#editorial destino
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Pretender al mismo tiempo entender y soñar: ahí está la condena de mis noches.
Martín, C. (1978). El cuarto de atrás. Editorial Destino
#citas#frases#libros#ficción#novela#literatura española#carmen martín gaite#el cuarto de atrás#editorial destino
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Mortalha
Mortalha Morte!Gritou a própria morte Cada um tem sua própria sorte Ninguém tem direito a habeas corpus. MorteDestino final de todos os seres humanosImpulso em direção ao silêncio Das dores, a anestesia. Destino que para muitos é cruel Certeza do fim de um projetoUma vida que simplesmente passou. Olhe, existe uma única oportunidade Que anuncia que a vida deve ser respeitada Respeito este que…
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#autoconhecimento#Brasil#caravana editorial#destino#enquanto a solidão me abraça#livro#mensagem#mensagem com poesia#mortalha#Morte#Mundo#poema#poesia#Poesia Geral#vida
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🌙𝕴 𝕻𝖗𝖊𝖘𝖊𝖗𝖛𝖆𝖙𝖔𝖗𝖎 𝖉𝖊𝖑𝖑𝖆 𝖁𝖊𝖗𝖎𝖙𝖆ʼ— 𝕷ʼ𝕰𝖉𝖎𝖙𝖎𝖓𝖌✨
Cari scrittori e amanti dei libri, siamo arrivati alla fine della presentazione del libro del nostro caro Michele. Ora sarò io, Cassandra, a parlarvi e tratterò proprio della prima parte del lavoro che è stato svolto: l'Editing. 🌙
Ho iniziato io a correggere il manoscritto, così da far avere a Ceara la storia completa e darle modo di lavorare al meglio. Devo esser onesta: Michele scrive davvero bene, quindi è stato un compito abbastanza facile! Eppure, prima di iniziare, ho dovuto leggere qualche pagina e da comprendere lo stile di scrittura, l’animo dello scrittore e la sostanza della storia. Una volta compreso la strada che Michele aveva seguito durante la creazione, ho iniziato il lavoro vero e proprio. Ho seguito il suo stesso percorso, ricongiungendomi con lui alla meta. È stato un po’ come diventare lui stesso, mettendo da parte il mio stile di scrittura. Ho corretto dei refusi, gli ho dato dei suggerimenti per migliorare alcune scene e poi, finalmente, tutto si è compiuto. Una cosa che amo fare sempre in questi casi, è pensare anche come lettrice. Mi domando sempre “Questo entrerebbe nel cuore del lettore?” o “Questo che emozione susciterebbe in me, se stessi leggendo il libro?” Ci sono così tanti aspetti che vanno guardati, ma il punto di vista più importante, ovviamente, resta sempre quello dello scrittore. Sì, è stata una bella avventura!
🌟Mockup per le grafiche del post: Freepik, Rawpixel.
—🦉🌙
🌑🌑🌑
#writers#writing#authors#booklr#books#editorial design#book editing#book editor#fantasy books#fantasy book series#le cronache del destino d'inchiostro#i preservatori della verità#michele letizia#fantasy italiano
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!ATENCIÓN!
Próximamente tendremos a la venta está fantástica colección de Madre Editorial y será la de "Sucesos que Marcaron el Destino"
Fecha de lanzamiento, aun por definirse, pero no te puedes quedar sin la oportunidad de obtenerla con nosotros y claro con sus respectivos descuentos sobre sus precios de portada conforme vayan saliendo.
¡APARTALA Y GARANTIZA TÚ COLECCIÓN COMPLETA CON NOSOTROS!
#distribuidoraejeo #MadreEditorial #SucesosqueMarcaronelDestino
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El destino de nuestro tiempo, racionalizado e intelectualizado y, sobre todo, desmitificador del mundo, es el de que precisamente los valores últimos y más sublimes han desaparecido de la vida pública y se han retirado, o bien al reino ultraterreno de la vida mística, o bien a la fraternidad de las relaciones inmediatas de los individuos entre sí. No es casualidad ni el que nuestro arte más elevado sea hoy en día un arte íntimo y nada monumental, ni el que sólo dentro de los más reducidos círculos comunitarios, en la relación de hombre a hombre, en pianissimo, aliente esa fuerza que corresponde a lo que en otro tiempo, como pneuma profético, en forma de tempestuoso fuego, atravesaba, fundiéndolas, las grandes comunidades.
