#festa della Luna
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L'autunno è una seconda primavera dove ogni foglia è un fiore (Albert Camus)
Benvenuto autunno, dai colori caldi e dei dolci frutti. Sei la stagione della vendemmia e del buon vino, ci coccoli con la dolcezza dell’uva, delle mele, dei cachi, della zucca, regalandoci i frutti di ciò che i contadini hanno seminato, coltivato con tanta fatica e ora iniziano a scegliere i semi che daranno vita a nuovi raccolti in primavera, facendoli essiccare e conservandoli al fresco e al…
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Serata cinese al Cityplex Moderno di Sassari
Non uno di meno Sassari. In occasione della Festa della Luna, chiamata anche Festa di metà autunno poiché cade nel quindicesimo giorno dell’ottavo mese lunare (quest’anno il 29 settembre), il Cityplex Moderno di Sassari organizza una serata all’insegna della Cina. Alle 19 è in programma la proiezione, in lingua originale con sottotitoli in italiano, del film “Non uno di meno” del maestro Zhang…
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La 416ª Fiera di Santa Caterina porta tradizione e divertimento a Novi Ligure
Bancarelle, Luna Park e attività per tutte le età dal 22 al 25 novembre nel centro storico di Novi Ligure.
Bancarelle, Luna Park e attività per tutte le età dal 22 al 25 novembre nel centro storico di Novi Ligure. La città di Novi Ligure si prepara a celebrare la 416ª edizione della Fiera di Santa Caterina, una delle più antiche e amate tradizioni locali, che quest’anno promette di animare il centro storico con bancarelle, divertimenti e attività per grandi e piccini. L’evento si terrà dal 22 al 25…
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Chi l'avrebbe mai pensato che per vivere un po' di magia celtica sarebbe bastato andare ai colli della mia città in questa notte di San Giovanni e seguire la tradizione di questa festa nella versione cristiana che non si discosta di molto dalla Beltane celtica, anche qui fanno da protagonisti il legame della vita contadina con i quattro elementi e i balli "attorno" al fuoco, oltre che l'acqua come purificazione e il salto del fuoco come prova per suggellare una promessa ed anche l'acqua-rugiada da tenere in un barattolo di vetro sul davanzale della finestra durante una notte di luna piena, il che somiglia davvero molto al rituale dell'acqua lunare, tant'è che anche in questo caso al mattino bisogna lavarsi il viso con quest'acqua caricata di energia spirituale; inoltre entrambe le feste segnano l'inizio dell'estate.
La festa di San Giovanni
La notte di San Giovanni tra il 23 e il 24 giugno si celebra una festa antichissima probabilmente risalente all'epoca italica, è la festa dei fuochi tant'è che dopo 6 mesi da questa festa ci troviamo nel periodo natalizio con un fuoco che contiene il sole che si fa via via più debole e con le giornate sempre più corte, mentre durante questa festa che corrisponde al giorno più lungo dell'anno abbiamo il fuoco di San Giovanni che purifica e che segna l'inizio del periodo più importante del ciclo calendariale agrario cioè il tempo del raccolto. Altro elemento purificatore è l'acqua, infatti il rituale del ramajietto prevede due prove quella dell'acqua e quella del fuoco da fare insieme alla persona che si sceglie come compare o commare a fiure.
In questa notte magica fiorisce la felce e quindi è la notte perfetta per scambiarsi dei mazzi di erbe aromatiche, i ramajietti, in cui ogni pianta ha la sua simbologia. Come ad esempio l'iberico, l'erba di San Giovanni i cui fiori gialli ricordano il sole e dai quali se vengono strofinati esce un succo rosso che richiama il sangue versato da San Giovanni, e attraverso questo scambio si rafforza il legame di solidarietà e d'amore tra le due persone che diventano più che parenti, appunto compare quindi come un padre e commare come una madre.
Un tempo questa festa avveniva nelle buie campagne dove a illuminare c'erano tanti fuochi accesi in ogni contrada, e si aspettava l'alba danzando la quadriglia intorno al fuoco e andando in spiaggia ad attendere il sorgere del sole e dentro al sole si doveva riuscire a vedere la testa di San Giovanni che si bagna per tre volte nell'acqua, inoltre una volta arrivata l'alba ci si bagnava nella rugiada come ad iniziare una nuova vita purificati, oppure si raccoglieva la rugiada in dei barattoli di vetro e dopo averla lasciata sul davanzale della finestra per tutta la notte ci si lavava il viso purificando così anima e mente oppure ancora si rompeva un uovo e si conservava l'albume dentro un bicchiere d'acqua tenendolo sul davanzale della finestra, al mattino l'albume aveva preso una forma particolare e la tradizione vuole che la forma di un grande e maestoso veliero simboleggi un anno meraviglioso, mentre quella di una barchetta più piccola un anno un po' così così in cui bisogna darsi da fare e remare per renderlo migliore.
Questa quindi è una festa contadina legata al ciclo calendariale agrario motivo per cui il simbolo del ramajietto è proprio un mazzetto di nove erbe aromatiche e medicinali legate quindi alla natura e ai suoi elementi: il sole e quindi il Fuoco, l'Acqua, l'Aria e la Terra che si ritrovano insieme in questo simbolo. Queste erbe rappresentano le sensibilità come la vista, l'olfatto e la meraviglia della natura, motivo per cui la civiltà contadina ricorreva a queste piante nel momento del bisogno.
