#enrico lo verso
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Farinelli (1994) | dir. Gérard Corbiau
#farinelli#gérard corbiau#stefano dionisi#elsa zylberstein#enrico lo verso#films#movies#cinematography#scenery#screencaps
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'Baaria' (2009) film
-watched 9/9/2024- 3 stars- on Plex (free) with English subtitles
55% Rotten Tomatoes
#my have seen list#Baaria#2009#italian film#giuseppe tornatore#comedy/war#margareth made#francesco scianna#monica bellucci#raoul bova#nicole grimaudo#angela molina#enrico lo verso#giorgio faletti#nino frassica#leo gullotta#aldo baglio#gabriele lavia#salvatore ficarra#lina sastri#valentino picone#alfio sorbello#gaetano aronica#laura chiatti#luigi lo cascio#paolo briguglia#giuseppe fiorello#michele placido#vincenzo salemme#lollo franco
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Hannibal - Ridley Scott (2001)
#Hannibal#Hannibal 2001#Ridley Scott#thriller#Hannibal Lecter#Anthony Hopkins#Julianne Moore#Clarice Starling#Gary Oldman#Ray Liotta#Frankie R. Faison#Giancarlo Giannini#Francesca Neri#Rinaldo Pazzi#Enrico Lo Verso#Andrea Piedimonte#Ivano Marescotti#Fabrizio Gifuni#Željko Ivanek#Hazelle Goodman#Johannes Kiebranz#Thomas Harris#serial killer#dino de laurentiis#Martha De Laurentiis
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Sergio Mattarella è andato in visita in Moldavia da Maia Sandu e ci ha tenuto a farci sapere testualmente:
"La campagna di disinformazione Russa è insistente in tutta Europa e va affrontata in sede Ue e in sede Nato. Sostegno a Kiev finché sarà necessario".
Ovviamente nulla dice sulla disinformazione che ci sta spingendo spalle al muro e isolando nella nostra bolla di menzogne, impedendo a quasi la totalità della gente di capire realmente cosa stia succedendo nel mondo. Arrivati a questo punto credo che per Mattarella la corretta informazione sia quella dei Russi che smontano le lavatrici per ottenere i chip per produrre armi. Parola di Ursula Von der Leyen.
O che la Russia combatteva con le pale della prima guerra mondiale perché aveva finito ogni armamento. Ora invece ce lo viene a dire direttamente Crosetto che la Russia produce tre volte tanto gli armamenti che riesce a produrre l'intera Nato. Oppure che la Russia sarebbe fallita in tre giorni grazie alle sanzioni. Memorabili sono le massime di Draghi, Enrico Letta e i vari Carlo Alberto Carnevale Maffe, professore universitario e Bocconiano doc ovviamente ripresi a reti unificate da quella che Mattarella considera corretta informazione.
Oppure che a far saltare i gasdotti Nord Stream sia stato Putin e tacciare di complottismo chiunque sosteneva il contrario. Compreso il premio Pulitzer Seymour Hersh perseguitato dai pagliacci Puente e Mentana con il loro apparato di "verità assoluta". Salvo poi scoprire che Hersh aveva detto solamente la verità. Oppure che la Russia sarebbe stata condannata all'isolamento internazionale o che la controffensiva ucraina sarebbe arrivata a Mosca. Il risultato è stato centinaia di migliaia di morti, l'esercito Russo che ha continuato ad avanzare e la Russia che coopera con tutto il mondo tranne con il suprematista e razzista occidente.
Caro presidente Mattarella, secondo lei è corretta informazione quella che ci racconta di persone morte a causa della "calca" facendo la fila per un pacco di farina mentre israele gli sparava a vista ammazzandone a centinaia? È corretta informazione quella che quando israele aveva dato il via ai bombardamenti sugli ospedali Palestinesi ci raccontava che erano missili di Hamas fuori controllo? È informazione corretta quella che in oltre otto mesi di genocidio non ha mostrato uno, dico uno, degli oltre 18 mila bambini sterminati da Netanyahu?
No, non è corretta informazione! Come non è corretta informazione far passare la Signora Maia Sandu, alla quale lei ha stretto la mano e mostrato sostegno, dipingerla come democratica. Perché Sandu non è altro se non
la nuova ducetta dell'est, visto che reprime le opposizioni, i manifestanti e discrimina tutti coloro che non nutrono odio nei confronti dei Russi. Ma siccome serve agli Usa in ottica anti Russa per fare tutto ciò che è stato fatto con l'Ucraina, allora è democratica anche lei. Caro presidente, prima di guardare in casa di altri, volga uno sguardo realista verso il suo paese. Magari si accorgerà che non è tutto oro quel che luccica. E magari si accorgerà anche che la Costituzione Italiana è stata trasformata in carta straccia...