Max Weber: El político y el científico. Alianza Editorial, págs. 229-230. Madrid, 1979.
TGO
@bocadosdefilosofia
@dias-de-la-ira-1
#weber#max weber#el político y el científico#valor#valores#valores últimos#vida pública#relaciones entre individuos#vida mística#intimidad#arte#arte íntimo#círculos comunitarios#sociología#teo gómez oero
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Predestinate
E potrei ora dimenticare quella preziosa metà della repubblica che costituisce la felicità dell'altra, e che con la sua dolcezza e saggezza mantiene la pace e i buoni costumi? Amabili e virtuose cittadine, destino del vostro sesso sarà sempre quello di dirigere il nostro.
J-J. Rousseau, [Discours sur l'origine et les fondements de l'inégalité parmi les hommes, 1755], Il Discorso sull'origine e i fondamenti dell'ineguaglianza tra gli uomini, Roma, Editori Riuniti, 1972 [trad. V. Gerratana]
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Stato di paura. Ogni giorno scopriamo che la nostra vita si sta trasformando a causa dei cambiamenti climatici, ad informarci di come questo accada ci pensano i media. Questo comporta l'amplificazione dei contenuti che pone i media stessi in una condizione di necessità: fornire sempre più contenuti sui cambiamenti climatici per soddisfare i loro lettori, o i loro editori. Gli effetti di una grossolana disinformazione possono essere molteplici. Come attribuire i costi di un disastro naturale interamente al cambiamento climatico oscurando realtà più complesse come la prevenzione o l’omissione del principio di precauzione.
Oppure indurre uno stato di paura.
Altrettanto controproducente poiché non fa altro che paralizzare le persone come osserva il nuovo presidente dell'IPCC, Intergovernmental Panel on Climate Change, Jim Skea. Il costante allarmismo sul cambiamento climatico, afferma Skea, che sostiene di non credere agli scenari apocalittici, è infondato (...).
Il genere umano cerca, da sempre, di venire a patti con il clima. Sviluppa microclimi per isolarsi dagli estremi climatici e tecnologie e pratiche per la propria sopravvivenza e prosperità. Oggi invece si sta sviluppando un nuovo stato d'animo: quello del destino guidato dal clima. Dove l’uomo (...) sostituisce il divino come responsabile delle condizioni meteorologiche estreme, delle crisi migratorie e della prosperità delle nazioni del ventunesimo secolo.
A sostenere questa visione sono una categoria di “esperti del destino” che garantiscono un futuro possibile "solo" se si raggiungono gli obiettivi climatici perché solo la riduzione delle emissioni di CO2 determina il benessere. La soluzione è monocausale, ed implicitamente allettante perché suggerisce una risposta semplice ad un problema complesso. Assolve dalle responsabilità (...) e suggerisce che il dibattito è solo un’inutile perdita di tempo davanti all’ineluttabile. Dimenticando, incidentalmente, che la contrapposizione delle fonti si chiama “metodo scientifico”. (...) La teoria del climate change è un modello matematico che pretende di dimostrare che noi umani siamo in grado di condizionare l’effetto serra del Pianeta: senza però alcuna conferma sperimentale lasciando quindi margini di errore di entità indefinita. Si tratta di un atto di fede (in un modello matematico !!! ndr): per confermare le tesi dei modelli climatici dell’IPCC, servirebbe una copia del nostro pianeta senza umani, da cui rilevare i dati necessari a dimostrare come sia la cosiddetta “forzante antropica” la causa dei cambiamenti climatici.
L'articolo completo su Panorama: https://www.linkedin.com/company/panoramalvp/
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Lygia Clark & Hélène Cixous
“Al principio, adoré. Lo que adoraba era humano. No personas; no totalidades, no seres denominados y delimitados. Sino signos. Parpadeos de ser que me impactaban, que me incendiaban. Fulguraciones que llegaban a mí: ¡Mira! Yo me abrasaba. Y el signo se retiraba. Desaparecía. Mientras yo ardía y me consumía entera. Lo que me sucedía, poderosamente lanzado desde un cuerpo humano, era la Belleza: había un rostro, en él estaban inscriptos, guardados, todos los misterios, yo estaba delante, presentía que había un más allá al que no tenía acceso, un allá sin límites, la mirada me oprimía, me impedía entrar, yo estaba afuera, en acecho animal. Un deseo buscaba su morada. Yo era ese deseo. Yo era la pregunta. Destino extraño de la pregunta: buscar, perseguir las respuestas que la calmen, que la anulen. Si algo la anima, la eleva, la incita a plantearse, es la impresión de que el otro está allí, muy cerca, existe, muy lejos, de que en algún lugar en el mundo, una vez cruzada la puerta, está la cara que promete, la respuesta por la cual uno continúa moviéndose, a causa de la cual uno no puede descansar, por amor a la cual uno se contiene de renunciar, de dejarse llevar; a muerte. ¡Qué desgracia, empero si la pregunta llegara a encontrar su respuesta! ¡Su fin!
