#dove sono le telecamere?
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Scusate io sono stata in un buco nero fino ad oggi e non mi pare di avere ricordi di costa che ne parla su morning: ma in che senso quelli con un reddito tra i 30 e i 40k pagheranno un aliquota più alta del 14% di quelli che ne guadagnano oltre 50? Io non capisco. In questo paese non c'era una tassazione progressiva? Qualcuno mi può spiegare? È un incentivo a guadagnare di più? Aiuto??
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Mi ricordo quando ho visto Steven moffatt a Lucca. Col cazzo che avevano i soldi per il Red carpet. Ci siamo pure beccatɜ il cazziatone perché eravamo in fila davanti ad un bar/ristorante e il titolare non voleva che gli coprissimo l'attività.
#bei tempi#scusate cioè sono contenta per un lato ma dall'altro ma che fine hanno fatto le buon vecchie cose da sfigati che non si cagava nessuno dove#si potevano portare i cosplay brutti solo per divertirti e magari ti beccavi pure più foto di quelli elaborati#dove eri tu lo zombie e il bambino col vestito di carnevale#che se c'era ZeroCalcare era già tanto#e potevi permetterti di non pagare il biglietto per gli stand perché anche sticazzi del merch#dove non era tutto iper performativo e quella volta che c'erano le telecamere del tgR sembrava di essere a Hollywood#che ti vedevi quel servizio di 2 minuti in maniera ossessiva per vedere se ti avevano beccatə#dove la polemica del giorno era l'ingresso delle armi finte o le maschere di cartone cringe che distribuivano for no reason#dove la rai non era finanziatrice o almeno non così tanto#dove non c'era totti vestito da gladiatore#e se andavi di mercoledì non c'era niente di interessante ma almeno potevi camminare#bring me back
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SECONDA PARTE
Il giorno prefissato per l’inizio lavori, fu puntualissimo. Gli offrii un caffè e stabilimmo la tabella di marcia dei lavori. Poi mi chiese il permesso di andarsi a cambiare, gli indicai che poteva andare a farlo nella camera degli ospiti. Intanto io mi misi davanti al computer per guardarlo denudarsi, visto che avevo delle telecamere a circuito chiuso, sparse per la casa.
Mentre si spogliava, lo fissavo un po’ imbarazzata. Si tolse la maglietta e la canottiera mettendo in mostra un addome ben scolpito. Si tolsero i pantaloni e gli slip e rimase nudo. Rimasi esterrefatta nel notare due belle gambe dritte e ben disegnate, da far invidia a molte donne. Un sedere da favola tondo e sodo, e un pene di tutto rispetto, almeno in posizione di riposo. Era completamente glabro, che cosa chiedere di più?. Restai quasi imbambolata a fissarlo, come se fossi in trance.
Indossò i panni di lavoro e usci dalla camera.
S’inginocchiò e inizio a vedere quali listelli avrebbe tolto per prima.
Ero eccitatissima, il mio “LUI” era al massimo della tensione, usciva prepotentemente dagli slip. Ero rossa in viso e molto imbarazzata.
Cercando di mantenere ancora un certo contegno, con passo sostenuto gli sono passata accanto, si è girato e mi ha guardata dal basso e ha sicuramente scorto il mio stato di eccitazione. Ho fatto finta di niente e sono entrata in camera. Maliziosamente ho lasciato socchiusa la porta affinché potesse sbirciarmi mente mi sarei cambiata. Dallo specchio vedevo che aveva gli occhi incollati su di me. Ho accentuato i miei gesti, stavo facendo uno Streep tease. Il mio stato di eccitazione era al massimo grado. Feci in modo che potesse ammirare il mio pisello, non grande, ma sicuramente idoneo per dare piacere. Indossai la mia lingerie di pizzo e uscii dalla camera. Ero decisa a tutto.
Mi sono avvicinata a lui prono, mi misi davanti, lui alzò la testa e vide il mio cazzo che usciva dalle mutandine. Godevo da morire nell’osservare le reazioni del suo viso, quel rossore sulle gote che svelano uno spavento misto a eccitazione.
M’inginocchiai e mi portai a pochi centimetri dal suo volto e gli dissi con tono austero, quasi fosse un rimprovero:
"Me ne sono accorta sai che mi fissavi il cazzo, lo vuoi vero?"
Riuscì solamente a farfugliare timidamente un sì.
"L'hai mai fatto con una trans?" Gli chiesi con voce questa volta maliziosa mentre gli poggiavo una mano sulla testa. Appena fece cenno di no, mi fluì il sangue alla testa, mi eccitai fuori misura perché sarei stata io la prima a iniziarlo. Mi confessò con un filo di voce che lo aveva sempre desiderato, avrebbe voluto un’esperienza dove sarebbe stato sottomesso, interpretando così un ruolo passivo. Voleva che lo si prendesse con desiderio e che fosse il centro del piacere, voleva ardentemente toccare un altro cazzo, lo voleva sentire in bocca. Purtroppo non avevo mai trovato una persona con la quale realizzare tutto ciò.
Allungò una mano e mi toccò il mio giocattolo, era al quanto impacciato, e iniziò a far su e giù. Lo lasciai fare per qualche istante, poi con la mano che avevo appoggiato sulla sua la testa lo indirizzai verso il mio cazzo. Aprii la bocca e iniziò a gustarlo. Guidato dalla mia mano gli facevo fare su e giù su, succhiava avidamente e alla fine lo prese tutto i bocca, fino a ingoiarlo tutto.