T.me/GiuseppeSalamo…
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Io Enrico lo trovo molto interessante. Sarà l' esperienza, la cultura
Anche io ENRICO l'ho sempre trovato molto interessante, con quel suo sguardo romantico rivolto verso l'avvenire, speranzoso in un domani migliore per il nostro paese.
Poi è morto, al governo ci è andato chi ci è andato, e ci ritroviamo un paese imbruttito e senza poesia.
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4 anni.
Oggi cade l'anniversario della chiusura totale all'alcol, si sono quattro anni che non tocco alcol, neanche una goccia, solo acqua, niente bevande gassate o cavolate zuccherate, acqua e basta. Cosa è cambiato? Tanto, tantissimo. Per iniziare il mio fisico mi ha ringraziato, fegato in testa, il cuore ha smesso di darmi fastidio, le turbe psichiche sono scomparse. Un paio di anni fa ho fatto le analisi del sangue e la dottoressa mi ha detto che sono sanissimo, con stupore perché in Estonia gli uomini di 50 anni stanno con un piede nella fossa per via dell'alcol, ricordo che Jack mi diceva "Anticonformista al massimo, eh?", forse, ma non ho smesso per differenziarmi dalla massa, cosa che ho sempre fatto nella mia vita, ma per uscire da una dipendenza che mi stava distruggendo lentamente, infatti vi consiglio vivamente di smettere, da ex alcolizzato, anche il bicchiere ogni tanto, l'etanolo (la molecola che vi sballa) fa parte del gruppo 1 dei cancerogeni insieme ad amianto e naftalina (e tanti altri), voi ingerireste palline di naftalina ogni tanto? Beh no, allora perché bere. Certo ognuno fa quello che vuole nella sua vita, ci mancherebbe, ma io ho deciso che non sarà l'alcol ad uccidermi.
Mentre ieri scendevo verso casa di Spock pensavo ad un video che ho visto di Silvestrin, che parlava di Kanye West, Enrico che parla di West, ma il video era interessante (come sempre), perché il tizio che nonostante il successo non lo vedo molto in linea con la musica, ma è una mia visione, sta temporeggiando per fare uscire il suo album, il dilemma è se lanciarlo sulle piattaforme streaming o farlo anticipare per un mese solo per l'acquisto, che c'è di strano direte voi, nel video il VJ sottolinea una frase detta dal rapper "I canali di streaming sono il male" BOOM. Il tizio non sarà il più bravo musicista o rapparo del mondo, ma di sicuro sa vendersi e se dice una cosa del genere potrebbe creare non poco scompiglio nel mondo del mainstream, l'unica cosa che Enrico mette di suo sul piatto è che West avrebbe dovuto chiamare "alle armi" altri artisti, in modo da sovvertire questo sistema oramai malato e poco propenso a pagare gli artisti. Ad un certo punto nella mia mente mi è scattato come un campanello e mi è venuto in mente di aprire un altro blog, sempre qua, dove parlo solo di musica, così da differenziare i miei post-delirio da quelli musicali, non so ci sto ancora pensando, però potrebbe essere una bella cosa, alla fine non parlerei di quello che sapete già e non posterei la musica che volete ascoltare, darei le miei opinioni e vi farei ascoltare cose che non sapete neanche che esistono, vediamo. Tipo
youtube
In alternativa potrei aprire un blog dove posto foto di me nudo, tanto è una prassi normale oramai 😂😂 naturalmente non lo farei mai 😂.
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Li freghi sorridendo, quando ti urlano addosso.
Non serve urlargli contro: è con la felicità, che li lasci più di sasso.
Li freghi scrivendo, amando, sognando. Chi ti vuole morto lo freghi vivendo.
Il casino che fanno, lo freghi col silenzio.
Se ti buttano addosso odio, tu fregali: tu dagli amore, contro.
Chi ti vuole perso nei rancori e nei rimorsi, lo freghi respirando la bellezza dell'adesso.
Guardando su, verso il cielo, occhi d'ammirazione, contro ogni volare basso.
Fai battere quel cuore: è così che ci si salva, solo così, da tutto questo elettrocardiogramma piatto.