Il rituale del ramajietto:
Viene prima di tutto pronunciata la promessa di volersi sempre bene davanti alla fontana:
Cumpare e cumparozz facemc ste nozz
Se ci vulem bene a lu paradise c'artruvem
Se male ci purtem a l'infern ci niem
Dopo aver pronunciato insieme questa promessa per sugellarla ci si abbraccia.
Dopodiché tenendosi per mano si fa il salto del fuoco e infine se questo vincolo viene accettato con impegno si conferma riconsegnandosi il ramajietto il giorno di San Pietro e Paolo, quindi dopo una settimana di riflessione.
Costumi tradizionali:
Per quanto riguarda le dame, queste indossavano abiti tradizionali del paese in cui vivevano, perché ci sono differenze tra i paesi sulla costa e quelli dell'entroterra in particolare i colori vivaci e il corpetto più alto e robusto per la costa e più basso ad esempio nel chietino, inoltre il costume della costa poteva venire arricchito di seta, frutto del commercio marittimo dell'epoca. Entrambe impreziosite con la classica presentosa abruzzese, anch'essa con le sue varianti in base alla zona, si tratta di un gioiello con intarsi in filigrana a riccioli o ad altre forme, dorata e a forma di stella con molteplici punte e uno o più cuori al centro. Inoltre l'abito cambiava nel momento in cui sposandosi si andava a vivere in un paese differente, indossando quindi quello del posto.
Invece gli uomini indossavano tutti delle vesti molto simili tra loro perché non volevano essere riconosciuti.
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Questo è uno di quei post dove per raccontare un episodio devo fare tutto un giro assurdo, quindi adesso mi armo di santa pazienza, ma siete dispensati dal fare altrettanto e passare oltre. Non è un post politico, anche se può sembrare tale, non faccio più politica sui social da anni ormai, sono in una fase della vita dove mi interessa parlare con le persone, non schierarmi in una curva, pur non togliendo nessun valore al dibattito (e anche allo scontro, purché civile) politico.
L'episodio in sé è una festa di compleanno del 28 ottobre, davanti a me c'è un mio amico russo, Yuriy. Siamo a tavola, si parla di tante cose, sta per arrivare Halloween, e si scherza su usi e costumi tra Italia e Russia, e io tiro fuori quella gag stranota di Vincenzo De Luca che, sul suo canale, al grido di ALLAUIN in pieno Covid, minaccia chiusure, segregazioni, pattugliamenti armati e coprifuoco mai visti.
Congelate un attimo questo istante, perché devo parlarvi di due cose, della mia gente, i campani, e della storia della presidenza della Regione Campania.
Premetto che ho viaggiato e lavorato in talmente di quei posti da poter dire che Gennaro Savastano aveva ragione quando diceva 'a merd sta a tutt part, ten sul culor divers, quindi non cado più nei tranelli dipinti da quegli imbecilli che liquidano malamente realtà lontane nascondendo la propria sotto al tappeto, dato che il dito è sempre stato più facile da guardare rispetto alla luna, ma è un fatto che il tessuto sociale della mia terra è costruito nel quotidiano di espedienti e micromeccanismi sul bordo della legalità che fanno "sistema", nella maggioranza dei casi a danno della collettività, a volte gestibile, a volte distruttivo. Avevo già scritto tanto tempo fa qui una famosa battuta di Riccardo Pazzaglia,
Eeeehh galera ... galera ... Professo’, voi mi state trattando come se avessi commesso chissà quale delitto. E invece, in questa casa, non ci sono delitti da scoprire o, se ci sono, sono delitti di ordinaria amministrazione, piccoli sotterfugi, piccole invenzioni per sopravvivere. Quanto a voi, Dott. Cazzaniga, voi siete milanese: certe cose non le potete capire. Voi dovete sapere che, a Napoli, siamo tutti assassini ... nous sommes tous des assassins, come diceva Jean Gabin. Però con questa differenza: che da noi ci sono delinquenti colpevoli e delinquenti innocenti. Se voi, in questo palazzo, entrate in tutte le case, voi troverete almeno un delinquente innocente.
e questo pensiero, che trovo stupendo e che rispecchia fedelmente la quotidianità della mia terra, ha un grandissimo limite, ovvero che funziona con persone come la figura impersonata da Pazzaglia (un artista che, squattrinato e in un perenne stato di necessità, vendeva dei falsi d'autore, spacciandoli per originali, tuttavia con delle storie di vita familiare inventate al momento e con tanto di rappresentazione teatrale), persone che hanno una coscienza sociale solida e un rispetto profondo per la propria comunità (i delinquenti innocenti), ma quando questo pensiero lo trasferite nella testa di coloro ai quali queste cose mancano (i delinquenti colpevoli), allora quel pensiero sarà la giustificazione perfetta dei propri atti per, nella migliore delle ipotesi, un balordo coglione, o nella peggiore, ovvero il disperato che non ha nulla da perdere, per un potenziale soldato della camorra. E questo è uno dei grandi punti dolenti della mia terra, non è, e lo ribadisco, l'origine dei mali, ma ne è uno dei vettori.
Passiamo adesso ai Presidenti di Regione. Non posso tornare indietro fino a Garibaldi, ma posso parlarvi di coloro dei quali ho una memoria politica più o meno valida, ovvero da Rastrelli in poi.
