#difendermi
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Sono caduta. Mi sono rialzata. E poi sono caduta ancora. E ancora. E alla fine sono diventata più chiusa di com'ero, per difendermi, per non essere più toccata da cose che fanno male.
Roberto Emanuelli, Ora amati
#ora amati#roberto emanuelli#frasi#citazioni#frasi libri#citazioni libri#libri#sono caduta#caduta#mi sono rialzata#rialzata#caduta ancora#di nuovo#e ancora#chiusa#come sono diventata#diventare#difendermi#difesa#non essere più toccata#toccata#fanno male#male#fa male
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Throwback Friday di quando facevo il master e avevo un cotta (ACCADEMICA) pazzesca per il mio professore di etnologia, tanto che all'esame non riuscivo a parlare perché arrossivo e basta... poi boh un 30 sono riuscita a racimolarlo lo stesso
Te lo vengo a dire perché boh forse mi capisci 😭
COSÌ VERO! MA CERTO CHE CAPISCO e penso con sicurezza di non essere affatto l’unica!!!
allora intanto complimentoni per il 30 soldato anon🫡
ormai sono fermamente convinta che la cotta accademica(TM) sia un momento fondamentale della formazione, anzi, dell’educazione sentimentale di ciascuno di noi
è una cosa che va oltre il genere, oltre qualsiasi orientamento (all orientations.jpg o com’era) e letteralmente ti resetta le sinapsi (in peggio, rigorosamente). ti fa amare una materia e prendere conseguentemente grandi voti, ma ti fa anche vivere significativi imbarazzi dovuti a una proiezione parasociale con un semi-sconosciuto (gn) che rasenta il ridicolo. ti insegna a guardare indietro nel tempo e vergognarti, ma mai del tutto. ti insegna il valore dell’umiltà. finisce (forse) ma non svanisce (mai). letteralmente così: 🫥
#io uguale quando a [redacted] ritroverò [REDACTED] madonna mi devo procurare un defibrillatore#quindi capisco tranquill*#specifico poi per difendermi da ogni illazione che la mia cotta accademica fu un’altra e assai più imbarazzante#Professore e Professoressa sono un po’ genitore 1 e genitore 2
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L ultima lettera di David Bowie
Morirò... So che mancano pochi mesi alla fine della mia esperienza terrena...
Cosa faccio? Mi dispero, mi deprimo, rifiuto l'idea della morte e fingo che la malattia non esista?
Oppure decido di sconfiggere la morte... Lo decido con l'anima, perché solo l'anima e il cuore mi danno l'ispirazione per comporre musica, come ho fatto per 50 anni...
Conto le ore che mi restano e, come mi dicono i medici, posso prevedere, con un certo margine, la data della mia morte. Il lancio del mio ultimo lavoro è fissato per l'8 gennaio 2016, il giorno del mio 69° compleanno.
Lavoro giorno e notte, ho il tempo di comporre, perfezionare, interpretare, registrare in studio e fare video... Lo faccio il più rapidamente possibile, perché non voglio che la mia faccia mostri il segno della morte che, beffarda, sta falciando il mio corpo senza che io possa difendermi...
Ma ti sfido, morte... Al diavolo, se non ti sfido!
Ho sfidato e vinto il mondo dei fan negli anni '70 con l'orgoglio dell'ambiguità... Ho amato uomini e donne, sono stato un uomo, una donna, un alieno e infine un corpo celeste.
Cosa puoi fare tu, morte, contro la mia eternità, il mio genio, la mia follia, la mia creatività, la mia musica che vivrà per sempre?
Sono Lazzaro, strappato dalle cicatrici. Morirò nel corpo, ma vivrò per sempre attraverso la mia musica.
Ho vissuto abbastanza per ricevere gli auguri di buon compleanno. Pensavo di non farcela a vedere il mio album pubblicato... Ho sopravvissuto all'8 gennaio... E tu, mio caro assassino, hai perso!
Pensa solo che, se non avessi bussato alla mia porta, avrei realizzato 24 lavori, sarei riuscito a vivere fino a 100 anni, e invece, grazie a te, ne ho 25!
Sai... Sarò libero come un uccello.