Enrico Galiano
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7 Febbraio 1944, Lunedì
Moriva a Fiesole, uccisa durante i bombardamenti, il soprano e attrice cinematografica LINA CAVALIERI
Offrendo ancora bambina ai passanti le violette per un baiocco e un sorriso gratis. Spesso "passa ponte" e, di nascosto dei genitori, a 13 anni, già donna e con i riccioli neri fluenti, s' intrufola al Baraccone delle Meravigliea piazza Pepe, rifacendo il verso alla sciantosa. Così la scopre un maestro di canto, che convince i genitori a farle educare la voce. Basta poco e debutta in abitino di cretonne alla Torre di Belisario a Porta Pinciana; solo un piattino passando tra il pubblicoa fine spettacolo per la "chetta", la questua. Ma è brava e bella, e allora la invitano al Grande Orfeo,e da lì al Salone Margherita. Niente più piattino, ma un contratto e un boa di struzzo. E diventa la diva del pubblico borghese del caféchantant di Roma, esaltata pure da Trilussa: «Fior d' orchidea,/ il bacio dato sulla bocca tua/ lo paragono al bacio d' una dea». Che la qualifica un personaggio di Roma. Ma eccola richiesta a Napoli e Milano; la sua bellezza e il suo modo di cantare seducente nel giro di dieci anni la portano a Parigi per le Folies-Bergères, a Londra per l' Empire, a Vienna per l' English Garden. Arriva a competere con la Bella Otero, ma finisce per essere lei la più bella del mondo, secondo la qualifica che le assegna D' Annunzio nel 1899 nella dedica di una copia del Piacere, definendola «massima testimonianza di Venere in Terra». Ormai ha migliorato tanto la sua voce da trasformarsi in cantate lirica, debuttando nel 1900 nella Bohème al San Carlo di Napoli. Sulla scena è splendido vederla più che udirla, fra portamento sensuale e sontuose acconciature. Famoso per audacia resta il bacio a Enrico Caruso sul palcoscenico del Metropolitan Opera di New York, al termine del duetto della Fedora. Da allora Lina negli Stati Uniti è "The kissing primadonna". E si diverte a sposarsi. Quattro matrimoni per quattro divorzi. Nel 1899 con il principe russo Aleksandr Bariatinsky; nel 1908 per soli 8 giorni con il milionario americano Robert Winthrop Chanler; nel 1913 con il tenore francese Lucien Muratore; nel 1927 con il pilota automobilistico Giuseppe Campari. E tanti altri amori, dall' industriale Davide Campari che la segue in tournée per pubblicizzare il suo aperitivo, al re del Kazan che la sposerebbe se abbandonasse le scene, ai cantanti Mattia Battistini e Tito Schipa, a Guglielmo Marconi. Fino al suo impresario Arnaldo Pavoni, con il quale passa gli ultimi anni tra la villa della Cappuccina a Rieti e quella di Fiesole. Il 7 Febbraio 1944, durante un attacco aereo su Firenze, una bomba distrugge la villa, seppellendola sotto le macerie con Pavoni e la cameriera. Gina Lollobrigida la rievocherà nel film "La donna più bella del mondo" del 1955. Era nata a Viterbo il 24 dicembre 1875.
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Li freghi sorridendo, quando ti urlano addosso.
Non serve urlargli contro: è con la felicità che li lasci più di sasso.
Li freghi scrivendo, amando, sognando.
Chi ti vuole morto, lo freghi vivendo.
Il casino che fanno, lo freghi col silenzio.
Se ti buttano addosso odio, tu fregali: tu dagli amore, contro.
Chi ti vuole perso nei rancori e nei rimorsi, lo freghi respirando la bellezza dell'adesso.
Guardando su, verso il cielo, occhi d'ammirazione, contro ogni volare basso.
Fai battere quel cuore: è così che ci si salva, solo così, da tutto questo elettrocardiogramma piatto.
Enrico Galiano
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" Comparve una ragazza più giovane di quella che aveva servito il caffè e Farnenti la prese per mano trascinandola di fronte a noi. «Caro Contardi,» spiegò come se dovesse sottoporgli notizie tecniche «il bananeto si taglia al momento giusto, con occhio da esperto e qua ci vuole almeno ancora un anno.» Anche Farnenti era venuto a schierarsi dalla nostra parte, per rimirare la ragazza come spettatore disinteressato, al pari di noi. Disse ancora: «In attesa del giorno buono bisogna avere cura del bananeto». Si rivolse alla ragazza: «Su, levare bene tutto e fare festa ai tre padroni». Ci indicò con la mano, elevandoci al suo stesso grado di potere. La ragazza si tolse la tunica bianca con mosse infantili, dove c’era un’ombra di giuoco, d’effetto deprimente. Rimase nuda, efebica, quasi ancora senza sesso. Sul ritmo che Farnenti le dava battendo le mani, cominciò un simulacro di danza del ventre, alzando le braccia magre e portando le mani intrecciate dietro la nuca. Lo scatto dei fianchi era modesto, senza malizia tecnica o interpretativa e anche Farnenti dovette rimanere deluso. «Su,» le ordinò «adesso fare come scimmia.» La ragazza si fermò un attimo, quasi per marcare un intervallo, poi abbassò le braccia tenendole leggermente arcuate e spostate in avanti, come per stringere un compagno immaginario e cominciò ad altalenare il ventre, offrendosi e ritirandosi, imitando l’amplesso. Ogni tanto lanciava piccoli gridi, che concluse con un tremolio della voce, accovacciandosi poi in terra. Farnenti le fece un segno per dirle d’uscire. Era contento, eccitato: «Queste cose non le ha di certo imparate dalle suore a Chisimaio» annunciò ridendo, ma all’improvviso stravolto da colpi di tosse e di catarro. «Suore o non suore,» disse Contardi adagio, pesando le parole perché risultassero di particolare chiarezza «per me è sempre schifoso.»