Rastrelli, 1995, beh, che dire, il classico governo FI/MSI (pardon, AN) degli amici che quando non c'era più da magnare rovesciarono il tavolo, dando l'opportunità ad un mastelliano (Losco, 1999) per un anno di mantenere lo status quo. 5 anni dove non è successo praticamente un cazzo.
Nel 2000 arriva Bassolino, DS (ex-ex-PD, per i più giovani). Sulla carta, l'uomo giusto. E' stato un ottimo sindaco di Napoli, nulla da dire, e sarebbe andato alla grande anche come Presidente della Regione, però aveva un grosso limite, ovvero che la regione non era arte sua, e il problema stava nel fattore di scala. L'ordine di grandezza dei problemi, da Napoli ad un intera regione, non è ovviamente lo stesso, e questo salto non l'ha retto, soprattutto nel suo secondo mandato, è vero, afflitto da vicende giudiziarie dalle quali ne è uscito pulito, ma ad ogni modo vittima di un immobilismo politico che, a mio parere, si sarebbe verificato anche in una carriera tutta rose e fiori. La Maionchi direbbe: bene, bene, bravo, ma per me è no.
Dopo 10 anni, arriviamo a Caldoro, 2010, FI (diciamo piuttosto un prodotto delle ceneri del PSI, ma la zuppa è quella). Nonostante il mio tono vagamente supponente, non avrei delle critiche da fare alla persona, anzi, Caldoro per me è quel classico bravo ragazzo figlio di papà del liceo tutti 10 in pagella che viene rovinato dagli amici, fosse per lui farebbe tutto a modino e non torcerebbe una ala ad una mosca, ma poi arriva l'amico di banco con la mano sul pacco e il rutto in canna, gli piscia sul compito di matematica e lui muto. Tradotto: ci provò anche a sistemare qui e là, talvolta con successo, ma poi una volta caduto Cosentino e tutto il sistema camorristico che ci girava intorno, anche la storia di Caldoro finì. Chi vuole capire capisce.
E arriviamo al nostro eroe, Vicienz pall 'e fierr De Luca, imperat ... ehm, governatore dal 2015. Ecco, diciamo che De Luca è la versione brutta di Bassolino. Uno dalle idee chiare, purché siano le sue, le cose le fa, e anche molto di più dei suoi predecessori, ma con questa condizione: se ti stanno bene, ok, altrimenti attaccati al cazzo, perché se non capisci il bene che sto facendo a questa terra sei un coglione. Uno frenato dalle leggi e dalla costituzione, altrimenti 'na chianett a mana smerz (= ceffone dato di dorso) te la darebbe volentieri, e non tanto come forma educativa, ma perché lui ha ragione e tu hai torto, e non ci sono altri argomenti. Un fascistone, quindi? Mmmm, sì e no, ciò che lo salva da essere un vero fascista alla Storace o La Russa è che è una persona studiata, a Napoli si direbbe nun è l'ult'm strunz, però purtroppo sì, la botta gliela dà. Ora, il punto del mio ragionamento non è fare un post pro o contro De Luca, quanto sottolineare il fatto che, al di là della persona dai modi discutibili, sono abbastanza convinto che lui sappia benissimo che, per governare una regione come la Campania, dato il ragionamento che ho fatto sopra sul "campano medio", l'unico modo è, sì, legiferare, e si spera legiferare bene, ma quando serve la pedata nel culo è necessaria, perché altrimenti si ricade sempre in quel substrato anarchico che è stampato nel nostro DNA, e che, se lasciato libero, purtroppo danni ne fa, e Bassolino questa cosa l'ha provata sulla pelle, arrivando al punto tale da non poter combinare più nulla. Lo so, è populista come ragionamento, e tanto è. Anzi, adesso ci arriviamo al populismo quello vero, tenetevi forte.
Io non so se avete avuto il coraggio di seguirmi fin qui, ma se ci siete riusciti, mettiamo finalmente insieme i pezzi. Ritorniamo alla festa di compleanno e la mia chiacchierata con Yuriy.
Nel mio racconto della storia della mia terra, tutti i vari cazzi (per quello che può essere stato possibile fare in un paio d'ore), in particolare il discorso di ALLAUIN del 2020, dove Vicienz temeva che, senza una posizione da calci nel culo, il campano medio se ne sarebbe bellamente fottuto dei distanziamenti e delle regole, mi è uscita, vi giuro, ma tipo un istinto riflesso, io manco ci ho pensato, una roba così
visti tutti quelli che han governato prima di De Luca, alla fine vince e vincerà lui perché non c'è un'alternativa, chi ci metti, quelli che non hanno mai prodotto nulla?
