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Rubrica Controcampo: “Le menzogne su Israele” – Analisi e Contesto del Conflitto con l'UNRWA. Un’analisi della posizione israeliana e delle critiche rivolte all'UNRWA, tra politiche internazionali e realtà sul campo
L’articolo “Le menzogne su Israele” di Andrea B. Nardi, pubblicato su italianewsmedia.com, presenta una visione critica e articolata sulla decisione di Israele di interrompere le relazioni con l’UNRWA, l'agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palesti
L’articolo “Le menzogne su Israele” di Andrea B. Nardi, pubblicato su italianewsmedia.com, presenta una visione critica e articolata sulla decisione di Israele di interrompere le relazioni con l’UNRWA, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi. La questione è complessa e polarizzante, intrecciando aspetti politici, sociali e di sicurezza che coinvolgono Israele, i Paesi arabi e la…
#agenzie ONU#aiuti internazionali#Alessandria today#Andrea B. Nardi#assistenza ai rifugiati#assistenza umanitaria#conflitti internazionali#conflitto arabo-israeliano#conflitto Israele Palestina#diplomazia internazionale#diplomazia mediorientale#Diritti Umani#educazione e pace#Gaza#Gerusalemme est#gestione dei fondi ONU#Google News#Hamas#Human Rights Watch#Israele#italianewsmedia.com#Middle East politics#Nazioni Unite#neutralità ONU#Opinione pubblica#Palestina#peace process#Pier Carlo Lava#Politica Estera#politica internazionale
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Non me la sento di partecipare al festivàl delle opinioni sul caso Israel-Unifil-libanocentrico, è proprio oggi che mi accorgo di quanto davvero mi manca quel master in geopolitica con Prodi e Lamberto Dini che avrei potuto frequentare nel lontano '96 quando mi proposero di fare l'usciere alla Farnesina, è lì che mi sono giocato davvero la mia carriera diplomatica e ahimè oggi posso ben scordarmi di capire veramente il mondo e le sue grandi rivoluzioni, e lo scacchiere mediorientale, che rappresenta un po' la cintura nera della diplomazia, compreso quello, compreso tutto del mondaccio infame, anche come si fa a sostituire il rotolino della carta igienica quando ci si trova seduti sul w.c. col deretano impegolato e non c'è nessuno a portata di voce né Unifil che tenga a garantire la pace, caro mio aspirante diplomatico, e insomma mi basta sapere, a parziale consolazione, che gli abbiamo spezzato le redini sul campo di gioco, quattro a uno con doppietta (di) Di Lorenzo e un Dimarco spettacolare e un Retegui oriundo di San Fernando a tutto campo e un giovane Daniel Maldini che già si intravede quant'è elegante come il padre, e per ultimo che il Libano non partecipa nemmeno alla Nation League, quindi secondo me non bisogna dargli troppa importanza a questi qui con tutto il loro carico di odio, altrimenti non la piantano più: nelle cose che contano veramente siamo più forti noi, non c'è partita.
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Diplomazia mediorientale al lavoro: ipotesi di prolungamento della tregua
Sul tavolo c’è l’ipotesi di un ulteriore prolungamento della tregua di almeno due giorni, così da favorire lo scambio di ostaggi e prigionieri e l’ingresso di altri aiuti umanitari nella striscia di Gazasource
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15 dic 2020 16:20
“LIBERO” E L’AMARA VERITÀ SU REGENI: “L'UNICA COSA CHE POSSIAMO RIMPROVERARCI È DI NON AVERLO DIFESO QUANDO ERA IN VITA E, GIÀ IN EGITTO, AVEVA CHIESTO AIUTO ALL'AMBASCIATA ITALIANA. LA NOSTRA DIPLOMAZIA NON È RIUSCITA A CHIARIRE ALLA DITTATURA CHE LO STUDENTE DI CAMBRIDGE NON ERA DEI SERVIZI MA UN GIOVANE STRUMENTALIZZATO DALLA SUA PROFESSORESSA, LA BRITANNICA MAHA MAHFOUZ ABDELRAHMAN. UNA FIGURA AMBIGUA CHE DICHIARÒ DI AVER MANDATO GIULIO AL MASSACRO…”
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Pietro Senaldi per “Libero quotidiano”
Sull'esempio di Corrado Augias, anche l'ex ministra dem Giovanna Melandri ha restituito al mittente la Legione d'Onore, uno dei massimi riconoscimenti dello Stato francese.