Finalmente anche Farnenti capì il significato di quel giudizio. Per controbatterlo si lanciò in una spiegazione assurda: forse Contardi non sapeva che quelle ragazze, proprio per l’intervento farnentiano, venivano sottratte ad una usanza disumana. Ma come medico Contardi doveva sapere che il sesso di tutte le ragazze, di qualsiasi clan, sia dei dir o dei darod o degli hauia o dei dighil o dei rahanuin, verso i nove anni, veniva mutilato e cucito, lasciando un pertugio per orinare. Parlava come se facesse una relazione, adoperando termini di medicina sessuologica. Queste cose Contardi doveva conoscerle e anche doveva sapere che così la sensibilità sessuale era in tutte le donne interamente eliminata e che, molte volte, all’epoca dello sviluppo, la cucitura provocava infezioni, cancrene e tante morivano come carogne divorate dal marcio che avevano nella pancia. A questo punto Farnenti si era lasciato trasportare dal suo entusiasmo apologetico e gridava: «Ma io quando posso proibisco, vieto che si compia l’operazione mutilatrice. Perché tagliare quel che dà il piacere? Io le faccio crescere intatte, come la natura vuole: vere donne, che possono sentire quel che sentiamo noi». Sino ad allora era rimasto in piedi, urlando; ma, finita la perorazione, era crollato su una poltrona ed un raggio di luce, che gli batté improvvisamente sulla faccia, la mostrò gonfia e incattivita. "
Enrico Emanuelli, Settimana nera, Milano, Mondadori (collana Oscar), 1966; pp. 114-117.
[Prima edizione: Mondadori, 1961]
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I Guelfi e i Ghibellini.
Sappiamo che Dante apparteneva alla fazione dei Guelfi ma perché e qual è l'origine di questi due gruppi? L'origine dei nomi risale al 1125, dopo la morte di Enrico V si ebbero lotte per la successione tra bavaresi e sassoni dei Welfen (Guelfi) e gli Hohenstaufen svevi del castello di Waiblingen (Ghibellini) proprio sotto il castello per la prima volta tra le grida di guerra si udirono urlati i nomi delle fazioni in lotta; Federico I uscì vittorioso dalla contesa. Eletto imperatore cercò di consolidare il suo regno in Italia che si divise fra coloro che erano a favore dell'imperatore (Ghibellini) chi contro ed a favore del papa (Guelfi). Nel VI canto del paradiso Dante ci dice che i Guelfi hanno come simbolo i gigli d'oro di Francia, i Ghibellini l'Aquila imperiale germanica e che entrambi si nascondono dietro a questi simboli solo per scopi politici, ed aggiunge, difficile capire che opera nel giusto. Forse sarà questa una delle motivazioni che indurrà Dante, nel momento che ne acquisisce il mandato, ad esiliare 15 componenti di entrambe le fazioni inimicandosi così i nemici ma soprattutto gli amici.
Sappiamo che fu Clemente IV nel 1265 a donare il suo stemma (aquila rossa su fondo bianco con un serpente verde tra gli artigli) a una delegazione di Guelfi fiorentini che poi aggiunsero un giglio rosso fiorentino (ma altre fonti dicono un iris). Il capo dell'Aquila era girato verso sinistra a dispetto di quello imperiale disposto a destra, l'aquila del papa era rossa invece di nera, un modo per imporsi e togliere autorità allo stemma imperiale Il serpente, simbolo del male, veniva artigliato, punito e reso innocuo dell'aquila papale.