e lui, da cittadino di San Pietroburgo, mi ha freddato con
questa è la stessa identica frase che dice la mia gente quando supporta Putin
Ora, premesso che provai disperatamente ad arrampicarmi sugli specchi, fallendo, l'ultima cosa che voleva fare Yuriy è fare un paragone sulla persona tra Putin e De Luca, anche perché lui non sapeva manco chi cazz è Vincenzo, e infatti qui il punto non è tanto sul personaggio, quanto sul fatto che una persona forte al potere, può essere pure Gesù Cristo, crea di fatto un sistema subdolo di condizionamento nella scelta, ed è un processo purtroppo fisiologico, iniziamo a barattare spirito critico con la fiducia parzialmente poggiata sulla pigrizia, magari di più sulla paura di tornare indietro. Non ho più potere di voto in Campania, ma se potessi, io non avrei problemi a votare di nuovo lo sceriffo, però, dopo la mia chiacchierata con Yuriy, penso che nella cabina elettorale ci passerei stavolta molto più tempo, mi tremerebbe quasi la mano, perché sentirei che dietro quella X non c'è più quel pensiero naïve di credere ciecamente che Vincenzo sistemerà tutto, e lo ripeto, non perché De Luca non ne sia capace, magari ci riesce, ma lo stramaledetto punto qui è un altro, è che dietro quel voto, quella conferma, io ho aiutato a mettere l'ennesimo mattoncino su un qualcosa che, prima o poi, potrebbe diventare più grande di me, e, Dio non voglia, un qualcosa contro la quale un giorno potrei non riuscire a farci più nulla.
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MÁQUINA: IL PUGILE | GAEL GARCÍA BERNAL E DIEGO LUNA OSPITI ALLA FESTA DEL CINEMA DI ROMA
Gael García Berna e Diego Luna, protagonisti della serie originale Máquina: il pugile, saranno ospiti alla diciannovesima edizione della Festa del Cinema di Roma per presentare la serie in Italia. Dopo una sconfitta devastante, Esteban “La Máquina” Osuna (Gael García Bernal) si trova a un punto morto della sua carriera da pugile. Fortunatamente per lui, il suo manager e migliore amico Andy Lujan…
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la sfera gira lentamente
XXXV - NOCTURNO Del pueblo en fiesta, rojamente iluminado hasta el cielo, vienen agrios valses nostálgicos en el viento suave. La torre se ve, lívida, muda y dura, en un errante limbo violeta, azulado, pajizo... Y allá, tras las bodegas obscuras del arrabal, la luna caída, amarilla y soñolienta, se pone, sobre el río. El campo está solo con sus árboles. Hay un canto roto de grillo, una conversación sonámbula de aguas ocultas, una blandura húmeda, como si se deshiciesen las estrellas... Platero, desde la tibieza de su cuadra, rebuzna tristemente. La cabra andará despierta, y su campanilla insiste agitada, dulce luego. Al fin, se calla... A lo lejos, hacia Montemayor, rebuzna otro asno... Otro, luego, por el Vallejuelo... Ladra un perro... Es la noche tan clara, que las flores del jardín se ven de su color, como en el día. Por la última casa de la calle de la Fuente, bajo una roja y vacilante farola, tuerce la esquina un hombre solitario... ¿Yo? No, yo en la fragrante penumbra, celeste, móvil y dorada, que hacen la luna, las lilas, la brisa y la sombra, escucho mi hondo corazón sin par... La esfera gira, blandamente... da J. R. Jiménez, Platero y yo
Dal villaggio in festa, illuminato di rosso fino al cielo, provengono aspri valzer nostalgici nel vento lieve. La torre si vede, livida, muta e dura, in un limbo vagante di colore viola, bluastro, paglierino... E là, dietro le buie cantine del sobborgo, la luna calata, gialla e sonnolenta, tramonta sul fiume. Il campo è solo con i suoi alberi. C'è un canto spezzato di grilli, una conversazione sonnambula di acque nascoste, una mitezza umida, come se le stelle si sciogliessero... Platero, dal tepore della sua stalla, raglia tristemente. La capra sarà sveglia, e il suo campanello insiste agitato, poi dolcemente. Infine, tace... In lontananza, verso Montemayor, un altro asino raglia... Un altro, poi, presso Vallejuelo... Un cane abbaia... La notte è così chiara che i fiori del giardino mostrano il loro colore, come di giorno. Presso l'ultima casa della Calle de la Fuente, sotto un lampione rosso e ondeggiante, un uomo solitario gira l'angolo... Io? No, io nella penombra profumata, celeste, mobile e dorata, fatta dalla luna, dai lillà, dalla brezza e dall'ombra, ascolto il mio cuore profondo, senza pari... La sfera gira, dolcemente... Tradotto con DeepL.com (versione gratuita)
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Nettuno ti giuro nettuno
Oggi la fase depressiva domenicale è iniziata più presto del solito. In genere attende la discesa del sole e il passaggio dal grigio chiaro del cielo al grigio scuro, prima di divenire nero smog. Sarà perché nevica da qualche giorno e Vienna sembra uno di quei pandori spolverati di zucchero a velo che sono rimasti dimenticati in dispensa da Natale, oramai passato da tre settimane.