_ Hélène Cixous. De La llegada a la escritura, traducción de Irene Agoff, Editorial Amorrurtu, 2006.
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Sobre la traducción del título «guoshi» en la edición española de TGCF
Recientemente, leí el hilo de observaciones que Bruja del Caos hizo en Twitter sobre el segundo volumen de La Bendición del Oficial del Cielo publicada por editorial Norma. Me llamó la atención la confusión causada por la decisión de traducir 国师 (guoshi) como «cultivador del reino jefe» o «cultivador jefe», lo cual Bruja del Caos resalta en los siguientes pasajes:
Tras un par de impresiones que intercambié con Bruja del Caos sobre el tema, que pueden leer en las capturas de abajo o directamente en Twitter, se me ocurrió una posible explicación para la decisión del traductor, además de mi propia alternativa que, a lo mejor, podría ser más clara.
Para sustentar mi idea, voy a definir varias cosas de contexto que puede que muchos ya conozcan. Perdón por la repetición, es para que todos tengamos claridad. También mencionaré datos relevantes pero no tan directamente relacionados con el tema porque me gusta dar datos curiosos. Espero que les gusten.
En fin, empecemos por lo primero. Las tres novelas que MXTX ha publicado hasta ahora se mueven entre dos géneros de la literatura china fantástica: Xianxia y Wuxia.
Las historias del género Xianxia se desarrollan en el universo mitológico que nace del folclor y los tres sistemas de creencias principales chinos: el taoísmo, el budismo y el confucionismo. Van de inmortales, dioses y criaturas legendarias, tienen magia y alquimia, varias dimensiones (como el reino fantasmal o el cielo) y el destino del mundo entero está en juego. La Bendición del Oficial del Cielo/TGCF es principalmente Xianxia.
Wuxia cuenta las historias y aventuras de artistas marciales en la antigua China. Estos artistas marciales normalmente son cultivadores de la inmortalidad bajo uno de los sistemas de creencias antes mencionados, y están organizados en una configuración social independiente del gobierno que se llama Jianghu (江湖). La traducción literal de esta palabra es «ríos y lagos», probablemente referencia al río Yangtsé y el lago Dongting, que son de los más importantes de China, y se refiere al mundo natural/rural que existe más allá de la ley o la estructura social, libre y salvaje. En el Jianghu predomina el que sea más fuerte, y el código moral se define a grandes rasgos bajo el concepto de honor en las artes marciales.
En el Jianghu no hay reyes ni gobiernos, pero sí hay una organización social y jerarquía basada en sectas. Las sectas son grupos que se organizan alrededor de un método/técnica de artes marciales y/o cultivación de la inmortalidad sustentada en uno de los sistemas de creencias. Algunas sectas son lideradas por una familia, que en este contexto se llaman clanes, mientras que otras son lideradas por uno o varios grandes maestros sin lazos familiares que transmiten sus conocimientos bajo un modelo de escuela. En el primer tipo, los hijos heredan el liderazgo de la secta de sus padres, mientras que en el segundo, el poder pasa al discípulo más sobresaliente cuando su maestro decide retirarse, asciende o muere.
Las sectas en El Sistema de Auto-Salvación del Villano Escoria/SVSSS, novela que tiene un buen balance de elementos Wuxia y Xianxia bajo el género sombrilla de historias de transmigración, son tipo escuela. La de los protagonistas es taoísta, pero también vemos sectas budistas y escuelas de artes marciales y magia demoniacas. Por otro lado, El Gran Maestro de la Cultivación Demoniaca/MDZS es principalmente Wuxia y sus sectas están lideradas por clanes taoístas, para los cuales las técnicas innovadoras del protagonista son inaceptables, ya que rompen varios tabús.
