#degrado centro storico
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Roggero (Lega): "Alessandria sempre più simile a Gotham City: degrado, paura, insicurezza. Abonante e la sua giunta se ne accorgono?"
Richiesta urgente di convocazione della Commissione Sicurezza ad Alessandria per affrontare degrado e criminalità crescente
Richiesta urgente di convocazione della Commissione Sicurezza ad Alessandria per affrontare degrado e criminalità crescente L’autunno 2024 ad Alessandria si tinge di scenari inquietanti che sembrano riportare alla mente Gotham City, la città simbolo di caos e crimine nei fumetti. Il centro storico, un tempo cuore pulsante della vita cittadina, è oggi sempre più terreno fertile per il degrado, la…
#Alessandria#Alessandria pericolosa#aumento criminalità#baby gang Alessandria#baby gang in centro#centro storico a rischio#Cinzia Lumiera#commercianti in difficoltà#Commissione Sicurezza Alessandria#criminalità ad Alessandria#criminalità giovanile#degrado Alessandria#degrado centro storico#Degrado urbano#degrado urbano Alessandria#emergenza sicurezza#furti Alessandria#furti e aggressioni#gestione rifiuti Alessandria#Gianfranco Cuttica di Revigliasco#inciviltà in strada#inciviltà urbana#insicurezza centro storico#interventi sulla sicurezza#Lega Salvini Piemonte#Mattia Roggero#monopattini elettrici Alessandria#monopattini pericolosi#Palazzo Rosso Alessandria#pericoli cittadini
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No al degrado di un luogo UNESCO
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#Antonio Vitale#degrado#raccolta differenziata#riciclo#’Associazione Culturale Napoli Centro Storico
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DEBOLI COI FORTI, FORTI COI DEBOLI
L’amministrazione comunale prosegue la guerra contro le categorie di persone già marginalizzate. In 4 anni nessun progetto o proposta che non fosse finalizzata alla repressione verso migranti, antifascistx, femministx e chiunque non rientri in quella che la destra definisce “normalità”. La nuova ordinanza firmata dal sindaco Zattini ha colpito due minimarket etnici del centro storico con obbligo di chiusura alle 19:30. Il Resto del Carlino la racconta come “una bella notizia per gli abitanti della zona” e cita un imprecisato agente di polizia: “le persone che bighellonano potrebbero trovare rifugio nei bar accanto” dimostrando così di non aver risolto ciò che loro definiscono problema, ma semplicemente spostandolo. Un’operazione tipica della destra, spostare l’attenzione su altro, chiudendosi dietro a slogan elettorali. “La rivendita ha chiuso la saracinesca alle 19:35, cinque minuti oltre l’orario” scrive il giornalista ricordando anche il divieto di sedersi sui gradini dei palazzi del centro: “l’inizio è apparso incoraggiante”. Una volta si diceva servi dei servi, ora siamo all’orgoglio razzista. Il vicesindaco esulta e come in ogni post ringrazia polizia, carabinieri e guardia di finanza. Oltre alle decine di dichiarazioni e scelte politiche volte a reprimere i più deboli, un gruppo di cittadini ha organizzato un comitato dal nome “Orgogliosi forlivesi” per segnalare situazioni da loro definite di degrado, come pericolosissime scritte sui muri e violenti cestini pieni di rifiuti. Intanto, mentre le persone colpite dall’alluvione contestavano la gestione dell’emergenza, Zattini regalava piadine a Meloni e Von der Leyen e il vicesindaco si esaltava per l’entrata in servizio di Saetta, il cane-robot utile per rilevare esplosivi e agenti chimici nella sovversiva Forlì. Ah, sui social dell’assessora Cintorino è sparito il post dove sventolava la bandiera di Israele definendola “unica democrazia del medio oriente”, ma sappiamo che l’assessora non brilla come le luminarie di Natale. A Forlì funziona così, deboli coi forti e forti coi deboli. I nomi cambiano, ma le colpe sono sempre degli altri. Come diceva una vecchia canzone: cambiare tutto per non cambiare niente.
