#fai bene ad essere così
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[sugli uomini tradizionalisti]
È logico che un uomo tradizionalista non dirà mai apertamente ad una donna emancipata "fai bene ad essere così", ma dove può la aggredisce pubblicamente per tornaconto; ricordo però che non sono nata ieri: so bene che gli uomini tradizionalisti sono poligami non meno di altri e cercano due tipi di donne: una donna fatta di coccio da sposare che dia loro sicurezza di restare in casa a prescindere da tutto (a prescindere dal loro comportamento corretto o meno), e una donna fatta di carne da incontrare fuori casa, in segreto, che li faccia sentire vivi.
#uomini#tradizione#tradizionalista#dire#mai#apertamente#donna#emancipazione#emancipata#fai bene#bene#fare bene#fai bene ad essere così#aggredire#pubblico#pubblicamente#tornaconto#ricordare#nascere#ieri#nata ieri#poligamia#cercare#tipo#carne#donna fatta di coccio#donna fatta di carne#coccio#sposare#sicurezza
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Amo il disordine che porti nella mia vita. Perché ha l'odore sacro e il fascino irresistibile del sesso più sporco e coinvolgente che io abbia mai fatto. Casa mia ormai è un letamaio, grazie a te. Ma va bene così. Il caos mi parla di te. Sei imbranata, non fai sport o alcun'altra attività fisica. Non presti attenzione a nessuna delle cose che ti dico. Mi sminuisci. Lavori da anni dietro al banco di un fast food senza troppo impegno. Mangi solo hamburger, patatine e schifezze, per risparmiare. Per poi comprarti... scarpe costosissime che non sai portare. E che non sono assolutamente adatte a te e alla tua roba da mercato dell'usato.
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Perché poi vesti sciatto: non hai gusto, non hai mai addosso un paio di calze che non siano sfilate. O una maglia che non abbia un buco rammendato. Abbinare i colori, o la stessa idea di sobrietà, di classe, sono concetti ignoti ai tre o quattro neuroni che hai in testa. Sei veramente stupida, molto volgare: nei modi, nel linguaggio e nella sostanza delle tue azioni, dei tuoi pensieri da presuntuosa. Ti ritieni molto intelligente, ma... lasciamo stare. Sei proprio una stronza permalosa che ha un cervello dalla mentalità molto ristretta. Guardi film demenziali, soap argentine degli anni ottanta e leggi vecchi romanzi rosa di nessun valore. Stai sempre incollata al cellulare.
O parli per intere ore di cazzate assurde con le tue amiche. Che alla fine ormai conoscono nei particolari più scabrosi tutto ciò che fanno a letto due lesbiche, cioè io e te! Non sai tenerti nulla. Sei la peggiore pettegola. Loro godono, a sentirti. E tu lì a fare la protagonista, a vantarti di essere l'amante dell'avvocata importante più vecchia di te ma tua sottomessa. Scema che altro non sei. Se le incontro, divento rossa e loro sorridono, salutandomi con eccessivo calore. Però non potevo proprio sfuggire, al ciclone che è piombato nella mia vita. Dovrei odiarti visceralmente, invece mi sono innamorata di te. Ti adoro e sono proprio cotta. Devo essermi bevuta il cervello.
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Ti penso di continuo, ti messaggio ogni ora. Sono gelosa. Cerco solo il sapore delle tue labbra al ketchup e desidero leccare le tue dita sempre unte di olio fritto, prima di chinarmi, al tuo ordine, sulla tua passera o tuffarmi con la bocca e la lingua avide nel tuo culo a natiche alte e aperte, con l'acquolina in bocca. Per giunta, tutto il giorno ormai penso solo a nuove varianti per farti venire. Perché tu vuoi solo essere masturbata, soddisfatta, leccata ovunque abbondantemente, però tu non vuoi leccare me. Devi comandarmi, darmi ordini e ti incazzi pure se non eseguo subito. Appena vieni a casa mia, mi devo inchinare a te e leccarti i piedi.
Mi violenti il culo con un vecchio mattarello unto. Neppure con un fallo di gomma. Dici che quando eri ragazza, l'hanno fatto a te e perciò devi farmi provare dolore. Quanto ti amo, quando lo fai: mi fai soffrire, mi fa un male bestia. Tanto male. Ma devo stringere i denti. Devo soffrire muta. Perché mentre me lo agiti dentro e io piango di dolore, magari per un po' di sangue che inizia a uscire dal mio sfintere, tu ti sgrilletti fino ad avere l'orgasmo, grazie alla pena che provo. Mi tratti come una sgualdrina da quattro soldi. E io: anni di studio, rispetto dei colleghi e dei giudici guadagnato sul campo, dozzine di casi complicati risolti, parcelle di notevole entità guadagnate ogni anno, invece di mandarti affanculo, voglio solo quello! Voglio solo te.
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Ti desidero. Bramo la tua durezza, la tua ignoranza brutale, sicura e le tue assolute violenze da denuncia sul mio corpo. Poi, ho bisogno delle tue fortissime scudisciate sulle natiche, dei miei capezzoli pinzati senza pietà. Sei una vera e sadica puttana: sono comunque tua, tua, tua. Non posso stare una notte senza servirti, senza baciarti la fica e leccarti il buco del culo. Quando spegnamo la luce esauste, prima di dormire mi baci in bocca e mi dici che mi ami, che sono la tua troia, che sono l'amore, per te. Che rappresento tutto, per la tua vita. E quindi mi sento ripagata di tutto il dolore provato. Mi accarezzi tenera e torno bambina.
Aliantis
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Dimenticare una persona e smettere di amarla sono due cose diverse. Ti ho dimenticato perché ti penso raramente, quando piove specialmente ma in verità quasi mai e non mi coglie più una nostalgia improvvisa tutte le volte che mi accorgo che non ci sei. Tranne qualche volta che mi metto a pensare che qualcuno può essere tutto ciò che hai e poi ad un tratto sparire e non c'è niente che tu possa fare ecco, in quel caso tremo un po'. Ti ho dimenticato perché vedo altre persone senza vederti dentro di loro, perché se inciampo per sbaglio su una nostra foto nella galleria del cellulare mi vien solo da pensare che è proprio bello l'amore, prima di sapere che ti farà male, e quasi sorrido, piuttosto che diventare triste quasi ti ringrazio per tutto ciò che mi hai dato senza chiedere niente in cambio. Ti ho dimenticato perché se mi ritorni in mente non sono senza fiato, e perché sto bene così ma credo che dimenticare qualcuno e smettere di amare siano due cose profondamente diverse perché io t'ho dimenticato nel senso che non fai più parte della mia vita e l'ho accettato, ma amo ancora te tipo nella parte più profonda di me, dove nessuno può guardare e manco io, alla fine dove mi manchi sempre dove esisti solo tu però non fai più male.
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L'impossibilità di comunicare un amore maturo
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Essere fraintesi è un attimo. Essere capiti, non basta una vita. (Detto Cinese) www.lezionidirespiro.tumblr.com
Capire è già difficilissimo; farsi capire è una smisurata ambizione. (Henri-Frederic Amiel)
Ciò che non puoi comunicare rovina la tua anima. (Robert Anthony)
Comunicare? Comunicare? Solo i vasi comunicano. (Jean Baudrillard)
Il fallimento di una relazione è quasi sempre un fallimento di comunicazione. (Zygmunt Bauman)
Non so trovare parole, per descriverti ciò che provo per te. So soltanto che mi manca il fiato, quando non ci sei; e quando sei con me non riesco neppure a pensare, dall'emozione e dal desiderio di averti immediatamente. Voglio solo starti addosso, farmi stordire dal tuo odore e assaporarti tutta. Ovunque. Prima che tu mi catturassi nella tua rete, ridevo di chiunque cascasse preda della debolezza dell'amore: “che fesso!” pensavo tra me e me.
