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La Custode dell’Ambra: Un Viaggio tra Passato e Presente nel Cuore della Russia Rivoluzionaria
Freda Lightfoot ci regala una storia di famiglia, amore e redenzione, ambientata tra l'Inghilterra degli anni Sessanta e la Russia pre-rivoluzionaria.
Freda Lightfoot ci regala una storia di famiglia, amore e redenzione, ambientata tra l’Inghilterra degli anni Sessanta e la Russia pre-rivoluzionaria. Recensione:La Custode dell’Ambra di Freda Lightfoot è un romanzo che affascina per la sua capacità di intrecciare epoche e culture diverse, portando il lettore in un viaggio emozionante che abbraccia il Lake District dell’Inghilterra e la Russia…
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A MIA MAMMA.
Eri piccola quando ci siamo conosciute.
Beh, sì, io ero ancora più piccola, ma tu eri più piccola di me adesso.
Eri una giovane donna che aveva conosciuto l'indigenza e il lavoro minorile e nonostante ciò non lesinavi sorrisi e leggerezza, come se la vita fosse per te una continua scoperta appassionante e non avessi mai niente da rimpiangere.
Sei stata la prima e l'unica persona che mi abbia mai letto una storia ad alta voce, leggevi e inventavi, perché di certo la fantasia non ti è mai mancata e mi hai cresciuta a sorrisi, iniezioni di autostima, lezioni di pazienza e amore. Un totale, disinteressato, incalcolabile amore.
Non ti ho mai percepita gelosa, fare l'offesa o essere possessiva.
Non hai mai cercato di ostacolare le mie scelte coniugando una sostanziale fiducia in me con una silenziosa osservazione di ogni passo che compievo.
Mi hai dato la vita e poi mi hai permesso di scorazzare qua e là, senza iperprotettivismo, ma con la saggezza infinita di chi sa che le migliori lezioni sono quelle che che impariamo a nostre spese e cercare di impedire a un figlio di soffrire (seguendo, peraltro, un criterio personale nel determinare quale sarebbe il suo bene) equivale talvolta a impedirgli di crescere.
Hai sorriso della mia irruenza adolescente, che ti rimproverava alcune scelte, che ti chiamava pavida e ti criticava di esser troppo accondiscendente. Ma le lezioni di vita a volte son semestri infiniti di materie che non si leggono sui manuali e il cui reale significato ci arriva molto dopo averle studiate.
E così la tua granitica pazienza ha visto me mutare, crescere, maturare. E capire finalmente l'incomparabile intelligenza che ha guidato ogni tua mossa per portarti fuori indenne dal tuo personalissimo ginepraio e lasciare a noi sì, la percezione di essere passate attraverso qualcosa di scombussolante, ma riportando solo qualche graffietto superficiale e lasciandoci invece, come premio, un'inviolabile serenità familiare che, come una leonessa ruggente, hai protetto e custodito facendone il rifugio felice e il porto sicuro che è ancora adesso e che sarà per sempre. Perché hai sempre saputo separare le tue battaglie dalle nostre vite e non hai mai permesso che piani che non dovevano sovrapporsi si sovrapponessero e che la strada delle tue conquiste personali incrociasse maldestramente quella della nostra crescita.
Il risultato è la serenità interiore che ci hai dato in eredità, tesoro preziosissimo che custodisco fieramente. E sebbene noi abbiamo ereditato anche parte della dimensione più squisitamente malinconica e profonda di papà (che custodisco altrettanto fieramente), e sebbene questi nostri anni adulti siano terribilmente instabili e a noi piaccia dire che la vostra vita negli anni '80 fosse per certi versi più "facile" e ci si faccia, quindi, a volte, prendere un po' dallo sconforto, mi basta ripensare al tuo sorriso felice, al tuo entusiasmo, alla tua sconfinata e ottimistica fiducia nella vita per sentire come un'epifania dentro di me e sapere, con certezza, che andrà tutto bene, che tutto avrà un suo senso, prima o poi.
Mamma, anno dopo anno, non posso che augurarmi di somigliarti sempre di più, crescendo.
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Il regalo più bello❤️❤️🩹💝🖤
Gaspare ritornava nella sua baracca sulla sponda del fiume dopo aver lavorato duramente nei campi per raccogliere i pomodori con i suoi compagni di lavoro. Trascorrevano belle giornate sotto il sole di Agosto ed il lavoro stancava sempre di più il povero ragazzino, mentre le sue condizioni di salute peggioravano in continuazione: da quando era nato aveva sempre avuto problemi nel digerire il cibo che ingeriva e questo gli causava una forte debolezza del corpo e l'incapacità di compiere lunghi sforzi fisici. Lavorare lunghe ore sotto il caldo afoso dell'estate, perciò, non era il massimo che potesse desiderare, ma la sua famiglia non poteva fare altrimenti data la loro grave situazione economica. Il padre era di bassa estrazione sociale e non aveva ricevuto nessuna eredità da parte della famiglia; anch'egli lavorava nei campi ma non era mai riuscito a trovare un lavoro fisso. Era comunque un uomo forte e robusto con una grande bontà d'animo che, nonostante la difficile situazione, cercava di non far mancare mai niente ai propri figli Gaspare e il fratellino di cinque anni, riuscendo a prendersi cura anche dell'anziano suocero che viveva con loro. La famiglia, però, non viveva nelle migliori condizioni, ma poteva essere considerata una delle migliori a livello di affetto e di rispetto, da modello esemplare per tutte le altre poiché in quel "nido" regnavano i veri sentimenti di pace e d'amore, e la semplicità era la caratteristica peculiare. Tuttavia, i figli conducevano una vita regolare come gli altri bambini, fatta eccezione che Gaspare, già a dodici anni, dovesse lavorare per "guadagnarsi la pagnotta". Andavano a scuola, avevano amici, giocavano e frequentavano il catechismo, nonostante comprendessero di essere più poveri degli altri, e questo aspetto si faceva notare soprattutto per le feste, quando gli altri bambini ricevevano molti regali, mentre i due non potevano averne.
Per esempio, per il Natale, nella loro catapecchia vi era solo un piccolo abete scarno e con poche decorazioni, senza un regalino da mettere sotto, ma il calore familiare riusciva sempre a scaldare un po' di felicità. Gaspare, però, invidiava i suoi amici, la maggior parte dei quali benestanti, che potevano svegliarsi la mattina del 25 Dicembre invasi da una marea di doni. Spesso, perciò, chiedeva al padre per quale motivo egli non potesse averne, e la risposta che otteneva era sempre la solita: "Un giorno otterrai un regalo più grande da ricompensare tutti i Natali trascorsi senza un dono". Gaspare nutriva una fiducia profonda nel padre e, perciò, non smetteva mai di sperare, sebbene non comprendesse bene il significato di quella frase, che gli risuonava costantemente nella testa. Il ragazzo si poneva tante domande sulla vita, non comprendeva il mondo degli adulti con tutti i loro "grandi problemi" mentre sfrecciavano con le loro auto in strada per andare chissà dove. Per lui che si spostava solo a piedi, nonostante i gravi problemi di salute, tutto ciò che vedeva era oggetto di meraviglia e di stupore, non concepiva questo nuovo mondo dell'esistenza del quale si rendeva conto solo adesso. Capisce, però, che suo padre sa contemplare un arcobaleno e goderne il fascino, sa guardare alla natura e tutto ciò gli dà il coraggio di andare avanti e di non arrendersi perché lui sa farlo fantasticare e sognare sul regalo più grande che gli donerà. I giorni passavano e Gaspare cresceva ma, invece di rinvigorirsi, la sua situazione di salute peggiorava sempre più tanto che non riusciva più a mangiare, passava giornate intere in ospedale ma senza risolvere il problema. La situazione, perciò, degenerò e al ragazzo non restavano molte speranza di vita. Il dodicenne fu ricoverato in ospedale per essere curato; il padre e i familiari rimasero sempre al suo fianco senza mai lasciarlo solo. I medici fecero presente che il fegato di Gaspare stava smettendo di svolgere le sue regolari funzioni e che, senza il trapianto dell'organo, il ragazzo non ce l'avrebbe fatta. Il padre era già a conoscenza del problema e aveva meditato a lungo sulla questione, decidendo, infine, dopo vari incontri con i dottori, di farsi asportare una parte del proprio fegato poiché compatibile, per donarla al figlio e salvargli, quindi, la vita. L'operazione richiedeva precisione e sicurezza, per questo motivo i dottori indugiarono a lungo sull'intervento da eseguire sul ragazzo, ma il padre fece di tutto affinché lo operassero. Il ragazzo, sulla barella, prima dell'operazione smise di credere alla promessa del padre in quanto percepiva che i suoi giorni stavano per finire e che quel regalo da sempre atteso con grande speranza non sarebbe mai arrivato. Incominciò a piangere, insultando per la prima volta il padre sulla promessa non mantenuta. L'operazione fu eseguita il giorno successivo e tutto andò per il meglio per il ragazzo, che fu dimesso la vigilia di Natale e, tornando a casa, trovò un biglietto con su scritto:
"Bambino mio, se stai leggendo questa lettera significa che tutto è andato bene e sono felice per te. Ricordi la promessa che ti facevo ogni anno per Natale? Ti ho donato il mio fegato per salvarti la vita. Io sono dentro di te per sempre. Spero di averti fatto un bel regalo.
Con affetto, tuo padre."
Il ragazzo scoppiò in un pianto, portandosi una mano al fianco destro, rimpiangendo di aver insultato il padre proprio nel momento in cui avrebbe dovuto ringraziarlo. Il padre gli aveva donato la sua vita.
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TMAGP004 - Prendendo Note
[Episodio precedente] [Indice TMAGP]
[Il decrepito computer dell’O.I.A.R. si accende e inizia a registrare]
[Sentiamo il rumore di tastiere, e Sam che canticchia tra sé e sé]
[Qualcuno si avvicina a passi pesanti]
ALICE
(sussurrando) Ma che cavolo, Sam.
SAM
Cosa?
ALICE
Non azzardarti a dirmi ‘Cosa?’. Sono stata io a inventare ‘Cosa?’.
SAM
(A voce più bassa) Ch– Io… in tutta sincerità, non so di che cosa stai parlando!
ALICE
Ho appena ricevuto un avviso di sicurezza.
SAM
Su di me?
ALICE
Qualcuno stava provando ad accedere a dei file riservati. E io scommetto che sei tu.