Nel solito bar dove mi reco per continuare a scrivere il manoscritto e che oramai chiamo scherzosamente "il mio ufficio" la barista ha visto che insieme a me era entrata una nuvola carica di tristezza che non è abituata a vedere. Sarà perché ho smesso di provarci con lei e sono passato alla completa onestà e quindi ti becchi anche tutto quello che è nascosto dietro le battute e i sorrisi. Mi ha chiesto cosa avessi, se fosse successo qualcosa ieri sera. Ci ho pensato e vediamo, sono uscito, andato a una festa con un amico che dopo 15 minuti ha conosciuto una signora e dopo 25 minuti stavano limonando duro. Potrebbe essere gelosia? Non del mio amico, ma del non aver limonato? No, non credo. Che noia limonare a caso alle feste. Parlare di come riportare in alto Rifondazione Comunista ecco quello è un modo per farmi eccitare di brutto il sabato sera. Forse sono state le troppe birre che ho bevuto perché la festa era abbastanza divertente ma piena di sudamericani e io da italiano mi domandavo tutto il tempo, ma perché noi italiani, che apparteniamo al ceppo latino, non possiamo definirci latini? Nel senso di Jennifer Lopez che dice I'm a LATINA. Magari perché non abbiamo conquistato territori assolati esportando la nostra lingua, al contrario degli spagnoli e dei portoghesi, però Colombo non era italiano? Genovese? Ok oggi non riesco a connettere e le birre si fanno sentire sto pensando a rallentatore, ho dimenticato tutto quello imparato a scuola. Diciamo che mi sta sul cazzo essere a una festa piena di appartenenti al mio ceppo e non sentirmi parte dello stesso ceppo. Ecco. Insomma ho esitato a rispondere alla barista ma poi l'ho fatto, ho raccontato della serata e della solitudine domenicale viennese e delle birre e dei pensieri ovattati dalla neve.
- È successo qualcosa ieri notte? - No. È proprio perché non sta succedendo qualcosa da molto tempo che mi sento così. Vorrei accadesse qualcosa. Ogni domenica aspetto sempre che qualcosa accada e invece alla fine l'unica cosa che accade è il lunedì. Meno male che accade il lunedì sarebbe brutto si fermasse il susseguirsi dei giorni.
Ahinora (la barista) si ferma a guardarmi e poi dice. - Sai, ieri ho investigato un po' perché anche io mi sentivo strana e alla fine è nettuno che sta passando attraverso la dodicesima casa e scombussola ogni cosa e quindi... - Ma che cazzo stai dicendo? - ... e poi c'è la luna che si oppone al transito di... - Tu non sai quanto vorrei credere a ste cose e avere pianeti da colpevolizzare per il mio umore di merda e l'aver allontanato tutti negli ultimi anni per paura di essere ferito nuovamente o di ferire, sarebbe così bello crederci! E invece che faccio? Passo le domeniche ad ammazzarmi di seghe mentali e scrivere. - Tu non capisci niente Matteo, non è una religione che ci devi credere, sono fatti, i pianeti influenzano i... - Io mi siedo, hai ragione tu, se passa nettuno digli che ha rotto il cazzo da parte mia, che non è che siccome è un pianeta grande e grosso può permettersi di fare il bello e il cattivo tempo con il mio umore e poi ah, un macchiato per favore! - Il solito con latte d'avena? - Bravissima. Il solito. Non sono pronto alle novità. - Non hai detto prima che vorresti che qualcosa di nuovo accadesse? - Vero. L'ho detto. Hai ragione. Ma non credo sarei in grado di affrontare un caffè nuovo ma disgustoso, rovinerebbe ancora di più questa giornata già resa impossibile da nettuno! - Vaffanculo. Vai a sederti al tuo posto e mettiti a scrivere. - D'accordo capo!
Ultimamente sto bene solo quando scrivo. Quando faccio vivere nei miei racconti persone inesistenti, create per farmi ragionare. O persone scomparse, che ho cacciato e trasformato in apparizioni per non dover affrontarle più.
La prossima storia che scriverò parlerà di me che mi sbatto un casino, divento uno scienziato famosissimo, poi presidente dell'intero mondo, poi tiranno assoluto, poi investo ogni risorsa rimasta del pianeta per creare un missile razzo nucleare micidiale e spararlo e far esplodere nettuno solo per poter andare da Ahinora e dirle: "Allora, senza nettuno come ti senti? Cosa ti sta influenzando oggi? La dodicesima casa di stocazzo oppure la smettiamo di dire stronzate e ci mettiamo a lavorare su noi stessi?". - Come fai tu Matteo? Sei tu l'esempio che dovrei seguire?
Dannazione. Ha ragione. Non so che dirle. Me lo sentivo che a renderla un personaggio di una storia sarebbe diventata più intelligente di me.
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Voci di Terra e Mare: Celebrazione della Diversità Culturale a Sole e Luna
L’invito di Renzo e Carmelina per il prossimo evento “Voci di Terra e Mare” promette di essere una festa vibrante e inclusiva della diversità culturale. Questa iniziativa, organizzata da Sole e Luna, mira a riunire persone di diverse origini per condividere storie, esperienze e culture attraverso la musica, la letteratura e il dialogo. Un Evento Ricco di Significato L’evento si terrà quattro…
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C'era una volta, là
dalle parti di Chissà,
il paese dei bugiardi.
In quel paese nessuno
diceva la verità,
non chiamavano col suo nome
nemmeno la cicoria:
la bugia era obbligatoria.
Quando spuntava il sole
c'era subito una pronto
a dire: "Che bel tramonto!"
Di sera, se la luna
faceva più chiaro
di un faro,
si lagnava la gente:
"Ohibò, che notte bruna,
non ci si vede niente".
Se ridevi ti compativano:
"Poveraccio, peccato,
che gli sarà mai capitato
di male?"
Se piangevi: "Che tipo originale,
sempre allegro, sempre in festa.
Deve avere i milioni nella testa".
Chiamavano acqua il vino,
seggiola il tavolino
e tutte le parole
le rovesciavano per benino.
Fare diverso non era permesso,
ma c'erano tanto abituati
che si capivano lo stesso.