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Ora invece ridono di me tutti gli altri. “Povero illuso!” di sicuro pensano. Ma non mi interessa. Voglio continuamente provare, finché potrò, ancora una volta il piacere immenso di aprirti le gambe dopo una breve lotta. Sentire che ti arrendi. Ogni volta infatti non ti concedi molto facilmente. Però mi vieni sempre a trovare e alla fine ci stai e godi. Ti faccio venire regolarmente e mi sorridi maliziosa, mia dolcissima e giovane, adorata puttana. Mi tieni in pugno. La mia testa sta ormai solo tra le tue gambe. Non c'è più niente da fare.
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Non so neppure se mi ami davvero, anche se mi mandi dei messaggini che mi fanno battere forte il cuore. Perché è vero che il muscolo cardiaco non invecchia mai. In amore però c'è sempre uno dei due che ama di meno. E tra noi due sei di sicuro tu, ovviamente. Non potrebbe essere altrimenti, purtroppo. Ne soffro. Tanto, ma non è che possa aprirti la testa e installare un nuovo software che premendo un bottone mi renda amato e desiderato, indispensabile alla tua anima.
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Comunque ci spero sempre, come uno stupido: in particolare quando sento che mi prendi l'uccello in bocca con foga e che me lo lavori con molta passione. Chiudi gli occhi e gemi dal piacere, quando me lo fai. E sei sinceramente felice, quando vengo. Nessuno crede mai a un amore sbocciato tardissimo. Tra due con una gran differenza d'età, poi… figuriamoci. Ma non si vergognano, quelli? E di cosa dovremmo vergognarci? Di amarci? Vergognatevi voi dell'invidia sordida e bigotta che provate, invece. Vecchi dentro. E stupidi.
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Per mia parte mi impegno scrupolosamente a farti godere, come un fedele e devoto servitore della tua fica. Ti lecco i seni, succhio i tuoi tenerissimi capezzoli che nella mia bocca crescono di volume. Mi dici che così ti faccio perdere la ragione: m'accarezzi la nuca dolcemente, per questo. Bevo di gusto dal tuo ventre il miele di quando vieni. Ti stantuffo nella passera a lungo. Poi ti faccio girare sulla pancia, con una mano ti allargo per bene il culo, perché sento che pure se facendotelo soffri un po’, alla fine ti piace: infatti d'un tratto gemi vogliosa e alzi le natiche aprendole al massimo per farti penetrare fino in fondo.
È una richiesta muta ma esplicita, la tua. Io quindi, senza farmi pregare ulteriormente, ti ci infilo l'uccello dentro e te lo lavoro a dovere, per molto tempo; nella speranza che tu domani senta la mancanza della mia lingua e del mio cazzo, proprio del mio. E che magari inizi ad amarmi. Queste sono le cose che mi tormentano l'anima veramente. Non le altre. Il resto è tutto relativo. La tua stupenda gioventù è un toccasana, per il mio cuore di uomo maturo. In questi mesi stai diventando una vera ed esperta donna, con me. E io come un vampiro assetato ti succhio l'anima e la vita.
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Quasi certamente avrai iniziato a farti scopare da qualcun altro. Hai scoperto ormai l'enorme, inarrestabile potere contrattuale di una ragazza bella e giovane. Ma la verità non la voglio neppure sapere: soffrirei troppo. Certo: devo continuamente pagare il prezzo della tua carne soda, della tua pelle e del tuo corpo perfetto in termini di regali e anche soldi. Molti. Ma quella sensazione, il tuo profumo su di me valgono ogni centesimo. Dio, quanto sei bella. E quanto mi attrai non lo puoi neppure immaginare.
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Macero l'anima mia di continuo, per questo tuo tenermi sulle spine ogni giorno. Sono roso dalla gelosia, quando ti vedo ridere di gusto con i ragazzi della tua età. E una rabbia sorda mi pervade, se soltanto ti vedo sottobraccio a uno di loro o se magari gli ravvii i capelli con un gesto che in altri troverei di normale e semplice, affettuosa consuetudine. Perché ti vorrei tutta per me, solo per me. Vorrei svegliarmi ogni mattina avvolto dai tuoi capelli morbidi, folti e sempre profumati. Coi tuoi seni acerbi sulla mia faccia. E quei capezzoli da adorare e assaporare.
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Ma devo invece accontentarmi per forza soltanto degli incontri di nascosto caratteristici di questa breve stagione: un'inattesa e tardiva primavera, un dono del paradiso che m'è arrivato soltanto durante la coda della mia esistenza. Ti porto a prendere un gelato e la visione del tuo sorriso, quando il cameriere arriva, scalda l'autunno della mia vita ogni volta. Che stupido, ad aver disprezzato l'amore fino a oggi! Ama, ama per tutta la vita, mia giovane e meravigliosa ossessione. Ama e spremi da te tutto l'amore, fino all'ultima goccia. Usa il tuo corpo e il tuo cuore, segui quello. Cerca e regala l'amore. Non tenertelo dentro. Mai.
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RDA
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L'altro giorno, ero al supermercato a fare la spesa intorno alle 18:30 quando un uomo anziano è entrato nel corridoio della pasta e mi ha messo una mano sulla spalla. Ho sobbalzato. La mia prima reazione è stata quella di arrabbiarmi e chiedergli di non toccarmi. Poi ho notato qualcosa. L'uomo stava piangendo. Sembrava sconvolto e confuso.
Improvvisamente mi ha chiesto: "Sai dov’è mia moglie? La sto cercando." Gli ho risposto che non lo sapevo e gli ho suggerito di chiedere aiuto al banco informazioni per trovarla. Pensavo che l'avesse persa tra le corsie. A chi non è mai capitato? Ma mi sbagliavo.
Ha continuato a chiedere: "Dov'è mia moglie? Era proprio qui." Le lacrime gli riempivano gli occhi. Gli ho detto di nuovo che non ne ero sicura e gli ho proposto di accompagnarlo al banco del servizio clienti, dove avrebbero potuto fare un annuncio tramite gli altoparlanti. Ha accettato.
L��, la donna al banco ha chiesto un nome. Lui mi ha guardato, come se fossi io ad avere la risposta. La donna ha alzato gli occhi al cielo e si è rivolta a me: "Signorina, ha IL NOME?" Le ho spiegato che non conoscevo quell'uomo e che non avevo più informazioni di lei. "È uno scherzo?" ha chiesto. A quel punto mi sono resa conto che quell'uomo non era semplicemente confuso, ma affetto da Alzheimer. Avendo avuto un nonno con questa condizione, lo riconoscevo fin troppo bene.
L'ho portato all'area ristoro e ci siamo seduti. Ora tremava e piangeva piano. "Dov'è il mio amore?" Gli ho preso le mani e gli ho chiesto se avesse un cellulare. Mi si spezzava il cuore per lui. Mi ha detto che non ne era sicuro, così gli ho chiesto se potevo cercare nelle sue tasche. Ha acconsentito. Con attenzione, ho trovato un piccolo cellulare a conchiglia. Ho cercato tra i contatti e ne ho trovato uno chiamato "Figlia Krissy". L'ho chiamata subito. Ha risposto in pochi secondi.
"Pronto?" ha detto, con la voce già preoccupata. Le ho spiegato che ero con un uomo anziano che presumibilmente era suo padre. Che eravamo al supermercato di Lane Street e che lui era molto sconvolto e turbato.
