#diritto dell’ambiente
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VENEZIA E LA SUA LAGUNA: Ultimo appuntamento del ciclo “Suolo, beni ambientali e paesaggio”
Lunedì 14 aprile, in Aula Nievo di Palazzo Bo, via VIII febbraio 2 a Padova, si terrà l’ultimo appuntamento del ciclo di incontri, aperti al pubblico e organizzati dal Professor Maurizio Malo, che ha per titolo “Suolo, beni ambientali e paesaggio”. Alla sua seconda edizione il ciclo consiste in lezioni e conversazioni dedicate allo sviluppo equilibrato del territorio, tutela e valorizzazione dei…
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Circa vent’anni fa difendere la proprietà privata, era una posizione moderata, oggi è definita di estrema destra.
Circa vent’anni fa, parlare di controllo dell’immigrazione, era una posizione moderata, oggi è definita di estrema destra.
Circa vent’anni fa, che le scelte sessuali dei singoli non toccassero i bambini, era una posizione moderata, oggi è definita di estrema destra.
Circa vent’anni fa, il rispetto dell’ambiente unito indissolubilmente alla tutela del lavoro, era una posizione moderata, oggi è definita di estrema destra.
Circa vent’anni fa, chiedere controlli rispetto a derive estremiste nei luoghi di preghiera islamici, era una posizione moderata, oggi è definita di estrema destra.
Circa vent’anni fa, parlare di sovranità nazionale rispetto all’Europa, era una posizione moderata, oggi è definita di estrema destra.
Non c’è nessun ritorno al fascismo, non c’è nessun nuovo estremismo. C’è una minoranza, organizzata, ben finanziata, padrona quasi totale della narrazione e capace di attirare sempre nuovi adepti, aggregandoli su tematiche specifiche, che ha deciso di attaccare i diritti e il libero pensiero del resto della popolazione.
La politica si basa sulla trattativa, su tavoli di confronto, o perlomeno questo ci è sempre stato detto, ma non vi può essere confronto con chi ti ritiene impresentabile a prescindere, perché il passo successivo è il non diritto alla rappresentanza.
Inutile discutere con un nemico che mira a ledere i tuoi diritti fondamentali. E lo dichiara esplicitamente.
Alex Bazzaro
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GLI STUDENTI UNIVERSITARI CREANO CITTÀ A MISURA D’API

Oasi urbane di biodiversità per le api, sparse nel cuore delle città, con fiori nutrienti, piante aromatiche per l’impollinazione e casette rifugio i piccoli insetti impollinatori.
Migliaia di studenti distribuiti in 5 campus universitari italiani sono diventati custodi di centinaia di colonie di api e dell’equilibrio naturale dell’ambiente, attraverso un progetto diffuso che coinvolge i campus di Roma, Bari, Chieti, Firenze e Torino e una popolazione di 5.300 universitari fuori sede. In collaborazione con la startup agri-tech 3Bee specializzata nello sviluppo di sistemi di monitoraggio per la salvaguardia e la protezione delle api, hanno realizzato il progetto “Oasi Urbane di Biodiversità” una serie di aree dedicate, all’esterno dei campus studenteschi in cui vivono, per sostenere la protezione, il benessere e la riproduzione delle api. All’interno dei CX Campus&Hotel e con il supporto della Fondazione Experience, ente filantropico impegnato sul fronte della mobilità studentesca e del diritto allo studio e su quello dell’ecosostenibilità, il programma si estenderà anche ai campus di Trieste, Milano Bicocca e Milano Novate dove gli studenti e le studentesse potranno unire lo studio alla lotta per la salvaguardia delle api, ricreando habitat ideali con risorse mellifere fondamentali.
Spostandosi da un fiore all’altro, le api impollinano oltre 170mila specie vegetali, garantendo così la biodiversità nei vari ecosistemi e permettendo lo sviluppo e la rigenerazione della natura. In un giorno le api di un alveare possono visitare fino a 225mila fiori.
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Fonte: Fondazione Experience; 3Bee
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Capitolo 31 - Il sonno della coscienza genera mostri

“… intorno a lui fu consultato il vate profetico per sapere se avrebbe visto i lunghi giorni di una matura vecchiaia: «Se non si conoscerà» egli disse. La profezia dell’augure a lungo sembrò menzognera, ma la confermarono la fine, gli avvenimenti, nonché il genere di morte e la singolarità della follia.”
Metamorfosi di Ovidio
Il lui della citazione è Narciso e come ci racconta Ovidio, era un giovane di straordinaria bellezza che dopo essersi specchiato nelle acque di un lago, s’innamora follemente della sua immagine riflessa e nel tentativo di afferrarla cade in acqua e muore annegato. La singolarità della follia è quella di amare sé stesso più di qualsiasi altro essere al mondo e come da profezia, la morte avviene nel momento in cui si conosce, si vede per la prima volta.
Il mito di Narciso è tra i più conosciuti della mitologia greca e tra i più utilizzati in psicologia come in letteratura per raccontare individui insensibili e manipolatori o descrivere società basate sull’egotismo e l’apparenza.
In Introduzione al narcisismo (1914), Sigmund Freud definisce narcisismo originario un particolare stadio dello sviluppo psichico durante il quale il bambino, o la bambina, basta a sé stesso, nel senso che il suo corpo è il punto di partenza e di arrivo delle pulsioni e del piacere. È quel momento in cui dipendiamo completamente dall’accudimento materno, il momento in cui ogni nostra necessità viene soddisfatta senza che sia necessario far nulla fuorché piangere, è il momento in cui la simbiosi con chi ci accudisce è assoluta, non siamo capaci di distinguere ciò che è io da ciò che è il corpo dell’adulto che ci accudisce. Abbiamo fame, sete, vogliamo dormire, essere coccolati oppure vogliamo giocare o essere cambiati e senza nessun altro sforzo che sia quello di agitarci scompostamente e piangere, otteniamo ciò che desideriamo, quello di cui abbiamo bisogno. Nel momento di massima dipendenza siamo quasi come degli dei, otteniamo pronta soddisfazione senza la necessità di affidare alle parole la nostra richiesta e solo con il movimento.
Crescere comporta però ripetere continuamente l’esperienza dell’essere incapaci, da soli, di soddisfare le nostre necessità, di essere fisicamente e psicologicamente inadatti a rispondere alle richieste dell’ambiente; crescendo ci scontriamo con i limiti che l’educazione pone al soddisfacimento del nostro piacere e con la frustrazione che deriva dai divieti morali e civili che la nostra società impone. Questo è il momento edipico, un momento fondamentale secondo Freud nello sviluppo psichico normale e in quello patologico dell’essere umano e per spiegarlo prende a prestito un altro mito di origine greca, quello di Edipo.
Questa volta a consultare l’indovino Tiresia sono il re Laio e sua moglie Giocasta, al quale pongono la stessa domanda che i genitori di Narciso posero all’augure: il loro primogenito vivrà sereno e abbastanza a lungo da godersi la vecchiaia? Sì, il bambino vivrà a lungo, abbastanza da invecchiare ma sarà causa di morte per il padre, è la risposta del veggente. I genitori sconvolti dalla profezia, decidono di uccidere il bambino, ma non essendo capaci di farlo affidano il neonato a un cacciatore, chiedendogli di abbandonarlo nel bosco così che muoia di fame e di freddo. Il cacciatore compassionevole non esegue però l’ordine del re, salva il bambino affidandolo alle cure di altri due genitori regali, senza figli, che lo accolgono con immensa gioia.