Un giorno in quel paese
capitò un povero ometto
che il codice dei bugiardi
non l'aveva mai letto,
e senza tanti riguardi
se ne andava intorno
chiamando giorno il giorno
e pera la pera,
e non diceva una parola
che non fosse vera.
Dall'oggi al domani
lo fecero pigliare
dall'acchiappacani
e chiudere al manicomio.
"E' matto da legare:
dice sempre la verità".
"Ma no, ma via, ma và ..."
"Parola d'onore:
è un caso interessante,
verranno da distante
cinquecento e un professore
per studiargli il cervello ..."
La strana malattia
fu descritta in trentatre puntate
sulla "Gazzetta della bugia".
Infine per contentare
la curiosità
popolare
l'Uomo-che-diceva-la-verità
fu esposto a pagamento
nel "giardino zoo-illogico"
(anche quel nome avevano rovesciato ...)
in una gabbia di cemento armato.
Figurarsi la ressa.
Ma questo non interessa.
Cosa più sbalorditiva,
la malattia si rivelò infettiva,
e un po' alla volta in tutta la città
si diffuse il bacillo
della verità.
Dottori, poliziotti, autorità
tentarono il possibile
per frenare l'epidemia.
Macché, niente da fare.
Dal più vecchio al più piccolino
la gente ormai diceva
pane al pane, vino al vino,
bianco al bianco, nero al nero:
liberò il prigioniero,
lo elesse presidente,
e chi non mi crede
non ha capito niente.
Gianni Rodari - "Il paese dei Bugiardi"
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8 MARZO - FESTA DELLA DONNA
È donna, tutto quello che al seme dona la vita. E’ donna tutto quello che la vita protegge, che la conserva, la nutre, l’esalta, la difende, la libera, l’abbellisce, la sostiene, l’ama, la canta, la danza, dona al nulla una voce, al buio una luce, al gelo una carezza, al silenzio un verso. Così è donna il mare, è donna il cielo, la terra, il fuoco, il vento, la pioggia, le stagioni, il sole, la luna, la tenerezza, la fedeltà, il sorriso, il pianto, il bosco, il fiume, i fiori ed i loro colori. È maschio solo il seme che la terra nutre, la goccia che il mare raccoglie, la foglia che l’albero nutre e il vuoto che il vento riempie, la rabbia spenta dall’amore, la pagina che la penna riempie, la corda che la chitarra trasforma in suono perché nulla brilla da solo, nessuno risplende di una sua luce se qualchedun altro non lo illumina, nessun seme ha senso se non trova terra per accoglierlo, acqua per nutrirlo, sole per farlo crescere. Per questo l’uomo è solo un seme e le donne sono acqua, sono terra e sole, sono il mondo e il cielo, il sogno e il domani.
Is a woman, everything that gives life to the seed. Everything that life protects, that preserves, nourishes, exalts, defends, frees, embellishes, supports, loves, sings, dances, gives a voice to the void, is woman. the light in the dark, in the frost a caress, in silence a verse. Thus the sea is a woman, the sky, the earth, the fire, the wind, the rain, the seasons, the sun, the moon, tenderness, fidelity, the smile, the tears, the forest, the river, are a woman, flowers and their colors. Is a male only the seed that the earth nourishes, the drop that the sea collects, the leaf that the tree nourishes and the void that the wind fills, anger quenched by love, the page that the pen fills, the rope that the guitar transforms into sound because nothing shines by itself, no one shines with its own light if someone else doesn't illuminate him, no seed makes sense if it doesn't find earth to welcome it, water to feed it, sun to make it grow. For this reason man is only a seed and women are water, they are earth and sun, they are the world and the sky, dreams and tomorrow.
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La guerra delle campane
C'era una volta una guerra, una grande e terribile guerra, che faceva morire molti soldati da una parte e dall'altra. Noi stavamo di qua e i nostri nemici stavano di là, e ci sparavamo addosso giorno e notte, ma la guerra era tanto lunga che a un certo punto ci venne a mancare il bronzo per i cannoni, non avevamo più ferro per le baionette, eccetera. Il nostro comandante, lo Stragenerale Bombone Sparone Pestafracassone, ordinò di tirar giù tutte le campane dai campanili e di fonderle tutte insieme per fabbricare un grossissimo cannone: uno solo, ma grosso abbastanza da vincere tutta la guerra con un sol colpo. A sollevare quel cannone ci vollero centomila gru; per trasportarlo al fronte ci vollero novantasette treni. Lo Stragenerale si fregava le mani per la contentezza e diceva: - Quando il mio cannone sparerà i nemici scapperanno fin sulla luna. Ecco il gran momento. Il cannonissimo era puntato sui nemici. Noi ci eravamo riempiti le orecchie di ovatta, perché il frastuono poteva romperci i timpani e la tromba di Eustachio. Lo Stragenerale Bombone Sparone Pestafracassone ordinò: - Fuoco! Un artigliere premette un pulsante. E d'improvviso, da un capo all'altro del fronte, si udì un gigantesco scampanio: - Din! Don! Dan! Noi ci levammo l'ovatta dalle orecchie per sentir meglio. - Din! Don! Dan! - tuonava il cannonissimo. E centomila echi ripetevano per monti e per valli: - Din! Don! Dan! - Fuoco! - gridò lo Stragenerale per la seconda volta: - Fuoco, perbacco! L'artigliere premette nuovamente il pulsante e di nuovo un festoso concerto di campane si diffuse di trincea in trincea. Pareva che suonassero insieme tutte le campane della nostra patria. Lo Stragenerale si strappava i capelli per la rabbia e continuò a strapparseli fin che gliene rimase uno solo. Poi ci fu un momento di silenzio. Ed ecco che dall'altra parte del fronte, come per un segnale, rispose un allegro, assordante: - Din! Don! Dan! Perché dovete sapere che anche il comandante dei nemici, il Mortesciallo Von Bombonen Sparonen Pestafrakasson, aveva avuto l'idea di fabbricare un cannonissimo con le campane del suo paese. - Din! Dan! - tuonava adesso il nostro cannone. - Don! - rispondeva quello dei nemici. E i soldati dei due eserciti balzavano dalle trincee, si correvano incontro, ballavano e gridavano: - Le campane, le campane! È festa! È scoppiata la pace! Lo Stragenerale e il Mortesciallo salirono sulle loro automobili e corsero lontano, e consumarono tutta la benzina, ma il suono delle campane li inseguiva ancora.
