunque cosa tranne ciò da cui erano attratti. Le spalle s'alzavano e s'abbassavano a ritmo del suo stesso respiro e solo quando sentì quella stretta alla mano, riuscì a voltarsi nella sua direzione.    « Ti crederei se fossi sincero. » Replicò in modo triste, senza nessun tono particolare. Le iridi cerulee osservavano i di lui eterocromatici, ma c'era qualcosa in più che avrebbe voluto dire.    « Che fine ha fatto il discorso che avevi bisogno di tempo? Il tempo non sempre funziona, e di certo non sempre lenisce le ferite. Ci sono ferite che possono essere rimarginate e altre con cui si impara a convivere, ma non è questo il punto Damian... » Distolse lo sguardo abbassandolo su quelle mani eleganti che tante volte avevano sfiorato il suo corpo ma che sapeva avessero sfiorant qualcun altro. Strizzò gli occhi che allontanare immediatamente quel pensiero, qualcosa a cui mai e poi mai avrebbe dovuto pensare, soprattutto in quel momento, ma che probabilmente era inevitabile. Christy fu costretta ad addentare il suo stesso labbro, un movimento lento probabilmente più accattivante di quanto non volesse apparire ma furono le sue parole a farle alzare nuovamente lo sguardo.    « Io non ti odio, è questo il punto... Odio me stessa. »
Damian Jace Pereden
Il suo peculiare sguardo si spostò per qualche secondo dalla di lei figura, andando a posarsi sulla valigia che era stato costretto a riaprire. Sapeva più che bene che non era il momento opportuno per mettere in ordine — dopotutto, stava carezzando la mano della biondina —, ma Damian non era semplicemente una persona precisa. La sua era una compulsione, un’esigenza di sistemare tutte gli oggetti che facevano parte della sua vita. Represse a fatica il bisogno di alzarsi ed assecondare la sua ossessione, riportando lo sguardo sul viso candido della ragazza. L’espressione di Christy continuava ad essere indecifrabile e ciò non poteva che infastidirlo sempre di più. Sentiva una morsa che si stringeva sempre più intorno alla bocca del suo stomaco e che quasi gli faceva venire la nausea. “Perdona la franchezza, ma hai diciassette anni. Puoi superare la mia liaison con Elara. Non è questo il tipo di dolore con cui dovresti convivere.” A costo di sembrare insensibile, Damian pronunciò quelle parole, per poi abbassare lo sguardo e spalmare l’ungento sull’ustione. Non era certo che quella ferita potesse scomparire del tutto, ma non sarebbe di certo stata una cicatrice a deturpare il meraviglioso aspetto della strega. Christy era meravigliosa ed il suo complicato carattere — terribile con altri, ma remissivo solo con lui — la rendeva ancora più ammaliante. “Devi perdonare te stessa, allora.” Commentò, alzando lo sguardo per ricercare i suoi occhi. Fu in quel frangente, però, che i suoi occhi si fermarono sulle labbra, che quella fanciulla aveva stretto fra i denti. Era un pessimo vizio, glielo aveva sempre detto. “Basta, Christy.” Abbandonò per qualche secondo la consueta freddezza, per poi allungare la mano pulita e poggiarla sulle sue labbra. La Deepwater doveva smetterla di torturarsi. Non era giusto
Christy Temperance A. Deepwater
Presentarsi in quel diavolo di dormitorio era stata una pessima idea, forse la peggiore che mai potesse venirle in mente. Che diavolo pensava di ottenere presentandosi lì in cerca di confronto? Era piuttosto chiaro che l'atteggiamento di Damian non era cambiato nei suoi confronti. Tempo addietro Christy avrebbe fatto azioni ignobili per aver subito un torto come quello, ma ora che senso avrebbe avuto? Più lo osservava, più vedeva come fosse diventata una sconosciuta per lui. Si ritrovò così a scuotere appena il capo, un sospiro che trasudava dalle labbra come uno sbuffo, eppure tradiva un certo divertimento.    « E' questo ciò che credi? Che sia una semplice diciassettenne che non riesce ad andare avanti dopo che il suo ragazzo l'ha tradita? » Come poteva non capire l'uomo che le stava di fronte? Davvero per lui era tutto così estremamente semplice? Non si trattava del solo tradimento che già di per sé bruciava sufficientemente, ma per ciò che ne conseguiva. Avrebbe mai potuto andare avanti, fidarsi ancora una volta delle persone che le stavano accanto? Assolutamente no, lo sapeva perfettamente. Era l'orgoglio a uscirne ferito da quella situazione, e non importava quanti anni avesse, avrebbe sempre fatto male. Tirò indietro il capo per osservare il soffitto che sembrava essere di un bianco fin troppo perfetto, eppure non si sarebbe aspettata nulla di diverso dal principe della perfezione. Dovette respirare a lungo, prima di portare nuovamente le iridi cerulee sulla sua figura che ancora le stava accanto. Sembrava non riuscire a staccare quella dannata mano dalla gemella, incatenata a quel tocco che sembrava lenire ogni ferita dell'animo. Abbassò nuovamente il capo ritrovandosi ad inumidire quelle labbra carnose che adornavano quel volto angelico, fino a mordicchiare nuovamente il labbro inferiore. Fu solo quando Damian le sfiorò le labbra con il pollice che lentamente lo lasciò andare.    « Basta cosa, Damian? »
Damian Jace Pereden
All’apparenza superficiale, saccente e pieno di sé, in vero Damian custodiva un animo che pochi in quella scuola avevano. Era un ragazzo attento, analitico e preciso, una persona in grado di vedere al di là delle cose e di carpire la vere essenza degli altrui turbamenti. La consapevolezza, tuttavia, nulla era, se non supportata da un’empatia di cui egli era totalmente carente. Fermarsi a piangersi addosso o arrovellarsi su questioni del passato, infatti, erano cose che egli non tollerava e che mal sopportava al punto da infierire — non volutamente, sia chiaro — su chi già stava soffrendo. “Tu sei il mio primo amore, Christy. Non ti dimenticherò mai.” Pronunciò quella frase con una dolcezza rara, che egli aveva riservato solo talvolta a quello ragazzo dai capelli biondi. Non le aveva mai mentito sui suoi sentimenti, né le stava mentendo in quel momento. Nessun uomo avrebbe mai potuto dimenticare il suo primo amore, ma ciò non voleva dire che ambedue non potessero avere altro. Dopotutto, erano giovani e la loro relazione aveva già distrutto la strega. No, non poteva permettere che ciò accadesse di nuovo. Lui non era adatto ad avere una relazione, né con lei, né con Elara. “Non puoi crederlo davvero, Christy.” Replicò con voce appena più fredda, concedendosi un’ultima carezza prima di alzarsi ed interrompere quel contatto. Sentiva il cuore battere persino in gola, ma non poteva approfittare di un suo momento di vulnerabilità. Sarebbe stato da persona vile e lui aveva già avuto i suoi momenti bui quell’anno. “Vai, Christy. Le tue sorelle ti staranno aspettando.”