I Ghibellini invece avevano come simbolo Ercole che rompe le fauci di un leone, la forza e il coraggio di Ercole contrapposta al leone che rappresenta il male, Ercole poi lascerà il posto alla figura di Sansone e il leone diverrà simbolo della repubblica fiorentina e rappresenterà la caduta della città per mano Ghibellina. Il leone ora rappresenta la superbia di Firenze, Dante infatti lo menziona nell'Inferno facendo riferimento appunto alla sua superbia, ferocia e forza incontrollata. In entrambe le simbologie araldiche si cerca la rappresentazione del giusto, di essere dalla parte del giusto. Il dualismo dei Guelfi e dei Ghibellini non si concentrerà solo a Firenze ma in tutta l'Italia del centro nord, dove intere città si schiereranno da una o l'altra parte, (lunga sarebbe la lista). Questo avviene perché, come sappiamo, l'Italia non era una nazione unita ma composta di tanti piccoli stati e ognuno di loro aveva interesse per il proprio tornaconto a schierarsi o con il papa o con l'imperatore e all'occorrenza anche a cambiare bandiera a seconda della convenienza. Questo comportamento durerà per il tutto il Medioevo e poi il Rinascimento, fino alle guerre d'Italia e anche oltre fino all'unità di Italia. Nella sua Divina Commedia Dante utilizzerà numerosi personaggi sia dell'una che dell'altra parte relegandoli a sua discrezione nei luoghi deputati da Dio. La successiva scissione tra Guelfi bianchi e neri avrà luogo nel maggio del 1300 con un sanguinoso scontro fra le due parti e Dante si schiererà con la fazione Bianca.....
Riccardo Massaro Read the full article
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Ci sono cose che andrebbero, quando fossero lette con attenzione, mandate a memoria. E ripetute. Una di queste, tra le tantissime, sta nel resoconto contenuto nella terribile biografia di Oppenheimer di Kai Bird e Martin Sherwin – Garzanti la sta riproponendo per l’occasione offerta dal film che Nolan ne ha tratto.
A Los Alamos si discutono i primi passi della costruzione della bomba atomica. C’è anche Enrico Fermi. Dice a Oppenheimer che ci sarebbe un altro modo di uccidere un gran numero di tedeschi, utilizzando i prodotti della fissione nucleare per avvelenare le derrate alimentari. Oppenheimer discute la proposta con Edward Teller, personaggio per molti aspetti deleterio della fisica applicata alla guerra. Ne parlano con il generale Groves che presiedeva per conto dell’esercito l’intero progetto.
Oppenheimer scrisse a Fermi: “penso che non sia possibile realizzare il piano, a meno che non si possa avvelenare cibo sufficiente a uccidere almeno mezzo milione di persone; infatti non vi è dubbio che il numero delle persone effettivamente colpite, a causa della loro distribuzione non uniforme, sarebbe molto minore”. In altre parole: abbandonarono il progetto perché non sembrava proprio la via migliore per assassinare una percentuale abbastanza significativa di popolazione nemica. Pensate quello che volete, ma in quella circostanza il passo che la ragione umana mosse verso la propria autoconfutazione era stato fatto.
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SciaccheTrail: il ritorno
Avrei voluto scrivere questo articolo un anno fa, invece le cose non sempre vanno come le immaginiamo e forse è stato meglio così (l'articolo dell'anno scorso è qui).
Quest'anno Roby e Raffa non ci sono, ma c'è Dani, con un suo amico di Trento. Giulio non corre, ma è venuto a trovarci con la Cate e Ciorven prima di continuare verso Loano, dove domenica correrà la Maremontana. Ci sono anche Enrico Serena e suo figlio, ma nemmeno Enrico corre a causa di una caduta a Ultrabericus. Manu e Oscar sempre presenti, assieme al loro socio Paolo e a Giuseppe, il babbo del Manu e leggendario presidente del Ciuk Running Team.
Io e Andrea arriviamo a Monterosso il venerdì. Ci sono nuvole e vento ad aspettarci. Ritiriamo il pettorale e andiamo a mangiare una pizza con gli altri, poi ci nascondiamo in furgone.
Una bellissima foto del Trento Running Club a colazione col Ciuk Running Team qualche minuto prima della partenza.
La notte piove e sono indeciso su come partire, ma alla fine mi decido per maglietta, borraccia e fascia: sempre evitare lo zaino a meno che non sia strettamente necessario. Anche il Pass giunge alla stessa conclusione, onorando gli dèi dell'ultrarunning.