SAM
Perché mai dovrebbero arrivare a te questi avvisi?
ALICE
Non dovrebbero! Ma dovresti essere strafelice che questo sistema non funziona come dovrebbe. Se Colin lo venisse a sapere avrebbe un attacco isterico!
SAM
Già, beh, grazie, allora?
ALICE
A quanto pare hai fatto una ricerca per i file con i termini…(sposta dei fogli)“Magnus” e “Protocollo”?
SAM
(Sorpreso) È per questo? Cioè, sì, okay, ho trovato un caso che citava l’Istituto Magnus e poi l’ho cercato e ho trovato alcuni file nel sistema che dicevano di applicare, (voce teatralmente severa) “Il Protocollo.” Perché dovrebbe essere riservato?
ALICE
Perché lavoriamo per il governo, e il governo ama i segreti, cretino!
SAM
Va bene! Sì, ho capito…
[Pausa]
ALICE
(meno arrabbiata) Senti, Sam. Non so cosa sia “Il Protocollo”, ma un paio di quelli della vecchia guardia lo ha nominato nel corso degli anni. Da come ne parlavano… è roba seria! Non vuoi nemmeno farti beccare vicino a quel genere di cose, men che meno a cercarla direttamente.
SAM
Beh, cioè, non è come se stessi -
ALICE
Non puoi andare a ficcanasare in questo genere di cose. Non se vuoi tenerti il posto… o la testa.
SAM
(leggermente divertito) Okay, okay! Ho capito. Considerami spaventato a dovere.
ALICE
Sono seria. Non voglio che tu finisca nei guai, chiaro?
SAM
(ha capito) Voglio dire… quanto nei guai?
ALICE
So solo che era coinvolta la Starkwall.
SAM
Starkwall? …Aspetta, Starkwall? Come la Starkwall del “Massacro di Piazza San Pedro!”
ALICE
La milizia privata, sì.
[Passi che si avvicinano in lontananza]
SAM
(urla-sussurrando) Pensavo fosse un “noioso lavoro d’ufficio”!?
ALICE
(urla-sussurrando) Lo era finché tu non ti sei messo a ficcanasare!
[Passi, Gwen si siede vicino a loro]
[Sam si schiarisce la gola]
[Pausa piena d’imbarazzo]
GWEN
Almeno potreste far finta che non stavate parlando di me.
ALICE
Oh, cavolo, ci hai beccati! Stavo solo dicendo a Sam quanto è importante che si concentri sul suo lavoro, altrimenti rimarrà intrappolato qui per sempre come te.
GWEN
Ma certo. Beh, abbassate la voce. Qui c’è gente che sta cercando di lavorare per davvero. Nel nostro posto di lavoro. Che ci paga.
SAM
Sì, ricevuto.
[Gwen fa un doppio clic al suo computer]
NUOVA VOCE DEL COMPUTER
Mio caro nipote -
ALICE
(ad alta voce sopra l’audio) Hey! Augustus! È una vita che non lo sentivo!
VOCE DEL COMPUTER (AUGUSTUS)
Se stai leggendo queste parole allora io me ne sarò già andato, e non potrò offrirti alcuna garanzia sulla -
SAM
(Sopra l’audio) Allora, questa è, tipo, una voce rara?
[Gwen preme spazio, irritata]
[La voce si ferma]
ALICE
Tipo. Di solito sono solo Chester o Norris. Augustus è come un avvenimento speciale.
GWEN
Uno, non hanno dei nomi. Smettila di dargli dei nomi. Due, mi lasciate per favore continuare a lavorare.
SAM
Mi dispiace.
ALICE
A me no.
[Gwen fa un respiro per calmarsi, poi pigia di nuovo spazio]
VOCE DEL COMPUTER (AUGUSTUS)
Mio caro nipote, [ndt: nipote di zio]
Se stai leggendo queste parole allora io me ne sarò già andato, e non potrò offrirti alcuna garanzia sulla loro veridicità. Dovreai semplicemente confidare nella loro autenticità e contenuto.
Tieni per te ciò che leggerai, e mantieni il segreto, per tutta la tua vita.
Devo sperare che la misera eredità che posso offrirti evochi un minimo di quell’affetto familiare che negli anni passati non mi sono curato di mostrare.
[La voce di Augustus si fa immediatamente umana; sembra un raffinato signore di una certa età]
Nipote, a te lascio il mio violino, uno strumento di altissima fattura.
Confesso di aver un tempo contemplato l’idea di distruggerlo, o di gettarlo tra le fiamme, ma certe volte sono stato definito bramoso, e forse tale accusa ha del fondamento, poiché adesso io non riesco a farlo.
Nell’ultimo paio di settimane qui è caduta molta pioggia, che si è rivelata stranamente affine alla mia vena sentimentale, ed ha portato con sé un pizzico di nostalgia per quell’estate uggiosa che hai trascorso da me.
Mi fa piacere pensare che potrei aver lasciato su di te una qualche impronta di me stesso nel periodo passato insieme, e forse in questo modo cerco di continuare a possedere il mio prezioso violino.
Non ho mai raccontato ad anima viva di come sono entrato in possesso di questo violino, ma devo confidarti la verità che cela, poiché questo, e la sua storia, adesso sono tuoi.
Ero un giovanotto, più giovane di te ormai, quando venni convocato a dare prova del mio talento di fronte all’Orchestra Reale di Corte del Palatinato.
Anche se devo confessare che il pensiero di abbandonare le comodità materiali di Alnwick Abbey mi intimoriva, in verità, ebbi poca voce in capitolo, e il privilegio di tale invito mi era ben evidente.
Il mio maestro di violino, un certo (sprezzante) “Oliver Bardwell”, covava la convinzione che tale onore fosse puramente frutto del suo talento di insegnante, piuttosto che il risultato delle mie capacità e dei miei sforzi.
Bardwell, un uomo eccezionalmente seccante, godeva nel ricordarmi che, sebbene mio padre fosse un Lord, il disdicevole contesto della mia nascita faceva sì che io non potessi fare affidamento sul suo titolo per garantirmi un futuro.
Durante quei momenti di crudeltà da parte di Bardwell, confesso che nella mia immaginazione contemplavo con piacere le macabre o grottesche sorti che potevano capitargli durante il viaggio, puramente per caso… oppure per mano mia.
Ciò nonostante, fu sia con apprensione che gioia nel cuore che osservai Alnwick Abbey farsi sempre più piccola. Il mio itinerario era diretto a Mannheim, una destinazione dove sentivo con una certezza tipica della gioventù che il mio talento sarebbe stato finalmente riconosciuto.
Per quel che riguarda il mio intoccabile padre, con la sua incrollabile certezza della sua celestiale importanza, anche lui scomparve all'orizzonte, circondato dai miei inutili fratellastri, che aspettavano con impazienza la loro eredità.
Naturalmente, fu il signor Bardwell a farsi carico del ruolo di accompagnatore per il mio viaggio attraverso il continente, senza dubbio coltivano i suoi sogni di innalzarsi grazie ai miei imminenti successi.
Feci poca attenzione agli sproloqui o alla sua ambizione, trascorrendo quelle settimane di viaggio a raffinare i movimenti delle dita sul collo consumato del mio adorato Rogeri, almeno per quanto la carrozza traballante lo permettesse.
Purtroppo, con il lungo andare del viaggio, le perfette buone maniere e la patina di raffinatezza di Bardwell si erosero poco a poco, e quando la calura estiva lasciò il posto al fresco dell’autunno, i suoi modi si inasprirono non poco, una metamorfosi spronata da ogni sobbalzo e scossone della vecchia carrozza.
Presto, un'inquietudine febbrile si posò su di lui come un velo di tulle, e i suoi occhi, un tempo acuti, si annebbiarono con un luccichio frenetico, quasi maniacale.
Guardavo con crescente preoccupazione mentre le ombre danzavano sulle pareti dei suoi pensieri, la loro forma e natura a me celate salvo per quanto riuscivo a cogliere del suo borbottio a malapena percepibile all’udito. In alcuni momenti sembrava quasi che stessi ascoltando della musica lontana, anche se il mio strumento sedeva silenzioso accanto a me.
Ho accennato alle macabre fantasie che occasionalmente occupavano la mia giovane mente, ma devi credermi, nipote, quando dico che non ho avuto alcun ruolo nella sua morte. Non so che cosa sia stato alla fine a causare l’episodio frenetico che lo colpì quella notte. Aveva dormito poco nella settimana precedente, e l’affaticamento dei suoi nervi era evidente.
Fu quando sbagliai la posizione delle dita di quello che sarebbe dovuto essere un semplice esercizio, un errore che attribuisco agli sballottamenti della carrozza, che balzò in piedi. Dalla sua bocca uscivano fiotti di parole, prive di coerenza, una sinfonia di follia diretta da un invisibile maestro nella sua immaginazione.
Era come se degli spettri si agitassero proprio dietro la sua vista e gli avessero afferrato le mani, muovendole liberamente mentre il signor Bardwell cercava la salvezza, da quei fantasmi che perseguitavano i suoi sogni ad occhi aperti.
Spesso mi chiedo se avessi potuto fare qualcosa per salvargli la vita. Ma ero giovane e terrorizzato, e sono rimasto a guardare in muto sbalordimento.
Mentre la tempesta nella sua mente si avvicinava a un crescendo, Bardwell afferrò la maniglia della porta della carrozza, l’aprì all’improvviso, e, senza esitazione, si gettò di testa nelle tenebre della notte.
Il cocchiere, accortosi immediatamente di quanto era successo, arrestò di colpo la carrozza, e affrontammo il cupo spettacolo che si trovava di fronte a noi.
Una roccia, macchiata con i disgustosi resti della mente disturbata del mio maestro e dei frammenti del suo cranio fratturato, faceva macabramente da lapide, svettando sopra il corpo senza vita dell’odioso signor Bardwell.
Nella mia ingenuità mi girai verso il cocchiere per chiedergli cosa avremmo dovuto fare. Purtroppo, mi accorsi subito di quale sospetto si era impossessato di lui.
Aveva assistito alle numerose e accese discussioni tra me e il signor Bardwell, e quando mi avvicinai, divenne evidente che non vedeva un giovane terrorizzato e smarrito, ma un violento assassino.
Una paura animale si impossessò dell’uomo, e agì d’impulso. Non parlerò di quanto avvenne dopo, ma basti dire che mi ritrovai da solo, a vagare nella notte.