Christy Temperance A. Deepwater
Il tocco di quel momento, quell'attimo che sembrava essere cristallizzato nel tempo dove non v'era più alcun tradimento, alcun orgoglio ferito, ma solamente due ragazzi che non avevano altro che bisogno dell'altra. Era questo che pensava in quel momento la strega, cullata da quella carezza che la trasportava in un momento di quiete per la di lei mente, un momento di assoluta tranquillità. Un sorriso velato nell'udire quella confessione, un sorriso che adornava quelle labbra che avrebbero voluto sfiorare le gemelle in un movimento lento ma che in un attimo si tesero per quello che si tramutò in un incubo. Il cuore che batteva incessantemente cominciò a martellare per un motivo diverso, e i pezzi che aveva cominciato a ricostruire si sbriciolarono ancora una volta lasciando una Christy sconfitta. Chiuse gli occhi la strega, cercò di interiorizzare quell'ennesimo rifiuto che sapeva in cuor suo dover arrivare, ma che sperava che le cose fossero diverse. Lo sbuffare della giovane bionda fu seguito da un ridacchio nervoso, e solo quando alzò lo sguardo sulla figura ora in piedi di Damian, ella usò lo stesso tono di voce che lui stesso le aveva riservato.    « Sei un idiota. » Commentò solamente prima di alzarsi e pulirsi il dorso della mano su quel copriletto perfetto che solamente il principe della perfezione poteva avere. Era un semplice capriccio il suo, ma qualcosa lo avrebbe fatto andare fuori di testa, e se desiderava seriamente poter andare avanti, avrebbe dovuto impegnarsi di più. Cercare un confronto era stato inutile, li aveva portati solamente a credere esattamente il contrario e ciò che aveva detto Oberon era vero, avrebbe dovuto lavorarci meglio, ancora e ancora.    « Sai cosa ti dico? Ciò che avrei dovuto dirti tanto tempo fa... Fottiti, Damian. Non ero venuta qui per attaccarti, ma semplicemente per parlare... Ma hai ragione devo andare avanti. »
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dreamers-queen · 5 years ago
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Okay, ascolta... forse è meglio così. Cioè, sono stata un po' troppo impulsiva, ma avevo una gran voglia di sfogarmi perchè tutto quello che scrive quella terza persona mi manda sempre in bestia oh. Ed è difficile parlarne senza riferimenti perchè quella traccia e osserva tutti... Creepy. Anche come si vendica poi... pericolosa e velenosa. Fa niente... mi fa piacere che almeno tu sia d'accordo con me! Perdona il disturbo ❤
Assolutamente nessun disturbo! Mi hai trovata giusto giusto in pausa 😉 che posso dirti, purtroppo le cose stanno andando così, ora come ora. Tu non hai colpa, è comprensibile che ti mandino in bestia certe cose. Personalmente ci ho fatto il callo, mio malgrado blocco e basta (generalmente non bloccherei senza gravi motivi, ma per ora è l'unico modo per "filtrare" almeno un po' e anche per evitare problemi, mi capisci? Non ce n’è solo una di persona vendicativa e velenosa qua, purtroppo: le doppie facce sono tante), non me la prendo più e non cerco né dialogo né tantomeno scontro, basta, ho già dato...ci sono tante cose belle da godersi, e tante altre ce ne saranno, se altra gente si vuole abbuffare di rabbia faccia pure, il fegato è il loro (ed eventuali querele pure 😂). Comunque cercare qualcuno con cui sfogarsi è normalissimo, se vuoi io ci sono sempre, anche in chat. Ciao, e benvenuta in questo casino di blog 😂
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mousemichi · 5 years ago
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Crescere.
per la prima volta il silenzio tra di noi non era imbarazzante. se avessimo potuto leggere ognuna nella mente dell'altra, avremmo notato che il pensiero era univoco. in un modo o nell'altro quell'incidente aveva scosso le nostre coscienze. è in momenti come quelli che ti fermi realmente a pensare che la vita è una sola e che da un momento all'altro potrebbe accadere qualsiasi cosa che ne ponga il termine.
a 18 anni il cuore e l'istinto fanno posto alla ragione, le decisioni si prendono di pancia, senza pensare troppo alle conseguenze, e gli esiti negativi diventeranno lezioni per il futuro: ecco il meccanismo della crescita.
la crescita è quel 'moto a luogo' di cui sai il punto di partenza, ma non il punto di arrivo, di cui la tappa finale sarà completamente diversa da quella iniziale, ed è giusto così.
ma ci sono volte in cui gli errori non ci danno possibilità di rimborso, in cui la tappa finale non porta ad una crescita, ma alla fine della nostra esistenza.
'a volte è bello avere 18 anni'. spero che d******* non li abbia per sempre.
il bello di un gruppo, le cui fondamenta sono dei tempi dei dinosauri (come direbbe la prof Paolo), è che tra i componenti non ci si sceglie, ma ci si impara, con la crescita, a volersi bene l'un l'altra e ad accettarsi per ciò che si è e per ciò che si diventa. nelle 'superstiti' non c'è una leggermente simile all'altra. ognuna col suo carattere, a volte più docile, a volte più aggressivo, con i propri gusti, i propri ideali, le proprie particolarità. ciò che ci distingue dal resto noi sappiamo bene cos'è: non tanto il fatto di essere uno dei gruppi più longevi presenti nel nostro territorio, ma l'unico in cui le difficoltà si affrontano all'unisono. nonostante ognuna abbia la sua vita, i suoi interessi, le sue preoccupazioni, i suoi problemi, nei momenti di gioia e di dolore l'unità è il nostro punto di forza.
non mi sono mai sentita accettata completamente da loro, forse perché io in primis non accettavo del tutto me stessa e loro. ciononostante la loro presenza è stata rilevante nel percorso di ripresa dai primi mesi di quest'anno fino ad oggi. se ora io mi sento forte ed invincibile, anche quando vorrei solo abbandonarmi al mondo e alle sue ingiustizie, è grazie a loro, che sanno far emergere quella grinta e vivacità che nel gruppo mi contraddistingue, e mi fanno essere semplicemente Micaela. l'esprimere a pieno la parte migliore e quasi selvaggia di me, mi permette di rendermi conto di chi sono davvero, ma soprattutto chi voglio essere e chi non voglio essere.
voglio essere vivace, allegra, capace di riportare l'allegria nei momenti più tristi e cupi, serena, libera (anche di ruttare), responsabile, quanto basta, delle mie azioni, ragionevole, comprensiva, altruista, dolce (a tratti diabetica), selettiva, giusta, seria nei momenti opportuni, studiosa e soddisfatta di me stessa, matura, superiore.
