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#e anche stasera mi taglio
autolesionistra · 2 years
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Un amico una volta mi disse che ammettere di aver sbagliato o di aver avuto ripensamenti e cambiato idea è una di quelle cose che culturalmente viene castigata ma andrebbe normalizzata e incentivata. Darò quindi il mio contributo alla società.
Ci sono alcuni personaggi politici che magari non voto ma apprezzo le cose che dicono e saltuariamente pure quelle che fanno. Complice anche il panorama desolato che li circonda, finisce che ogni tanto qualche germoglio di speranza nel futuro riesce a nascere anche nel freddo inverno del mio perenne disappunto (cit). E di un paio me ne son pentito, per motivi diversi.
Elly Schlein nella sua carriera politica ha detto un sacco di cose condivisibili (anche sul PD, quando ne uscì), però ha due problemi di base che per quanto sian sempre stati lì, ora sono più evidenti. Il primo è che ad Elly Schlein sembra piacere Elly Schlein più delle cose che dice Elly Schlein; certe scelte politiche ne risentono di conseguenza. Il secondo è che come un po’ tutti gli ex (?) PD, continui a considerare il PD come qualcosa di salvabile. Il mix di questi due aspetti ha generato l’attuale mostro culminato nella conferma odierna di candidatura alla segreteria.
Anche se le dinamiche fra Schlein e Bonaccini devono più a Boldi e De Sica che a Stallone, non posso non immaginare un equivalente dell’allenatore di Apollo Creed in Rocky II che le starà ripetendo da un mesetto
Tu sei il numero 1, tu sei il campione, tu sei il piu grande di tutti i tempi, sei amato dalle donne, amato dai tifosi, tutti ti amano, sei amato dai giovani, tu sei il migliore, tu sei l'unico, Rocky Bonaccini è già tuo, è già battuto, non è degno di salire sul ring insieme a te, stasera gli farai vedere chi sei, stasera distruggilo.
Anche se più probabilmente se lo sta dicendo lei allo specchio.
Detto ciò passiamo, inevitabilmente, a Soumahoro. Tutto quello che potrei dire è detto meglio qui: https://www.essenziale.it/notizie/annalisa-camilli/2022/12/01/aboubakar-soumahoro-inchiesta
Se la vicenda personale è un bignami (le edizioni, no il fascio) di tutte le peculiarità deprimenti della sinistra, dalle spaccature inutili (la lega braccianti non è un sindacato, è un’associazione, e ha avuto qualche strinatura con USB) alle parabole prevedibili (certi aspetti erano già noti a un po’ di gente, fra cui Fratoianni), credo sia più utile parlare delle idee che ha portato avanti finora.
Soumahoro è parzialmente riuscito a (ri)portare sotto i riflettori alcune questioni da tempo sparite dai radar tipo la condizione dei braccianti, il concetto di rappresentanza politica di chi vive in italia ma non è nato qui, tutte le contraddizioni di un PD che si stracciava le vesti ai tempi di Salvini al ministero dell’interno salvo poi averne messo alcune basi con il decreto Minniti-Orlando:
Al di là delle responsabilità che saranno accertate dall’indagine, in questa vicenda emergono ancora una volta le contraddizioni del sistema italiano di accoglienza: il permanere di alcune condizioni strutturali che favoriscono lo sfruttamento lavorativo degli operatori sottoposti a un regime contrattuale che non li garantisce e il taglio progressivo degli investimenti pubblici, che già in passato hanno portato ad abusi e all’erogazione di servizi insufficiente per i richiedenti asilo. Il tema non è nuovo, il sistema di accoglienza è più volte stato al centro di scandali – dal Cara di Mineo a Mafia capitale – tuttavia la campagna di criminalizzazione dell’accoglienza che ne è conseguita non ha portato a una riforma, bensì a un’ulteriore opacità e al peggioramento delle condizioni delle strutture.
Ecco, la cosa che temo molto è che contestualmente al far sparire Soumahoro dal panorama politico una serie di temi tornino ad essere infilati sotto il tappeto. Il fatto che quest’ultima cosa faccia comodo sia all’attuale esecutivo che al PD lascia un sapore particolarmente amaro a tutta la vicenda.
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nusta · 1 year
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Questa sera sono andata di nuovo a fare un'esplorazione in libreria per cercare regali. Mi segno il link all'altro post che avevo fatto tempo fa per averlo comodo per le prossime occasioni. Questa volta stavo cercando qualcosa per un ragazzo di seconda media, un target relativamente inedito per me, anche perché mi ricordo cosa leggevo io, ma non ho abbastanza confidenza con lui da sapere se è roba che potrebbe apprezzare (e non so nemmeno se ci siano ancora in circolazione i miei titoli preferiti... ecco, ora che ci penso devo controllare se le raccolte di racconti della super junior mondadori siano ancora pubblicate e in che veste grafica, c'era serie di "storie di giovani ..." che mi piaceva un sacco e tipo quella degli alieni era a cura di Asimov e un paio di storie mi fanno ancora emozionare se ci penso *_*)
Intanto stasera volevo sfogliare un libro di cui avevo sentito parlare per mio papà e con l'occasione ho fatto una prima raccolta di titoli interessanti, poi vedremo.
Ho trovato questo "Noi inarrestabili" di Yuval Noah Harari che è una strana versione della storia dell'umanità e delle sue interazioni col mondo, con un filo conduttore del tipo qual è il nostro superpotere, ha anche delle belle illustrazioni ed è fitto di testo ma mi pare molto scorrevole e vorrei leggerne qualche altra pagina per capire meglio il taglio. Quello di Michela Murgia l'avevo già visto e mi era piaciuto, mi sa che lo volevo regalare anche a una mia amica e non ricordo se poi l'ho fatto per davvero, ma prima o poi lo prenderò sicuramente. Di libri come Lost in translation invece ne ho già regalati e ne ho pure io e mi piacciono un sacco, e sarebbe forse anche particolarmente adatto, considerato che il destinatario ha già vissuto in tre paesi con tre lingue diverse.
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Questi sulla lotta alla mafia e sulla vita di Gino Strada me li segno qui, ma sono troppo impegnativi per questa occasione, così come altri sulla Resistenza, i migranti e la storia delle battaglie sociali e del femminismo che per fortuna ormai riempiono scaffali interi. Mi piacerebbe un giorno essere nella condizione di regalarli, ma ancora non ci sono le premesse.
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Questi due romanzi me li sono salvati a promemoria degli autori: La figlia della luna di Margaret Mahy l'ho letto un sacco di volte (è uno degli ex Gaia Mondadori, una delle mie collane preferite da ragazzina) e vorrei vedere se ci sono altre opere della stessa autrice, invece quello di Gaiman non l'avevo mai sentito e vorrei provare a trovarlo in inglese, magari per l'anno prossimo.
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Per il mio giovane destinatario ho pensato anche alla serie di pseudo-diari di Keri Smith, che mi guardano sempre dallo scaffale e che non ho ancora avuto l'occasione di regalare a nessuno >_< anche se ogni Natale mi cade l'occhio perché sono bellissimi secondo me. Forse il più interessante per cominciare è anche il più comodo da portare, la versione pocket del diario da distruggere, però anche quello degli sbagli mi piace molto - così come quello del museo - insomma, ho letteralmente l'imbarazzo della scelta u_u
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Per le mie nipotine invece per una delle prossime volte mi sono segnata questi, che sono dei fumetti, dato che un vero e proprio fumetto loro l'hanno sperimentato poche volte e sarebbe anche ora di cominciare seriamente, dico io *_*
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A proposito di fumetti, personalmente ho lasciato un pezzo di cuore davanti ai ricettari di ramen e dumpling a fumetti, sono bellissimi *_* il ricettario ispirato a LOTR potrebbe essere interessante pure lui, ma non ho avuto tempo di sfogliarlo (e purtroppo credo non ci sia nessun fumetto >_<)
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E per finire, la Storia dell'editoria è il libro che ho preso per mio papà, ne avevo sentito parlare in un podcast e mi pare molto scorrevole e perfetto per lui. "Educare controvento" di Lorenzoni lo vorrei leggere io, così come quello di Munroe, che è una specie di esercizio mentale di quelli che mi tengono sveglia la notte ma nel senso buono, tipo le lunghe discussioni di approfondimento qui sul tumblr su roba assurda. Gli ultimi due li ho salvati proprio pensando chi qui sul tumblr è appassionato di flora e fauna come me (anzi anche di più, direi, a giudicare da alcuni post): il librone sui vermi è tutt'altro che breve, è un bel malloppo rosa fitto di informazioni, mentre il Bestiario selvatico stava nel reparto delle robe dei musicisti e della musica per via dell'autore, Massimo Zamboni, e ha delle belle illustrazioni realizzate da Stefano Schiaparelli raccolte tutte insieme alla fine.
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E insomma, più ne vedo e più ne vorrei e la scelta è davvero difficile! Mi sa che dovrò fare almeno un altro giro u_u
(Ma a chi la racconto, starò come minimo qualche altra dozzina di ore a girare tra gli scaffali XD)
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titosfriends4life · 1 year
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PENSIERI OSSESSIVI: 3 MODI PER CURARLI
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Vi è mai capitato di vedere il film The Aviator diretto dal celebre regista Martin Scorsese interpretato magistralmente da Leonardo di Caprio❓
La trama del film è una dedica alla vita di Howard Hughes, imprenditore, regista, aviatore e produttore cinematografico statunitense che creò intorno a sé un impero ad Hollywood. Egli mostrava i sintomi del disturbo ossessivo-compulsivo e, in una scena del film, il protagonista si reca in bagno. Al momento di lavarsi le mani, un momento usuale che in teoria non richiederebbe molto tempo, Howard (recitato da Leo di Caprio) insiste ossessivamente nel lavaggio delle mani ed è così scrupoloso nel pulirle che sfregando si taglia, provocando una fuoriuscita di sangue.
  Fermiamo il frame in questa clip e riflettiamo.
Spesso di fronte a questi episodi ci piace apostrofare la persona con giudizi affrettati e superficiali. Proviamo a soffermarci cercando di entrare in profondità nella sofferenza dell’altra persona. Si può fare partendo da una di quelle parole che hanno una potenza enorme in termini linguistici e celebrali: perché❓
Analizzando il nostro frame nel film possiamo osservare che Howard ha un volto concentrato, la fronte corrugata e gli occhi intenti a scovare l’eventuale sporcizia. Questo fa pensare che la sua attenzione sulla pulizia sia impeccabile ma nonostante ciò, l’azione di lavarsi le mani è, super curata, fino a procurarsi un taglio alle mani. Quindi perché questa eccessiva cura❓
I pensieri ossessivi
Le ossessioni sono pensieri o immagini mentali intrusive egodistoniche, che si presentano insistentemente e senza adeguata motivazione alla coscienza dell’individuo.
Il termine egodistonico in termini pratici vuole indicare un genere opposto al nostro essere. Un esempio può essere un fervente religioso che al suo interno possiede pensieri ossessivi o immagini blasfeme che insistentemente lo tormentano, oppure un automobilista che, una volta alla guida, pensa di poter investire un ciclista pur non avendo l’intenzione di farlo.
Altri esempi di pensieri ossessivi che generano ansia sono:
se penso a una persona di continuo dopo sta male.
se non salgo e scendo le scale tre volte morirò.
se passo da quella parte, stasera sarà una brutta serata.
se non canto la canzone del buon compleanno mentre mi lavo le mani per 3 volte, mi accadrà qualcosa di brutto cit. Basta che funzioni, 2009 Woody Allen.
La differenza tra i pensieri ossessivi e i pensieri negativi è data dalla durata della crisi. I pensieri ossessivi generano delle crisi che possono essere brevi, ma che si possono ripetere più volte durante la giornata. Viceversa i pensieri negativi sono più costanti e generano quindi crisi più lunghe.
Diffusione del disturbo ossessivo
Si stima che in Italia, ogni 100 neonati, 2-3 di essi nell’arco della vita soffrono di pensieri ossessivi. Recenti statistiche indicano che i sintomi si manifestano prima dei 30 anni e difficilmente oltre i 40. La media in cui si sviluppa è intorno ai 22 anni e questi disturbi possono modificare la vita sociale dell’individuo colpito.
Ancora non si sono scoperte le cause, ma si possono ipotizzare i fattori di rischio quali:
Familiare stretto che soffre di un disturbo ossessivo compulsivo
Eventi di vita traumatici o stressanti
Presenza di disturbi mentali come l’abuso di sostanze
Depressione
3 rimedi possibili contro i pensieri ossessivi
I pensieri ossessivi, se non trattati, possono portare nel tempo a disturbi più gravi. Leggere manuali, libri, articoli può essere utile anche se, una terapia può generare uno stato di benessere più lunga e definitivo.
E’ importante in tal senso rivolgersi ad un professionista online o dal vivo che possa fornire un aiuto psicologico e psicoterapeutico efficace per contrastarli. Parlarne è il primo passo per affrontare i pensieri ossessivi.