Una volta cresciuto, Edipo per dimostrare il suo valore di uomo e di futuro re, si mette in marcia, esercito a seguito, con l’intenzione di conquistarsi un proprio regno. Durante il cammino giunge dinnanzi ad una strettoia, all’altro capo della quale c’è Laio con il suo esercito in marcia. Nessuno dei due sa chi sia l’altro, ma entrambi sanno che il diritto di passaggio spetta a Laio in quanto re e in quanto anziano. Come sappiamo Edipo freme dalla voglia di mostrare le sue doti virili e i suoi talenti da guerriero così, invece di cedere il passo a Laio in rispetto alle leggi e agli dei, comanda al suo esercito di attaccare per imporre il suo diritto di passare per primo. Sarà proprio la sua spada ad uccidere il padre. Edipo trionfante e inconsapevole conquista il regno di Laio, sposa la madre e dall’unione dei due nascono ben quattro figli. Dei miti greci e delle leggende la cosa che più mi piace è che la verità anche se giace nascosta per anni e anni, trova sempre il modo di manifestarsi e una volta nota a tutti, la giustizia segue implacabile. Edipo venuto a conoscenza dell’orrida verità, si accecherà con le sue stesse mani e si costringerà a una vita in esilio vagando per strade sconosciute coperto di stracci.
Freud utilizza il mito di Edipo per spiegare un passaggio fondamentale della maturazione psichica durante il quale l’Io smette di trovare godimento in sé stesso e si rivolge all’ambiente, cerca di soddisfare i suoi bisogni nella relazione con i genitori, uno dei quali diventa l’oggetto del suo amore, l’altro diventa oggetto d’identificazione e d’imitazione, una sorta di ideale. Il primo atto costitutivo dell’Io come Essere in relazione con è una scelta d’amore e contemporaneamente è il desiderio di voler essere come quel modello in grado di possedere l’oggetto amato.
Il processo di identificazione è alla base del complesso edipico, il bambino s’identifica con l’oggetto amato che vuole per sé e con il quale non ammette distanza o separazione, ma s’identifica anche con il rivale in amore, l’altro genitore al quale vuole somigliare, che imita e che vorrebbe sostituire. L’identificazione è il primo legame emotivo che istauriamo con un’altra persona perché sia nell’innamoramento che nell’ammirazione tendiamo a emulare il comportamento delle persone amate e ammirate, in Psicologia delle masse e analisi dell’Io (1921) Freud dice che a volte l’Io copia la persona amata a volte quella non amata (quella ammirata) e che l’identificazione è immedesimazione, la stessa che utilizziamo per comprendere l’Io estraneo di altre persone, la stessa che sta alla base dell’empatia. L’Io dunque crea un legame emotivo identificandosi con il soggetto che ammira e dunque con ciò che vorrebbe essere oppure con l’oggetto e dunque con ciò che vorrebbe avere.
Il legame emotivo che si istaura mediante l’identificazione è ambivalente, tende all’avvicinamento e alla tenerezza con l’altro con cui ci si identifica ma allo stesso tempo tende all’allontanamento e a cercare di separarsi da questo. Le forme di relazione basate sull’identificazione sono forme primordiali di relazione, l’altro è vissuto come un oggetto, come qualcosa che si vuole avere interamente, o in parte appropriandosi dei suoi attributi, in questo aspetto predatorio e aggressivo risiede l’ambivalenza del legame.
Narciso vuole afferrarsi ed Edipo non vuole solo diventare re, vuole essere re come Laio, vuole il suo regno, il suo esercito e la sua regina.
“[L’identificazione] Si comporta come una propaggine della prima fase orale dell’organizzazione libidica nella quale l’oggetto bramato e apprezzato veniva incorporato durante il pasto e perciò distrutto in quanto tale. Come è noto il cannibale rimane fermo a tale stadio; egli ama i nemici che mangia e non mangia se non quelli che in qualche modo può amare.”
Tre saggi sulla teoria sessuale (1905)
È sempre Freud a parlare e sembra far eco al poeta che dal carcere di Reading canta:
“Troppo poco si ama, o troppo a lungo;
C’è chi vende l’amore e chi lo compra,
Chi commette il delitto lacrimando
E chi senza un sospiro:
Poiché ogni uomo uccide ciò che ama,
Ma non per questo ogni uomo muore.”

Infatti a morire sono solo le donne che vengono divorate da uomini che amano solo sé stessi. I dati circolati dopo la morte di Giulia Tramontano, la giovane donna incita di sette mesi uccisa dal suo compagno, dicevano che in Italia 3 donne al giorno sono vittime di violenza e l’85% di loro muore uccisa da compagni, mariti, padri e figli, proprio da quegli uomini che le amano di quel tipo d’amore che le considera soltanto oggetti utili al loro nutrimento e al loro piacere. Ecco che tipo di amore è quello di ogni uomo che uccide ciò che ama, lo stesso tipo di amore in nome del quale chi mi stalkerizza giustificava la sua azione abusante nei miei confronti. In questi anni mi sono chiesta come potesse una persona, che mi ossessionava con la sua presenza sempre lì dov’ero io ad ascoltare ogni mio respiro, a guardare ogni mia azione, sempre pronto a sottolineare i miei gesti, gli eventi della mia vita con poesie d’amore, canzoni, articoli, sempre lì a ripetere le mie parole, i miei argomenti, a imitare i miei gesti, i miei modi di dire, che a ogni mio tentativo di liberarmi da questa sorveglianza globale rispondeva che sarebbe rimasto per sempre perché mi amava troppo, come può questo uomo non aver mai nemmeno tentato, di avere una relazione normale con me? Non aver mai cercato d’incontrarmi o di parlarmi per comunicare, non soltanto per ripetermi come un’eco infinita. In linea con Freud ritengo che la risposta stia proprio nella fame smodata e insaziabile dell’oralità, e nella violenza dell’identificazione come esporrò nel prossimo capitolo.
Adesso, dopo aver parlato di uomini, di miti e di parole ripetute, mi piacerebbe concludere con la storia di un personaggio femminile Eco, la ninfa ripetente, così come l’ho trovata nel libro di Christoph Ransmayr, Il mondo estremo.
La storia è ambientata agli estremi confini del mondo conosciuto, nella città di Tomi, sul Mar Nero, dove Ovidio fu esiliato e dove morì. Il protagonista è Cotta, amico del poeta, che aveva assistito al suo ultimo discorso pubblico a Roma prima dell’esilio. Cotta si reca nella città selvaggia perché vuole rintracciare le ultime tracce di Ovidio e delle Metamorfosi, muovendosi in un mondo in cui il mito si trasfigura in realtà. In questo romanzo Eco è una donna straniera, povera e sola, dalla pelle così chiara e delicata che se si espone al sole inizia a squamarsi e a decomporsi, per questo vive in una caverna in cima alla montagna. Eco è capace di discorrere di molte cose, sa molto e ha vissuto a servizio di Ovidio fino alla morte di quest’ultimo, ma a Tomi generalmente quando le rivolgono la parola si limita a ripetere le ultime parole di chi le ha parlato. Essendo una straniera, povera e donna, gli uomini della città ferrigna, si presentano di notte nella sua caverna e portando polli, stoffe, grano o farina pretendono di accoppiarsi con lei, lei per sopportare quei momenti, rimane in silenzio e immagina di trovarsi a passeggiare per sentieri di montagna. Cotta è l’unico a sapere che Eco non ripete soltanto parole, ma parla in modo tale da fargli venire il sospetto che Ovidio stesso possa aver scritto le Metamorfosi ripetendo le storie ascoltate dalla donna. Nonostante questo, o forse proprio per questo, anche Cotta la violenta.
Roma, 12 giugno 2023 h 9.33 a. m. – 15 giugno 2023 h 3.05 p. m.
#loveintblog#LOVEINTblog#stalking online#violenza#abuso#potere#resistenza#Eco#cyberstalking#identificazione#Narciso#Edipo#mito#sorveglianza#SigmundFreud#verità#ComplessodiEdipo#ossessione#inviolabilità della persona#empatia#Ovidio#Metamorfosi#Christoph Ransmayr#Il mondo estremo#Oscar Wilde#libertà#privacy#azione#Ballata del carcere di Reading
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“Vi invio con grande piacere i miei saluti e i miei auguri per il Festival di Letteratura Working Class. Questo è sicuramente il momento migliore per mobilitare la working class come forza politica.