Oramai il ghiaccio si era rotto. Continua…
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I cartelli che vietano di sedersi sui gradini del centro e lo stop al consumo di alcolici e analcolici in vetro e lattina sono apparsi a Forlì e con le loro le multe. Se invece di attendere alle Poste scelgo di sedermi fuori con un’aranciata sono 150 euro. Eccitatissimo il vicesindaco Mezzacapo, lo stesso che a pochi giorni dall’anniversario della Liberazione della città ha pubblicato un video di Mussolini che inaugura il monumento in p.zzale della vittoria tra le grida “Duce! Duce!” Agghiacciante ma non mi stupisco, mentre le bombe al fosforo sfiguravano i palestinesi, l’assessora Cintorino pubblicava la bandiera di Israele definendola “l’unica democrazia del Medio Oriente.” Oggi Forlì è una città in mano a un gruppo di razzisti che nulla ha fatto per il bene della comunità, che vuol farci credere di essere in pericolo a causa dell’uomo nero “scaldapanchine”, per offrirci una falsa soluzione con telecamere e ordinanze repressive. Intanto i poveri restano poveri e i fasci restano fasci. Ma l’importante è spendere, così pare, 700.000 euro per le luminarie di Natale. Ci hanno detto che quei soldi non avrebbero avuto senso per le famiglie alluvionate. In fondo, queste chiedevano solo di essere ascoltate dopo una gestione fallimentare dell’emergenza, dove il sindaco Zattini, mentre i nostri scarponi erano ancora umidi, propose di dare alle banche i soldi raccolti dalle donazioni. E mentre i forlivesi si radunavano davanti al municipio senza che nessuno, in tre mesi, decidesse di ascoltarli, il profilo ufficiale del Comune pubblicava la ricetta del fricò alla romagnola. Non scherzo, a volte penso di essere in un film di Fellini. E invece.. dopo la promessa di scendere in piazza a fianco degli alluvionati, alla prima manifestazione, Zattini era impegnato a consegnare a un arrotino la targa per i 100 anni di attività. Mi raccomando, se passate da queste parti nascondete le lattine di Pepsi e non stancatevi troppo per non rischiare di dovervi riposare su un gradino. Però tranqui, presto piazza Saffi sarà aperta alle auto e basteranno pochi passi per vedere l’unica cosa che oggi regna a Forlì: un grande e imbarazzante disagio (ma illuminato da Dio! Viva le luminarie!)
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In un Paese come il nostro, chi scippa una borsa non deve preoccuparsi per le conseguenze penali. La giustizia è lenta, le indagini sovente procedono con la fretta di un santone buddista, le condanne sono lontane e incerte.
Il delinquente – abituale o occasionale – deve preferire vittime rigorosamente a piedi e aver verificato che non abbiano la propria auto parcheggiata poco distante, magari disgraziatamente libera di far manovra senza il solito villano che la blocca piazzandosi in doppia fila.
Un mancato riscontro di questo genere può essere fatale, come la cronaca di questi giorni ha voluto evidenziare.
A Viareggio una energica imprenditrice balneare di 65 anni è stata derubata all’uscita da un ristorante dove aveva cenato con le amiche. Un algerino (ma poco importa la nazionalità, se non per razzisti e xenofobi) le sottrae la borsa e si allontana e le telecamere a poca distanza lo riprendono che cammina senza temere di esser raggiunto.
La signora – con la stessa violenza con cui si cerca di eliminare una zanzara che ronza vicino l’orecchio turbando il sonno e attentando all’epidermide del malcapitato – non disponendo della proverbiale ciabatta decide di utilizzare la propria vettura per schiacciare il ladro contro il muro.
L’imponente SUV di questa indomita Giovanna d’Arco dei nostri tempi si tramuta nell’implacabile strumento per fare giustizia. Una volta localizzato il furfante, la conducente – incurante del rischio di danneggiare un pneumatico urtando lo scalino del marciapiede – sterza vigorosamente e urta il tizio scaraventandolo a terra.
Poi – non considerando il pericolo di ammaccature e il costo degli esosi carrozzieri – fa retromarcia e ripete la collisione con l’uomo ormai a terra. E siccome “non c’è il due senza il tre”, altra manovra e ulteriore “spremitura” del poveraccio…
Poi – improvvisamente – la donna è assalita da un atroce dubbio e si domanda “ma non è ho calpestato e rovinato la mia borsa?”
Scende dalla vettura, recupera la “maltolta”, vede che non ha nemmeno un graffio, tira un sospiro di sollievo e se ne va…
“Non volevo uccidere, ma fermare l’uomo che mi aveva derubato” dirà in seguito al giudice, forse aggiungendo che – continuando lui a muoversi e contorcersi – ha dovuto ripetere tre volte l’investimento (e lei imprenditrice ha dimostrato di sapersene intendere di investimenti….).
Salvini – impugnando rosari, crocifissi e medagliette della Madonna come spesso gli era accaduto in precedenti campagne elettorali – ha detto “se l’uomo che ha perso la vita non fosse stato un delinquente, non sarebbe finita così”, lasciando pensare che se si fosse trattato del socio benemerito di un club esclusivo l’epilogo poteva rivelarsi un drink ghiacciato a bordo piscina.
Gente insensibile comincia con incidente stradale aggravato dall’omissione di soccorso e finisce con il pensare all’omicidio volontario premeditato, ma sono in molti ad esprimere la loro solidarietà a quella “povera donna esasperata”….
I più acculturati corrono a fare una citazione illustre. O la borsa o la vita. Possibile che l’algerino non conoscesse nemmeno questo?!?