non voglio essere vendicativa, aggressiva, menefreghista, accondiscendente, egoista, insopportabile, irresponsabile, fumatrice, omologata, triste per più di un'ora (se non per ragioni davvero serie), eccessivamente speranzosa, procrastinatrice, pigra, una nullità.
voglio avere successo nella vita, non fama. voglio arrivare a trent'anni con la consapevolezza di aver dato il meglio di me, di aver donato agli altri il meglio di me, di non aver lasciato queste parole negli appunti del mio telefono, di essere riuscita a vivere il più possibile alla giornata, di essere caduta ma di essermi rialzata completamente da sola: è così che si diventa grandi, e nonostante ciò mi faccia letteralmente paura, esso rappresenta quel passo in avanti in cui o cadi nel baratro o prendi la strada in salita, lunga, ripida e faticosa, in cui alla fine del percorso...
alla fine non c'è nulla, solo la morte. la vita va vissuta durante il tragitto.
sono Micaela, ho 18 anni e dall'inizio degli esami di maturità ho salutato la mia adolescenza per lasciare posto a una nuova fase della mia vita che spero di affrontare nel migliore dei modi e al fianco di persone alla mia altezza.
buon inizio adulta.
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giancarlonicoli · 6 years ago
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26 MAR 2019 11:29
IL SILENZIO DEGLI INNOCENTISTI/2 - CHRISTIAN RAIMO: ''SE DEVO CHIEDERE SCUSA PER AVER DIFESO CESARE BATTISTI, LO FACCIO. MA RIFIRMEREI L'APPELLO, CHE CHIEDEVA UN PROCESSO GIUSTO E LA VERITÀ PER LE VITTIME. GLI OMICIDI SONO PERSONALI E NON VANNO CONFUSI CON LA LOTTA'' - LA SUA EDITRICE FRANCESE INVECE NON CAMBIA IDEA: ''HA CONFESSATO? SOLO UNA STRATEGIA PROCESSUALE'' - WU MING: ''I NOSTRI TESTI SONO NOTI, RIPETEREMMO QUANTO GIÀ DETTO''
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1. RAIMO E QUELL'APPELLO PER BATTISTI: «SE DEVO CHIEDERE SCUSA, LO FACCIO. SPERO IN UNA GIUSTIZIA RIPARATIVA, NON PUNITIVA»
Dall'articolo di Angela Gennaro per www.open.online
(…)
Molti sono stati gli intellettuali, anche italiani, che negli anni si sono spesi sostenendo che l'ex terrorista fosse innocente e un perseguitato. Scrittori e artisti di primo piano: Wu Ming, Valerio Evangelisti, Massimo Carlotto, Tiziano Scarpa, Nanni Balestrini, Daniel Pennac, Giuseppe Genna, Vauro, che ha poi chiarito la sua posizione, sbagliata e non del tutto voluta, Pino Cacucci. «Preferiamo non commentare le notizie di oggi», dicono dal collettivo Wu Ming a Open. «I nostri testi sulla questione sono pubblici da dieci anni e non faremmo che ripetere esattamente le stesse cose che abbiamo scritto un tempo».
«A questo punto spero che possa rivedere in maniera più costante la sua compagna e i suoi figli e venga tolto da un regime di detenzione speciale»: l'unico ad accettare un confronto è, ancora una volta, lo scrittore e insegnante (e oggi assessore in un municipio romano) Christian Raimo. Tra gli intellettuali che nel 2004 firmarono un appello per la libertà di Cesare Battisti, ha già chiarito la sua posizione al momento dell'arresto di Battisti.
Raimo, come commenta la confessione resa pubblica oggi?
«Sono contento che abbia confessato. Spero che sia una confessione definitiva e non determinata dalle condizioni in cui è avvenuta. Così si restituisce non solo una verità debita ai famigliari delle vittime, ma anche a un pezzo di storia italiana. Su questa pagina la verità giudiziaria è una parte, fondamentale. Ma è parte di un processo di elaborazione di quegli anni che non si può consumare solo nelle aule giudiziarie. Per me Battisti non è un guerriero sconfitto, ma un cittadino italiano che, a suo dire ora, ha commesso degli omicidi. È giusto dica la verità, paghi una sanzione ma anche che abbia la possibilità di riparare. Insomma, che ci sia la possibilità che la giustizia sia riparativa. La verità ripara un pezzo, ma un altro pezzo lo deve riparare l'elaborazione storica».
E come si dovrebbe portare avanti questa elaborazione storica?
«Con il lavoro che facciamo tutti i giorni attraverso i testi storici. Studiando. Su quegli anni c'è stato, per fortuna, negli ultimi tempi un lavoro enorme degli storici. Un lavoro di supplenza all'elaborazione politica. In Sudafrica, dopo l'apartheid, c'è stata una commissione di verità e giustizia che ha cercato di creare un possibile passaggio da un'epoca drammatica a una di comunità condivisa. In Italia c'è il lavoro, enorme, fatto da Il Libro dell'incontro - Vittime e responsabili della lotta armata a confronto. Non per creare una memoria condivisa - sarebbe irrispettoso per le famiglie, i sopravvissuti e per gli stessi responsabili - ma per cercare di trovare una storia lì dove ci sono ancora lacerazioni e buchi.
Se noi pensiamo a Battisti semplicemente come un omicida, in realtà ci togliamo la possibilità anche di capire come in una determinata epoca storica ci possano essere stati così tanti omicidi. Faccio il professore di storia e cerco di farlo cercando di dare valore alla complessità. Già chiamare quelli "anni di piombo" ci fa perdere qualcosa: gli anni '70 sono stati anni di tante cose. Di omicidi, violenze terribili ma anche di grandissime riforme sociali e di lotte importantissime. Di emancipazioni e di stragi le cui ferite sono ancora aperte, da quelle di Stato al delitto Moro»
Oggi Francia e Brasile devono chiedere scusa? E gli intellettuali? E gli intellettuali italiani?
«Ma quello che si chiedeva con quell'appello del 2004 non è diverso da quello che è poi accaduto. Quell'appello chiedeva verità e un processo giusto. Che a questa verità si sia arrivati con anni di ritardo e attraverso un percorso giudiziario così complicato è certo una sconfitta. Quell'appello chiedeva anche un'altra cosa: una riflessione sulle misure di repressione poliziesca di quegli anni - leggi speciali e dintorni - affinché la sconfitta del terrorismo non passasse per una riduzione dei responsabili della violenza armata o a pentiti o a reduci. Se devo chiedere scusa, lo faccio. Ma oggi firmerei un altro appello per la richiesta di verità e giustizia di vittime e famiglia».
Non auguro il carcere a nessuno, aveva detto a Open dopo la fine della latitanza di Cesare Battisti.
«A me interessa soprattutto la verità, ma voglio che la sanzione sia giusta e che faccia sì che la vita che resta a Cesare Battisti sia tesa a riparare a quello che ha fatto, non soltanto a soffrire come lui stesso ha inferto sofferenza. Sarebbe uno spreco per tutta la cittadinanza. Se la sua confessione è utile, è utile anche che ci aiuti a capire meglio quella pagina della nostra storia».