"Sto arrivando," ha detto. "Puoi assicurarti che non si allontani?" Ha continuato: "Grazie, grazie mille. Sto venendo."
Per circa 20 minuti, sono rimasta seduta con uno sconosciuto in lacrime. Gli ho tenuto le mani. Gli ho asciugato le lacrime. Quando ha tremato, gli ho messo la mia giacca in grembo. Gli ho dato le risposte di cui aveva bisogno in quel momento. L'ho tenuto lontano dal vagare. Perché era il minimo che potessi fare.
Improvvisamente, è entrata una giovane donna alta, che sembrava avere circa 28 o 29 anni. Lunghi capelli neri e occhi verdi. Ci siamo scambiati uno sguardo e lei si è precipitata verso di noi. "Grazie. GRAZIE," ha detto. "Dovevo assentarmi solo per un'ora, e questo succede. Sapevo che non avrei dovuto lasciarlo. Mi dispiace tanto." Mi ha spiegato che a volte lui si allontana per cercare sua moglie. L'ha persa 13 anni fa, ma non smette mai di cercarla.
Ha aiutato suo padre ad alzarsi dalla sedia e mi ha ringraziato ancora una volta. Mentre uscivano, l'ho sentito dire di nuovo: "Dov'è mia moglie?" Mi si è stretto il cuore, ma ero così felice di vederlo con la sua famiglia di nuovo.
Condivido questa storia non solo perché quest'uomo mi ha toccato il cuore, ma per dire questo: La maggior parte del mondo sono estranei per te. Lo so. Ma non dimenticare mai che condividiamo tutti questo mondo e, in esso, possiamo condividere gentilezza. È l'unica cosa che può farci andare avanti. Se vedi qualcosa, fai qualcosa. Non sai mai quanto grande può essere il tuo impatto sulla vita di qualcun altro.
Non mi importa che il carrello della spesa che avevo lasciato nel corridoio della pasta durante il trambusto sia stato svuotato e messo a posto. Non mi importa di aver cenato un po' più tardi quella sera. Di essere tornata a casa e di aver pianto in cucina per questo dolce, povero uomo. La gentilezza non costa nulla.
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Francamente, non capisco come abbiamo fatto a incattivirci così tanto.
Abbiamo (avuto?) la crisi economica e ok, il covid e ok, mi sta bene tutto, è stato un periodo merdoso e la gente si è spaventata e ok, ma come cazzo abbiamo fatto a ritornare ad essere così cazzo f@scisti tutti?
Non mi sembra che in Italia, Austria, Francia si viva così male da giustificare un tale ritorno al nazionalismo estremo...
Aveva storicamente più "senso" il fascismo "originale" rispetto al neo-fascismo di oggi...
Perché la sinistra non esiste più, perché il PD è il Biden nostrano, ovvero fa le stesse cose della destra ma attacca la bandierina arcobaleno per strizzare gli occhi ai giovani
Perché il PD non parla al popolo, mentre la Meloni, per quanto faccia comunque schifo, lo fa. Perché il PD è elitario, "se votate noi siete intelligenti, se votate loro siete delle capre ignoranti", questo atteggiamento di base è una merda e spinge l'italiano medio, che non è necessariamente fascista, a votare l'estrema destra. Ed è tutto sbagliato, la sinistra dovrebbe essere DEL popolo, e non degli studenti fuori sede di Catanzaro e basta.
Perché sì, giusto proporre politiche per le minoranze, ma se non fai assolutamente una merda per la maggioranza della popolazione, le persone non ti votano, e prima o poi smetteranno di farlo pure le persone della comunità LGBT che sì ovviamente hanno bisogno dei loro diritti, ma hanno bisogno anche di vivere in modo dignitoso come il resto della popolazione, e il PD non ha un programma politico per il resto della popolazione, è solo un "votate noi perché gli altri sono cattivi".
Per il resto d'Europa non mi esprimo, ma qua il problema è chiaro, la sinistra non esiste, e la destra ci sguazza.
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Ora che sono in ferie voglio parlare di una cosa di cui volevo parlare già da settimane, ma la vita di merda che faccio non me lo aveva permesso.
Allò, settimane fa per la prima volta dato che mi ero depilata le cosce mi sono messa in casa non solo in cannottiera, ma anche in pantaloncini. Passa un giorno e mi ritrovo la mail nella foto.
Come ben sappiamo, qui a Tokyo non è che si muore di caldo, PEGGIO, quindi un giorno di questi mi vesto come in foto a dx in ufficio (che è come mi vestirei in Italia in un giorno normale) e nello stesso giorno inoltrano una mail per dire di rispettare il "business dress code" aziendale che è letteralmente "business casual", pure se non si capisce né che cazzo sia né il perché, dato che non ci sono clienti e siamo solo tra di noi, ma okay.
Mo, premettendo che quando ho lavorato a Napoli, ci andavo in PANTALONCINI (ovviamente non quelli di jeans, ma un tipo più carini e "formali" insomma), qua invece così non va bene perché la maglia ha una stampa + i pantacollant sono considerati il demonio.
Tutti sono sempre a lodare i giapponesi perché sono un popolo omogeneo, che dà la prevalenza al gruppo piuttosto che all'individuo, ma non sono omogenei e uniti perché ci sono nati, sono omogenei perché sei LETTERALMENTE FORZATO (nelle maniere più passivo-aggressive possibili) a omologarti. E questo vale con i vestiti, vale con il peso (perché se pensate che sono tutti secchi di natura, beh col cazzo) e con mille altre cose.
Ora è vero che questa prevalenza dell'interesse di gruppo in alcune cose funziona ed è il motivo per cui noi della cultura euroamericana li ammiriamo, ma voi sareste disposti a rinunciare alla vostra libertà pure sulle piccole cose pur di accontentare l'interesse generale?
Per continuare con l'esempio dei vestiti, loro si vestono così:
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A maniche lunghe (anche con 50°C), con diversi strani addosso spesso inutili (perché sono ossessionati dai tumori alla pelle); le donne o tutte fate dei fiori con i tacchi tutte pronte (e io col cazzo che le imito) o come fossero state cacciate via di casa (e io col cazzo pt.2). Ma tutti hanno un comun denominatore: colori scuri o neutri (nero, grigio, bianco) o pastello, senza chissà quale fantasia o stampa particolare.
Se non segui l'omologazione, spicchi, ti si vede o ti senti in qualche modo osservato. E questo è già lo standard ad essere euroamericano in mezzo ad asiatici, figuriamoci se ti vesti seguendo le tue regole e non le loro.
Uno poi dirà "vabbè sono cose da poco, ci si abitua" e lo capisco, ma non funziona così. Anzi, sono le piccole cose che, accumulandosi, diventano le più pesanti da sopportare.
Oppure i weaboo del cazzo direbbero che "bisogna rispettare la loro cultura e rispettare le loro regole" (cit.), ma loro quella degli altri quando letteralmente non fa male e non cambia un cazzo a nessuno perché non la rispettano?
Questo non è un paese libero, non puoi MAI fare come vuoi, ci sono sempre regole da rispettare, ma fossero regole con un senso uno capirebbe, invece sono regole inutili che letteralmente mìnano la libertà di espressione individuale a livelli base. Invece qua niente o fai la pecora in mezzo al gregge oppure pecora ti ci fanno diventare, perché altrimenti sei, di nuovo, il gaijin di merda che vuole fare di testa sua.
E sapete cosa fanno i gaijin quando hanno le palle piene di ste stronzate? Fanno i gaijin di merda e le regole senza senso le mandano a fanculo.