Corrono davvero tempi inquietanti. Assistiamo a un’enorme disuguaglianza: da un lato la classe lavoratrice, dove si lotta contro la povertà o si corre persino il rischio di perdere la casa o patire la fame, e dall’altro chi la sfrutta. È sempre stato così, ma adesso la classe dominante ha un nuovo volto. Ricchezze inimmaginabili vengono accumulate da chi possiede e controlla grandi multinazionali e da chi manipola la finanza.
Vediamo anche questo potere economico trasformarsi in un potere politico. Cade la maschera della democrazia e la destra più estrema torna di nuovo in marcia. Non si limita adesso a tre paesi europei, come negli anni Trenta, ma si diffonde in tutto il pianeta: gli echi del fascismo tornano di nuovo attuali.
L’élite al potere non rispetta neanche lo stato di diritto: ogni giorno sugli schermi si mostrano crimini di guerra, eppure Trump fornisce a Israele le armi per commetterli, senza che ci siano esitazioni sulla strada che Israele sta seguendo. Le Nazioni unite, ridotte al rango di una sala convegni, sono prive di ogni autorità.
La crisi climatica e la distruzione dell’ambiente – provocate, come tutti sappiamo, dall’uso dei combustibili fossili – rappresentano il maggiore pericolo per la nostra sopravvivenza, eppure Trump continua a dire alle compagnie petrolifere: “Forza, continuate a scavare!”.
Bisogna ovviamente trovare un capro espiatorio, qualcuno a cui dare la colpa di tutto quello che va storto: tocca agli immigrati o ai poveri, accusati di ricevere aiuti statali che non si meritano. Si tratta di quello stesso razzismo che accusa i palestinesi di essere responsabili della loro sofferenza. Tanto che – lo dice ancora Trump – dovrebbero essere cacciati dalla loro terra.
Come possiamo resistere a tutto questo? Penso che la risposta sia chiara: mobilitando la forza della classe lavoratrice organizzata. I lavoratori sono intrappolati in una contraddizione: generano la ricchezza di chi li sfrutta e poi soffrono del potere che quella ricchezza ha creato. Noi alimentiamo un sistema economico che genera una ricchezza che realizza il nostro stesso sfruttamento.
La lotta per la coscienza di classe è ormai cruciale: è la nostra arma contro il fascismo. Di più: è uno strumento per la nostra sopravvivenza. Il sistema economico che dobbiamo costruire dovrà fondarsi sulla proprietà comune mentre la produzione — democratica e responsabile, in uno spirito di uguaglianza e collaborazione – sarà organizzata per servire gli interessi delle persone.
Sappiamo che nelle nostre mobilitazioni politiche dobbiamo avanzare richieste fondate sui bisogni concreti delle famiglie lavoratrici. Nel mio paese, come ovunque, le persone hanno bisogno di un lavoro sicuro con un giusto stipendio, una casa dove vivere, una buona assistenza sanitaria, un’istruzione per i figli, pensioni per quando si è anziani e sostegno per quando si è in difficoltà. Sembrano richieste semplici, eppure non possono essere soddisfatte nell’attuale sistema. Soddisfare le necessità essenziali della vita quotidiana è una questione che ha a che fare con le grandi trasformazioni che dobbiamo realizzare nelle nostre società.
So che tutto ciò sembra lontano, lo so. Un sogno che non accadrà mai.
La brutta notizia è che non c’è un’altra soluzione. Non potremo mai controllare il capitalismo, non potremo obbligarlo a lavorare per noi: la storia è coronata dai fallimenti di quest’idea.
Ma la buona notizia è questa: la classe lavoratrice ha la forza per farcela. Il gigante addormentato può essere risvegliato. Ecco perché il vostro festival è così importante. State mostrando la via da seguire.
Non ha senso cantare l’‘Internazionale’ se non agiamo davvero a livello internazionale: è questa la nostra responsabilità più grande.
Grazie per aver ascoltato queste poche parole. Un poeta inglese, Percy Bysshe Shelley, ci esortava a «sollevarsi come leoni dopo il sonno!». È tempo che i leoni insorgano e inizino a ruggire!
Con i miei più calorosi auguri a chi parteciperà al Festival di Letteratura Working Class e, naturalmente, la mia solidarietà!”
Ken Loach
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La responsabilità è il centro dell’etica e del diritto. Se non ci fosse responsabilità in quanto capacità di rispondere o di non rispondere, non avrebbe senso alcuno parlare di etica e di diritto. Tale capacità di rispondere sì oppure no oppure nulla si chiama libero arbitrio. Senza la responsabilità in quanto libero arbitrio, chi si comporta in modo responsabile non avrebbe alcun merito ma semplicemente seguirebbe il suo desiderio o i suoi istinti o le determinazioni dell’ambiente; e allo stesso modo non avrebbe nessun demerito chi viceversa si comporta in modo irresponsabile.
Hans Jonas
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Al via la nuova edizione di “Delfini Guardiani dell’Isola” il progetto nazionale di educazione ambientale promosso da Marevivo, con il consolidato supporto di MSC Foundation, rivolto alle classi delle scuole primarie delle isole Eolie, Egadi, Elba, Ustica, La Maddalena e della città di Milazzo. Il percorso didattico, grazie alla disponibilità e sensibilità di dirigenti e docenti, coinvolgerà oltre 1600 alunni e alunne in attività finalizzate alla conoscenza e al rispetto dell’ambiente. In particolare, sotto la supervisione degli operatori Marevivo, in collaborazione con insegnanti, esperti e istituzioni locali, i giovanissimi saranno guidati in attività di ricerca d’ambiente e osservazione all’aria aperta, con esperienze a contatto con la natura, nei sentieri, nei boschi e sulle spiagge, uscite in barca per scoprire il proprio territorio da una prospettiva diversa, o ancora incontri con chi lavora in mare e per il mare, dai pescatori agli uomini e alle donne della Guardia Costiera, fino ai rappresentanti dei Parchi Nazionali e delle Aree Marine Protette coinvolti, che con il loro lavoro ricordano ogni giorno l’importanza della tutela della biodiversità All’esperienza outdoor si affiancano laboratori in classe per implementare e perfezionare quanto appreso grazie a metodologie attive e coinvolgenti e al supporto del "Blue Corner" donato da Marevivo a tutte le scuole partecipanti: un vero e proprio “angolo di mare” con attrezzature e materiali didattici specifici per supportare alunni e docenti sia durante le attività con gli operatori, sia in autonomia. Ogni studente riceverà, inoltre, materiali prodotti appositamente per il progetto e gli insegnanti avranno un kit di schede didattiche e di approfondimento tematico utili anche per trarre spunti per attività da fare con la classe. Al termine del percorso, i giovanissimi riceveranno il distintivo di “Guardiani dell’Isola”, che darà loro il diritto (e il dovere) di presentarsi, senza accompagnatori adulti, presso il proprio Comune o la Capitaneria di Porto per segnalare eventuali criticità di carattere ambientale. L’obiettivo generale del progetto è quello di migliorare la conoscenza degli aspetti naturalistici, archeologici e ambientali dei territori coinvolti, e ricordare l’importanza delle tradizioni locali, per rafforzare il legame di appartenenza, comprendere il valore della tutela regolamentata e accrescere anche nei più piccoli l’interesse e la voglia di impegnarsi in eventi di cittadinanza attiva. Novità dell’edizione 2024 sarà il coinvolgimento, nelle isole di Ustica e nelle Egadi, degli studenti delle scuole secondarie di primo grado che saranno impegnati in alcune delle attività previste e in operazioni di beach clean-up. «“Delfini Guardiani dell'isola” è un progetto che ci sta particolarmente a cuore, pensato guardando ai cittadini più piccoli e potendo contare sulla preziosa collaborazione delle istituzioni scolastiche», ha affermato Laura Gentile, coordinatrice nazionale del progetto per Marevivo. «Quello che proponiamo ad alunni e docenti non è solo un percorso di conoscenza dell'ambiente naturale e del mare, ma è anche condividere quel processo di riconversione culturale che ci riguarda tutti e che ci può consentire di vivere in armonia con il Pianeta. Perché solo interrogandoci e cambiando nel profondo possiamo ambire a una transizione ecologica che concili i bisogni di equità e giustizia tra esseri umani e tra generazioni e soprattutto la comprensione di come una vita di dignità e benessere dipende da un ambiente sano e dalla disponibilità delle risorse naturali». «La Fondazione MSC si impegna a nutrire la curiosità e la conoscenza dei mari di questi bambini, promuovendo al contempo un senso di responsabilità nelle loro comunità. Dal 2015, la nostra collaborazione con Marevivo ha permesso di formare oltre 7.300 studenti e quasi 800 insegnanti. Attraverso strumenti innovativi e metodi di insegnamento coinvolgenti, ci impegniamo a catturare la
loro immaginazione e a coltivare i semi di un cambiamento duraturo», ha dichiarato il direttore esecutivo MSC Foundation Daniela Picco. Il progetto può contare sulla collaborazione della Marina Militare e della Guardia Costiera e, a livello nazionale, gode del patrocinio della Federparchi e dei Carabinieri Forestali mentre, a livello locale, di quello dei Comuni interessati, delle Aree Marine Protette e dei Parchi Nazionali coinvolti, che supportano le attività e collaborano attivamente per il raggiungimento di tutti gli obiettivi programmati.