Umberto Rapetto Generale GdF – Fondatore e per dodici anni comandante del Gruppo Anticrimine Tecnologico
Chi ruba per fame, chi uccide per farsi giustizia
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"Il Comune di Trento rappresenterà un caso d’uso per capire cosa accade in alcune zone della città (come parchi, piazze, sottopassaggi, incroci) dove sono installate telecamere e/o microfoni. Dall’analisi di immagini e, dove presente, dell’audio, l’obiettivo è quello di riconoscere automaticamente la presenza/assenza di persone e discriminare situazioni potenzialmente problematiche (adunanze non pacifiche di persone, risse, attività illegali come ad es. spaccio) o problemi di traffico (congestione, incidenti, ...). Tutto questo con l’obiettivo di analizzare l’andamento dei fenomeni nel tempo con sistemi di analytics e riuscire ad inviare in tempo reale un avviso alla Centrale operativa della Polizia locale in caso di situazioni potenzialmente pericolose."
Giusto MARVEL lo potevano chiamare... 😏
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@monicaelis
https://www.comune.trento.it/Aree-tematiche/Smart-city/Progetti-d-innovazione-in-corso/MARVEL
Siamo le cavie dell'imminente controllo sociale
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Peter Fonda indossò la giacca di Capitan America e guidò il suo chopper per una settimana in giro per Los Angeles prima di iniziare le riprese di "Easy Rider" (1969), per dare loro un aspetto rodato e per abituarsi a guidare la moto dal design radicale. La bandiera americana sul retro della giacca e sul serbatoio della moto lo fecero fermare più volte dalla polizia. Fonda ebbe l'idea per questo film dopo aver visto una foto di lui e Bruce Dern sulle loro motociclette. Coinvolse Dennis Hopper (che all'epoca stava progettando di abbandonare il mondo della recitazione e diventare insegnante) quando gli promise che avrebbe potuto dirigere il film. Hopper e Fonda non scrissero una sceneggiatura completa per il film e ne inventarono la maggior parte man mano che andavano avanti. Non assunsero una troupe, ma raccolsero hippy nelle comunità sparse per il paese e usarono amici e passanti per tenere le telecamere, ed erano ubriachi e fatti per la maggior parte del tempo. Per il famoso monologo che Fonda fa al cimitero mentre è sotto l'effetto dell'acido, Hopper, il regista, chiese a Peter di parlare alla statua come se stesse parlando con sua madre, morta suicida quando Peter aveva dieci anni. Peter non voleva farlo, perché non aveva mai affrontato i suoi sentimenti per sua madre. Ma Hopper insistette, motivo per cui si sente Peter chiamare la statua "Madre", e afferma di amarla e odiarla allo stesso tempo, il che esprime le sue emozioni contrastanti. Questa scena convinse Bob Dylan a consentire l'uso della sua canzone "It's Alright Ma" in una delle scene finali, che contiene testi che fanno riferimento al suicidio. Peter disse a Dylan, "Ho bisogno di sentire quelle parole", e lui acconsentì al suo utilizzo. In un'intervista con Daily Camera, Fonda ha descritto la reazione del padre Henry al film: "L'ho fatto venire a vedere un primo montaggio. Abbiamo dovuto far uscire Dennis dalla stanza per farlo durare meno di quattro ore. Mio padre lo ha guardato e poi sono andato a casa sua il giorno dopo. Era molto serio. Ha detto: 'Guarda figliolo, so che hai tutte le uova in questo paniere e sono preoccupato, perché il film è inaccessibile per noi, non vediamo dove stai andando e perché? Semplicemente non penso che molte persone lo capiranno.'" (IMDb)
Fonte: il chiosco dei riders
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Pino Corrias
Siamo tutti trascritti nella carta dei vini e dei segreti. Ci scelgono a loro comodo i buoni e i cattivi. Il potere o il malandrino. La legge o il ricattatore. È la definitiva rivelazione della banda milanese di Equalize che ha generato un soprassalto non del tutto inatteso, a dire il vero, vista la tradizione di spiati e di spioni che vantiamo, dai tempi dell’Ufficio affari riservati di Federico Umberto D’Amato, cuoco d’alto rango di trame e dossier. Fino al Tiger Team di Giuliano Tavaroli che spiava per conto di Telecom durante il regno di Tronchetti Provera. E ai pedinamenti informatici di magistrati e giornalisti organizzati da Pio Pompa, ai tempi dell’indimenticato generale Pollari, plenipotenziario dei nostri Servizi segreti in piena epopea berlusconiana.
Ma questa volta, dopo i clamori dell’hacker siciliano che passeggiava nei data-base del Ministero di Giustizia, dopo le gesta del bancario con le sue 6 mila intrusioni nelle vite degli altri, la nuova e onnipotente banda di spioni appena scoperta a Milano, capace di entrare e uscire 52 mila volte dagli archivi ultrasegreti (?) del Viminale, si trascina un sacco di domande al seguito e almeno una definitiva verità.
Prima domanda. Ma se è così facile bucare l’ombra che ogni cittadino di questo Paese si porta dietro – ombra e impronte che conducono a relazioni, amicizie, numeri di telefono, foto, video, conversazioni, amanti, conti bancari – com’è che gli evasori parziali, semi parziali, totali, la fanno sempre franca? Com’è che all’appello del nostro vivere comune mancano sempre da 80 a 100 miliardi, imboscati sotto al materasso dell’evasione fiscale di un tassista, di un finanziere, di quei gioiellieri che guadagnano sempre meno dei loro vetrinisti?
E poi. Se basta un click, una password e un paio di investigatori infedeli per entrare al Quirinale, negli archivi della Polizia e dei Servizi segreti, come fossero il Bingo sotto casa, com’è che non sappiamo ancora nulla (o quasi) dei cento misteri che assediano la nostra storia nazionale, dalle stragi d’altro secolo, alla scomparsa di Emanuela Orlandi, dal depistaggio su via D’Amelio alla sparizione dell’agenda rossa di Borsellino. O quanto fosse coinvolta l’Università di Cambridge nella trappola in cui cadde Giulio Regeni. E ancora: quante stragi di migranti sono stata nascoste dentro le acque del Mediterraneo? E quanto vale in miliardi di euro e intese sovranazionali il nostro traffico internazionale di armamenti e software, visto che, secondo Costituzione, dovremmo ripudiare la guerra anziché alimentarla?