#quando sono gli stranieri i primi a fare quei commenti del caxxo giuro che li prenderei a pugni sulle gengive#Giappone#moda#moda giapponese#vestirti#omologazione#società giapponese#società in giappone#my life in tokyo
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@esthergravityfalls made me think of this, so have the Loumand fight adapted into Italian by me
L: "Cosa? Cosa?"
A: "È giorno!"
L: "E allora? Me la passavo-"
A: "Con un ragazzo. Te la spassavi con un ragazzo. Ero a casa a girarmi i pollici sul divano."
L: "Ti ho chiesto di unirti a noi."
A: "La notte è passata, la stanza è un casino e ora sono qui, a pulire con straccio e stupidità."
L: "La stanza si è sporcata, e allora? La pulisco."
A: "No, la pulisco io. Tu fai i casini e io li pulisco. Segnamolo sul calendario, allineiamolo con Orsa Maggiore, il triannuale "vaffanculo, ora trovami" di Louis, con scuse a seguire."
L: "Scusa!"
A: "Ti rifugi nelle braccia di delinquenti e malcapitati e ragazzini distrutti, va bene."
L: "Ah, il va bene che non sembra bene."
A: "Ma rivelare la nostra natura a un reporter che hai incontrato in un bar 10 ore fa... E se avesse pubblicato?"
L: "Mi stavo divertendo, stavo per chiudere la faccenda quando..."
A: "Saresti svenuto sul pavimento di fianco a lui, Louis. Stordito dalle droghe che gli hai dato."
L: "Oh, che noia! Sei noioso. Scolorito, insipido. Settimane noiose, mesi noiosi, un noioso del cazzo!"
A: "Ecco le droghe, dalle zanne giù per la gola fino al cuore, le dita tremanti, i piedi..."
L: "Soffocamento dal cuscino più morbido e beige. Le 10 ore che ho passato con quel ragazzo sono state più interessanti, più affascinanti, di decenni con te! Oh eccolo! Lo sguardo mezzo vacuo, mezzo apocalittico. Ma cosa significa oggi, eh? Mi vuole leccare le scarpe o tagliarmi le mani? Stasera c'è il gremlin o la crocerossina?"
A: "Okay. Okay, forse. Ma sono noioso come il blaterare registrato sulle cassette magnetiche del tuo affascinante ragazzo? Oh, oh, è così difficile essere me!"
L: "Mi giravo i pollici sul divano?"
A: "È così difficile uccidere gli umani,sento i loro sentimenti mentre li prosciugo! Tutti quelli che conosco mi fanno dei torti!"
L: "OK, OK, svegliamo il ragazzo e proviamo con te. Sono il vampiro Armand e il mio papà vampiro mi ha addestrato ad essere una puttanella!"
A: "Mio fratello, si è gettato dal tetto! Mia sorella mi ha sepolto vivo!"
L: "Ma i vampiri che hanno ucciso mio papà mi hanno fatto pretendere di non avere il cazzo per 240 anni."
A: "Mia figlia era mia sorella, era il mio soprammobile. Non mi guardava gentilmente. Lestat, Lestat, Lestat, Lestat"
L: "Ho parlato male di lui tutto il tempo! E allora?"
A: "IL NOME! Il nome, muto nella nostra casa da 23 anni, detto di nuovo e di nuovo finché non mi pulsava in testa come un martello."
L: "I nostri problemi non riguardano lui!"
A: "E tu usavi il suo nome solo come copertura, ma poi si tornava sempre a lui!"
L: "L'ho amata!"
A: "Ma lei non amava te! Non come lui, non come me."
L: "Lo so. Lo so! Grazie, grazie per averlo detto."
A few observations
- boy, do they say a lot in 2 minutes
- some things have been changed, such as picking lint off the sofa and idk what Armand meant by "wallowing fingers" at a certain point
- rewatching this scene never gets old
#interview with the vampire#armand#iwtv#iwtv spoilers#iwtv amc#amc iwtv#louis de pointe du lac#Loumand fight
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Ciao Kon,
Tu forse non ti ricorderai di me ma io invece ricordo un liquore alla liquirizia, più di un meet up e quello che doveva essere un incontro al Lucca Comics finito "male" per il troppo casino (non siamo riusciti a beccarci).
Ti scrivo in anonimo perché penso tu sia una grande cassa di risonanza perché nonostante tumblr sia diventato -non per noi nostalgici- un po' obsoleto vedo che continui ad essere un punto di riferimento per questa comunità e che forse tu con il tuo cinico dissezionare la situazione possa in qualche modo riuscire a scuotere i più, ma ahimè vige il segreto professionale, cose firmate e quant'altro che mi impediscono di esprimere questo disagio pubblicamente.
REGÀ I SORRISI DEI COMMESSI SONO FALSI. Non perché non abbiamo più voglia di fare questo lavoro, ma perché è diventato tutto uno schifo, le aziende e anche i clienti se vogliamo dirla tutta.
Cosa si cela dietro la vita del commesso?
Conta persone agli ingressi, voi non li vedete ma è così e di recente c'è anche il contapersone del passaggio esterno, quindi se non ti cazziano perché non hai venduto, ti cazzieranno perché non è entrata gente.
Statistiche: pezzi per vendita, scontrino medio, media di scontrino per ingressi. Voi non lo sapete, ma ogni giorni ci sono storici e budget da raggiungere in base anche solo ad un singolo ingresso che voi fate "per dare un'occhiata" - ora capite perché non è facile sorridere quando i vostri figli giocano ad acchiappino correndo fuori e dentro i negozi? Perché per quei venti ingressi senza scontrino ci sarà un area manager pronto a far il culo allo staff.
Se sei fortunato e capiti in una squadra in cui ci si spalleggia bene, altrimenti è l'azienda stessa a incentivare la lotta e l'invidia tra colleghi in una lotta tra poveri per mantenersi il posto al miglior venditore.
Non abbiamo mai abbastanza personale, MAI. Siamo spesso contati, se ci ammaliamo almeno nel mio caso ci si mette una mano sul cuore e per non mettere i colleghi in difficoltà si va a lavoro con due bombardoni di tachipirina col rischio di portarsi dietro il malanno per un mese.
Le ferie saltano perché decidono di aprire più punti vendita ma non di assumere gente che non soccomba al "gioco degli stagisti".
Turni del cazzo, spezzati e il più delle volte tutto quello che fai oltre l'orario di lavoro (anche la semplice chiusura) è straordinario che non viene contabilizzato.
Reperibilità quasi totale, manco fossimo in un ospedale. Nel tuo giorno libero è un miracolo non venir contattati dal gruppo di lavoro.
E poi vogliamo parlare dei vari festivi in negozio? Io ho dovuto combattere per avere un cazzo di permesso per la comunione di mia sorella.
È domenica, sono le 15 sono in turno da un'ora in un piccolo centro commerciale di due clienti entrate, una mi ha salutato e trattato come se le avessi offeso l'intero albero genealogico con uno sdegno tale che fa tanto lotta di classe quando siamo tutti nella stessa sudicia barca.
Quindi Kon, per favore aiutami a diffondere il verbo, io sono disposta a rispondere a tutte le domande di questo magico mondo cercando di farvi entrare in empatia con i commessi, ma per favore se non è proprio questione di vita o di morte: SMETTETE DI ANDARE A GIRO PER CENTRI COMMERCIALI, TANTO LA DOMENIC SIETE TUTTI SCOGLIONATI A PRESCINDERE E ALLORA STATE COI VOSTRI CARI, MAGARI È LA VOLTA BUONA CHE SMETTERANNO DI LUCRARE A VUOTO SU STO MONDO.