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Vicenza: spaccio e degrado urbano. 8 persone segnalate alla Prefettura
Vicenza: spaccio e degrado urbano. 8 persone segnalate alla Prefettura. Continuano i controlli anticrimine da parte del Nos e della Squadra antidegrado della Polizia Locale di Vicenza, in particolare nell'area compresa tra il Quadrilatero e il centro storico, per dare una risposta pronta e fattiva alle segnalazioni dei residenti che nell'ultimo periodo hanno lamentato una presenza più assidua di spacciatori e persone sospette in prossimità di luoghi sensibili.... Leggi articolo completo su La Milano Read the full article
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Caserta, movida nel centro storico tra caos e degrado: «Occorre il regolamento» | www.ilmattino.it
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Forcella tra storia, tradizione e riscatto nel cuore di Napoli
Forcella, un nome che risuona nell'immaginario collettivo come sinonimo di storia, tradizione e riscatto. Ma dietro questa immagine spesso stereotipata, si nasconde un quartiere vivo, pulsante e ricco di autenticità, che negli ultimi anni sta vivendo un profondo riscatto. Situato nel cuore del centro storico di Napoli, a ridosso di Spaccanapoli e Via Duomo, Forcella si snoda tra vicoli stretti, bassi dal fascino antico e murales colorati. Le sue origini risalgono all'epoca greca e romana, e il suo nome deriva dalla caratteristica forma a "Y" di uno dei suoi incroci principali. Un quartiere con un passato complesso Forcella ha vissuto una storia travagliata, segnata da povertà, degrado e criminalità organizzata. Negli anni '70 e '80, in particolare, il quartiere era diventato una roccaforte della camorra, con il clan Giuliano che seminava terrore e violenza. Un riscatto in atto Tuttavia, negli ultimi anni, Forcella ha intrapreso un percorso di rinnovamento e riscatto. Grazie all'impegno di associazioni, cittadini e istituzioni, il quartiere si sta trasformando. La criminalità è in calo, nuovi progetti di legalità e sviluppo sociale prendono vita, e l'anima autentica di Forcella riemerge con forza. Cosa vedere a Forcella - Il Cippo a Forcella: un'antica colonna romana che segnava il confine della Neapolis greca, oggi simbolo del quartiere. - La Basilica di San Lorenzo Maggiore: un complesso monumentale che conserva resti archeologici di epoca romana e greca. - La Chiesa di Santa Maria Maggiore ai Forcella: un gioiello del barocco napoletano. - Il Teatro Trianon: un teatro storico dove debuttò Eduardo Scarpetta. Oltre la pizza: street food e artigianato Forcella è un paradiso per gli amanti del cibo di strada. Tra le specialità da provare, la pizza fritta, i "cuoppo" di mare, i "arancini di riso" e la pastiera napoletana. Il quartiere è inoltre rinomato per le sue botteghe artigiane, dove è possibile trovare manufatti in ceramica, cuoio e corallo. Un quartiere da vivere Forcella non è solo un luogo da visitare, ma un quartiere da vivere. Passeggiare tra i suoi vicoli, immergersi nella sua atmosfera vivace e autentica, significa scoprire il vero cuore di Napoli. Un cuore che, nonostante le ferite del passato, pulsa di vita e speranza per un futuro migliore. Forcella è un quartiere che non ti lascia indifferente. Un luogo che sfida i pregiudizi e conquista con la sua bellezza ruvida e la sua anima genuina. Se hai la possibilità, non perdere l'occasione di visitarlo. Foto di copertina: DepositPhots Read the full article
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Ma come non ti interessa?
Certi post con foto di demolizioni del mio centro storico non mi erano stati di primo interesse, non volevo visualizzare altre mostruosità…Il giorno di Pasqua tra scambi di auguri tra compaesani amici e parenti, in chat, mi pongono la domanda, da quale fazione sia io schierato, con le ruspe e cemento del rinnovo o il degrado dell’abbandono del conservare il vecchio… Beh non mi sono pronunciato…
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Piazza dell'Olmo a Terni, è diventata un simbolo del degrado del centro storico from Umbria Journal TV on Vimeo.
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“ACCAMPAMENTO E IMMONDIZIA IN VIA DELL’ORSO, SIMBOLO DEL DEGRADO DEL CENTRO STORICO”
De Ficchy Giovanni Una fine ingloriosa per questo storico angolo di Roma, cornice di un angolo di strada del XV secolo, che divenne «Albergo dell’Orso», dando così il nome alla strada Poi si trasformò un ristorante, gradito al jet set, che negli anni ‘50 e ‘60 ha ospitato alle sue eleganti tavole star e vip internazionali in visita a Roma, con all’ultimo piano la famosa discoteca «Cabala» “Via…
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In passato luogo di miseria ed arretratezza, definiti “Vergogna Nazionale” intorno agli anni ’50, da alcuni decenni i Sassi di Matera (suddivisi in Sasso Barisano, Sasso Caveoso e Civita) sono tornati a vivere ed oggi rappresentano la cartolina più famosa della città, oltre che un orgoglio nazionale.
Solo negli ultimi decenni le grotte e le abitazioni sono state strappate al degrado, divenendo protagoniste di un’intensa opera di recupero che ha permesso ai Sassi di essere restituiti all’umanità come Patrimonio Mondiale UNESCO; il riscatto della città si è completato il 17 ottobre 2014, quando Matera è stata eletta Capitale Europea della Cultura 2019.