Altra domanda. È giustificato l’allarme, anzi il panico che risuona nelle parole degli investigatori che hanno dettato: “Siamo di fronte a un attacco alla democrazia”? Certo che sì. Hanno appena scoperto che una manciata di ricattatori custodiva 800 mila dossier rastrellati in qualche anno di infiltrazioni, astutamente nascosti non proprio nella grotta di Ali Babà, ma dietro le guglie del Duomo di Milano, da dove i quaranta ladroni si impadronivano delle vite private di tutti, dagli gnomi del mondo dello spettacolo ai capitani di industria e finanza, dalle fidanzate di qualche pupone con il cuore in affanno alle massime cariche dello Stato, figli compresi.
E ancora di più è giustificato l’allarme per la permeabilità – clamorosa e conclamata – del mondo che ci siamo costruiti accanto, anzi sopra, sotto, ovunque, quello della Infosfera che custodisce per intero la storia di ognuno di noi, basta saperla pescare tra i miliardi di byte che sono diventati la nostra aura, invisibile solo per chi non ha lo strumento adatto per vedere.
L’ultima rivelazione di questa storia è che siamo sempre di più nelle mani di chiunque. Dei buoni, veri o presunti, e dei cattivi. Quelli che risolvono gli omicidi interrogando le tracce digitali di cellulari e telecamere che gli assassini si lasciano dietro. E quelli che gli omicidi, virtuali fino a un certo punto, li architettano a pagamento, seminando ricatti e incendi reputazionali. E che dunque viviamo consensualmente sottoposti ai titolari dell’ordine che quotidianamente perlustrano la nostra convivenza, la campionano, se del caso la indagano in difesa di quelle regole comuni che chiamiamo democrazia. E insieme viviamo sottomessi ai bucanieri che quell’ordine e quella convivenza la vogliono forzare, violare, dissolvere per appiccare l’incendio dei ricatti, in cambio di soldi, potere, carriere, interessi politici, vendette personali. Per ordine di una cosca che maneggia appalti o uomini politici. O per la banalissima curiosità di un impiegato che dal desk di una oscura filale bancaria di Bisceglie si toglie lo sfizio di guardare tra le lenzuola contabili di suoceri, vicini di casa, capiufficio, e di altri migliaia di perfetti sconosciuti compresi quelli che abitano nei rotocalchi o nelle stanze dei palazzi del potere.
Ora il governo emette sirene d’allarme. Promette “strette legislative”. Minaccia “pene più severe”. Garantisce che a contrasto dei ricattatori infedeli basterà migliorare i controlli per arginare e le incursioni illegali e proteggere le vite.
Ma è davvero così semplice? La verità è che abbiamo trasformato il nostro villaggio globale in un clamoroso paese di specchi. Specchi dotati di memoria perpetua. La memoria del silicio. Che è la definitiva stregoneria di cui parla Yuval Harari nel suo ultimo libro Nexus, dedicato non solo ai rischi della futura Intelligenza artificiale, ma anche a quelli della attualissima stupidità umana del tempo presente. E degli strumenti digitali talmente pervasivi da rendere la privacy una chimera così lontana, così irraggiungibile, che per maneggiarla l’abbiamo dovuta trasformare in una nuova religione, buona per essere violata ogni volta che serve.
Il solitario filosofo Guy Debord scoprì a metà dell’altro secolo che avremmo vissuto in una permanente “Società dello Spettacolo” governata sempre di più dal segreto, il segreto remoto del potere. Custodito dal perpetuo intrattenimento allestito per distrarci. Non poteva immaginare quanto ci saremmo spinti oltre. E che quel segreto un tempo esclusivo, si sarebbe dislocato nell’ovunque della Rete a portata di algoritmo. Saranno i buoni o i cattivi a scegliere quale segreto rivelare, quello del tassista evasore, del latitante in fuga o del ministro corrotto? Sì, è vero, mai come ora la democrazia è in pericolo. Segreti e ricatti sono la dieta preferita dalle democrature. E i complici, più ingenui che colpevoli, siamo tutti noi che abbiamo appeso le nostre vite dentro alle vetrine illuminate della Rete. Credendoci protetti dal buio che invece abbiamo dissolto.
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I conducenti del Regno Unito saranno i primi al mondo ad essere spiati dall'intelligenza artificiale, dopo il lancio di un controverso nuovo autovelox.
L'autovelox, che è stato soprannominato "il bancomat del Grande Fratello" dai sostenitori degli automobilisti, utilizza l'intelligenza artificiale e il radar "4D" per spiare i conducenti all'interno delle loro auto.
Ciò significa che non sarà solo in grado di catturare i conducenti in eccesso di velocità, ma chiunque usi il proprio telefono o non allacci la cintura di sicurezza mentre è seduto al volante.
La telecamera Redspeed Sentio è stata installata per la prima volta sulla A23 a Lambeth, nel sud di Londra, dove è stata testata su guidatori ignari.
La telecamera AI è in grado di tenere d'occhio fino a sei corsie di traffico e può "parlare" con altre telecamere lungo il percorso per verificare la tua velocità media.
Possono persino controllare la tua auto per l'assicurazione e le tasse.
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AGGIUNGO una spiegazione chiara e semplice sul funzionamento marcio di questa società. Non sono parole mie, ma quoto ogni parola e ogni virgola.
"Le leggi sono aspre perché i criminali sono tanti. Se vi fossero meno criminali, il mondo non avrebbe più bisogno di leggi restrittive.