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Gianni Rodari, Favole al telefono, Einaudi (collana Gli struzzi n°14), 1973⁷; pp. 43-44. [Prima edizione: 1962]
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YULE - SOLSTIZIO d'INVERNO
21 Dicembre 2022
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Mentre l'anno volge al termine, le notti si allungano e le ore di luce sono sempre più brevi, fino al giorno del Solstizio invernale, il 21 dicembre.
II respiro della natura è sospeso, nell'attesa di una trasformazione, e il tempo stesso pare fermarsi.
E' uno dei momenti di passaggio più magici di tutto l'anno: l'oscurità regna sovrana, ma nel momento del suo trionfo cede alla luce che, lentamente, inizia a prevalere sulle brume invernali.
Yule, o Farlas, �� insieme festa di morte, trasformazione e rinascita.
Un Vecchio Sole muore e si trasforma nel Sole Bambino che rinasce dall'utero della Madre Terra all'alba del nuovo giorno.
E' il Figlio della Promessa, che riportando calore e luce, garantisce la continuità della vita.
Molte sono le valenze simboliche e magiche con cui le genti antiche celebrarono questo momento: dalla Siberia alle Isole Britanniche, passando per l'Europa Centrale e il Mediterraneo, era tutto un fiorire di riti e cosmogonie che celebravano la nascita del nuovo Sole.
Lo stesso Santo Natale fu collocato in prossimità del Solstizio d'Inverno per la sua ovvia valenza simbolica.
Per celebrare insieme questa importante tappa della Ruota dell'anno, il Cerchio della Luna organizza una CELEBRAZIONE on line, mercoledì 21 Dicembre alle 20:30, cui sei invitat* ad unirti!
Per i dettagli vai alla pagina dedicata all'evento:
https://www.facebook.com/events/1492992947887744
FELICE YULE!!!!!!!
Approfondimenti su Yule - Solstizio d'Inverno alla pagina del sito https://www.ilcerchiodellaluna.it/central_Ruo_Yule02.htm
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Dopo l’anno in fabbrica, prima di riprendere l’insegnamento l’insegnamento, i miei genitori mi avevano condotta in Portogallo, dove li lasciai, per andarmene da sola in un piccolo villaggio. Avevo l’anima e il corpo come a pezzi. Era una sera di luna piena, durante la festa del patrono. La festa si svolgeva in riva al mare. Le mogli dei pescatori andavano in processione intorno alle barche con dei ceri in mano, e innalzavano canti sicuramente molto antichi, di una tristezza straziante … Là, ho avuto all’improvviso la certezza che il cristianesimo è per eccellenza la religione degli schiavi, che gli schiavi non possono non aderirvi, e io con loro. Nel 1937, ho trascorso ad Assisi due giornate splendide. Mentre mi trovavo da sola nella piccola cappella romanica del XII secolo all’interno di Santa Maria degli Angeli, incomparabile meraviglia di purezza, dove san Francesco ha pregato tanto spesso, per la prima volta nella mia vita qualcosa di più forte di me mi ha obbligata a mettermi in ginocchio. Nel 1938, ho trascorso dieci giorni a Solesme, dalla Domenica delle Palme al martedì di Pasqua, e ho seguito tutte le funzioni. Avevo fortissimi mal di testa, e ogni suono era per me come un colpo; eppure, un estremo sforzo d’attenzione mi permetteva di uscire dalla miserabile carne, di lasciarla soffrire in disparte, rannicchiata in un angolo, e di cogliere una gioia pura e perfetta nell’inaudita bellezza del canto e delle parole. Quell’esperienza mi ha permesso, per analogia, di comprendere meglio la possibilità di amare l’amore divino attraverso la sventura. È naturale che durante quelle funzioni il pensiero della Passione di Cristo sia penetrato in me per sempre … Lì un giovane inglese mi ha rivelato l’esistenza dei poeti inglesi del Seicento, i cosiddetti poeti metafisici. In seguito, nel leggerli, ho scoperto la poesia intitolata Amore … Mi sono esercitata a recitarla applicandovi tutta la mia attenzione e aderendo con tutta l’anima alla tenerezza in essa racchiusa … Durante una di quelle recitazioni il Cristo stesso è disceso e mi ha presa.