Il gesto è una risposta polemica alla decisione del presidente Macron di insignire della medesima onorificenza il dittatore egiziano Al Sisi.
Il comportamento dell'Eliseo è giudicato poco rispettoso nei confronti di Giulio Regeni, e di riflesso del nostro Paese. L'omaggio è infatti avvenuto negli stessi giorni in cui si è avuta la certezza definitiva delle torture perpetrate dalle autorità egiziane contro lo studente, probabilmente scambiato per una agente dei servizi segreti inglesi.
Il gesto di Augias e Melandri è nobile, e nessuno ne può sindacare la legittimità, anche se, da attenti osservatori della politica mediorientale, i due avrebbero potuto rinunciare alla Legione d'Onore già quando Sarkozy, per perseguire gli interessi economici di Parigi ai danni dei nostri, ha scatenato una guerra in Libia che ha destabilizzato l'intero Medio Oriente e l'Africa Sahariana.
La coppia però si concentra su un bersaglio minore, forse perché è il più facile. La stessa sorte di Regeni, in Egitto, toccò tre anni prima, nel 2013, al professore francese Eric Lang e non ci si può aspettare che Macron, il quale celebrando Al Sisi tradisce il suo connazionale e disonora la Francia, abbia rispetto per noi. Per una volta, non possiamo neppure prendercela troppo con l'Italia.
La Procura di Roma ha fatto un'indagine straordinaria, riuscendo a provare, attraverso tabulati e cellule telefoniche, che Regeni è stato torturato e ucciso perché i suoi studi sull'opposizione dei sindacati al regime davano fastidio, e a incriminare quattro ufficiali egiziani. Il Cairo ha cercato a lungo di depistare le nostre indagini, provando a far passare l'assassino del giovane friulano per un tentato rapimento finito male, con tanto di sequestratori - ben cinque - trovati casualmente morti.
Ma, grazie alla perseveranza dei nostri magistrati e dei nostri servizi di sicurezza, siamo riusciti ad arrivare a quella che l'opinione pubblica ha chiesto a lungo, ovverosia la verità per Regeni. Forse, l'unica cosa che possiamo rimproverarci è di non aver difeso abbastanza il ragazzo quando era in vita e, già in Egitto, aveva chiesto più volte aiuto all'ambasciata italiana.
La nostra diplomazia infatti non è riuscita a chiarire alla dittatura che lo studente friulano di Cambridge non era un uomo dei servizi di Sua Maestà, che nelle università inglesi sono di casa, ma un giovane strumentalizzato dalla sua professoressa, la britannica Maha Mahfouz Abdelrahman. Una figura ambigua che, prima di iniziare un anno sabbatico che diventerà più lungo di un lustro, dichiarò di aver mandato Giulio al massacro.
La cosa drammatica oggi però è che, ora che siamo venuti a conoscenza della verità per Regeni, il nostro Stato non sappia cosa farsene; o meglio, ne risulti imbarazzato. Se c'è un pezzo di carta da restituire non è la Legione d' Onore ma il passaporto dell'Italia, un Paese imbelle.
L'indifferenza di Al Sisi alle nostre proteste, così come la decisione di eliminare selvaggiamente un cittadino italiano come se fosse un capo di bestiame, è la prova di quello che stiamo da tempo sperimentando: in quello che fu il Mare Nostrum, ormai non contiamo più nulla. Lo stanno imparando a loro spese anche i 18 pescatori italiani di Mazara del Vallo, da 105 giorni prigionieri in Libia di Haftar, un generale sconfitto che utilizza i nostri uomini come prova vivente che conta ancora qualcosa in Medio Oriente. In realtà, riesce solo a provare di contare più di noi, ma giustamente non gli basta, e infatti ci tiene ancora al guinzaglio.