Per quanto tempo camminai in quel bosco, non saprei dirlo. Ero come intorpidito, e l’oscurità avvolgeva ogni cosa.
Non so se definirlo una fortuna o una sventura, quel capriccio del destino che mi salvò, ma dopo un po’ di tempo vidi tra gli alberi il tremolio di un fuoco e una figura, accovacciata lì vicino per scaldarsi.
Un gentiluomo dai modi sorprendente raffinati, a quanto pareva, sedeva lì, creando una distinta sagoma contro la luce del fuoco.
“Spreekt u Engels?” chiesi in un Olandese tentennante, i distaccati insegnamenti del signor Bardwell mi avevano lasciato ancora ignorante del Tedesco.
“Ah, un altro Britannico,” fu la sua calorosa risposta, accompagnata da una risata cordiale.
“Dal tuo aspetto sembri affamato,” continuò, e mi offrì dei rozzi bocconcini di carne allo spiedo, quasi carbonizzati dalle fiamme.
Ormai privo di cautela, e con un'acuta consepevolezza del mio stomaco vuoto, accettai la carne bruciata senza cerimonie.
Seduto accanto al fuoco, mi chiese con tatto come avessi fatto a finire lì, e mi ritrovai a raccontargli, più sinceramente di quanto volessi, la vera storia, senza abbellimenti, di non solo la notte appena trascorsa, ma della mia vita fino a quel momento.
Ascoltò il mio racconto con attenzione, il suo sguardo non vacillò nemmeno una volta e sembrava gentile. Poi sospirò.
“Oh, sembrerebbe che la sorte ti abbia abbandonato,” disse tra sé e sé, la sua espressione imperscrutabile e il suo tono stranamente cospiratorio.
“Davvero, a mio avviso serve proprio un colpo di fortuna.”
Mi dissi d’accordo, e il sorriso che gli attraversò il volto, come se il mio parere avesse sancito un qualche patto tra di noi, fu davvero strano.
Lo sconosciuto portò una mano dietro il ceppo su cui sedeva e prese un sacco dalla forma insolita. Riuscii a vedere, al suo interno, una varietà di oggetti, che andavano da coltelli malconci a porcellane sbeccate a gioielli bellissimi, piccole figure di avorio e anche un assortimento di dadi per il gioco d’azzardo.
“La fortuna può assumere una miriade di forme,” proclamò lui, in un modo caloroso ed invitante, “e oggi assume la forma di un semplice viaggiatore che ti offre la sua merce. Avevi detto che suoni il violino, se non erro?”
[Una breve sequenza di note si intreccia con le parole che seguono]
Affondò la mano nella sua curiosa sacca, e dopo aver cercato per un momento o due, tirò fuori uno strumento la cui altissima qualità era talmente evidente che la fatalità della sua apparizione sembrò quasi ultraterrena.
Posò un archetto sulle corde, e con un unico fluido movimento, eseguì una riecheggiante nota doppia che risuonò con un tono soddisfacente.
Non disse una parola mentre lo esaminavo, non gli attribuì una storia, nessun famoso artigiano o mastro liutaio.
Il collo, un esempio di perfetta simmetria, conduceva l’occhio dalla ricca sfumatura di cremisi della parte superiore della cassa armonica che lasciava spazio al mogano naturale scendendo verso il basso.
“Ah, è questo il volto della fortuna oggi?” chiese lui, osservando mentre le mie dita percorrevano la lunghezza delle corde.
In quel momento un urlo di dolore irruppe dalla mia gola, un urlo che che sorprese anche me, quando mi resi conto che mi ero tagliato il polpastrello sulle corde.
Il mercante si limitò a sorridere, guardandomi come uno potrebbe guardare un bambino che ha toccato una pentola sul fuoco.
“Non ho niente da offrire in cambio,” confessai, non ero abituato a trovarmi senza mezzi, e feci per restituirgli il violino.
“Allora non consideriamolo un acquisto, ma un dono, da un vero amico.” Le sue parole erano piene di calore, eppure avevano una connotazione che sembrava sfuggire alla mia comprensione.
Prima che potessi fare altre domande, quest’uomo, il cui nome non avevo mai pensato di chiedere, fece un gesto verso il sentiero e, iniziando già a gettare della terra sul fuoco, mi rassicurò che la mia destinazione si trovava a poche ore di camminata.
Come stordito allora lasciai il mio compagno, e presto divenne evidente che aveva detto il vero, e che questa sventura era avvenuta a meno di un giorno dalla fine del mio viaggio.
E così in fine giunsi alla Scuola di Manheim, quella culla di virtuosi che avrebbero onorato i palchi più importanti di tutta Europa, attratto dalle sue promesse. I luminari che aveva formato, nomi illustri come Grua, Stamitz, Richter, e Fraänzl, rendevano la possibilità di essere ammesso alla scuola, e ai loro ranghi, ammaliante.
Non si parlò di come ero arrivato, né di quanto mi fosse successo durante il viaggio, e dopo qualche giorno venni condotto in una sala meravigliosa, dove sedeva il gruppo che mi avrebbe valutato. Un tremore di apprensione mi percorse il corpo quando mi ritrovai di fronte alla giuria silenziosa, e fu con una nuova sensazione di insicurezza che impugnai il mio nuovo strumento.
Il suo collo, più sottile di quello del precedente, era strano nella mia presa, e quando iniziai le mie dita tentennano cercando di far presa sulle corde.
Tentai la prima delle esecuzioni che avevo provato e riprovato, ma suonavo in maniera poco elegante e approssimativa, evocando solo qualche sussurro sprezzante, e un borbottio di derisione dal mio pubblico.
Sentii un’ondata di indignazione e paura, causata dalla consapevolezza che io, il peccato di mio padre, che aveva commesso cose orribili per raggiungere quella sala, non sarei mai potuto tornare a casa in disgrazia.
Eseguii una ‘jete,’ una prepotente richiesta musicale della loro attenzione, una dichiarazione che dovevo essere visto e sentito.
Una raffica veloce e perfetta di undici note, dopo la quale non rimase nessun mormorio, nessun sussurro. Avevo la loro più totale attenzione.
In quell’istante di silenzio, un lancinante dolore si propagò dal mio anulare sinistro.
Quando aprii gli occhi, vidi del sangue gocciolare sul collo del violino da dove sarebbe dovuta essere la mia pelle, in quanto lo strato più superficiale del polpastrello ciondolava, strappato e a malapena ancora appeso come pergamena strappata.
Il dolore e il panico esplosero, ma non avevo altre opzioni se non suonare, e suonare le melodie più ambiziose che la mia mente potesse richiamare.
All’inizio lentamente, in quanto sentivo le corde correre lungo la mia carne insanguinata, poi accelerando velocemente, crescendo misti a diminuendo, una danza di ordini e sottomissione eseguita sulle corde.
Doppie note, pizzicato con la mano sinistra, e staccati strazianti si alternarono in una rapida successione, ogni nota evocava qualcosa di profondo e primordiale. Potevo vedere lo sbalordimento sui volti del mio pubblico, e qualcosa non dissimile dal terrore, e quando infine risuonarono le ultime note, si poteva sentire il respiro che la sala aveva trattenuto.
Fui, ovviamente, accettato, e il mio talento venne riconosciuto come singolare.
Eppure un sospetto si insinuò in me. Mi resi conto che i ruoli di ‘musicista’ e ‘strumento’ non fossero così ben definiti con questo affamato violino. Era una creatura con i propri bisogni e i propri scopi.
I bisogni erano abbastanza semplici. Sangue. Carne. Non in quantità eccessive, all’inizio. Sella pelle grattata via e tagliata e che cantava per il dolore. E le ricompense erano grandi, in quanto con ogni esibizione, la sofferenza si mescolava alla melodia, e le mie dita sanguinanti inumidivano quelle corde.
Anche il mio pubblico mostrò un notevole appetito per la mia arte, e mentre progredivo lungo il percorso scolastico la mia reputazione iniziò a crescere.
Ero richiesto, osannato, celebrato. E per tutto il tempo, sanguinavo. Quelli che mi ascoltavano si erano mai veramente accorti del mio sacrificio?
Vedevano la lenta trasformazione delle mie dita, mentre ogni sonata estraeva il suo prezzo? Gli applausi mi seguivano mentre ogni lunga nota era accompagnata dal mio sangue vitale, e dal mio dolore.
Eppure continuai a suonare per loro. Come avrei potuto fare altrimenti?
Ero fiero, un uomo indipendente, le mie più grandi ambizioni realizzate. Eppure, mentre venivo ricoperto di ammirazione, non fui mai elevato oltre i confini delle mie origini. Il raffinato mondo dei miei nobili patroni mi era inaccessibile.
Ricevetti una discreto patrimonio, un po’ di fama accompagnava il mio nome, ma non mi fu mai concesso di sfuggire del tutto alla condizione della mia nascita.
Fu solo allora, nelle profondità del mio dolore e della mia amarezza, che scoprii una verità nascosta. Una verità che adesso ti consegno, assieme al violino.
Il sangue per le sue corde non deve necessariamente essere tuo.
Non fu il semplice altruismo a portarmi ad accettare posizioni di tutoraggio in quelle trafficate città in cui offrivo i miei servigi, dando un’educazione musicale ai poveri e ai facilmente dimenticati, senza chiedere niente in cambio. Niente tranne che per uno studente ogni tanto, di cui nessuno avrebbe sentito la mancanza.
Forse per questo sbiancherai, e mi condannerai come un mostro. Ma scoprirai che nutrire questo strumento, adesso tuo, è di vitale importanza. Solo una volta l’ho suonato senza pagare il suo prezzo: avvolgendo le dita in spesse bende affinché le sue corde affilate mi tagliassero.
Avevo pensato che avrei suonato in maniera smorta, che alla mia performance sarebbe mancata l’ispirazione. Eppure la musica che venne dal mio strumento quel giorno fu in qualche modo più bella di quanto non fosse mai stata. Era vivace, pulsante, portava con sé uno spirito di movimento, un irresistibile bisogno di danzare. Guardai verso il mio pubblico, un piccolo gruppo di borghesi Austriaci minori, e vidi nei loro occhi uno sguardo strano e familiare. Uno che non vedevo da molti, molti anni. Non da quella notte nella carrozza con lo sventurato signor Bardwell.