«La lotta armata ha impedito lo sviluppo culturale, sociale e politico dell'Italia», ha detto Battisti ai pm.
«Battisti si è improvvisato scrittore. Non si improvvisasse storico. Spero che queste verità riescano a venire fuori anche senza una giustizia vendicativa come si è visto in questo caso. Mi dispiace che Battisti interpreti le lotte collettive a suo uso e consumo. Mi dispiace che si prenda la responsabilità dei suoi atti alle volte in senso personale, alle volte in senso collettivo: gli omicidi sono personali. Mi piacerebbe che le confessioni degli omicidi - che sono personali - non dovessero passare anche, sempre, per un'abiura. Non serve a capire alla verità ma a pensare a uno Stato in guerra: e per fortuna non siamo più in guerra».
2. L' EDITRICE FRANCESE: «IO NON CAMBIO IDEA HO FATTO BENE A CREDERE A UN AMICO»
Stefano Montefiori per il “Corriere della Sera”
Joëlle Losfeld è una editrice francese molto apprezzata. La maison che porta il suo nome fa parte del gruppo Gallimard e ha pubblicato due libri di Cesare Battisti: « Dernières cartouches » (1998), storia di un rapinatore che aderisce alla lotta armata, e « Cargo sentimental » (2003), racconto di un italiano che dopo gli anni di piombo si rifugia a Parigi.
Nel 2004 assieme a molti altri intellettuali francesi Losfeld prese le difese di Battisti.
Oltre che editrice è - tuttora - sua amica. Al telefono le diamo la notizia della confessione.
Signora Losfeld, ha saputo delle ammissioni di Battisti?
«No, non ne sapevo nulla, me lo dice lei adesso».
In questi anni ha cambiato opinione su di lui?
«No, perché ho letto con attenzione il libro di Fred Vargas La Vérité sur Cesare Battisti e ho saputo dei vizi di forma e della altre cose sconcertanti dei processi contro Cesare».
Ma i processi avevano accertato la verità, lui adesso ha confessato gli omicidi.
«Non sono esperta di diritto, immagino che siano gli avvocati ad avergli consigliato di ritornare sulla sua linea di difesa dopo essersi sempre proclamato innocente, ma non ne so di più».
Sa quanto in Italia si sia parlato del sostegno francese a Battisti. L' opinione prevalente è che da voi sia riuscito a spacciarsi per un nobile combattente della libertà quando invece era un delinquente.
«Ma anche in Francia sapevamo che ha cominciato come delinquente comune, e lui non lo ha mai negato, ha sempre detto di essere entrato in prigione per la prima volta per delitti comuni, ed è in prigione che si è politicizzato. Poi si è rifatto una vita in Francia, non ha mai più commesso delitti, si è conformato alla condotta richiesta dalla dottrina Mitterrand, cioè abbandonare la violenza e vivere tranquillamente».
Avete difeso Battisti che si era sottratto al processo, ma negli anni Settanta l' Italia non ha mai smesso di essere una democrazia, con un sistema giudiziario che tutelava i diritti dell' imputato. La percezione, anche a sinistra, è che Battisti sia riuscito a ingannare l' ambiente intellettuale parigino.
«So bene che Battisti in Italia è detestato, anche dalle persone che stavano dalla sua stessa parte politica, ma dobbiamo ricollocarci al tempo degli anni di piombo, in un contesto politico completamente diverso. C' era una guerra tra l' estrema destra e l' estrema sinistra, sono successe cose gravi, era un altro periodo.
Battisti e altri volevano rovesciare una classe politica troppo normativa. Adesso, io non ho vissuto gli anni di piombo, ho conosciuto Cesare Battisti in Francia, l' ho conosciuto come scrittore, mi ha raccontato la sua storia. Non c' era motivo per cui io non credessi alla sua versione. Voglio dire, non sono io che l' ho fatto venire in Francia, c' era un accordo tacito tra i governi italiano e francese. C' è anche il problema dei pentiti, che hanno accusato altre persone in cambio di sconti di pena, una volta che Cesare ha lasciato l' Italia qualcuno gli ha addossato tutte le responsabilità».
Pensa ancora di avere fatto bene a sostenerlo?
«Sì».
Lei sa quanto questo appoggio faccia discutere.
«Lo so, ho amici italiani che mi vogliono bene comunque. Sanno che ho difeso Cesare Battisti perché è un amico. Non faccio analisi politiche riguardo ai miei amici, credo a quel che mi dicono».
Ma adesso che lui riconosce i fatti non si sente tradita?
«Non sono abbastanza informata, non ho ancora parlato al telefono con la figlia e non conosco adesso la sua linea di difesa, forse non può fare altro che confessare. Io sono contraria alla lotta armata, mi sono impegnata a favore di Cesare, per anni e anni, indipendentemente dal fatto di essere una delle sue editrici, perché c' era una parola data dalla Francia e bisognava rispettarla. Lo abbiamo difeso perché la Francia aveva preso un impegno».
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lu-haynes · 8 years ago
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Io capisco le cose troppo tardi, arrivo sempre in ritardo quando si tratta di capire una battuta o dire la mia opinione in un discorso. Vivo completamente nel mio mondo da questo punto di vista. Ho sempre pensato fosse una cosa positiva. Me ne fregavo del comportamento delle persone che mi circondavano e forse, questo è stato uno degli errori più grandi commessi fino ad ora. Me ne fregavo troppo. Facevo dell'erba tutta un fascio e ignoravo le cose. In realtà sbagliavo e basta. Quando chiusi con te non pensai due volte a come ci eri rimasto o a degnarti di una risposta sincera. Ho chiuso e sono completamente sparita dalla circolazione, sono andata via per un mese e pensavo di stare bene. Mi sono distratta in tutti i modi possibili e non mi sei mancato per niente. Sono una ragazza vendicativa però, per quanto odi questa parte del mio carattere è sempre la prima ad uscire. Ci siamo sentiti dopo un paio di mesi, mi hai scritto tu. Non me lo sarei mai aspettata. Sono stata cattiva, se mi avessi chiesto in quel momento il perché, molto probabilmente non sarei stata sincera, non sapevo neanche il perché. Ho capito l'errore che ho fatto, o almeno pensavo di averlo capito. Ci ho riprovato, sono tornata da te ed era palesemente troppo tardi. Non mi sono mai spiegata il perché io sia tornata, fino a ieri. Ieri le mie amiche premevano per farmi uscire con un ragazzo. È stato l'unico dopo di te a farmi sentire in quel modo che conoscevamo solo noi due. Mi ha lasciata senza parole tutto ciò. Ieri ho capito perché mi sono vendicata ad agosto. Forse hai seguito il concetto ‘se ami qualcuno lascialo libero’. Sapevi che scappavo dalle persone e la prima cosa che mi hai promesso è stata proprio quella che mi avresti ripresa sempre. Alla prima occasione mi hai lasciata andare. Ho pensato fosse successo perché non ti avevo dimostrato nulla, perché ero costantemente gelosa e timida. In realtà mi hai lasciata andare perché volevi una persona accanto ma non volevi me. Capire questo dopo tutti questi mesi fa male. Sei stato l'unico ragazzo a cui ho dato tutta me stessa e avrei continuato a farlo fino alla fine. Mi hai illusa tutto il tempo ed ora eccomi qui a non saper dare una possibilità a questo ragazzo solo perché mi ricorda te.