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Survival International: I popoli indigeni sono i migliori conservazionisti
È colonialismo puro e semplice: potenti interessi mondiali sottraggono senza vergogna terra e risorse a persone vulnerabili sostenendo di farlo per il bene dell’umanità.
Ben note organizzazioni per la conservazione come WWF, WCS e African Parks, sono a conoscenza di queste atrocità da anni, ma continuano a finanziare e sostenere la conservazione di stampo colonialista. Equipaggiano e addestrano direttamente i responsabili delle violenze. Alcune hanno persino insabbiato i rapporti sugli abusi.
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Documentario BBC: Sfratti brutali dal Parco nazionale Kaziranga, India. Il WWF equipaggia e addestra i guardaparco di Kaziranga pur essendo ben consapevole che le autorità commettono atrocità come queste contro gli abitanti locali.
La Conservazione colonialista si basa su razzismo, violenza e intimidazioni
La conservazione colonialista, anche nota come “Conservazione fortezza”, si fonda sul pregiudizio razzista che i popoli indigeni non siano in grado di prendersi cura delle loro terre e degli animali che vi vivono. I suoi sostenitori considerano i custodi originari del territorio come un “fastidio” da “risolvere” invece che come esperti della biodiversità locale e alleati fondamentali negli sforzi di conservazione. Le forze dell’ordine della conservazione colonialista hanno picchiato e ucciso decine di persone innocenti, tra cui bambini e disabili. Ma ben pochi hanno dovuto rispondere alla giustizia di questi loro crimini. Popoli indigeni come i Baka e i Chenchu ci dicono che considerano la conservazione colonialista come la più grande minaccia che devono affrontare.
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Ascolta quest’uomo Baka: racconta di come una bambina e un uomo anziano sono morti quando la loro comunità fu attaccata da una squadra di guardaparco finanziata dal WWF.
“Il WWF è arrivato nella nostra foresta e sta stabilendo dei confini senza il nostro consenso. Nessuno si è mai preso la briga di darci spiegazioni. Ci hanno detto solo che non abbiamo più il diritto di andare nella foresta. I guardaparco ci stanno già facendo soffrire. Picchiano la gente ma non proteggono gli elefanti.�� - Abitanti Baka, Congo
La conservazione colonialista è sostenuta da oganizzazioni “rispettabili” come il WWF
Le grandi organizzazioni per la conservazione, come WWF, WCS e African Parks, sono complici di questa situazione. Finanziano e sostengono i responsabili di queste atrocità e fanno davvero poco per fermare le violenze inflitte ai custodi originari della terra di cui sostengono di preoccuparsi così tanto. La teoria vuole che gli umani che vivono all’interno delle aree protette costituiscano una minaccia per l’ambiente (specialmente se non sono bianchi). Ma i popoli indigeni vivono lì da sempre: questi territori sono oggi importanti aree di conservazione proprio perché i popoli indigeni si sono presi cura molto bene delle loro terre e dell’ambiente naturale!
Fuori i popoli indigeni, dentro turisti, cacciatori di trofei e trafficanti del legno
È significativo che chi sostiene gli sfratti violenti dei popoli indigeni dalle aree protette, spesso vi incoraggi attivamente altri tipi di presenza umana. Molte aree protette aprono le porte al turismo di massa, e spesso vi si praticano caccia ai trofei, attività minerarie e taglio del legno. Sotto questo modello di conservazione, i locali non possono cacciare per sfamarsi, ma gli stranieri possono cacciare per sport.
"Il numero di turisti è davvero elevato, e ci danno un sacco di problemi. I rifiuti di plastica che i turisti portano dentro… gli animali muoiono per questo."
Husain Swamy, Chenchu, Amrabad, India
Alcuni conservazionisti sostengono che il turismo, la caccia sportiva e l’estrazione “sostenibile” delle risorse generano introiti con cui si può finanziare la conservazione. Ma quando i loro diritti territoriali sono garantiti, gli indigeni ottengono risultati di conservazione pari se non superiori a quelli delle alternative, e a un costo di gran lunga inferiore. Secondo un rapporto recente:
I popoli indigeni hanno custodito e protetto le foreste del mondo per molto tempo. In materia di conservazione, ottengono risultati almeno uguali, ma con una spesa minima rispetto ai budget delle aree protette… Investire sui popoli indigeni stessi è quindi il modo più efficiente di proteggere le foreste.
Victoria Tauli-Corpuz, Relatrice Speciale ONU
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6 dic 2023 14:06
COLPO DI SCENA! - ARIANNA FONTANA, CAMPIONESSA DI SHORT TRACK E ATLETA ITALIANA PIÙ MEDAGLIATA ALL’OLIMPIADE, È RIUSCITA A FAR RIAPRIRE IL PROCESSO SPORTIVO CONTRO TOMMASO DOTTI E ANDREA CASSINELLI GRAZIE A UN AUDIO REGISTRATO IN CUI I DUE AMMETTEREBBERO L’INTENZIONALITÀ DI AVERLA FATTA CADERE IN UN ALLENAMENTO MISTO A COURMAYEUR NEL 2019 - GLI SCAZZI CON LA FEDERGHIACCIO, LA MINACCIA DI GAREGGIARE CON GLI STATI UNITI E L'ACCUSA: "C'ERA CHI NON MI VOLEVA ALLE OLIMPIADI..." -
Estratto dell’articolo di Gaia Piccardi per www.corriere.it
Arianna Fontana , l’atleta azzurra più medagliata all’Olimpiade (11 podi, di cui due ori), e i due compagni di squadra che ha accusato di averla fatta cadere in un allenamento misto a Courmayeur nel 2019, Tommaso Dotti e Andrea Cassinelli, nella stessa stanza per la prima volta.
È successo ieri nell’udienza davanti al Tribunale federale (tre giudici donne) che dovrà decidere se prosciogliere o condannare i due atleti per violazione dell’art.1 del Regolamento di giustizia (pene dalla diffida alla radiazione), alla presenza del Procuratore nazionale del Coni Alessandra Flamminii Minuto (che assisterà a tutte le udienze) e del Procuratore della Federghiaccio (Fisg) Marco Cozzi. E la tensione nell’aula di via Piranesi era ben più spessa delle lame dello short track.
