#eredità femminista
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pier-carlo-universe · 1 month ago
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Emmeline Pankhurst: La donna che ha cambiato la storia con il motto “Fatti, non parole”. Recensione di Alessandria today
Un viaggio nella vita di una leader straordinaria che ha trasformato il panorama dei diritti delle donne.
Un viaggio nella vita di una leader straordinaria che ha trasformato il panorama dei diritti delle donne. La lotta di una donna per l’uguaglianza Nel cuore dell’Inghilterra vittoriana, Emmeline Pankhurst, nata il 15 luglio 1858 a Manchester, ha scritto una delle pagine più significative della storia del XX secolo. Cresciuta in un periodo in cui le donne erano relegate ai margini della società,…
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queerographies · 1 month ago
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[Adrienne Rich: Passione e politica][Rita Monticelli][Samanta Picciaiola, Maria Luisa Vezzali e Anna Zani
Adrienne Rich: la sua eredità femminista vive ancora Titolo: Adrienne Rich: Passione e politicaA cura di: Rita Monticelli, Samanta Picciaiola, Maria Luisa Vezzali e Anna ZaniEdito da: Vita Activa NuovaAnno: 2024Pagine: 264ISBN: 9791280771247 La sinossi di Adrienne Rich: Passione e politica Adrienne Rich (1929–2012) è stata una figura centrale come poeta, saggista, insegnante, attivista per i…
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carmenvicinanza · 1 year ago
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Ruby Hamad
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Ruby Hamad femminista, accademica e giornalista, racconta forme insidiose di discriminazione e altre manifestazioni quotidiane di razzismo interiorizzato.
È l’autrice di How White Women use Strategic Tears to Silence Women of Colour, nato dall’omonimo articolo del 2018, pubblicato per The Guardian Australia, che in italiano è stato tradotto col titolo Lacrime bianche / ferite scure. Femminismo e supremazia bianca. Un punto di riferimento globale per le discussioni su femminismo bianco e razzismo.
Nata in Libano e cresciuta a Sidney, in Australia, ha studiato sceneggiatura e regia cinematografica al Victorian College of the Arts, si è laureata in economia politica presso l’Università di Sydney e conseguito un master in giornalismo e pratica dei media presso l’Università di Sydney. Insegna storia e scienze sociali presso l’Università di Western Sydney.
Ha scritto articoli su diverse importanti riviste internazionali e tenuto il discorso di apertura della Giornata internazionale della donna 2017 e Feminist Intersection – In Conversation (con Celeste Liddle) per il Queen Victoria Women’s Centre, e l’hosting di panel al Melbourne Writers Festival e al Newcastle Writers Festival.
Redattrice per la pubblicazione femminista progressista The Scavenger, ha prodotto una serie di saggi sul significato culturale e politico del cibo e creato una serie su persone affette da disturbi mentali che indaga il mito che ha contribuito a plasmare l’opinione pubblica sullo stigma della malattia mentale.
Il suo primo libro, How White Women use Strategic Tears to Silence Women of Colour,  definito “Miglior libro del 2020” da Cosmopolitan, Harper’s Bazaar, Kirkus Reviews e Publishers Weekly, è una condanna bruciante e ad ampio raggio della ‘femminilità bianca strategica’ e della ‘svalutazione storica delle donne di colore’ nella cultura occidentale. 
Attraverso testimonianze, un’accurata ricostruzione storica, la sua esperienza personale e il ricorso alla cultura pop del cinema e delle serie TV, ha scritto un aperto atto di accusa al femminismo bianco liberale incolpato di non voler fare i conti con il proprio passato coloniale in cui le donne hanno esercitato – seppur da subalterne rispetto agli uomini – un potere e un ruolo fondamentale nel fissare gli standard dell’umanità nel suo complesso, incarnati nell’uomo bianco, ma anche nelle donne bianche. Non guardare alla storia, significa continuare a esercitare e perpetuare quel potere e pensare al razzismo solo come a un comportamento individuale e non come a un elemento fondamentale della costruzione binaria della identità femminile in cui alle donne bianche è stata riservata la parte di “damigella in pericolo” mentre alle nere la parte selvaggia e in definitiva subumana.