Più aumenta il caos e più le leggi sono restrittive.
Pertanto, per dominare e controllare più persone possibili bisogna diffondere il caos e aumentare il numero dei criminali.
Facendo leva sulla Compassione delle persone...che finirà per accettare entrambe le cose (criminali e leggi restrittive per tutti).
Per il potere fine a se stesso i criminali sono vitali per la sua stessa sopravvivenza".
(Mara Iddau)
#controllo#zombie#società#società malata#svegliatevi#sistema#aprite gli occhi#manipolazioni#verità#dittatura#schiavi#prigione#catene#caos#mara iddau#citazioni#diavoli#politica#discernimento#responsabilità#illusioni#mondo marcio#sicurezza#matrix#potere#ego#potere fine a sé stesso
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50 nerbate.
Espulso per sempre da tutte le scuole nazionali.
2 anni di galera, per adulti, non minori.
Al resto ci pensa Dio.
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Se questa è la scuola, meglio chiuderle tutte
A Fabriano alcuni studenti maltrattano e fanno morire un agnellino. Non ci sono più regole: ora punizione esemplare
di Francesco Teodori 24 Giugno 2024
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A volte è necessario anche per l’Inattuale abbandonare per un momento gli avvenimenti internazionali e abbassare lo sguardo verso la vita quotidiana, fonte inesauribile di indignazione. Il nostro sdegno si volge oggi verso la scuola e la sua squallida decadenza.
Alcuni studenti dell’istituto tecnico agrario di Fabriano, piccola e splendida città nelle Marche, mentre stavano svolgendo un periodo di alternanza scuola-lavoro all’interno di un’azienda agraria che ospita animali da allevamento (nello specifico pecore) hanno pensato bene di maltrattare un po’ le povere bestie. Uno di loro in particolare le ha aggredite calciandogli ripetutamente addosso un pallone. Mentre le pecore scappavano impaurite uno degli studenti ha catturato un agnellino, anch’esso in fuga per la paura, e l’ha lanciato al di fuori del recinto dove erano tenuti gli ovini.
Dopo aver rincorso la povera bestiola lo stesso studente lo ha acciuffato nuovamente, scaraventandolo all’interno del recinto da cui l’aveva prelevato. Il tutto sotto lo sguardo divertito del gruppo. L’agnello, secondo il verbale del direttore dell’azienda agraria indirizzato al dirigente scolastico della scuola, a causa del trauma subito ha riportato la paralisi di tutti e quattro gli arti ed è in seguito morto dopo una tremenda agonia.
Tutta la scena è stata ripresa dalle telecamere installate all’interno dell’azienda agricola. Da quanto abbiamo appreso da una docente dell’istituto, la quale ci ha anche raccontato per prima questa triste vicenda, al momento la decisione sulla sanzione da infliggere ai ragazzi (quasi tutti minorenni) responsabili di questo gesto efferato non è stata ancora presa. Nel frattempo, è stato chiesto ai carnefici di redigere un “tema” in cui avrebbero dovuto riportare una riflessione su quanto accaduto.
Da molti anni ormai osserviamo un rapido ed inesorabile disfacimento dell’istituzione scolastica in Italia, un declino a cui nessuno sembra voler prestare adeguata attenzione e che passa non tanto dalla, in genere pessima, preparazione degli studenti italiani, quanto proprio dall’incapacità della scuola di agire sulla formazione del carattere dei ragazzi. Questo sconcertante episodio ne è la prova.
Un agnello, simbolo dell’innocenza, è stato fatto oggetto della più assurda e gratuita brutalità. Una crudeltà senza scopo e dunque ancora più inquietante. Uccidere per gioco. Seviziare per il semplice gusto di farlo. Per di più un animale destinato ad essere parte di una fattoria didattica, dove le bestiole vengono allevate e curate dalla nascita fino alla morte naturale.
Se la scuola non è in grado di far comprendere a chi la frequenta la distinzione tra bene e male, tra civiltà e barbarie, allora tanto vale rinunciarvi definitivamente. Si chiudano tutte le scuole e si lasci che siano i social network, la strada, la musica o i siti porno ad educare i ragazzini. Se i risultati sono quelli che vediamo, almeno si risparmierebbero soldi pubblici, non più sprecati in inutili programmi educativi.
Ci domandiamo, dunque, se questa è la scuola. Se in un paese che si dica civilizzato sia possibile tollerare episodi del genere senza procedere, una volta appurati i fatti con certezza, ad una punizione esemplare, ammesso che ve ne siano per un gesto tanto crudele.
Così come ci domandiamo come sia possibile che un insegnante guadagni quanto un netturbino, che si possa dare delle “puttana” ad una professoressa senza temere alcuna conseguenza, che quasi la metà degli studenti al termine della scuola superiore non capisca un testo scritto in italiano. E nonostante ciò vengano promossi anche a pieni voti. In attesa di conoscere quale sia l’esito di questa tragica storia che abbiamo raccontato, ci auguriamo che il sacrificio involontario di quel povero agnellino serva quantomeno a far riflettere chi dovrebbe riflettere. E a far vergognare chi dovrebbe vergognarsi.
Francesco Teodori, 24 giugno 2024.
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Non ci sono parole, per di più frequentano una scuola ad indirizzo agrario.
Sarà un caso isolato di giovinastri senza educazione, cultura, formazione civica e formazione genitoriale? Non credo, è la china in discesa che hanno preso questi piccoli delinquenti da quattro soldi.
Ma forse anche sui genitori si dovrebbe indagare a fondo.