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pangeanews · 6 years ago
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“E cominciò a mangiare il corpo del padre perché di lui non restasse neanche il ricordo”. Diario di Davide
“Senza gestire l’ignoto” significa, appunto, farsi azzannare dall’ignoto. Il carteggio tra Vera e Nathan si interrompe e cambia la ‘quinta’, la scenografia – e quindi la sceneggiatura. Qui si comincia a raccontare ciò che ha portato alla scrittura di quel carteggio, quale malia o malattia. Il ‘Diario di Davide’, ambientato tra il 2018 e i nostri giorni, ovviamente, è una finzione: una nube di pensieri scritti da un personaggio fittizio che si chiama così, Davide. Perché due persone, altrimenti sconosciute, scelgono di amarsi attraverso lo spettro della letteratura, indossando prodigiose maschere? Anche questa è una delle domande. Ringrazio, va da sé, Veronica Tomassini, complice in questa mia conversione narrativa.
***
Novembre 2018
Allora, non ho altro, quella è la parentela: la mia sorellastra che sgancia il corpo del padre dalla corda – la immagino lunghissima, la corda, perfora il soffitto, le nuvole, annodata direttamente alla caviglia di Dio, senza che per altro, nonostante gli strattoni (un suicida strappa Dio alla sua distrazione), Dio si accorga di lui. Poi allunga il corpo del padre in un luogo visibile, la piazza, di solito – a volte è il centro della basilica, poco prima delle scale su cui salta l’altare – l’importante è che sia sotto gli occhi di molti, sguardi che brillano di gioia – è toccato a lui, a lui, e se lui è morto noi siamo vivi, lui si è ucciso perché a noi sia concesso di vivere un tocco di più – e lo spoglia. Qui l’immaginazione aderisce alla realtà: Liv – mia sorella è stata chiamata così perché mio padre adorava Liv Ullmann, una delle svariate muse di Ingmar Bergman, quella di Persona e L’ora del lupo – è bellissima. Una bellezza geometrica, glaciale, che non lascia traccia di aggettivi, che è un rifiuto, senza ombra di sesso, vendicativa. Ingrid spoglia il padre e lo pulisce – tutta la ammirano perché pensano a un gesto di grazia, radicata, la figlia che prepara il padre alla rinascita nell’altro mondo, soltanto io so che così Ingrid impedirà a mio padre di morire, soggiogandolo a una memoria cattiva. Con attenzione piena di minuzie Ingrid leva le scarpe del padre, poi le calze, gli lecca i piedi, lecca nel groviglio tra le dita, poi risale, lecca ovunque, anche il cazzo che sembra muoversi come uno scorpione, è l’unica cosa ancora viva di mio padre. La chiamo, urlo il suo nome perché se ne ricordino tutti, mentre Ingrid morde e mangia le labbra di mio padre, poco prima che aspiri il naso, che succhi le palpebre come fossero ostriche. Dice “sono stata la puttana di tuo padre” – rimarca tuo padre, perché una volta, tentandola, credendo che distillare una parentela arcana fosse sufficiente a scoparla, mi aveva detto, quello non è mio padre, è tuo padre – forse sono invidioso perché il padre ha smerciato la mia primogenitura consegnandola a questa donna che ora lo sputtana pubblicamente – suicida, traditore, puttaniere, sputtanato. Poi torna a fare quello che fa, pubblicamente, Ingrid – indossa un tailleur molto elegante, ha studiato da avvocato a Parigi, d’altronde – si alza la gonna, scosta le mutande – ha gambe che sembrano soffio ed epitaffio – e si scopa mio padre, il morto, il suicida – e dopo che ne ha goduto si getta sul suo petto, che si apre, cremoso, e lo mangia. Incurante delle mie urla, Ingrid mangia mio padre, così tuo padre sparirà dalla faccia della terra, mi sembra che dica, forse mi sbaglio, forse mi perdona.
*
Si chiama Veronica e mi ha salvato – per questo non le chiedo di spogliarsi – è lei che con la sua richiesta mi ha spogliato. Che qualcuno ti richieda mentre precipiti fa dell’abisso una tenda e impone una crescita, un aranceto, dove non c’era che roccia – chiederti, proprio come si prega l’attenzione di un superiore che può organizzare la grazia o schiacciare il viso, fino all’esplosione. Mi ha scritto una mail – a me è sembrata un anello.
*
Dice che non ci vedremo, che non voglio vederla, questa cosa la turba, non le piace che la chiami ‘la Santa’ – eppure conosce il tessuto dell’assenza, sa che la carne è perentoria, è ostia, soltanto una volta, poi è la consuetudine del pasto. Dobbiamo saggiarci, prima dell’assaggio.
*
Proprio quando non ho più nulla se non una sorella che ha nove anni meno di me e da sette ha dichiarato di non volermi più vedere. Ammetto che mi esaltava unirmi con la sorella – ritrovarci dopo che il destino ci ha dannati, da destini dispari, e amarci, in spregio al mondo, un amore come una faglia, una di quelle faglie oceaniche che testimoniano lotte continentali e che il tormento e l’amore è la ragione del pianeta, e che è turbata per questo la contorta ideologia dei capodogli. Scopare mia sorella, edificare, insieme, in un’Asia della fantasia, una fila di figli, una foresta genealogica: questo pensiero dava oro alla mia lingua.
Proprio quando non avevo altro che questa fantasia disfatta – tra l’altro, quando mio padre si suicida, con il gas, il gas che costruisce un tessuto blu, giottesco, sul corpo del morto, in un paese di mare, squallido nel polline turistico, nel pollame delle chiacchiere, mia sorella aveva poco più di un anno, io quasi undici – arriva la sua domanda. Anzi una pretesa. Qualcosa di inequivocabile. Ho bisogno di essere percosso, picchiato – quindi di disobbedire – essere la sola preda che divora il predatore. Non avevo niente – neanche la ventenne che ho inondato di libri per una mezza stagione di lussuria – sono una mezza sega, in effetti, non vado mai meticolosamente in fondo, cado, piuttosto, appena tentenno Giustizia e Colpa, i demoni che mi ha scagliato addosso mio padre dalla tomba, cominciano a mordere, facendomi demordere da ogni istinto alla felicità, alla fede nell’io, all’impresa delle voglie.