Poi si scagliarono gli uni contro gli altri, una danza di denti e unghie, strappando e tirando. Guardavo mentre un uomo che soffriva di gotta vestito di seta smeraldo succhiava gli occhi dalla testa del figlio e li schiacciava nella bocca come ciliegie mature. Una riservata giovane donna ornata d’oro strappò le gote del suo promesso mentre cantava seguendo la musica che non riuscivo a smettere di suonare. Fu solo quando un candelabro venne ribaltato e la stanza fu avvolta dalle fiamme che riuscii finalmente a interrompere la mia esibizione, e a fuggire.
Forse tu darai prova di maggiore forza di volontà, e riuscirai a distruggere questa cosa affamata fatta di legno e intestini di gatto.
Ma io non posso farlo. E non intendo farlo. Poiché la mia musica, ah, la mia divina musica, è davvero un balsamo per le ferite mai rimarginate della mia esistenza.
Nelle sue celestiali melodie ho trovato conforto, un rifugio tessuto da fili eterei.
E forse lo troverai anche te.
Nutri il mio violino, nipote, poiché io gli ho dato tutto ciò che possiedo e ancor di più.
[Sam hai i brividi]
[Gwen continua a scrivere mentre parlano]
ALICE
Il caro nonno Augustus racconta sempre delle storie così carine.
SAM
Perché mai qualcosa del XVIII secolo dovrebbe finire nella lista di Freddy?
ALICE
(con un ghigno) Ti avevo detto che Gwen era rimasta indietro.
GWEN
(Irritata) Qualcuno ha probabilmente digitalizzato un vecchio reperto storico ed è finito nel motore di ricerca.
ALICE
E fu così che venne risolto il mistero della Lettera Alquanto Vecchia. Cavolo, ho i brividi.
GWEN
Forse se lavorassi per davvero ti scalderesti.
[Sam ridacchia]
ALICE
(a Sam) Sì, potresti ritrovarti un reperto storico per errore. Non perderei tempo a catalogarlo o a valutarlo.
GWEN
Mentre io consiglierei al nostro nuovo collega di ricordare che viene pagato proprio per fare questo. Tra l’altro, serve comunque per il tuo punteggio.
ALICE
E a te serve davvero quel punteggio, no, Gwen?
GWEN
Serve a tutti.
ALICE
Non a me!
[Alice pigia un bottone e il suo pc si spegne]
Ho finito. Sam?
[Alice prende le sue cose]
SAM
Più o meno…
ALICE
Allora vi invito gentilmente a togliervi dalle scatole ed andare a casa a riflettere su quanto sia importante concentrarsi sul proprio lavoro.
SAM
Sì. …sì.
[Anche lui prende le sue cose]
Vieni, Gwen?
GWEN
Non ancora.
ALICE
(allonanandosi) Proprio come avevo detto. A presto, Gwendoline cara, adios.
SAM
(la segue, silenzioso) A domani.
GWEN
(continua a lavorare) Hmmmm.
[I passi di Sam ed Alice svaniscono mentre escono]
[Silenzio, tranne per Gwen che scrive]
[Un Ding! Improvviso, come la notifica di un’email]
GWEN
Hmmmm?
[Fa un doppio clic]
[Inizia una registrazione, la qualità dell’audio è pessima]
KLAUS
(video, supplicando) Ti prego. Ti prego, non devi farlo!
LENA PIÙ GIOVANE
(video) Sappiamo entrambi che devo.
GWEN
(Riconoscendola) Lena?
KLAUS
(video) Po-Potrei sparire di nuovo! Non lo saprebbero mai!
GWEN
Ma che diavolo?
[Il computer si spegne]
[Traduzione di: Victoria]
[Episodio successivo]
#the magnus protocol#il protocollo magnus#tmagp ita#tmagp#traduzione italiana#gli archivi magnus#tmagp 004
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Cosa significa essere parte della famiglia di Dio?
Domanda
Risposta:
La Bibbia insegna che Gesù Cristo e il Padre sono Uno (Giovanni 1:1-4), e che Egli è anche l'unico Figlio di Dio (Ebrei 1:1-4). Questo termine familiare indica che Dio considera Gesù come un membro della Sua famiglia. Si dice che anche i credenti rinati siano membri della Sua famiglia (Romani 9:8; 1 Giovanni 3:1-2). Come entriamo a far parte della famiglia di Dio? Quando sentiamo il Vangelo, confessiamo i nostri peccati e riponiamo la nostra fede e fiducia in Gesù Cristo, in quel momento siamo nati, nel regno di Dio, come Suoi figliuoli e diveniamo eredi con Lui per l'eternità (Romani 8:14-17).
Mentre ci riferiamo a Gesù Cristo come all'unigenito Figlio di Dio, ci riferiamo ai credenti come figli nati nella famiglia di Dio, i quali hanno bisogno di crescere e maturare nella fede (Efesini 4:11-16), come figli ed eredi adottati nella Sua famiglia (Galati 4:4-7). L'infinita grazia di Dio e la Sua misericordia sono rivelate nella Lettera agli Efesini 1:5-6, che dice che Egli redime i peccatori, "adottati come suoi figli per mezzo di Gesú Cristo secondo il beneplacito della sua volontà, a lode della gloria della sua grazia mediante la quale egli ci ha grandemente favoriti nell'amato suo Figlio."
Come figli di Dio, cosa ereditiamo? Nientemeno che il regno di Dio (Matteo 25:34; 1 Tessalonicesi 2:12; Ebrei 12:28)! La Lettera agli Efesini 1:3 ci dice che i credenti sono benedetti in Cristo, con ogni benedizione spirituale nei luoghi celesti. Queste benedizioni spirituali sono infinite, eterne e risiedono in Cristo; ci vengono date per grazia di Dio, in quanto siamo Suoi figliuoli. Sulla Terra, i figli ereditano ciò che i genitori lasciano loro dopo la morte. Ma nel caso di Dio, i credenti godono già della loro eredità, avendo ricevuto in Lui la pace per mezzo del sacrificio del Suo figliuolo sulla croce. Altre ricompense includono il dono dell'inabitazione dello Spirito Santo nel momento in cui crediamo in Cristo (Efesini 1:13-14), che ci dà il potere di vivere per Lui nel presente, e la conoscenza che la nostra salvezza è assicurata per l'eternità (Ebrei 7:24-25).
Essere parte della famiglia di Dio è la più grande benedizione offerta ai credenti ed una che dovrebbe farci cadere in ginocchio in umile adorazione. Non potremmo mai fare nulla che ce la faccia meritare. Si tratta del Suo dono d'amore, misericordia e grazia per noi, quando veniamo chiamati a diventare figli e figlie del Dio Vivente (Romani 9:25-26). Possiamo tutti rispondere in fede al Suo invito!
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[...] "I segreti della mente non includono soltanto le nostre esperienze di vita personali, ma anche quelle che inconsapevolmente portiamo dentro di noi: ricordi, sentimenti e traumi che ereditiamo da generazioni precedenti” che non sono riuscite a mentalizzarli, simboleggiarli ed elaborarli adeguatamente"
“Le esperienze troppo dolorose per essere interamente comprese ed elaborate vengono trasmesse alla generazione successiva. Questi traumi indicibili e troppo dolorosi perché la mente possa digerirli, diventano la nostra eredità e influenzano i nostri figli e iloro figli, in modi che non riescono a comprendere o controllare".
Un fenomeno che la professoressa Yolanda Gampel, della Tel Aviv University, ha definito “radioattività del trauma”, una metafora presa in prestito dalla fisica nucleare per descrivere come la radiazione emotiva, al pari di quella fisica, “si diffonde nella vita delle generazioni successive, manifestandosi in forma di sintomi fisici ed emotivi, reminiscenze del trauma [non sperimentato personalmente] e in un diffuso attacco alla propria vita”
A partire dagli anni Settanta, le neuroscienze hanno confermato quanto scoperto dalla psicoanalisi, ovvero che il trauma dei sopravvissuti e persino i segreti più oscuri, ma svelati a nessuno, influenzano davvero le vite dei figli e dei nipoti. Questi studi, relativamente recenti, si focalizzano sull’epigenetica, sull’impatto non genetico e sulle variazioni dell’espressione genetica; analizzano il modo in cui i geni vengono modificati nei discendenti dei sopravvissuti al trauma e studiano le modalità tramite cui l’ambiente, e il trauma in modo particolare, possono lasciare un’impronta chimica nei geni di una persona, impronta che viene trasmessa alla generazione successiva. Questa ricerca empirica evidenzia il ruolo fondamentale degli ormoni dello stress nello sviluppo del cervello e, quindi, nei meccanismi biologici attraverso cui il trauma si trasmette di generazione in generazione”
La possibilità e l’importanza di allargare lo sguardo alla storia familiare delle persone che ci troviamo di fronte nella stanza d’analisi permette talvolta di “affrontare il lutto e l’elaborazione del dolore che i nostri genitori non sono riusciti a sopportare e favorisce la cessazione dell’identificazione con quelli che hanno sofferto”, un’operazione delicata e difficile ma preziosissima perché “quando impariamo a identificare l’eredità emotiva che vive dentro di noi, le cose iniziano ad acquisire un senso e le nostre vite iniziano a cambiare”.
L’eredità emotiva. Una terapeuta, i suoi pazienti e il retaggio del trauma, Galit Atlas
Fonte: Stralci dall'articolo Ereditare il trauma, di Moreno Montanari, Doppiozero
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Il futuro?
“Un'orchestra sinfonica oggi costa meno di un calciatore, quale eredità ci aspettiamo di lasciare ai nostri figli? La cultura non esiste per fare profitto, ma per educare. Se questo non cambia, nelle generazioni future prevarranno persone superficiali e molto pericolose”.