Dalla schiavitù al linciaggio e all’allontanamento forzato di bambini indigeni, le donne bianche sono state complici degli uomini bianchi nel razzismo e nella violenza, con il pretesto di proteggere la femminilità bianca. L’autrice esamina come questa eredità di secoli di violenza razziale e colonialismo da parte dei bianchi si manifesti ancora oggi nella vita di donne nere, asiatiche, latine, indiane, musulmane, arabe e indigene di tutto il mondo.
C’è da specificare che quando parla di “donne bianche” e di “donne nere” i termini non sono descrittivi ma politici. Non differenzia per colore della pelle ma si riferisce a coloro che beneficiano della bianchezza intesa come privilegio razziale. Quando parla di nero o marrone intende coloro che ne sono escluse in vari gradi secondo un confine in continuo movimento e di volta in volta rideterminato dalla colonialità globale in cui la razza (intesa come imposizione sociale) è il criterio fondamentale per la distribuzione della popolazione mondiale secondo ranghi, luoghi e ruoli nella struttura sociale e del potere.
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morganadiavalon · 5 years ago
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La chicca di oggi è questo volumetto ormai praticamente introvabile, di cui sono venuta a conoscenza nell'occasione di una mostra sulle streghe che avevo visitato a Roma, nel 2013. È un volumetto spillato, stampato in proprio da Nuovi Editori Roma nel Febbraio del 1980. La prefazione è a firma di Luciana Percovich per il gruppo femminista "Per una medicina delle donne".
Questa edizione, come la precedente del 1976 per Stampa Alternativa, è un'edizione pirata, in risposta alla pubblicazione italiana dell'opera originale ("Witches, Midwives and Nurses di Barbara Ehrenreich e Deidre English) da parte dell'editore La Salamandra, giudicata troppo cara: "3000 lire per 180 pagine scritte larghissime" - questa edizione consta di 68 pagine. La Salamandra, detentrice dei diritti italiani, non procedette ad azioni legali, limitandosi a polemizzare contro operazionindi questo genere, dannose per i piccoli editori.
Incipit dell'opera: "Le donne sono sempre state guaritrici. Sono state i primi medici e anatomisti nella storia della medicina occidentale. Sapevano procurare gli aborti, fungere da infermiere e consigliere. Le donne sono state le prime farmaciste, che coltivavano le erbe medicinali e si scambiavano i segreti del loro uso. Erano esse le levatrici che andavano di casa in casa, di villaggio in villaggio. Per secoli le donne sono state medici senza laurea, escluse dai libri e dalla scienza ufficiale: apprendevano le loro conoscenze reciprocamente, trasmettendosi le proprie esperienze da vicina a vicina, da madre a figlia. La gente del popolo le chiamava "le sagge", le autorità streghe o ciarlatane. La medicina è parte della nostra eredità di donne, della nostra storia, è nostro patrimonio."