Di seguito un utile rimedio per iniziare ad affrontare i pensieri ossessivi in modo differente:
Trovare dei brevi spazi giornalieri (partire da 3 volte al giorno) in cui scrivere tutti i pensieri ossessivi e una volta terminato lo spazio, dedicarsi ad altro. Questo semplice esercizio vi aiuterà a scaricare e ridimensionare in parte quelli che sono i pensieri ossessivi che vi assillano.
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blackrose-03-blog · 5 years
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Ci sono persone che nonostante tutto se ne frega degli altri e persone che anche se sono morte dentro cercano di aiutare gli altri. Io sono il secondo tipo di persona...
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sciatu · 3 years
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Buono, ... Molto buono...
“Ecco vede – fece l’Uomo-sicuro-di-se mostrando il cellulare – ho chiamato alle 13:00 poi alle 13:15 e infine si è degnato di rispondermi alle 13:30 e mi ha prenotato per stasera alle 20:00! Guardi, guardi l’ora e il numero” E l’Uomo-sicuro-di-se mostrò con orgoglio il cellulare con grande approvazione della comitiva per cui aveva prenotata, costituita da lui, tre uomini molto particolari nel vestire e nell’aspetto, due donne dalle forme generose e due bambine che da grandi sarebbero state delle brave casalinghe altolocate. Il cameriere, che con le sue movenze alla Nino Manfredi ed il volto allungato con occhiali rondi e capelli dritti sparati verso l’alto come il suonatore cieco di Amarcord, osservò il telefono preoccupato dall’idea di aver detto di si a quella comitiva che avrebbe oltremodo riempito la piccola trattoria già al completo che gestiva con la moglie. Guardò con attenzione poi senza dire una parola prese da un tavolo vicino una tovaglietta di carta dove oltre che al menù era riportato il numero di telefono della trattoria. “Guardi pero che il suo numero non è il mio, il numero della trattoria è diverso” L’uomo-sicuro-di-sé guardò i due numeri sul cellulare e sulla tovaglietta e impallidì. Incominciò a muovere le dita sul telefonino fino a che alzò lo sguardo e disse alla comitiva “Soccia ragà ho chiamato la trattoria con lo stesso nome di questa a duecento chilometri da qua” “Soccia se partiamo adesso arriviamo per quando chiude” Disse quello della comitiva con la faccia meno sveglia Vuoi dire che non hai prenotato?” Chiese la donna con la faccia più cattiva “Mamma ho fame!” fece la bambina con la faccia più sveglia “Non ci può far mangiare qualcosa di veloce?” Chiese la donna con la faccia da madre Il cameriere li guardò con il suo sguardo tra lo stralunato ed il geniale “Vado a chiedere alla Franzesca” E scomparve saltellando dentro la trattoria lasciando gli otto sullo stretto marciapiede occupato dai piccoli tavoli del locale. “Meno male che hai prenotato” Mi disse compiaciuta La Moglie seduta accanto a me su uno dei tavolini posti sul marciapiede. Mentre l’uomo-sicuro-di-se telefonava al ristorante posto duecento chilometri più in là per disdire la prenotazione e sfuggire così al linciaggio, per ora morale, del resto della comitiva. Il cameriere uscì saltellando “La Franzesca ha detto che potete restare, ma vi dovete accontentare di quello che c’è….” Il gruppo acconsentì con entusiasmo ed incominciò ad unire i piccoli tavoli. Il cameriere saltellò fino a noi e chiese “allora siete pronti ad ordinare? Posso dirvi..” “veramente sappiamo già cosa chiedere” Feci mostrando il telefonino con la stessa coglionesca superiorità che aveva mostrato prima l’Uomo-sicuro-di-se. “ah va bene – fece con un po' di delusione il testimonial di Amarcord – però volevo dirvi che la Franzesca ha fatto i fusilli freschi e li serviamo con un sugo rosso che poi è un sugo allo scoglio…” Visioni celestiali apparvero improvvisamente come miraggi di cascate nel mezzo del deserto. “ Va bene, allora antipasto al tagliere e i fusilli freschi per me, per mia moglie … cosa vuoi?” “No, pasta no, prendo la bistecca di tonno” La guardai stupito. Noi siciliani abbiamo la presunzione che solo nella nostra isola si sappia cucinare il tonno o il pescespada e che fuori dall’ isola si spacci per tonno o pescespada del miserrimo pesce da taglio qualsiasi. “Va bhe” faccio scettico e rassegnato alle prossime critiche. Mentre aspettiamo appare improvvisa la cuoca che con fare leggero, malgrado le sue forme tonde, appoggia sul tavolo un sacchetto pieno di Piada Ci guarda sorridendo con il suo volto di luna piena “Un po' di Piada calda” ci fa sorridendo con un sussurro che sa di vento della primavera e scompare, lasciando un profumo caldo e una Piada a pezzi soffice e tenera, tiepida come la guancia di una bimba. La Moglie parte spedita e divorando le prime fette commenta “Buona, molto buona!” D’improvviso appare il cameriere portando un tagliere enorme “C’è il salame che facciamo noi, quello di cinghiale, la mortadella, il prosiutto – noi osserviamo stupiti come bambini di fronte ai regali sotto l’albero di Natale – C’è il Museruolo (?) che facciamo noi, i crostini con la cipolla di Tropea, quella dolce e l’aglio..” “Scusi ma l’aglio… non è pesante?” “No stia tranquillo, è una ricetta tradizionale, non le darà fastidio e non le rovinerà l’alito” Ci lascia e mentre scatto le foto, la moglie assaggia il salame di cinghiale. “Buono … molto buono!” e parte all’attacco prendendo ancora salame, poi prosciutto, cipolla e spalmando squacquerone sulla Piada tiepida” Recupero terreno afferrando la mortadella e avvolgendone la Piada e ingoiandola con lasciva voluttà! La sensualità della mortadella è sempre incredibile! Quella poi era perfettamente rosea come le cosce interne di una donna, era morbida come le sue labbra, grassa come il piacere che poteva dare a stringerla e lo squacquerone era la bianca morbida alcova in cui amarla. Mentre io amoreggiavo con la passionale motadellona, La Moglie spazzolava il salame al cinghiale, divorava il prosciutto, decimava il salame di casa e quello strano grasso Museruolo che non sapevamo cosa fosse, ma che trasudava peccaminoso grasso e colava piacere in ogni sua piccola parte. Presto l’ultima rosea fetta di mortadella e di profumato salame casalingo sparirono e restò l’aglio a guardarci nel suo bagno di puro olio e peperoncino “Proviamolo” Dissi fiducioso e ne assaggiare uno spicchio seguito falla moglie “Lo spicchio scrocchio in buca senza rilasciare il suo terribile gusto aglioso. “Buono” Feci contento “Molto buono” Fece la moglie stupita, e via a riempirsi il piatto di quelle perle scrocchiantose e delicate. Intanto l’uomo-sicuro-di-se e il resto della compagnia attendevano fiduciosi seduti come bravi scolaretti ai piccoli tavoli della trattoria. Arrivò il cameriere e depose di fronte alla moglie una delicata fetta di tonno mostrandomi un piatto colmi di gnocchi ricoperti da un traslucido velo fatto con il sangiovese e piccole isole di salsiccia arrossata dal vino disposte a caso tra le onde formate dalle rotondità della pasta di patate: un capolavoro. Ero tentato di prenderlo ma esitando osai dire “Veramente ho ordinato i fusilli” L’omino spalancò gli occhi terrorizzato per lo sbaglio fatto. Scomparve saltando via La moglie osservò la bistecca. La studiò poi con la punta della forchetta ne prese un piccolo pezzo portandolo alla bocca. Mi osservò stupita. L’osservai anch’io stupito e timoroso di una sua reazione negativa. “È buono?” “È buono – fece lei stupita – molto buono” E zac via una fetta di tonno. L’osservo speranzoso che la dividesse con me, invece via, ingoiata e subito una morbida fetta di Piada a cancellare i residui di olio e tonno rimasti nel piatto. Arrivò il piatto di fusilli che era un’apoteosi di profumi di mare. Presi un fusillo e dopo averlo avvolto nella forchetta lo mangiai. Era delicatissimo, come la pasta che mia madre faceva in casa la domenica, che quasi si scioglieva in bocca. Non esitai più! Immersi la forchetta nel groviglio di pasta e ne tirai su una forchettata degna di quella di Alberto Sordi in ‘Un americano a Roma’ “Wuofff” Fece in quel momento Dino, il nostro barboncino che destato dal profumo mi osservava seduto dal mio lato con fare serio e determinato “ Ma come – mi stava dicendo – e a me niente” “Ah fame – disse La Moglie che è l’avvocato di Dino – guarda come ti guarda, non ti fa pena? Dagliene un po'” E prendendo la ciotola portabile di silicone l’aprì e me la porse perché la riempissi. Misi un po' di pasta  e spostai verso di me il piatto come a difenderlo. “Guarda come mangia gli piace“ Fece contenta la moglie “ dagliene ancora” e zac si ruba un'altra forchettata di pasta divina e dolcissima, immersa in quel sugo di cozze e vongole che avrebbe fatto resuscitare anche Fellini. Finii velocemente pulendo il piatto con la Piada e la bocca con un bicchiere di bianco frizzante. Pagammo e ci avviammo mentre sui tavoli della comitiva si adagiava un enorme pastiera colma di fusilli casarecci, di cozze, vongole e scampi. “Mamma è buona …” Fece una bambina che aveva afferrato un lungo fusillo divorandolo. La seconda bambina fece la stessa cosa e aggiunse “Molto buona….” “Wuofff” Aggiunse Dino a confermare l’entusiasmo infantile che la pasta aveva suscitato.
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abilenebeaufoy · 3 years
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Rosa e bergamotto
Una musica natalizia soffusa si diffonde discretamente per tutta la sala e fa da sottofondo al vociare animato dei commensali, tutti brillantemente vestiti e intenti ad intrecciare più di un discorso mentre dei bicchieri fluttuanti di champagne e diverse cibarie allietano i palati e i cuori. I brillanti della signora Beaufoy e delle altre dame si illuminano, riflettendo le luci delle decorazioni natalizie accuratamente posizionate ad ogni angolo. <Ma certo che si, la pagella che mi ha portato l’anno scorso era costellata di E!> Il tono pacato e soddisfatto mentre le unghie perfettamente smaltate si posano sul capo di Abilene, accarezzandone dolcemente l’elaborata acconciatura di trecce che le partono sin dalla nuca, circondandola come un’aureola. Ed è effettivamente angelica la figura della bambina che, con occhi discreti, osserva dal basso delle sue lunghe ciglia le donne a cui la madre sta raccontando della sua - finora- strabiliante carriera scolastica. <C’era anche una A> mormora, stando ben attenta a non farsi sentire da nessun altro. Del resto, la madre tiene strettamente conto di ogni voto preso e conosce meglio dei suoi stessi professori la sua intera carriera scolastica. Non sa proprio dire come quest’anno stia reggendo il cenone di Natale, e l’occhio è sempre verso la porta dell’enorme sala della villa paterna, in attesa di qualcosa, qualcuno. < Che guardi, amore?> Una voce maschile alle sue spalle la fa sobbalzare. Si gira di scatto che quasi non si versa addosso il sugo dell’arrosto sul costosissimo vestito di seta bianco che l’avvolge in una nuvola di morbidezza. <Papà!>  Un sorriso, il primo della serata; <Magnus, tesoro, ce l’hai fatta> la signora Beaufoy accoglie il marito con un bacio volante al profumo di rosa e bergamotto. <Si, abbiamo chiuso il rendiconto in tempo per tornare tutti a casa>  una serafica spiegazione prima che tutti gli altri, parenti e non, lo accolgano alla cena di natale. [...]
< Ma sotto l’albero c’è un regalo in più!> esclama con voce stridula la Signora O. Brian, un’espressione allarmata che enfatizza ancor di più l’anomala lunghezza del suo collo. <Si, si, quello è mio> s’affretta ad alzarsi dal tappeto davanti al camino e avvicinarsi all’albero, facendosi spazio tra carte di regali ormai aperti e bimbi che si rincorrono a causa degli eccessi di zuccheri che sono loro stati consentiti stasera. <Me lo sono incartata da sola> un sorriso mesto in risposta allo sguardo interrogativo dei genitori. < E’ un libro di approfondimento per incantesimi> mentre con cautela scarta la carta verde bosco che ricopre quello che sembra essere un libro anonimo con la copertina nera e un ricamo dorato che reca: <”Legilimanzia e Occlumanzia: quando gli opposti si incontrano”> scandisce lentamente ogni parola, il padre, lo sguardo che è una maschera di emozioni represse dietro un distinto taglio d’alta sartoria. <Al secondo anno già vi fanno studiare questo, ad Hogwarts?> ... <No, mi volevo portare avanti> fa spallucce, porgendo la mancina verso il padre ad indicargli di ridarle il libro. Lo sguardo è fermo, la mano un po’ meno. <Oh, che vi avevo detto? E’ così brava che si vuole portare avanti! Magnus, ridalle il suo libro, suvvia> .