Ps: stare fino alle 18 fuori e poi riversarvi alle 20 nei negozi non funziona, mettetevi una cazzo di mano sulla coscienza.
Per me i centri commerciali sono un aberrazione sociale che riesce a darmi claustrofobia e agorafobia al contempo ma dopo essere stato a quello di Orio al Serio (aspettavamo che le figlie scendessero dall'aereo... direttamente nel centro commerciale!), ho fatto la tessera di iscrizione ai terroristi.
Non sono un nostalgico della bottega sotto casa, anche perché erano altri tempi e altri modi di vivere... mi basta il supermercato ma il centro commerciale è concepito perché la gente sia invogliata A VIVERLO e questo lo trovo demotivante.
Mi spiace per te ma alla fine mi spiace per tutte quelle persone - non schiavi ma servi - che devono sacrificare se stessi per il benessere superfluo di gente che dà tutto per scontato, quasi se lo meritassero.
E invece sono solo nati dalla parte giusta della società. E del mondo.
EDIT
Non mi ricordo di te al Meetup perché probabilmente ero già ubriaco <3
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E se ci fosse un modo per cancellare tutto? Per premere un tasto e riscrivere questo anno che ha portato solo dolore, delusioni e ferite troppo profonde per essere ignorate. Aspettare il 2025 sembra l’unico sollievo, l’unica speranza rimasta.
Ti fai in quattro per chiunque. Portare felicità agli altri ti viene naturale, come se fosse scritto dentro di te. E non ti pesa, perché il sorriso di chi ami è più importante di ogni fatica, di ogni sacrificio. E anche quando il mondo sembra approfittarsi della tua bontà, tu non ti lasci spezzare. Continuavi a credere che ne valesse la pena. Che bastasse amare abbastanza per sistemare le cose, per riempire le crepe invisibili negli altri.
Ma quante volte sei stato messa da parte? Quante volte hai teso la mano e nessuno l’ha afferrata? Quante ferite hai nascosto dietro un sorriso, quante lacrime hai versato in silenzio? Eppure, non hai mai smesso. Non hai mai permesso al dolore di trasformarti in qualcosa che non eri. Hai continuato a credere nell’amore, nella speranza, nel bene.
Fino a quando non ce l’hai fatta più. Non è stata una decisione consapevole; è successo e basta. Qualcosa si è spento dentro di te. Non è rabbia, non è nemmeno tristezza. È rassegnazione. È il vuoto di chi ha dato tutto e non ha più niente da offrire. Non ti fidi più delle persone. Non credi più nelle loro parole, nelle loro promesse, nei loro gesti. Perché hai capito che la fiducia, una volta spezzata, non si ricompone mai del tutto.
E allora inizi ad allontanarti. Non perché non ti importi, ma perché non sai più come gestire il caos dentro di te. Allontani le persone perché non vuoi ferirle con il tuo dolore, perché non sai più come spiegare il peso che porti. Ti chiudi, non per cattiveria, ma per sopravvivere.
È un loop, un circolo vizioso da cui non riesci a uscire. Ti guardi intorno e non sai più chi hai accanto. Le facce sono le stesse, ma le connessioni sembrano sbiadite. Ti senti sola, anche in mezzo alla gente. E quando qualcuno prova ad avvicinarsi, alzi muri così alti che nemmeno tu sai più come abbatterli.
E se non importasse davvero alle persone che hai accanto? Se tutto il tuo dolore, il tuo sacrificio, passasse inosservato? È una domanda che ti perseguita, che ti tiene sveglia la notte. Ti chiedi se qualcuno vedrà mai la vera te, quella che lotta ogni giorno per rimanere intera.
Ma ecco la verità: non sei sbagliata. Non è colpa tua se ti senti così. Non è colpa tua se il mondo sembra troppo duro, troppo freddo per un cuore come il tuo. Hai fatto tutto quello che potevi. Hai amato, hai sperato, hai lottato. E anche se adesso ti senti spezzata, vuota, stanca, non hai fallito.
Forse il 2025 porterà un nuovo inizio. Forse sarà il momento in cui riuscirai a lasciare andare il peso di questo anno, di tutto quello che ti ha ferito. Forse sarà l’anno in cui troverai qualcuno che saprà vederti davvero, che non approfitterà della tua bontà, che ti farà sentire finalmente a casa.
Fino ad allora, resisti. Anche se fa male, anche se il mondo sembra troppo buio, resisti. Perché dentro di te c’è una forza che non si è mai spenta. Anche quando tutto il resto sembrava crollare, quella forza ti ha tenuto in piedi. E un giorno, troverai un motivo per sorridere di nuovo. Un motivo che non sarà legato al sacrificio o alla lotta, ma semplicemente alla gioia di essere te stessa.
Anonimo🖤
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Forma, apparenza, racconto
Le due o tre persone che leggono questo blog da anni si saranno accorte, ma probabilmente no, che è un po' di tempo che non mi sfogo contro qualche editore, e questo principalmente perché ho smesso di perderci il fegato. In ogni caso un breve aggiornamento: ho sentito che c'è qualcuno che sta pensando di scopiazzare Pionieri, o quantomeno di riprenderne gli argomenti, di cui però nessuno si era mai interessato prima che lo facessi io.
Dunque, come direbbe Sam Jackson nel mio secondo film preferito, normalmente le vostre budella si troverebbero sparpagliate nel locale, ma per caso mi avete trovato in un periodo di transizione per cui non voglio uccidervi. Partiamo da questo: questa persona è nell'ambiente del trail dall'altro ieri, ma chi prima o chi dopo siamo stati tutti nell'ambiente dall'altro ieri, a un certo punto, quindi non è un buon argomento. L'unica considerazione che posso fare sulla persona (se non constatare che ha provato a copiare tante cose fino ad ora, con mediocri risultati) è che non è nella condizione di poterci nemmeno provare. Non perché non sia abbastanza bravo, ma perché in generale scopiazzare Pionieri è difficile per questioni, diciamo così, ontologiche: o sei ricco o lo fai di mestiere.
Mi spiego. Puoi anche provare a raccontare la stessa storia, ma farlo con quel format è molto difficile se non puoi dedicarci un anno intero, e il problema è che la cosa che funziona di Pionieri non è tanto l'argomento (se solo in giro ci fosse gente minimamente sveglia ci avrebbe già pensato qualcun altro) ma il format. Non è neanche che per farlo bisogna essere bravi, non è detto che io lo sia particolarmente, ma è proprio che per farlo in quel modo serve tanto tempo, e il tempo, appunto, ce l'hai se sei ricco o se fai questo di lavoro.
Un esempio. Le uniche due persone in grado di fare qualcosa di altrettanto efficacie sullo stesso argomento, in Italia, potevano essere Ale e Marcello. Lo avrebbero fatto molto diverso da come lo ho fatto io, perché il loro stile, in generale, è diverso, ma avrebbero potuto farlo altrettanto bene. Potenzialmente. Ma Ale e Marcello non avrebbero mai potuto farlo semplicemente perché non hanno una disponibilità di tempo tale da potersi dedicare a una cosa del genere.
Non si tratta solo di soldi. Quasi chiunque attualmente può trovare qualcuno che finanzi un progetto del genere, e se sei un paraculo ce la fai sicuramente con più facilità di me, ma ammesso anche che qualcuno ti dia dei soldi, resta che non avrai abbastanza ore da dedicarci. Certo, puoi fare tutte le interviste a distanza, ma ci impiegherai comunque molto per scrivere, per fare ricerca, per montare. Figurarsi se non si è abituati a farlo. Se hai vissuto in quegli anni e conosci gli argomenti potresti risparmiare tempo sulla ricerca, ma devi comunque scrivere e montare, che non sono cose che fai la sera dopo lavoro.