Il centro storico di Matera rappresenta uno straordinario esempio di come l’uomo ha saputo adattare la natura alle proprie esigenze di vita. Osservando di giorno questo magnifico spettacolo lo sguardo si perde tra i vicoli, non riuscendo più a distinguere le case, i tetti e le strade, mentre lo sfondo è dominato dalle grotte della Murgia Materana; di notte la metamorfosi, di colpo appare il presepe illuminato, da ammirare rigorosamente in silenzio. 🇮🇹❤👏👋
In the past a place of misery and backwardness, defined around the 1950s as "National Shame", for some decades the Sassi of Matera (subdivided into Sasso Barisano, Sasso Caveoso and Civita) have come back to life and today they represent the most famous postcard of the city as well as national pride.
Only in the last few decades have the caves and houses been saved from degradation, becoming the protagonists of an intense recovery work that has allowed the Sassi to be returned to humanity as a UNESCO World Heritage Site; the redemption of the city ended on 17 October 2014, when Matera was elected European Capital of Culture 2019.
The historic center of Matera is an extraordinary example of how man has been able to adapt nature to his life needs. Observing this magnificent spectacle during the day, the gaze gets lost in the alleys, no longer being able to distinguish the houses, the roofs and the streets, while the background is dominated by the caves of the Murgia Materana; at night the metamorphosis, suddenly the illuminated crib appears, to be strictly admired in silence. 🇮🇹❤👏👋
Grazie: Complimenti a📷@instagram.com/irmopradelli 💚🤍❤️
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Roma Centro storico, i Carabinieri contro l'abusivismo e il degrado
Carabinieri contro il degrado e abusivismo nell’area dei Fori Imperiali e Colosseo L’aumento della presenza dei turisti nella Capitale ha inevitabilmente visto un proporzionale aumento dei venditori abusivi nelle aree maggiormente visitate. Così i Carabinieri del Comando di Roma Piazza Venezia, senza indugio, hanno avviato un servizio di controllo, mirato al contrasto dell’abusivismo…
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#abusivismo#Carabinieri#centro storico#controlli delle forze dell&039;ordine#Degrado#Forze dell&039;Ordine#Roma Capitale
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19 novembre 1969. La battaglia contro lo sfruttamento oltre la fabbrica - Fondazione Giangiacomo Feltrinelli
CGIL CISL e UIL nel corso dell’autunno già caldo per le vertenze legate ai rinnovi contrattuali promuovono una serie di scioperi articolati ‘per le riforme’ e in particolare per una modifica radicale delle politiche abitative. L’obiettivo è quello di trasformare la casa in un servizio sociale sottraendola alle logiche di puro profitto per assicurare a tutti i cittadini condizioni abitative adeguate ad un livello civile di vita collettiva.[1]
La spinta alla mobilitazione arrivava certamente dalle fabbriche ma anche dai territori dove si erano sviluppate forti lotte spontanee che spesso né le strutture sindacali né i partiti della sinistra tradizionale erano state in grado di organizzare e dirigere.
A Milano il problema della casa era drammatico. Migliaia di lavoratori giunti dalle campagne e dal sud attratti dalle grandi fabbriche trovavano affitti inaccessibili o sistemazioni precarie in condizioni di degrado; i ceti popolari erano espulsi dal centro storico in seguito alla prima grande ‘rigenerazione urbana’ fatta di demolizioni e sfratti; migliaia di proletari vivevano ammassati in quartieri dormitorio, costruiti frettolosamente e senza i minimi servizi. I bisogni immediati di queste famiglie si stavano saldando con la nuova consapevolezza politica espressa dai movimenti giovanili e con il rinato protagonismo operaio.
Il 19 novembre l’Italia si ferma. Milioni di lavoratori in sciopero vogliono modificare i rapporti di potere anche fuori dalla fabbrica consapevoli che se questi non si modificano le stesse conquiste contrattuali e aziendali rischiano di essere riassorbite.[2]
Anche a Milano la mobilitazione ha un indubbio successo. Ma ha un epilogo tragico. Al termine del comizio tenuto all’interno del Teatro Lirico la polizia interviene in modo violento per disperdere un corteo, in quel momento pacifico, di dimostranti della sinistra extraparlamentare che si stava unendo ai lavoratori in uscita dal teatro[3]. Nel buio generato dai gas lacrimogeni resterà ucciso l’agente di polizia Antonio Annarumma. Le circostanze della morte non furono mai chiarite ma questo episodio diede l’occasione alle destre per attaccare in modo violento il movimento sindacale. Attacchi verbali nelle dichiarazioni di alcuni esponenti del governo e nei titoli di giornale ma anche vere e proprie azioni squadriste effettuate dai fascisti nel giorno del funerale dell’agente. Solo ventitré giorni dopo, il 12 dicembre, parole e azioni simili saranno portate alla massima potenza.
Facciamo però un passo indietro: per provare ad analizzare le lotte che diedero la spinta alla mobilitazione generale del 19 novembre proviamo a concentrarci su un caso specifico.