L'aria della mattina è fresca ma si pregusta una giornata torrida. Sono sulla linea di partenza e sono calmo e mi sento bene. Ci scambiamo gli ultimi sguardi, poi partiamo. Corro a un ritmo sostenibile, sui 4:30', ma mi viene subito il fiatone e realizzo di essere sveglio da mezz'ora. In salita cerco il mio passo e dopo un quarto d'ora inizio a carburare. Guadagniamo dislivello e penetriamo le nuvole che avvolgono l'alta via con un'atmosfera particolare. L'ultima volta che ci sono stato fioccava e c'erano quindici centimetri di neve per terra: è un luogo che dà sempre grandi emozioni. Ora è umido e caldo, e io grondo di sudore e il sentiero è dritto e corro facile e siamo in tre. Loro usano i bastoncini e lo zaino gli balla dietro la schiena, e tallonano. Capisco che tipi sono e so che nella seconda parte potrebbero giocarsi qualche carta, ma la mia economia di corsa è migliore e so che è qua, dove si corre, che posso tirarli un po'. Così mi metto davanti e accelero leggermente, corro a bocca chiusa e perdono qualche metro, poi si lanciano a tuono in discesa. In salita sbacchettano e sul falsopiano perdono terreno: correte come dei cazzo di uomini. I chilometri passano e uno dei due inizia a lamentarsi di quelle forestali, ma per sua fortuna durano troppo poco. Cinquecento metri a picco sotto di noi il Mediterraneo.
Le fottute scalette di Manarola, Cinque Terre
Arriviamo a Riomaggiore in un lampo e da qui in poi conosco il percorso. Dopo il paese c'è la prima rampa di scale, è verticale e durissima ma riprendo due o tre cadaveri. Solo una volta in cima mi accorgo di essermi imballato le gambe. Patisco il chilometro successivo ma poi mi riprendo. Passo a Manarola (35° km) in 3h45' ed è quanto basta per finire sotto le 5 ore e 15 come mi ero prefissato, ma qui inizia la sezione più dura e io lo so. Poco più avanti trovo Giulio, la Cate ed Enrico che ci aspettano e sono felice di vederli: sono sesto ma non lo so, penso di essere attorno alla quindicesima posizione così decido di non rallentare. Poi black out.
Volastra è il paese più odiato al mondo e la salita che vi conduce è micidiale. Nei 6 chilometri successivi calo il ritmo e vengo superato da quattro persone finendo in decima posizione, mangio l'ultimo gel e bevo e così dopo un po' mi riprendo, ma ormai ho perso tempo. A Corniglia riprendo a spingere e risale il morale. Ancora su e ancora giù, via un'altra, picchiata a Vernazza.
Ancora scale: mani sulle ginocchia e su, i bastoncini andrebbero vietati sotto gli 80km
Inizio l'ultima, infame, scalinata. Sono riuscito a riprendere una posizione, ma non mi interessa granché in quel momento, così mi assesto su un ritmo sostenibile. Soffro ancora per qualche decina di minuti, poi il sentiero piega a sinistra e rientra seguendo il seno della costa, da cui vedo finalmente il paese e l'arrivo. Ancora qualche gradino, poi l'asfalto, entro in paese e svolto verso la spiaggia. Arrivo sul lungomare e vedo che tutti guardano nella direzione opposta alla mia: ho sbagliato strada, taglio il traguardo, mi butto per terra.
Nudismo e ultrarunning a Monterosso. Marzo 2023
Una ragazza mi prende una birra: non voglio alzarmi e lei è la persona più vicina. Poi arriva Giulio. Mi racconta come ero messo a Manarola e facendo due conti capisco che potrei essere nei dieci, ma non so se sbagliando strada ho tagliato o ho perso posizioni. Ovviamente la seconda: in 300 metri ne ho perse quattro. Sarebbe stata la prima top-10 e invece anche sto giro ne resto fuori. Non che significhi molto, il livello era basso e il mio tempo è mediocre. Ho fatto una buona gara ma non ottima, ma i se e i ma che non contano un cazzo in questo sport.
Restiamo a chillare al sole e a bere birre e a sparare stronzate e aspettiamo i nostri amici. Manu finisce con un gran tempo, soprattutto considerando che ha corso Ultrabericus la settimana prima; anche Andrea va alla grande e sono contento di vederlo soddisfatto. Poi arrivano Oscar, Dani e il suo socio, tutti insieme: il Dani ha avuto una giornata difficile ma sono felice di vederlo. Passiamo dei bei momenti insieme e mi godo questa bella comunità. Sciacche è diventato un bell'appuntamento e mi sono affezionato a queste terre ostili e inospitali.
Restiamo lì fino al tramonto, poi io e Andrea andiamo a mangiare una pizza e crolliamo a letto. Sognavo questo weekend qui da un anno e mezzo, ed eccoci qua.