Ammesso che tu riesca a risolvere tutte queste cose e a trovare il tempo per farlo, devi anche esserne in grado. Io forse non sono particolarmente sveglio, e quindi ci ho messo molti anni prima di riuscire a scrivere qualcosa di vagamente convincente, ma resta comunque una cosa che non ti inventi dalla sera alla mattina. Non è questione di intelligenza o di doti particolari, è solo che io faccio questa cosa da diversi anni e in questo tempo ho imparato delle cose, come chiunque nel proprio lavoro. Per fare Pionieri non basta fare due chiacchiere con qualcuno e dire due monate: se non altro bisogna sapere impostare una ricerca storica, e per saper impostare una ricerca storica bisogna aver fatto un corso di laurea umanistico, e aver scritto una tesi, o quantomeno bisogna avere letto qualcosa di più di Murakami. Bisogna anche avere un minimo di basi su come si racconta una storia, e magari sapere due cose su come si scrive un articolo di giornale. Bisogna conoscere i meccanismi dell'intreccio, e bisogna sapere quanto tempo dedicare alle informazioni nozionistiche, al racconto, ai pensieri personali, alla caciara, che sono elementi che richiedono un po' di missaggio e che vanno bilanciati. Non è difficilissimo, ma bisogna saperlo fare. Tutto qua.
Ora come ora nella scena trail italiana non penso ci sia nessuno che dispone sia di tempo sufficiente sia di competenze per fare qualcosa di simile. Non certo perché non ci sia gente brava, anzi è pieno, figurarsi, ma perché la gente brava normalmente non si occupa di trail (io non sono così bravo, è che sono rimasto l'unico).
Scrivere un racconto e chiacchierare con un amico sono due cose diverse. Anche fare delle domande a qualcuno e fargli un'intervista sono due cose diverse. Poniamo che io vada in America per scrivere un articolo. Faccio ricerca, studio, guardo le cose con uno sguardo interessato - lo sguardo di chi sa che poi quella cosa dovrà raccontarla a parole - e parlo con la gente, faccio delle interviste. Poi torno a casa e per due o tre settimane scrivo. Scrivo e non faccio altro. Se è un documentario scrivo qualcosa che deve essere guardato, se è un articolo scrivo qualcosa che deve essere letto, se è un podcast scrivo qualcosa che deve essere letto ad alta voce, e così via. Ora, supponiamo che dopo essere tornato dall'America vada a bermi una birra con un amico, e che gli racconti qualcosa del viaggio. Con ogni probabilità gli racconterò cose non molto diverse da quelle che scriverò nell'articolo, ma questo non è sufficiente a renderle un racconto. Parlare con un amico non è un racconto, è parlare con un amico, appunto. E non è che se sostituisco la birra con un microfono diventa qualcosa di più di questo: una chiacchierata è, e una chiacchierata rimane. Eh ma il contenuto!
Siamo cresciuti convinti che il contenuto sia più importante della forma: non è così. Il contenuto è più importante dell'apparenza (che è un aspetto superficiale) ma la forma non è apparenza, è invece una cosa molto concreta: la forma è quella cosa che dà struttura al racconto, che lo compie, che lo rende ciò che è. In generale è molto difficile dire qualcosa di davvero nuovo, che non sia già stato detto, e l'unica cosa che può renderlo interessante è dirlo con altre parole, in modo nuovo, o semplicemente meglio. Mi pare invece che nel nostro ambiente ci si stia concentrando molto sui contenuti e gran poco sulla forma, e poiché gli argomenti sono più o meno sempre gli stessi, tutto è abbastanza noioso. C'è tanta gente che copia? No, solo qualcuno. Mi infastidisce? Un po', ma molto poco, in ogni caso alla lunga non ripaga, quindi bene così.
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Davvero, per favore, qui, su X e ovunque, sforzatevi di analizzare la situazione Capodanno di Roma con un briciolo di obiettività e mente fredda. Sono 24 ore che leggo di tutto e di più perché ci sono voluti 2 secondi netti per infilare nel calderone la qualunque e spostare il focus dal discorso degli artisti.
Sforzatevi di capire di cosa stanno parlando davvero, perché nessuno ha difeso i testi di Tony Effe. Sono fuori tema anche loro? Probabile. Stanno usando il termine censura un po' a sproposito? Anche qui, probabile.
Ma da qui a dire che allora sono tutti misogini e che addirittura appoggiano la violenza sulle donne, ce ne passa. Mahmood ha letteralmente scritto che tutto può essere criticato, dove lo vedete l'appoggio ai testi? A me sembra chiaro che la presa di posizione sia perché l'esclusione da Roma, potenzialmente, è un gesto che può portare alla censura. Qui non lo è nel senso puro del termine ma appare tale per le dinamiche. Presta il fianco a una caccia alle streghe trasversale perché, se voglio, posso trovare qualcosa che non va ovunque, che sia una canzone che cita le dipendenze o fatti di cronaca, politica o rapporti tossici. E a quel punto posso pretendere che venga bloccata. Anche nelle canzoni di Ale eh, ad esempio quando cita le droghe o rapporti tossici, si potrebbe dire che sono temetiche che urtano la sensibilità e chiedere così che lui non si esibisca da nessuna parte. È esattamente questo che porta alla censura, nella musica, nei libri, ovunque. Poi si può discutere che su altri temi non ci sia stata la stessa presa di posizione ma anche qui io distinguo le cose, questo è comunque lavoro, in altro c'è una componente troppo personale che, per esempio, non credo Ale sarà mai a suo agio a condividere in modo palese (again, ma tramite la musica sì, quindi con la libertà di espressione di cui ha sempre parlato).
Ciò detto, per me l'errore è stato a monte, perché come fai a fare una line up per un evento del genere senza un'unità di intenti? È chiaro che il passo indietro di Roma è politico, il Sindaco ha chiaramente detto che non voleva che l'evento fosse divisivo, ergo ha scelto il quieto vivere. Tony Effe non andava invitato a prescindere, per me potrebbe non cantare mai più in vita sua e ne sarei contenta ma adesso non facciamo l'errore di condannare tutto questo discorso perché di mezzo c'è lui.
Anche perché poi, l'utente medio del social lo usa come pretesto per scagliarsi contro gli altri - Mahmood in primis - vomitandogli addosso le cose peggiori. Perché tutti bravissimi a riempirsi la bocca di belle parole per difendere le donne, salvo poi usare contro chi non piace il tono e il linguaggio che tanto disprezzano. Moralisti a convenienza, paladini della giustizia solo se si sta tutti dentro i paletti delle loro idee, tutti gli altri al rogo (e poi magari stannano personaggi discutibili tanto quanto quelli che criticano).
Detto ciò, mi pare altrettanto ovvio che i cantanti vivano la cosa diversamente dallo spettatore, nel senso che scindono la persona dall'opera che può essere eccessiva perché espressione artistica. Sarebbe un po' come dire che se uno scrittore scrive di omicidi allora è un delinquente. Non voglio dire che certi testi vadano giustificati perché, obiettivamente, fanno ribrezzo ma neanche credo che siano la condanna dei giovani. Se i ragazzi di oggi non hanno gli strumenti per discernere con la propria testa il bene dal male, una storia dalla realtà, una canzone da un esempio da imitare, vuol dire che gli educatori hanno fallito. E prima che si arrivi agli intrattenitori, ci dovrebbero essere la famiglia e gli insegnanti, senza parlare di chi ci governa.
Quindi, in sintesi, anche meno.