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abatelunare · 3 years
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Gli Amici se ne vanno...
Stasera avrà termine quella che io mi permetto di considerare una delle edizioni più mediocri di Amici. Sono in lizza tre cantanti e due ballerini. Spero francamente vinca uno di questi ultimi. Certo, i cantanti peggiori hanno tolto il disturbo. Ma questi non è che rappresentino l’eccellenza. Il meno peggio, perché il più intonato, è quello che si fa chiamare aka7even. Sangiovanni non è un cantante, per come la vedo io. Riesce a distrarre dalle sue non-doti canore con le sue performance: in questo è davvero bravo. L’altro, Deddy, è un barbiere che avrebbe fatto meglio a continuare la sua attività di taglio capelli. Quanto ai ballerini, credo meritino più loro. Anche se hanno fatto fuori il migliore, dimostrando per l’ennesima volta che nelle competizioni la bravura non basta. Anzi: se non c’è, è meglio.
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corallorosso · 4 years
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Scontro Salvini-Carofiglio su La7 Botta e risposta a “Dimartedì” (La7) tra il leader della Lega, Matteo Salvini, e l’ex magistrato Gianrico Carofiglio sulla tecnica comunicativa del senatore del Carroccio, che contesta vivacemente il tema del dibattito in studio, incentrato sull’inchiesta giudiziaria della Procura di Milano che ha portato all’arresto di tre commercialisti vicini al partito. DiMartedì, ieri sera. In collegamento c’è Salvini che parte col solito, soporifero, monologo. Solo che in studio, ad incalzarlo, ci sono Gianrico Carofiglio e Concita De Gregorio. Che hanno un vizio intollerabile per le abitudini del “nostro”: fanno domande, ragionano, pongono argomentazioni. Salvini accusa: “Fuori c’è gente che è preoccupata per la scuola. Siete ossessionati. Prima c’erano Damilano e Travaglio che parlavano del referendum e c’era di mezzo Salvini. Adesso pure. Avete un’ossessione voi. Sapete che gli italiani hanno problemi ben più importanti?”. Il conduttore, Giovanni Floris, interviene per spiegare che l’inchiesta milanese è importante e interessante anche per gli italiani, perché potrebbero trattarsi di soldi pubblici versati in modo irregolare. E Salvini ribadisce, ridendo: “Ah, sono preoccupatissimi gli italiani, guardi. Mi fermano per strada non per le tasse, i mutui, gli affitti e la scuola, ma per i due commercialisti”. Carofiglio: “Di fronte a questa brutta faccenda di soldi che circolano all’estero, Salvini ha detto che garantisce lui personalmente. Che è la stessa cosa che ha detto il fratello di quei due disgraziati indagati per il massacro del povero Willy. E questo è segno di grave immaturità politica.” Uno. Poi tocca a De Gregorio: "Il referendum ci farebbe risparmiare 50 milioni di euro l’anno attraverso il taglio dei parlamentari. Pensi, se lei restituisse i 49 milioni di euro sottratti dalla Lega si potrebbe persino rinviare il referendum.” E due. Carofiglio commenta: “Sono affascinato dal modo in cui il senatore Salvini propone neppure i suoi argomenti, ma i suoi slogan. Corrisponde in modo straordinariamente puntuale a quello che suggeriva un manuale che circolava negli ambienti di destra americani e, mi dicono, anche altrove. Anche il sospirare di Salvini rientra in questa tecnica. Il succo essenziale del manuale è questo: non rispondere a nessuna domanda e ripetere in modo ossessivo quello che si sta dicendo all’inizio – spiega – perché l’argomento deve essere quello. E noi stasera stiamo sentendo una ossessiva ripetizione di non argomenti e una mancanza di risposte. Non voglio parlare delle indagini sulla Lega, né dei processi che la riguardano, né del suo assenteismo quando era ministro dell’Interno, perché queste sono tutte cose sulle quali lei non risponde e non risponderà mai”. E il leader della Lega insorge: “Oh, Madonna, ma cosa devo fare? Devo piangere? Mi dica il suo manuale e che espressione facciale devo tenere, così mi adeguo rispettosamente e lei non si offende”. Carofiglio chiosa: “Nel febbraio del 2020 il New York Times, in un pezzo dedicato a lei, ha scritto testualmente: ‘Salvini è un esperto di vittimismo politico’. Ed è esattamente l’atteggiamento a cui stiamo assistendo stasera, perché, a suo dire, i magistrati ci perseguitano e i giornalisti ci dicono cose false”. Il Fatto + L. Tosa
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angyinwonderland · 3 years
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Buona sera amici! So che sono poco attiva,ma mi farò sentire regolarmente tranquilli 😏 In quest'ultimo periodo sto vivendo una nuova avventura (ma si,chiamiamola così) che poi vi racconteró. Ancora una volta la vita mi chiede una RIVOLUZIONE, in senso positivo u.u, io come sempre sono più che pronta💪 Ho anche un nuovo taglio di capelli,ho il mio sorriso che non mi lascia mai e ho tutta la mia voglia di vivere a pieno ogni attimo. Insomma ragazzi mai come in questo periodo mi sento forte e motivata 🤩 Il mio messaggio per voi stasera è: "Non tutto il male viene per nuocere". Quante volte ci siamo sentiti sfigati? Quante volte pensiamo "No! Anche questa?! Ma che ho che non va?!" ASSOLUTAMENTE NIENTE! Ci sono situazioni nella vita che servono a dare una rivoluzione, che non è sempre brutta. Magari servirà a vivere meglio,che ne sapete? 🤷‍♀️ Tutto sta nell'affrontare. Quando un momento si attraversa; si supera! E il più delle volte nemmeno ce ne accorgiamo! Siate forti e accogliete le vostre sfide,la vita è imprevedibilmente meravigliosa 😉💪💜 https://www.instagram.com/p/CRKHl2YM9pZ/?utm_medium=tumblr
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nottinsonni · 4 years
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oggi è successa una cosa. per cui stasera vi racconto una storia di bugie, abuso mentale, e di un rapporto tossico. non in una coppia. ma tra amiche. tre anni fa ho conosciuto melissa. l’ho conosciuta in estate, tra i tavoli del tutti frutti, il locale dove ormai lavoro da anni. ero l’unica ragazza lì dentro, a parte la cameriera dell’età di mia madre che vedevo più come figura materna. non che mi dispiacesse, ero la piccola di casa anche se in certi casi non ero nemmeno la più piccola, ma mi andava bene. è così che mi piace rapportarmi nei luoghi di lavoro, mi aiuta. lei è arrivata un po’ dopo gli altri, grazie al suo ragazzo che lavorava lì con me. era completamente l’opposto di quel che ero io, lei il sole io la luna. abbiamo legato sin da subito. a pensarci, quelli sono forse stati gli unici mesi in cui veramente ci teneva. ero la sua ancora, lo ribadiva sempre. lei aveva problemi con il suo ragazzo, e io ero lì. poi un giorno, iniziavo il turno di sera più tardi perchè avevo lavorato anche la mattina. melissa mi saltò addosso piangendo nonostante fosse in servizio per dirmi che si era lasciata. apparentemente angelo le aveva alzato le mani. così diceva. io le credevo. abbiamo passato l’ultimo mese più legate di prima, nonostante lei non fosse più di tanto triste. la reputavo una donna forte. coraggiosa. una leonessa. un anno dopo, cercavamo casa insieme. ero felicissima, avevo rinunciato all’erasmus per questo, per lei, per la nostra amicizia. perchè stavo poco bene e credevo che lei era l’influenza giusta. che mi sarei tirata su. all’inizio.. neanche me lo ricordo più, l’inizio. era un sogno, perchè ai miei occhi è sempre tutto un sogno. soprattutto quel che ottengo dopo tanti sforzi, qualcosa che credevo impossibile. non starò qui a raccontarvi la nostra intera convivenza, non basterebbe un post. arriviamo direttamente ad agosto. quando torno dal mio nuovo lavoro estivo, l’animatrice in colonia. dopo due mesi fuori non vedevo l’ora di tornare a casa mia, neanche da mia madre che vive a solo 45 minuti da me. a casa mia. sul balcone che si affaccia sul monastero illuminato. non mi ha dato neanche due giorni per dirmi che aveva preso la stanza interamente per lei. “prendi la singola, tanto preferisci i tuoi spazi.” ed è vero. ma aveva architettato anche quello. la singola l’aveva già data a una nostra altra amica, che era stata così presa col lavoro in estate da aver affidato a lei il compito di cercarle una nuova casa. questa nostra amica non ne sapeva niente, di me. che così facendo io sarei rimasta senza una casa. dopo tutto quel che avevo fatto per lei, dopo tutto quel che avrei fatto per lei. e perchè? perchè ero l’unica che aveva iniziato a tenerle testa. melissa è brava. melissa è bravissima ad ammaliare, soggiogare le persone. ti fa credere di essere su un piedistallo, di essere l’unica persona che conta, quando in realtà per lei non sei che un nome sulla lista di persone a cui attingere quando le serve qualcosa. melissa ha fatto della sua vita un libro, perchè da raccontare non ha nulla. ha lasciato che il suo disturbo di bugiarda patologica prendesse il sopravvento. “mari, quando stavo con angelo pesavo 45 kili.” “no sai cosa francè, è che quando stavo con angelo ero arrivata a pesare 40 kili.” “quei tempi, andavo verso i 35 kili.” la raccontava a tutti così. e io ero lì. e una volta ridendo ho detto “meli di questo passo arrivi ai 20 kili.” mentiva spudoratamente davanti a me, che avevo vissuto tutto di quel periodo. in cui lei, bellissima come sempre, aveva il fisico di una barbara palvin qualunque. curve ai punti giusti, di quelle che le fruttavano mance esagerate ogni sera, muscoli tonici. una dea greca, non scherzo. poi è uscita la storia dei 15 anni, in cui è quasi morta per anoressia. in cui mangiava gli omogenizzati per sopravvivere. ma le foto di facebook dicono un’altra cosa. ogni cosa era triplicata, quadruplicata. e io non sopporto le prese in giro, neanche se sei la mia migliore amica che mi dice una cretinata tipo “sono arrivata a pagina 35 del libro che mi hai regalato” e poi sei a pagina 32. e lei si è indispettita. improvvisamente, ero una troia. lo diceva a tutti. diceva che ci provavo con il ragazzo che le piaceva. e io l’ho scoperto mentre cercavo di organizzarle una festa di compleanno a sorpresa che mi era costata tutti i risparmi. perchè lei odiava i suoi compleanni per via di un “trauma - ad oggi forse l’unica cosa a cui ancora credo - legato al padre e alla crescita. ho trovato dei messaggi mandati mentre eravamo insieme, in cui diceva che non vedeva l’ora di liberarsi di me, che ero solo una lesbica inquietante (testuali parole, quando non sono neanche lesbica ma pansessuale e lei giocava su questa cosa saltandomi addosso e strusciandosi ridendo chiedendomi se la trovassi bella mentre io le chiedevo di levarsi perchè il contatto fisico mi mette a disagio.) le ho comunque organizzato la festa. nonostante tutto. perchè io non ero al suo livello, e volevo lo sapesse. perchè aveva capito che avevo letto quei messaggi. volevo che pensasse “wow. ha letto tutte quelle cose ma ha comunque fatto questo per me.” avevamo ancora 4 mesi insieme, il viaggio era lungo. in un anno insieme, melissa era diventata me. esattamente l’uno novembre aveva deciso che non voleva essere più un oggetto sessuale per i ragazzi. improvvisamente, via i capelli. taglio corto e frangia, come i miei. usava i miei vestiti, usava un tono di voce più delicato. addio al profilo instagram con tutte le foto volgari, nuovo profilo in cui copiava il mio modo di far le foto, con i filtri carini delle stupide app asiatiche che uso io perchè ho una stupida fissa per le pesche e il blush accentuato. perchè più tenero. perchè così i ragazzi non avrebbero più visto in lei un oggetto sessuale - cosa che accadeva perchè a lei Piaceva andare con i ragazzi ed era intenzionalmente provocante. ho odiato questa cosa. non perchè mi copiasse. ma perchè è stato l’inizio dell’eclissarsi del suo io. non avevo problemi che andasse coi ragazzi, era la sua vita ed ero felice che si sentisse così a suo agio con il suo corpo. avrei voluto un po’ di quel che aveva. la nuova melissa? che ascoltava la mia stessa musica, aveva le mie stesse passioni, guardava i miei stessi film, serie tv e anime per rendere la sua vita un drama di quelli coreani in cui secondo lei tutto era