Gennaio 1968, Quarto Oggiaro. Il quartiere, composto in gran parte da edilizia pubblica, negli anni 60 aveva vissuto uno sviluppo demografico impressionante: dai 7.232 abitanti censiti nel 1959 ai 60.000 del 1969. La composizione della popolazione era il frutto della logica di segregazione sociale attuata dallo IACP con l’offerta differenziata di alloggi (tramite il valore dei canoni e i criteri di selezione) nei diversi quartieri periferici[4]: operai non specializzati, pensionati a basso reddito, piccoli esercenti, precari. Gli abitanti provenivano prevalentemente da altre regioni italiane, in modo particolare dal Meridione, e in misura minore da altre quartieri più centrali di Milano, come conseguenza di sfratti o abbattimenti di stabili.
In seguito all’ aumento dell’affitto e delle spese da parte dello IACP, il 14 gennaio ‘68 l’assemblea degli inquilini, contro le indicazioni delll’APICEP (Associazione Provinciale Inquilini Case di Edilizia Pubblica) dove operano anche i rappresentanti dei partiti di sinistra (PCI e PSIUP), avvia uno sciopero dell’affitto ad oltranza con la richiesta di mantenere il valore dell’affitto al 10% del reddito del capofamiglia[5]. Dal primo Comitato di Agitazione nascerà in breve tempo l’Unione Inquilini che riuscirà a intercettare bisogni e pratiche già maturi “dando pubblicità ad un comportamento sino ad allora “clandestino” e trasformandolo in una parola d’ordine semplice e chiara”[6].
La lotta proseguirà estendendo le proprie rivendicazioni alle necessità degli abitanti di servizi e spazi sociali e alla democratizzazione dell’IACP. Il movimento dovrà presto affrontare la repressione, organizzerà l’opposizione di massa agli sfratti e il sostegno alle occupazioni di alloggi sfitti, e a volte di interi stabili, da parte di sfrattati e famiglie senza casa. Pur senza riconoscimenti ufficiali da parte delle istituzioni gli inquilini in sciopero otterrà la sospensione degli sfratti e la proposta di alloggi agli occupanti.
Nel frattempo, dopo la fiammata dello sciopero generale, la battaglia per le riforme delle organizzazioni sindacali si era spostata principalmente sul terreno della contrattazione con il governo rinunciando alla mobilitazione generale dei lavoratori.
Certamente i risultati della contrattazione non furono marginali. Il 22 ottobre 1971, dopo due anni di incontri e modifiche che limitarono di molto la portata delle rivendicazioni sindacali, viene votata la legge di Riforma della Casa: viene istituita l’Edilizia Residenziale Pubblica inserendo il comparto nel sistema dello stato sociale e vengono varate le norme sulla espropriazione per pubblica utilità. Pochi anni dopo, nel 1978, sarà approvato l’Equo Canone che, sebbene non fosse quello richiesto dalle mobilitazioni sindacali, sottrae la determinazione dell’affitto alla pura volontà della Proprietà. Dopo l’autunno caldo però l’intervento sindacale non riuscirà più a intercettare nello stesso modo le istanze dei quartieri popolari rinunciando troppo presto a “uscire dalla fabbrica”.
Per rileggere oggi la mobilitazione di 50 anni fa proviamo ora a utilizzare tre immagini.
La prima. BASTA RAZZISMO CASE POPOLARI A PREZZI POPOLARI[7] è scritto sul cartello portato da una giovane lavoratrice: non possiamo non pensare oggi alle leggi discriminatorie che cercano di limitare l’accesso all’edilizia popolare ai cittadini stranieri. In questi giorni si avvia a Milano l’attuazione della nuova legge regionale che premia con punteggi determinanti i cittadini residenti in Regione da più di 15 anni e nel comune da più di 10 limitando nel contempo l’accesso delle famiglie definite “indigenti” ad una quota massima del 20%.[8] Una doppia discriminazione dunque, nei confronti dei cittadini stranieri in particolare e comunque nei confronti di tutti i cittadini poveri.
La seconda. Emerge un cartello scritto a mano tra la folla radunata fuori dal Teatro Lirico: SALARIO 100.000 AFFITTO 40.000. CON COSA MANGIAMO?[9] A Milano oggi gli affitti continuano a aumentare. Si stima che siano saliti del 10% solo nell’ultimo anno. L’incidenza del costo casa rispetto al reddito supera ormai nella maggioranza dei casi il 50%. La domanda posta nel cartello nel 1969 è quindi oggi ancora più attuale. E la risposta sta negli ultimi dati diffusi dal Ministero dell’interno: nel 2018 a Milano sono stati eseguiti 2.845 sfratti, il 90% per morosità.