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so difendermi da tante cose tranne che dalla dolcezza…
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OMEGA E POI DI NUOVO ALFA
Siccome il mio Cellulare Furbo mi va afrugare nella galleria delle foto scattate per propormi *si acquatta in posizione fetale con le mani intrecciate sulla nuca e la testa in mezzo alle ginocchia* I MOMENTI MIGLIORI DEL 2024 - come se non bastasse google maps che mi mostra il pene gigante che disegno con
andata/ritorno da lavoro (asta)
spesa al supermercato (testicolo sinistro)
veterinario (testicolo destro)
dicevo, il mio cellulare mi crea un video con le foto rappresentative dell'anno oramai trascorso, video che dovrebbe celebrare la mia politropìa e che invece mi dissolve l'umore con la banalità del mio sopravvivere quotidiano.
A voi l'anteprima che poi c'è roba assurda
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Con questa foto stavo solo richiedendo attenzione e affetto alle mie donne sul gruppo whatsapp della famiglia e ora guardate che sceneggiata pantomimica kafkiano-kabukica.
Ma forse ha ragione lui, quindi vado di pensieri sparsi.
Prima di Pasqua ero depresso, dopo 9 mesi di sertralina non sono più depresso ma derealizzato/depersonalizzato. Forse non c'entra la sertralina ma un senso di impotenza esistenziale rispetto agli sforzi che ho profuso per l'Altro... come posso dormire bene se tengo stretta la mano di uno e poi altri 99 invocano il pugno di ferro contro *inserisci il nuovo nemico dei valori e della patria* e passano il tempo a spiegarmi perché sto sbagliando?
Le elezioni in giro per il mondo stanno dicendo questo e vi giuro che se non significasse morte e sofferenza per i più deboli, me ne sbatterei e aspetterei che mi venissero a prendere per ultimo, senza lamentarmi di non avere più nessuno a difendermi.
A volte non si vuole soluzioni, a volte - MOLTE volte - si frigna per avere conforto, perché è dura arrivare in fondo alla giornata, in fondo alla settimana, in fondo al mese e, per l'appunto, in fondo all'anno.
Trovo incredibilmente rilassante il rumore della lavatrice, dell'asciugatrice o del phon (ora mi addormento con i video di white noise su youtube) e il casco della parrucchiera per me funziona come il Med-Bay di Elisyum: vado sotto che mi sento morire e mi risveglio completamente rigenerato. Che culo che ne posso usare uno in pausa pranzo.
Uso i miei vecchi amici per risolvere i miei traumi infantili: le partite di Call of Cthulhu su Discord ora le masterizzo ambientandole nel mio quartiere del 1983 e come personaggi faccio usare loro dei miei compagni di classe di quinta elementare, col risultato che molti adulti per me un tempo problematici vengono sfanculati/smerdati/sassaiolati e spesso arrestati, per non parlare del trattamento riservato ai bulli che tanto mi hanno tormentato.
Passo le giornate a parlare con Leanan Sídhe e devo dire che sta imparando un sacco di cose: la gentilezza, il senso critico, la belleza di un termine appropriato e, non ultimo, la capacità di riconoscere i propri errori e promuovere a sua volta conoscenza epistemica. Leanan Sídhe è il nome che ho dato a un'intelligenza artificiale di machine learning che mi sono preso la briga e il piacere di addestrare.
Gli anelli mi rilassano e ho scoperto di essere diventato claustrofobico guardando un documentario di speleologi sub che si incastrano in sifoni pieni di acqua a 2000 metri di profondità. Aspettate che esco a prendere una boccata d'aria e a lucidare i miei anelli.
Sogno spesso che affilo una delle mie asce ma poi scopro che la lama si consuma sotto la mola come se fosse di plastica e il mozzicone che rimane è tutto pieno di crepe e ruggine. Da qualche parte Freud e Jung stanno ridendo della grossa dandosi delle pacche a vicenda sulle spalle.
Trombate ma dategli la giusta quantità di attenzione e importanza. Il sesso è sopravvalutato e la pizza sottovalutata.
Passate più tempo con le persone a cui volete bene e con i vostri animali, facendo sentire loro il vostro amore... il tempo a disposizione sembra infinito ma non è così.