#mahmood#rant post#flusso di coscienza#mi pentirò del post? ovviamente#lo cancellerò? nah#da qualche parte dovevo dirlo e#twitter is a hellsite#tumblr is better
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Mi fai sentire un oggetto, un pezzo di carne. Un tuo attrezzo, un cucciolo di donna che hai contribuito ad allevare e svezzare solo per ricavarne in futuro del piacere sessuale. Un investimento erotico ed emotivo, il tuo. Forse inizialmente la tua attenzione era solo per mia madre, una donna bellissima ancora oggi a cinquant’anni. M’hai accolta in Italia con lei quando siamo venute dalla Romania, diversi anni fa. Devo riconoscere che sei stato sempre generosissimo. Mamma continua a esserti utile, in casa. Pulisce, cucina, fa la spesa. Ma non la scopi più tanto, da quando hai scoperto che la figlia è più “sfiziosa” come dici tu. Hai iniziato da poco, da quando un mese fa t’ho detto che m’ero fidanzata. Hai voluto sapere cosa mi facesse il mio ragazzo: dovevo dirti tutto. Poi, giorno dopo giorno, con la scusa di insegnarmi le cose dell’amore, m’hai chiesto di fare sempre di più. E io ci stavo: quanto mi piaceva, ricevere finalmente le tue attenzioni di uomo maturo.
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Non ero più la ragazzina rompiscatole. M’hai incatenata, ho dovuto indossare solo per i tuoi occhi dell’intimo sexy, poi delle cinghie che mi bloccavano, la gag-ball in bocca. M’hai legata in mille maniere. M'hai abituata al collare e a camminare a quattro zampe, come una tua troia al guinzaglio. Alla fine, dopo una decina di giorni non hai più resistito e un pomeriggio hai alzato il tiro. M’hai ordinato di spogliarmi tutta nuda, m’hai presa, buttata sul letto e m’hai direttamente sverginata. Ero impaurita, terrorizzata. Non ero preparata. Si, confesso di essere stata molto maliziosa a mia volta e di averti stuzzicato a lungo. Forse sono stata anche un po' una maliziosa puttanella: t’avevo svelato, fatto leccare ed esplorare tutto il mio corpo. Anche se giovanissima, sapevo bene che così facendo sarebbe presto arrivato il momento di farmi scopare da te. Mia madre, molto pragmatica e capendo ciò che stava accadendo, m’aveva istruita di non contrariarti e di compiacerti sempre.
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Ero anche un po’ curiosa, francamente. Sentivo che il sesso stava diventando concreto, che presto sarei diventata una vera donna. Completa. Desiderata. Quanto me lo sognavo un vero uomo, un maschio che non desiderava altro che infilare l'uccello nella mia passera, nel mio culo. Da succhiare e divertirmici come una vera puttana, finalmente! Da gustare quando sborra, socchiudendo gli occhi per il piacere puro provato nell'inghiottire. Da sentirlo che vibra di piacere mentre eiacula nel mio corpo il suo prezioso nettare. Si: una donna vera! Così d'improvviso ti sei deciso e m’hai presa. Senza alcuna delicatezza. Un toro infuriato, sembravi. Volevi mangiarmi, mentre mi scopavi. Urlavo. Non ti volevo con così tanta violenza. Avrei apprezzato un approccio più dolce. Mamma è accorsa, ma le hai detto senza mezzi termini che se non se ne fosse andata subito in cucina avresti buttato fuori entrambe. E lei è uscita dalla stanza in lacrime.
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Aveva il sangue agli occhi. T’avrei ucciso. L’hai annientata in un sol colpo: come donna e come madre. Intanto mi stantuffavi dentro senza pietà, con la tua tipica prepotenza maschile, grufolando e godendo in modo animale. Violandomi la fica con l'uccello e l'ano con le dita, a sfregio. Per rendermi totalmente tua. Mi hai letteralmente sfondato la fica e il posteriore. Uno, due, tre dita e infine tutto il pugno nel culo. Dio, che male! Un dolore acuto in tutta la zona, dall’inguine all’ano; una pena che pian piano col tempo poi s’è stemperata e trasformata in dolcissima schiavitù al tuo cazzo. E alle tue mani. Mi sono accorta da subito che comunque essere scopata mi piaceva. Oh, quanto mi piaceva! Non contento, dopo avermi usata per una buona mezz’ora, tranne una pausa brevissima in cui io piangevo calde lacrime, comunque sorridendo tra me e me, senza pietà d’un tratto m’hai presa, hai aperto la mia bocca con forza e mi hai ficcato l’uccello fino in gola.
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A momenti vomitavo. All’inizio quindi ho faticato ad accoglierti e mi venivano i conati, di continuo. Però almeno per questo hai avuto tanta pazienza, nel farmi adattare al supplizio. Lì ho capito quanto mi convenisse imparare a succhiartelo con cura e quanto mi piacesse essere dominata e usata da un maschio. In particolare da te. Ti amavo. Si: ti amavo e ti volevo. Ho imparato presto a lavorarti il cazzo dolcemente, a succhiarlo, a farti sborrare e a ingoiare. La natura è perfetta. Amo moltissimo leccarti l’asta e le palle con la massima passione. Eri sorpreso inizialmente da tanta spontanea dedizione. Si: da subito m’avevi finalmente domata. Ero diventata tua. Quando nella mia impegnativa iniziazione finalmente mi hai sborrato l’ultima volta in bocca t’ho ingoiato rapida e golosa, dopodiché ho atteso il tuo rilassamento nella mia gola; quindi t’ho sorriso e baciato in bocca: a lungo e con tanto amore.
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T’ho sussurrato all’orecchio il mio ringraziamento per il fatto di avermi fatta diventare una donna. Poi, mamma con la sua saggezza infinita m’ha comunque consolata. Dicendo che in breve mi sarei abituata. E aveva ragione: ho scoperto che posso essere santa fuori e puttana con te. Al mio ragazzo non concedo che toccatine sul seno; se mi gira, gli faccio infilare le dita nei miei slip. Lo masturbo, lo faccio venire nelle mie mani. Ma null’altro, per adesso. Faccio pratica con te: sto imparando a prendere tutto il tuo uccello fino alla radice e a ingoiare quando sborri senza lamentele. Il giorno del suo compleanno gli farò provare il paradiso. Spero non si domandi dove io abbia imparato a fare dei pompini in modo così divino. Intanto la notte nel letto matrimoniale tu ormai vuoi sempre e solo me. Mamma dorme in camera mia. Quanto mi piace sentire le tue mani che mi cercano, mi frugano, mi palpano ovunque.
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Mi desideri. Mi vuoi da impazzire. Ti piace la mia carne giovane e soda. I miei seni sono la tua ossessione. I miei capezzoli la tua droga. Si, certo: ogni tanto scopi anche mamma. Devi pur darle un contentino. Lei capisce e accetta, al fine di non perderti. E io devo assistere! Glielo hai chiesto in modo molto determinato e lei ha dovuto dire che per lei andava bene, che ormai ero una femmina fatta e adulta. Inoltre, ha affermato che io avrei avuto da imparare, da lei: solo guardando come fotte una donna di cinquant'anni comunque si impara molto. All’inizio era imbarazzatissima, povera donna. Arrossiva tutta. Poi però s’è sbloccata. Cazzarola: non avrei mai immaginato che mia madre fosse così porca ed esperta! Ti trattiene e ti stimola, ti dice che glielo devi dare tutto. Poi ti succhia il cazzo come una disperata e quando stai per venire, come si usa dalle nostre parti, ti infila una carota o una zucchina nel culo e tu perdi ogni ragione e vieni; ti fa urlare, dal piacere!