Estrema umiliazione, dopo che il Pd ha rifiutato la proposta della Ue di nominare commissario speciale per la Libia Minniti, ritenuto dalla sinistra troppo poco ortodosso, per riavere i nostri pescatori dovremo chiedere aiuto alla Bulgaria, da dove proviene l'attuale commissario. A raccontarlo ieri, sarebbe sembrata una barzelletta. Oggi, è una drammatica realtà.
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In questa foto del 1982 il presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan incontra un gruppo di combattenti afgani. Tre anni prima l'Unione Sovietica era intervenuta nel paese mediorientale in sostegno di un governo alleato in difficoltà. Dopo diversi anni di guerra l'Armata Rossa dovette lasciare il paese in mano ai ribelli, ampiamente sostenuti dagli USA. Nel giro di nemmeno due decenni le parti si sarebbero invertite. I combattenti per la libertà sarebbero diventati pericolosi fondamentalisti islamici per il governo americano che com'è noto invase l'Afghanistan nel 2001. Viceversa la Russia pian piano si sarebbe riavvicinata alle ragioni dei nemici dell'URSS di un tempo. E non è certo né il primo né l'ultimo caso di questo tipo. Qualcuno la chiama diplomazia, altri geopolitica. Noi, non la chiamiamo che è meglio ;) "Tutti i governi mentono". E non è certo per il bene comune. Cannibali e Re
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La nuova cortina di ferro. Iran, Turchia e Qatar, passando dalla Russia
Da quando è salita l’asticella della tensione tra i paesi del golfo persico in senso anti Doha, Turchia ed Iran, come due falchi, si sono buttati sul Qatar per aumentare la propria influenza nella regione e per aumentare i flussi commerciali. Sarebbe stato inimmaginabile tempo fa vedere un paese shiita come l’Iran, supportare la causa di un Paese a prevalenza sunnita come il Qatar. Oggi, invece, le tre nazioni, Turchia, Iran e Qatar e aggiungerei anche Russia hanno trovato un comune denominatore, organizzarsi per controbattere gli embarghi a cui sono sottoposti. La Turchia, dopo il fallito colpo di Stato e la condanna internazionale per i metodi repressivi, ha virato la propria politica internazionale di 360° per spingere la comunità internazionale ad accettare l'ingresso nell’UE. La Turchia, con la sua nuova strategia, mostra i muscoli anche con gli americani per sensibilizzarli ad un atteggiamento meno intransigente nell'autorizzare l'estradizione del politologo turco Fetullah Gulen, ritenuto la mente del golpe fallito il 15 luglio 2016. Non è da trascurare neanche l’avvicinamento della Turchia alla Russia con la quale ha stretto rapporti commerciali (anti embargo) e militari. Sono stati acquisiti, ultimamente, diversi prototipi della batteria antimissile S 400 dalla Russia, con l’ottica di avviare una produzione vera e propria in Turchia di modelli più evoluti. Tutto questo accade, nonostante la Turchia faccia parte della NATO. Cioè si difende con batterie missilistiche russe anziché con quelle utilizzate dai Paesi NATO, mandando in soffitta la tanto sbandierata interoperabilità dei sistemi d’arma dei Paesi NATO. Ultimi aggiornamenti Turchia - Qatar La Turchia sta continuando ad aiutare il Qatar con l’invio di beni di prima necessità. Dall’inizio della crisi scoppiata tra Doha Arabia Saudita, Emirati Arabi e Bahrein il 5 giugno scorso ad oggi sono stati inviati più di 100 aerei colmi di prodotti a cui si aggiungono i carichi di navi mercantile. Il Presidente Tayyip Erdogan è stato risoluto a definire l’isolamento imposto come una sorta di "pena di morte, trattamento disumano e contrario ai valori islamici”, e ad operarsi sin da subito ha chiamato al dialogo e alla mediazione per una risoluzione pacifica della situazione. In questo quadro si inserisce l’approvazione da parte della Grande Assemblea Nazionale Turca dell’invio di truppe nella base militare