Vicenda delicata, archiviata dalla Procura Fisg dopo una prima indagine, riaperta prima dell’estate grazie alla prova regina presentata da Fontana: una registrazione audio del meeting di squadra del giorno dopo l’allenamento incriminato, in cui Dotti e Cassinelli, poi deferiti, avrebbero ammesso l’intenzionalità del gesto.
[…] la registrazione fatta a titolo difensivo è ammissibile benché presentata in un secondo tempo, la Procura federale non era al corrente dell’audio e quindi bene ha fatto a riaprire le indagini in presenza della «prova principe» […] Ma soprattutto, in questa prima udienza interlocutoria, Fontana segna un punto importate quando il Tribunale respinge l’eccezione sulla costituzione della fuoriclasse come parte del processo: l’atleta è a buon diritto presente nel procedimento anche se non potrà essere sentita come testimone.
[…] l’interesse primario della campionessa olimpica è ottenere un risarcimento (perlomeno) morale in quella che lei definisce una «battaglia di giustizia contro un ambiente tossico», è corretto che vi prenda parte. Il diritto soggettivo, insomma, è riconosciuto. Ce n’è anche uno collettivo: il fatto, accaduto in un allenamento misto uomini/donne, potrebbe ripetersi (Dotti e Cassinelli, peraltro, sono attualmente infortunati).
L’udienza è aggiornata al 16-17 gennaio per l’audizione dei testimoni (tra cui il segretario generale Sanfratello, il d.t. azzurro Gouadec e Cynthia Mascitto, atleta italo-canadese oggi non più tesserata Fisg che sulla qualità dell’ambiente in squadra ha portato una sua testimonianza). Dalla sentenza, a occhio in primavera, dipende il futuro in azzurro di Arianna Fontana
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L’incremento dei flussi turistici su scala mondiale, nazionale e locale ha generato un repentino aumento dell’impatto economico, sociale e ambientale del settore. Infatti, all’interno di territori con un alto numero di arrivi e di presenze, il turismo ha prodotto un impatto sistemico capace di coinvolgere trasversalmente più comparti, ad esempio, ristorazione, trasporti, servizi sanitari.
Le aree maggiormente interessate dal turismo mostrano quanto esso sia una forza trasformativa capace di produrre ricchezza economica, ma anche di condensare aspetti distruttivi cui si associano squilibri e impatti inattesi o indesiderati.
Molte esperienze nazionali e internazionali mostrano come esista un “bad tourism” che, tra gli altri, può impoverire il territorio, compromettere la qualità dell’ambiente, alterare la vita sociale e culturale, generare costi (e deficit) per la realizzazione di strutture e infrastrutture non recuperabili con i ricavi, aumentare a dismisura la richiesta di risorse o la produzione di esternalità negative che penalizzano le stesse comunità locali.
Se da un lato la pressione turistica produce un aumento della ricchezza economica e dell’occupazione in molte località, dall’altra pone con forza alcune precise richieste, in tema di qualità della vita, di servizi e di tutela degli ecosistemi che non si possono lasciare inevase, ma che richiedono uno sforzo per perseguire concreti obiettivi di riequilibrio del rapporto tra turismo, ambiente naturale e popolazione locale.
La consapevolezza delle criticità collegate al turismo, soprattutto quando condizionato da un modello di sviluppo disordinato, puramente quantitativo e meramente consumista, ha sostenuto una riflessione sull’applicazione al settore turistico del paradigma della sostenibilità.
L’introduzione sul piano politico-istituzionale e sul piano scientifico del concetto di “turismo sostenibile” è un approdo immediatamente successivo alla formalizzazione nel noto Rapporto Bruntland (1987) dell’idea di “sviluppo sostenibile”.
A distanza di un anno, nel 1988, l’Organizzazione Mondiale del Turismo (OMT) ha formulato una definizione di turismo sostenibile tesa declinare l’idea di sostenibilità all’interno del settore turistico, evidenziando la necessità di soddisfare al contempo i bisogni dei turisti e delle popolazioni delle località visitate e di generare opportunità per una crescita durevole dei territori.
Ecco allora che secondo l’OMT «lo sviluppo sostenibile del turismo va incontro ai bisogni dei turisti e delle aree ospitanti attuali e allo stesso tempo protegge e migliora le opportunità per il futuro.
Esso deve essere il principio guida per una gestione delle risorse tale che i bisogni economici, sociali ed estetici possano essere soddisfatti e contemporaneamente possano essere preservati l’integrità culturale, gli equilibri fondamentali della natura, la biodiversità e il sostegno al miglioramento della qualità della vita».
Nel Codice Etico Mondiale, la stessa OMT (1999) afferma che il turismo deve essere un’attività benefica per le comunità di destinazione che devono condividerne in modo equo i benefici economici, sociali e culturali.
Alla luce della crescente compromissione dei sistemi ecologici e della più generale sfida del mutamento ambientale globale non è più sufficiente invocare una generica attenzione alla sostenibilità in ambito turistico.
Da più parti emerge la richiesta di una scelta di campo netta a favore di un’idea forte di sostenibilità che produca marcati cambiamenti sul piano dell’offerta e della domanda, ad esempio, rivendendo dalle fondamenta il modello anacronistico di una crescita disordinata, consumistica e senza limiti che purtroppo anche in alcune aree turistiche ha lasciato il segno.
Il turismo sostenibile riconosce ed esalta la centralità della comunità locale ospitante. Chi ospita ha il diritto ad essere protagonista nello sviluppo turistico, e socialmente responsabile del proprio territorio. Questo principio si muove sulla scia delle spiacevoli esperienze riconducibili all’overtourism o sovraffollamento turistico.
Soprattutto nelle metropoli, ma più in generale nelle mete turistiche, si genera infatti una situazione poco gradevole per tutte le parti in causa. Da un lato i turisti si trovano a fronteggiare file interminabili per visitare luoghi iconici, dall’altra i locali convivono con un sovraffollamento concentrato in periodi circoscritti. Il turismo ecologico è una strategia win-win che apporta benefici ad entrambe le parti.
Il turismo sostenibile è quello che si dissocia dall’inquinamento, dall’aumento dei costi della vita e dalla ricerca di lusso e di comfort.
I suoi principi sono la condivisione delle ricchezze del luogo, la custodia e la valorizzazione delle tradizioni, il sostegno alle bellezze naturali e architettoniche. Alla base del turismo sostenibile c’è, quindi, il rispetto del luogo che si visita e di chi lo abita ogni giorno.
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Schlein: "Torniamo a fare la sinistra, la costituente deve proseguire"
“Oggi siamo all’opposizione, dobbiamo ricostruire una identità chiara su proposte fondamentali per il Paese, dobbiamo ricominciare a fare la sinistra, questo ci chiedono le persone”. Lo ha detto la segretaria del Pd, Elly Schlein, all’assemblea di Articolo Uno alla ex Whirlpool di Napoli, ricordando le battaglie sul lavoro, sul diritto alla casa, sui temi dei diritti e dell’ambiente. “La…

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𝘾'𝙚𝙧𝙖 𝙪𝙣𝙖 𝙫𝙤𝙡𝙩𝙖 𝙞𝙣 𝙄𝙩𝙖𝙡𝙞𝙖, il film-inchiesta dell'anno, è a #Frosinone❗I comitati e le associazioni locali invitano la cittadinanza lunedì 8 maggio ore 17:30 e 20:00 al Multisala Dream Cinema, in via G. Iacobucci 1, per assistere alla proiezione del film-evento 𝘾'𝙚𝙧𝙖 𝙪𝙣𝙖 𝙫𝙤𝙡𝙩𝙖 𝙞𝙣 𝙄𝙩𝙖𝙡𝙞𝙖, di Federico Greco e Mirko Melchiorre. Il film sarà poi proiettato di nuovo il 9 e il 10 maggio, sempre alle 20:00. 🎞️#trailer: https://youtu.be/ePNtgZmMOW8
🎟️ Biglietti:
Per l'evento di lunedì, gli organizzatori saranno presenti dalle ore 17:00 per incontrare i partecipanti e distribuire materiale informativo. Al termine della proiezione delle 17:30 ci sarà un dibattito pubblico con i promotori ed i registi.