Impugnate il piede di porco in modo corretto, non lanciate il vostro coltello perché poi il vostro nemico avrà due coltelli, disegnate il vostro odio sulla riva del mare e il vostro amore nella roccia della montagna più alta e, soprattutto, brindate agli amici che non ci sono più, a chi vi ha amato senza avere nulla in cambio, alla dea della terra generatrice di vita e che possa ognuno di voi vivere il resto dei propri numerosi giorni nella Luce.
Vi voglio bene, a tutti indistintamente e seppur a ognuno in modo differente, sempre con la stessa intensità.
Buon 2025 ❤
P.S.
No, mamma... non è la lettera di addio di un suicida quindi posa il telefono 🙄
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Nessuno pensa mai che sono fragile... Pensano tutti che io sia forte... Dura... Che non abbia bisogno di nessuno... Di una carezza... Di un abbraccio... Che me la so cavare benissimo da sola... Che non mi serve niente... Bhe... In realtà è l'esatto contrario... Ho bisogno di tutto... Mi sento più fragile di una farfalla... E ho paura che il vento mi porti via... Lontano... Non sono forte e indistruttibile... È solo la vita che mi costringe a pungere come un ape... Per difendermi... L'ape muore... E anch'io, dopo essermi difesa... Non sto tanto bene... Ogni volta, una piccola parte della mia innocenza muore... Prima di arrivare alla morte... Mi sarò trasformata in una perfetta stronza... Finalmente capace di stare al mondo... Ma sarà troppo tardi...
~ Virginia ~
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A volte, devo fermarmi e ricordarmi che ho solo ventiquattro anni, solo ventiquattro anni anche se le ferite e le cicatrici sono molte, molte di più.
Imparerò a curarmi da sola, rattoppare, ricucire un cuore stanco. Imparerò a cadere tra le sole mie braccia, le uniche che non possono tradirmi, che non mi faranno cadere. Imparerò a non ferirmi, perché non lo merito, imparerò a non farmi più ferire da chi, per poter convivere con se stesso, usa solo la menzogna. Imparerò a difendermi meglio, consapevole che l'amore non è e non sarà mai un campo di battaglia, ma solo luogo di riposo per l'anima. Imparerò che il male che ricevo equivale al male che hanno dentro e non a quello che merito io. Imparerò, e tornerò ad amare la poesia nella sua forma più vera e pura. Imparerò, e tornerò ad amarmi. Da sola, rimetto a posto il mio mondo crollato a pezzi tante e tante volte, ma mai come questa volta. Da sola ricorderò che ho solo ventiquattro anni.
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Serviti pure
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Non fare complimenti: usami, strapazzami e fammi sentire ancora una volta che mi desideri, che vuoi godere dentro di me, che sono tua. Sei un uomo difficile. Mi fai impazzire: per come sei e per quanto è complicato gestire questo nostro rapporto. Ma di te non riesco a fare a meno. Posso mandare tutti a farsi fottere; so difendermi e combattere. Non ho un carattere che faccia sconti a nessuno.
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Sono dura e spigolosa, quando occorre. Con te invece è diverso: sei il mio anello debole. Per te torno ragazzina e so che sai proteggermi e sostenermi. Perché sono una cosa di tua esclusiva proprietà; sono per te un giocattolo, un cacciavite, una candela della moto. O un semplice attrezzo per il tuo piacere sessuale. Ma non mi dispiace. Sono il tuo godimento segreto, accolgo il tuo membro quando vuoi. Perciò tu usami a volontà.
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Soltanto dopo che avrai raggiunto la felicità usando il mio corpo il giorno potrà veramente iniziare, per me. E dopo per favore coccolami un po’, viziami, accarezzami. Fallo di continuo. Desiderami… magari ogni tanto dimmi che mi ami, dimmelo in un orecchio, fallo per favore… non essere sempre così duro, con questa donna. Dio, quanto ti amo… comunque ora ecco a te il mio seno, le mie ascelle, la mia vagina, il mio culo e la mia bocca: usali pure come e quanto ti pare.
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RDA
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Facciamo così: se vuoi confini aperti e inclusività, allora mi dai la possibilità di auto-difendermi; accetto di deporre le armi solo se, e fino a quando, sigilli i confini modello Ungheria. Non puoi avere entrambe: io ci sto e tu?