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sono seduto in ufficio davanti al pc vestito come un perfetto lord inglese e penso a dove sono nascoste le telecamere perché ora mi sento esattamente sul set di suits
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(AL FUNERALE CON CAINO) - L’avviso di un sms arrivato: “Mi accompagneresti tu?” mi scrive l'altro giorno un signore che, nel tempo lungo della galera, mi è diventato un po’ amico. “Dove devi andare?” gli chiedo via sms. “Vorrei andare al funerale di Giulia. Ma da solo non ho il coraggio”. Lui è un signore ancora giovane che, anni fa, quand'era ragazzo, ha commesso la stessa mattanza che ha commesso Filippo. Oggi, dopo aver scontato tutta la pena che la giustizia gli ha inflitto, è un libero cittadino che si sta rimettendo faticosamente in piedi.
“Certo che ti accompagno, così andiamo assieme!” gli rispondo. “Non voglio entrare in chiesa, però: stiamo fuori, in Prato della Valle. Poi ti riconoscono e io non voglio le telecamere addosso. Mi bastano ancora quelle di quella volta”. Colgo la più bella delle occasioni inaspettate: partecipare al funerale di Giulia con Alessio (nome di fantasia) che è come fosse Filippo. Una cerimonia da brividi: guardavo il volto di lui, il volto di quelli vicini a lui, respiravo il silenzio freddo delle esequie funebri. Il silenzio della piazza attonita.
Al momento della comunione, un signore vicino a noi due, vedendolo così preso dalla cerimonia, gli chiede: “Ma se ti capitasse una cosa del genere, tu cosa faresti?” Non sa che quest'uomo, accanto a me, ha ucciso anche lui una donna. Quella che avrebbe voluto fosse "sua". Il mio amico scrolla la testa, tace, la abbassa. Io capisco tutta la sua fatica, l'altro capisce che anche il mio amico, in un'occasione simile, non saprebbe come comportarsi. Dall'altare parla il papà di Giulia: Alessio mi stringe la mano e da come me la stringe percepisco che le parole di Gino Cecchettin stanno incidendo la sua memoria come fossero un punteruolo. Aspettando il tram, mi dice: “Oggi, per me, è finita la galera: dovevo vedere coi miei occhi, respirare, le conseguenze di un gesto simile a quello che ho fatto io, visto che quella volta il funerale di lei io non l'ho visto nemmeno per televisione. Mi sono sempre chiesto cosa si provasse”. Colgo la palla al balzo: "Cosa si prova, Alessio?" Mi allontana dolcemente con la mano.
Siamo andati via dopo le parole di Gino, attaccate addosso come fango e diamanti: “Io non so pregare, ma voglio sperare”. Ha messo i soldi nella macchinetta, ha comprato il biglietto del tram, anche per me: “Prossima fermata: stazione”.
Anche oggi, per l'ennesima volta, Dio mi ha rieducato: mi ha fatto partecipare al funerale di Abelegiulia accompagnato (e invitato) da Cainoalessiofilippo. Ci sono giorni, questo è uno di quelli, che il Vangelo ti scotta in mano. Ma non lo puoi passare come se stessimo giocando in oratorio a “palla avvelenata”: devi accettare di tornare a casa con le tue ustioni.
Seduto accanto a Caino che non parla più.
E ad Abele che, nel frattempo, potrebbe essersi messo in moto per andare a recuperare il suo Caino personalizzato.
Cosi sia #sullastradadiemmaus
Don Marco Pozza
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Testimony of N aka N No Tame Ni
L'amore incondizionato
Ci saranno spoiler!
Colpa mia.
Vostro Onore sono colpevole di aver pensato che questa serie fosse un thriller investigativo fatto di indagini, prove, caccia al colpevole e poliziotti ovunque. Pensavo che avrei visto la polizia interrogare i sospettati, indagare i moventi, seguire piste ecc ecc ed invece... niente di tutto questo. Motivo per il quale, arrivata in fondo alla visione, sono rimasta "delusa" dall'andazzo generale del drama. Per colpa mia, ripeto. Sono stata fuorviata dalla lettura di "poliziotto" nella trama su mydramalist e questo mi ha portata fuori strada.
Ma andiamo con ordine.
La serie parla effettivamente di crimini e misteri:
"La studentessa universitaria Sugishita Nozomi, assieme a Naruse Shinji, Ando Nozomi e Nishizaki Masato finiscono per imbattersi nella scena dell'omicidio della famiglia Noguchi, a causa di un piano da loro ideato. Nishizaki viene arrestato sulla scena e condannato a 10 anni di prigione per la sua confessione volontaria.
10 anni dopo, Takano Shigeru, un ex agente di polizia che nutre dubbi sul verdetto di questo caso, inizia a cercare la verità sul caso. È convinto che tutto sia iniziato a seguito di un incidente causato da Nozomi e Naruse su un'isola nel Mare Interno di Seto nell'estate di 15 anni fa.
"Hanno commesso un crimine in quel momento ed era per il bene di N." [mydramalist]
Tuttavia contro ogni mia previsione, la serie si concentra sull'emotività e sull'introspezione piuttosto che sulla risoluzione del caso. Non ci sono ricerca di prove, visionamenti di telecamere o tutto ciò che di solito vediamo in un drama di ricerca della verità, poiché Testimony Of N decide di narrare le vicende concentrandosi sui personaggi, sulle loro psicologie e traumi. La logica narrativa viene dunque piegata al simbolismo, alle emozioni, con le azioni dei personaggi che risultano esagerate fino a diventare quasi poetiche.
Protagonista principale non è tanto l'omicidio, l'azione di morte e chi sia stato ma sono i temi a farla da padrone: dalle varie sfumature dell'amore, agli obbiettivi per il futuro. E ancora, il senso di colpa, il tema dell'abbandono e della redenzione, per dirne alcune.