“Il film-evento è stato promosso dal Comitato NO biodigestori a Frosinone - Valle del Sacco, in collaborazione con le associazioni e comitati da anni in lotta per la difesa della salute, il potenziamento della sanità pubblica e la tutela del territorio: Comitato No Biodigestori Frosinone - valle del Sacco, Associazione Frosinone Bella e Brutta - ODV, Coordinamento Frosinone Salviamo il Paesaggio, Comitato Residenti Colleferro CRC, Cittadini della valle del Sacco (Sgurgola-Anagni), Cittadinanza Attiva-Tribunale per i Diritti del Malato, Rigenerare Frosinone, AIPA (Associazione Pazienti Anticoagulati), Comitato Salute ed Ambiente ASL RM5, Comitato Libero a Difesa dell’ospedale di Colleferro, Associazione Diritto alla Salute Anagni, Associazione Culturale Anagni Viva e COMITATO SALVIAMO L'OSPEDALE di ANAGNI. A riprova che la salvaguardia della salute come fondamentale diritto dell’individuo e la protezione dell’ambiente sono legati a doppio filo.
Il #film è frutto di una produzione indipendente e denuncia il graduale smantellamento negli ultimi trent’anni del Servizio sanitario nazionale, trasformato in “sistema”, fino alla lotta di resistenza dei cittadini per il mantenimento dell’Ospedale Vittorio Cosentino- Cariati, in provincia di Cosenza. Rilanciata dall’appello di Roger Waters, fondatore dei Pink Floyd, la storia è stata magistralmente ripresa dai registi ed accompagnata da interventi di intellettuali, medici, esperti e attivisti italiani e internazionali, che svelano le origini e le responsabilità locali e globali dell’attacco alla sanità pubblica.
La forte opposizione dei cittadini calabresi, che hanno occupato l’ospedale pubblico di Cariati per ottenerne la riapertura, si è rivelata un potente strumento comunicativo in grado di trasmettere al pubblico il valore e l’importanza della partecipazione attiva alle lotte civiche in difesa di diritti costituzionali.
Dopo 12 anni il Lazio è uscito dal commissariamento della sanità pubblica, ma il risanamento del deficit è avvenuto attraverso drastici tagli lineari, chiusura di ospedali e reparti, riduzione di servizi ed assistenza, con un alto livello di tassazione dei contribuenti. I risultati non si vedono ed in particolare nel nostro comprensorio sono totalmente scomparse le poche tracce della medicina di base dei servizi territoriali, che dovrebbe garantire la continuità assistenziale e la cura dei pazienti dimessi dagli ospedali, soprattutto a livello ambulatoriale e domiciliare.
Obiettivo fondamentale del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) è proprio il potenziamento dei servizi di prossimità, case di comunità ed ospedali di comunità, oggi praticamente inesistenti, obiettivo che nella realtà si scontrerà con le inadeguate condizioni organizzative locali e la frammentazione degli interventi gestionali.
Con il taglio delle prestazioni prima, e il Covid dopo, le famiglie sono state lasciate sole di fronte al loro percorso di malattia, non potendo contare nemmeno sulla sanità pubblica, di fatto sempre meno accessibile e sempre più orientata verso il privato. Un nuovo modello che veda lo “sforzo comune tra pubblico e privato” non è nello spirito del servizio sanitario nazionale e non è la risposta adeguata ai bisogni dei cittadini, che pagano già le prestazioni, ma una inaccettabile sottrazione di risorse al SSN.
Il Comitato NO Biodigestori Frosinone negli ultimi tre anni si è fatto promotore verso la politica e i cittadini di azioni volte a vedere realizzato nel territorio un ciclo di gestione dei rifiuti aderente ai principi dell’economia circolare, coerente con la drammatica situazione sanitaria e con il disastro ambientale della valle del Sacco, sito di interesse nazionale da bonificare (SIN), istituito nel 2005.
Riconosciuta dalla Regione la necessità di monitoraggio della salute dei residenti nel SIN, dopo il 2015 il DEP-Lazio non ha più aggiornato lo studio epidemiologico, nonostante i dati emersi dalla sorveglianza sanitaria abbiano permesso di approfondire i meccanismi di contaminazione da beta esaclorocicloesano e risalire alla sua origine “plausibilmente dovuta alla catena alimentare e all’utilizzo di acqua da pozzi privati”.
Il rapporto del DEP-Lazio si concludeva con la raccomandazione alle Autorità locali di informare la popolazione, di salvaguardarne la salute, specie dei gruppi sociali più deboli, di offrire l’assistenza sanitaria adeguata e di garantire un continuo monitoraggio epidemiologico e sanitario.
La raccomandazione non ha avuto seguito e resta generico quanto lacunoso l’annuncio di una nuova fase di sorveglianza epidemiologica in collaborazione con la Asl Roma 5 e la ASL Frosinone, di cui non si rintracciano, da parte nostra, atti nei siti istituzionali.
La Regione continua a promettere la bonifica e la transizione verso l’economia circolare solo a parole, mentre nelle scelte politiche sostiene un modello di sviluppo che penalizza i territori, privandoli di prestazioni sanitarie primarie. Proliferano infatti impianti di biodigestione anaerobica a Frosinone, Ferentino e Pratica, oltre a quello di Anagni già autorizzato: 4 impianti nel raggio di poche decine di km per il trattamento di rifiuti e la produzione di biometano.
Quello previsto a Frosinone dovrebbe sorgere nel quartiere Selva dei Muli, in Via Antonello da Messina, della società Maestrale srl, all’ingresso della città, in un’area vasta circa 6 ettari (quanto 9 campi di calcio) a solo 1.200 metri dal popoloso quartiere di Corso Lazio, in prossimità di un altro ecomostro, la discarica di Via Le Lame.
L’impianto tratterebbe annualmente 50mila tonnellate di rifiuti organici in entrata, dieci volte quanto prodotto dalla città, circa 6mila tonnellate, importati da altre province e trasportati su gomma da 9.500 tir l’anno. A fronte dei rifiuti organici trattati dall'impianto uscirebbero rifiuti di residuo/ammendante pari a circa 40mila tonnellate l’anno. Una soluzione impiantistica ad alto impatto ambientale che non serve nemmeno a chiudere il ciclo dei rifiuti, ma solo a perpetuare lo stesso sistema di profitti privati.
Il Comitato NO Biodigestori – valle del Sacco ha formalmente chiesto l’archiviazione del progetto e rivolge un appello alla cittadinanza per chiedere di contrastare, uniti, il nuovo impianto. Al Comune di Frosinone e alla Consulta dei Sindaci ha richiesto di assumere iniziative formali per “fermare” l’impianto con atti sostanziali. Finora il Comitato si è scontrato contro un muro di silenzio, ma insieme alla cittadinanza potrà continuare a battersi per il diritto a vivere in un ambiente sano!