Ricardo Muti
Questa frase del maestro Muti è solo un esempio di lucidità su cui si dovrebbe riflettere, ma la società in cui viviamo, non solo in Italia, è sull'orlo del fallimento a livello umano perché si tende a valorizzare il superfluo e l'inutile. Ancora non siamo alla deriva totale, ma non manca molto, la frase che spesso scrivo come commento a comportamenti da primitivi è "Stiamo scivolando su un piano inclinato verso Idiocrazy", avete presente quel film geniale dove una coppia uomo/donna vengono ibernati per un esperimento militare di un anno ma si risvegliano dopo 500 anni, perché l'ufficiale in capo all'esperimento si fa coinvolgere in un giro di prostituzione e viene arrestato e l'esperimento chiuso ma loro vengono dimenticati? Il film è apparentemente demenziale a tratti molto divertente ma quello che traspare in realtà è che la società sta involvendo sempre di più, questo è reale non un film di fantasia se pur geniale. Ci sono vari aspetti che riconducono alla pellicola, come prima cosa l'impoverimento del linguaggio nelle nuove generazioni, per fare un esempio negli stati uniti (se vedi i tweet dei ragazzi americani ti rendi conto) si usano una infinità di acronimi, loro sono abituati a ridurre tutto per risparmiare tempo, ma facendo così si perde a lungo andare la proprietà delle parole; questa pratica oramai è di uso comune anche in Europa tra i giovani, anche in Italia. Premetto che non è tutto così e che ci sono giovani con la testa sulle spalle che fanno buon uso del linguaggio, ne conosco parecchi. La superficialità di cui parla Muti è segno della mancanza di interesse verso qualcuno o qualcosa, che è spesso figlia della competizione perché nello sminuire il prossimo per passare per più bravi si usano le scorciatoie del cervello, anche perché così sottovaluti il tuo avversario pratica già di per se sbagliata perché si può ritorcere contro di te quando si evidenzia il fatto che le tue sono solo parole e non fatti. La pericolosità invece l'abbiamo vista sullo stupro di gruppo a Palermo, quei bravi ragazzi non hanno empatia e per loro era un gioco, ho letto che uno diceva nella loro chat privata che cose del genere le aveva viste solo sui pornazzi, non demonizzo internet ma purtroppo quando si ha una tecnologia così potente e la si usa male può causare distorsioni mentali, appunto come quella. Ci si interroga sugli errori e si inizia a puntare il dito contro le famiglie, ma siamo sicuri che i loro genitori siano colpevoli quanto loro? Cioè non sappiamo neanche che tipo di situazione sti trogloditi hanno in casa, ma subito i giornali tutti a prendersela con mamma e papà che magari si fanno un mazzo così per dare a sti idioti un futuro migliore, di sicuro c'è altro oltre al nucleo familiare, ma non voglio scendere in particolari visto che la vicenda è abbastanza pesante, dico solo che in una nazione dove non si hanno punizioni esemplari per chi viola le leggi, non solo in questo caso, è ovvio che chiunque si prende la briga di delinquere sapendo che non gli accadrà nulla, il berlusca starà ridendo pensando di aver fatto un buon lavoro. Questo discorso è lungo e intricato, la società si è trasformata in qualcosa di completamente lontano da quello che era negli anni 80 e 90, secondo me regredendo, per via di comportamenti sempre meno umani, la competizione è l'inizio di una guerra, la disgregazione di quel tessuto sociale che ci univa attraverso la separazione sempre più piccole categorie ci ha allontanati e sappiamo che per i potenti più siamo divisi meglio è perché l'unione fa la forza, chiedetelo a Maria Antonietta. E ci sarebbe molto ma molto altro da scrivere, ma ho altro da fare e mi fermo.
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Johanna Heusser Spyri
Johanna Heusser Spyri è stata la scrittrice svizzera diventata famosa in tutto il mondo per aver creato il personaggio letterario di Heidi, uno dei libri più letti al mondo che, tradotto in oltre 55 lingue, continua a ispirare film, cartoni animati, spettacoli teatrali, musical e molto altro.
Sebbene scrivesse storie per l’infanzia e l’adolescenza, le sue opere forniscono uno sguardo critico delle condizioni di vita durante la prima fase della rivoluzione industriale in Svizzera.
Il sottotitolo di molti suoi libri, infatti, è Eine Geschichte für Kinder und auch für Solche, welche die Kinder lieb haben (Una storia per bambini e anche per coloro che amano i bambini).
Anche se ha iniziato a scrivere dopo i quarant’anni, ha pubblicato quarantotto pubblicazioni tra romanzi e opuscoli.
Nata col nome di Johanna Louise Heusser, il 12 giugno 1827 a Hirzel, nella campagna vicino a Zurigo, era la quarta di sei figli e figlie del medico Johann Jacob e della poeta e scrittrice Meta Heusser-Schweizer, la cui Cronaca familiare è stata una preziosa fonte di informazioni sui primi anni della vita della figlia.
Durante la sua giovinezza aveva studiato lingue, letteratura e preso lezioni di pianoforte. Era anche stata in un collegio per perfezionare il suo francese, ma il rigore e la disciplina mal si adattavano alla sua indole vivace e irriverente.
Nel 1852 ha sposato l’avvocato e giornalista Johann Bernhard Spyri, amico di Richard Wagner, da cui ebbe un figlio, Bernhard Diethelm, morto a soli 32 anni, nel 1884, nello stesso anno in cui aveva perso anche il marito.
A Zurigo svolgeva un’attiva vita sociale, partecipava a serate letterarie e eventi mondani, ma la sua indole, che mal si adattava alla città, ne soffriva molto.
Nel 1871, all’età di 44 anni, ha pubblicato, sotto pseudonimo, il suo primo racconto, Ein Blatt auf Vronys Grab (Un foglio sulla tomba di Vrony).
Nel 1878 ha scritto il suo primo libro per l’infanzia.
Amante della natura, aveva soggiornato più volte con l’amica Anna Elisa von Salis-Hössli a Jenins, nel distretto di Maienfeld, dove amava fare escursioni. È stato in quei luoghi e ascoltando i racconti delle persone del posto, che le era arrivata l’ispirazione per la sua storia di Heidi, tratta dalla storia vera di una bambina vivace e allegra che viveva in cima a un monte.
La storia di Heidi, pubblicata in due raccolte nel 1880 e nel 1881, Heidis Lehr- und Wanderjahre (Gli anni di formazione e di peregrinazioni di Heidi) e Heidi kann brauchen was es gelernt hat (Heidi può servirsi di ciò che ha imparato), ebbe da subito un grande successo. È stata la prima opera pubblicata col suo vero nome.
Molto attiva anche nel sociale, si è dedicata, fino alla fine ad aiutare le persone bisognose e malate.
Prima di morire, decise di bruciare gran parte dei suoi scritti e documenti personali. La sua biografia, infatti, si basa oggi, in gran parte sugli scritti della madre e dei personaggi del mondo della cultura che l’hanno conosciuta.
Si è spenta a Zurigo il 7 luglio 1901.
La sua eredità è gestita dall’Istituto Svizzero Media e Giovani, associazione che promuove nelle giovani generazioni la lettura e lo studio.
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Favara, 50 Anni di Attività dell'Autofficina Vella: Una Celebrazione di Passione e Competenza
Oggi, 1 giugno, alle ore 19:30, in via Federico De Roberto 1 a Favara, si terrà una celebrazione speciale: l'Autofficina Vella festeggia i suoi 50 anni di attività. Dal 1974, questa officina rappresenta un punto di riferimento per la comunità, grazie alla passione e alla competenza dei suoi fondatori, Giuseppe e Vincenzo Vella, e della seconda generazione rappresentata dai loro figli, entrambi chiamati Francesco. Una Storia di Famiglia e Dedizione L'Autofficina Vella è stata fondata nel 1974 dai due fratelli Giuseppe e Vincenzo Vella, che con determinazione e sacrificio hanno costruito un'impresa solida e rispettata. La loro passione per i motori e il loro impegno nel fornire un servizio di alta qualità hanno permesso all'officina di crescere e prosperare nel corso degli anni. La loro eredità è stata raccolta dai figli, i cugini Francesco, che lavorano insieme ai loro padri nell'officina, portando avanti con orgoglio la tradizione familiare. La seconda generazione assieme alla prima ha saputo innovare e mantenere l'alto standard di professionalità e competenza che ha sempre contraddistinto l'Autofficina Vella. Un Traguardo Importante Cinquant'anni di attività sono un traguardo significativo che merita di essere celebrato. Per l'occasione, l'officina ha organizzato un evento speciale per ringraziare clienti, amici e tutta la comunità di Favara per il sostegno ricevuto nel corso degli anni. Alle 19:30 inizieranno i festeggiamenti con un brindisi e un ricco buffet, offerti a tutti i partecipanti. Sarà un momento di convivialità e di ricordi, in cui si ripercorreranno le tappe principali della storia dell'officina e si renderà omaggio ai fondatori, Giuseppe e Vincenzo, che con la loro visione e il loro impegno hanno gettato le basi per un'attività di successo. Passione e Competenza al Servizio dei Clienti L'Autofficina Vella non è solo un luogo dove si riparano auto, ma un'istituzione che ha costruito rapporti di fiducia con la sua clientela. La passione per i motori e l'attenzione al dettaglio sono sempre stati i pilastri dell'attività, permettendo all'officina di affrontare con successo le sfide del mercato e di rimanere sempre al passo con le innovazioni tecnologiche. Giuseppe, Vincenzo e i loro figli Francesco lavorano fianco a fianco, coniugando tradizione e modernità. Integrano nuove tecnologie e metodi di lavoro per garantire servizi sempre più efficienti e all'avanguardia. La loro dedizione e il loro spirito imprenditoriale assicurano che l'Autofficina Vella continuerà a essere un punto di riferimento per molti anni a venire. Un Invito alla Comunità L'evento di oggi è aperto a tutti coloro che desiderano unirsi ai festeggiamenti e rendere omaggio a una storia di successo costruita con dedizione e professionalità. La famiglia Vella attende con gioia tutti i partecipanti per condividere questo importante traguardo e brindare insieme al futuro dell'Autofficina. In un mondo in continua evoluzione, l'Autofficina Vella rappresenta un esempio di come la passione e la competenza possano creare qualcosa di duraturo e significativo. I 50 anni di attività sono solo un capitolo di una storia che continua a scriversi giorno dopo giorno, con l'impegno di sempre al servizio della comunità di Favara. Read the full article
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“Heritage by Фросина Тасевска ”: una poesia sull’eredità delle parole e sul silenzio che lascia il segno. Recensione di Alessandria today
L’intimo dialogo tra assenza e memoria
L’intimo dialogo tra assenza e memoria “Heritage” è una poesia che riflette sull’eredità delle parole, sulla loro capacità di perdurare anche quando chi le ha pronunciate non è più presente. L’autore esplora l’idea di lasciare un “patrimonio frammentato” a coloro che restano, come semi piantati in un terreno fertile in attesa di essere compresi e riscoperti. Attraverso metafore delicate e…
#analisi poesia Heritage#assenza e presenza#connessione emotiva#eredità familiare#eredità frammentata#Heritage poesia#interpretazione poetica#introspezione e ricordo.#Introspezione poetica#linguaggio del silenzio#linguaggio dell’anima#linguaggio non espresso#linguaggio poetico#memoria e assenza#metafore del silenzio#metafore poetiche#parole non dette#patrimonio poetico#perdita e memoria#poesia contemporanea#poesia e linguaggio#poesia simbolica#poesia sull’eredità#poesie sulla memoria#relazione tra parole e silenzio#riflessione filosofica#riflessione sul silenzio#riflessione sulla memoria#riscoperta delle parole#significato delle parole
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Tula (Sassari): allevatore in possesso di armi e di fucile detenuti irregolarmente e un giovane in possesso di sostanza stupefacente.