*
So cos’è la deposizione e perché è importante pulire i piedi del morto: l’altro mondo è un cammino. In vita le mani servono ad afferrare, nell’altro mondo le mani sono ostaggio di altri, non le abbiamo, siamo monchi, mancanti, non ci resta che camminare, allenare fremito e fretta all’incontro. Gli angeli ci sequestrano le mani, perché siamo noi gli afferrati, e bocca e occhi sono dita. Ieri mi è arrivata, da valutare per un restauro, una Pietà di un ignoto belga del Seicento. Un Giovanni fin troppo turbato regge il corpo di Cristo, una enormità rispetto alla stazza del ragazzo, un tracollo di carne bianca e bluastra – ancora divina? Ai piedi del Cristo, come un cane sulla ciotola, la Maddalena, immagino, che gli succhia i piedi – ha un piede in bocca, sta bevendo dalla stimmate i residui di sangue. I piedi sono neri ed è certo che la Maddalena li mangerà, perché del Cristo non deve restare nulla, né corpo né traccia tra i cronachisti e gli storici, ma il ricordo, sbandato dalla contraffazione come ogni ricordo, e il buco in fronte dell’ostia.
*
Mi impediscono di vedere i miei figli – li guardo, così, da lontano, in macchina, quando escono da scuola, senza disturbarli, la loro gioia leggera e fragile, come se fossero figure di un quadro. Tutto sembra perfetto se non lo tocchi, se non lo inietti di parole.
*
Istigo i miei studenti a scoprire il mostro che si agita dentro di loro e dietro, ad accarezzarlo, a regalargli parole d’amore affinché non gli si rivolti contro. Spero nella loro mostruosità, piuttosto – e che me ne facciano dono – voglio perlustrare la loro indole per dominarla, appendere l’inconscio e lo sconosciuto al gancio di una mia parola. “Voglio essere adorato da tutti gli alfabetizzati”, dico a una donna complice nelle mie ovvie voluttà – ha una voluminosa fantasia e io la penso sempre, mentre immagino di lacerare qualcuno, come alla dama delle ninfe, a quella che prepara le ragazze alla mia sovranità. Ne adoro il cinismo, tipicamente femminile, la qualità nel carpire l’oscuro e l’immensità dell’immondo dietro gesti quotidiani, catodici, milanesi.
*
Veronica mi ha salvato – va detto che ai più paio un uomo intelligente, a volte volitivo, volenteroso, che sta dalla parte dei buoni – sono generoso, dicono, e quella che appare come aristocratica educazione è indifferenza. Probabilmente stai già pensando a come sedurre l’amica di nostra figlia quando sarà maggiorenne, mi dice ciò che fu di mia moglie. Mia figlia ha dieci anni – mia moglie ha talento nel farmi male, ma ha ragione. Ho bisogno di essere amato, il corpo è una effervescenza della mente, infine, è il frutto di una frugata e fuggitiva fantasia, di per sé non esiste, per questo quando Veronica insiste per vederci io erigo un’alba di avverbi e lì mi incurvo per cena.
*
Ciò che tocco si infetta: anche se amo nel bene, chi amo incorre nel male, lascio, dopo il mio passaggio, che è sempre parziale, un’armerie di parole insulse, di desideri inesauditi, esausti. Le lettere con cui corredo i miei amori – tutti drastici, naturalmente assoluti – sono teche piene di spade di antichi re del Nord, archi di Navaho, vestaglie di samurai in meditazione. Puri ornamenti, insomma. Quando mia moglie, nelle sue arcane ricerche, ha scoperto che ho avuto una relazione con una sua ex alunna, mi ha relazionato sul fatto che lei ha cambiato città, con il suo nuovo amore, pur di non vedermi. Addirittura. Secondo me è uno scherzo, perché non mi ricordo neanche il suo nome. Questo vuol dire che non ho la forza di amare o che “non hai il coraggio di essere amato”, come dice mia moglie? Entrambe le conclusioni sono troppo semplici: semplicemente, sto bene ovunque, mi adatto a soddisfare ogni corpo, poi, senza motivo, me ne disfo, sono stufo di me stesso, piuttosto, di ciò che sono. Per questo, tengo Veronica a distanza, in un mausoleo di verbi: non voglio che si corroda, che avvampi svanendo. Voglio che sia salva. Oppure. Sono io che non voglio salvarmi, perché salvezza significa anche morire.
*
Veronica è sorpresa dal mio entusiasmo – non so nulla di lei – remota ammirazione per l’onestà radiosa da cui scrive. Per scrivere Veronica ha bisogno di un contatto, di vedermi, almeno attraverso la voce – la voce è speculare agli occhi. Io invece ho bisogno di sapere che non ci vedremo mai, perché di noi diamo la cosa più cara a chi non può averne cura, allo sconosciuto – quello è il privilegio dell’amore, il pregio della fratellanza, lo sfregio.
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imthesuns · 6 years ago
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Oggi ho rivisto quella foto, quella che abbiamo aspettato con ansia venisse pubblicata su facebook, quella dove ci siamo io e te, sorridenti, insieme, a fare quel dannato aperitivo che ci ha da sempre contraddistinte.
Pensare che quella foto è di poco più di un mese fa, pensare che in così poco tempo è cambiato così tanto, pensare che non so neanche io come ci siamo arrivate a questo punto, pensare che credo di averti persa per sempre.
Credo che le cose si possano ricucire una, due volte, massimo tre, ma noi siamo già a quattro. Quattro volte in cui la nostra amicizia si è pian piano scucita senza all’apparenza nessun evento troppo significativo.
Non bastano dieci giorni insieme dalla mattina alla sera per recuperare un’amicizia ormai agli sgoccioli, adesso ne ho la certezza.
Mi manchi come l’aria ma non so come dirtelo visto che neanche mi guardi più negli occhi, per motivi di cui io non sono neanche a conoscenza. E probabilmente neanche me li dici per questione di orgoglio perché tanto con te è così, sei talmente testarda e orgogliosa che faresti cambiare idea anche ad un mulo.
Sei orgogliosa, testarda e vendicativa, fai un sacco di cose per ripicca, ma sei anche tremendamente comprensiva quando vuoi, sai ascoltare e aiutare, mi hai ascoltato e aiutato e per questo ti dico grazie. Sai voler bene a chi te ne vuole, nel mio caso senza mai troppe dimostrazioni di affetto, ma chissà forse in altri casi ci sono state e il problema sono io.
Lasciamo perdere tutti questi discorsi su di te, su come sei e sul tuo orgoglio.
Quella foto è un mese che la tengo tra le foto da pubblicare su instagram, ma non ho il coraggio di farlo perché ora come ora tutto è cambiato. Volevo pubblicarla subito e anche tu me l’hai detto, ma io lì per lì ho pensato “perché io devo pubblicarla e te no che non pubblichi mai foto con me e che tutte quelle che avevi sul profilo le hai tolte?” e quindi non l’ho fatto, forse se l’avessi fatto le cose non sarebbero andate così chi lo sa, ma dubito che tutto possa cambiare per una fottuta foto su instagram.