https://www.instagram.com/p/B-96TPzAOXw/?igshid=mc0b2c01xcsx
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londranotizie24 · 2 years ago
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Change Evolution and Disruption: all’Iic di Londra la conferenza annuale dell’Asmi
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Di Simone Platania @ItalyinLDN @ICCIUK @ItalyinUk @inigoinLND Change Evolution and Disruption è il titolo della conferenza annuale dell’Asmi dedicata all'Italia moderna e contemporanea. Change Evolution and Disruption: questi i temi della conferenza annuale Asmi all'Iic di Londra La storia, la cultura, la politica che hanno segnato l’Italia moderna e contemporanea. Dall’800 fino al collasso del Fascismo, dalle politiche internazionali fino all’avanguardia femminista romana degli anni ‘70. L'obiettivo dell'Asmi (Association for the Study of Modern Italy) è quello di promuovere lo studio e la conoscenza della storia, della politica, della cultura e della società italiana dal XVIII al XXI secolo. Da qui Change, Evolution e Disruption, il titolo della conferenza annuale dell’Asmi che si svolgerà tra venerdì 2 e sabato 3 dicembre all’Istituto Italiano di Cultura a Belgrave Square e che include un ciclo di conferenze dedicato alla storia moderna e contemporanea italiana.  Il comitato organizzativo, formato da Maria Stella Chiaruttini (Università di Vienna) e Vanda Wilcox (Università John Cabot, Roma), darà il benvenuto agli ospiti alle ore 9.15. In ogni sessione di un'ora e mezza circa interverranno dai due ai tre ospiti su diversi temi. Tra coloro che interverranno sono attesi studiosi, professori e ricercatori provenienti da un'ampia gamma di contesti disciplinari tra cui storia, scienze politiche, lingue, geografia, letteratura e antropologia. Le tematiche trattate nei due giorni di conferenze sono molteplici e diversificate. Si spazia dal rapporto tra la Chiesa cattolica e lo Stato, al colonialismo italiano e le eredità post-coloniali. Ma anche il lascito culturale del fascismo e dell'antifascismo, il cinema e le trasformazioni degli anni '60. Fino ad arrivare al cambiamento sociale nell'Italia del Dopoguerra passando per i punti di svolta economici e politici nel panorama italiano. E molto altro. Il programma completo è consultabile qui. Invece, i biglietti possono essere acquistati qui. Al termine delle conferenze di venerdì sono attese una wine reception e una conference dinner. ... Continua a leggere su www. Read the full article
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accadde...oggi: nel 1857 nasce Anita Augspurg
accadde…oggi: nel 1857 nasce Anita Augspurg
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Anita Augspurg (Verden, 22 settembre 1857 – Zurigo, 20 dicembre 1943) fu una femminista tedesca.
Quinta figlia di un avvocato, studiò recitazione a Berlino e si esibì in diversi teatri della Germania, dei Paesi Bassi e della Lituania. La nonna materna, morendo nel 1887, le lasciò una cospicua eredità, che la rese economicamente indipendente.
Nel 1890s’impegnò con il movimento femminista perché…
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pangeanews · 6 years ago
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“Di questa realtà non ci capisce niente nessuno, leggo solo romanzi di gente morta e le donne sono insopportabili fi**e di legno”: Dejanira Bada parla del suo ultimo libro a Matteo Fais
Questa idea che le donne debbano sempre e solo esplorare la sfera sentimentale, mi si perdoni, è una colossale stronzata. Ancor di più se il sentimento – che, a quanto pare, sarebbe il loro campo – deve essere trattato in modo del tutto slegato dalla contingenza storica. Ciò risulta vagamente mortificante per il gentil sesso e, in fin dei conti, molto sessista – quasi una forma di autoesclusione.
Un altro problema che caratterizza la narrativa femminile è la spiacevole tendenza a stigmatizzare gli aspetti più controversi dell’animo maschile. Nell’ottica di una retorica femminista, stile Eretica di “Abbatto i muri”, gli uomini sono tutti dei depravati, affetti dalla malsana tendenza a voler mettere sotto, fisicamente e psicologicamente, le donne.
È per questo che, quando mi sono imbattuto incidentalmente in Storia di un uomo vescica di Dejanira Bada, ho tirato un sospiro di sollievo. Per una volta una donna che scrive senza buttarla sul femminile a ogni costo ma, anzi, parla dal punto di vista di un uomo senza travisarlo, o assimilarlo alla macchietta di sé stesso.
In questo libro, Maurizio, il protagonista, personaggio che ha ben più di una caratteristica negativa, è invece descritto con empatia. La scrittrice ne comprende intimamente le fragilità mascherate e le racconta con una prosa che di femminile, nel senso di indulgente verso gli orpelli decorativi, non ha proprio niente. Praticamente un miracolo.