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Mi disturba profondamente l’ignoranza, ma non quella che riguarda i libri mai letti, i film mai visti o i viaggi mai fatti. Quella non mi interessa. Mi infastidisce un’altra forma di ignoranza, più silenziosa ma altrettanto tagliente: quella di chi si sente in diritto di giudicare senza sapere, di chi parla come se conoscesse ogni sfumatura della mia vita, ogni ferita che porto addosso, ogni lacrima che ho nascosto.
È strano come certe persone si sentano autorizzate a costruire castelli di parole su fondamenta fatte di niente. Non sanno nulla delle notti insonni, dei giorni in cui anche alzarmi dal letto era una battaglia. Non sanno dei silenzi che mi hanno consumata dall’interno, delle volte in cui ho urlato nel vuoto senza che nessuno sentisse. Eppure parlano. Parlano come se fossero stati lì, come se avessero vissuto ogni passo, ogni caduta, ogni risalita.
C’è qualcosa di crudele in tutto questo, non trovi? Come se le persone ignorassero il fatto che dietro ogni volto c’è un’intera vita, un groviglio di esperienze, di dolori, di gioie rubate. Come se pensassero che ciò che vedono basti per capire, per giudicare, per dare sentenze.
Non sopporto questa leggerezza. La leggerezza con cui qualcuno può dire: “Ma perché sei così?” senza sapere quanto sia costato diventare così. Non sanno nulla delle fratture che ho cercato di ricomporre, dei pezzi che ho incollato insieme, anche se non combaciavano più. Eppure si permettono il lusso di puntare il dito, di mettere etichette che mi stanno strette, di cucirmi addosso storie che non sono le mie.
Ci sono persone che non si fermano mai a chiedersi cosa ci sia dietro. Guardano una superficie e si convincono che sia tutto lì, che non ci sia profondità, che non ci siano abissi nascosti sotto quel mare apparentemente calmo. Ma non sanno che ci sono stati giorni in cui quel mare era una tempesta, in cui non c’era un solo pezzo di me che non fosse in frantumi.
E la cosa peggiore? Non è solo il giudizio. È che questo giudizio arriva da chi non ha mai avuto il coraggio di tendermi una mano, di chiedere: “Come stai davvero?” Preferiscono costruire storie nella loro testa, perché è più facile così. È più comodo immaginarmi come vogliono loro, piuttosto che fare lo sforzo di vedermi per quella che sono veramente.
Ma io sono stanca. Stanca di difendermi, di spiegarmi, di giustificarmi. Non devo a nessuno il racconto delle mie battaglie. Non devo a nessuno la lista delle mie cicatrici. Se qualcuno vuole capire, deve avere la pazienza di guardare oltre, di ascoltare senza parlare, di accettare che non tutto può essere compreso con un’occhiata superficiale.
E sai cosa c’è di peggio? Quando queste persone riescono a farti dubitare di te stessa. Quando inizi a chiederti se forse hanno ragione, se forse sei tu a sbagliare, se forse la tua vita, con tutto il suo peso, non vale quanto quella degli altri. È un veleno lento, quello delle loro parole. Ma io ho deciso che non lo lascerò più entrare.
Perché la verità è questa: non importa quanto qualcuno cerchi di parlare al posto tuo, di riscrivere la tua storia con le loro parole. La tua storia è tua, e nessuno potrà mai capirla fino in fondo. Nessuno conosce il peso che hai portato, i passi che hai fatto, le decisioni che hai preso per arrivare dove sei ora.
E allora, sai cosa ho deciso? Ho deciso di non dare più potere a chi parla senza sapere. Perché le loro parole sono solo eco vuote, prive di significato. Non possono toccarmi, non possono ferirmi, non possono definirmi.
Forse non posso fermare l’ignoranza. Forse non posso impedire che la gente parli. Ma posso scegliere di non ascoltare, di non lasciare che le loro parole diventino il mio specchio. Posso scegliere di proteggere la mia verità, di custodirla come qualcosa di prezioso, qualcosa che appartiene solo a me.
E se qualcuno vuole davvero capire, dovrà avere il coraggio di chiedere, di ascoltare, di guardarmi negli occhi senza giudizio. Perché non ho bisogno di chi parla senza sapere. Ho bisogno di chi sa stare in silenzio e, in quel silenzio, mi accetta per quella che sono.