Ne è un esempio lampante la storia tra i due lead protagonisti, dove la ragazza protagonista decide di coprire il crimine dell'altro, gesto di una simbologia così grande che si parla di " un amore dove si condivide il peccato." Il loro legame è così forte che si proteggeranno a prescindere da qualsiasi crimine uno dei due possa compiere.
E se da una parte tutto ciò è bellissimo, dall'altra , da un punto di vista logico e narrativo, tutto questo sentimento un po' mi decade quando scopri che in realtà lui non ha commesso alcun crimine. Certo, rimane l'azione di lei nel proteggere il ragazzo che gli piace a prescindere da tutto. L' amore incondizionato appunto. Ma d'altra parte, mi sento derubata sulla trama poiché non esiste nessuna motivazione iniziale, nessuna azione criminosa compiuta dal lead.
Ovviamente, è il gesto che conta. Questo è quello che la serie ci sta dicendo. E ripeto, è molto bello. Poetico. Ma onestamente mi sono sentita un po' presa in giro.
Un esempio simile lo si più trovare nel finale con Nishizaki che si offre come volontario nell' assassino della coppia, nonostante sia innocente, poiché da bambino non ha salvato sua madre dall'incendio in cui è morta. Siccome non ha pagato per quel "peccato" eri un bambino figliolo!!! si prende l'incarico di colpevolezza per questo assassinio. Per espiare i suoi crimini verso la madre, dice. Tutto molto bello. Molto poetico.
Ma 1) eri un bambino abusato da tua madre che nelle belle giornate ti usava come posacenere e 2) sono due crimini diversi con contesti e protagonisti diversi.
Questa scelta narrativa da una parte mi è piaciuta poiché offre una visione diversa, emotiva e poetica della storia mostrando come anche una serie così possa esser raccontata in modo differente dal solito. Dall'altra però, non ha soddisfatto la parte investigativa che c'è in me. Quella che non vedeva l'ora di mettere insieme pezzi e prove per scoprire assieme alla polizia il colpevole. Nonché quella che ama la logica narrativa ed il cinismo della ragione.
Testimony offre poi uno sguardo intenso e approfondito dei suoi personaggi, gran parte con traumi e abusi infantili che si riflettono poi nelle loro vite da adulti e questo mi è piaciuto molto. Il fatto che ciò che hanno subito da piccoli si ripercuota emotivamente su loro da adulti è una cosa che ho trovato affasciante.
Onestamente, non ho mai trovato così tanti characters con un infanzia così difficile come in questa serie, dando la palma d'oro alla protagonista femminile. Chiariamoci, non è che gli altri se la passassero meglio... ma vederla piangere nel finale assieme alla madre, mentre finalmente lascia uscire fuori tutto il dolore e la paura di morire, sapendo la sua storia e quando sia stata dura per lei arrivare fino a qui, ha commosso pure me.
La serie fa infatti un lavoro encomiabile nel tratteggiare i suoi personaggi, grazie anche alla divisione della storia in 3 linee temporali diverse che ripercorrono la vita di questi ragazzi, mostrandoci come e perché siano così psicologicamente strutturati e perché abbiano fatto quello che hanno fatto. Così facendo lo spettatore può empatizzare per loro, comprenderli e sentirli molto più vicini.
La decisione di strutturare la storia in tre linee che coprono anni mi ha un po' destabilizzata all'inizio: capire in che periodo di vita dei ragazzi fossimo e tenere le fila delle vicende non è stato facilissimo ma dopo un po' ci ho preso la mano ed è diventato sempre più facile. Anche se ciò presuppone un attenzione costante da parte dello spettatore.
La serie ha inoltre due grandi colpi di scena. E se sul primo possono esserci degli indizi, il secondo è totalmente inaspettato. Sfido chiunque ad arrivare alla fine e sgamare il colpone nascosto! XD
Concludendo: pur non essendo nella mia lista dei drama preferiti, Testimony of N è un bel drama. Ed è fatto bene. Profondo, tragico ed introspettivo con buonissimi colpi di scena, la serie regala allo spettatore che cerca un drama più riflessivo, ottime ore di visione con personaggi intriganti ed interessanti. Visione da evitare invece se come me cercate un drama più legato a canoni d'investigativo e poliziesco, che ruota sulla ricerca della verità.
Voto: 7.8
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Primo racconto erotico
Buon salve,mi presento sono Piergiorgio. Sono alla quarta sega di oggi, ho le palle completamente svuotate,ma ho una gran voglia di risegarmi, ho esaurito por*hub talmente quanti video ho visto,mi sembra di aver visto ogni buco di porn*star,allora sempre con il cazzo in mano scarico quell'app di cui tutti parlano,Tinder.
Mi iscrivo.
Capisco come funziona.
Incomincio a ''tinderare''.
Perfetto, ho qualche match,incomincio a chattare, ma gli argomenti sono gli stessi di dove sei,che università frequenti e io voglio solo segarmi,ma è ovvio che non posso andare subito al dunque,quando invece...Decido di buttarmi con una ragazza senza foto profilo senza foto,visto che non ci ha messo la faccia posso essere sfacciato (penso in testa mia).
Allora le scrivo ''Senti io mi sto segando ti va di farmi sb*rrare?''
Lei mi sorprende, e mi scrive ''Farò di meglio, se vieni in questo hotel mi troverai a tua completa disposizione''
Io non credo molto,però nel mentre mi sego mi piace come idea quindi iniziamo a dirci porcate,sul cosa fare,nel mentre io penso che sia uno scherzo ma lei mi invia la stanza di quell'hotel.
Ci penso,ci ripenso, ho troppo bisogno di venire un ulteriore volta e poi cosa mi costa? Al massimo se è uno scherzo o un ragazzo ci facciamo due risate assieme.
Parto da casa il luogo è a dieci minuti.