Non so se definire Storia di un uomo vescica come un romanzo sociale – diciamo che la tentazione c’è. Non trovi anche tu che si senta una grande mancanza di storie incentrate sulla realtà? Pare che, più questa si fa complessa e articolata, più la massa degli scrittori si adopera in ogni modo per ignorarla…
Non saprei. Pur scrivendo, leggo davvero poco i romanzi di oggi. Trovo più moderno Céline, per esempio, su questo non c’è dubbio. Forse di questa nostra realtà non ci capisce niente nessuno, e quindi è meglio lasciar perdere. Troppo complicata, troppo cinica. Alla fine un lettore cerca anche speranza in un libro e, se gli si sbatte in faccia che non c’è, a questo passa pure quella poca voglia che ha di leggere. Meglio la narrativa che la letteratura e parlare di nazismo pure se hai vent’anni, che fa sempre figo e certa critica ti osanna di certo.
Una donna che parla per conto di un uomo – nella fattispecie, Maurizio, il tuo protagonista. La cosa strana è che, per una volta, ho anche pensato che una scrittrice fosse riuscita a fare qualcosa di più che inanellare stronzate e luoghi comuni sul genere maschile. In due parole ci comprendi, ti cali nei contrasti laceranti del nostro animo, non giudichi i nostri eccessi ma casomai vi scorgi le fragilità da cui dipendono. Come hai fatto a raggiungere questo stato di empatia con l’essere che la maggior parte delle femministe 2.0 vede come il nemico numero uno, l’uomo?
Forse ci sono riuscita proprio perché non reputo l’uomo un nemico. Alcuni sono stronzi, ma le donne, a volte, sono molto peggio! Sanno essere cattive, acide, false, pettegole, e fanno poco squadra. Sono invidiose e troppo prese da sé stesse. Ho sempre avuto molti amici uomini e, a volte, si sono rivelati meglio delle donne. Non appoggio nemmeno roba come le quote rosa e cazzate simili. Che siamo, delle disabili che fanno parte di categorie protette? Quello che sta avvenendo in questo periodo storico rischia di portare le donne a diventare nient’altro che delle “fighe di legno”. Ok la parità, ma non la supremazia femminile, per carità!
Per essere una femmina, non ami i belletti lirici. La tua prosa è asciutta, con una lieve sfumatura di dolcezza che però non dà mai la nausea. È perché ci lavori molto su un testo, o l’assenza di barocchismi ti viene proprio naturale?
Scrivo proprio così. Anzi, spesso nella fase di editing mi succede il contrario: devo sempre aggiungere qualcosa più che togliere. Se una cosa la posso dire in una frase e in modo semplice, perché usare paroloni o mezza pagina di testo? È un attimo cedere all’onanismo.
Il tuo libro è uscito e, praticamente in contemporanea, il tuo prefatore, Andrea Pinketts, è morto. Il Caso, potremmo dire, crea beffardamente il sospetto di un destino sotteso: il tuo maestro ti ha lasciato la sua eredità artistica? Ma, soprattutto, ti senti di poterla raccogliere?
Non raccolgo proprio niente. Sono solo onorata. Pensa che Andrea avrebbe dovuto firmare una collana per una casa editrice, in cui avrebbe voluto inserire anche questo romanzo, ma poi il progetto è fallito perché la responsabile si è rivelata una pazza con cui non si riusciva a lavorare. Andrea avrebbe tanto voluto accompagnarmi in giro a presentarlo, ma la vita sa essere davvero beffarda.
Nella tua storia, appunto così realistica, vi è l’elemento grottesco della metamorfosi kafkiana – una vescica che pian piano si fa largo nel corpo del protagonista. Io interpreto questa come la raffigurazione della malattia psicosomatica che oggi ci attanaglia un po’ tutti. Sbaglio, o sono nel giusto? Questa vita ci fa ammalare?