Per chi non potesse essere presente alla proiezione e al dibattito dell’8 maggio alle ore 17:30, dove vi aspettiamo numerosi, comunichiamo che il film sarà proiettato anche alle ore 20 e resterà in cartellone anche nei giorni 9 e 10 maggio con lo stesso orario.” [FrosinoneToday]
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Onu, rapporto shock sull’Italia: ‘Sfruttamento e persistenti violazioni dei diritti umani’ Il Gruppo di Lavoro dell’Onu su impresa e diritti umani ha pubblicato un rapporto sull’Italia desolante ma completamente ignorato dai grandi media. In un recentissimo rapporto delle Nazioni Unite si possono leggere le seguenti parole: sfruttamento, serie e persistenti violazioni dei diritti umani, condizioni abitative e lavorative disumane, gravi problematiche relative alla salute e la sicurezza sul posto di lavoro, inquinamento ambientale che mette a rischio la salute pubblica. Indovinello: a quale Paese si riferisce il summenzionato rapporto? Una Nazione del Terzo Mondo, dilaniata da una guerra civile Il Venezuela/Cuba L’Italia La risposta è, ovviamente, la terza. Il Gruppo di Lavoro delle Nazioni Unite su impresa e diritti umani ha, infatti, recentemente visitato il nostro Paese, fornendo un quadro desolante, ma per nulla sorprendente per chi vive quotidianamente sulla propria pelle il funzionamento del cosiddetto ‘mercato del lavoro’ italiano. E così, mentre la stampa italiana si crogiola sui numeri ottimistici della ripresa economica post-pandemia e sul sol dell’avvenire garantito dal rispettato governo Draghi, la durezza più cruda della realtà quotidiana della vita di milioni di persone viene a galla persino attraverso un rapporto delle Nazioni Unite. Il primo elemento messo in luce dal rapporto è la sistematica opera di sfruttamento della manodopera migrante, specialmente in settori quali l’agricoltura, il tessile e la logistica. È un fenomeno risaputo, alimentato attivamente e consapevole da precise scelte politiche: Governo dopo Governo, in maniera sostanzialmente indipendente dal colore, si adottano provvedimenti che criminalizzano le migrazioni. Il migrante, reso ‘illegale’, è ancora più vulnerabile e alla mercé del padrone, che alimenta i suoi profitti grazie a “condizioni abitative e lavorative disumane” e salari da fame, protetto dalla “precaria situazione legale” dello sfruttato, che non può avvalersi neanche dalle forme minime di tutela previste per lavoratori ed esseri umani ‘regolari’. Con il contorno della canea aizzata dal Salvini di turno, che chiede ulteriori restrizioni per poter mettere a disposizione dei suoi (di Salvini) padroni una manodopera ancora più indebolita, frammentata e disperata. Il rapporto mette inoltre in luce come il Governo e le pubbliche autorità siano carenti anche nel fare rispettare le leggi esistenti a tutela del lavoro e nel controllare realmente le imprese, lasciando quindi sostanzialmente mano libera allo sfruttatore nello stabilire da sé le regole del gioco sul posto di lavoro e permettendo a “produttori e commercianti di trarre beneficio dall’impiego di forza lavoro sfruttata e a buon mercato”. (...) . Un sistema economico fondato sulla ricerca del profitto ha bisogno strutturale dello sfruttamento, dove con questa parola non si intende un concetto astratto e lontano nello spazio e nel tempo, ma una serie di fenomeni concreti, quotidiani e drammaticamente banali: dal lavoratore migrante costretto a vivere in ghetti e baracche e che raccoglie pomodori per pochi centesimi al chilo; al rider che lavora a cottimo; dall’operaio della logistica stritolato da ritmi di produzione disumani; alla lavoratrice ricattata e pagata di meno del collega uomo a parità di impiego; fino ad arrivare al depredamento dell’ambiente e delle sue risorse. Eccola la normalità, la prassi quotidiana del capitalismo, di un capitalismo neoliberale ormai normalizzato nelle sue feroci regole da tre decenni di riformismo al rovescio che hanno minato le fondamenta del diritto del lavoro e dello stato sociale. Eccola la normalità cui si vorrebbe tornare dopo la lunga parentesi di una pandemia che non ha fatto altro che infierire su un organismo sociale già gravemente malato e marcescente, dove svalorizzazione e sfruttamento del lavoro, ritmi di lavoro soverchianti e salari da fame o del tutto inadeguati ad una vita dignitosa erano da molti anni divenute le regole generale insindacabili. (...) un sistema economico che strutturalmente produce miseria e che prospera nelle divisioni artificiali tra gli sfruttati. Coniare rivolta
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IL POPOLO SUDCOREANO VINCE CONTRO IL PROPRIO GOVERNO: “AGIRE PER IL CLIMA”

La Corte costituzionale della Corea del Sud ha stabilito che l’assenza di obiettivi giuridicamente vincolanti per ridurre le emissioni ha violato i diritti costituzionali delle generazioni future e che il Governo è colpevole di inadempienza e dovrà porre rimedio.
La sentenza ha rilevato che la mancanza di misure climatiche nel Paese va contro le disposizioni della sua costituzione che garantiscono ai cittadini il diritto di vivere in “un ambiente sano e piacevole” e alla “libertà e felicità per tutti”. L’Assemblea nazionale della Repubblica della Corea è ora tenuta a modificare la legge e a stabilire obiettivi e programmi di riduzione del carbonio, anno per anno per il periodo 2031-2049 entro febbraio 2026. La decisione arriva dopo quattro anni di cause legali avanzate da 255 querelanti, tra cui molti gruppi di giovani attivisti, ed è la prima sentenza di questo tipo in Asia in materia di contenzioso sul clima. Gli attivisti e gli osservatori ritengono che potrebbe creare un precedente per future azioni legali legate ai diritti ambientali in tutta la regione e per un’accelerazione dei programmi per preservare la natura e gli ecosistemi.
Il Ministero dell’Ambiente sudcoreano ha espresso sostegno alla decisione della Corte e ha annunciato piani per rispondere con misure concrete immediate. Od oggi, solo circa il 9% dell’elettricità della Corea del Sud proviene da fonti rinnovabili, molto al di sotto della media del 34% dei Paesi dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE).
___________________
Fonte: Corte costituzionale coreana; foto di Mathew Schwartz CC
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Progressista intollerante
Il problema è che le posizioni di Kamala Harris sono preoccupanti. In un articolo intitolato Kamala Harris, the cancel culture pop, il Washington Examiner afferma che la sua “carriera politica e giudiziaria è stata costruita sulla punizione di coloro che trova deplorevoli” aggiungendo “non è una semplice demagoga. È una demagoga che userà il potere del governo federale per punire ‘l’altra parte’”. E l’altra parte, neanche a dirlo, sono i conservatori a cui spettano anni difficili in particolare sui temi etici e il diritto alla vita. Kamala Harris ha dichiarato pubblicamente che “il governo federale dovrebbe trattare i sostenitori pro-life come i segregazionisti”, una frase inquietante. Al tempo stesso ha etichettato alcune importanti organizzazioni cattoliche americane di solidarietà come “estremiste”.
“La campagna presidenziale di Harris si è concentrata sulla divisione del paese” e i sostenitori della vita “avranno tutti motivo di temere la persecuzione in un’amministrazione in cui Harris ha il potere”. Un’opinione sostenuta da un’altra importante testata come The American Conservative “sembra pensare che il suo lavoro come senatore sia quello di tormentare i conservatori alle udienze con tutta la presunzione di colpevolezza fino a prova contraria di un inquisitore”. Non è un caso che Rod Dreher, voce di spicco del mondo conservatore americano, scriva: “di tutte le persone che avrebbe potuto scegliere, penso che Kamala Harris sia la più pericolosa, da un punto di vista sociale conservatore”.
Ambientalista radicale
Ci sono poi le posizioni della Harris sul tema dell’ambiente che rappresentano l’emblema dell’ambientalismo ideologizzato di stampo globalista rappresentato da Greta Thunberg. Una visione radicale e fanatica della battaglia ambientale che dimentica le esigenze delle comunità locali e il concetto di identità e tradizione.