Fatto sta che quella foto mi fissa appena apro la galleria, è tra le mie preferite sai? Non mi toglierò mai di testa quel giorno, perché quel giorno mi era sembrato di riaverti con me.
Quella sensazione è durata quanto? Tre? Quattro giorni? Te l’ho anche detto, ma a quanto pare non è servito.
Mi piacerebbe tornare indietro, ma sfortunatamente non si può e io non posso rimediare a sbagli che non so di aver commesso se tu non mi parli e non mi dici quali sono.
Credo di averti persa, eri la migliore.
Ci sentiamo quando vuoi, io son qui, ti aspetto
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marvury · 7 years ago
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7, 18, 33, 42, 82, 108 Se non sono troppe 😊
7 • data di nascita — sono nata il 15 luglio del 99.18 • come definiresti il tuo carattere? — bella domanda, anon, sai che non lo so? insomma, non credo di saperlo definire bene, è una cosa che lascio fare sempre agli altri perché ne sono incapace, non è facile. ma ci provo.. allora, diciamo che io sono Cancro con discendete Sagittario, quindi diciamo che sono un bel disastro, un bel casino. sono lunatica, prima cosa, tipo che ora t’amo ma sempre ora ti devi levare dal cazzo però nel senso che mi devi coccolare ma non troppo vicino, quindi sì, sono un casino, però devo esser saper presa, diciamo, altrimenti mando tutto a puttane, come sempre. sono una ragazza abbastanza solare, tralasciando i momenti in cui mi isolo dal mondo e voglio stare sola, però nel contempo sono fin troppo empatica, purtroppo, e questa è la cosa che più odio di me, sono positiva sì, cerco sempre di vedere oltre la finestra di casa mia, ma nel contempo mi basta un briciolo di negatività per crollare. sono vendicativa, ma non sempre, insomma, anche qui interviene sempre il mio essere lunatica, a volte mi vendico senza cuore, altre lascio passare o altre inizio con l’essere cattiva però poi mi sento in colpa, mi salgono i sentimenti a palla e magari finisce anche che ci faccio pace con quella persona, perché sai, curare ed amare i sentimenti di una persona è sempre meglio e più bello di distruggerli. poi... sono logorroica, si è mica notato? parlo tanto, forse troppo. hm.. non so, anon, l’unica cosa che so è che sono abbastanza un casino, e le persone non sempre sono disposte ad amarti per ciò che sei, spesso provano a cambiarti, ma io non voglio perdermi, non più, per cui.33 • mai stato illuso? — sì, purtroppo sì, dalle amicizie e dalle “relazioni”, chiamale così poi, le metto tra virgolette perché, appunto, mi sono illusa, e quindi era tutto nella mia testa. 42 • blog preferiti? — non ne ho al momento, vedi, son stata via da Tumblr per un bel po’ di tempo e quelli che erano i miei blog preferiti ora non lo sono più, fortunatamente. personalmente credo che ogni blog sia il diario personale di una persona e quando definisci “preferito” lo stato d’animo di una persona che bene non sta, beh, allora non è una bella cosa perché significa che tra quelle cose ti ci rispecchi, e quindi non stai bene, e allora non è bello. 82 • ti senti, attualmente, felice al 100% di te stessa? — chi è felice al 100% di se stessi, anon? io credo che nemmeno le celebrità, quelle persone stra piene di soldi e di felicità davanti alle telecamere, in realtà sono felici al 100% con se stessi. ho lavorato su me stessa col tempo e quindi sì, un po’ sono felice di quel che ne è uscito fuori, ma certe volte non è abbastanza, certe volte non sono abbastanza e non vado bene, quindi bisogna ancora e ancora lavorare su me stessa, ma anche allora non sarò felice al 100%, insomma, ogni persona troverà sempre in sé qualcosa che non va. ci sono alcune cose che, purtroppo, non possono essere “migliorate” perché è come se non esistesse il grigio tra il bianco e il nero, quindi devi semplicemente adattarti a quella cosa e a te stessa, e allora non arriverai mai a quel 100%. 108 • è difficile per te ammettere di aver sbagliato? — bella domanda anche questa, anon... insomma, a volte sì - quando sono tanto arrabbiata, e a volte no, anzi, completamente no quando ci tengo a quella persona in particolare; perdere le persone per orgoglio, per non ammettere di aver sbagliato, è da folli, credo sia completamente errato, quindi in quei casi no, lo ammetto e basta anche se sono arrabbiata... però prima di arrivare alla conclusione di “hai ragione tu” preferisco sempre discuterne, “analizzare” per bene la cosa e parlarne, perché magari a volte non c’è nessun errore nelle cose, solo incomprensioni, quindi non si deve ammettere nulla.e tu, anon? cosa mi rispondi a queste domande?