Sei nel giusto. Ma non credo che sia la vita in sé a farci ammalare. Siamo noi a permetterle di farci questo, e spesso, invece, non dipende da noi ma dalla famiglia, dal contesto in cui veniamo su e viviamo. Per questo, quando si cresce, bisogna scegliere bene le persone di cui circondarsi, le cose che ci rendono felici e tagliare via tutto quello che rischia di farci ammalare. Quando vai in analisi, spesso scopri che non sei tu il matto, quello malato, che magari sei solo più sensibile di altri, e che la soluzione sta semplicemente nel cambiare la tua vita e il tuo modo di vedere le cose, imparando anche a prenderti le tue responsabilità. Troppo facile dare la colpa solo ai genitori e alla società.
Senza voler spoilerare, ma ciò che conduce, pur tra mille criticità, il protagonista alla sua catarsi è ancora l’amore. Dice giustamente Houellebecq, nel suo ultimo romanzo, che questa società è costruita per renderlo impossibile. Maurizio ne è un esempio. Insomma, non ci possiamo salvare da soli?
Forse si può, ma in due è più facile e credo più bello. L’altro giorno Umberto Galimberti è stato insultato sui social perché, in un’intervista a “L’Espresso”, ha osato dichiarare che questa società tende sempre di più all’egoismo, al vivere da soli per non affrontare la responsabilità dell’altro. Per me l’impossibilità dell’amore deriva dalla paura, una paura che è tutta nostra. La vita a due include l’impegno, il sacrificio, tanti lati positivi ma anche negativi. Quindi molti considerano più allettante l’idea di starsene da soli e gestire un gatto. Come scrive Denis de Rougemont nel suo L’amore e l’Occidente, il matrimonio consiste nell’accettazione incondizionata dell’altro. L’amore è soprattutto quotidianità, è questo che non si riesce ad accettare. E ciò dipende – questo sì – della società che ci ha abituato a pensare che l’amore debba essere solo passionale, follia e morte, altrimenti non è amore. E, poi, a volte non si inizia una relazione solo per paura che possa finire. Magari ne finiranno sei, una durerà vent’anni e un’altra per sempre, ma è l’attaccamento il problema. Siamo troppo attaccati alla vita e, di conseguenza, all’amore. L’idea che una storia possa finire è inconcepibile come il fatto che esista la morte, che infatti è diventata un tabù assoluto.
Scegli uno scrittore italiano attuale da salvare e buttane un altro giù dalla torre.
Mi vergogno un po’ a dirlo, ma è da più di un anno che leggo quasi solo saggi. Quei pochi romanzi che ho letto erano di gente morta. Ho una lista di “libri da leggere prima di morire” che aumenta sempre di più. Mi sa che gli “attuali” che leggerò saranno quelli del 2060, sempre se ci arrivo!
Matteo Fais
L'articolo “Di questa realtà non ci capisce niente nessuno, leggo solo romanzi di gente morta e le donne sono insopportabili fi**e di legno”: Dejanira Bada parla del suo ultimo libro a Matteo Fais proviene da Pangea.
from pangea.news http://bit.ly/2QVNlg4
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carmenvicinanza · 3 years ago
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Alexandra David Néel
https://www.unadonnalgiorno.it/alexandra-david-neel/
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Chi viaggia senza incontrare l’altro, non viaggia, si sposta.
Alexandra David, scrittrice e esploratrice francese, è stata la prima donna occidentale a giungere nel 1924 a Lhasa, città all’epoca vietata agli stranieri, dopo otto lunghi mesi di marcia partendo dallo Yunnan e attraversando il Tibet.
La sua vita, l’incredibile sete di conoscenza, avventura e emancipazione, ha ispirato, negli anni, film, documentari e pièce teatrali.
Nella sua lunga carriera di esploratrice, fotografa, orientalista e antropologa ha scritto più di trenta libri. È stata tra le fondatrici dell’Ordine Massonico Misto e Internazionale Le Droit Humain
Nacque a Saint-Mandé, 24 ottobre 1868, già a diciotto anni, dalla casa dei genitori a Bruxelles raggiunse la Spagna in bicicletta.