Arrivo e le scrivo nuovamente :''Sono davanti la porta.''
Subito la sua risposta scritta sicuramente in precedenza: ''Entra sono qui a pecorina,scopami,usami,non parlarmi voglio solo il tuo cazzo.''
Entro,sempre pensando che sia una candid camera,o qualche ragazzone omosessuale. Ma sorpresa...
I miei occhi vedono un culo aperto. Vedo più giù e si non c'è dubbio è una fica non un cazzo. Mi stupisco mi giro e rigiro per capire se sto sognando e se ci siano telecamere.
Lei muove il bacino per invitarmi a cavalcarla, infilo il condom (portato da me per evitare cattive sorprese,la prevenzione è sempre al primo posto).
Vado dietro di lei e inizio ad infilarlo lei non fa una piega,mi sfogo per 5 minuti ma lei sembra non godore,allora il tocco di genio, lo sfilo e glielo punto nel culo, lei va verso avanti ma la rispingo indietro e glielo infilo,senza lubrificante,tanto che aveva la fica sgocciolante non serviva. Faccio un paio di su e giù e finalmente la sento ansimare e sopprime i suoi urletti sul cuscino. Quando proprio non ce la faccio più s*orro, credo di non aver mai fatto tutto quel nettare in vita mia,talmente ero eccitato.
Mi ricompongo mi rivesto,fregandomene se lei fosse venuta o meno e scappo via da quell'hotel, non conosco tutt'ora il volto di quella donna,ma so per certo che ho avuto uno dei miei più belli orgasmi.
Fine.
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La Bugiarda
Le bugie della Meloni sui ristori agli alluvionati.
Quí non è arrivato un solo euro di quelli annunciati dal Governo nei primi giorni dell'alluvione, (soldi annunciati a favore di telecamere). I soli ristori sono arrivati dalla Protezione Civile e dai Comuni che ora si trovano impossibilitati a far fronte a qualsiasi altra spesa.
Il Governo dopo aver tergiversato più di due mesi prima di nominare il Commissario straordinario (il generale Figliuolo), non lo ha dotato nemmeno dei fondi necessari.
Come ammesso dallo stesso Generale che scherzosamente si è definito "un Commissario senza alcun portafoglio" e ha invitato i Comuni ad attendere il mese di settembre nella speranza che il Governo gli faccia arrivare gli indispensabili fondi.
È ora di sbugiardare le messinscene di questa poveraccia, spergiura e inadeguata a svolgere funzioni di Governo, allo stesso modo del manipolo di sbandati e inetti, che ha posto a capo dei Ministeri italiani.
Una Presidente del Consiglio indegna di considerazione e capace soltanto di incolpare i predecessori (Draghi) e rovesciare le sue inadempienze sugli Enti locali.
Il sindaco di Ravenna: «Meloni ha una visione totalmente distorta, torni in Romagna»
Sulla lettera inviata da Meloni al governatore dell’Emilia Romagna, è intervenuto anche il sindaco di Ravenna. Per Michele de Pascale, la Presidente del Consiglio «non ha un quadro esatto della situazione in Romagna e in tutta la Regione», si legge sul post Facebook. «Forse – continua de Pascale – le dichiarazioni surreali di qualche suo collaboratore le hanno fornito una visione totalmente distorta sull’efficacia delle misure previste dal suo governo».
Poi la richiesta a Meloni di «incontrarla direttamente nei prossimi giorni, a Roma, o dove ritiene», ma, forse, continua il primo cittadino di Ravenna, «sarebbe meglio che tornasse lei in Romagna, nei luoghi più colpiti, e che, se non si fida dei sindaci (anche di quelli di centrodestra a quanto pare), dei sindacati e di tutte le associazioni di impresa, ascolti direttamente le persone colpite, visiti le case distrutte dall’alluvione e provi ripetere lì le 5 pagine sui 4,5 miliardi già spesi per l’alluvione».
La lettera della premier, per De Pascale, «purtroppo è totalmente negativa, prosegue nella narrazione surreale dei 4,5 miliardi già spesi dal governo per cittadini, imprese e opere pubbliche; rinvia ad ottobre le nostre due proposte per avere subito risorse reali per gli indennizzi a famiglie e imprese ed elude completamente la nostra richiesta di incontrarla subito personalmente per decidere insieme come procedere».
Il quadro è sufficientemente chiaro. Un Governo totalmente sordo e cieco davanti alle esigenze dei territori. Un Governo capace di andare avanti solo con annunci, interventi propagandistici e pillole di marketing televisivo.
La totale separazione dalla realtà concreta che vivono i cittadini delle zone alluvionate.
"Fascisti su marte" mi pare un ottima sintesi dell'attuale situazione!
😛🙈
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È proprio vero il detto che dice che non c'è osservatore più attento del tuo nemico. Il mio cellulare è sempre una cazzo di centrale nucleare.h24 Io so sempre dove si trova , con chi , perché, quando. Tutto. Senza chiedere praticamente mai. Io sono totalmente scomparsa. Riesco a non beccarlo neanche se è nello stesso edificio, basta stare attenta alle telecamere di sorveglianza per scansarlo. Poi non so , grazie a Dio sono circondata da molte persone che mi vogliono bene io penso che Dio me le abbia mandate per essere i miei occhi e le mie orecchie. Dai loro discorsi involontari io ricostruisco movimenti ed eventi" L ho visto la con tizia, ora è la a fare questo " praticamente è una telecronaca per capire che pezzo di merda è e io zitta. Muta. Attenta. Che se lui è furbo io di più. Casualmente lo beccano sempre con la solita tizia che mi guarda le storie. Questo perché non era vero niente. No no. Mezza Crotone vede cose immaginarie e io sono Sailor Moon.
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