En MDZS se ve claramente cómo el Jianghu opera de forma independiente al gobierno: sabemos que hay un emperador porque se le menciona en un par de ocasiones, pero nunca aparece ni nadie se preocupa por saber qué opina del conflicto. A pesar de que hay miles de muertos y damnificados por la violencia, toda la guerra entre las sectas se da sin intervención el ejército imperial.
Por eso es que, aunque como dijo Bruja del Caos, pareciera lógico decir que los cultivadores que nacieron u operan en el territorio de un reino son cultivadores de dicho reino, en realidad ellos no le responden a la dinastía que rige sobre sus territorios, sino solo al Jianghu. De hecho, a veces Jianghu se traduce como «mundo de pandillas» o «bajo mundo» precisamente porque están por fuera de la ley. Para que el gobierno y el Jianghu se relacionen, debe haber algún tipo de acuerdo o negociación. Por ejemplo, en la novela Mil Otoños de Meng Xi Shi, hay varias dinastías imperiales peleando por el dominio del territorio chino. Cada una de ellas le ofrece alianzas a las sectas más fuertes de los diferentes sistemas de creencias (los confucionistas al sur, los taoístas al norte, y el centro disputado entre los budistas y los demoniacos), dándoles beneficios como recursos para construir templos o sedes, permiso para que enseñen sus credos a la población, miembros de sus familias como discípulos o cónyuges, etc. a cambio de que las sectas las protejan y les den apoyo militar y/o logístico en la disputa por el territorio.
Esto tiene un precedente histórico que podemos ver claramente en el origen del título que nos ocupa. El cargo de guoshi fue originalmente instaurado por Kublai Khan —un emperador de origen mongol que fundó la dinastía Yuan en el siglo XI de nuestro calendario— quien se lo confirió al líder de una de las cuatro grandes sectas del budismo tibetano (porque sí, las sectas del género Wuxia también tienen base histórica). Su labor consistía en administrar la región del Tíbet y manejar las relaciones entre el clero budista y la corte imperial mongola. A nivel práctico, el negocio fue darle a esa secta jurisdicción sobre la práctica budista en el imperio, y por consecuencia poder sobre las otras tres sectas que operaban en el Tíbet, a cambio de que el guoshi convenciera a la población del Tíbet de aceptar y someterse el gobierno mongol.
Ahora bien, los cultivadores que se vuelven guoshis en TGCF (Mei Nianqing, Ban Yue y Xie Lian) no son parte de sectas por las que tengan que o quieran buscar beneficio político, sino que son individuos cuyo poder marcial o nivel de cultivación es tan alto, que los reinos con los que interactúan deciden ponerlos de su lado. A cambio, ellos reciben aceptación social, seguridad económica, y aunque el tema en realidad no se toca en la novela, la posibilidad de presidir sobre las prácticas religiosas y/o la interpretación del conocimiento del sistema de creencias que tienen. Por ejemplo, Mei Nianqing mal que bien impone su método de cultivación taoísta en Xianle, que sabemos que es uno de muchos porque requiere celibato, el cual —como se dilucida en la novela y como MXTX explicó directamente en una nota de autor que dudo muchísimo que hayan incluido en la edición impresa— no es obligatorio en otros métodos taoístas de cultivación.
Todo esto para decir que llamar a cualquiera de esos tres personajes «el cultivador del reino (jefe)» tiene sentido porque cada uno es o el único cultivador oficial/formalmente parte del gobierno del que es guoshi (Ban Yue, Xie Lian), o el líder de una secta de tamaño e influencia indeterminados (Mei Nianqing). Soportando esta idea está el hecho de que más adelante en la historia conocemos a algunos cultivadores que son parte del Jianghu y no tienen relación con el emperador mortal del tiempo presente, por lo que no son cultivadores del reino en el que viven.
Adicionalmente, puede que se haya descartado la opción de traducir guoshi como "tutor/preceptor imperial" porque aunque Mei Nianqing y Xie Lian enseñan, Ban Yue no lo hace, y el título histórico de guoshi en sí no tenía un componente de tutorado o enseñanza tampoco. Debido a que 师 (shi) significa «maestro», resulta intuitivo traducirlo con la connotación de «persona que enseña» y usar sinónimos como «tutor» o «preceptor», pero recordemos que la palabra tiene otras connotaciones, como por ejemplo «dicho de una persona o cosa: principal entre las de su clase», de la que creo que salió lo de «jefe», definido como el que manda, el que domina, el que está arriba.