rose e fiori? non era lei. nell’arco della nostra convivenza abbiamo litigato due volte perchè io cercavo il confronto dopo che lei si chiudeva in sè stessa senza motivo. una volta per il presunto flirt con jin, il ragazzo che le piaceva. e un’altra perchè continuava a rimandare un nostro impegno importante perchè era troppo concentrata su sè stessa. dirglielo? l’ho fatto. le ho detto che era così insicura di sè stessa che si circondava di persone che acconsentissero sempre a quel che diceva, che sembravano i suoi minion. che voleva solo riempirsi l’ego per accettazione. e ciò l’ha fatta frignare. mi ha dato ragione. ha pianto. a ripensarci oggi, una scena pietosa. dopo quel giorno, non abbiamo più litigato. le sono sempre stata vicina, perchè era caduta in depressione e non se ne accorgeva. perchè io sapevo cosa significava, la depressione. e la mia viya girava intorno al far sì che le sue condizioni non peggiorassero. perchè avevo paura di ricadere anche io. era fine aprile. era andato tutto bene - fingendo di non aver mai letto determinati messaggi - fino alla notizia della casa, 18 agosto. il mio compleanno. che avevo deciso di passare insieme, di saltare altri 14 giorni di lavoro fuori per festeggiare il mio primo compleanno in forse 10 anni. il giorno dopo abbiamo litigato per messaggi. improvvisamente era forte, cattiva, maliziosa. improvvisamente sapeva reagire, sapeva discutere. di persona, piccola. dietro uno schermo enorme. io, ingenua, triste per il tradimento. non per la situazione, ma perchè credevo in lei. perchè elogiavo le sue qualità davanti a tutti. la veneravo. aveva solo temporeggiato. aspettato 4 mesi per fare la sua mossa nella scacchiera che era diventato il nostro rapporto. qualche giorno dopo, la scoperta. melissa e angelo, il suo ragazzo quando ci siamo conosciute, si erano lasciati - e lui le aveva alzato le mani - perchè a detta di lei, lui pensava che lei se la facesse con il nostro collega che sempre a detta di lei, era gay. dalla sua parte le voci che dicevano che questo nostro collega, davide, stesse col proprietario del ristorante. che fosse il suo toyboy. diceva che angelo aveva dato di matto. angelo. conosciuto da tutti in paese per essere un amore di ragazzo. angelo che fa beneficenza. angelo che nonostante venga da una famiglia più che ricca, lavora per i suoi sogni. primi giorni di settembre 2019, vado a cena al tutti frutti dove per la prima estate non avevo lavorato. in maniera poco delicata davide mi dice che melissa lo stuzzicava e che tra di loro erano successe determinate cose non una, non due, non tre volte. di più. che ridere, lì ho capito tutto. lì mi si è aperto un mondo. la nostra amicizia era nata sulle basi di una bugia. del suo finto vittimismo. lì ho collegato tutti i punti, ho aperto gli occhi. ho realizzato tutte le sue bugie, tutte. non riuscivo più a esser triste. provavo solo pena, e disgusto. dopo un anno, mi sono riconciliata con ilaria, la ragazza che ha preso il mio posto in casa. per tutto l’anno mi sono chiesta come stesse, nonostante avessimo litigato. perchè ilaria era irremovibilmente sottomessa per melissa. per un anno intero le avevo detto che esagerava, di aprire gli occhi. ma ilaria partiva alle 3 di notte da casa sua solo per andarla a prendere da lavoro e portarla a casa. distanza lavoro - casa nostra: 1 minuto e mezzo. distanza casa di ilaria - lavoro: 20 minuti. fatti a piedi. che poi si rifaceva al ritorno. solo per quel minuto e mezzo. ilaria mi ha fatto leggere i messaggi, ho scoperto che lei non sapeva nulla del fatto che io sarei rimasta senza casa. che melissa le aveva mentito e l’aveva manipolata. abbiamo parlato tutta la notte, abbiamo collegato altri punti. abbiamo realizzato altre bugie. e questo ci riporta a oggi. dopo la quarantena, io e ilaria ci siamo viste per un caffè. e abbiamo postato una foto. non lo nego, volevo stuzzicare. dopo un anno di frecciatine immotivate, volevo toccarla. perchè so ancora i punti in cui colpire melissa, e ho fatto centro. ilaria non voleva, aveva paura. dopo 5 minuti, la mamma di melissa risponde alla storia condivisa da ilaria: “evviva la sincerità!” quanto avrei voluto risponderle. dirle che la verità l’avrebbe spaventata. che non era pronta alla verità. che gliel’avrei raccontata di persona, con sua figlia davanti però. ilaria in preda al panico - questo è l’effetto che fa melissa sulle persone - mi ha chiesto una risposta che non creasse casini. abbiamo risposto “appunto” nonostante il mio di disappunto. ilaria non ha voluto leggere la risposta. dopo due minuti, entrambe bloccate su ogni social da melissa. come quando hai 13 anni. non so dove volevo arrivare, forse dopo un anno di convivenza e quasi un anno post-convivenza, era arrivato il momento di metterlo per iscritto. di liberarmi definitivamente di tutto ciò. nonostante i bei ricordi ci siano. non legati a lei, ma a esperienze che forse senza lei non avrei vissuto. nonostante io abbia perso tutti i miei amici perchè suoi colleghi di lavoro a cui a detta di ilaria ha raccontato di tutto. che io ero invidiosa di lei. che io volevo essere come lei - lei, che mi copiava in tutto. ho perso loro, ho perso jin. che a differenza di quel che melissa credeva era solo un carissimo amico a cui tenevo tanto. con cui mi sentivo a mio agio. è sempre così, inizio le cose ma non so dove finire. volevo buttare giù un semplice pensiero ma eccomi con quello che potrebbe essere l’intro di un libro. ironia, in sottofondo è partita la marcia funebre di chopin. qualcosa vorrà pur dire.
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corpusdargento · 4 years
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Oramai sto seriamente comprendendo perché faccio in media tra le 3 e le 6 di mattina per addormentarmi e lo sto odiando.
Aver visto tutti quei video e foto nelle mie memorie esterne per fare ordine non è stato solo rivelatorio per certe Epifanie d'identità sulla mia vita e su me stesso, ma è stato come firmare in mia incoscienza una condanna a questi pensieri notturni.
Capisco perché mi sono distanziato dalla socialità artificiale e perché non ne ho mai fatto mai parte troppo perché in questi giorni che escludo un sito e sprofondo in un altro il format di comunicazione mi ingabbia in modi di pensare che mi uccidono.
Sono le 1 proviamo anche stasera a dormire e a svegliarci in un modo migliore... e invece dopo 1 o 2 ore mi alzo in preda a fantasie assurde. Scendo, mangio, mi fumo una sigaretta o due, bevo dal rubinetto e prendo un pò di xanax che prima di questa quarantena se Dio vuole non faceva più parte della mia vita.
Mi immagino nel futuro e mi sento vanesio e forte. Ma poi mi accorgo che devo fare i conti ancora su uomini che disprezzo e donne che non riesco a perdonare e non ho la forza di volerle male e metterle nel cassetto, perché me lo sono ripetuto troppe volte durante questa trasfigurazione in gabbia... sono cambiato, sono uomo, ho bisogno di diventare uomo e non posso essere come forse sarei, come sempre...Troppo buono.
Forse la settimana scorsa(?) Sono scoppiato come una pentola a pressione e ho fatto una scenata. Cercavo la rissa con mio padre e ho distrutto tante cose sia con le mani che sbattendole per terra perché volevo fare a botte con un uomo che non ho mai sentito e che mi ha regalato senza saperlo una delle mie più silenziose e peggiori sofferenze, una totale assenza di figura maschile durante il mio sviluppo fino ad adesso, rimpianzandola con un babbo buono come il pane e dedito all'economia e al suo conseguente sostegno della famiglia, ma totalmente sottomesso e remissivo alla moglie, con un ansia di controllo verso la casa e un incapacità incalzante con gli anni nell'essere autoritario. Se qualcuno leggesse non saprei spiegarli, ma per un maschio che non ha nessun altra figura maschile vedere L unica figura di uomo che ha nella sua vita ogni volta che litiga con la moglie lei alza voce e gli dice ogni cazzo di volta "stai zitto" lui abbassa la testa e chiede SEMPRE "scusa". In me negli anni si è accumulato una sofferenza indecifrabile e una rabbia irrazionale verso di lui che si è tramutata negli anni da quando è andato a lavorare lontano da casa come una completa incapacità nel ricevere affetto da lui.
Finita la scenata e il casino, espongo il problema oramai che mi si era reso palese e lui scoppia a piangere strozzato in bagno. Ne consegue forse condizionato da una serie televisiva distopica non so... un enorme forza ma aggressività stabile che mi si manifesta nel petto. È tutto chiaro. Sono stato cresciuto da donne nella mia vita e mia sorella ha preso il ruolo di mio padre insegnandomi a relazionarmi con le ragazze, a radermi la barba e a spiegarmi come stava funzionando il mio sviluppo.
Ho chiuso i rapporti con mia sorella da un pezzo e lei ora sta provando a scrivermi pietosi messaggini che ancora io non so come rispondere perché le sue violenze e suprusi sono stati all'ordine del giorno e svilenti fino al midollo.
Mi sento lupo solitario e mi alleno in maniera bestiale aspettando il giorno che potrò rifare uno sport violento, mi taglio i capelli sempre più corti, desidero imparare a saper usare una beretta e so che non mi guardo più allo specchio come prima; ho una faccia cattiva e disprezzante e forse aspetto solo che qualcuno mi rompa i coglioni per gonfiarlo. Ma sono stato sempre buono e aperto di anima pronto a vedere il meglio nel prossimo e ad amare anche sconosciuti. Ma ora vorrei solo riempire di offese e disprezzi chiunque tenti di interferire con me senza il mio desiderio.
Ma solo il mondo nuovo darà il verdetto su tutto questo.
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heresiae · 5 years
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PIZZERIA AL TAGLIO CHE OVVIAMENTE FA ANCHE PIZZE TONDE DA ASPORTO. È SUCCESSO POCO FA.
“SALVE, OGGI FARE IL BLACK FRIDAY, VERO?”. “NO, MI DISPIACE”. “MA COME NO, OGGI È IL BLACK FRIDAY, QUINDI DOVETE FARLO”. “NON È UN OBBLIGO SIGNORA. IN UNA PIZZERIA C’È IL COSTO DELLE MATERIE PRIME, A NOI NON FANNO IL BLACK FRIDAY PER ACQUISTARLE, QUINDI FACENDO SCONTI NON CI SAREBBE GUADAGNO”. MA IO VOGLIO UNA MARGHERITA DA MANGIARE STASERA, MA LA VOGLIO CON IL BLACK FRIDAY. MICA C’È SEMPRE DA GUADAGNARE!”. “GUARDI, NON SO CHE DIRLE. IL NEGOZIO È MIO, QUANDO LE BOLLETTE E LE MATERIE PRIME MI VERRANNO FORNITE CON IL BLACK FRIDAY, ALLORA LO APPLICHERÒ ANCHE IO. IO OGNI CASO UNA MARGHERITA COSTA 4,50€”. “NO, IO LA VOGLIO CON IL BLACK FRIDAY. ANDRÒ ALTROVE!”
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solotucurime · 6 years
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Let me mend your broken heart.
PARTE CINQUE
Due settimane. Quattordici giorni e nessun miglioramento. Almeno questo era quello che gli avevano comunicato le infermiere del piano perchè lui proprio non se la sentiva di andare a controllare, non dopo l’ultima volta.
Lo avevano portato in terapia intensiva dopo l’operazione e Fabrizio aveva passato la notte alternandosi tra i suoi pazienti e la stanza di Ermal.
Vederlo lì, pallido, con le ferite sul viso e ancora incosciente lo faceva stare male. Sperava con tutto il cuore che si riprendesse al più presto.
E effettivamente così fu: due giorni dopo  Ermal si riprese. E fabrizio sapeva bene come funzionavano i traumi, lo sapeva bene, aveva passato anni a studiarli, eppure quando entrò in stanza non potè fare a meno di preoccuparsi.
Ermal stava guardando fuori dalla finestra cercando di tenere gli occhi aperti il più a lungo possibile; quando lo sentì entrare si voltò verso di lui “Buonasera dottore, come sto?” e Fabrizio per un momento sperò davvero che Ermal fosse tornato il solito Ermal e lo stesse prendendo in giro ma, quando lo guardò negli occhi, si accorse che non erano gli stessi occhi marroni in cui era caduto spesso negli ultimi mesi, erano spenti e distratti.
Ermal infatti tornò subito a voltarsi verso la finestra e dopo vari minuti di silenzio durante i quali il più grande era rimasto immobile nella stanza, l’altro tornò a voltarsi verso di lui “Mi scusi ma stamattina non era un’altro dottore che era venuto a visitarmi?”.