Tula (Sassari): allevatore in possesso di armi e di fucile detenuti irregolarmente e un giovane in possesso di sostanza stupefacente. Nei giorni scorsi, i militari della Compagnia Carabinieri di Ozieri (SS) hanno proseguito con i controlli amministrativi a carico delle aziende agricole e di allevamento presenti in tutto il territorio del Monteacuto; sovente, a tali verifiche si aggiungono anche quelle nei confronti delle persone che, legittimamente, detengono presso le loro abitazioni o in altri luoghi autorizzati delle armi da fuoco. Proprio in quest’ultimo contesto, i Carabinieri della Stazione di Tula (SS) hanno deferito in stato di libertà alla Procura della Repubblica di Sassari un allevatore del paese, il quale non è risultato in regola con la custodia di alcuni fucili ed una pistola: infatti, l’uomo – oltre a non custodire in maniera adeguata le predette armi – non aveva più rinnovato il titolo di polizia (il porto d’armi) e non aveva mai prodotto il necessario certificato medico attestante la sua idoneità psicofisica; in più, un’ulteriore verifica, ha consentito il rinvenimento di un ulteriore fucile da caccia che, seppur ricevuto in eredità da un familiare deceduto, non era però stato denunciato all’Autorità di Pubblica Sicurezza. Ecco che a carico dell’uomo sono subito scattati gli opportuni provvedimenti d’urgenza: le armi sono state tutte ritirate con la conseguente segnalazione all’autorità Giudiziaria ed alla Prefettura di Sassari per l’emissione del definitivo provvedimento che inibisce la detenzione di armi e munizioni ai soggetti che hanno dimostrato una carenza nei requisiti di Legge; poi, nel corso del medesimo servizio, un giovane del paese che era in compagnia del denunciato è stato anch’egli segnalato alla Prefettura, poiché sorpreso in flagrante possesso di un modesto quantitativo di sostanza stupefacente. La normativa sulle armi da fuoco è particolarmente severa e tutti i legittimi detentori di fucili e pistole devono attenersi scrupolosamente a quanto previsto: le armi devono essere sempre custodite con diligenza ed osservando le opportune misure di sicurezza, affinché esse non possano essere raggiunte da persone inidonee al maneggio (ad esempio i bambini) o – peggio – da malintenzionati che, appropriandosene, potrebbero commettere gravi delitti. Poi, al fine di poter mantenere il possesso di armi da fuoco – oltre al già citato obbligo di denuncia che deve essere ripetuta alle Autorità ad ogni minima variazione delle condizioni – sono sempre necessari i requisiti minimi imposti dalla norma: la capacità di maneggio, l’idoneità psicofisica e soprattutto quella morale, ovvero l’assoluta affidabilità della persona nella propria condotta di vita e nelle frequentazioni; sull’isola sono tantissimi gli appassionati dell’attività venatoria e del tiro e purtroppo, in alcuni casi, si sono verificate delle inadempienze che hanno così determinato il sequestro di tutti i fucili ed il ritiro del porto d’armi.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Alla scoperta di me stessa di Judith Keim, Wild Quail Publishing. A cura di Barbara Amarotti
Sheena, Darcy e Regan Sullivan sono sorelle che, seppur unite dal legame familiare, poco sanno di loro. Tutto ciò cambierà quando ricevono in eredità da uno zio paterno il Salty Key Inn, un piccolo hotel in Florida. Il lascito, infatti, è accompagnato da una clausola ben precisa: le sorelle dovranno passare un intero anno nell’albergo gestendolo al meglio, solo così potranno avere il patrimonio…
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La ricchezza la si eredita pochi i miliardari self-made
La ricchezza si eredita: oltre 1.000 miliardari trasferiranno ai loro figli 5.200 miliardi di dollari. Il report di Ubs. La maggior parte dei miliardari ha aumentato la propria ricchezza attraverso l’eredità e non grazie all’imprenditorialità. È questo il punto più importante emerso dalla nona edizione dell’UBS Billionaire Ambitions Report, nel quale, per la seconda volta, sono stati intervistati i clienti miliardari di Ubs in tutto il mondo sulle sfide e le opportunità uniche che devono affrontare in qualità di detentori di grandi patrimoni. “Il tema emerso nel report, è un trend che ci aspettiamo di vedere sempre più spesso nei prossimi 20 anni, dato che oltre mille miliardari passeranno ai loro figli una cifra stimata di 5.200 miliardi di dollari”, ha dichiarato Benjamin Cavalli, head of strategic clients di Ubs Global Wealth Management. “La prossima generazione ha una visione nuova del business, degli investimenti e della filantropia e sta reindirizzando grandi patrimoni privati verso nuove opportunità di business derivanti dai tempi in cui viviamo. Per organizzare una successione fluida, i fondatori e le loro famiglie dovranno agire in modo diverso, scoprendo più che mai i valori e gli obiettivi comuni, per trovare una via d’uscita che soddisfi tutte le generazioni e consenta loro di continuare a costruire la propria eredità”, ha aggiunto Cavalli. La ricchezza si eredita Nell’ultimo anno, in 53 hanno ereditato un totale di 150,8 miliardi di dollari, superando il totale di 140,7 miliardi di dollari degli 84 nuovi miliardari self-made. Con l’avanzare del grande trasferimento di ricchezza, ogni generazione ha una propria visione dell’eredità. Il 68% dei miliardari intervistati con ricchezza ereditata ha dichiarato di voler continuare e far crescere ciò che i genitori hanno raggiunto in termini di business, brand o asset. Credendo nel proseguimento dell’attuale eredità familiare, il 60% degli eredi vuole consentire alle generazioni future di beneficiare del proprio patrimonio e intende continuare a seguire gli obiettivi filantropici predefiniti dai genitori (32%). La via degli eredi Gli eredi sono consapevoli di dover rimodellare e riposizionare il proprio patrimonio per dar seguito all’eredità familiare. Nel momento in cui ereditano le aziende familiari, gli investimenti e le fondazioni dei genitori, cercano di concentrarsi maggiormente sulle principali opportunità e sfide economiche odierne, come le tecnologie innovative, la trasformazione dell’energia pulita e l’impact investing. I miliardari di prima generazione ne sono consapevoli: il 58% afferma che la loro sfida più grande sarà quella di tramandare agli eredi i valori, l’istruzione e l’esperienza necessari per avere il controllo sul futuro. Anche gli eredi hanno le loro opinioni sui rischi per il business e su come questo dovrebbe essere posizionato per il futuro. Per esempio, il 66% dei miliardari di prima generazione considera la potenziale recessione degli Stati Uniti la loro preoccupazione principale, seguita dalle tensioni geopolitiche (62%). Gli eredi, comunque, sono preoccupati per le pressioni inflazionistiche (57%), per la disponibilità e per il prezzo delle materie prime (52%). Tuttavia, tutti concordano sulle opportunità e sui rischi dell’intelligenza artificiale generativa (“IA”) e il 65% ritiene che l’IA offra una delle maggiori opportunità commerciali per il proprio business operativo nei prossimi 12 mesi. Mentre la tecnologia acquista sempre più importanza, il 58% ritiene che il rischio maggiore sia rappresentato da una minaccia informatica o da un hacking. Per quanto riguarda gli investimenti, il 43% dei miliardari di prima generazione intende aumentare la propria allocazione al private debt nei prossimi 12 mesi e il 38% prevede di aumentare le partecipazioni in obbligazioni dei mercati sviluppati. Gli eredi prediligono il private equity, con il 59% che intende raccogliere investimenti diretti in private equity e il 55% che intende investire maggiormente in fondi di private equity. Tra gli eredi miliardari si riscontra un forte tema imprenditoriale e molti vedono opportunità alternative all’ingresso nei vertici del business familiare. Più della metà dei 53 eredi intervistati sta scegliendo di allontanarsi da questa strada, optando per carriere più adatte alle proprie ambizioni, competenze e circostanze. Aumentano anche gli eredi che diventano filantropi e guidano l’innovazione sostenibile, creando nuove iniziative imprenditoriali o basandosi su quelle esistenti con un focus sulla sostenibilità e sulla filantropia. La ricchezza dei miliardari si riprende parzialmente dal calo post-pandemia A livello globale, la ricchezza dei miliardari si è parzialmente ripresa nel periodo 2022/2023, grazie a quelli a capo di business nei settori consumer e retail in Europa, dopo essere diminuita di quasi un quinto nei 12 mesi precedenti. Complessivamente, nell’ultimo anno il numero di miliardari è aumentato del 7% a livello globale, passando da 2.376 a 2.544 e la loro ricchezza è aumentata del 9%, passando da 11.000 miliardi di dollari a 12.000 miliardi di dollari. Mentre i miliardari con aziende innovative nei settori della tecnologia e dell’healthcare hanno accumulato le maggiori ricchezze nell’ultimo decennio, si registrano i primi segnali di miglioramento (+15%) per i miliardari con aziende del settore industriale, che probabilmente continueranno a crescere grazie alla transizione energetica e all’aumento della spesa per la difesa in diversi Paesi.