De esa manera, «cultivador del reino jefe» funciona como traducción de guoshi en la medida en que con ese título se denomina al cultivador más poderoso que está al servicio del gobierno y no del Jianghu. El problema, por supuesto, es que no se entiende de dónde sale sin este kilométrico contexto, e incluso dado el contexto, no suena como un título, sino como un vago descriptor.
Personalmente, si no tuviese la opción de dejar guoshi en pinyin y explicar de dónde sale el término en una nota al pie o en el glosario, yo consideraría «maestro cultivador (imperial/real/de la corte)» como opción. Como mínimo, cambiaría «jefe» por «líder» para que sonara un poco más formal, o si no hay manera, «cultivador en jefe», porque mejor que suene militar a que suene... como suena.
#tgcf#tian guan ci fu#mxtx#la bendición del oficial del cielo#guoshi#traducción#wuxia#xianxia#jianghu#no sé de dónde me ha salido escribir tanto de este tema#pero espero que le sea interesante a alguien#historia china
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@Rafael_Narbona Juan Carlos I escribe sus memorias desde su exilio dorado en Abu Dabi. "Acumulé una fortuna de forma ilí cita, pero no fue nada personal. Solo lo hice por negocios. Cada hombre tiene su destino y yo aprendí muy pronto que un abogado con su maleta puede ro bar más que cien hombres arm ados". Aún se desconoce el título de las memorias, pero la editorial ha aventurado que están dudando entre El golpe, El padrino y Uno de los nuestros.
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Por: Equipo Editorial Sitio Fidel Soldado de las Ideas Un líder, un iluminado, un revolucionario, un curioso de la vida, humanista, intelectual, guerrillero, gran escritor, de una fortaleza verdaderamente excepcional. Estas son algunas de las cualidades con las que definieron a Fidel Castro Ruz tres hombres que tuvieron la oportunidad de conocerlo: Frei Betto, Roberto Fernández Retamar y Miguel Barnet. En vísperas de conmemorar el 98 Aniversario de su Natalicio el próximo 13 de agosto, Cubadebate y el Sitio Fidel Soldado de las Ideas rendirán tributo al Comandante a través de los testimonios de aquellos que compartieron momentos con él. Un iluminado Fidel era un hombre con una gran curiosidad en la vida, sobre todo por la historia. Él leía una novela y, por muy buena que fuera la dramaturgia o la psicología de las personas, lo que más le interesaba era el trasfondo histórico, por eso admiró tanto a los escritores Alejo Carpentier, Ernest Hemingway y Gabriel García Márquez. Fue un fanático de las biografías, leyó las de María Antonieta, Napoleón y Alejandro Magno. Era un conocedor cabal de la historia antigua. Fíjate que cuando estuvo preso en Isla de Pinos, tras el asalto al Moncada, le decía a su hermana Lidia que no le mandara ropas ni corbatas, sino libros. Era además un humanista que rechazaba la politiquería. En aquellos años en que se inició en la lucha, la política en Cuba era politiquería. Muy pocos eran los hombres dignos en los años cuarenta y cincuenta, con excepción de don Fernando Ortiz, Raúl Roa, Jorge Mañach, el rector Clemente Inclán y unos cuantos profesores universitarios, pero ellos vivían encerrados en sus casas o haciendo su obra personal. Sin embargo, Fidel salió a las emisoras de radio, a las calles, a los campos. Fidel era, por sobre todas las cosas, un iluminado con una vocación humanista, y ese humanismo lo llevó inexorablemente a la política, pues donde lo podía practicar no era en una escuelita, sino en la vida pública; y como él tenía esa vocación y una mente tan ecuménica, con un calado tan hondo y una visión planetaria, tenía que entrar a la política. Allí se iba a sentir cómodo, pues encontraría herramientas con qué solucionar los problemas sociales. En los años finales de su vida, Fidel pudo satisfacer una de sus grandes vocaciones: ser escritor. Sus reflexiones son verdaderos ensayos políticos en los que se aprecia un gran conocimiento de la realidad, una prosa limpia, siempre aguda. No le encuentras nada que sobre, tampoco que falte, todo está cincelado, como lo hubiera hecho un gran escritor. Si él no hubiera tenido ese poderoso impulso y deseo de ayudar a los demás, de identificarse con los pobres de la tierra, como dijo José Martí, hubiera sido un escritor de gabinete, un escritor de novelas históricas. Pero no nos perdimos un