Perchè si Ermal era sveglio da qualche ora ma Fabrizio essendo di turno non era riuscito a liberarsi nemmeno un secondo per andare a vedere come stesse. A quelle parole la realtà lo colpì in pieno viso, quello che sospettava fosse successo appena aveva sentito le prime parole del collega, ora sapeva essere la verità: Ermal non si ricordava di lui.
Si sentì mancare e fu costretto a scappare dalla stanza. Arrivato in corridoio si mise a correre su per le scale con il respiro affannoso e la vista sempre più sfocata. Si diresse verso il terrazzo rendendosi conto solo a metà tragitto che non sarebbe stata una buona idea, proprio per niente.
Mentre la mente continuava a ripetere le parole di Ermal e i suoi piedi si muovevano da soli alla ricerca di un posto all’aperto, due mani lo afferrarono e lo trascinarono verso il balcone del piano in cui si trovava. Elisa, il chirurgo neonatale con cui aveva lavorato spesso, era lì e lo stava aiutando. Cercò di concentrarsi su di lei che lo invitava a respirare più lentamente: “Fuori dalla bocca e dentro dal naso Fabbrì, con calma, segui i miei respiri.”
Dopo una decina di minuti riuscì a calmarsi e raccontò tutto a Elisa che lo rassicurò ricordandogli che erano normali delle amnesie temporanee dopo i traumi e che Ermal si sarebbe presto ripreso
“Grazie Elì, davvero” la ringraziò Fabrizio; avevano sempre avuto un bel rapporto loro due e ancora una volta Elisa si era rivelata una persona su cui poteva contare.
Dopo quell’avvenimento si era promesso che sarebbe tornato da Ermal solo quando questo si fosse ripreso completamente. Era egoista, lo sapeva, ma non poteva farsi del male inutilmente e la paura che l’altro non si ricordasse più di lui non lo faceva ragionare lucidamente;
Per questo dopo qualche giorno di permesso, era tornato a lavorare cercando di levarsi dalla mente il suo collega.
Solo a fine turno, ogni giorno, si concedeva di chiedere le condizioni del riccio alle infermiere in terapia intensiva
Nessun miglioramento se non la ripresa quasi totale dal coma: Ermal continuava a ricordare ben poco.
(…)
Era sera e stava uscendo dall’ospedale quando il telefono gli squillò in tasca.
Lo schermo riportava “Ermal?” e il panico iniziò a farsi strada nel suo corpo: chi e perché stava chiamando con il telefono del collega e soprattutto era successo qualcosa di grave?
Una voce flebile lo chiamò dall’altro capo, non ci poteva credere: “Ricciolè stai bene?”
“Ti ho svegliato? Ti disturbo? Scusa è che non sapevo chi chiamare”
“Non mi disturbi affatto ho appena finito il turno e stavo uscendo, passo da te va bene?” chiese mentre già stava facendo le scale di corsa.
Quando arrivò davanti alla stanza di Ermal il suo cuore batteva a mille un po’ per la corsa  e un po’ per la chiamata inaspettata di Ermal.
“Scusa se ti ho chiamato, è che non ho nessuno qui e oggi ho parlato con mia madre ma le ho detto di non salire e non so a chi chiedere”
“Respira ricciolè mi fa piacere essere d’aiuto. Come stai? Che ti serve?” Lo vedeva stanco, spossato e ancora confuso e disorientato ma almeno lo riconosceva e questo lo faceva stare un po’ più tranquillo. Avrebbe voluto scusarsi per non essere passato e per aver aspettato che fosse stato l’altro a chiamarlo ma non sapeva da quanto si ricordava e cosa si ricordava quindi preferì evitare e fare finta che fosse tutto normale”
“Mi hanno detto che dovrò stare qui ancora un bel po’ e inizio a puzzare e avrei davvero bisogno di vestiti da mettere, anche solo pigiami e poi mi annoio qui e mi manca la musica, cioè quando non lavoro nel tempo libero suono o leggo ma qui ci sono solo queste riviste gossippare che mi annoiano”
“Ok posso portarte qualche libro ma nun dovresti suonare, il tuo braccio non deve essere sforzato”
“Ti prego non lo uso e mi invento qualcosa ti giuro” Lo implorò il più piccolo chiaramente frustrato da quella situazione. Effettivamente non riusciva a immaginare come si potesse resistere così tanto tempo inchiodato nello stesso letto. Lui era sempre stato dall’altra parte e mai aveva sperimentato il ruolo di paziente.
“Hai da fare stasera?” domandò il riccio con una nota di speranza nella voce
“No e domani ho il turno la sera, se vuoi posso restare qui stanotte a tenerti compagnia o semplicemente lasciarti dormire”
“Insomma non vorrei costringerti però mi farebbe piacere si” sorrise stanco.
“Ok ma io c’ho fame e penso che ordinerò qualcosa. Tu devi promettermi che non soffrirai troppo alla vista de cibbo vero e non sta robaccia che ti obbligano a mangiare qua”. L’altro fece una smorfia prima di mettersi a ridere e a Fabrizio era mancata quella risata, eccome se gli era mancata. Prese la poltrona a disposizione e si avvicinò a lui. Iniziarono a raccontarsi aneddoti della loro vita che ancora non conoscevano, spesso era il più grande a parlare perchè l’altro si stancava a fare discorsi troppo lunghi però vedeva i suoi occhi più luminosi di quando era entrato nella stanza e questo lo faceva stare bene.
All’ennesimo racconto sui suoi esami falliti, Fabrizio alzò la testa e vide Ermal profondamente addormentato con la testa storta e i ricci che gli coprivano in parte il volto. Si avvicinò per sistemare meglio il cuscino sotto la sua testa e rimboccargli le coperte; era quasi l’alba e decise di tornare a casa non prima di aver scritto su un fazzoletto trovato sul comodino che sarebbe tornato l’indomani con quello che aveva chiesto. Si era reso conto che Ermal non gli aveva detto dove abitasse ma non se la sentiva di svegliarlo per chiederlo né tantomeno tornare il mattino a mani vuote, gli avrebbe prestato qualcosa di suo.
Tornò il mattino dopo davvero, sul tardi però perchè si era perso nella libreria dove era andato per comprare i libri per Ermal. Già considerava le librerie una sorta di Casinò Lotus, dove entri e perdi la cognizione del tempo, quando poi dovevi comprare dei libri per una persona che conosci da poco e di cui ignori totalmente i gusti sai che bell’impresa!
Alla fine aveva optato per un libro per genere più o meno: un giallo, un thriller, un classico e persino una commedia romantica. Non voleva risultare impreparato insomma.
A quella che quasi possiamo chiamare biblioteca aggiunge una sua tuta, un suo pigiama e alcune magliette delle sue band preferite. E infine la tanto richiesta chitarra, chitarra che ovviamente era sua e con la quale condivideva uno stretto rapporto: insomma lasciarla in ospedale non sarebbe stato facile. Si fidava del riccio ovviamente ma le sarebbe mancata la sua compagnia in casa.
Non gliela portò in camera, ci mandò Niccolò. Era troppo in ritardo per potersi permettere due minuti in compagnia del riccio, si augurò soltanto che Ermal non si offendesse.
(…)
Fabrizio era abbastanza incazzato. Esatto incazzato e se vi chiedete il perché, è solamente una nottata da far concludere alla svelta. La notte in pronto soccorso o non passava mai, o passava troppo veloce. Quella volta sembrava che le lancette dell’orologio non volessero girare più, eppure ne aveva avute di cose da fare, eppure aveva assistito un paio di pazienti abbastanza gravi. Nulla da fare, il tempo non passava.
Solo quando smontò dal turno tirò un lungo e rilassato sospiro di sollievo. Come al solito, prima di rincasare, passò per il suo reparto salutando gli infermieri di turno. Solo che sentiva che mancava qualcosa, qualcosa che necessariamente andava fatto. Non si tolse nemmeno il camice e, con le gambe che andavano da sole e il cuore a mille, percorse il corridoio del reparto di traumatologia, il cuore stretto in una morsa sempre più leggera.
“Martina, deve medicare qui?” chiese all’infermiera con un gran sorriso sul volto, l’altra fece sì con il capo. “Lascia, faccio io.” spuntò Fabrizio congedandola.
Bussò piano sullo stipite, “E’ permesso?” sussurrò lanciando un’occhiata nella stanza invasa dalla luce dorata del mattino. “Fabrizio, entra!” salutò una voce arrochita dal sonno e dalla stanchezza. Ermal si tirò piano a sedere incurvando le labbra in una smorfia di dolore.
“Lascia stare, stai buono dove sei.” gli si fece vicino, “Come stai Ermal?”
“Molto meglio, grazie.” rilassandosi in un sorriso stanco. Si ritrovò gli occhi nocciola del riccio puntati nei suoi, belli, bellissimi.
“Dai fammi vedere un po’ la cicatrice.” borbottò Fabrizio scacciando quel pensiero dalla testa. Ermal alzò la maglia mostrando un cerotto sul basso addome, le dita leggere del moro lo rimossero mostrando il taglio netto dell’intervento sulla pelle diafana. “Hai una bella cicatrizzazione.” gli fece notare.
Ermal rise e: “Lo prendo come un complimento.”, Fabrizio delicato deterse la pelle arrossata e leggermente tesa dai punti di sutura, il riccio fremette leggero sotto le premure del medico. Non tanto perché il disinfettante un po’ bruciasse, a quello non fece caso, ma era la vicinanza a Fabrizio, era quel dopobarba mischiato ai detergenti di pulizia delle sale. Era il nasino all’insù, le gote sporcate da lentiggini leggere e quegli occhi attenti, stanchi ma comunque brillanti.
Con la stessa cura e precisione controllò la ferita sulla tempia, “Hai fatto un bel volo.” constatò spostando i ricci che ricadevano morbidi sulla fronte. “Umh, non male. Ne ho fatti di peggiori.” sussurrò Ermal attento a non muoversi.
“Come sta il polso?” e il riccio se lo osservò come se fosse diventato la parte più interessante del proprio corpo. “Non fa più male.” sbuffò tamburellando le dita sul gesso, Fabrizio lo guardò scettico e: “Una frattura scomposta al radio non fa più male?” e Ermal si limitò a sbuffare in modo così teatrale e drammatico che diede fastidio pure a se stesso.  
“Che cosa hai intenzione di fare?” pronunciò Ermal alla vista di una siringa, Fabrizio rise di gusto “Sei un medico chirurgo e hai paura degli aghi?”. “Non esattamente.” si affrettò a precisare il più giovane, “Gli aghi mi danno fastidio solo se vengono a contatto con la mia pelle, non mi fa nulla inserire cannule nelle braccia dei miei pazienti!”    
“Hai presente che le mie infermiere distraggono i bimbi quando devono fare un’iniezione e ora lo devo fare io con un trentasettenne?!” e a Fabrizio faceva ridere tutto ciò. Ermal sbuffò un basta che fai in fretta con quel tono urgente e piccato.
Fabrizio ci pensò un po’ mentre picchiettava l’indice della mano destra sulla camicia della siringa, fece uscire l’aria spingendo leggermente lo stantuffo. Ci pensò, voleva farlo ma sentiva la preoccupazione di venire respinto viva nel petto, la paura di allontanarlo da sé.
Fabrizio si vive una volta sola, si avvicinò al riccio e, poco prima che potesse fargli l’iniezione, posò le sue labbra su quelle di Ermal. Leggero gli lasciò un bacio mentre premette lo stantuffo nella siringa, si scostò solo quando ritirò l’ago dall’addome dell’altro.
Ermal lo guardò con quegli occhioni da cerbiatto, grandi, scuri e forse un po’ stralunati dal gesto appena ricevuto. Si limitò a sorridere un po’ imbarazzato e Fabrizio ricambiò sperando che le sue gote non avessero assunto il colore della porpora, sembrava in preda ad una colossale cotta adolescenziale.
“Buona giornata Ermal.” salutò recuperando le sue cose. L’altro alzò la mano con un leggero sorriso sincero a curvargli le labbra, “Anche a te Fabrizio.”
Tornò da lui due giorni dopo, verso sera, quando ormai i parenti avevano lasciato le camere dei pazienti e al loro posto le infermiere somministravano medicinali e cure.
“Dimme un po’, la sai suonare davvero la chitarra?” tossicchiò Fabrizio sulla porta della camera. Ermal si illuminò per poi stirare le labbra in un ghigno di sfida: “Il gesso me lo impedisce!”
Il moro sorrise di rimando sistemandosi sulla poltrona, si accomodò meglio e prese il suo amato strumento pizzicando dolcemente le corde. “Suonala un po’ te.” soffiò Ermal poggiando la testa sul cuscino.
“Nun mangi?” si allarmò l’altro guardando ancora il vassoio della cena intatto. Il riccio fece no con la testa: “Ho la nausea.”