Nonostante le sue posizioni in campo economico più vicine a un approccio socialista (pur riferito al contesto americano) che potrebbero portare a un aumento della pressione fiscale negli Stati Uniti, la Harris è tutt’altro che una donna del popolo avendo alle spalle il sostegno di una parte importante del mondo finanziario e dei big tech. Un esempio su tutti? Le parole riportate dal New York Times: “Wall Street è felice dei segnali che ha mandato”, la “Silicon Valley è felice di vedere una faccia famigliare”.
In Italia si è subito diffuso il mito di Kamala Harris paladina dei democratici e del mondo afroamericano, la realtà è ben altra, basti pensare che la sua candidatura alle primarie democratiche si è conclusa con un nulla di fatto e un crollo di popolarità nei sondaggi in particolare nel secondo dibattito tra i candidati (nel primo aveva attaccato duramente Biden con una velata accusa di razzismo, per capire il grado di spregiudicatezza). Nella composizione della futura amministrazione Biden, preoccupa molto di più il ruolo che assumerà la Harris rispetto a quello ricoperto dal Presidente, il rischio è che possa influenzare la presidenza con una linea più radicale.
Francesco Giubilei, 9 novembre 2020
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25 APRILE 1945 - 2021 <br>RESISTENZA AL NAZIFASCISMO E LOTTA PER IL SOCIALISMO! :: Il pane e le rose - classe capitale e partito

Per i comunisti il 25 Aprile non è solo la vittoria e la conclusione della guerra contro il fascismo e l'occupazione nazista, ma il momento più alto dell’obiettivo delle classi subalterne: rovesciare il sistema borghese capitalista, creatore e finanziatore di quei regimi, nazismo e fascismo, principali responsabili della devastazione della II Guerra mondiale e della carneficina di milioni di esseri umani.
La Resistenza ha visto decine di migliaia di operai, contadini, lavoratori, giovani e donne del popolo, opporsi in armi contro l’oppressione del nazifascismo e del sistema che lo aveva generato e sostenuto contro lo sviluppo delle idee e del movimento rivoluzionario della classe proletaria, rafforzatosi dopo la vittoriosa Rivoluzione bolscevica del 1917.
I Partigiani italiani, al contrario da quanto espresso dal revisionismo borghese sono stati, a maggioranza, diretti dall'allora Partito Comunista, avanguardia rivoluzionaria che lottava per assumere la gestione della società, liberarsi dal capitalismo e avviarne la trasformazione in senso socialista. Nelle file delle Brigate partigiane comuniste, i Commissari politici diffondevano idee rivoluzionarie e formavano i combattenti rivoluzionari al marxismo-leninismo.
Rivendicare oggi il ruolo svolto dai Partigiani e recuperare i loro insegnamenti, lo spirito rivoluzionario e l’abnegazione, significa lottare per una causa universale: l'abbattimento dei regimi borghesi e la costruzione di una nuova e più elevata società basata sull'abolizione dello sfruttamento, fino al passaggio alla società senza classi.
Anche quest'anno, a causa delle misure restrittive decise da governi, che non hanno prodotto ciò di cui vi è bisogno per contrastare il diffondersi della pandemia ‘Covid-19’, siamo costretti a celebrare la vittoria contro il nazifascismo in forme contenute e limitate.
Nell’emergenza sanitaria il sistema borghese ha dimostrato tutto il suo marciume; nel sistema sanitario pubblico, penalizzato da decenni di neoliberismo, si è consumata l'inefficienza, l'inadeguatezza e la corruzione, che la privatizzazione della sanità ha prodotto, gravando sulla vita dei lavoratori e delle loro famiglie. Se la strage degli anziani è il crimine più evidente, le centinaia di migliaia di licenziamenti, il dilagare della povertà, la militarizzazione della società, le restrizioni delle residue libertà democratiche, hanno svelato il vero volto delle politiche dei governi borghesi.
Mentre il bilancio sanitario è deficitario anche ad affrontare il ‘Covid19’, sono in aumento le spese militari. Il governo acquista nuovi sistemi di armi d’attacco aumentando del 6% la spesa bellica, accetta l'aumento della quota di appartenenza alla Nato, invia militari all'estero in zone dove (con altri paesi imperialisti) depredare risorse naturali e sfruttare le popolazioni locali, finanzia e sostiene regimi criminali come Libia e Ucraina. Anziché aumentare gli operatori sanitari e le loro retribuzioni, vengono elogiati militari, polizia e carabinieri, impiegati per tenere la popolazione a debita distanza … sociale!
Il passaggio del governo da Conte2 a Draghi ha comportato uomini "forti", generali, commissari e super-poliziotti, con esperienze di controllo sociale e politico, di guerre imperialiste. Il governo non intende gestire l'emergenza ‘Covid19’, ma abituare la popolazione alla presenza militare sul territorio in preparazione di misure sempre più autoritarie su occupazione, sanità, istruzione, servizi sociali, trasporti, pensioni, ecc.
Sfratti, licenziamenti, arresti di operai e giovani in lotta in difesa del salario, del posto di lavoro, dell’ambiente, la cassa integrazione, la disoccupazione, l’aumento della povertà, sono oramai fatti quotidiani.
Il governo dell’oligarchia finanziaria mira non solo a impedire potenziali ribellioni, ma a privare il movimento operaio e sindacale di diritti politici, sindacali e sociali, conquistati a caro prezzo: dal diritto di sciopero al diritto di manifestazione, di organizzazione e di rappresentanza sindacale, fino all'utilizzo antisindacale di strumenti giudiziari.
Come mostrano tante sentenze sui licenziamenti, sull’amianto e per ultimo quella vergognosa emessa dalla IV sezione della Cassazione sulla strage ferroviaria di Viareggio che condanna i lavoratori RLS che hanno "osato" costituirsi parte civile a pagare 80.000 euro di spese legali e processuali. A 4 mesi dalla sentenza sulla strage di Viareggio, i familiari sono ancora in attesa delle motivazioni. A 30 anni dalla strage del traghetto ‘Moby Prince’ a Livorno, le istituzioni si sono ridotte a invocare piena luce (140 Vittime, zero colpevoli!). Due stragi di lavoro dove 172 Vittime sono bruciate vive!
La borghesia - che nonostante la pandemia ha aumentato i profitti - combatte per mantenere il proprio dominio politico ed economico contro la classe lavoratrice avvalendosi anche della versione autoritaria del leghismo e del nazionalismo di Fratelli d’Italia, e della versione squadristica di Casa Pound, Forza Nuova, Lealtà e Azione e altre lugubri formazioni, che alzano il tiro (con l’obiettivo di strumentalizzare il malcontento del ceto medio), ritenendosi legittimate da anni di propaganda revisionista e da operazioni “pacificatorie” della sinistra borghese.
Armi, eserciti, decreti Salvini, missioni "umanitarie" di guerra, non garantiranno maggiore sicurezza, ma l’aumento dell’oppressione e dello sfruttamento in una situazione caratterizzata da una profonda crisi economica e sociale del sistema capitalista-imperialista; una crisi causata dalle contraddizioni insite nel sistema, le cui conseguenze pesano sulle spalle della classe operaia e degli strati popolari.
Quanto sta accadendo ha precisi responsabili: i "padroni del vapore" e i loro lacchè. Deve nascere in ogni proletario un profondo sentimento di odio di classe, come spinta necessaria ad affrontare la lotta di resistenza a questo marcio sistema.
I valori tramandati dalla Resistenza, gli ideali rivoluzionari che spinsero i Partigiani a combattere il nazifascismo per un’altra società, sono un patrimonio da utilizzare per una nuova Resistenza, contro il potere del capitale a livello mondiale, per la ripresa del conflitto di classe e una fase di lotte rivoluzionarie.
Oggi come ieri, l'unità, la lotta e l'organizzazione dei comunisti sono condizioni per la vittoria.
ORA E SEMPRE RESISTENZA!
Unione di lotta per il Partito comunista
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