escritor, ganamos un iluminado, un gran político, el hombre que cambió el destino de América Latina en el siglo xx. No hay otro. Él fue el primero. Un fragmento de las palabras de Miguel Barnet durante una entrevista concedida a Wilmer Rodríguez en noviembre del 2020. El don revolucionario de Fidel Con el Comandante en Jefe murió el último gran líder político del siglo xx, con la excepción de que es el único que sobrevivió 57 años a su propia obra: la Revolución Cubana. Pero se debe distinguir que no fue Fidel quien hizo la Revolución, sino el pueblo. Él dio las orientaciones básicas, fue punto de referencia, pero un hombre solo no hace una revolución, las revoluciones las hacen los pueblos. Ahí está la responsabilidad de los cubanos a partir de ahora. Un legado que Fidel dejó, sobre todo a los jóvenes, es mantener el socialismo como una sociedad de libertad, justicia y paz, donde se comparten bienes materiales y espirituales. De ninguna manera podemos mirar en Fidel un ser del pasado, sino del porvenir, así mismo él miraba a Martí. Cuando murió hice una oración agradeciéndole a Dios el don de la vida revolucionaria de Fidel. Un fragmento de las ...
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Obras (vol. I) de Luciano de Samósata
Apoyándose en una cita de Menéndez Pelayo, José María Bellido Morillas elogia entusiastamente la obra de Luciano de Samósata y resalta la gran importancia que tuvo para la literatura universal (lo presenta en tres videos: aquí, aquí y aquí). Aparte de alguna cosa suelta, yo solo he leído el primer tomo de los cuatro que conforman su obra completa (como siempre, en Gredos), así que tampoco puedo hablar con demasiado fundamento, pero desde ya digo que comparto por completo su opinión. Luciano es verdaderamente genial: su dominio retórico, su imaginación desbordante, su ingeniosa ironía y lo autónomo de su pensamiento lo vuelven un escritor muy peculiar; sin duda que es uno de los más interesantes que he leído, y también uno de los más simpáticos. Como siempre, poder leerlo en una edición tan buena como lo es la de Gredos es un gusto. Ya lo he escrito alguna vez, pero si vas a leer algún autor griego o romano y no lo haces en Gredos, en Cátedra o en alguna editorial crítica, te pierdes la mitad de lo que la obra puede dar.
Este primer tomo contiene veintitrés obras, algunas de las cuales son de autoría incierta. De entre todas la más sobresaliente es la famosa “Historia verdadera” (aquí traducida como “Relatos verídicos”), que es quizá el mayor ejercicio imaginativo producido por un escritor de la Antigüedad. Por lo fantástico de los hechos y por lo surrealista que son las descripciones, fácilmente podría ser un relato escrito por alguien bajo los efectos de alguna droga psicodélica. “Los longevos” es un ejercicio retórico que en sí mismo no destaca, pero que es interesante como muestra de que hace siglos o milenios atrás no se tenía una vida tan corta como se suele creer: era común morir antes de alcanzar la niñez, pero cuando se lograba sobrevivir era esperable llegar a una edad parecida a la nuestra, como demuestra la larga lista de escritores longevos que Luciano enumera. En “La travesía o el tirano” Caronte, Hermes y Cloto escoltan a tres muertos camino al Hades; dos de ellos, el pobre zapatero y el filósofo cínico, aceptan serenamente su muerte, mientras que el abusivo y desenfrenado tirano hace hasta lo imposible (llegando a ser graciosamente ridículo) en un vano intento por volver a vivir un poco más. La misma crítica a la riqueza y exaltación de la vida sencilla (si a alguna escuela se acerca Luciano es a la cínica) aparece en “El sueño o el gallo”, en el que Pitágoras aparece reencarnado en un gallo y alecciona a su dueño, Micilo (el zapatero del relato anterior), de lo problemático que es la posesión de riqueza. En “Zeus confundido” otro filósofo cínico pone en problemas al mismísimo padre de los dioses haciéndole ver que, existiendo el Destino y las Moiras, el verdadero poder que tienen sobre los hombres es casi inexistente. Y por nombrar uno más, el muy cómico “Zeus trágico”, un relato en el que los dioses entran en pánico al ver que un filósofo epicúreo está destrozando argumentativamente el providencialismo divino en una discusión con un filósofo estoico. Desde Marcial que no me reía tanto leyendo a un autor de la Antigüedad. Lo recomiendo absolutamente.