La terza immagine riprende invece molti operai che portano uno striscione: LA CASA NON È UN LUSSO MA UN BENE INDISPENSABILE [10]. Di fronte alla completa liberalizzazione del mercato degli affitti e ai processi di dismissione del patrimonio di case pubbliche negli ultimi 20 anni il movimento sindacale è stato spesso assente e a volte anche direttamente responsabile. Non vi è stata la capacità di contrastare l’assunto per cui l’alloggio non è altro che un bene da cui il proprietario ha il legittimo diritto di ottenere il massimo profitto possibile e ci si è affidati alle presunte virtù regolatrici del mercato rinunciando nei fatti alla rappresentanza della parte di popolazione esclusa dal diritto alla casa.
Se oggi la fabbrica del 1969 da cui partire per estendere la battaglia non esiste più, continua ad esistere quel fuori richiamato nel manifesto di convocazione dello sciopero generale e continua ad esistere lo sfruttamento. I quartieri sono ancora popolati da migliaia di persone e famiglie cui è negato il diritto ad una casa e ad un abitare dignitoso, anche se spesso sono “invisibili” ai media ed alle istituzioni. La città è attraversata, anche se in modo discontinuo e disorganico, da varie forme di resistenza: mobilitazioni per chiedere al Comune risposte concrete per le famiglie sfrattate, iniziative di quartiere per ottenere la riduzione degli affitti, opposizioni agli sfratti e agli sgomberi, momenti di denuncia contro le politiche discriminatorie, richieste di intervento perché siano garantite condizioni di vita dignitose nei quartieri popolari. Da fuori la battaglia può ancora ripartire.
[1] Le indicazioni della CGIL, della CISL e della UIL per una politica organica della casa, 24 settembre 1969. Il Testo integrale del documento in Lo spreco edilizio, a cura di Francesco Indovina, Marsilio Editori, 1972.
[2]Dal Testo del manifesto dello sciopero generale unitario del 19 novembre 1969 in Achilli, Casa Vertenza di massa, Marsilio Editori, 1972
[3] Vedi Sergio Turone, Storia del Sindacato Italiano, Editori Laterza, 1998.
[4] Mario Boffi, Stefano Cofini, Alberto Giasanti, Enzo Mingione, Città e conflitto sociale, Feltrinelli, 1972.
[5] Vedi Francesco Di Caccia, La questione urbana. Storia dell’Unione Inquilini, Feltrinelli,1974
[6] Testimonianza di Giuseppe Zambon, primo dirigente dell’Unione Inquilini
[7] http://www.lombardiabeniculturali.it/fotografie/schede/IMM-2w020-0002444/
[8] Per un approfondimento della norma: http://sbilanciamoci.info/modello-welfare-abitativo-lombardo-opportunita/
[9] http://www.lombardiabeniculturali.it/fotografie/schede/IMM-2w020-0004681/
[10] http://www.lombardiabeniculturali.it/fotografie/schede/IMM-2w020-0002443/
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Roma: intervento di valorizzazione dei reperti archeologici nel Parco d'Affaccio a Ponte Milvio
Roma: intervento di valorizzazione dei reperti archeologici nel Parco d'Affaccio a Ponte Milvio. Nell'ambito dei lavori di realizzazione del Parco d'Affaccio "Oasi di Ponte Milvio", sono stati riportati alla luce parte degli antichi argini del Tevere in tufo, risalenti al I secolo a.C., un tratto dell'Antica via Flaminia con il tradizionale basolato imperiale e un tratto di sanpietrini del '900. Già nel corso delle indagini archeologiche preventive si era individuata un'area di particolare interesse caratterizzata dalla presenza di un cippo di età romana e un muro in blocchi di tufo, parzialmente affiorante tra la vegetazione. Al di sotto di sedimenti alluvionali recenti è stato, inoltre, riportato in luce un complesso di strutture poste a ridosso della sponda destra del Tevere, afferenti un'antica sistemazione dell'argine databile probabilmente al I secolo a.C. Le opere menzionate sono state parzialmente esposte nel corso di alcuni lavori realizzati nel 1947. Negli anni Sessanta risultavano ancora visibili, ma successivamente se ne era persa memoria e traccia, poiché completamente sommersi dal limo e, successivamente, dalla terra. L'intervento in corso, oltre ad integrare la documentazione di queste strutture con un corretto posizionamento, offre la possibilità di recuperare fasi di frequentazione più antiche testimoniate da lacerti di strutture in opera reticolata e due basoli individuati sotto la fondazione del muro settentrionale. Il progetto a cura del Dipartimento Tutela Ambientale valorizzerà tali ritrovamenti che rimarranno scoperti e inclusi nelle lavorazioni in corso. I lavori di realizzazione del Parco d'Affaccio, inoltre, non dovrebbero subire rallentamenti. Agli scavi, insieme al personale di Roma Capitale, hanno partecipato tecnici della Sovrintendenza Capitolina e della Soprintendenza di Stato. "Vogliamo che la città si riappropri del suo fiume e questi reperti daranno l'opportunità di caratterizzare uno splendido parco, anche sul piano archeologico e storico, oltre che su quello naturalistico. Questo luogo rappresenta uno degli snodi più importanti dell'antica