Questa mattina ci siamo alzati e siamo andati a Riomaggiore a sentire la conferenza stampa per la 100km che vogliono organizzare l'anno prossimo. Nic e i suoi amici sono dei fumìni e ogni occasione è buona per lamentarsi di quelli del Parco e dei sindaci e della ndrangheta e delle navi da crociera e dei grandi bus. Ci fa sempre ridere e io e Andrea ci divertiamo ad ascoltarli. Andiamo a farci una focaccia e poi via verso Trento, pronti a macinare nuovi chilometri.
Io e il Pass beviamo una radler in spiaggia a Monterosso e chiudiamo il weekend. Thanks bro.
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Vizi d’arte Ugo Nespolo
A cyìura di sandro Parmiggiani, Prefazione di Alberto Manguel
Skira, Milano 2022, 312 pagine, 16.5 x 24 cm,Cartonato, ISBN 978-8857249438
euro 29,00
email if you want to buy [email protected]
“Vizi d’arte” è una raccolta di scritti frutto dell’appassionata ricerca critica portata al torbido cuore dell’Artworld. Studio che nasce in Ugo Nespolo come abbraccio affettuoso ma cosciente della vana ambizione che prova a mimare il personaggio di Thomas Carlyle, nel suo On Heroes, quando lo racconta come artista impavido, solitario e disilluso, sorta di aristocratico dell’intelletto intento a condurci verso autonomi ideali di cultura. Sogno fragile, donchisciottismo ingenuo, illusione che in un attimo ci proietta in quella confusa wasteland popolata di figuranti interessati, artefatti senza teoria, assordanti silenzi d’artista, asfissia mercantile. Scritti malinconici, allora, lampi tenui tra cultura e arte, quella che – a sentire Jean Baudrillard – con successo “tenta di abolire se stessa man mano che si esercita”.
"Ugo Nespolo, artista versatile, opera in un ampio campo di discipline, dalla pittura al cinema e alla scultura. Negli anni sessanta lavora con la Galleria Schwarz e la sua prima mostra milanese, presentata da Pierre Restany, in un certo senso precorre il clima e le innovazioni del gruppo che Germano Celant chiamerà Arte Povera. Nel 1967 è pioniere del Cinema Sperimentale Italiano, sulla scia del New American Cinema. A Parigi Man Ray gli dona un testo per un film che Nespolo realizzerà con il titolo Revolving Doors. I suoi film sono proiettati e discussi in importanti musei e istituzioni tra cui il Centre Pompidou a Parigi, la Tate Modern a Londra, la Biennale di Venezia. Nei tardi anni sessanta, con Ben Vautier, dà vita a una serie di eventi Fluxus e in seguito fonda con Enrico Baj l’Istituto Patafisico Ticinese. Sicuro che la figura dell’artista non possa non essere quella di un intellettuale, studia e scrive con assiduità sugli sviluppi dell’estetica e del sistema dell’arte. Ha esposto con grande intensità in gallerie e musei in Italia e nel mondo."
29/03/23
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#Ugo Nespolo#Vizi d'arte#Galleria Schwarz#Arturo Schwarz#Germano Celant#Enrico Baj#Pierre Restany#artworld#art books#fashionbooksmilano
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Crac Siauto, Mario Silva verso il giudizio
Mentre l’azienda era PADOVA in liquidazione, Mario Silva, patron della Società Silva Au- tomobili, poi Autosi, avrebbe preferito pagare banche e so- cietà partecipate rispetto ad altri creditori privilegiati, tra cui lo Stato, che dal concessionario «avanzava» 1,2 milioni tra imposte dirette e indirette per le annate dal 201o al 2012. Bancarotta documentale è, quindi, l’accusa per cui il pm ha chiesto il processo per Silva. Il 6 dicembre la decisione del giudice.
Quando l’azienda era in liquidazione aveva preferito pagare banche e le partecipate con oltre due milioni di euro, anziché procedere al pagamento dei creditori privilegiati come lo Stato, che dall’azienda avanzava un milione e duecentomila euro di imposte dirette e indirette relative agli anni 2010, 2011 e 2012. E’ imputato con l’accusa di bancarotta Mario Silva (a sinistra nella foto), patron della Società Silva Automobili srl, poi divenuta Siauto con concessionaria in zona industriale, dichiarata fallita dal tribunale di Padova nel 2017. Ieri l’udienza preliminare in cui il giudice avrebbe dovuto esprimersi sul rinvio a giudizio chiesto dal pubblico ministero Luisa Rossi, che aveva coordinato le indagini, ma l’udienza è stata spostata al 6 dicembre prossimo.