“Aspetta che chiamo l’infermiera, te faccio mettere la flebo.” si raddrizzò Fabrizio ma venne bloccato dalla voce flebile dell’altro: “Se suoni un po’, mi passa.” e rise piegando le labbra in una smorfia di dolore. Prese un respiro e si accomodò di nuovo sulla poltrona, tornò ad accarezzare le corde. “Che te suono?”
“Quello che vuoi!” me complichi la vita così!!
“Sai che te dico, te faccio un inedito!” e ridacchiò, “L’ho scritto anni fa quindi nun me criticà!”
“Non potrei mai Fabrizio! Anzi, sono molto onorato!” sorrise Ermal sistemandosi un riccio che gli cadeva davanti agli occhi. Il più grande lo prese come una conferma, piano cominciò a pizzicare le corde riproducendo quella vecchia melodia. Cantava, piano, sussurrando le parole, con quella sua voce roca e bassa, cantava di qualcosa di eterno e Ermal non potè che abbandonarsi a quelle parole.
Aspetta qui per un minuto e stringi le mie mani fino all’infinito e a Ermal parve per un attimo di rivedere casa sua, sua madre e i suoi fratelli, il suo mare e la sua vita.
Che se ti guardo io non ci credo che da domani sarà tutto cambiato e si era trasferito a Roma, con il suo sogno più grande in un bagaglio a mano e le chiavi del nuovo appartamento in tasca. Dietro di lui chilometri e chilometri, una lunga strada che lo separava dai suoi affetti più stretti ed importanti.
E non ci vedremo più, perché in fondo l’eternità per me sei tu e poi c’era la nuova equipe, la piccola Giulia, le corse in pronto soccorso. Non lo vorrebbe ammettere, ma in quel percorso ci vorrebbe pure mettere Fabrizio. Si addormentò senza che la nausea gli attanagliasse la gola.
Se invece chiedessimo a Fabrizio che cosa stesse pensando mentre canticchiava quella canzone, beh, il suo viaggio. Quel viaggio che lo portò lontano da casa per molto tempo, quel viaggio inciso sulla sua pelle e nella sua memoria a fuoco come quello che vide tra le corsie di quei piccoli ospedali in cui prestava servizio. Se glielo chiedete, lui nega, nega sempre tutto e tenta di cambiare discorso, quel viaggio se lo porta nel cuore come una delle più grandi lezioni di vita mai apprese.
(…)
Arrivò dicembre, il suo freddo pungente e con esso la neve che bianca scendeva copiosa dal cielo lattiginoso. Si avvolse la sciarpa al collo e ci affondò il naso tentando di riscaldarsi un po’, si maledì perché la sera prima aveva deciso di indossare delle pratiche scarpe da ginnastica e ora aveva freddo ai piedi.
Salì in macchina, poggiò il pacchetto delle paste su sedile del passeggero e sbuffando, si immise nel traffico mattutino della capitale. I Boston cantavano More than a feeling e forse sì, era più di una sensazione e se la sentiva nel cuore che batteva e gli faceva tremare piano le mani che reggevano il volante.
E quella sensazione aumentò solo dopo aver posteggiato la macchina ed essersi fermato davanti al citofono di un vecchio palazzo. Sospirò, me prenderà pe’ pazzo.
Eh, mo che faccio?
Si guardò intorno sperando che nessuno lo vedesse tendere l’indice sul tasto argentato a fianco ad un cartellino bianco, un po’ tremante, un po’ titubante. Lo pigiò e aspettò, contò un minuto preciso, sessanta fottuti secondi. “Vabbè nun ce sta.” sbuffò facendo un passo indietro quando…
“Chi è?” chiese una voce metallica, Fabrizio quasi si strozzò con la sua stessa saliva. “Ehm-Ermal so io, Fabrizio.” tossicchiò. “Oh. E come sai che abito qui?” e il moro alzò gli occhi al cielo sbuffando. “Se me fai entrà te spiego.” e udì solo una leggera risata e lo scatto del portone di legno che si apriva, lo scostò e si infilò nell’androne delle scale.
“Oddio, nun m’ha detto il piano.” e avrebbe voluto tirare una testata al muro, non si perse d’animo e mise un piede sul primo scalino. Quel bastardo lo attendeva sull’uscio di casa, ancora in pigiama e con un sorrisetto sornione a curvargli le labbra, “Oh me potevi dì che stavi al quinto piano.” soffiò Fabrizio portandosi una mano al petto. “Io ti dico sempre che fa male fumare.” e scoccò uno sguardo al secondo ridacchiando tra sé, “Dai, entra.”
“Che ci fai qui?” gli chiese chiudendo la porta blindata. L’altro si stropicciò un occhio poi allungò il pacchetto di paste esordendo con un: “T’ho portato la colazione.”
“Non dovevi disturbarti.” disse il riccio sbirciando il contenuto del pacchetto. “No è che volevo sapè come stavi.” aggiunse levandosi quell’orribile cappello di lana che aveva calcato in testa.
“Sto bene Fabbrì.” e trascinò quelle b fino allo sfinimento, “Dai ti faccio un caffè, accomodati.” e quel poveretto di Fabrizio si stava torturando le mani dall’ansia, sbottonò piano la giacca e si levò la sciarpa dal collo. Sentiva quella sensazione strana alla bocca dello stomaco, gli annodava il cuore e gli faceva tremare le gambe.
Ma sono o no ‘n’omo de quarant’anni? Daje Fabrizio, daje. Chiedigli se vuole uscire!
“Ermal?” domandò ma la voce gli si fece flebile, poco udibile. Il riccio mugugnò dalla cucina facendogli capire che poteva parlare. Le parole gli morirono in gola, tossicchiò sperando si riacciuffare il coraggio e la sua integrità per i capelli, “Bizio, mi hai chiamato?” domandò Ermal facendo spuntare la testa riccioluta dalla porta della cucina.
Bizio? Bizio?
Ora del decesso: otto e ventidue minuti.
“Oh, sì te stavo a chiamà.” sorrise stirando le labbra, sperò solo di non aver sfoggiato la sua classica faccia imbarazzata. “Dimmi, dimmi tutto.”
Ma che devo diree?
“Aspetta che te do ‘na mano.” e si alzò da tavola dandosi dello stupido. “Tranquillo, non ne ho bisogno.” ridacchiò l’altro cercando di avvitare con una mano la caffettiera. Gliela levò gentilmente dalle mani chiudendola con cura, “E te ce l’avresti fatta con il tutore?” sghignazzò Fabrizio portandosi una mano alla nuca imbarazzato.
“Uhm, forse no. Ti avrei chiamato.” rispose Ermal pigliando delle tazzine da un armadietto. “Accomodati, lascia fare a me.” e Fabrizio lo pregò con lo sguardo quasi per dirgli te prego, sto a fà ‘na fatica immonda e forse Ermal l’aveva intuito, si andò a sedere in sala da pranzo portando con sé la zuccheriera.
Il forte profumo del caffè richiamò l’attenzione di Fabrizio, spense il gas e versò il liquido scuro in tazzine prese con i punti del supermercato. Appuntati, regalagli un servizio Nespresso per Natale.
Reggeva il vassoio con due tazze di caffè fumante, raggiunse il riccio e si accomodò poggiando successivamente le mani sul tavolo di legno ruvido, tastò le rigature che quasi parevano vene, quelle sporgenti delle braccia bianche di Ermal.
“Spero sia buono sto caffè.” sospirò divertito Ermal. “Guarda che so mettere una moka sul fornello.” si sbrigò a sputare Fabrizio porgendogli una tazzina e il sacchetto delle paste. “Non ci hai messo cose strane, vero?” e il moro lo interrogò con lo sguardo. “Chessò, uff. Rosmarino, vino, cioccolata, tabasco?”
“Che è? Il caffè della Peppina? Bevi e sta zitto.” sbuffò facendo roteare il cucchiaino nella tazza. Ermal incurvò le labbra in un sorrisetto sornione e prese un sorso, si limitò a inumidirsi le labbra rosse con la lingua posando la tazzina sul piattino abbinato. Fabrizio si trattenne deglutendo.
“Insomma Ermal, te dovevo dì ‘na cosa.” tossicchiò riprendendosi. L’altro piegò la testa verso sinistra e: “Prego, ti ascolto.” ridacchiò.
Che dico? Vieni a cena con me? Forse troppo diretto. Provo con “Ti andrebbe di uscire con me? Nulle de serio, eh!”
“Si, mo’ te spiego.” prese tempo, l’altro sbuffò facendo il finto irritato. “Bizio, esci a cena con me?” disse l’altro dopo una manciata di secondi passati a far roteare il cucchiaio nella tazza ormai quasi vuota, quasi Fabrizio non soffocava. Sbarrò gli occhi, cercò l’aria che i polmoni non volevano fornirgli e: “Te lo volevo chiedere io.” confessò.
“Se avessi aspettato te saremmo ancora ai convenevoli.” tossicchiò l’altro prendendo l’ultimo sorso di caffè. “Allora, ci vieni o no?” domandò di nuovo addentando un cornetto.
“Certo, certo che ce vengo.” rispose un po’ piccato perchè daje Fabbrì ma che te prende?
“Venerdì alle otto?”
“Eh, cosa?”
“Va bene venerdì alle otto?” ridacchiò Ermal nel vederlo in difficoltà. L’altro annuì, so’ proprio un disgraziato.
Eccoci tornate dopo un periodo di silenzio, come al solito grazie per essere giunti fino a qua!
Vi abbracciamo e alla prossima parte❤
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kon-igi · 6 years
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LONG WAY HOME - Capitolo quattro - Solo come un cane
Capitolo Uno - Il cavaliere Impallidito Finding Doc - Vol.1 (crossover) Capitolo Due -  Per un pugno di mosche Finding Doc - Vol.2 (crossover) Capitolo Tre - Coraggio... fatti appendere!
Io e Becky stavamo cavalcando da più di mezza giornata, anche se sarebbe stato più preciso dire che il mio Re Nero zoppicava a 3/4 di trotto e Fresno Bob scalpitava sotto le chiappe di Bechdelia, nitrendo a mezzo labbro qualche improperio in cavallese in fatto di minoranze etniche ed equidi diversamente abili.
Sai, Doc -- fa la mia compagna di cavalcate, mentre srotola un foglio -- questo l’ho staccato da un cactus mentre eri intento a spremere qualche goccia sofferta dalla tua prostata infiammata.
Cara la mia social justice warrior lanciata a bomba contro il patriarcato -- le rispondo stizzito, mentre tiro le redini e mi volto verso di lei -- sappi che la prostata è una ghiandola muscolo-fibrosa impari e mediana a struttura piramidale e in quanto tale ha esclusiva funzione secretoria e non di immagazzinamento di prodotti catabolitici renali, quindi immagino tu stessi parlando della vesc… E QUELLO COSA DIAMINE È?!
Impiego qualche secondo a realizzare che la faccia maldestramente stilizzata su quel manifesto di carta da due soldi è proprio la mia ma non riesco a credere alle scritte che accompagnano il ritratto
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Bechdelia scoppia a ridere di fronte al mio esterrefatto sbigottimento e aggiunge divertita -- Ti avevo detto che se la sarebbero legata al dito e comunque sono indecisa se la mancata indicazione di ricompensa sia dovuta al fatto che sei ancora sotto valutazione oppure che sei troppo insulso… voglio dire, non porti nemmeno le pistole!
-- Non saprei che farmene di quelle e poi spiegami come hanno fatto ad aver già appiccicato i miei manifesti visto che sono passate solo quattro ore dal tentativo di impiccagione?!
-- Oh… ma questo si riferisce all’uccisione a sangue freddo di quattro uomini innocenti nel bar a Puntrémal. Ricordi?
-- Innocenti direi proprio di no e poi tecnicamente si sono ammazzati tra di loro, io mi sono semplicemente limitato a cercare di non stare dove passavano i loro proiettili. Cosa stai facendo con quel piccione?
-- Niente… una nota di aggiornamento per i miei ex-colleghi. Ecco… vola!
Cosa c’era scritto nel messaggio? -- gli chiedo sospettoso, osservando il piccione viaggiatore che scompare a est.
Nulla di importante. I nomi delle 57 persone che hai ucciso per non farti impiccare. Immaginavo saresti rimasto deluso per la mancanza di una taglia sulla tua testa e ho voluto fare qualcosa per tirarti su il morale. Scommetto un giro di tequila che ad andare a stasera le tue chiappe flaccide varranno perlomeno 5000 dollari l’una -- e facendo la faccia languida mi schiocca un volante bacio di giuda con labbra a cui avrei volentieri fatto un lifting con una locomotiva in corsa.