Roma e noi vogliamo valorizzarlo ancora di più. Questo sarà un Parco d'Affaccio unico, su cui stiamo investendo 1 milione di euro, grazie alla particolarità di reperti archeologici che riporteremo alla luce". Così il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri. "I lavori per la realizzazione del Parco d'Affaccio Oasi di Ponte Milvio continuano regolarmente. Ciò che presentiamo oggi incrementa ulteriormente il valore di questo straordinario parco. I ritrovamenti archeologici saranno parte integrante della fruizione dei cittadini, che potranno godere delle bellezze naturalistiche, archeologiche e del paesaggio romano. I lavori si completeranno entro gennaio del 2025. Da un'area oggi del tutto inaccessibile e sottoposta al degrado, al termine del nostro intervento avremo 6,5 ettari di superficie, di cui 1 ettaro di bosco, completamente bonificati e riqualificati. È previsto un percorso di attraversamento in legno antiscivolo e tre aree di sosta attrezzate: una prima area, sotto pioppi e salici, permetterà di godere di un giardino acquatico; una seconda area, al centro del parco, dotata di pavimentazione in legno, sarà un luogo per attività didattiche, in cui dar vita ad una vera "aula verde"; e, infine, una terza area, di rilevante interesse archeologico che potrà unire storia e presente. Il progetto dell'Oasi, come spazio fluviale completamente riqualificato, offrirà ai cittadini l'opportunità di godere davvero del fiume, della sua storia e della sua bellezza. Lavoriamo per far sì che il Tevere diventi il più grande parco lineare della città, una vera infrastruttura ambientale a disposizione di tutte e tutti" - ha dichiarato Sabrina Alfonsi, assessora all'Agricoltura, Ambiente e Ciclo dei Rifiuti.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Con la pulsione già discussa da sommelier dello schifo, ho letto alcune cosine sulla Leopolda, italiavìva, Renzi, eccetera. In particolare, hanno presentato la "carta dei valori" (nota: un plauso al sito del sole24ore, uno dei pochissimi che ha ritenuto opportuno oltre che parlare del documento anche linkarlo).
Come tristemente già detto a proposito del "manifesto dei valori del partito democratico" credo che le dichiarazioni di intenti dei partiti siano fondamentali. Intenti che raramente vengono realizzati ma almeno uno ha un'idea dell'aria che tira: se uno punta già basso o nel nulla o sensibilmente a destra pur dichiarandosi di sinistra (ogni riferimento a partiti esistenti è puramente voluto) poi non è che puoi lamentarti se lo voti aspettandoti qualche fantomatico riformismo socialista.
Non che con italiavìva ci sia questa ambiguità, ma ero curioso di vedere che mire si davano. Il documento è più o meno diviso in due: i primi 8 punti con elementi se non interessanti almeno preoccupanti e i restanti che hanno il tipico tono delle interviste ai calciatori quando l'argomento non è il calcio (una citazione a caso: "La bellezza del nostro patrimonio culturale e storico è un bene comune che va difeso e valorizzato." - purtroppo l'enorme fetta elettorale interessata a partiti iconoclasti che piscino sui Caravaggio dovrà cercare altrove).
Cito due punti fra tutti:
I nostri punti di riferimento sono la Costituzione repubblicana e antifascista, la Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione europea e la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Poniamo la persona al centro della nostra azione politica. Ci ispiriamo a un umanesimo integrale, fondato su rispetto, giustizia e eguaglianza. L’inviolabilità dell’identità, la tutela dei dati personali e la dignità delle persone sono il fondamento del patto di cittadinanza.
C'è una neanche troppo sottile lotta di trademark sull'umanesimo fra Renzi e Conte, loro dice che ce l'hanno integrale con le farine di grani antichi, un umanesimo più sano ad alta digeribilità. L'ultima frase non ho la più pallida idea di cosa significhi. O sono troppo scemo io o il ghost writer ha avuto un ictus mentre la scriveva.
Il prossimo punto va spezzettato e grassettato per apprezzare appyeno alcuni passaggi chiave. Mi ero effettivamente chiesto se fra i Valori™ avrebbero provato a nascondere qualche velatura di autoritarismo. E invece no, nessuna velatura nascosta, direttamente un murale in bella vista:
Senza sicurezza, internazionale e interna, non può esserci libertà. Le minacce del nostro tempo vanno affrontate essendo rigorosi nel reprimere e intelligenti nel prevenire. Perciò vogliamo promuovere con determinazione azioni di pace e dialogo per difendere la legalità internazionale
[pausa per apprezzare l'equilibrismo dell'ultima frase, che mi fa venir voglia di intraprendere azioni di pace dialogo per diffondere la legalità internazionale sullo stipite della porta del cesso]
proteggere le popolazioni civili, nel rispetto dei valori della democrazia e dei diritti umani, dando nuovo impulso alle organizzazioni multilaterali e proponendo un sistema comune di difesa europeo.