Simone Weil
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Tutto ciò che non ho mai avuto
Ciao mi chiamo Sarah e sono tossicodipendente, sono nata 3 giorni dopo l'undici settembre, i miei hanno passato 2 giorni in ospedale, coccolandomi sotto la luce soffusa della tv, mentre guardavano le torri che cadevano più e più volte, finché il lutto non ha lasciato il posto al dolore. Non ho subito abusi fisici, non mi mancava l'acqua pulita, nessuna molestia da parenti, ma sono affetta da il disturbo ossessivo compulsivo e bipolarità, mi era stata diagnosticata all'età di 4 anni. Mia madre mi diceva "Sai tesoro, è il modo in cui il tuo cervello è programmato, e molte persone fantastiche hanno avuto la tua stessa patologia, per esempio, la sua preferita, Britney spears". Ricordo poco da i 8 e i 12 anni, solo che il mondo era troppo veloce per me, e il mio cervello era troppo lento, e ogni tanto se mi concentravo troppo nel mio modo in cui respiravo, morivo, finché ogni secondo di ogni giorno provavo a fuggire dalla mia ansia, e sinceramente sono piuttosto esausta cazzo. Ed ad un certo punto fai una scelta, se chi sei e cosa vuoi, mi drogavo di nascosto, a me piace quel istante in cui il mio cuore rallenta, e ogni volta che respiri, respiri tutto l'ossigeno che hai, tutto si ferma, il tuo cuore, i tuoi polmoni e alla fine il tuo cervello, tutto quello che senti è quello che desideri e vuoi dimenticare sprofonda, e all'improvviso gli dai di nuovo aria, gli dai di nuovo vita. Ricordo che la prima volta che mi è successo ero talmente spaventata che volevo andare in ospedale ed essre tenuta in vita dalle macchine e succo di mela, ma non volevo sembrare un idiota o rovinare la serata agli altri. E con il tempo era tutto quello che volevo, quei due secondi di nulla.
Ho passato gran parte dell'estate, prima del terzo anno a disintossicarmi, poco dopo tornai a casa da mia sorella Tabità e da mia madre Malika.
Era la fine dell'estate, una settimana all'inizio della scuola, non avevo intenzione di restare pulita e Jules si era trasferita in città.
Io andai da Mason, detto anche il mio spacciatore di fiducia, mi presi della 2ct2.
Jules si era trasferita poco dopo che sua madre e suo padre divorziarono, non le piace parlarne, ma per dare l'affidamento esclusivo al padre di casino c'era stato. Aveva passato 3 settimane ai corsi estivi con Brecia, che era stata bocciata in introduzioni alle arti visive, quindi le due fecero molta amicizia.
Io ero pena tornata a casa, e mia madre mi chiese subito dove ero finita, io le dissi che ero a cena ma lei non mi credette, quindi io me ne andai in camera mia e lei voleva farmi un cazzo di test anti droga, ovviamente non potevo fare io pipì, perché se no mia madre lo vede che mi sono drogata. Quindi prima di entrare a casa andai a casa della mia migliore amica pulita Luna e le chiesi "puoi pisciare dentro questo barattolino" lei chiede " perché?" Io le avevo spiegato che se mia madre mi scopre sono fottuta e quindi lei era andata a farla nel barattolino. Nel mentre ho parlato con la madre di Luna, lei era molto ubriaca, e vidi Abby che era sul divano con la madre. Io e Luna ci conosciamo da quando eravamo piccole, ma con il tempo ci siamo allontanate. Ehm rieccoci alla parte del test antidroga, nel mentre mia madre mi disse: " il tuo overdose era stato il momento più spaventoso che una madre potesse vivere, e Tabita che ti adora come nessun altro, ti ha trovato priva di sensi" So che molti di loro ora mi odiano per questo, e lo capisco, se potessi essere una persona diversa giuro che lo sarei, non perché lo voglio io, ma perché lo vogliono loro, è questa la fregatura. Il test risultò negativo e io chiesi a mia madre se potevo andare a casa di Luna quella notte, ovviamente non ero andata a casa di Luna, ma ero andata al party night di Jacob. Jules andò nel hotel di un tipo che aveva conosciuto su Tinder, per fare...avete capito, e con il senno di poi, era meglio che andava alla festa di Jacob.
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Dianae
Il 30 di novembre ricorreva un'altra festa dedicata a Diana, dea della Luna e della caccia, forse in uno dei suoi aspetti più inferi, legati principalmente al momento dell'anno.
Il primo epiteto della dea fu "Trivia" (dal latino trivium), non perché trimorfa nella congiunzione con Luna ed Ecate, ma perché guardiana degli incroci a tre vie. Questo ruolo le aveva donato una connotazione alquanto oscura e pericolosa, poiché indicava metaforicamente la strada per gli inferi. Inoltre simboleggiava i sentieri che i cacciatori incontravano nella foresta di notte, appena illuminati dalla luna, come metafora del fare scelte "al buio".
Secondo Seneca l'appellativo evoca la triplice dea formata da Diana, Selene ed Ecate e specifica che ella possegga i poteri di quest'ultima.
Il ruolo di Diana come dea degli inferi la fece confondere presto con Ecate (e occasionalmente anche con Proserpina); infatti, un teatro nel suo santuario presso il Lago di Nemi, comprendeva una fossa e un tunnel che avrebbero permesso agli attori di scendere facilmente da un lato del palcoscenico e salire dall'altro, indicando una connessione tra le fasi lunari e una discesa della dea della luna nel mondo sotterraneo.
Dipinto di Erik Armusik
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