Americhe Il 63% dei miliardari nelle Americhe prevede di aumentare la propria esposizione agli investimenti diretti in private equity nei prossimi 12 mesi, seguiti da vicino dai fondi di private equity (44%). L’intelligenza artificiale è la tecnologia che offre le maggiori opportunità commerciali per il business operativo (71%) e per i portafogli (65%) nei prossimi 12 mesi, mentre le crescenti minacce informatiche e l’hacking sono considerati i rischi maggiori (80%). A dimostrazione di un forte orientamento verso il mercato domestico, il 68% ritiene che il Nord America offra le maggiori opportunità di rendimento nei prossimi 12 mesi, ma il 70% è preoccupato per una potenziale recessione negli Stati Uniti. Europa, Medio Oriente e Africa (inclusa la Svizzera) Il 50% dei miliardari in Europa, Medio Oriente e Africa (“EMEA”) prevede di aumentare l’esposizione alle obbligazioni dei mercati sviluppati, seguite a breve distanza dagli hedge fund (46%). Il 45% ritiene che il Nord America offra le maggiori opportunità di rendimento nei prossimi 12 mesi, ma nel complesso il 61% è preoccupato per le tensioni geopolitiche e il 44% per le prospettive dell’inflazione. L’intelligenza artificiale è la tecnologia che offre le maggiori opportunità commerciali per il business operativo (65%) e per i portafogli (60%) nei prossimi 12 mesi, ma le nuove tecnologie che sconvolgono o distruggono il modello operativo esistente del loro business sono considerate il rischio maggiore (56%). Asia-Pacifico I miliardari intervistati nell’area Asia-Pacifico hanno un orientamento verso il mercato domestico, con il 50% che considera la regione come la maggiore opportunità di rendimento nei prossimi 12 mesi. Il 44% dei miliardari di questa zona prevede di aumentare l’esposizione alle obbligazioni dei mercati sviluppati nei prossimi 12 mesi, seguiti dalla liquidità (39%), potenzialmente alla ricerca di un rifugio in presenza delle tensioni geopolitiche (53%). L’intelligenza artificiale è la tecnologia che offre le maggiori opportunità commerciali per il business operativo (57%) e per i portafogli (71%) nei prossimi 12 mesi. Il 59% ritiene che il rischio maggiore sia rappresentato dalle nuove tecnologie che possono sconvolgere o distruggere il modello operativo esistente del loro business. Read the full article
#difesa#filantropia#healtcare#impactinvesting#imprenditoria#miliardariself-made.#privateequity#ricchezza#riskmanagemenet#successionefluida#tecnologia
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L’informazione è potere, ma la controinformazione è consenso parte 5
Tutto questo con il beneplacito di chi ha sponsorizzato criptovalute e CBDC affermando che dietro a entrambe non vi fossero i soliti noti, quando in realtà è esattamente il contrario, poichè dietro le cripto vi sono sempre stati gli stessi: i grandi usurai ai vertici delle banche centrali e private. E questa ne è forse una delle prove più schiaccianti. Il potere dei soldi è quello che regna sovrano. Non ha colore, fazioni o bandiere. È il potere unico degli usurai che governa il mondo intero, stati e uomini, tutti. Il resto è fumo negli occhi. Se vogliamo sapere per chi lavora una persona, sia essa un politico, giornalista, influencer o se vogliamo sapere il perchè della presenza di certi canali, gruppi e via discorrendo, dobbiamo scolo chiederci chi li paga.
Si parla di nazismo e fascismo, si spinge all’odio verso di essi, con lo scopo di creare il consenso per il comunismo. Abbiamo sentito spesso parlare di vaccinazioni naziste, quando nessuno dice che in Germania, durante il periodo Nazionalsocialista, non c’è mai stato alcun obbligo vaccinale per la popolazione civile, ma solo per quello militare della Wermacht e delle SS, mentre la vaccinazione, è prerogativa dei sistemi socialcomunisti. Se più persone avessero letto le “Opere Complete” di Lenin, scoprirebbero che siamo dentro un processo di bolscevizzazione mondiale. Lo slogan “Non avrai nulla e sarai felice” non nasce con Schwab, ma molto, molto prima. Chi ci conosce sa che noi non sposiamo ideologia alcuna, né partiti politici né movimenti, siamo distaccati da tutto e ne andiamo fieri, crediamo in determinati principi e valori che dovrebbero stare alla base di una civiltà degna di definirsi tale per autodeterminarsi, ma non si possono negare certe verità che vanno dette.
Quindi si fomenta lo spettro del nazismo, quando invece la direzione è completamente diversa. Distruzione della famiglia, distruzione della proprietà privata, distruzione del Cristianesimo e delle religioni monoteiste, distruzione della genitorialità; questo è quello che stiamo vivendo. Poi abbiamo i fenomeni che dicono che in altre aree del mondo certe cose non ci sono (quelle salvifiche), omettendo che, ad esempio in Russia, è legale l’incesto (previo consenso). Ad ogni modo, i punti precedentemente esposti, presi dal Manifesto di Marx (scusate la digressione, ma per chi lo desidera, può leggere l’articolo qui sul blog intitolato “La scuola di Francoforte, la distruzione della civiltà occidentale 1923 – 2023. Neomarxismo, Neofreudismo, Rivoluzione Sessuale, Politicamente Corretto e Gender Theory” al fine di comprendere anche altre dinamiche sull’argomento), bensì, bisogna andare ancora più indietro. A qualcuno potrà interessare che nell’ottobre del 1786 la polizia bavarese scoprì l’esistenza dell’organizzazione degli Illuminati di Baviera di Johann Adam Weishaupt. Quando Carlo Teodoro di Wittelsbach (Carlo IV) principe e conte palatino e Duca ed Elettore di Baviera venne informato dell’accaduto, decise di pubblicare un fitto carteggio e moltissimi documenti inerenti l’organizzazione e i suoi scopi. Nel carteggio era contenuto un programma che in sintesi, era articolato in sei punti:
Abolizione della monarchia e di ogni altro governo legale;
Abolizione della proprietà privata;
Abolizione del diritto di eredità privata;
Abolizione del patriottismo e della fedeltà militare;
Abolizione della famiglia, del matrimonio come legame permanente e della moralità familiare; l’educazione dei figli viene affidata alla comunità;
Abolizione di qualunque religione;
La coincidenza con circa settant’anni di anticipo sul Manifesto di Carl Marx (il quale era un Rothschild essendo nipote di Barent Cohen) con i dettami del socialismo è notevole, fautore di una società in cui l’uomo è ridotto ad una semplice entità anonima e spersonalizzata, la quale si fonde panteisticamente nel collettivo, senza alcuna responsabilità, privo di spirito e intelletto. Appunto, l’uomo collettivo ideale, l’automa ideale, prodotto del sistema collettivista. Tuttavia, si continua a pompare sul Nazismo.
Abbiamo menzionato prima a coloro che si spendono come oppositori alla dittatura sanitaria vaccinale, quelli che dicono di aver curato pazienti malati di Covid senza l’ausilio dei vaccini (alcuni però hanno detto di essersi vaccinati per noi), i quali magari erano gli stessi che sponsorizzavano l’utilizzo delle mascherine. Dovrebbe venire spontaneo chiedersi cosa hanno curato questi personaggi se il Covid non esiste, invece di pontificarli. Quindi non va bene se si parla di Stefano Scoglio, colui che, nel suo libro intitolato “Apandemia”, ha pubblicato il documento ufficiale del CDC americano, una delle più grandi autorità sanitarie del mondo, in cui è scritto a caratteri cubitali che “La definizione di isolamento di un virus fornita nella richiesta è al di fuori di ciò che è possibile in virologia”, per non parlare dell’intervista rilasciata ad un giornalista francese da Montagnier a metà degli anni ’90, il quale ammette che il virus dell’HIV non è mai stato isolato (la trovate nel libro). Però, la cosiddetta controinformazione lo ha pompato come un eroe. Oppure, non sia mai che si parli delle tesi esposte da Fabio Franchi o di “Pandemia – Mito o realtà” di Gian Paolo Pucciarelli nel quale si espongono gli studi di Stefan Lanka (ne abbiamo parlato qui nel blog nell’articolo intitolato “La falsa scienza e Stefan Lanka, un gigante contro il sistema medico – scientifico mondiale”).
Poi ci sono altri che vengono sbandierati come eroi di guerra, quando se si fa una ricerca attenta si scopre che magari fanno parte della World Farm Organisation, organo del WEF. Abbiamo quelli che si sono fatti strada a suon di video ironici, i quali però hanno minimizzato il ruolo della massoneria o peggio ancora, in qualche video la cui circolazione è stata fortemente contenuta, hanno dichiarato che “tanto la gente non capisce un cazzo”, quando poi si spendono, a loro dire, per sensibilizzare quelle stesse persone che in realtà disprezzano. Abbiamo ospiti di trasmissioni Youtube dall’appartenenza massonica che ci dicono che esiste una parte buona e che bisogna seguire quella, altri che sono seminaristi dell’Aspen Institute e che dicono apertamente alle persone di far parte di gruppi e organizzazioni importanti (che lavorano per il nemico) facendo passare la cosa come normale, e la cosa incredibile è che le persone credono davvero alla loro buona fede, senza domandarsi quali interessi abbiano questi personaggi nello spendersi in un certo modo.
Abbiamo ancora personaggi che vogliono accreditarsi e darsi un tono, ergendosi al di sopra degli altri, che vogliono solo far vedere di essere più bravi, ma quando vengono messi alle strette da qualcuno che è veramente preparato, allora cominciano campagne diffamatorie, facendo fare all’interlocutore quello che non ha fatto, e facendogli dire quello che non ha detto. Personaggi che hanno bisogno di sentirsi qualcuno, della platea che li applaude e che li glorifica, si ergono a divulgatori e poi, fatti alla mano, dimostrano di non sapere nulla; anzi, in preda al delirio di onnipotenza, riescono a fare dei casini inenarrabili ed a uscirsene con delle affermazioni talmente assurde e di un’ignoranza così potente tanto che potrebbero provocare un terremoto su Plutone. Il tutto, in alcuni casi, perchè magari, tra le altre cose, cercano di allisciare il pelo di qualche guardiano del sistema, sperando di accreditarsi in certi ambienti.