qatarina, già aperta nel 2015 in chiave anti ISIS, che ad oggi ospita 100 soldati ma ha una capienza di 5000 uomini. E’ certamente un chiaro messaggio di simpatia che rievoca la solidarietà espressa dall’emiro Sheikh Tamim bin Hamad al-Thani al presidente turco a seguito del tentato golpe del 15 Luglio scorso. Tuttavia, dietro la pura cordialità diplomatica vi sono ragioni più profonde da ricercare nelle posizioni ideologiche e nei reciproci interessi nazionali. Oltre il dato economico che consta di un flusso commerciale pari a 424 milioni di dollari e ad un impatto nella crescita delle esportazioni turche del 126% dal 2011, i due governi si sono trovati concordi nel condannare il colpo di Stato che in Egitto nel 2013 che ha condotto alla caduta di Mohammed Morsi ed entrambi hanno supportato gruppi islamisti nel tentativo di deporre il regime di Bashar Al Assad in Siria. Ankara e Doha sono uniti anche nel benevolo rapporto verso Teheran, considerato un 'key player' nelle dinamiche regionali, contrariamente a quanto sancito da Arabia Saudita, Emirati e partner. Iran-Qatar Non è un caso che anche l’Iran acceleri i contatti con Doha. Il ministro degli Esteri iraniano Javad Zarif ha incontrato oggi a Doha l'emiro del Qatar, Sheikh Tamim bin Hamad al Thani. Si tratta della prima missione del capo della diplomazia iraniana nell'emirato da quando l'Arabia Saudita. Zarif, arrivato ieri sera a Doha dall'Oman, avrà altri colloqui con le autorità qatarine durante la giornata, centrati sulla situazione nel Golfo e gli sviluppi in Siria, Iraq e Yemen. I conflitti e le tensioni che investono questi Paesi vedono una contrapposizione tra forze sunnite e sciite, confessioni a cui appartengono rispettivamente il Qatar e l'Iran. Turchia - Iran Funzionari turchi e iraniani hanno ribadito che "i due rispettivi paesi sono essenziali per la stabilità della regione mediorientale". Al termine della visita compiuta ieri a Teheran dal capo di Stato maggiore turco, Hulusi Akar, i media di Teheran hanno riferito di discussioni riguardanti la cooperazione in campo militare tra i due paesi. L'ufficiale turco è arrivato in Iran per preparare la visita del presidente turco Recep Tayyep Erdogan prevista domani a Teheran. Entrambi i paesi sostengono "l'unità nazionale di Iraq e Siria" minacciata dal separatismo curdo, e si sono detti pronti a collaborare "nella lotta al terrorismo. Erdogan si recherà domani in visita in Iran, come anticipato dal suo capo di Stato maggiore Hulusi Akar. Parlando al parlamento di Ankara in occasione dell'inaugurazione del nuovo anno legislativo, il capo dello Stato turco ha annunciato la sua prossima visita a Teheran per discutere della crisi regionale provocata dal referendum curdo del 25 settembre. Akar intanto è arrivato a Teheran per preparare la visita, alla guida di una folta delegazione di militari turchi. Erdogan parteciperà insieme all'omologo iraniano, Hassan Rohani, al Quinto Consiglio strategico di alto livello congiunto. "Discuteremo dei rapporti tra Iran e Turchia e degli sviluppi regionali - ha anticipato Erdogan la scorsa settimana in un'intervista televisiva -. Il tema più delicato riguarda l'Iraq e la Siria. Anche la guerra al terrorismo è importante". Erdogan ha incontrato Rohani ad Ankara a inizio settembre a margine della riunione dell'Organizzazione della conferenza islamica. In definitiva lo scacchiere internazionale sta mutando radicalmente e si sta autodefinendo con la formazione di più blocchi di potere. E’ sconcertante, in questa nuova panoramica, poter vedere nazioni attivissime in politica internazionale e soprattutto determinate ed altre dormienti in attesa di non si sa cosa. Come visto tutti gli schemi sono saltati e sciiti e sunniti ora collaborano per costruire una nuova cortina. di Massimiliano D’Elia Click to Post
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