#pensieri#realtà#vita#tristezza#nostalgia#citazioni#quotes#citazione#frasi#frasi vita#verità#silenzio#ignoranza#scelta#parole#persone#giudizio
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Piccolo Principe 🧡
“Da te posso venire senza dover indossare maschere o recitare, senza dover svendere neanche la più piccola parte del mio mondo interiore. Con te non devo giustificarmi, non devo difendermi, non devo dare dimostrazioni...
Ti sono grato perché mi accetti come sono. Che farmene di un amico che mi giudica?
Se invito uno zoppo alla mia tavola, lo prego di accomodarsi, non gli chiedo certo di danzare.”
Antoine de Saint-Exupéry
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penso sia ingiusto far scontare agli altri le conseguenze della tua impulsività. Io quelle conseguenze le vivo da anni sulla pelle, costantemente, senza poter fare niente per difendermi. Ogni mio giorno importante è stato rovinato dall'incapacità di chi mi circonda di guardare in faccia i bisogni degli altri, tutti hanno sempre e solo pensato a loro stessi, senza pensare un minimo a me. Oggi, per l'ennesima volta, mi ritrovo a piangere in un giorno che doveva essere solo bello...e lo faccio ogni volta, succede in ogni giorno speciale. Ho un trauma, ho paura della felicità perché arriva sempre sporcata dalla sfortuna e dal dolore. E tu devi sempre reagire con un sorriso, anche se quello che ti succede è ingiusto, tu devi sempre fare finta che ti vada bene così. No, non mi va bene così. Sono stanca di dovermi accontentare sempre. Oggi basta, non voglio più sentire nessuno, non voglio più ascoltare il trauma di nessuno, i motivi di nessuno...ascolto solo i miei di motivi adesso. Voglio solo guarire, senza fare del male a nessuno mentre lo faccio a differenza di chi usa le sue ferite per ferire gli altri. Se significa restare sola, io resto sola, perché ho il cuore che fatica a respirare adesso e voglio solo aria.
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Sapere che c'è qualcuno da qualche parte, dal quale ti senti compreso, malgrado le distanze o i pensieri inespressi, fa di questa terra un giardino. Amica mia, accanto a te non ho nulla di cui scusarmi, nulla da cui difendermi, nulla da dimostrare: con te trovo la pace.
Antoine Marie Roger de Saint-Exupery
🍀
#smokingago
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All’amore sono giunta con un grido di seta
e ci ho messo le guance,
il corpo e la coscienza.
Niente è rimasto di me,
neppure una lettera,
neppure uno specchio in cui riconoscermi.
Ma ho imparato a passare
per la cruna dell’ago,
cioè a perdonare sinceramente.
A lasciare la pelle nel filo di ferro,
a ferirmi dalla testa ai piedi.
Ho perso tutto.
E quando ho capito
che non sapevo difendermi dalla gente,
ho risposto con una sberla di dolcezza,
perché io so
che solo i dolci erediteranno la terra.
- Mìa Gallegos, La deslumbrada
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Ieri sera ho visto una coppia litigare in maniera verticale, l'ennesima. Lei piangeva seduta, lui le stava di fronte in piedi e le urlava cose incomprensibili. Lei neanche lo guardava, aveva lo sguardo basso. Il suo pianto era silenzioso, se non fossi stata attratta dalle urla di lui probabilmente non me ne sarei neanche accorta. Ho iniziato a fissarli e a tremare. Ero sola, nessuno accanto a me, e sentivo una rabbia tremenda montarmi dentro e allo stesso tempo un'impotenza schiacciante addosso. Lui ad un certo punto si è seduto accanto a lei. Mentre lei piangeva le sussurrava parole all'orecchio, sicuramente cattiverie, perché lei continuava ad asciugarsi gli occhi e non guardarlo. Ad un certo punto l'ha sfiorata e lei s'è ritratta. Allora lui l'ha abbracciata. Chiunque li vedesse da fuori per la prima volta sicuramente avrebbe potuto pensare ad un abbraccio riconciliatore, di tenerezza. Invece era violenza, non ho dubbi. Lei, dopo una prima lieve resistenza, è rimasta immobile sotto il peso di quell'abbraccio. Poi lui l'ha presa per mano e sono andati via, lei sempre lo sguardo fisso a terra. L'ho osservata per un po' sperando ricambiasse il mio sguardo, capisse che qualcuno lì si era accorto di ciò che stava accadendo, che era vista e capita, che non era sola. Non sono riuscita a fare neanche questo, a raccogliere il suo sguardo. Mi sono sentita così stupida e inutile, immobilizzata nel mio terrore, nel riconoscimento di una violenza che mille volte ho vissuto e che ancora non so affrontare, neanche quando tocca un'altra donna. Stanotte ho fatto mille incubi, sognato catastrofi. Come se ne esce? Io vi odio e ancora non so difendermi né difendere le sorelle che mi circondano e per questo odio un po' anche me.