Ci sono addirittura quelli che si vendono come “oppositori” sfoggiando foto di profili assai ambigue, ricche di un certo simbolismo che a molte persone sfugge. Una foto profilo con l’occhio coperto, vera o di fantasia non importa, o magari altre ancora che richiamano simboli iniziatici di cui molti non conoscono il significato. Questi abili illusionisti si rivolgono agli altri sempre utilizzando il “Voi”. Ad esempio, “Voi subirete”, “Voi assisterete”, “Siete spacciati” e via discorrendo e magari giustificano anche la cosa a causa di una conoscenza superiore che gli esenterebbe dalle conseguenze dovute dall’avanzare dei piani dell’Agenda. Semplicemente, un altro modo per dire “noi siamo protetti perchè collusi, voi no”. E ciò è una dimostrazione di quanto questi siano nient’altro che i veri gnostici, che si rivolgono agli altri identificandoli come Ilici, cioè i mangiatori inutili. Eccome come considerano gli altri questi personaggi, sotto la maschera dei lottatori contro il sistema. La gnosi è alla base della dottrina del nemico, questi lo sanno bene, ne parlano anche, ma allo stesso tempo, sono loro stessi gnostici, perchè, spesso, sono veri e propri iniziati. Anche qui, come non ricordare le parole del Ronzoni riportare all’inizio.
Ne abbiamo ancora di figure sinistre, ad esempio quelle che pompano sull’ovvio per ottenere consensi (e magari portano una divisa), scrivono libri che nessuno ha letto e che però le persone postano dappertutto, nei quali poi ti accorgi della considerazione che questi personaggi hanno di coloro che hanno scelto di preservare il proprio corpo e la propria vita non vaccinandosi e ponendosi delle domande, tacciandoli di essere dei complottisti. Abbiamo persino giornalisti “antisistema” che si sono spesi anima e corpo per spingere le persone ad andare a votare senza dire loro la verità sul fatto che la democrazia è sempre stata una truffa, poichè la democrazia finisce quando si chiudono le urne, e li abbiamo visti anche sponsorizzare partiti “antisistema” che come soluzione non propongono altro che rafforzare i poteri dello stato, di cui abbiamo parlato prima, con la scusa di dire che se ci andassero delle brave persone allora le cose cambierebbero. Il tutto senza mai ribadire che è il potere economico che comanda quello politico e non il contrario. Come diceva Ezra Pound, i politici sono i camerieri dei banchieri. Tutti. In tutto il mondo, nessuno escluso.
Siamo nell’era della tecnocrazia, se hai un titolo puoi parlare, altrimenti non puoi, non importa se hai una conoscenza delle cose ancora più approfondita del guru di turno che è stato ben indottrinato e ricopre un ruolo ben preciso, le persone non ascoltano, e non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. Scopo di una divulgazione seria e corretta sarebbe quello di dare informazioni senza spingere verso una parte o l’altra attenendosi alla verità, ai fatti, e di dare anche gli strumenti con i quali le persone possano approfondire da sé e farsi una loro idea attraverso la riflessione, il ragionamento, il mettere in dubbio, senza agire di pancia. Il potere pensa, pondera, programma, la massa no. E quando inviti le persone a leggere dei libri, cercando di far capire che esistono fatti e documenti che non vengono divulgati, utili a far sì che si possa comprendere la realtà in cui viviamo, si viene presi in giro perchè si propone di leggere.
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IL PROPRIO VALORE PERSONALE
L'importanza di lavorare su SÉ stessi con presenza mentale è importante affinché si possano definire consapevolmente i propri obbiettivi e riconoscere il proprio vero e autentico valore; Valore non sottointeso come "io devo dimostrare" perché in questo caso stiamo solo cercando di portare serenità e appagamento al nostro ego umano, ma valore inteso come "ciò che possiamo offrire a noi stessi e a tutti coloro che ci circondano". Comprendendo questo apriremo noi stessi (mente, corpo e anima) ad una nuova comprensione di ciò che siamo venuti a fare qui sul pianeta terra, e non solamente come "semplici corpi terreni", ma con la facoltà di poter decidere di uscire dall'ombra della società stessa ed espanderci come individui evoluti. I concetti apparentemente sembreranno difficili ma lavorando costantemente su SÉ stessi è un meccanismo che via via fluiscono regolarmente dentro ogni parte di noi, portandoci a quell'equilibrio che pensavamo fosse "irraggiungibile" ottenere dall'interno. Comprendo che per alcuni queste parole possano suonare "strane, dette da una visionaria", ci sono passata anch'io e non c'è nulla di male, strano o stravagante pensarla diversamente da altri............... con il tempo, perché ognuno ha bisogno dei propri tempi per "riconoscersi", tutto questo entrerà in sintonia con la vostra vera essenza. Chiedo solamente a tutti i lettori di non giudicare, di non giudicarsi, oggi come oggi siamo tantissimi a donare il nostro contributo, il nostro vissuto all'umanità a chi è veramente pronto a ricevere questo tipo di informazioni, ma torniamo all' origine del mio nuovo argomento: imparando e riconoscendo il proprio vero valore abbiamo la possibilità di rilasciare tutto ciò che abbiamo vissuto nel percorso della nostra vita terrena, e decidere più consapevolmente come vivere le nostre successive vite (chi farà parte della cerchia della nostra famiglia di nascita terrena, quali dinamiche vorremmo vivere piuttosto che arrivare in un nucleo famigliare a "caso", come raggiungere in modo più diretto ai nostri prossimi obbiettivi, ecc....), capisco bene che molti non vorrebbero nemmeno sentirne parlare di questo argomento, ma a differenza di tanti, ci sono persone che come me hanno scelto volontariamente di lavorare sul proprio Karma familiare per sollevare la propria Anima da tutti questi debiti karmici che periodicamente ci travolgono, per vivere giù serenamente la nostra esistenza e imparare attraverso l'ascolto di noi stessi a cambiare la nostra vita e fare le scelte più appropriate. Chiedo per tanto che ogni commento che nasce in ognuno dei lettori, possa essere lasciato da parte concedendosi di concentrarsi di più su SÉ stessi, cosa si desidera veramente, a cosa si desidera appartenere veramente, quali sono le situazioni che si vorrebbero cambiare veramente? Ecco partendo da qui maturare maggior consapevolezza per riconoscere la propria autenticità. Ogni situazione vissuta con l'attuale nucleo famigliare, relazioni tossiche ecc...... potrebbero invece essere sostituite dal vostro vero valore, dai vostri veri ideali, cambiando il vostro presente per un futuro meraviglioso. Chiedo che tutto questo possa essere portato nel vostro subconscio perché, attraverso nuove connessioni, nuove credenze più in linea con ciò che siete veramente, possano essere integrate e portate nella vostra vita. Queste parole non sono rivolte all'incitamento di lasciar emergere la vostra parte ombra e portare danno e distruzione nel mondo e all'umanità, nelle vostre relazioni, NO......... ma aumentare la vostra autostima, la vostra energia e le vostre vibrazioni relative alla vostra crescita personale e individuale! Chiedo che tutto questo possa essere letto con grande apertura mentale affinché maggiori individui possano unirsi a tutti coloro che lavorando su SÉ stessi e possano contribuire a lasciare la propria eredità positiva nel mondo, alleviando la sofferenza energetica di madre terra. Provate a fare un elenco di quali siano le 10 cose che in assoluto possano portare sollievo al vostro amore per voi stessi, 10 cose che valorizzino il vostro pensiero positivo, 10 cose in cui siete consapevolmente bravi......... questo aiuterà un inizio di lavoro su SÉ stessi consapevole e maturo. Ci si renderà conto di quanti cambiamenti visibili si possono maturare in breve tempo senza fare troppo sforzo, ma attenzione, potrebbe piacervi la lavorazione su SÉ stessi e com’è capitato a me, vorreste non smettere più cercando di raggiungere le più alte vibrazioni per manifestare la vostra grandezza nel mondo. Rileggo ogni articolo che ho scritto nel tempo e mi rendo conto di quanti e quali progressi ho fatto nella mia vita. Lavorare su SÉ stessi significa dare valore anche alla propria personalità : se siete persone sincere questo talento non vi verrà sottratto ma amplificato, se siete persone empatiche questo valore non vi verrà sottratto ma amplificato, tutto acquisirà maggior valore. Comprendo che possa esserci un po' di caos mentale leggendo alcuni concetti, ma non preoccupatevi è solamente il vostro ego umano che cerca di mantenere la vostra coscienza, la vostra consapevolezza in "letargo" adagiata nella zona comfort da cui non vuole uscire. Chiedo che tutto questo possa essere letto con serenità affinché l’Anima possa immagazzinare i concetti ad essa necessari per attuare i giusti cambiamenti per sé stessa in questo momento..............con il tempo tutto verrà da se senza cercare di accedere a grandi atti di cambiamenti drastici che, porterebbero semplicemente a degli squilibri energetici che a loro volta porterebbero ad allontanare l'individuo dal vero obbiettivo del LAVORO SU SE' STESSI. Concludo dicendo che questo pensiero possa essere rivolto a coloro che sono già in cammino come me e che desiderano riscoprire il proprio potere personale, lasciandolo emergere e portare tutte quelle opportunità che la vita ci sta' donando. Vorrei comunque, se lo desiderate, approfondire questi argomenti affinché, attraverso il mio vissuto voi possiate trarre le vostre conclusioni personali. Grazie a tutti per aver dedicato un po' di tempo per la lettura di questa mia ispirazione che mi è giunta dopo aver lavorato consapevolmente con la tecnica dell' ALLINEAMENTO CON L' ASSE CENTRALE DELL' ALLINEAMENTO DIVINO. Grazie.
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“Regina Schrecker” – I&f RotoWeb Illustrato Arte Cultura Attualità
Regina Schrecker esordisce da giovanissima come top model, quando sfila sulle passerelle dei grandi maestri dell’alta moda a Roma, Firenze e Parigi. Mitteleuropea per formazione e background culturale, cosmopolita ed internazionale per educazione, artista per tradizione ed eredità familiare, è in Italia, a Firenze, che scopre la sua vera, grande passione: creare moda.
Entrata nel fashion system, come modella, durante il suo primo anno di studio alla Cattolica di Milano (Lingue, Storia dell’Arte e del Teatro), lavora poi anche in RAI per molti indimenticabili “Caroselli”
a fianco di Johnny Dorelli, Enzo Jannacci e Walter Chiari.
Eletta “Lady Universe”, dopo qualche anno vissuto intensamente sotto le luci della ribalta, decide di fare il grande salto da “oggetto” a “soggetto” e debutta come free-lance fashion designer.
http://reginaschrecker.it/biografia/
“Dai ritratti di Andy Warhol ai costumi per Madama Butterly” Incontro con Regina Schrecker di Federico Jonathan Cusino https://www.lampoon.it/articolo/29/01/2023/andy-warhol-regina-schrecker/
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