Además de los de Bellido Morillas, recomiendo este y este video sobre Luciano a cargo del profesor Gabriel Sánchez (otro canal buenísimo, en este caso dedicado únicamente a la literatura y la cultura de la antigua Grecia). El segundo es el más interesante, porque repasa su obra tratando a grandes rasgos sus características, temas y géneros.
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🌙𝕴 𝕻𝖗𝖊𝖘𝖊𝖗𝖛𝖆𝖙𝖔𝖗𝖎 𝖉𝖊𝖑𝖑𝖆 𝖁𝖊𝖗𝖎𝖙𝖆ʼ— 𝕷𝖆 𝕮𝖔𝖕𝖊𝖗𝖙𝖎𝖓𝖆✨
Cari appassionati di scrittura e di libri! Ora vi parliamo di quella che è stata la mia parte preferita del lavoro svolto per la storia di Michele: la copertina (ovviamente 🤭)!
Lo scrittore mi ha lasciato molta libertà artistica per questa copertina. Ha mandato qualche bozza, qualche immagine da cui prendere ispirazione, ma mi ha lasciato piena autonomia! Ha fatto solo due richieste: che sul fronte ci fossero il protagonista Mason, di spalle o di profilo, e il Castello di Mont Saint-Michel! Quindi ho preso in considerazione le sue richieste e gli ho dato una impronta fantasy, aggiungendo anche altri elementi che facessero riferimento alla saga e alla storia, come macchie d'inchiostro, delle pergamene e una particolare bacchetta... O è una penna?! 🤔
Cosa ne pensate? Qual è l'elemento che vi incuriosisce di più? 🌙
🌟Programmi: Photoshop, Paint Tool SAI 2. 🌟Mockup per le grafiche del post: Freepik, Rawpixel.
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Yo quiero dedicar este poema A todas las mujeres que amamos Durante algunos instantes secretos, A las que conocemos apenas, A las que arrastra un destino distinto, Y que no se vuelven a ver más. A la que vemos aparecer Un segundo en su ventana Y que, rápidamente, se desvanece, Pero cuya esbelta silueta, Es tan graciosa y delicada Que nos quedamos maravillados. A la compañera de viaje Cuyos ojos, encantador paisaje, Hacen parecer corto el camino. Que somos los únicos en comprenderla Y que dejamos sin embargo bajar Sin haber rozado su mano. A las que ya están comprometidas, Y que, viviendo horas grises, Cerca de un ser demasiado diferente, Nos han dejado, inútil locura, Ver la melancolía De un futuro desesperante. Queridas imágenes vistas, Esperanzas frustradas de un día, Mañana estaréis en el olvido. Con solo un poco de felicidad que tengamos Es raro que nos acordemos De los episodios del camino. Pero si hemos fracasado en la vida, Pensamos con un poco de ganas En todas esas felicidades entrevistas, En los besos que no osamos tomar, En los corazones que debían esperarnos, En los ojos que no hemos vuelto a ver. Entonces, en las noches de hastío, Poblando nuestra soledad Con los fantasmas del recuerdo, Lloramos los labios ausentes De todas las bellas fugaces Que no supimos retener.»
• "Las fugaces" (Les Passantes) o "Labios ausentes", de Georges Brassens | Poeta y cantautor francés ~ 1921-1981 / Premio de Poesía de la Academia Francesa, 1967.
Georges Brassens es considerado uno de los mejores poetas de la posguerra. Es el poeta de lo cotidiano, el defensor de la honradez, más filósofo que artista, más artista que filósofo.
En lengua española es muy conocido su poema - canción "La mala reputación":
«En mi pueblo, sin pretensión, / tengo mala reputación, / haga lo que haga es igual, / todo lo consideran mal...»
* El poema ha sido extraído de la edición "Poemas y Canciones". Traducción de María Teresa Gallego y Amaya García. Ilustraciones de Emilio Uberuaga (2021, Editorial Nórdica).
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Genere: Darkromance, thriller, mistery.
Autore: Penelope Douglas.
Spicy:4,5/5.