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sophiaviator-blog · 7 years ago
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Svolta a Oriente
E a un certo punto, svolti a Oriente. Hai capito che i tuoi disagi, in Occidente, non sono compresi. Perché in Occidente non sono previste soluzioni per le malattie dell'anima. Non viene nemmeno presa in considerazione, l'anima. Ma sai bene, e lo sai perché lo senti, che il dolore che provi, viene proprio da lì, dalla tua anima. Ne devi masticare di oriente prima di arrivare a una qualche conclusione. Devi arrivare a credere che l'Oriente sia la risposta a tutto. Devi arrivare a convincerti che quelli lì hanno capito tutto. Il problema è che a un certo punto capisci che tu non potrai mai essere come loro, perchè loro ci sono nati, perché loro ce l'hanno nel DNA, perché loro e solo loro sanno come si fa. Puoi scimmiottare quello che fanno, ma non lo comprenderai mai. Un bambino di 5 anni nato da quelle parti ne sa più di te. Sa cos'è un mantra, quando usarlo e perché. Tu no, non puoi saperlo perché impari un mantra, lo canti e mentre lo fai ti concentri, credendo che concentrandoti funziona di più. E attendi... Fai attenzione, perchè quando ti concentri trattieni e quando attendi non vivi. Cerca di accorgerti di questo, quando ti concentri trattieni persino il fiato, respiri a malapena. E gli occidentali sono cintura nera di concentrazione. E trattengono... trattengono...e attendono... e nell'attesa si perdono tutto quello che c'è. E' necessario fare l'esatto contrario, nel canto di un mantra, come nella meditazione, nella preghiera, l'esatto contrario di trattenere: lasciar andare. Devi perdere completamente la concentrazione. Tu guardi uno Yogi mentre medita e sei convinto che è molto concentrato. Non è concentrato, è tutto l'opposto. In realtà ha semplicemente ceduto se stesso. Non ne siamo capaci, è difficilissimo, nessuno ci ha mai insegnato a fare una cosa del genere. Fin dalla più tenera età, veniamo educati a trattenere tutto. Tutto. Non è colpa dei nostri genitori, anche loro hanno ricevuto lo stesso trattamento, anche se in modo diverso. Quindi, invece di perdere tempo a cercare il colpevole, perché non proviamo a sistemare le cose? Lo so a cosa stai pensando: bene, finalmente ora ci dirà come si fa a sistemare le cose! Vediamo se mi piace quello che dice. Non contarci troppo. Io so solo una cosa: che se lo sapessi, non te lo direi. Perché non posso. Posso solo dirti cosa accade quando lo fai, così potrai imparare a riconoscere quei momenti, all'inizio. Sono le regole dell'iniziazione. Ci sono cose che nessuno ti può dire. Il motivo sono le strade solitarie. Ognuno ha la sua, non puoi usare la strada di un altro. Per questo nessuno ti può dire certe cose. Però, ogni tanto, i Maestri ci indicano la direzione. Spesso siamo distratti quando lo fanno, ma loro sono molto pazienti e ce lo ridicono, e ce lo ridicono ancora, in modo, a volte, sempre più violento. Se sarai fortunato, verrai coperto dall'ombra e scoprirai, con orrore, dopo esserti tuffato nell'amore incondizionato, dopo essere riuscito, anche per brevi istanti, ad amare i tuoi nemici, dopo esserti sentito, anche se per pochi momenti, in pace con il mondo, scoprirai di non essere capace ad amare. Perché non si può farlo per pochi istanti. Non si può farlo "a volte". Ti rendi conto che non basta e che di base, tu sei sempre tu, con i tuoi rancori, con le tue sconfitte, con i tuoi demoni, con i tuoi brutti ricordi che tornano e tornano e tornano, e ti accorgi che il passato non è passato affatto. E' lì, con te, ovunque tu vada. E' lì insieme alla paura del futuro. Cerchi di stare in equilibrio tra il disgusto del passato e il terrore del futuro. E tu sei lì, in mezzo, qualunque cosa significhi in mezzo. Forse c'è il presente in mezzo? No, se fossi nel presente non ti sentiresti in trappola e comunque il presente non si colloca in nessun luogo. Si potrebbe dire che il presente è il centro, ma non è il centro rispetto a un avanti o a un indietro, rispetto a una destra o una sinistra. Il presente è uno strano centro, che ingloba tutto. Il presente è l'Inizio, il luogo da cui tutto parte, perfino il passato comincia da qui. Di fatto, quando modifichi il presente, viene modificato anche il passato. Chissà quante volte l'hai fatto e non te ne sei accorto. Il presente è il contenitore delle rivelazioni. E' fuori da ogni logica? Per questo è così bello, così affascinante. E' pazzesco, ma è vero. La cosa difficile, l'unica cosa davvero difficile è modificare il presente, per un solo, piccolo motivo: non sei quasi mai nel presente. Non sei quasi mai presente. Non lo conosci, per questo non lo sai governare. Il presente è l'unica cosa che c'è e al contempo è la dimensione più ignota per noi. Quindi, dove sei? Il tuffo nell'ombra è spaventosamente emozionante e capisci che tutto il tempo impiegato in direzione Oriente non è stato vano. Ti ha insegnato una grande cosa: che puoi provare a guardare senza giudicare. Che puoi provare a guardare senza giudicare. Non è un refuso, è ripetuto due volte, perché è davvero importante. Un pochino hai imparato a farlo e ti accorgi che è il momento e il luogo giusto per provarci davvero, con l'unica cavia che hai a disposizione: te stesso. E allora non trattieni più. Cominci a lasciar emergere senza cercare di sopprimere, anche se quello che emerge spesso non è piacevole, a volte è orribile, ma tu stai lì e guardi.Hai imparato che non c'è nessuno lì fuori che ti giudica, solo tu lo fai. E se smettessi di farlo? Allora tutto è quello che è e basta. Se sarai paziente con te stesso nell'osservare quello che emerge, l'ultima cosa che emergerà dall'ombra sarà una rabbia furente, ma non vendicativa. Sei arrabbiato, cazzo se sei arrabbiato. Ma non è una rabbia cattiva, è una rabbia libera che non è arrabbiata con qualcuno in particolare. Quella è la tua parte creativa che è arrabbiata perché è stata addomesticata, quella parte di te che non ha mai potuto esprimersi, e tu la guardi con amore riverente, permettendole di essere arrabbiata, rispettando tutta quella rabbia che ti rende così... umano. E comprendi, con immensa gratitudine, che forse era proprio l'umano che dovevi cercare, prima del divino. E ti rendi conto di essere nel posto giusto, perché il luogo in cui sei è perfetto per essere umano. Allora la rabbia non ti fa più disgusto, la paura non ti fa più paura e tu, che ti sentivi sbagliato, cominci a sentirti a casa. Ora lascia andare anche l'Oriente, non ne hai bisogno, tanto le cose importanti ti resteranno appiccicate addosso, belle o brutte che siano. Purché importanti. Ecco, ora non sei più nessuno, il tuo nome ti suona strano. Quando ti chiamano ancora ti giri, ma non sai nemmeno tu perché. Passiamo la vita a cercare un modo per aggregarci, per fare parte di qualcosa, un partito politico, una religione, un'associazione, un circolo culturale, una famiglia, un fun club, qualsiasi cosa che crei "un gruppo". Ma a un certo punto ti viene voglia di fare il cane sciolto. E' bellissimo essere un cane sciolto, perché puoi infiltrarti ovunque senza far parte di niente, e a mezzanotte, cascasse il mondo, te ne torni a casa e domani deciderai dove vuoi andare. Perderai molti "amici". I parenti, che prima di vedevano "strambo", ora non ti riconosceranno più e cominceranno a pensare che sei irrecuperabile. In effetti lo sei, per fortuna. Da certe strade non si torna indietro, perchè ti crollano dietro dissolvendosi. Intere lunghissime autostrade crollano sotto il peso leggero dei tuoi passi, quello è il momento in cui si legge, nei testi antichi: non voltarti! Non voltarti a guardare o ti trasformerai in una statua di sale o di pietra oppure ti incenerirai. Non voltarti a guardare, vai avanti, dietro non c'è più nulla da vedere e quel nulla, quell'immenso nulla potrebbe farti impazzire. Non voltarti, vai. E subito sorge la domanda: dove? No, non farlo! Non soffermarti su questa domanda, non "perdere tempo" in questo modo! E' bellissimo perdere tempo, ma non così. Siamo programmati per programmare, dobbiamo sempre sapere dove, quando, cosa e perchè. Lascia perdere. Lascia perdere. Chissenefrega, tu vai e guarda, vai e osserva, vai e respira. Vai. La vita non si può programmare, mai. Tu vai, e vivi.
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