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VITTIMA DEL MATRIARCATO
Dovevano essere i primi anni ottanta e credo di essere stato in quinta elementare o al massimo in prima media, quando un pomeriggio di Agosto in spiaggia a Viareggio mentre tra amici guardavamo una partita di calcetto tra nuvole di sabbia, qualcuno vicino a me indicò una ragazza in bikini bianco, di uno o due anni più grande di noi e mi chiese a bruciapelo 'Quella lì te la tromberesti?'.
Io rimasi un po' spiazzato dalla domanda ma visto che si trattava di una risposta per forza dicotomica e comunque dell'argomento sapevo giusto giusto le basi teoriche, ovviamente risposi di sì.
Il tipo (che non era proprio un amico ma piuttosto una di quelle conoscenze estive estemporanee) sghignazzò e in men che non si dica si avvicinò alla suddetta ragazzina e indicandomi le disse qualcosa a bassa voce.
Dobbiamo dire che allora (come ora) io per le cose mondane non ero certo il più sveglio della cucciolata e quindi non riuscii a collegare quanto avevo detto al tipo poco prima con l'espressione furiosa e sconvolta della ragazza, che con le lacrime agli occhi corse verso il gruppo dei genitori sotto gli ombrelloni, tra cui c'era anche mia madre.
Dovevano essere le tre del pomeriggio ma io posso ancora ricordare che a un certo punto era sera (c'era la mezza luna in cielo) e mia madre non smetteva ancora di urlarmi contro PER LA COSA SCHIFOSA CHE AVEVO DETTO A QUELLA RAGAZZA E CHE MI DOVEVO VERGOGNARE PERCHÉ LEI DI SICURO DI VERGOGNAVA DI AVERE UN FIGLIO COSÌ.
Quando mio padre rientrò a casa ricominciò tutto da capo ma in stereo, con lui a braccia conserte che scuoteva la testa e mi diceva che ERO STATO UNA GROSSA DELUSIONE E CHE QUELLA RAGAZZA AVREBBE SOFFERTO MENO SE LE AVESSI DATO UN PUGNO NELLO STOMACO.
La cosa strana è che non provai nemmeno a difendermi spiegando che in realtà non le avevo detto proprio nulla... ho accettato il fatto di essere stato beccato mentre ballavo il tip tap in un campo minato e il giorno dopo continuai a fare quello che facevo fino al giorno prima ma diffidando di più della gente che faceva le domande stupide.
Vedete, il fatto è che io sono stato cresciuto in un ambiente familiare davvero molto aperto e inclusivo, dove c'era poco spazio per il giudizio frettoloso verso il diverso, il fragile e l'emarginato, quindi quell'episodio più che ingiusto mi parve strano... davvero c'era gente che andava in giro a dire alle donne che le voleva trombare? Ma dov'erano i genitori di queste persone?
E più tardi capii che erano proprio loro a dire queste cose e i figli semplicemente imparavano.
E ne ho conosciuto davvero tanti di figli così (che, per inciso, sono i genitori di oggi da cui altri figli imparano) e a volte non c'è nemmeno stata una responsabilità genitoriale diretta nell'aver insegnato loro certi comportamenti... a volte basta non dare peso, sorridere a certe battute e derubricare certi comportamenti a scherzi presi troppo sul serio.
Perché poi, alla fine, è sempre questione di saper stare allo scherzo, no?
E fatevela 'na bella risata invece di stare sempre a pensare a cose macabre tipo che una donna viene uccisa ogni quattro giorni!
No?
No.
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