Vista la felice esperienza della NATO, facciamocene una noi, magari restando comunque nella NATO per agevolare le logistiche militari.
Contrasteremo ogni forma di criminalità e degrado, a partire da una lotta sempre più dura contro mafie e terrorismo.
Mafie e terrorismo, tipiche fonti di degrado. Cristo, il DEGRADO. Ci terrei a ripetere che contrasteranno ogni forma di degrado, dalle cicche in strada ai jeans a vita alta che fanno il cvlone.
Ci impegniamo a sradicare le cause che generano sentimenti di solitudine ed emarginazione da cui nascono le paure, a cominciare dalle nostre periferie.
Questo è forse il vero capolavoro. Mai come nell'ultima dozzina d'anni "le cause che generano sentimenti di solitudine ed emarginazione da cui nascono le paure" sono state puramente politiche o direttamente avvallate da componenti politiche di cui una buona parte sono confluite o stanno confluendo in italiavìva. Ad esser letterali questi si impegnano a sradicarsi. Magari.
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Cemento e bellezza. Favara è così, un borgo racchiuso tra alti e grigi palazzi che lasciano spazio ad architetture solenni ed antiche, dai toni pastello. Passando da lontano, avvolto dal cemento, questo piccolo borgo che si trova in provincia di Agrigento non invoglia molto ad essere visitato. Eppure quel campanile che spicca al centro del palazzoni crea tantissima curiosità e solo lasciandosi alle spalle le apparenze ci si può addentrare e farsi rapire da un borgo splendido. Un centro armonioso, dopo il cemento Sulle colline, a pochi km di distanza da Agrigento e dalla Valle dei Templi, sorpassato il cemento cittadino che ha quasi nascosto tutte le bellezze del territorio, si trova il piccolo borgo di Favara. Un luogo dove, tra le viuzze strette e le case in pietra, si possono ancora vedere le diverse contaminazioni culturali, tra cui quelle d’origine araba, che hanno contribuito a rendere Favara quella che è oggi. La cittadina, che si sviluppa attorno al castello di Chiaramontano, quasi scolpito su uno sperone di roccia, è nota anche come “Città dell’Agnello Pasquale” un dolce tipico a base di mandorle e pistacchi prodotto qui. Un luogo che merita di essere visitato, come ci ha rivelato il giornalista Emilio Casalini che di questo prezioso borgo parla nel suo programma Generazione Bellezza in onda su Rai 3: Favara è il simbolo della bellezza che non vuole soccombere all’oceano della bruttezza, ma come un’isola resiste. Quando arrivi qui ti accoglie un oceano di cemento oscenamente illegale, frutto della speculazione edilizia che ha avvolto le vite degli abitanti, alienandole. Perché la bruttezza è alienante. Grazie al sogno di due abitanti è nata una prima resistenza che poi ha iniziato ad espandersi come un’onda lenta di bellezza che va a contaminare – non a regredire – la bruttezza e tutto quello che rappresenta come voglia di non arrendersi a quello che sembra inevitabile. C’è un sogno e speranza che crea economia, che mette a posto i palazzi, che genera nuovo benessere collegato alla bellezza, all’arte e alla felicità. Favara. Fonte: iStock L’arte e la bellezza: il ruolo del Farm Cultural Park L’arte oggi la fa da padrona a Favara e questo lo si deve anche grazie all’impegno che è stato messo nel curare e gestire il Farm Cultural Park, un progetto che ha permesso al borgo di rinascere sotto una nuova luce e di accantonare il degrado che stava per inglobare questo luogo. Tra i “Sette cortili”, spazi con piccoli palazzi di matrice araba che facevano parte di una fetta del centro storico abbandonato, si è assistito ad un grande processo di recupero che ha portato a Favara una libreria, installazioni, murales ed esposizioni d’arte. Si pensi solo che Favara, per il blog britannico Purple Travel, è una delle 10 mete imperdibili al mondo per chi ama l’arte contemporanea. Tra piazze e luoghi sacri, cosa vedere a Favara Favara è deliziosa da scoprire anche a piedi e meritano certamente una visita piazza Cavour, circondata da negozietti, botteghe e dallo storico castello. Nella parte a nord-est c’è anche anche la Chiesa del Rosario, un’opera d’origine settecentesca dichiarata monumento nazionale per i sontuosi stucchi in stile barocco. Nel borgo ci sono anche due altri luoghi sacri: la Chiesa Madre, di stile lombardo-rinascimentale ed interessante con i suoi mosaici ad opera di artisti toscani; e la chiesa della Madonna del Carmine, d’ispirazione tardo barocca. Una necropoli, testimonianza