Successivamente si trasferì a Londra, dove studiò  filosofie orientali. Dopo aver fatto ritorno a Parigi,  si iscrisse alla Società Teosofica e seguì le lezioni di Lingue Orientali alla Sorbonne.
Nel 1899 scrisse il saggio anarchico Pur la Vie con lo pseudonimo di Alexandra Myrial in cui denunciava fortemente la forma del matrimonio tradizionale e come il peso della maternità gravasse sulla vita delle donne. Gli editori dell’epoca furono spaventati e si rifiutarono di pubblicare un  libro scritto da una donna ribelle che denunciava gli abusi dello Stato, dell’esercito, della chiesa e dell’alta finanza. L’opuscolo, alla fine, venne stampato a spese dal suo compagno, Jean Haustont e venne tradotto in cinque lingue.
Fu anche una collaboratrice di La Fronde, giornale femminista.
Era suo profondo convincimento che la lotta per l’emancipazione economica fosse legata alla condizione di subordinazione finanziaria femminile, causa essenziale d’infelicità, poiché la mancanza di indipendenza si traduceva in mancanza di libertà di scelta.
Nel 1890, grazie a una eredità proveniente dalla nonna materna, Alexandra David se ne andò in India. Qui apprese la musica tibetana e le tecniche di meditazione e iniziò a cantare da soprano. È stata la prima donna a esibirsi all’Opera di Hanoi.
Nel 1902 le venne offerta la direzione artistica del teatro di Tunisi e vi si trasferì. Lì iniziò a studiare il Corano e dove conobbe l’ingegnere ferroviario Philippe Néel che sposò nel 1904. Ma la vita matrimoniale non si confaceva col suo carattere assetato di novità e conoscenza e ben presto si rimise in viaggio.
Nel 1911, partì per quello che doveva essere un viaggio di studio di diciotto mesi e che durò, invece, quattordici anni: India, Nepal, Birmania,  Giappone, Corea e Cina.
Convertitasi al buddismo, dal 1914 al 1916 visse in eremitaggio in una caverna nel Sikkim, praticando esercizi spirituali con il monaco tibetano Aphur Yongden, che divenne il suo compagno di avventure e che, in seguito, adottò.
Nel 1916 incontrò il Panchen Lama, che la riconobbe come reincarnazione. Impossibilitata a tornare in Europa a causa della guerra, si recò in Giappone. Nel 1924, travestita da tibetana, e in beffa ai controlli coloniali, attraversò a piedi la Cina in piena guerra civile, per raggiungere Lhasa.  Penetrare clandestinamente in Tibet, impresa che narrò nel libro Viaggio di una parigina a Lhassa, la rese famosa in tutto il mondo. Aveva 56 anni e, indossando le vesti di una khadoma, uno spirito tibetano che protegge dalle sventure, viaggiò senza pericoli e venne ospitata e ben accolta nel suo peregrinare. Scoperta dalla polizia, l’anno successivo fu costretta a tornare in Francia dove ricevette il Prix Monique Berlioux de l’Académie des Sports. Due anni dopo ricevette la Legione d’Onore.
Dopo una parentesi europea, nel 1937 tornò in Cina, dove rimase, a causa della seconda guerra mondiale, fino al 1946.
La sua incredibile vita è stata raccontata in tre volumi dalla sua assistente, segretaria personale e aiutante, indissolubilmente legata a lei dal 1959, Marie Madeleine Peyronnet.
Alexandra David Néel morì a Digne, in Provenza, l’8 settembre 1969, aveva quasi 101 anni, era ormai paralizzata e cieca. Nel 1973 la sua assistente portò le sue ceneri a Varanasi e le disperse nel Gange.
Marie Madeleine Peyronnet, nata nel 1930, è ancora viva e dirige la casa e l’enorme archivio della scrittrice e esploratrice, diventata un importante centro culturale. Ha anche scritto un libro in forma di diario Dix ans avec Alexandra David Néel.
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