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Passiamo il resto della giornata a cavalcare in silenzio o perlomeno, io cerco di starmene zitto a contemplare lo scarno paesaggio, mentre la megera rossochiomata fa tintinnare il suo portamonete mezzo vuoto e improvvisa stupide canzoncine su pistoleri in disgrazia e taglie incassate, quando ci rendiamo conto che il sole sta per calare e non vediamo a colpo d’occhio nessuna cittadina dove poter controllare chi deve offrire a chi il succitato giro di tequila. Decidiamo quindi di accamparci al riparo di una sorta di terrazza naturale che il vento e la sabbia hanno scavato nell'arenaria rossa e dopo aver legato i cavalli a un albero circondato da numerosi ciuffi di salsola, cominciamo a raccogliere la legna per il fuoco.
Se non fossimo dovuti stare al passo di quel pony zoppo -- si lamenta Becky, sotto il peso di una fascina di yucca rinsecchita -- a quest’ora starei già bevendo la mia vincita all’Old Boot Saloon di Tombstone!
Oppure, sempre rimanendo in tema di lapidi -- faccio io con tono sarcastico -- il becchino si starebbe lamentando che prima dovevano chiederti il nome da inciderci sopra e solo dopo spararti, visto che adesso stai viaggiando col più pericoloso criminale del west!
Bechdelia vorrebbe controbattere ma io riesco ad avere l’ultima parola grazie a una provvidenziale perdita d’equilibrio e al successivo rotolamento rovinoso lungo venti metri di ripida scarpata. Naturalmente mi fingo svenuto per la successiva mezz’ora. Non appena Becky ha finito di preparare il fuoco e di cucinare quelli che il mio naso riconoscono come fagioli, mi scastro dalla posizione vitruviana e mi approccio al rancio.
Avrei preferito che tu m’avessi preparato un sandwich, donna! -- le dico, sentendomi come il protagonista de L’Etrangér di Camus il quale, nonostante conosca quale sarà il suo destino, vi si dirige incontro senza opporre resistenza e senza lottare. Segue un’ora di feroce monologo espositivo del Manifesto Femminista che attutisco con frenetico lavoro di molari sui fagioli mezzi cotti e penso che per oggi questa piccola vendetta vera mi ha mandato soddisfacemente a pari con la storia del piccione delatore.
Il primo turno di guardia tocca ancora una volta a me, anche se temo che Becky mi freghi sempre facendo leva sulla mia scarsa memoria delle regole -- perde chi ha la paglietta più lunga o più corta? -- e non appena ho augurato la buonanotte alla Clitennestra nostrana, appoggio la schiena a un albero ed estraggo il tabacco dalla mia borsa di Pochacco per riempirci la pipa.
Bechdelia sta russando come una vecchia segheria infestata da un poltergeist e il vento appena alzatosi si incanala nel canyon soffiando come un figlio di Rohan che col suo corno chiama alla battaglia; sarà per questo -- o magari per le due o tre sorsate dalla mia fiaschetta da taschino -- che lentamente cedo al torpore e mi metto a fissare a palpebre semichiuse la porta di legno in mezzo alla radura.
Naturalmente lungi dalla mia mente annebbiata interrogarmi sul perché qualcuno abbia puntellato una porta di legno in mezzo alla radura -- perché sicuramente è puntellata, dal momento che sta in piedi da sola senza alcun muro che la circondi -- piuttosto mi chiedo chi è che ne sta scuotendo la maniglia. Oh… ma si è aperta da sola! E… neve? Da dove viene tutta quella neve? Siamo sui bordi del Mojave eppure attraverso la porta vedo dei pini appesantiti dai rami ghiacciati. Butto un’occhiata al braciere della pipa per controllare se esca il fumo giallo dell’Erba del Demonio e quando alzo lo sguardo la porta non c’è più. Sparita. O mai esistita, se non tra i fumi della mia mente stanca.
Guardo la falce di luna e mi rendo conto sono passate più ore di quanto credessi e che oramai è il turno di guardia di Becky, quindi faccio per mollare un non troppo delicato calcio al serape in cui si è avvolta, quando una voce mi blocca la gamba in una posa ridicola.
-- Aspetta a svegliarla, lei è molto più utile lì, da dove farà la sua parte tra… nove minuti circa.
Mi lascio cadere di scatto e mi appoggio sul ginocchio destro come se qualcuno mi avesse appena urlato ‘Cammei Vaticani!’ e contemporaneamente estraggo il Ka-bar dalla borsa, impugnandolo con presa ulnare --  lama parallela all’avambraccio -- come il mio maestro Duncan Idaho mi aveva insegnato decenni prima.
Bene -- continua la voce -- vedo che conosci la Mentalità del Coltello. Vediamo se ricordo: tutti sanno uccidere con la punta ma solo i più nobili uccidono di taglio. Ho detto giusto?
Vorrei rispondere affermativamente ma la voce del mio interlocutore arriva dal fuoco e allora con la mano sinistra comincio a tracciare un Sigillo Primigenio di Contenimento Demoniaco e poi sussurro l’invocazione
VINCULO RECUSOQUE, RESPICE PROLIS DIABOL…
Whoooa... whoooa… aspetta! Conserva il tuo mana per tempi peggiori! -- dice la voce dal fuoco -- Per chi mi hai preso? Sono una Chimera, mica un demone!
In effetti il bagliore del fuoco mi aveva tratto in inganno e non mi aveva permesso di vedere la creatura accucciata poco oltre.
-- Mi presento: mi chiamo Nerloki e prima che tu abbia da ridire qualcosa sulla pseudo-esoticità pretenziosa del mio nome, sappi che in quanto Chimera -- sai cos’è una chimera, vero, Gandalf dei poveri? -- ho dovuto fare un port-manteau dei nomi dei due famigli che si sono uniti nel Transito.
Questo assurdo dialogo sta avvenendo tra me, povero essere umano sull’orlo di una crisi di stanchezza isterica, e un cane nero con problemi di anoressia, accucciato come ogni canis lupus familiaris fa di fronte a un bel fuoco caldo ma con una logorrea saputa che mal si adatta al migliore amico dell’uomo.
Ma tu… -- balbetto io.
-- Sì, ho il dono della parola e un QI che supera di parecchie misure la somma tra il tuo e quello di Merida che dorme là beata ma ti giuro che l’ultima delle mie intenzioni è farti sentire inadeguato. D’altra parte è dal 12.000 a.C. che siete voi a fare la parte di quelli intelligenti... contenti voi. Comunque, il tempo stringe e il furetto ha percepito che gli eventi precipiteranno tra sei minuti circa, quindi…
Un attimo! -- lo interrompo, scuotendomi dal cerebrospaesamento -- Hai detto furetto? Quale furetto?! Percepito?! Cos’è, un furetto paragnosta?! Ora magari mi dirai che sta per saltare fuori la gallina che sa far di conto e Ned la foca che suona Per Elisa con le trombette?! Ma poi… DAVVERO STO PARLANDO CON UN BOTOLO PULCIOSO E MALNUTRITO?!
Certo che a leggerti mi avevi fatto un’impressione decisamente migliore -- mi risponde con sguardo e tono feriti -- Ok, forse è colpa mia che credevo tu avessi studiato sul Malleus Maleficarum ma ti faccio volentieri un riassunto prima che arrivino.
Dunque, io sono una Chimera Multiversale, cioè l’unione di due Famigli dovuta al loro passaggio contemporaneo attraverso una Porta. Credo sia superfluo dirti che i Famigli sono -- siamo! -- due animali magici legati spiritualmente a un Maestro. Il nostro Maestro ha attraversato la Porta in una notte nevosa, credo senza rendersene conto, e quello sciocco di Nero, il Cane che Abbatte la Quarta Parete, gli è corso dietro, seguito subito da Loki, il Furetto Pandimensionale, che temeva proprio quello che infatti è successo. Ed eccomi qua, Nerloki. Prevedo il futuro e abbatto la quarta parete. Al tuo servizio e tu al mio! Quindi tra tre minuti ti salvo il culo e tu in cambio mi aiuti a ritrovare il mio maestro.
-- Io… ma cosa vuol dire che abbatti la quarta parete?
Oh, è una cosa molto utile! Osserva… -- e improvvisamente il cane-furetto alza il muso al cielo e comincia a parlare a tutti voi che state leggendo -- Ragazzi… so che è lunedì e vi girano i coglioni per la pioggia/i colleghi di merda/la candida e/o le emorroidi infiammate e come se non bastasse non solo non c’è più porno in dash ma v’hanno pure flaggato la foto della nonna che faceva uncinetto, però lo sapete che il Doc Kon è una brava persona e davvero non voleva annoiarvi con tutte quelle canzoncine assurde cantate col banjo, quindi glielo dirò io di smettere di suonarle e vi libero così dall’impellente imbarazzo di far finta che vi piacciano mentre invece le scorrete senza nemmeno leggerle. Ora tornate a lavorare, su!
-- Ma… ma… con chi stavi parlando?! --
-- Con i tuoi 8.550 fedeli lettori, anche se sospetto che una buona metà siano pornbot che rebloggano la tua faccia barbuta in tumblr per appassionati del genere ‘bear’; comunque il tempo è scaduto e per fortuna io mi sono scaldato abbastanza al fuoco. Fai onore alla tua feroce intelligenza e… CAMMEI VATICANI!
In un attimo sono a terra e tra il boato dello Sharp calibro .52 per la caccia al bisonte e il guizzo di piombo che taglia lo spazio occupato dalla mia testa fino a un attimo prima passa meno del peto di un moscerino.
NON TI MUOVERE, DOTTORE DEL CAZZO E DELLA MERDA! E LASCIA CADERE A TERRA IL COLTELLO!
I miei occhi guizzano a destra e a sinistra come nella fase REM di uno schizofrenico paranoide e in un attimo ho delineato il quadro. E lascio cadere il coltello come poco gentilmente suggerito.
Quindici uomini. Cavalli con zoccoli fasciati. Sei armati di winchester, tre di fucili ad avancarica, quattro colt spianate da altrettanti brutti ceffi, più il tizio sulla collina con lo Sharp e infine il capo di questi, un messicano con un assurdo poncho rosa, un sombrero dello stesso colore e shotgun a canne mozze lucidato a specchio.
Me chiamo Cormano, pendejo -- mi urla il capo di questo piccolo esercito, facendosi avanti -- e te averto che questo spandipiombo ha el grilletto limato e io el dito che trema, quindi niente trucchetti magici!
Guardo di sottecchi Nerloki, sperando che un trucchetto magico lo faccia lui, ma lo pseudo-cagnastro preferisce leccarsi le palle e mandare un woof sottotono. Tanti bei discorsi ma quando si arriva a incrociare le lame sotto tiro rimangono solo i deficienti!
Dunque, Cormano -- faccio io, alzando le braccia -- perché te e i tuoi tredici uomini siete venuti a darmi la caccia? Ti ho forse offeso in qualche modo? Se in passato ho scambiato il tuo sombrero per un pisciatoio non farmene una colpa… ha lo stesso colore della teiera di mia zia Marla e io quella vecchia carampana l’ho sempre detestata.
Hijo de puta follada por un cerdo con flujo intestinal! Tappati la boca e mira aqui! -- dopodiché infila una mano sotto il poncho e tira fuori un manifesto stampato di fresco su cui leggo la solita tiritera sulla mia pregiata persona ma con l’aggiunta di una riga
REWARD 10,000$
Ah, merda! -- penso tra me e me e poi a voce alta -- Come hai detto che ti chiami? Jesus? Senti, Jesus, so che ti sei portato dietro i tuoi dodici apostoli per farti dare man forte ma così vi toccano solo 1000 dollari a testa, anzi no, devo rifare i conti… 1250 dollari a testa. Ne vale davvero la pena per quella cifra?
Vedo una certa perplessità sul suo volto baffuto con annesso rumore di due ingranaggi arrugginiti che cigolano e quindi decido di continuare, cercando comprensione nello sguardo di Nerloki.
-- Da dove vengo io, una città di mare, esiste una canzone marinaresca che si intitola ‘Dead Man's Chest’ o, come me la cantava mia mamma per farmi addormentare, ‘Quindici uomini sulla cassa del morto’. Se la tua mezza dozzina di scagnozzi ha un’attimo di pazienza te la canto e poi farete quello per cui siete venuti.
Quindici uomini, quindici uomini suuulla cassa del mortooo, yo-ho-hoooo, yo-ho-hoooo e una bottiglia di ruuuuum!
Tutta qua la canzone? -- fa il messicano -- Puta madre en realidad!
-- Beh… in verità io ero un bambino terribile e mia madre ha dovuto inventarne una versione personalizzata che alla fiera dell’est scansati proprio. Praticamente cominciava con quindici uomini e a ogni strofa ne faceva morire uno. Quattordici, tredici, dodici, undici... fino a che non rimaneva solo la cassa del morto per infilarceli tutti dentro e allora io mi addormentavo dalla noia. Vuoi che la canti a te e ai tuoi due uomini? Anzi... mi sa che la canterò solo a te.
Cosa estai dicendo, pendejo! -- e poi fa l’errore di voltarsi a guardare la sua ex-banda.