Titolo: Kill Switch.
Editore: Newton Compton Editori
Voto:5/5
Recensione: Terzo capitolo della Devil's Night che vede come protagonisti Damon Torrance e Winter Ashby. Forse il romanzo più discusso, ma a mio parere il più affascinante. Scordatevi le storie precedenti, le parole che hanno spaccato anche i muri, scalato montagne e nuotato oceani immensi, per confluire poi nell'audacia per sconfiggere la paura. Il terrore del passato, il timore del tempo che passa, l'incertezza di un futuro in bilico. Ogni notte l'avrei avuta qui al mio fianco, tutta intorno a me, persa con me dove il resto del mondo non esisteva ed eravamo solo noi due. Sempre solo noi due. Damon è un fiume in piena. Di emozioni, di sentimenti, di dolore, ma non è per tutti. Damon è per chi lo comprende, per chi non lo giudica, ma lo ascolta, per chi lo sente. Come Winter, un piccolo fiocco di neve, incapace però di sciogliersi, nonostante tutte le tragedie che ha dovuto subire e affrontare. Eppure, Winter ha dato a Damon qualcosa senza il quale lui non può più sopravvivere senza: il suo amore. Ogni volta che Damon era lontano, Winter era appoggiata ad una porta immaginaria che la divideva dal suo cuore, non riuscendo a far capire a se stessa che avrebbe dovuto smettere di cercarlo. Non ce n'è per nessuno, quando sono insieme è come se il mondo sparisse. Una volta chiusi gli occhi, ci sono solo loro e la certezza di vivere una storia che non finisce mai. L'unico dubbio che non hanno mai dovuto affrontare è proprio questo: capire il posto a cui sono sempre appartenuti. L'uno accanto all'altra
Trama:"Sono stata io a mandare Damon in prigione. Sono passati tre anni da allora. Pensavo che nel frattempo sarei riuscita a scomparire nel nulla, o che lui avrebbe smesso di odiarmi. Ma mi sbagliavo. Il suo rancore è persino aumentato, al punto da progettare un piano perfetto per distruggermi. La sua vendetta va oltre ogni mia immaginazione. Vuole farla pagare a tutti quelli che l'hanno tradito. La paura sembra essere la sola emozione che ci lega. Ma, nonostante tutto, Damon è diventato parte di me. E non posso fare nulla per sottrarmi al nostro destino."
#books#biker#bikerboy#book#booklr#book quotes#bookblr#books & libraries#books and libraries#books and reading#biker girl#biker babe#bikerlife#mask#masked men#face mask
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ÍTACA
de Konstantino Kavafis
(Alejandría, Egipto, 1863 – 1933)
Cuando emprendas tu viaje a Ítaca
pide que el camino sea largo,
lleno de aventuras, lleno de experiencias.
No temas a los lestrigones ni a los cíclopes
ni al colérico Poseidón,
seres tales jamás hallarás en tu camino,
si tu pensar es elevado, si selecta
es la emoción que toca tu espíritu y tu cuerpo.
Ni a los lestrigones ni a los cíclopes
ni al salvaje Poseidón encontrarás,
si no los llevas dentro de tu alma,
si no los yergue tu alma ante ti.
Pide que el camino sea largo.
Que muchas sean las mañanas de verano
en que llegues -¡con qué placer y alegría!-
a puertos nunca vistos antes.
Detente en los emporios de Fenicia
y hazte con hermosas mercancías,
nácar y coral, ámbar y ébano
y toda suerte de perfumes sensuales,
cuantos más abundantes perfumes sensuales puedas.
Ve a muchas ciudades egipcias
a aprender, a aprender de sus sabios.
Ten siempre a Ítaca en tu mente.
Llegar allí es tu destino.
Mas no apresures nunca el viaje.
Mejor que dure muchos años
y atracar, viejo ya, en la isla,
enriquecido de cuanto ganaste en el camino
sin aguardar a que Ítaca te enriquezca.
Ítaca te brindó tan hermoso viaje.
Sin ella no habrías emprendido el camino.
Pero no tiene ya nada que darte.
Aunque la halles pobre, Ítaca no te ha engañado.
Así, sabio como te has vuelto, con tanta experiencia,
entenderás ya qué significan las Ítacas.
Edición y traducción de Pedro Bádenas de la Peña, para Antología poética, de Alianza Editorial. Madrid, 1999.
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