Stando alle indagini e documentazioni portate alla luce dal curatore fallimentare, Patrizia Santonocito, l’imprenditore Mario Silva non avrebbe rispettato la «gerarchia» dei pagamenti imposta dalla legge fallimentare, dando la precedenza alla liquidazione di debiti nei confronti delle banche e di altre società partecipate. In particolare, in seguito alla vendita di un magazzino, operazione dalla quale sono stati ricavati 973 mila euro, il denaro incassato sarebbe dovuto andare al pagamento del debito nei confronti dello Stato, come pure il provento di un milione 114 mila euro, che sarebbe stato incassato dalla cessione del ramo di azienda alla Siauto, che avrebbe dovuto portare avanti la vendita delle automobili.
Ieri in aula Mario Silva, patron delle concessionarie d’auto che hanno reso famoso il suo nome negli ultimi trent’anni, e padre di Jacopo, ex consigliere comunale, ha ascoltato le dichiarazioni rese al giudice dalla curatrice fallimentare, la dottoressa Patrizia Santonocito, che ha ricostruito lo stato dei conti trovati quando aveva preso in mano le redini della società. L’avvocato dell’imputato, Enrico Mario Ambrosetti, ha tuttavia difeso le scelte imprenditoriali del patron delle concessionarie. L’abbandono del settore delle automobili, per la famiglia Silva, nel 2014 segnò il passo della crisi che aveva travolto il settore. In quel periodo molte concessionarie in zona industriale vennero chiuse, e i capannoni vuoti ora in affitto sono tutt’oggi testimonianza della difficoltà del settore a riguadagnare il mercato di un tempo.
Nicholas Franco
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Crac Siauto, Mario Silva verso il giudizio
Mentre l’azienda era PADOVA in liquidazione, Mario Silva, patron della Società Silva Au- tomobili, poi Autosi, avrebbe preferito pagare banche e so- cietà partecipate rispetto ad altri creditori privilegiati, tra cui lo Stato, che dal concessionario «avanzava» 1,2 milioni tra imposte dirette e indirette per le annate dal 201o al 2012. Bancarotta documentale è, quindi, l’accusa per cui il pm ha chiesto il processo per Silva. Il 6 dicembre la decisione del giudice.
Quando l’azienda era in liquidazione aveva preferito pagare banche e le partecipate con oltre due milioni di euro, anziché procedere al pagamento dei creditori privilegiati come lo Stato, che dall’azienda avanzava un milione e duecentomila euro di imposte dirette e indirette relative agli anni 2010, 2011 e 2012. E’ imputato con l’accusa di bancarotta Mario Silva (a sinistra nella foto), patron della Società Silva Automobili srl, poi divenuta Siauto con concessionaria in zona industriale, dichiarata fallita dal tribunale di Padova nel 2017. Ieri l’udienza preliminare in cui il giudice avrebbe dovuto esprimersi sul rinvio a giudizio chiesto dal pubblico ministero Luisa Rossi, che aveva coordinato le indagini, ma l’udienza è stata spostata al 6 dicembre prossimo.
Stando alle indagini e documentazioni portate alla luce dal curatore fallimentare, Patrizia Santonocito, l’imprenditore Mario Silva non avrebbe rispettato la «gerarchia» dei pagamenti imposta dalla legge fallimentare, dando la precedenza alla liquidazione di debiti nei confronti delle banche e di altre società partecipate. In particolare, in seguito alla vendita di un magazzino, operazione dalla quale sono stati ricavati 973 mila euro, il denaro incassato sarebbe dovuto andare al pagamento del debito nei confronti dello Stato, come pure il provento di un milione 114 mila euro, che sarebbe stato incassato dalla cessione del ramo di azienda alla Siauto, che avrebbe dovuto portare avanti la vendita delle automobili.
Ieri in aula Mario Silva, patron delle concessionarie d’auto che hanno reso famoso il suo nome negli ultimi trent’anni, e padre di Jacopo, ex consigliere comunale, ha ascoltato le dichiarazioni rese al giudice dalla curatrice fallimentare, la dottoressa Patrizia Santonocito, che ha ricostruito lo stato dei conti trovati quando aveva preso in mano le redini della società. L’avvocato dell’imputato, Enrico Mario Ambrosetti, ha tuttavia difeso le scelte imprenditoriali del patron delle concessionarie. L’abbandono del settore delle automobili, per la famiglia Silva, nel 2014 segnò il passo della crisi che aveva travolto il settore. In quel periodo molte concessionarie in zona industriale vennero chiuse, e i capannoni vuoti ora in affitto sono tutt’oggi testimonianza della difficoltà del settore a riguadagnare il mercato di un tempo.
L’udienza Attesa per il 6 dicembre la decisione del giudice
Shilo Jason
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