Alle sue spalle emerge una figura ammantata di tenebra e decorata di schizzi di sangue illuminati dai guizzi della brace del fuoco, un coltello lordo nella mano destra e le dita della sinistra che stringono i capelli di quattordici scalpi gocciolanti.
Puta madre! Quien eres tu, mujer maldita?! -- e fa il gesto di puntarle il fucile contro.
-- Mujer?! Hai appena presunto il mio genere?! --
E questo è il momento in cui Nerloki alza di nuovo il muso al cielo verso voi fedeli lettori 
-- Se chiudete gli occhi della mente e vi infilate la punta degli indici nelle orecchie, cari followers, forse eviterete di sentire le urla strazianti di quello sciocco di Cormano e la risata folle di Bechdelia mentre produce quel sinistro scricchiolio di pelle lacerata e strappata a forza che potrebbe perseguitarvi nelle parecchie notti a venire. Ma forse siete persone dall’animo e dallo stomaco forti e credete che a volte la giustizia degli uomini sia crudele ma necessaria. Indubbiamente. Ma mai quanto quella di certe donne, soprattutto quando devono riscuotere una vincita a base di tequila.
Ma ora vi lascio al vostro lunedì piovoso e pieno di tediosi impegni, mentre io mi metterò al seguito di questa strana coppia di eroi del west, confidando che riescano a farmi ritrovare il mio Maestro, impegnato chissà dove a districarsi tra chissà quali accadimenti.
Alla prossima! ʕ•ᴥ•ʔ
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occhionigrigi · 6 years
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La mia storia!
Cari amici miei,stasera a scrivere sono io,stasera sono io a posto di voi a chiedervi di ascoltarmi come io faccio con voi!
È da un paio di anni che sono nel nostro "mondo" e non vi ho mai parlato fino a fondo di me e ho deciso di farlo adesso.
Io purtroppo sono la solita ragazza che viene esclusa da tutto. Sono sempre stata ignorata dal mondo.
Sono la ragazza che fino a un anno fa aveva un segreto molto brutto da nascondere.
Sono la ragazza che aveva costantemente gli occhi gonfi e lacrime che le rigavano il viso.
Sono la ragazza che la notte non riusciva a dormire perché il suo segreto la divorava dentro.
Sono la ragazza che ogni giorno nonostante le occhiaie,metteva una delle sue maschere con un bellissimo sorriso e andava a scuola.
Sono la ragazza che è abituata a fingere.
Sono la ragazza che anche in estate metteva felpone per nascondere il suo corpo.
Sono la ragazza che non guardava mai il cielo,che non guardava mai nessuno in faccia per paura che il dolore le si leggesse negli occhi.
Sono la ragazza che per non far notare le lacrime guardava sempre per terra.
Sono la ragazza che ogni volta fissava il vuoto.
Sono la ragazza che anche in compagnia si sentiva sola. Sono la ragazza che in mezzo a tanta gente si sente come un fantasma.
Sono la ragazza che ogni pomeriggio dopo scuola,si chiudeva in bagno per ore con in mano un pezzetto di metallo che le tagliava la pelle.
Sono la ragazza che riceveva sempre delusioni,ma nonostante ciò è riuscita ad andare sempre avanti.
Sono la ragazza con un enorme buco nero dentro che stava per suicidarsi.
Sono la ragazza che è stata fermata dalla sua migliore amica quando ero seduta su quella gelida ringhiera rossa,con le gambe verso fuori.
Sono la ragazza con l'anima lacerata e il cuore distrutto.
Sono la ragazza che viene sempre insultata.
Sono la ragazza che ha sofferto di cyber bullismo.
Sono la ragazza che ad oggi dopo molto tempo è fiera di se stessa!
Oggi sono una nuova ragazza.
Oggi purtroppo ancora molte delle volte vengo esclusa da tutto.
Oggi non mi taglio più,non vedo più scorrere sangue dai miei polsi per quei pochi secondi che i taglietti mi facevano stare bene.
Oggi sono la ragazza che non ha più segreti da nascondere.
Oggi sono la ragazza che ha gli occhi gonfi e il cuore distrutto solo quando litiga col suo ragazzo.
Oggi sono la ragazza che non nasconde più il suo corpo.
Oggi sono la ragazza piena di sogni,di speranze,di desideri.
Oggi sono la ragazza che mentre cammina guarda sempre il cielo perché la fa sentire libera da tutto.
Oggi sono la ragazza che sono grazie al mio ragazzo. Sono la ragazza che è stata salvata proprio da lui.
Che devo dirvi di lui? Mi ha fatta crescere,mi ha fatta uscire da quel tunnel così oscuro di cui ero prigioniera. Oggi lui mi sta facendo vivere. È la cosa più bella che la vita potesse mai regalarmi.
E che dico a voi?
Come vi ho detto precedentemente.. trovate una persona per cui vale la pena,con cui le cose sbagliate invece son giuste,con cui fare mille cose insieme.
E soprattutto trovate la persona che vi faccia sorridere e che vi renda orgogliosi di voi stessi ogni giorno.
Trovate qualcuno che è seriamente fiero di voi come non lo è mai stato nessuno.
Infine trovate qualcuno che voi ritenete quello giusto,qualcuno che vi ami più di tutto!
Vi voglio bene.
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il-diario-di-moon · 5 years
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Il mercato...
Parte 2....
E’ passata da un pezzo l’ora di pranzo e mi arriva un messaggio sul cellulare.
L:amore come stai? Divertita al mercato?
M:sono ancora qui a dire il vero!
L: ancora li? Ma sono ore che sei li….
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immagino il suo viso mentre dice questo. Occhi spalancati e stranito perché ho buttato (almeno lui dice cosi) molto tempo.
M:dai Light. Posso solo guardare, almeno questo lasciamelo fare.
L: ok ok… se sei contenta tu.
M: contentissima.
L:ok piccola… allora divertiti.
....
Più avanti, in una bancarella incontro Clarissa...
M: hey anche tu qui?
C: Ciao Moon... Si Amo questo posto...
Chiacchierammo a lungo del più e del meno e dei nostri interessi comuni...
Vidi degli alimentari in offerta che dovevo assolutamente comprare...
Improvvisamente mi venne un idea... Chiesi a Clarissa un prestito ... Non ho il bancomat perché Light me l’ha sequestrato e quindi non potrei pagarli. Stasera quando verrà a cena da me glieli ridarò, light non può negarmi questo aquisto, no non può!!!... Clarissa mi consiglia di chiamarlo e chiederglielo, ma io sono testarda e le dico di non preoccuparsi. Non riesco a resistere e dopo averla ringraziata mille volte prendo i suoi soldi e vado a spenderli ....
Mando un sms a Light...
M:tesoro stasera abbiamo un ospite a cena...
Appena comprato tutto quello che volevo torno da Clarissa e l’aiuto con le sue cose... Sistemiamo tutto e poi ci avviamo verso casa mia.
Entrate in casa con le mie mani piene di borse lo troviamo già tornato, sta sistemando il casino che ho lasciato io prima di uscire. Quando vede Clarissa la saluta, si conoscono da anni ...Chiacchieriamo a lungo e ceniamo senza cadere sul discorso dei miei acquisti,ma vedo nei suoi occhi qualcosa di strano, qualcosa che da un lato mi attira e da un altro mi spaventa.
Ci mettiamo comodi sul divano e lui proprio in mezzo a un discorso poco importante esce con ...
L: Clarissa dimmi un po’ , sei tu la responsabile di quelle?
Indicando i sacchetti dei miei acquisti messi in un angolo.
Clarissa: io? No perché?
L: Perché la signorina qui presente aveva giusto 70 euro, zero bancomat e non sarebbe mai stata in grado di comprare tutta quella roba con cosi pochi soldi.
Clarissa si zittisce e mi guarda per farmi rispondere al suo posto, non vuole mentirgli.
M:Dai Light...non fare cosi. Ne parliamo dopo io e te ...Non è educato discutere davanti agli ospiti.
L: Non sarà educato, ma l’ospite è responsabile del tuo disubbidire a quanto pare...
Clarissa: Light dai non fare cosi, dopotutto Moon voleva solo comprarsi qualche cosettina, non voleva fare nulla di male!
L:No lei voleva buttare i soldi e tu l’hai aiutata .
M: Light non fare cosi, lei mi ha prestato giusto qualche euro per comprare il minimo indispensabile.
L: Qualche euro? E sentiamo un po’ , quanti euro sarebbero questi QUALCHE?
A bassissima voce e guardando a terra
M: Cento...
L: CENTO????A bene…. Giusto qualche euro, il minimo per sopravvivere a quel mercato immagino.
Clarissa: Ma daiii… lo sai che Moon va matta per quel mercato io non potevo non aiutarla. Era tristissima ...
Mi alzo di scatto e cerco di salvare il salvabile, cerco di distrarlo facendogli vedere i miei aquisti...
M: Amore guarda… ti faccio vedere che belle che sono queste porcellane che ...
Light mi interruppe
L: Dopo Moon... dopo…
Mi raggela quel suo tono, quel suo troncare il mio tentativo di distrazione.
M:Dopo cosa?
L:Dopo che Clarissa sarà andata a casa ...
Comincia a spiegare a Clarissa perché lui avesse deciso di tagliarmi i fondi, come io non avessi un limite se lasciata senza guinzaglio dentro quel mercato. Le spiega che sarei capace di fare sparire lo stipendio in poche ore se solo ne avessi l’occasione. Mentre lui parla lei gli da ragione, comincia a capire il suo punto di vista e da mia alleata diventa sua.
L: Bene ora che tu hai capito come è fatta la qui presente, mi potrai scusare per la scortesia, ma devo fare quattro chiacchiere con questa pestifera disubbidiente..
Clarissa: “Si Light, non preoccuparti ci sará modo di vederci nuovamente per una altra cena...
L: Senz altro...
Light accompagnó Clarissa alla porta, le rese i soldi dovuti e si salutarono... La chiuse dietro di se e si giró guardandomi severamente con le braccia sui fianchi.....
L: Adesso a noi due Monella...
Ora tocca a te pagare questo debito....
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Non rispondo, sto zitta , a sguardo basso.
Uno sculaccione fortissimo e sonoro si scaraventò nella mie natiche ancora coperte dai vestiti...
Light mi afferra per il braccio e mi trascinó a se, facendomi scivolare nelle sue ginocchia...
M: Light io....
L: Non ti ho dato il permesso di parlare .. Silenzio!!...
Mi incalzò...
sento un senso di vergogna,
Light mi scese i pantaloni e le mutandine fino a mezza coscia ed iniziò a suonarmele di santa ragione...
I miei gridolini e i miei sussulti non lo impietosirono affatto...
L: Non puoi stare nemmeno un giorno senza disobbedire ai miei ordini?....
Mi ero raccomandato di non fare idiozie, di non spendere tanto...
Dovevi solamente usare i soldi che ti avevo dato.... Sei proprio una bimba cattiva....
M: mmm ahiiii....
Il sedere iniziava a bruciare sul serio....
L: Devi smetterla di sfidarmi Moon...
Altrimenti ti taglio definitivamente i fondi e per fare le compere andremo sempre insieme... Ma poi quello che mi fa più incazzare... vai a chiedere i soldi ad un amica???.... Dopo che ti avevo vietato categoricamemte di non spendere più dei 70 euro??
M: Scusa, sigh ahiiii....
Non... Lo faró Più....
L: E lo credo bene... Perché stavolta queste chiappe non avranno pace ....
Continuò a sculacciarmi fortissimo fino a quando le prime lacrime mi solcarono il viso....
Il culetto era dolorante, gonfio,
Di colore bordeaux misto viola, sussultavo ad ogni sculaccione.... Non resistivo più...
Presto i miei singhiozzi si trasformarono in pianto...
Tutto un tratto i colpi si fermano e la sua mano cominció ad accarezzarmi la schiena.
L: tutto bene Moon?....
M: Si sigh... Signore...
Light mi aiutò a rimettermi in piedi....
Rimasi a testa bassa...
L: Moon in castigo.... Fila...
Andai nel mio solito angolino e rimasi li per quasi un ora....
Light si avvicinò e mi abbracciò....
Mi diede qualche bacio sul collo... io rimasi immobile...
L: È finita la punizione per te monella...
Mi girai e lo abbracciai fortissimo....
M: mi dispiace scusa Light... Sono stata davvero stupida...
L: E molto disubbediente.... Ma tranquilla Moon... Ci penso io a sistemare le tue belle chiappe se mi disubbidisci nuovamente....
M:....
......
L: Sei in punizione Moon... Per un bel po di tempo basta acquisti... Andremo insieme... Il bancomat lo terrò io....
M: si light...
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Andammo a letto poco dopo a vedere la televisione ... Crollai subito tra le braccia del mio punitore.... Del mio Amore.... Del mio Light ❤
Rimasi a testa bassa con il viso che stava prendendo fuoco dall imbarazzo
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