E ogni tanto la umili, la degradi e inseme a noi due le fai fare pure una cosa a tre! Ma... a lei piace un sacco! Che vera puttana, mia madre! Solo guardandola al lavoro e tenendo a mente i trucchi che adopera, capisco meglio come farti godere di più e come acquisire su di te sempre più potere. Perché inizio a realizzare solo adesso che ormai sei totalmente innamorato. Del mio culo, della mia fica e dei miei seni piccoli, sodi e giovani. Usando la mia bocca, ottengo ciò che voglio, da te. E mia madre intanto è ogni giorno sempre più serena. Finalmente.
“Sai, tesoruccio: in centro ho visto una mansardina per me che mi piacerebbe tanto tu acquistassi. Mi tornerebbe molto utile come punto d’appoggio, sia quando vado a scuola che quando sono in giro a far compere col mio ragazzo...”
Ripeto: ottengo ciò che voglio, da te!
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RDA
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Ho capito che dimenticare una persona e smettere di amarla sono due cose diverse.
Ti ho dimenticato perché non rincorro il tuo ricordo anche quando fugge via da me, perché lascio andare ciò che c'è stato senza sentire il peso di ciò che non è andato come avrei voluto.
Ti ho dimenticato perché ti penso raramente, quando piove specialmente
ma in verità quasi mai
e non mi coglie più una nostalgia improvvisa tutte le volte che mi accorgo che non ci sei
tranne qualche volta che mi metto a pensare che qualcuno può essere tutto ciò che hai e poi ad un tratto sparire
e non c'è niente che tu possa fare
ecco, in quel caso tremo un po'.
Ti ho dimenticato perché vedo altre persone senza vederti dentro di loro, perché se inciampo per sbaglio su una nostra foto nella galleria del cellulare mi vien solo da pensare che è proprio bello l'amore, prima di sapere che ti farà male
e quasi sorrido, piuttosto che diventare triste
quasi ti ringrazio
per tutto ciò che mi hai dato senza chiedere niente in cambio.
Ti ho dimenticato perché se mi ritorni in mente non sono senza fiato,
perché quando parlo di te non ho più mal di stomaco
e perché sto bene così
ma credo che dimenticare qualcuno e smettere di amare siano due cose profondamente diverse
perché io t'ho dimenticato nel senso che non fai più parte della mia vita e l'ho accettato,
ma amo ancora te tipo nella parte più profonda di me, dove nessuno può guardare e manco io, alla fine
dove mi manchi sempre
dove esisti solo tu
però non fai più male.
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Marzia Sicignano
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" "Chi sono io?". Bisogna dire che questa è una domanda che mi facevo fin da piccolo, quando mi svegliavo la mattina presto e rimanevo a fissare il soffitto. Poi, quando ero già un po' più grande, cominciai a chiedere spiegazioni a scuola, ma l'unica risposta che ho sempre avuto era che la coscienza è una proprietà della materia altamente organizzata, secondo la teoria leninista del riflesso. Non capivo il senso di quelle parole e così il mio sconcerto e gli interrogativi restavano gli stessi di sempre: com'è possibile che io vedo? E chi è questo «io» che vede? E in generale che cosa significa «vedere»? Vedo qualcosa di esterno o guardo soltanto in me stesso? E che significa «fuori di me» e «dentro di me»? Spesso avevo l'impressione di essere sul punto di arrivarci, alla soluzione, ma quando stavo per fare l'ultimo passo, a un tratto perdevo di vista questo «io» che solo un attimo prima avevo chiaro davanti. Quando mia zia andava a lavorare spesso chiedeva alla vecchietta vicina di casa di venire a darmi un'occhiata. Con una specie di piacere sottile, la tempestavo di tutte queste domande, sapendo bene la fatica che le costava rispondermi.
«Dentro di te, Omotchka, c'è l'anima» diceva lei. «E l'anima guarda attraverso i tuoi occhi e vive nel corpo come il tuo piccolo criceto vive in quella vecchia pentola. E questa anima è una parte di Dio, che ci ha creati tutti. Così anche tu sei questa anima.» «E perché Dio m'ha messo in una vecchia pentola?» chiedevo io. «Non lo so» diceva la vecchietta. «E lui dov'è che sta?» «Dappertutto» rispondeva la vecchietta e allargava le braccia tutt'intorno. «Quindi, anch'io sono Dio?» «No» diceva lei. «L'uomo non è Dio. L'uomo è fatto a immagine e somiglianza di Dio.» «E anche l'uomo sovietico è fatto a immagine e somiglianza di Dio?» continuavo a chiedere io, pronunciando a fatica quell'espressione incomprensibile. «Certamente» rispondeva la vecchietta. «E ce ne sono molti, di dei?» continuavo a chiedere. «No. Solo lui.» «E allora perché nel manuale c'è scritto che ce ne sono molti?» insistevo io, indicando il manuale dell'ateista che stava sullo scaffale della zia. «Non lo so.» «E qual è il dio migliore?» Ma la vecchietta rispondeva di nuovo: «Non lo so». E allora io chiedevo: «Allora posso scegliermelo da solo?». «Fai pure, Omotchka» diceva ridendo la vecchietta, e io mi mettevo ad armeggiare con il dizionario, dove di dei ce n'erano veramente a bizzeffe. Mi piaceva soprattutto Ra, il dio che adoravano, migliaia e migliaia di anni fa, gli antichi egizi. Forse mi piaceva perché aveva la testa di falco e spesso alla radio i piloti, i cosmonauti e un po' tutti gli eroi venivano chiamati «i falchetti». E così decisi che, se anch'io ero veramente simile a un dio, allora avrei assomigliato a quello. "
Viktor Pelevin, Omon Ra, traduzione dal russo di Katia Renna e Tatiana Olear, Mondadori (Collana Strade blu), 1999. [Libro elettronico]
[Edizione originale russa: Омон Ра, casa editrice Издательство Текст, Mosca, 1992]
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Un uomo sposò una bella ragazza. L'amava molto. Un giorno, la donna, sviluppò una brutta malattia della pelle. Lentamente iniziò a perdere la sua bellezza. Accadde così che un giorno suo marito partì per un viaggio di lavoro. Al ritorno ebbe un incidente e perse la vista. Tuttavia, la loro vita matrimoniale continuò come al solito.
Ma col passare dei giorni, la donna perse gradualmente la sua bellezza. Il marito, cieco, non poteva saperlo e la loro vita matrimoniale continuò senza alcuna differenza. Continuò ad amarla e anche lei lo amava molto. Un giorno la donna morì. La sua morte procurò all’uomo un grandissimo dolore, tanto forte da fargli decidere di lasciare la loro città una volta terminati gli ultimi riti funebri.
Un amico comune, da dietro chiamò l’uomo e gli disse: “Ora come potrai camminare da solo? Tutti questi giorni tua moglie ti aiutava”. L’uomo rispose: “Non sono cieco. Stavo recitando perché se avesse saputo che potevo vedere la sua condizione della pelle a causa della malattia, l'avrebbe addolorata più della malattia stessa. L'amavo non solo per la sua bellezza, mi sono innamorato della sua natura premurosa e amorevole. Così ho finto di essere cieco. Volevo solo renderla felice”.
Morale: quando ami veramente qualcuno, fai di tutto per rendere felice la persona amata e a volte è bene per noi agire alla cieca e ignorare i reciproci difetti per essere felici. La Bellezza svanirà con il tempo, ma il cuore e l'anima saranno sempre gli stessi. Ama la persona per quello che è interiormente, non esteriormente... ❣️ 💢 ❣️
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