del passato Nei dintorni di Favara si può ammirare anche un’antica necropoli che si trova in un’area pianeggiante detta di “Contrada Stefano”. Qui si possono trovare testimonianze risalenti alla prima età del bronzo, del periodo romano-bizantino e Normanno oltre alla necropoli paleocristiana con oltre un centinaio di tombe scavate nella roccia. Favara. Fonte: iStock https://ift.tt/2TQ76tz Favara, un borgo antico recuperato con arte e bellezza Cemento e bellezza. Favara è così, un borgo racchiuso tra alti e grigi palazzi che lasciano spazio ad architetture solenni ed antiche, dai toni pastello. Passando da lontano, avvolto dal cemento, questo piccolo borgo che si trova in provincia di Agrigento non invoglia molto ad essere visitato. Eppure quel campanile che spicca al centro del palazzoni crea tantissima curiosità e solo lasciandosi alle spalle le apparenze ci si può addentrare e farsi rapire da un borgo splendido. Un centro armonioso, dopo il cemento Sulle colline, a pochi km di distanza da Agrigento e dalla Valle dei Templi, sorpassato il cemento cittadino che ha quasi nascosto tutte le bellezze del territorio, si trova il piccolo borgo di Favara. Un luogo dove, tra le viuzze strette e le case in pietra, si possono ancora vedere le diverse contaminazioni culturali, tra cui quelle d’origine araba, che hanno contribuito a rendere Favara quella che è oggi. La cittadina, che si sviluppa attorno al castello di Chiaramontano, quasi scolpito su uno sperone di roccia, è nota anche come “Città dell’Agnello Pasquale” un dolce tipico a base di mandorle e pistacchi prodotto qui. Un luogo che merita di essere visitato, come ci ha rivelato il giornalista Emilio Casalini che di questo prezioso borgo parla nel suo programma Generazione Bellezza in onda su Rai 3: Favara è il simbolo della bellezza che non vuole soccombere all’oceano della bruttezza, ma come un’isola resiste. Quando arrivi qui ti accoglie un oceano di cemento oscenamente illegale, frutto della speculazione edilizia che ha avvolto le vite degli abitanti, alienandole. Perché la bruttezza è alienante. Grazie al sogno di due abitanti è nata una prima resistenza che poi ha iniziato ad espandersi come un’onda lenta di bellezza che va a contaminare – non a regredire – la bruttezza e tutto quello che rappresenta come voglia di non arrendersi a quello che sembra inevitabile. C’è un sogno e speranza che crea economia, che mette a posto i palazzi, che genera nuovo benessere collegato alla bellezza, all’arte e alla felicità. Favara. Fonte: iStock L’arte e la bellezza: il ruolo del Farm Cultural Park L’arte oggi la fa da padrona a Favara e questo lo si deve anche grazie all’impegno che è stato messo nel curare e gestire il Farm Cultural Park, un progetto che ha permesso al borgo di rinascere sotto una nuova luce e di accantonare il degrado che stava per inglobare questo luogo. Tra i “Sette cortili”, spazi con piccoli palazzi di matrice araba che facevano parte di una fetta del centro storico abbandonato, si è assistito ad un grande processo di recupero che ha portato a Favara una libreria, installazioni, murales ed esposizioni d’arte. Si pensi solo che Favara, per il blog britannico Purple Travel, è una delle 10 mete imperdibili al mondo per chi ama l’arte contemporanea. Tra piazze e luoghi sacri, cosa vedere a Favara Favara è deliziosa da scoprire anche a piedi e meritano certamente una visita piazza Cavour, circondata da negozietti, botteghe e dallo storico castello. Nella parte a nord-est c’è anche anche la Chiesa del Rosario, un’opera d’origine settecentesca dichiarata monumento nazionale per i sontuosi stucchi in stile barocco. Nel borgo ci sono anche due altri luoghi sacri: la Chiesa Madre, di stile lombardo-rinascimentale ed interessante con i suoi mosaici ad opera di artisti toscani; e la chiesa della Madonna del Carmine, d’ispirazione tardo barocca. Una necropoli, testimonianza del passato Nei dintorni di Favara si può ammirare anche un’antica necropoli che si trova in un’area pianeggiante detta di “Contrada Stefano”. Qui si possono trovare testimonianze risalenti alla prima età del bronzo, del periodo romano-bizantino e Normanno oltre alla necropoli paleocristiana con oltre un centinaio di tombe scavate nella roccia. Favara. Fonte: iStock Un antico borgo è stato recuperato da due abitanti ed oggi è una delle 10 mete consigliate al mondo per chi ama l’arte contemporanea.
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